SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
23 aprile 2018 (*)
«Indicazione geografica protetta – Piadina Romagnola o Piada Romagnola – Procedimento di registrazione – Ripartizione delle competenze tra la Commissione e le autorità nazionali – Legame tra la reputazione del prodotto e la sua origine geografica – Articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1151/2012 – Portata del controllo da parte della Commissione della domanda di registrazione – Articolo 7, paragrafo 1, lettera f), ii), articolo 8, paragrafo 1, lettera c), ii), e articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012 – Effetti sul procedimento dinanzi alla Commissione di un annullamento del disciplinare di produzione da parte di un giudice nazionale – Obbligo di istruttoria della Commissione – Principio di buona amministrazione – Tutela giurisdizionale effettiva»
Nella causa T‑43/15,
CRM Srl, con sede a Modena (Italia), rappresentata inizialmente da G. Forte, C. Marinuzzi e A. Franchi, successivamente da G. Forte e C. Marinuzzi, avvocati,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata inizialmente da D. Bianchi, J. Guillem Carrau e F. Moro, successivamente da D. Bianchi, A. Lewis e F. Moro, in qualità di agenti,
convenuta,
sostenuta da
Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Scino, avvocato dello Stato,
e da
Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola (Co.P.Rom), con sede a Rimini (Italia), rappresentato da A. Improda e P. Rodilosso, avvocati,
intervenienti,
avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e volta all’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) n. 1174/2014 della Commissione, del 24 ottobre 2014, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Piadina Romagnola/Piada Romagnola (IGP)] (GU 2014, L 316, pag. 3),
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),
composto da M. Prek, presidente, E. Buttigieg (relatore) e B. Berke, giudici,
cancelliere: G. Predonzani, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
1 La CRM Srl, ricorrente, è una società italiana con sede a Modena, in Emilia-Romagna, che dal 1974 produce mediante metodi industriali, con i propri marchi o per marchi di distributori, prodotti da forno derivati dal pane, in particolare piadine.
2 Nel mese di novembre del 2011 è stata presentata alle autorità italiane una domanda di registrazione della denominazione «Piadina Romagnola» o «Piada Romagnola» come indicazione geografica protetta (IGP) (in prosieguo: l’«IGP controversa»), a norma del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2006, L 93, pag. 12), da parte di due associazioni di produttori di piadine, le quali hanno proceduto ad una fusione in seno al Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola (Co.P.Rom). Le autorità italiane hanno pubblicato la domanda di registrazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana (GURI n. 23, del 28 gennaio 2012, pag. 34).
3 Varie organizzazioni rappresentative dei produttori artigianali di piadine vendute in chioschi hanno presentato opposizioni che contestano l’assimilazione, ai fini della registrazione dell’IGP controversa, delle piadine prodotte industrialmente alle piadine di fabbricazione artigianale. Dopo aver organizzato incontri e consultazioni con le parti opponenti al fine di addivenire ad un accordo sul contenuto del disciplinare di produzione allegato alla domanda di registrazione (in prosieguo: il «disciplinare»), l’11 dicembre 2012 le autorità italiane hanno depositato presso la Commissione europea, conformemente all’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento n. 510/2006, il fascicolo della domanda di registrazione dell’IGP controversa, contenente, in particolare, il documento unico previsto all’articolo 5, paragrafo 3, lettera c), del medesimo regolamento (in prosieguo: il «documento unico») e il disciplinare.
4 Con il decreto n. 6490, del 27 dicembre 2012, relativo alla protezione transitoria accordata a livello nazionale alla denominazione «Piadina Romagnola/Piada Romagnola» per la quale è stata inviata istanza alla Commissione europea per la registrazione come indicazione geografica protetta (GURI serie generale n. 13, del 16 gennaio 2013, pag. 42), come modificato dal decreto dell’8 luglio 2013 (GURI serie generale n. 170, del 22 luglio 2013, pag. 6), le autorità italiane hanno accordato alla denominazione «Piadina Romagnola» o «Piada Romagnola», su richiesta del Co.P.Rom, la protezione nazionale transitoria ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 6, del regolamento n. 510/2006.
5 Con atto introduttivo del 29 marzo 2013, la ricorrente ha investito il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (in prosieguo: il «TAR Lazio») di un ricorso diretto all’annullamento, in particolare, del decreto n. 6490 recante concessione della protezione nazionale transitoria e del disciplinare di produzione dell’IGP controversa, allegando una violazione del regolamento n. 510/2006 nella parte in cui detto disciplinare assimilava, ai fini della registrazione dell’IGP controversa, piadine prodotte industrialmente alle piadine di fabbricazione artigianale.
6 In risposta alla domanda rivolta dalla Commissione alle autorità italiane in data 13 maggio 2013, volta ad ottenere elementi aggiuntivi che dimostrassero la connessione tra la zona geografica oggetto della domanda di registrazione e la reputazione del prodotto designato dall’IGP controversa, il 4 luglio 2013 le autorità italiane hanno depositato presso la Commissione una nuova versione del documento unico e hanno indicato che una versione aggiornata del disciplinare era disponibile on-line.
7 Con sentenza del 15 maggio 2014 (in prosieguo: la «sentenza del TAR Lazio»), il TAR Lazio ha accolto il ricorso proposto dalla ricorrente e in particolare ha annullato il disciplinare per il motivo che una reputazione meritevole di tutela della piadina romagnola o della piada romagnola (in prosieguo: la «piadina romagnola») poteva essere riconosciuta unicamente alla produzione artigianale, ad esclusione di qualsivoglia produzione industriale di tale alimento. Esso ha anche imposto alle autorità italiane di riformulare il disciplinare al fine di limitare la portata dell’IGP controversa alla sola piadina romagnola prodotta secondo i metodi artigianali. A norma del diritto italiano vigente, tale sentenza è divenuta immediatamente esecutiva.
8 Il 21 maggio 2014 la Commissione, in applicazione dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1), ha pubblicato la domanda di registrazione dell’IGP controversa (GU 2014, C 153, pag. 9), indicando che tale pubblicazione avrebbe conferito un diritto di opposizione a detta domanda in forza dell’articolo 51 del medesimo regolamento.
9 Il 22 maggio 2014 la ricorrente ha informato la Commissione della sentenza del TAR Lazio asserendo che la pubblicazione della domanda di registrazione in data 21 maggio 2014 doveva, conseguentemente, essere revocata. In risposta, la Commissione ha indicato, il 10 giugno 2014, che la domanda di registrazione era stata pubblicata ai fini di eventuali opposizioni e che le eventuali implicazioni della sentenza del TAR Lazio dovevano essere valutate dalle autorità italiane competenti.
10 Con lettere del 16 settembre e del 24 ottobre 2014, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane se, alla luce della sentenza del TAR Lazio, esse intendessero proseguire il procedimento di registrazione dell’IGP controversa. Con lettere del 23 settembre e del 30 ottobre 2014, le autorità italiane hanno confermato alla Commissione che intendevano proseguire il procedimento di registrazione dell’IGP controversa e che avevano presentato un ricorso avverso la sentenza del TAR Lazio nonché una domanda di sospensione della sua esecuzione dinanzi al Consiglio di Stato (Italia).
11 Il 24 ottobre 2014 la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 1174/2014, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Piadina Romagnola/Piada Romagnola (IGP)] (GU 2014, L 316, pag. 3; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). Quest’ultimo è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
12 Investito di un appello avverso la sentenza del TAR Lazio, proposto dal Co.P.Rom e dalle autorità italiane, il Consiglio di Stato ha dichiarato all’udienza del 17 dicembre 2014 di non accogliere la domanda della ricorrente volta ad investire la Corte di giustizia dell’Unione europea di una questione pregiudiziale in materia. Con sentenza del 13 maggio 2015, il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del TAR Lazio (in prosieguo: la «sentenza del Consiglio di Stato»).
Procedimento e conclusioni delle parti
13 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 gennaio 2015, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.
14 Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2015, la ricorrente ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori. Tale domanda è stata respinta con ordinanza del 24 aprile 2015, CRM/Commissione (T‑43/15 R, EU:T:2015:228), con riserva delle spese di giudizio.
15 Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 marzo 2015, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 114, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.
16 Il 12 maggio 2015 la ricorrente ha presentato osservazioni su tale eccezione di irricevibilità.
17 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 marzo 2015, la Repubblica italiana ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanza del 29 aprile 2015, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento. La Repubblica italiana ha depositato una memoria d’intervento limitata alla ricevibilità del ricorso, ma contenente talune osservazioni riguardo al merito del ricorso, e la ricorrente ha depositato le sue osservazioni relative a tale memoria entro il termine impartito. La Commissione ha dichiarato di non avere osservazioni su detta memoria. La Repubblica italiana non ha depositato alcuna memoria d’intervento sul merito entro il termine impartito.
18 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 aprile 2015, il Co.P.Rom ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanza del 7 settembre 2016, CRM/Commissione (T‑43/15, non pubblicata, EU:T:2016:536), il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento. Il Co.P.Rom ha depositato una memoria d’intervento e la ricorrente ha depositato le sue osservazioni relative a quest’ultima entro il termine impartito. Nell’ambito della controreplica, la Commissione ha dichiarato di non avere osservazioni riguardo a detta memoria.
19 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 giugno 2015, la ricorrente ha chiesto che la sentenza del Consiglio di Stato fosse inserita nel fascicolo. Detta domanda è stata accolta con decisione del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 19 giugno 2015. La Commissione ha presentato le proprie osservazioni sulla sentenza del Consiglio di Stato con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 giugno 2015.
20 Il Tribunale (Prima Sezione), nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura del Tribunale, ha posto alle parti alcuni quesiti scritti. Le parti hanno risposto a tali quesiti entro i termini impartiti.
21 Con ordinanza del Tribunale del 10 giugno 2016, l’eccezione di irricevibilità è stata riunita al merito.
22 Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Seconda Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.
23 Il Tribunale (Seconda Sezione), nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alle parti alcuni quesiti scritti e, nel corso dell’udienza del 12 settembre 2017, un quesito orale cui rispondere per iscritto. Le parti hanno risposto a tali quesiti entro i termini impartiti.
24 Nel ricorso la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– a titolo di misure istruttorie, ordinare alla Commissione di produrre l’intero fascicolo amministrativo e disporre la realizzazione di una perizia;
– annullare il regolamento impugnato;
– condannare la Commissione alle spese.
25 Nell’eccezione di irricevibilità la Commissione chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso in quanto irricevibile;
– condannare la ricorrente alle spese;
– in subordine, fissare un nuovo termine per la prosecuzione della causa.
26 Nelle osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– respingere l’eccezione d’irricevibilità;
– annullare il regolamento impugnato.
27 Nel controricorso la Commissione chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso in quanto irricevibile;
– in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
Sulla ricevibilità
28 La Commissione eccepisce l’irricevibilità del ricorso facendo valere l’assenza di interesse della ricorrente ad agire per l’annullamento del regolamento impugnato. Il Tribunale ha anche interrogato le parti, nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, sulla questione se il regolamento impugnato riguardasse la ricorrente direttamente.
29 Occorre ricordare che il giudice dell’Unione europea può legittimamente valutare se una corretta amministrazione della giustizia giustifichi, nelle circostanze del caso di specie, il fatto di respingere nel merito un ricorso senza statuire preliminarmente sulla sua ricevibilità (sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52). Nelle circostanze del caso di specie, il Tribunale considera che, per ragioni di economia processuale, si deve esaminare subito la fondatezza del ricorso di annullamento, senza statuire preliminarmente sulla sua ricevibilità.
Nel merito
30 A sostegno del ricorso la ricorrente deduce tre motivi, vertenti, il primo, sulla violazione degli articoli 7, paragrafo 1, lettera f), ii), e 8, paragrafo 1, lettera c), ii), del regolamento n. 1151/2012, il secondo, su un errore manifesto di valutazione della domanda di registrazione, sul difetto di istruttoria nonché sulla violazione del principio di buona amministrazione e, il terzo, sulla violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi degli articoli 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Sul primo motivo di ricorso, relativo alla violazione degli articoli 7, paragrafo 1, lettera f), ii), e 8, paragrafo 1, lettera c), ii), del regolamento n. 1151/2012
31 Con il suo primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato gli articoli 7, paragrafo 1, lettera f), ii), e 8, paragrafo 1, lettera c), ii), del regolamento n. 1151/2012, avendo proceduto alla registrazione dell’IGP controversa anche con riferimento alla piadina industriale, mentre il disciplinare non contiene elementi che consentano di rilevare che quest’ultima gode di una reputazione e quindi di giustificare il legame tra tale prodotto industriale e la sua origine geografica ai sensi delle citate disposizioni, il che sarebbe confermato dalla sentenza del TAR Lazio.
32 Ignorando il fatto che il disciplinare su cui si basava la domanda di registrazione era stato parzialmente annullato dal TAR Lazio appunto per il motivo che esso riconosceva l’esistenza di un legame tra la reputazione del prodotto e la zona geografica considerata anche per quanto riguardava la piadina prodotta industrialmente, la Commissione avrebbe «trasferito» a livello dell’Unione europea l’illegittimità del disciplinare e sarebbe quindi incorsa in errore riconoscendo la reputazione, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 1151/2012, della piadina industriale.
33 La Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana e dal Co.P.Rom, contesta gli argomenti della ricorrente e chiede il rigetto del primo motivo.
34 In proposito occorre ricordare che la decisione di registrare una denominazione come IGP può essere adottata dalla Commissione solo se lo Stato membro interessato le ha presentato una domanda a tal fine e che una siffatta domanda può essere presentata solo se lo Stato membro ha verificato che essa è giustificata. Tale sistema di ripartizione delle competenze si spiega in particolare con la circostanza che la registrazione presuppone la verifica che sia soddisfatto un certo numero di requisiti, tra cui quello relativo al legame tra il prodotto e la zona geografica di cui trattasi a causa della reputazione del prodotto attribuibile al fatto che esso proviene da tale zona geografica, il che richiede conoscenze approfondite di elementi particolari dello Stato membro interessato che le autorità nazionali possono meglio verificare (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 6 dicembre 2001, Carl Kühne e a., C‑269/99, EU:C:2001:659, punto 53, e del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia, C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 66). Di conseguenza, la valutazione dei requisiti summenzionati deve essere effettuata da dette autorità sotto il controllo, eventualmente, dei giudici nazionali, prima che la domanda di registrazione sia comunicata alla Commissione (v., per analogia, sentenza del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia, C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 93).
35 Ne consegue che una domanda di registrazione contenente in particolare un disciplinare costituisce una tappa necessaria del procedimento di adozione di un atto dell’Unione che registra una denominazione come IGP, ove la Commissione dispone di un margine di valutazione solo limitato o inesistente relativamente a tale atto nazionale (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 6 dicembre 2001, Carl Kühne e a., C‑269/99, EU:C:2001:659, punto 57).
36 Tuttavia, dall’impianto sistematico del regolamento n. 1151/2012, in particolare dal suo considerando 58 e dal suo articolo 50, nonché dalla giurisprudenza emerge altresì che la Commissione è tenuta a verificare, prima di registrare una denominazione come IGP, da un lato, se il disciplinare che accompagna la domanda che le è stata presentata contenga gli elementi richiesti dal regolamento n. 1151/2012, in particolare dall’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso, e se tali elementi non siano viziati da errori manifesti e, dall’altro, sulla base degli elementi contenuti nel disciplinare, se la denominazione soddisfi i requisiti di cui all’articolo 5, paragrafo 2, del medesimo regolamento (v., per analogia, sentenze del 6 dicembre 2001, Carl Kühne e a., C‑269/99, EU:C:2001:659, punto 54, e del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia, C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 67).
37 Dal regolamento n. 1151/2012 discende che i giudici nazionali sono tenuti a verificare se le autorità nazionali abbiano rispettato i requisiti di registrazione che figurano in tale regolamento, mentre il giudice dell’Unione deve controllare se la Commissione abbia rispettato le disposizioni di tale testo e, in particolare, se abbia correttamente svolto il suo compito di verifica dell’osservanza dei presupposti ivi previsti (v., per analogia, sentenze del 6 dicembre 2001, Carl Kühne e a., C‑269/99, EU:C:2001:659, punti da 57 a 59, e del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia, C‑343/07, EU:C:2009:415, punti 70 e 71).
38 Occorre quindi esaminare se, come sostiene la ricorrente, la Commissione non abbia correttamente adempiuto gli obblighi di verifica ad essa incombenti in forza del regolamento n. 1151/2012 riguardo al contenuto del disciplinare e all’osservanza delle condizioni di registrazione dell’IGP controversa, in particolare per quanto concerne l’esistenza di un legame tra la reputazione e l’origine geografica del prodotto di cui trattasi.
39 La ricorrente fa valere che la Commissione non ha correttamente valutato la domanda di registrazione dell’IGP controversa allorché ha ritenuto che il disciplinare che l’accompagnava contenesse elementi sufficienti, quali richiesti dagli articoli 7, paragrafo 1, lettera f), ii), e 8, paragrafo 1, lettera c), ii), del regolamento n. 1151/2012, per constatare che la piadina prodotta industrialmente godeva di una reputazione che giustificava il riconoscimento dell’esistenza di un legame tra questo prodotto industriale e la sua origine geografica, mentre il TAR Lazio avrebbe escluso l’esistenza di un siffatto legame. Essa analizza al riguardo il contenuto del disciplinare per rilevare gli elementi a sostegno della reputazione della piadina artigianale e l’assenza di tali elementi relativamente alla piadina industriale.
40 La Commissione e la Repubblica italiana affermano sostanzialmente che l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 1151/2012 deve essere interpretato nel senso che esso non richiede che la reputazione sia dimostrata per una produzione in particolare, vale a dire per una produzione industriale o artigianale, anche qualora il legame tra il prodotto e la sua origine geografica si basi unicamente sulla reputazione.Nel caso di specie, nei limiti della verifica dell’osservanza dei criteri impostale dal regolamento n. 1151/2012, la Commissione avrebbe ritenuto che il disciplinare fosse conforme a detti criteri, in particolare nella parte in cui si riferiva al prodotto elaborato mediante l’ausilio di macchine nella zona delimitata dall’IGP controversa.
41 In proposito si deve rilevare che dall’articolo 1 del regolamento n. 1151/2012 risulta che quest’ultimo è inteso ad aiutare i produttori di prodotti agricoli a comunicare agli acquirenti e ai consumatori le caratteristiche e le modalità di produzione di tali prodotti. A tal fine, esso istituisce regimi di qualità, in particolare quello relativo alle IGP, che costituiscono il quadro normativo di base per l’identificazione e, se del caso, la protezione dei nomi e delle indicazioni che, segnatamente, indicano o descrivono prodotti agricoli aventi, in particolare, proprietà che conferiscono valore aggiunto a motivo dei metodi di produzione o di trasformazione usati nella produzione o a motivo del loro luogo di produzione.
42 Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1151/2012, per «indicazione geografica» si intende un nome che identifica un prodotto alla cui origine geografica, in particolare, è essenzialmente attribuibile la reputazione.
43 Conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, lettera f), ii), del regolamento n. 1151/2012, il disciplinare che un’IGP deve rispettare comprende segnatamente gli elementi che stabiliscono il legame tra la reputazione e l’origine geografica del prodotto a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, di detto regolamento.
44 In forza dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), ii), del regolamento n. 1151/2012, un documento unico facente parte della domanda di registrazione di un’IGP deve contenere, in particolare, la descrizione del legame del prodotto con l’origine geografica di cui all’articolo 5, paragrafo 2, di tale regolamento.
45 Va rilevato che la reputazione di un prodotto dipende dall’immagine di cui questo gode presso i consumatori (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 16 maggio 2000, Belgio/Spagna, C‑388/95, EU:C:2000:244, punto 56, e del 20 maggio 2003, Ravil, C‑469/00, EU:C:2003:295, punto 49).
46 Se la reputazione di un prodotto può essere stabilita poiché esso possiede determinate proprietà in quanto proviene dalla zona geografica considerata, in particolare a causa dei fattori naturali od umani connessi a quest’ultima, e suscita quindi nei consumatori una determinata immagine attribuibile alla sua origine geografica, si deve considerare che esiste un legame, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1151/2012, tra detto prodotto e la zona geografica da cui esso proviene, indipendentemente dalle sue modalità di fabbricazione.
47 Infatti, nei limiti in cui il consumatore attribuisce al prodotto di cui trattasi determinate caratteristiche o qualità per il fatto che esso proviene dalla zona geografica in questione, sia il prodotto fabbricato artigianalmente che quello fabbricato con l’ausilio di apparecchi meccanici godono di tale immagine nella mente del consumatore. In altre parole, l’immagine di cui tale prodotto gode presso i consumatori sarebbe quindi associata alla sua origine geografica indipendentemente dalla questione se sia fabbricato secondo i metodi artigianali o industriali.
48 Nel caso di specie è pacifico tra le parti, e ciò risulta anche dalla sentenza del Consiglio di Stato, che la reputazione della piadina romagnola non è dovuta a fattori naturali, e in particolare al microclima. Pertanto, la reputazione della piadina romagnola attribuibile alla sua origine geografica non può che risultare, ai fini della registrazione dell’IGP controversa, dalla presenza di fattori umani, vale a dire fattori culturali o sociali. Tali fattori costituiscono quindi, come riconosce, in sostanza, la ricorrente, i fattori decisivi per fondare la reputazione del prodotto oggetto dell’IGP controversa. Come sottolineano, in sostanza, la Repubblica italiana e il Co.P.Rom, la protezione della reputazione legata al contesto socio-economico e culturale del luogo di origine del prodotto riguarda, in particolare, la ricetta e il metodo di ottenimento di tale prodotto.
49 Va precisato, al riguardo, che la reputazione di un prodotto risultante dalla sua provenienza dalla zona geografica di cui trattasi non può venir meno per il semplice fatto che il metodo di ottenimento di tale prodotto si sia diffuso al di fuori di tale zona o per il fatto che sia possibile riprodurlo in zone che non sono all’interno di quest’ultima. Elementi del genere riflettono, al contrario, la reputazione del prodotto in questione, che ha determinato la diffusione del suo metodo di ottenimento e, pertanto, costituiscono piuttosto indizi che consentono di giustificare che esiste un nesso diretto tra la reputazione del prodotto e la regione da cui proviene (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia, C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 98).
50 Nel caso di specie, il punto 5 del documento unico, intitolato «Legame con la zona geografica», e l’articolo 6 del disciplinare, rubricato «Elementi che comprovano il legame con l’ambiente geografico», contengono indicazioni attinenti ai fattori umani, culturali e sociali, relativi alla produzione della piadina in Romagna, che sono quindi idonei a fondare la reputazione sia del prodotto artigianale che del prodotto industriale fintantoché quest’ultimo sia originario della Romagna. Infatti, da un lato, al punto 5.1 del documento unico, sono indicate le tecniche di preparazione e di produzione della piadina romagnola tramandate in Romagna e che sono il frutto delle conoscenze e della lunga esperienza dei produttori locali. Tali tecniche conferiscono al prodotto le sue caratteristiche identificative, immutate fin dalle sue origini e che hanno permesso di mantenere nel tempo la reputazione di tale prodotto storicamente diffuso in Romagna come alternativa al pane. Dall’altro lato, al punto 5.3 del documento unico e all’articolo 6 del disciplinare figurano indicazioni concernenti le tradizioni e la storia locale del prodotto, i riferimenti letterari e i riferimenti fatti a quest’ultimo in riviste specializzate, in dizionari e in riviste culinarie nonché i riferimenti ai diversi eventi e manifestazioni che hanno continuamente luogo in Romagna e che hanno l’obiettivo di valorizzare il prodotto e di mantenere viva la sua tradizione.
51 Inoltre, l’articolo 5 del disciplinare e i punti 3.5 e 3.6 del documento unico prevedono espressamente che talune fasi della produzione della piadina romagnola possano essere compiute meccanicamente e contengono norme di confezionamento del prodotto per un consumo differito. Orbene, come fa valere la Commissione, essa non è tenuta ad intervenire in merito alla definizione delle modalità di fabbricazione o di confezionamento del prodotto oggetto della domanda di registrazione di un’IGP, quali figurano nel disciplinare. Infatti, le verifiche sulle modalità di fabbricazione e di confezionamento del prodotto richiedono in gran parte conoscenze approfondite di elementi particolari dello Stato membro interessato, elementi che le autorità nazionali sono le più idonee a verificare, come ricordato al punto 34 della presente sentenza. Per contro, come emerge dal punto 35 supra, la Commissione dispone di un margine discrezionale solo limitato, o inesistente, riguardo a tali valutazioni effettuate dalle autorità nazionali e che si riflettono negli atti nazionali che le sono presentati nell’ambito della domanda di registrazione di un’IGP.
52 Occorre dedurne che il documento unico e il disciplinare, che accompagnano la domanda di registrazione dell’IGP controversa, contengono indicazioni relative ai fattori umani, culturali e sociali, concernenti le conoscenze particolari di fabbricazione della piadina tramandate in Romagna di generazione in generazione nonché gli sforzi della popolazione della zona diretti a valorizzare questo prodotto come proveniente da detta zona, che sono all’origine della reputazione della piadina. Tali indicazioni devono essere quindi considerate come elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un legame tra la reputazione del prodotto e la zona geografica considerata a causa della sussistenza dei fattori umani. Infatti, come affermano, in sostanza, la Repubblica italiana e il Co.P.Rom, grazie a tali tecniche di fabbricazione della piadina, inizialmente utilizzate per il consumo immediato, poi per il consumo differito, e grazie agli eventi socio-culturali organizzati dalla popolazione, il consumatore associa l’immagine della piadina romagnola, qualunque ne sia la modalità di realizzazione, al territorio della Romagna.
53 Ne consegue che, nell’ambito delle sue verifiche della domanda di registrazione dell’IGP controversa, la Commissione non ha violato né l’articolo 7, paragrafo 1, lettera f), ii), né l’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), ii), del regolamento n. 1151/2012 allorché ha considerato che il disciplinare e il documento unico contenessero elementi che consentivano di stabilire l’esistenza di un legame tra la reputazione del prodotto contemplato e la sua origine geografica, a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1151/2012.
54 Riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui, alla luce della sentenza del TAR Lazio che ha parzialmente annullato il disciplinare per il motivo che quest’ultimo riconosceva l’esistenza di un legame tra la reputazione della piadina prodotta industrialmente e la zona geografica considerata, la Commissione avrebbe dovuto constatare che il disciplinare era inficiato da vizi per quanto concerne l’esistenza di tale legame, occorre rilevare che, annullando la sentenza del TAR Lazio, il Consiglio di Stato, che è il supremo giudice amministrativo nazionale, ha confermato l’esistenza di un legame tra la piadina romagnola, prodotta sia artigianalmente che industrialmente, e la zona geografica considerata a causa della reputazione di questo prodotto, attribuibile al fatto che esso proviene da tale zona geografica. Di conseguenza, l’addebito della ricorrente basato sulla sentenza del TAR Lazio non può essere accolto.
55 Dalle considerazioni che precedono risulta che il primo motivo di ricorso deve essere respinto.
Sul secondo motivo di ricorso, vertente su un errore manifesto di valutazione della domanda di registrazione, sul difetto di istruttoria nonché sulla violazione del principio di buona amministrazione
56 Il secondo motivo di ricorso riguarda un errore manifesto di valutazione della domanda di registrazione, un difetto di istruttoria di tale domanda e la violazione del principio di buona amministrazione, quale enunciato all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, laddove la Commissione non avrebbe valutato correttamente se le condizioni per la registrazione dell’IGP controversa fossero soddisfatte, in particolare ignorando, in sede di adozione del regolamento impugnato, la circostanza che il TAR Lazio avesse parzialmente annullato il disciplinare che accompagnava detta domanda.
57 In proposito, facendo riferimento agli obblighi di verifica incombenti alla Commissione in forza dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012, letto alla luce del considerando 58 di quest’ultimo, la ricorrente ritiene che la Commissione non potesse «limitarsi a riportare il contenuto del disciplinare», ma dovesse procedere a un’appropriata istruzione della domanda.
58 A parere della ricorrente, la Commissione disponeva, nel caso di specie, di elementi sufficienti per nutrire dubbi in ordine alla sussistenza di un errore manifesto del disciplinare riguardo alla reputazione della piadina industriale ai fini della registrazione dell’IGP controversa, in particolare in considerazione dell’annullamento del disciplinare da parte del TAR Lazio.Pertanto, la Commissione avrebbe considerato erroneamente, nonché in violazione dell’obbligo di istruttoria e del principio di buona amministrazione, che le conseguenze della sentenza del TAR Lazio dovessero essere valutate soltanto a livello nazionale, senza che essa fosse tenuta a valutare autonomamente le conseguenze di siffatto annullamento sulla domanda di registrazione. La ricorrente contesta che la Commissione abbia potuto fare affidamento su rassicurazioni fornite in proposito dalle autorità nazionali, alla luce, in particolare, del principio di autonoma valutazione della domanda di registrazione da parte della Commissione, che quest’ultima dichiara di aver rispettato nel caso di specie.
59 La ricorrente ritiene che, in considerazione della ripartizione delle competenze tra le autorità nazionali e la Commissione nel contesto del procedimento di registrazione delle IGP, prevista dal regolamento n. 1151/2012 e confermata dalla giurisprudenza, la Commissione avrebbe dovuto sospendere il procedimento di registrazione pendente dinanzi ad essa tenendo conto del fatto che un giudice nazionale aveva accertato che la fase nazionale di registrazione, che precede obbligatoriamente la fase a livello dell’Unione, non si era svolta correttamente.
60 La ricorrente sostiene che nessuna ragione consente di giustificare il fatto che, sebbene la sentenza del TAR Lazio avesse annullato il disciplinare, la Commissione abbia adottato il regolamento impugnato, rendendo così esecutivo detto disciplinare in tutta l’Unione nonostante il suo annullamento nell’ordinamento giuridico da cui proveniva.
61 La Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana e dal Co.P.Rom, ritiene di aver correttamente esaminato, nel caso di specie, la domanda di registrazione dell’IGP controversa, avendo adottato il regolamento impugnato in esito a un lungo procedimento e a un esame approfondito con i «mezzi appropriati» ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012.
62 Per quanto concerne l’errore manifesto asseritamente contenuto nel disciplinare nella parte in cui quest’ultimo riconosceva la reputazione della piadina industriale, la Commissione rileva che, nell’ambito del suo controllo, essa ha ritenuto che il disciplinare soddisfacesse intrinsecamente i criteri previsti dal regolamento n. 1151/2012 per il riconoscimento dell’IGP. Essa nega di aver fatto proprie le valutazioni fatte dalle autorità nazionali senza averle esaminate in maniera critica e autonoma alla luce di tali criteri, il che sarebbe dimostrato, segnatamente, dalle richieste di modifica del disciplinare rivolte a queste ultime.
63 Per quanto concerne un’eventuale conseguenza del procedimento dinanzi ai giudici nazionali e della sentenza del TAR Lazio sul procedimento di registrazione a livello dell’Unione, la Commissione fa valere che dall’articolo 49, paragrafo 4, del regolamento n. 1151/2012 risulta che questi due procedimenti possono svolgersi in parallelo. I procedimenti nazionali non avrebbero dunque l’effetto di sospendere la fase di registrazione in corso dinanzi alla Commissione, in quanto il regolamento n. 1151/2012 non la obbliga a procedere a una simile sospensione.
64 La Commissione sottolinea che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, quand’anche i procedimenti nazionali potessero avere un’incidenza sulla validità o sul contenuto del disciplinare, oppure sull’integralità della domanda di registrazione che le è trasmessa, ciò costituirebbe soltanto un elemento di fatto presentato dallo Stato membro nel contesto della trasmissione della domanda di registrazione. Di conseguenza, essa non sarebbe tenuta a valutare autonomamente gli effetti prodotti da detti procedimenti nazionali sulla domanda di registrazione e spetterebbe alle sole autorità nazionali effettuare tale valutazione e, ove necessario, modificare il disciplinare o ritirare, in tutto o in parte, la domanda di registrazione. La Commissione sottolinea che un procedimento bifasico, quale quello di registrazione delle IGP, può svolgersi efficacemente soltanto qualora si basi sulla fiducia accordata dalla Commissione allo Stato membro riguardo alla circostanza che la domanda di registrazione sottopostale da quest’ultimo sia quella rispetto alla quale esso desidera che la Commissione si pronunci. Essa ritiene quindi che la fiducia che ha riposto nelle autorità nazionali interrogandole in ordine alla loro intenzione di proseguire il procedimento di registrazione dell’IGP controversa malgrado l’esecutività della sentenza del TAR Lazio debba essere considerata pienamente legittima e in linea con lo spirito del sistema di registrazione istituito dal regolamento n. 1151/2012.
65 Pertanto, dato il sistema di ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Commissione in materia di registrazione delle IGP, quest’ultima ritiene di non essere incorsa in un errore di valutazione né in un difetto di istruttoria pubblicando la domanda di registrazione e procedendo alla registrazione dell’IGP controversa senza tener conto della sentenza del TAR Lazio. Essa ritiene altresì di aver agito nel rispetto del principio di buona amministrazione e sottolinea in particolare di aver mantenuto contatti regolari sia con i rappresentanti della ricorrente sia con le autorità nazionali e di aver tenuto conto degli interessi dei produttori della piadina romagnola che avevano chiesto la registrazione dell’IGP controversa, il che dimostrerebbe la sua imparzialità.
66 Occorre rilevare che, nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente deduce sostanzialmente che la Commissione è incorsa in un vizio di procedura e che non ha correttamente adempiuto gli obblighi di verifica ad essa incombenti in forza del regolamento n. 1151/2012, avendo ignorato, nella sua valutazione della domanda di registrazione dell’IGP controversa, il fatto che il disciplinare su cui tale domanda era basata fosse stato parzialmente annullato dal TAR Lazio. Di conseguenza, si deve ritenere che la ricorrente sostenga che la Commissione ha accolto irregolarmente la domanda di registrazione, ha violato il suo dovere di istruzione del fascicolo e ha agito in violazione del principio di buona amministrazione.
67 In proposito occorre ricordare che, prima di procedere alla registrazione dell’IGP richiesta, la Commissione deve valutare, conformemente all’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012, letto alla luce del considerando 58 di quest’ultimo, in esito a un esame approfondito, se, da un lato, il disciplinare che accompagna la domanda di registrazione contenga gli elementi richiesti dal regolamento n. 1151/2012 e se tali elementi non siano viziati da errori manifesti, e se, dall’altro, la denominazione soddisfi le condizioni di registrazione di un’IGP di cui all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 1151/2012. La Commissione deve effettuare tale valutazione autonomamente alla luce dei criteri di registrazione di un’IGP previsti dal regolamento n. 1151/2012 al fine di garantire la corretta applicazione di quest’ultimo.
68 Inoltre, le istituzioni sono tenute ad esercitare le loro competenze in conformità dei principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio di buona amministrazione (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 73).
69 Ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, il diritto ad una buona amministrazione comporta in particolare il diritto di ogni individuo a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale, equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione. Tale diritto riflette un principio generale di diritto dell’Unione (sentenza dell’8 maggio 2014, N., C‑604/12, EU:C:2014:302, punto 49).
70 Dalla giurisprudenza risulta altresì che il principio di buona amministrazione consiste, in particolare, nell’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (sentenza del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14).
71 È alla luce di tali considerazioni che occorre valutare nel caso di specie se il fatto, ammesso dalla Commissione (v. punto 64 supra), di aver considerato che non le spettasse valutare le conseguenze della sentenza del TAR Lazio che aveva parzialmente annullato il disciplinare sulla domanda di registrazione dell’IGP controversa pendente dinanzi ad essa consenta di stabilire che detta istituzione ha accolto irregolarmente la domanda di registrazione o che essa ha violato il suo dovere di istruire correttamente il fascicolo e il principio di buona amministrazione, come fa valere la ricorrente.
72 In proposito occorre rilevare che tanto dalla formulazione quanto dalla struttura del regolamento n. 1151/2012 risulta che il disciplinare costituisce lo strumento che determina l’ampiezza della protezione uniforme che questo regolamento introduce nell’Unione (v., per analogia, sentenza del 20 maggio 2003, Ravil, C‑469/00, EU:C:2003:295, punto 75). Infatti, l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012 afferma che un’IGP deve rispettare un disciplinare ed elenca, in maniera non tassativa, gli elementi che tale disciplinare deve contenere. Quest’ultimo fa parte del fascicolo della domanda di registrazione sottoposto alla Commissione conformemente all’articolo 8 del medesimo regolamento. L’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012 prevede che le IGP possano essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializzi un prodotto conforme al relativo disciplinare. L’articolo 13 del regolamento n. 1151/2012 determina inoltre il contenuto della protezione uniforme conferita al nome registrato.
73 Il disciplinare contiene quindi la definizione dettagliata del prodotto protetto, stabilita dai produttori interessati, sotto il controllo dello Stato membro che lo trasmette, poi della Commissione che registra l’IGP. Questa definizione determina al tempo stesso l’ampiezza degli obblighi da rispettare ai fini dell’utilizzo dell’IGP e, come suo corollario, l’ampiezza del diritto protetto nei confronti dei terzi per effetto della registrazione dell’IGP, che sancisce a livello dell’Unione norme enunciate o cui si fa riferimento nel disciplinare (v., per analogia, sentenza del 20 maggio 2003, Ravil, C‑469/00, EU:C:2003:295, punti 79 e 80).
74 Pertanto, alla luce del fatto che, adottando un regolamento recante registrazione di un’IGP, la Commissione sancisce a livello dell’Unione, per effetto della sua registrazione con atto dell’Unione, l’ampiezza degli obblighi da rispettare ai fini dell’utilizzo dell’IGP e l’ampiezza del diritto protetto nei confronti dei terzi quali definiti dal disciplinare, essa deve assicurarsi, nell’ambito del suo compito di verifica richiamato al punto 67 della presente sentenza, che tale registrazione si basi su un disciplinare valido.
75 Si deve quindi ritenere che la circostanza che la Commissione abbia ritenuto che non le spettasse valutare autonomamente le conseguenze dell’annullamento del disciplinare da parte di un giudice nazionale sulla domanda di registrazione pendente dinanzi ad essa e che abbia registrato l’IGP controversa nonostante tale annullamento comporti che detta istituzione ha accolto irregolarmente la domanda di registrazione e ha violato il suo dovere di istruzione e il principio di buona amministrazione, come fa valere la ricorrente.
76 Infatti, in primo luogo, la Commissione ha proceduto irregolarmente alla registrazione dell’IGP controversa sul fondamento di una domanda di registrazione contenente un disciplinare parzialmente annullato da un giudice nazionale, laddove tale disciplinare definisce la portata della protezione del diritto conferito da tale registrazione.
77 Per evitare di sancire a livello dell’Unione la portata di un diritto protetto nei confronti dei terzi che trae origine da un atto nazionale invalido, la Commissione avrebbe dovuto respingere la domanda di registrazione in esito a un esame formale, in applicazione dell’articolo 52 del regolamento n. 1151/2012, per il motivo che quest’ultima, in violazione delle disposizioni dell’articolo 8 di detto regolamento, era incompleta, in quanto il disciplinare che l’accompagnava non era valido.
78 In secondo luogo, la Commissione ha proceduto in violazione del principio di buona amministrazione, il quale giustificava che essa attendesse almeno l’esito dei procedimenti giurisdizionali nazionali prima di registrare l’IGP controversa per assicurarsi che tale registrazione si basasse su atti nazionali validi.
79 In proposito la Commissione fa valere, invocando l’articolo 49, paragrafo 4, del regolamento n. 1151/2012 e basandosi sull’ordinanza del 7 dicembre 2015, POA/Commissione (T‑584/15 R, non pubblicata, EU:T:2015:946), che le due fasi del procedimento di registrazione di un’IGP, vale a dire la fase nazionale, che comprende i procedimenti giurisdizionali, e la fase a livello dell’Unione, possono svolgersi parallelamente. Essa insiste sul fatto che il regolamento n. 1151/2012 non contiene disposizioni che prevedano che il ricorso a un giudice nazionale in merito agli atti adottati durante la fase nazionale del procedimento di registrazione delle denominazioni come IGP abbia effetto sospensivo sulla fase di tale procedimento che si svolge dinanzi alla Commissione.
80 In proposito va rilevato che è vero che il regolamento n. 1151/2012 non prevede alcun effetto sospensivo «automatico» del procedimento a livello dell’Unione nell’ipotesi in cui un giudice nazionale sia adito di un ricorso avverso un atto adottato a livello nazionale, ma rientrante nell’ambito del procedimento di registrazione di un’IGP. Resta tuttavia il fatto che, nell’esercizio delle sue competenze in forza del regolamento n. 1151/2012, la Commissione deve rispettare, in particolare, il principio di buona amministrazione ed esaminare tutti gli elementi rilevanti ai fini della registrazione di un’IGP richiesta, come risulta dalla giurisprudenza richiamata ai punti da 68 a 70 della presente sentenza.
81 Orbene, nel caso di specie, l’annullamento del disciplinare da parte del TAR Lazio costituisce un elemento rilevante del genere, in considerazione del fatto che, come fa valere sostanzialmente la ricorrente, da un lato, la Commissione non si trovava di fronte ad una domanda di registrazione completa proveniente da uno Stato membro, poiché il controllo giurisdizionale era stato esercitato e aveva portato alla pronuncia di un’illegittimità parziale di uno degli atti nazionali facenti parte di tale domanda, e, dall’altro, la registrazione dell’IGP controversa si è basata su un disciplinare allora invalido laddove quest’ultimo ha determinato la portata della protezione conferita da tale IGP.
82 Il fatto, dedotto dalla Commissione, che il regolamento n. 1151/2012 preveda il procedimento di modifica del disciplinare in applicazione del suo articolo 53 o quello di cancellazione dell’IGP registrata, in forza dell’articolo 54 dello stesso regolamento, non può giustificare la registrazione di un’IGP mentre, al momento dell’adozione del regolamento corrispondente, il disciplinare di tale IGP era parzialmente annullato. Infatti, è contrario al principio di buona amministrazione registrare un’IGP per poi cancellarla o per poi avviare il procedimento di modifica del disciplinare tenendo conto delle circostanze già note alla Commissione al momento dell’adozione del regolamento che ha proceduto alla registrazione dell’IGP di cui trattasi. Il procedimento di cancellazione o di modifica del disciplinare non può sopperire ai vizi del procedimento di registrazione di un’IGP che avrebbero potuto essere evitati se l’esame fosse stato condotto nel rispetto del principio di buona amministrazione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 7 ottobre 2015, Zentralverband des Deutschen Bäckerhandwerks/Commissione, T‑49/14, non pubblicata, EU:T:2015:755, punti 63 e 64).
83 Tale conclusione non è inficiata dalle valutazioni effettuate nell’ordinanza del 7 dicembre 2015, POA/Commissione (T‑584/15 R, non pubblicata, EU:T:2015:946, punto 36), né è contraria a queste ultime. Infatti, da tale ordinanza, nonché dall’ordinanza del 13 aprile 2016, Cyprus Turkish Chamber of Industry e a./Commissione (T‑41/16 R, non pubblicata, EU:T:2016:217, punto 39), emerge che, se viene adottata una decisione di un giudice nazionale che annulla il disciplinare che accompagna una domanda di registrazione e se la registrazione a livello dell’Unione non è ancora avvenuta, come nel caso di specie, «tale evoluzione a livello nazionale potrebbe (…) indurre la Commissione a rigettare la domanda di registrazione, ai sensi dell’articolo 52 del regolamento n. 1151/2012». Poiché, al momento dell’annullamento parziale del disciplinare da parte del TAR Lazio, il regolamento impugnato non era ancora stato adottato, la Commissione poteva quindi legittimamente respingere la domanda di registrazione a norma dell’articolo 52 del regolamento n. 1151/2012.
84 In terzo luogo, la Commissione ha anche agito in violazione del suo dovere di istruttoria avendo considerato che non le spettasse valutare autonomamente le conseguenze dell’annullamento del disciplinare da parte del TAR Lazio sul procedimento di registrazione dell’IGP pendente dinanzi ad essa e avendo proceduto alla pubblicazione della domanda di registrazione e alla registrazione dell’IGP controversa basandosi sui soli auspici espressi in tal senso dalle autorità nazionali (v. punti 10 e 64 supra).
85 È vero che spetta in primo luogo alle autorità nazionali trarre le conseguenze di un annullamento del disciplinare da parte del giudice nazionale, in quanto, come risulta dalla giurisprudenza, la valutazione diretta a stabilire se le condizioni di registrazione di un’IGP siano soddisfatte deve essere svolta dalle autorità nazionali sotto il controllo, eventualmente, dei giudici nazionali, prima che la domanda di registrazione sia comunicata alla Commissione (v., per analogia, sentenza del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia, C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 93).
86 Di conseguenza, è certamente preferibile, come sostiene la Commissione, che le autorità nazionali le presentino una domanda di registrazione unicamente al termine degli eventuali procedimenti giurisdizionali nazionali, vale a dire al momento in cui non vi sono più dubbi sulla validità degli atti adottati nell’ambito della fase nazionale del procedimento di registrazione di un’IGP, o che esse ritirino una domanda già depositata se uno di tali atti è annullato da un giudice nazionale. Infatti, dato che tali atti nazionali sono inseriti in un procedimento che porta all’adozione di un atto a livello dell’Unione, lo Stato membro che presenta la domanda è tenuto a rispettare il requisito del controllo giurisdizionale effettivo di detti atti (v., per analogia, sentenza del 3 dicembre 1992, Oleificio Borelli/Commissione, C‑97/91, EU:C:1992:491, punto 15).
87 Tuttavia, se tale domanda di registrazione è presentata alla Commissione benché i procedimenti giudiziari nazionali siano ancora pendenti o, a maggior ragione, benché esista una decisione di un giudice nazionale che annulla uno degli atti facenti parte della domanda di registrazione, la Commissione, nonostante gli auspici espressi in tal senso dalle autorità nazionali, non può ritenersi obbligata a proseguire il procedimento di registrazione, con il rischio, da un lato, di adottare un atto dell’Unione che si baserebbe su atti nazionali invalidi, quali il disciplinare, laddove quest’ultimo definisce la portata del diritto protetto da un’IGP registrata e, dall’altro, di privare di effetto utile il controllo giurisdizionale a livello nazionale degli atti nazionali rientranti nell’ambito del procedimento di registrazione di un’IGP.
88 Orbene, si deve ricordare, come risulta dal punto 34 della presente sentenza, che la decisione di registrare una denominazione come IGP può essere adottata dalla Commissione solo se lo Stato membro interessato le ha presentato una domanda a tal fine, e che siffatta domanda può essere presentata solo se lo Stato membro ha verificato, sotto il controllo dei giudici nazionali, se essa fosse giustificata. Spetta ai giudici nazionali statuire sulla legittimità di una domanda di registrazione di una denominazione, come quella di cui trattasi nel caso di specie, nelle stesse condizioni di controllo riservate a qualsiasi atto definitivo che, adottato dalla medesima autorità nazionale, possa pregiudicare i diritti che derivano ai terzi dal diritto dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 6 dicembre 2001, Carl Kühne e a., C‑269/99, EU:C:2001:659, punto 58 e giurisprudenza ivi citata, e del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia, C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 57).
89 Per contro, l’interpretazione del sistema di ripartizione delle competenze in materia di registrazione delle IGP sostenuta dalla Commissione, secondo cui spetta alle sole autorità nazionali valutare le conseguenze dell’annullamento di un disciplinare da parte di un giudice nazionale e alla Commissione seguire tali autorità basandosi sulla fiducia che essa accorda allo Stato membro riguardo al fatto che la domanda che le è presentata è quella su cui quest’ultimo desidera che essa si pronunci, sfocia in un risultato contrario allo spirito di tale sistema in cui la Commissione è vincolata alle «valutazioni» o agli «auspici» delle autorità nazionali, mentre essa riveste un ruolo autonomo nel procedimento di registrazione di un’IGP avente l’effetto di sancire un diritto a livello dell’Unione mediante l’adozione di un atto dell’Unione.
90 È vero che i contatti con le autorità nazionali costituiscono un «mezzo appropriato» ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012 diretto a comprovare la rilevanza dell’insieme degli elementi portati a conoscenza della Commissione ai fini delle verifiche che essa deve effettuare. Tuttavia, trattandosi, come nel caso di specie, delle conseguenze da trarre dal fatto che il disciplinare quale presentato alla Commissione unitamente alla domanda di registrazione non fosse più valido al momento dell’adozione del regolamento impugnato, la Commissione non poteva limitarsi a chiedere alle autorità nazionali il loro parere in merito all’opportunità di proseguire il procedimento pendente dinanzi ad essa, né fare affidamento sulle valutazioni effettuate da tali autorità, ma doveva, nell’esercizio delle sue competenze relative alla registrazione di un’IGP, procedere a una valutazione autonoma delle conseguenze di tale fatto sul procedimento pendente dinanzi ad essa.
91 Infatti, per rispettare il sistema di ripartizione delle competenze in materia di registrazione delle IGP e per adempiere correttamente i propri obblighi di verifica, quali risultanti dal regolamento n. 1151/2012, la Commissione avrebbe dovuto constatare nel caso di specie l’assenza di un disciplinare valido a causa del suo annullamento da parte del TAR Lazio e, o respingere la domanda a seguito di un esame formale, ai sensi dell’articolo 52 del regolamento n. 1151/2012, essendo questa incompleta in violazione delle prescrizioni dell’articolo 8 di detto regolamento, oppure attendere l’esito dei procedimenti giurisdizionali nazionali prima di registrarla, al fine di assicurarsi che tale registrazione si basasse su atti nazionali validi.
92 Da quanto precede risulta che la Commissione ha accolto irregolarmente la domanda di registrazione, avendo basato la registrazione dell’IGP controversa su un atto nazionale invalido. Inoltre, essa ha agito in violazione del principio di buona amministrazione, il quale giustificava che tale istituzione attendesse almeno l’esito dei procedimenti giurisdizionali nazionali prima di registrare l’IGP controversa, per assicurarsi che tale registrazione si basasse su atti nazionali validi. Infine, non avendo valutato autonomamente le conseguenze dell’assenza di un disciplinare valido, in particolare per quanto concerne l’opportunità di respingere la domanda in quanto incompleta o l’opportunità di rinviare l’adozione del regolamento impugnato fino alla conclusione dei procedimenti giurisdizionali nazionali nell’ambito dei quali la validità del disciplinare era stata posta in discussione, la Commissione ha violato il suo dovere di istruzione del fascicolo. Il secondo motivo di ricorso è pertanto fondato.
93 Tuttavia, poiché la sentenza del TAR Lazio è stata annullata dalla sentenza del Consiglio di Stato, che ha quindi confermato la validità del disciplinare, la constatazione del fatto che la Commissione ha accolto irregolarmente la domanda di registrazione e ha violato il suo dovere di istruttoria e il principio di buona amministrazione in sede di adozione del regolamento impugnato non può comportare, nel caso di specie, l’annullamento di tale regolamento, nella misura in cui la Commissione, qualora dovesse riprendere il procedimento al momento in cui quest’ultimo è stato inficiato dai vizi constatati dal Tribunale, si troverebbe, nell’ambito del nuovo procedimento, a dover valutare la stessa domanda di registrazione accompagnata dal medesimo disciplinare. Di conseguenza, il secondo motivo, sebbene fondato, non può comportare l’annullamento del regolamento impugnato.
Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi degli articoli 6 e 13 della CEDU e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali
94 Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che, omettendo di trarre le conseguenze di un annullamento del disciplinare da parte del giudice nazionale sul procedimento di registrazione dell’IGP controversa a livello dell’Unione, la Commissione ha violato il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, garantito dagli articoli 6 e 13 della CEDU e dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, in quanto una simile omissione avrebbe l’effetto di privare della sua sostanza il diritto della ricorrente di contestare il disciplinare a livello nazionale.
95 La ricorrente ricorda che sia dall’articolo 49, paragrafo 4, del regolamento n. 1151/2012 sia dalla giurisprudenza risulta che compete agli Stati membri assicurare che ogni persona avente un interesse legittimo abbia la possibilità di presentare ricorso dinanzi ai giudici nazionali avverso gli atti nazionali adottati nel contesto del procedimento di registrazione di un’IGP, in particolare avverso una domanda di registrazione e un disciplinare, che costituiscono una fase essenziale della procedura di adozione di un atto dell’Unione.
96 Orbene, l’adozione del regolamento impugnato, nonostante la sentenza del TAR Lazio che era favorevole alla ricorrente, avrebbe violato il suo diritto di contestare, a livello nazionale, il contenuto della domanda di registrazione e del disciplinare.
97 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e conclude per il rigetto del terzo motivo.
98 In proposito occorre rammentare che, per costante giurisprudenza, il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è sancito dagli articoli 6 e 13 della CEDU, oltre ad essere ribadito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Spetta, in particolare, ai giudici degli Stati membri, in applicazione del principio di cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, garantire la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione (v. sentenza del 13 marzo 2007, Unibet, C‑432/05, EU:C:2007:163, punti 37 e 38 e giurisprudenza ivi citata).
99 Come risulta dall’esame del secondo motivo, la Commissione ha accolto irregolarmente la domanda di registrazione e ha agito in violazione del suo dovere di istruzione del fascicolo e del principio di buona amministrazione, non avendo tenuto conto delle conseguenze dell’annullamento del disciplinare da parte del TAR Lazio sul procedimento di registrazione dell’IGP controversa pendente dinanzi ad essa.
100 Tuttavia, tale vizio di procedura non può costituire una violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi degli articoli 6 e 13 della CEDU e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali.
101 Infatti, da un lato, occorre rilevare che la ricorrente ha potuto adire i giudici italiani di un ricorso avverso il disciplinare, cosicché essa ha effettivamente esercitato il diritto, di cui disponeva in forza dell’articolo 49, paragrafo 4, del regolamento n. 1151/2012, di contestare dinanzi al giudice nazionale la legittimità degli atti nazionali rientranti nell’ambito del procedimento di registrazione dell’IGP controversa.
102 Dall’altro, la ricorrente ha chiesto l’annullamento del regolamento impugnato dinanzi al giudice dell’Unione. È vero che la circostanza che la Commissione abbia adottato il regolamento impugnato nonostante il fatto che la ricorrente fosse risultata vittoriosa nell’ambito di un ricorso dinanzi a un giudice nazionale che aveva comportato l’annullamento parziale del disciplinare potrebbe essere considerata tale da vanificare detta decisione del giudice nazionale, cosicché, per preservare l’effetto utile di quest’ultima, la ricorrente è stata obbligata a proporre il ricorso di annullamento del regolamento impugnato. Tuttavia, presentando tale ricorso, la ricorrente ha effettivamente esercitato il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sancito agli articoli 6 e 13 della CEDU e all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali.
103 Alla luce dell’insieme dei suesposti elementi, il terzo motivo di ricorso deve essere respinto e, di conseguenza, l’intero ricorso, senza che sia necessario adottare le misure istruttorie richieste dalla ricorrente.
Sulle spese
104 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 2, del medesimo regolamento, il Tribunale può condannare una parte, anche vittoriosa, parzialmente o totalmente alle spese, se ciò appare giustificato a causa del suo comportamento, compreso quello tenuto prima dell’avvio del giudizio, in particolare se essa ha causato all’altra parte spese che il Tribunale riconosce come superflue o defatigatorie.
105 Secondo la giurisprudenza, è necessario applicare tale disposizione qualora un’istituzione o un organismo dell’Unione abbia favorito, con il suo comportamento, il sorgere della controversia [v. sentenza dell’8 luglio 2015, European Dynamics Luxembourg e a./Commissione, T‑536/11, EU:T:2015:476, punto 391 (non pubblicata) e giurisprudenza ivi citata].
106 Nel caso di specie, sebbene la ricorrente sia rimasta soccombente, dall’analisi del secondo motivo risulta che irregolarmente e in violazione del suo dovere di istruzione del fascicolo e del principio di buona amministrazione la Commissione ha adottato il regolamento impugnato, nonostante l’assenza di un disciplinare valido, che è stato parzialmente annullato dalla sentenza del TAR Lazio. Inoltre, come rilevato nell’ambito dell’esame del terzo motivo, siffatto comportamento ha costretto la ricorrente a proporre il presente ricorso al fine di preservare l’effetto utile di tale annullamento.
107 La proposizione del presente ricorso traeva quindi origine, in particolare, dalle irregolarità procedurali in cui è incorsa la Commissione. Se ne deve concludere che la Commissione, con il suo comportamento, ha favorito, almeno parzialmente, il sorgere della controversia ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 105 supra.
108 Pertanto, indipendentemente dal rigetto del ricorso, sarà fatta un’equa valutazione delle circostanze di specie decidendo che la ricorrente sopporterà i due terzi delle proprie spese e i due terzi delle spese sostenute dalla Commissione relative al presente procedimento, e che la Commissione sopporterà un terzo delle proprie spese e un terzo delle spese sostenute dalla ricorrente inerenti a tale procedimento.
109 Per quanto concerne le spese relative al procedimento sommario, la ricorrente e la Commissione sopporteranno ciascuna le proprie spese.
110 Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.
111 Inoltre, in forza dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che un interveniente diverso da quelli indicati nei paragrafi 1 e 2 si faccia carico delle proprie spese. Nel caso di specie, si deve decidere che il Co.P.Rom, intervenuto a sostegno delle conclusioni della Commissione, sopporterà le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La CRM srl sopporterà i due terzi delle proprie spese e i due terzi delle spese della Commissione europea relative al presente procedimento.
3) La Commissione sopporterà un terzo delle proprie spese e un terzo delle spese della CRM relative al presente procedimento.
4) La CRM e la Commissione sopporteranno ciascuna le proprie spese inerenti al procedimento sommario.
5) La Repubblica italiana e il Consorzio di Promozione e Tutela della Piadina Romagnola (Co.P.Rom) sopporteranno le proprie spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 aprile 2018.
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