Language of document : ECLI:EU:T:2007:25

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

31 gennaio 2007 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive nei confronti della Liberia – Congelamento dei fondi delle persone collegate a Charles Taylor – Competenza della Comunità – Diritti fondamentali – Ricorso di annullamento»

Nella causa T‑362/04,

Leonid Minin, residente in Tel-Aviv (Israele), rappresentato dagli avv.ti T. Ballarino e C. Bovio,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra E. Montaguti e dai sigg. L. Visaggio e C. Brown, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente dai sigg. S. Marquardt e F. Ruggeri Laderchi, quindi dai sigg. Marquardt e A. Vitro, in qualità di agenti,

e da:

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente dalla sig.ra R. Caudwell, quindi dalla sig.ra E. Jenkinson, in qualità di agenti,

intervenienti,

avente quale oggetto principale, inizialmente, una domanda di annullamento del regolamento (CE) della Commissione 22 giugno 2004, n. 1149, che modifica il regolamento (CE) n. 872/2004 del Consiglio relativo ad ulteriori misure restrittive nei confronti della Liberia (GU L 222, pag. 17), e, successivamente, una domanda di annullamento parziale del regolamento (CE) della Commissione 9 giugno 2005, n. 874, che modifica il regolamento n. 872/2004 (GU L 146, pag. 5),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, N. J. Forwood e S. Papasavvas, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        Ai termini dell’art. 24, n. 1, della Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco (Stati Uniti) il 26 giugno 1945, i membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) «conferiscono al Consiglio di Sicurezza la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, e riconoscono che il Consiglio di Sicurezza, nell’adempiere i propri compiti inerenti a tale responsabilità, agisce in loro nome».

2        Ai sensi dell’art. 25 della Carta delle Nazioni Unite, «[i] membri dell’[ONU] convengono di accettare e di eseguire le decisioni del Consiglio di Sicurezza in conformità alle disposizioni della presente Carta».

3        L’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite dispone quanto segue:

«Il Consiglio di Sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l’impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle proprie decisioni, e può invitare i Membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radioelettriche e di altro tipo, nonché la rottura delle relazioni diplomatiche».

4        In forza dell’art. 48, n. 2, della Carta delle Nazioni Unite, le decisioni del Consiglio di Sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali «sono eseguite dai membri delle Nazioni Unite direttamente o mediante la loro azione nelle organizzazioni internazionali competenti di cui siano membri».

5        Secondo l’art. 103 della Carta delle Nazioni Unite, «[i]n caso di contrasto tra gli obblighi contratti dai membri delle Nazioni Unite in virtù della presente Carta e gli obblighi da essi assunti in base a qualsiasi altro accordo internazionale, prevarranno gli obblighi derivanti dalla presente Carta».

6        L’art. 11, n. 1, UE prevede quanto segue:

«L’Unione stabilisce ed attua una politica estera e di sicurezza comune estesa a tutti i settori della politica estera e di sicurezza i cui obiettivi sono i seguenti:

–        difesa dei valori comuni, degli interessi fondamentali, dell’indipendenza e dell’integrità dell’Unione conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite;

–        rafforzamento della sicurezza dell’Unione in tutte le sue forme;

–        mantenimento della pace e rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite (…)».

7        L’art. 301 CE è così formulato:

«Quando una posizione comune o un’azione comune adottata in virtù delle disposizioni del Trattato sull’Unione europea relative alla politica estera e di sicurezza comune prevedano un’azione della Comunità per interrompere o ridurre parzialmente o totalmente le relazioni economiche con uno o più paesi terzi, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, prende le misure urgenti necessarie».

8        L’art. 60 CE dispone quanto segue:

«1.      Qualora, nei casi previsti all’articolo 301, sia ritenuta necessaria un’azione della Comunità, il Consiglio, in conformità della procedura di cui all’articolo 301, può adottare nei confronti dei paesi terzi interessati le misure urgenti necessarie in materia di movimenti di capitali e di pagamenti.

Fatto salvo l’articolo 297 e fintantoché il Consiglio non abbia adottato misure secondo quanto disposto dal paragrafo 1, uno Stato membro può, per gravi ragioni politiche e per motivi di urgenza, adottare misure unilaterali nei confronti di un paese terzo per quanto concerne i movimenti di capitali e i pagamenti. La Commissione e gli altri Stati membri sono informati di dette misure al più tardi alla data di entrata in vigore delle medesime. 

(…)»

9        Infine, l’art. 295 CE stabilisce che «[i]l presente Trattato lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri».


 Fatti all’origine della controversia

10      Dinanzi alle gravi minacce che incombevano sulla pace in Liberia e in considerazione del ruolo svolto in tale contesto da Charles Taylor, ex Presidente di tale paese, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di Sicurezza») ha adottato, a partire dal 1992, una serie di risoluzioni riguardanti tale paese, sulla base del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.

11      La prima di esse è la risoluzione 788 (1992), adottata il 19 novembre 1992 ed il cui paragrafo 8 dispone che, «allo scopo di assicurare la pace e la stabilità in Liberia, tutti gli Stati applicheranno immediatamente un embargo generale e completo su tutte le forniture di armi e di equipaggiamenti militari in Liberia fino a diversa decisione del Consiglio [di Sicurezza] in proposito».

12      Il 7 marzo 2001, rilevando che il conflitto in Liberia era stato risolto, il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 1343 (2001), con la quale ha deciso di mettere fine ai divieti imposti dal paragrafo 8 della risoluzione 788 (1992). Tuttavia, il Consiglio di Sicurezza ha constatato anche che il governo liberiano sosteneva attivamente gruppi ribelli armati in paesi vicini, ed ha dunque adottato una nuova serie di sanzioni nei confronti della Liberia. Ai sensi dei paragrafi 5‑7 della detta risoluzione, tutti gli Stati dovevano, in particolare, adottare le misure necessarie per impedire la vendita o la fornitura in Liberia di armamenti e di materiali correlati, l’importazione diretta o indiretta dalla Liberia di tutti i diamanti grezzi senza esclusione e l’ingresso o il transito nel loro territorio di talune persone legate al governo liberiano o sostenitrici del medesimo.

13      Il paragrafo 19 della risoluzione 1343 (2001) prevede la creazione di un gruppo di esperti incaricati, in particolare, di investigare in merito al rispetto o alla violazione delle misure imposte dalla detta risoluzione e di presentare una relazione in proposito al Consiglio di Sicurezza. Tale relazione, recante il numero S/2001/1015, è stata trasmessa al presidente del Consiglio di Sicurezza in data 26 ottobre 2001.

14      Il 22 dicembre 2003 il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 1521 (2003). Rilevando che i cambiamenti intervenuti in Liberia – segnatamente, la partenza dell’ex Presidente Charles Taylor e la formazione del governo nazionale di transizione della Liberia, nonché i progressi realizzati nel processo di pace nella Sierra Leone – gli imponevano di rivedere la propria azione ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza ha deciso di togliere i divieti imposti, in particolare, ai paragrafi 5‑7 della propria risoluzione 1343 (2001). Tuttavia, tali misure sono state sostituite da alcune misure in forma riveduta. Infatti, a mente dei paragrafi 2, 4, 6 e 10 della risoluzione 1521 (2003), tutti gli Stati dovevano, in particolare, adottare le misure necessarie per impedire la vendita o la fornitura alla Liberia di armamenti e materiale correlato, l’ingresso o il transito nel loro territorio degli individui indicati dal comitato per le sanzioni di cui infra al punto 15, l’importazione diretta o indiretta nel loro territorio di tutti i diamanti grezzi provenienti dalla Liberia e l’importazione nel loro territorio di legname rotondo e di prodotti del legno di qualsiasi tipo provenienti dalla Liberia.

15      Al paragrafo 21 della risoluzione 1521 (2003), il Consiglio di Sicurezza ha deciso di istituire, ai sensi dell’art. 28 del proprio regolamento interno provvisorio, un comitato del Consiglio di Sicurezza, composto da tutti i membri del Consiglio (in prosieguo: il «comitato per le sanzioni»), incaricato, in particolare, di redigere e di tenere aggiornato l’elenco delle persone che, ai sensi del paragrafo 4 della detta risoluzione, costituiscono una minaccia per il processo di pace in Liberia, o che svolgono attività dirette ad attentare alla pace ed alla stabilità in Liberia e nella regione, ivi compresi gli alti responsabili del governo dell’ex Presidente Charles Taylor ed i loro congiunti, i membri delle ex forze armate liberiane che mantengono contatti con costui, le persone che agiscono in violazione dei divieti relativi al traffico d’armi, nonché qualsiasi altra persona collegata ad entità che forniscono un sostegno finanziario o militare a gruppi ribelli armati in Liberia o in paesi della regione.

16      Ritenendo che un’azione della Comunità fosse necessaria per attuare la detta risoluzione, il Consiglio ha adottato, il 10 febbraio 2004, la posizione comune 2004/137/PESC, concernente misure restrittive nei confronti della Liberia e che abroga la posizione comune 2001/357/PESC (GU L 40, pag. 35). L’art. 2 di tale posizione comune stabilisce che gli Stati membri adottano, alle condizioni imposte dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1521 (2003), le misure necessarie per impedire l’ingresso o il transito nel loro territorio di tutti gli individui indicati dal comitato per le sanzioni.

17      Il 10 febbraio 2004 il Consiglio ha adottato, sulla base degli artt. 60 CE e 301 CE, il regolamento (CE) n. 234, relativo a talune misure restrittive nei confronti della Liberia e che abroga il regolamento (CE) n. 1030/2003 (GU L 40, pag. 1).

18      Il 12 marzo 2004 il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 1532 (2004), destinata in particolare a congelare i fondi di Charles Taylor e di alcuni membri della sua famiglia, nonché dei suoi alleati ed associati. Ai sensi del paragrafo 1 di tale risoluzione, il Consiglio di Sicurezza «[d]ecide che, al fine di impedire che l’ex Presidente della Liberia, Charles Taylor, i suoi stretti familiari, in particolare Jewell Howard Taylor e Charles Taylor Jr., alti funzionari del passato regime di Taylor, o membri della sua cerchia, alleati o associati, identificati dal [comitato per le sanzioni], utilizzino i fondi e i beni distratti per ostacolare il riaffermarsi della pace e della stabilità in Liberia e nella regione, tutti gli Stati debbono immediatamente congelare i fondi e le altre risorse finanziarie ed economiche ubicati nel loro territorio alla data di adozione della presente risoluzione o successivamente, che siano in possesso o sotto controllo diretto o indiretto delle persone suddette o di altre persone identificate dal [comitato per le sanzioni], ivi compresi i fondi e le altre risorse finanziarie ed economiche detenute da entità appartenenti a o controllate direttamente o indirettamente da una di tali entità o da qualunque persona operante per loro conto o dietro loro ordine identificata dal [comitato per le sanzioni], e vigilare per impedire ai propri cittadini o a qualsiasi altro soggetto nel loro territorio di mettere direttamente o indirettamente a disposizione dei detti soggetti i beni sopra indicati, come pure i fondi e le risorse finanziarie o economiche di qualsiasi altro tipo, o di permetterne l’utilizzazione a vantaggio di costoro».

19      Il paragrafo 2 della risoluzione 1532 (2004) prevede un certo numero di deroghe alle misure contemplate al paragrafo 1, segnatamente per quanto riguarda i fondi e le altre risorse finanziarie ed economiche necessarie per coprire spese essenziali o straordinarie delle persone interessate. Tali deroghe possono essere concesse dagli Stati a condizione che il comitato per le sanzioni esprima, a seconda dei casi, la propria non opposizione o la propria approvazione.

20      Al paragrafo 4 della risoluzione 1532 (2004), il Consiglio di Sicurezza ha conferito al comitato per le sanzioni l’incarico di identificare le persone ed entità contemplate al paragrafo 1 e di trasmetterne l’elenco a tutti gli Stati, di redigere e di aggiornare regolarmente tale elenco e di riesaminarlo ogni sei mesi.

21      Al paragrafo 5 della risoluzione 1532 (2004), il Consiglio di Sicurezza ha deciso di riesaminare le misure imposte al paragrafo 1 almeno una volta all’anno – con previsione di una prima verifica al più tardi per il 22 dicembre 2004 – e di stabilire a tale data le nuove misure da adottare.

22      Ritenendo che un’azione della Comunità fosse necessaria al fine di attuare tale risoluzione, il Consiglio ha adottato, il 29 aprile 2004, la posizione comune 2004/487/PESC, concernente ulteriori misure restrittive nei confronti della Liberia (GU L 162, pag. 116). Tale posizione comune prescrive il congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenute direttamente o indirettamente dalle persone ed entità contemplate al paragrafo 1 della risoluzione 1532 (2004), e ciò alle medesime condizioni enunciate da quest’ultima.

23      Il 29 aprile 2004 il Consiglio ha adottato, sulla base degli artt. 60 CE e 301 CE, il regolamento (CE) n. 872, relativo ad ulteriori misure restrittive nei confronti della Liberia (GU L 162, pag. 32).

24      Ai sensi del quarto ‘considerando’ di tale regolamento, il congelamento dei fondi di Charles Taylor e dei suoi associati si rivela necessario «[i]n considerazione dell’impatto negativo sulla Liberia del trasferimento all’estero di beni e fondi oggetto di appropriazione indebita e dell’uso di questi ultimi da parte di Charles Taylor e soci per minare la pace e la stabilità in Liberia e nella regione».

25      A mente del sesto ‘considerando’ del detto regolamento, «[p]oiché tali misure rientrano nell’ambito del Trattato, la loro applicazione richiede una normativa comunitaria, per quanto riguarda il territorio della Comunità, onde evitare distorsioni della concorrenza».

26      L’art. 1 del regolamento n. 872/2004 definisce ciò che si deve intendere per «fondi», «congelamento di fondi», «risorse economiche» e «congelamento di risorse economiche».

27      L’art. 2 del regolamento n. 872/2004 così dispone:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche posseduti o controllati, direttamente o indirettamente, dall’ex Presidente liberiano Charles Taylor, da Jewell Howard Taylor, da Charles Taylor Jr. e dalle seguenti persone e entità, designate dal comitato delle sanzioni ed elencate nell’allegato I:

a)      altre persone legate all’ex Presidente liberiano Charles Taylor da stretti vincoli di parentela;

b)      alti funzionari dell’ex regime di Taylor e altri stretti alleati e soci;

c)      persone giuridiche, organismi o entità posseduti o controllati direttamente o indirettamente dalle persone di cui sopra;

d)      qualsiasi altra persona fisica o giuridica che agisce per conto o sotto la direzione delle persone di cui sopra.

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione direttamente o indirettamente o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi di cui all’allegato 1.

3.      È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad azioni le cui finalità o conseguenze siano tali da aggirare, direttamente o indirettamente, le misure di cui ai paragrafi 1 e 2».

28      L’allegato I al regolamento n. 872/2004 contiene l’elenco delle persone fisiche e giuridiche, degli organismi e delle entità di cui all’art. 2. Nella versione originaria di tale elenco il nome del ricorrente non compare.

29      Ai sensi dell’art. 11, lett. a), del regolamento n. 872/2004, la Commissione è autorizzata a modificare l’allegato I sulla base di decisioni prese dal Consiglio di Sicurezza o dal comitato per le sanzioni.

30      L’art. 3 del regolamento n. 872/2004 prevede quanto segue:

«1.      In deroga all’articolo 2, le autorità competenti degli Stati membri figuranti nell’allegato II possono autorizzare che taluni fondi o risorse economiche congelati siano sbloccati o che taluni fondi o risorse economiche congelati siano messi a disposizione dopo aver stabilito che i fondi o le risorse economiche in questione sono:

a)      necessari per coprire (...) spese di base, [quali] i pagamenti relativi a generi alimentari, affitti o garanzie ipotecarie, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenza di servizi pubblici;

b)      destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli e al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;

c)      destinati esclusivamente al pagamento di diritti o di spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati,

purché abbiano notificato al comitato delle sanzioni l’intenzione di autorizzare l’accesso a tali fondi e risorse economiche e detto comitato non abbia comunicato loro una decisione negativa entro due giorni lavorativi dalla notifica.

2.      In deroga all’articolo 2, le autorità competenti degli Stati membri figuranti nell’allegato II possono autorizzare che taluni fondi o risorse economiche congelati siano sbloccati o che taluni fondi o risorse economiche congelati siano messi a disposizione dopo aver stabilito che i fondi o le risorse economiche in questione sono necessari per coprire (...) spese straordinarie, purché abbiano notificato tale decisione al comitato delle sanzioni e questo l’abbia approvata».

31      Il 15 giugno 2004 il comitato per le sanzioni ha adottato le linee guida per l’applicazione dei paragrafi 1 e 4 della risoluzione 1532 (2004) (in prosieguo: le «linee guida del comitato per le sanzioni»).

32      Il punto 2 di tali linee guida, intitolato «Aggiornamento e tenuta dell’elenco delle persone interessate dal congelamento dei beni», prevede, alla lett. b), che il comitato per le sanzioni esamini diligentemente le richieste di aggiornamento di tale elenco ad esso presentate dagli Stati membri e, alla lett. d), che il detto comitato riveda l’elenco ogni sei mesi, tenendo conto in particolare di qualsiasi richiesta pendente concernente la cancellazione del nome di individui e/o di entità (v. punto seguente).

33      Il punto 4 delle linee guida del comitato per le sanzioni, intitolato «Cancellazione dall’elenco», prevede quanto segue:

«a)      Ferme restando le procedure in corso, un richiedente (persona(e) e/o entità incluse nell’elenco stabilito dal [comitato per le sanzioni]) può presentare al governo del paese di residenza e/o di cittadinanza una richiesta di riesame del suo caso. A tal fine, il richiedente deve giustificare la propria domanda di cancellazione dall’elenco, fornire le informazioni pertinenti e chiedere un sostegno a tale richiesta;

b)      il governo cui è presentata la richiesta (il “governo interpellato”) deve esaminare tutte le informazioni pertinenti e contattare poi in forma bilaterale il governo o i governi che hanno proposto l’iscrizione nell’elenco “(il governo o i governi proponenti”) per richiedere ulteriori informazioni e consultarsi sulla richiesta di cancellazione dall’elenco;

c)      anche il governo o i governi che avevano originariamente chiesto l’iscrizione possono chiedere ulteriori informazioni al paese di residenza o di cittadinanza del richiedente. Il governo interpellato e il governo o i governi proponenti possono, all’occorrenza, consultare il presidente del [comitato per le sanzioni] nel corso di tali consultazioni bilaterali;

d)      qualora il governo interpellato, dopo aver esaminato le informazioni integrative, desideri accogliere una richiesta di cancellazione dall’elenco, deve cercare di convincere il governo o i governi proponenti a presentare al [comitato per le sanzioni], congiuntamente o separatamente, una richiesta di cancellazione. Il governo interpellato può presentare al comitato una richiesta di cancellazione non accompagnata da una richiesta del governo o dei governi proponenti, nell’ambito del procedimento di approvazione tacita descritto sopra al paragrafo 3, lett. b) e c);

e)      il presidente fornisce una risposta provvisoria ad ogni richiesta di cancellazione dall’elenco che non sia stata esaminata entro il termine ordinario di due giorni o durante il periodo di proroga di tale termine».

34      Il 14 giugno 2004 il comitato per le sanzioni ha deciso di modificare l’elenco delle persone ed entità alle quali si applicano le misure indicate al paragrafo 1 della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1532 (2004). Il nome del ricorrente compare in tale elenco modificato, dove egli viene indicato quale proprietario dell’impresa Exotic Tropical Timber Enterprises, nonché come uno dei principali finanziatori dell’ex Presidente Charles Taylor.

35      Il regolamento (CE) della Commissione 22 giugno 2004, n. 1149, che modifica il regolamento n. 872/2004 (GU L 222, pag. 17), contiene un allegato che sostituisce l’allegato I al precedente regolamento. Il nuovo allegato I reca, al punto 13, il nome del ricorrente, identificato come segue:

«Leonid Minin [alias (a) Blavstein, (b) Blyuvshtein, (c) Blyafshtein, (d) Bluvshtein, (e) Blyufshtein, (f) Vladimir Abramovich Kerler, (g) Vladimir Abramovich Popiloveski, (h) Vladimir Abramovich Popela, (i) Vladimir Abramovich Popelo, (j) Wulf Breslan, (k) Igor Osols. Data di nascita: (a) 14 dicembre 1947, (b) 18 ottobre 1946, (c) sconosciuta]. Nazionalità: ucraina. Passaporti tedeschi (nome: Minin): (a) 5280007248D, (b) 18106739D. Passaporti israeliani: (a) 6019832 (6/11/94-5/11/99), (b) 9001689 (23/1/97-22/1/02), (c) 90109052 (26/11/97). Passaporto russo: KI0861177; passaporto boliviano: 65118; passaporto greco: non si conoscono gli estremi. Proprietario della Exotic Tropical Timber Enterprises».

36      Il 21 dicembre 2004 il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 1579 (2004). Dopo avere in particolare esaminato le misure dettate al paragrafo 1 della risoluzione 1532 (2004) ed aver preso atto che la situazione in Liberia continuava a minacciare la pace e la sicurezza internazionali nella regione, il Consiglio di Sicurezza ha affermato che tali misure restavano in vigore per impedire all’ex Presidente Charles Taylor, ai suoi familiari più stretti, agli alti responsabili del passato regime di Taylor o ad altre persone strettamente alleate od associate di utilizzare fondi e beni distratti per ostacolare il ristabilimento della pace e dell’ordine in Liberia e nella regione, ed ha confermato nuovamente la propria intenzione di rivedere tali misure almeno una volta all’anno.

37      Il 2 maggio 2005 il comitato per le sanzioni ha deciso di aggiungere una serie di dati personali supplementari all’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità contemplati al paragrafo 1 della risoluzione 1532 (2004) del Consiglio di Sicurezza.

38      Con il regolamento (CE) della Commissione 9 giugno 2005, n. 874, che modifica il regolamento n. 872/2004 (GU L 146, pag. 5; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), l’allegato I al regolamento n. 872/2004 è stato sostituito da un nuovo allegato. Il nuovo allegato I comprende, al punto 14, il nome del ricorrente, identificato come segue:

«Leonid Yukhimovich Minin [alias (a) Blavstein, (b) Blyuvshtein, (c) Blyafshtein, (d) Bluvshtein, (e) Blyufshtein, (f) Vladamir Abramovich Kerler, (g) Vladimir Abramovich Kerler, (h) Vladimir Abramovich Popilo-Veski, (i) Vladimir Abramovich Popiloveski, (j) Vladimir Abramovich Popela, (k) Vladimir Abramovich Popelo, (l) Wulf Breslan, (m) Igor Osols]. Data di nascita: (a) 14.12.1947, (b) 18.10.1946. Luogo di nascita: Odessa, URSS (oggi Ucraina). Nazionalità: israeliana. Passaporti tedeschi contraffatti (nome: Minin): (a) 5280007248D, (b) 18106739D. Passaporti israeliani: (a) 6019832 (validità: 6.11.1994 - 5.11.1999), (b) 9001689 (validità: 23.1.1997 ‑ 22.1.2002), (c) 90109052 (rilasciato il 26.11.1997). Passaporto russo: KI0861177; passaporto boliviano: 65118; passaporto greco: non si conoscono gli estremi. Altre informazioni: proprietario della Exotic Tropical Timber Enterprises».

39      Il 20 dicembre 2005 il Consiglio di Sicurezza ha adottato la risoluzione 1647 (2005). Dopo avere in particolare esaminato le misure stabilite al paragrafo 1 della risoluzione 1532 (2004) e ritenendo che la situazione in Liberia continuasse a minacciare la pace e la sicurezza internazionali nella regione, il Consiglio di Sicurezza ha affermato che tali misure restavano in vigore, ed ha riconfermato la propria intenzione di rivederle almeno una volta all’anno.

 Procedimento

40      Con atto introduttivo pervenuto nella cancelleria del Tribunale il 3 settembre 2004, registrato con il numero T‑362/04, il sig. Leonid Minin ha proposto il presente ricorso ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

41      Con ordinanze del presidente della Seconda Sezione del Tribunale rispettivamente in data 8 dicembre 2004 e 21 febbraio 2005, il Consiglio ed il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Il Consiglio ha depositato la propria memoria di intervento entro i termini impartiti. Con lettera pervenuta nella cancelleria del Tribunale il 19 aprile 2005, il Regno Unito ha informato il Tribunale della propria rinuncia a depositare una memoria di intervento, riservandosi il diritto di partecipare ad un’eventuale udienza.

42      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del proprio regolamento di procedura, ha rivolto per iscritto alcuni quesiti alle parti, invitandole a fornire una risposta per iscritto in vista dell’udienza. La ricorrente e la convenuta hanno ottemperato a tale richiesta.

43      Fatta eccezione per il Regno Unito, giustificato, all’udienza del 13 settembre 2006 le parti hanno esposto le loro difese orali e risposto ai quesiti formulati dal Tribunale.

 Conclusioni delle parti

44      Nel suo ricorso il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il punto 13 dell’allegato al regolamento n. 1149/2004;

–        annullare tale regolamento nella sua interezza;

–        constatare l’inapplicabilità dei regolamenti n. 872/2004 e n. 1149/2004 a norma dell’art. 241 CE.

45      Nel suo controricorso la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso perché in parte irricevibile e in parte infondato;

–        respingere perché irricevibili o infondati i motivi nuovi dedotti con l’atto di replica;

–        condannare il ricorrente alle spese.

46      Nella sua memoria di intervento il Consiglio conclude che il Tribunale voglia rigettare il ricorso.

47      Nella sua risposta scritta ai quesiti posti dal Tribunale, il ricorrente dichiara che, alla luce dell’adozione del regolamento n. 874/2005, intende modificare le proprie conclusioni iniziali. Di conseguenza egli conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il punto 14 dell’allegato al regolamento impugnato;

–        annullare il regolamento n. 872/2004, come modificato dal regolamento impugnato, nella parte in cui prevede, all’art. 2, il congelamento dei fondi e delle risorse economiche di esso ricorrente.

48      All’udienza il ricorrente, da un lato, ha rinunciato al secondo capo delle proprie conclusioni così modificate e, dall’altro, ha chiesto la condanna della convenuta alle spese, ciò di cui si è preso atto nel processo verbale dell’udienza.

 Sulla ricevibilità e sull’oggetto del ricorso

49      Il primo capo delle conclusioni iniziali del ricorrente, formulato nei termini indicati supra al punto 44, era diretto all’annullamento del punto 13 dell’allegato al regolamento n. 1149/2004, che aveva sostituito l’allegato I al regolamento n. 872/2004.

50      Poiché l’allegato I al regolamento n. 872/2004, come sostituito, è stato a sua volta sostituito, in corso di causa, dall’allegato al regolamento impugnato, le parti sono state invitate a presentare le loro osservazioni scritte in merito alle conseguenze da trarre da tale nuova circostanza ai fini del proseguimento della presente procedura di ricorso.

51      Il ricorrente ha dunque riformulato le proprie conclusioni nei termini indicati supra al punto 47. Alla luce delle circostanze del caso di specie, la Commissione non ha sollevato obiezioni quanto alla possibilità, in via di principio, di effettuare tale riformulazione. In linea di principio, tale possibilità è effettivamente conforme alla giurisprudenza del Tribunale secondo cui, allorché una misura di congelamento dei fondi di un singolo viene sostituita, in corso di causa, da una misura avente il medesimo oggetto, quest’ultima dev’essere considerata come un elemento nuovo che consente al ricorrente di adattare la propria domanda iniziale nonché i motivi e gli argomenti proposti, in modo tale che questi abbiano ad oggetto il provvedimento successivamente intervenuto (v. sentenze del Tribunale 21 settembre 2005, causa T‑306/01, Yusuf e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2387, attualmente in fase di impugnazione, in prosieguo: la «sentenza Yusuf», punti 71‑74, e Kadi/Consiglio e Commissione, causa T‑315/01, Racc. pag. II‑3649, attualmente in fase di impugnazione, in prosieguo: la «sentenza Kadi», punti 52‑55, e la giurisprudenza ivi citata).

52      Inoltre, considerato che all’udienza il ricorrente ha rinunciato al secondo capo delle proprie conclusioni così riformulate, occorre constatare che il ricorso ha ormai quale unico oggetto una domanda di annullamento del punto 14 dell’allegato al regolamento impugnato, che mantiene il nome del ricorrente nell’elenco delle persone i cui fondi debbono essere congelati in conformità del regolamento n. 872/2004.

53      A questo proposito occorre rilevare come il regolamento impugnato sia senz’altro un regolamento ai sensi dell’art. 249 CE (v., in tal senso e per analogia, sentenza Yusuf, punti 184‑188), e non un fascio di decisioni individuali, come erroneamente sostiene il ricorrente. Il punto 14 dell’allegato del detto regolamento condivide questa medesima natura regolamentare e non costituisce dunque una decisione individuale avente come destinatario il ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione. Ciò non toglie che tale regolamento riguarda direttamente ed individualmente il ricorrente, nella misura in cui questi viene specificamente nominato al detto punto 14 dell’allegato del regolamento medesimo (v., in tal senso e per analogia, sentenze del Tribunale Yusuf, punto 186, e 12 luglio 2006, causa T‑253/02, Ayadi/Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, attualmente in fase di impugnazione, in prosieguo: la «sentenza Ayadi», punto 81). Entro questi limiti, il ricorrente è legittimato a domandarne l’annullamento.

 Nel merito

1.     Allegazioni delle parti in punto di fatto

54      Il ricorrente dichiara di chiamarsi Leonid Minin e di essere un cittadino israeliano residente a Tel-Aviv (Israele), sebbene abbia abitato in Italia all’epoca dei fatti all’origine del presente ricorso. Il ricorrente aggiunge che tutti i suoi fondi e le sue risorse economiche nella Comunità sono stati congelati a seguito dell’adozione del regolamento n. 1149/2004, sicché egli non sarebbe più in grado di occuparsi di suo figlio né di proseguire le sue attività di gestore di una società di import/export di legname. Il ricorrente sottolinea inoltre che è stato assolto dalle imputazioni elevate nei suoi confronti in Italia per traffico d’armi.

55      Tuttavia, a questo proposito, la Commissione ed il Consiglio rinviano alla relazione datata 26 ottobre 2001 del gruppo di esperti istituito ai sensi del paragrafo 19 della risoluzione 1343 (2001) (v. supra, punto 13). Secondo le dette istituzioni, risulta in particolare dai paragrafi 15‑17 e 207 e seguenti di tale relazione che, al momento del suo arresto da parte delle autorità italiane, avvenuto il 5 agosto 2000, il ricorrente è stato trovato in possesso di vari documenti che lo coinvolgevano in un traffico d’armi destinate alla Liberia. Interrogato in prigione dal gruppo di esperti, il ricorrente avrebbe ammesso il proprio ruolo in svariate transazioni riconducibili a tale traffico d’armi. Inoltre, i motivi dell’assoluzione in sede penale del ricorrente in Italia sarebbero stati fondati sul difetto di competenza territoriale dei giudici italiani a conoscere delle imputazioni elevate nei suoi confronti in tale Stato membro.

2.     In diritto

56      A sostegno della propria domanda giudiziale il ricorrente deduce due motivi, riguardanti, il primo, l’incompetenza della Comunità ad adottare il regolamento n. 872/2004, il regolamento n. 1149/2004 ed il regolamento impugnato (in prosieguo, congiuntamente denominati: i «regolamenti impugnati») e, il secondo, la violazione dei suoi diritti fondamentali.

 Sul primo motivo, relativo all’incompetenza della Comunità ad adottare i regolamenti impugnati

57      Tale motivo si suddivide in due parti, la seconda delle quali è stata sviluppata nell’atto di replica.

 Sulla prima parte del motivo

–       Argomenti delle parti

58      Con la prima parte del motivo il ricorrente fa valere, in primo luogo, che le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza riguardano esclusivamente gli Stati ai quali esse sono indirizzate e non mirano a produrre effetti direttamente nei confronti dei singoli, a differenza dei regolamenti comunitari, i quali producono effetti diretti erga omnes negli Stati membri. I regolamenti impugnati avrebbero in tal modo conferito un «valore aggiunto» alle sanzioni previste dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, delle quali essi avrebbero adottato le disposizioni, valore aggiunto che consisterebbe nell’effetto diretto nel territorio dell’Unione, ciò che non sarebbe giustificato dal punto di vista normativo. Infatti, la Comunità disporrebbe unicamente di competenze di attribuzione. In particolare, risulterebbe dall’art. 295 CE che la Comunità non dispone di competenze proprie in materia di regime della proprietà. Essa non sarebbe dunque competente ad adottare atti che privino i singoli della loro proprietà. Tale ruolo spetterebbe agli Stati membri, unici competenti, ad avviso del ricorrente, ad attribuire un effetto diretto e vincolante alle sanzioni economiche individuali adottate dal Consiglio di Sicurezza.

59      Il ricorrente fa valere, in secondo luogo, che i destinatari delle misure previste dagli artt. 60 CE e 301 CE sono i paesi terzi. Di conseguenza, tali articoli non costituirebbero una base giuridica adeguata per l’adozione di misure sanzionatorie o preventive rivolte contro i singoli e produttive di effetti diretti nei loro confronti. Misure siffatte non rientrerebbero nella competenza della Comunità, a differenza, in primo luogo, delle misure restrittive di natura commerciale adottate nei confronti della Liberia con il regolamento n. 234/2004 e, in secondo luogo, delle misure di embargo commerciale contro l’Irak esaminate dal Tribunale nella sentenza 28 aprile 1998, causa T‑184/95, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑667).

60      Il carattere arbitrario del regime istituito dai regolamenti impugnati risulterebbe da un raffronto tra tale regime e quello istituito dal regolamento (CE) del Consiglio 15 giugno 1999, n. 1294, relativo al congelamento dei capitali e al divieto degli investimenti in relazione alla Repubblica federale di Jugoslavia e che abroga i regolamenti (CE) n. 1295/98 e (CE) n. 1607/98 (GU L 153, pag. 63). Il ricorrente rileva che l’art. 2 del detto regolamento stabiliva la presunzione secondo cui occorreva ritenere che le persone contemplate dal regolamento stesso «agis[sero] o afferm[assero] di agire [in nome o] per conto» dei governi interessati. Il ricorrente aggiunge che il regolamento n. 1294/99 conteneva norme indirizzate agli Stati membri e riformulava misure di congelamento dei fondi già applicate da tali Stati a livello nazionale.

61      All’udienza il ricorrente ha sviluppato una variante di questa seconda parte della sua argomentazione, facendo valere che, posto che Charles Taylor era stato cacciato dal potere in Liberia sin da prima dell’adozione dei regolamenti impugnati, questi ultimi non potevano più essere fondati soltanto sugli artt. 60 CE e 301 CE, ma avrebbero altresì dovuto poggiare sulla base giuridica supplementare di cui all’art. 308 CE. Il ricorrente, a questo proposito, ha invocato i punti 125 e seguenti della sentenza Yusuf.

62      Il ricorrente fa valere, in terzo luogo, che il congelamento dei suoi beni è privo di qualsiasi rapporto con la finalità di «evitare distorsioni della concorrenza», enunciata al sesto ‘considerando’ del regolamento n. 872/2004, in quanto non vi sarebbe alcun accordo tra imprese. Allo stesso modo, il ricorrente dichiara di non vedere come capitali ingiustamente acquisiti, ma di importo irrisorio nel quadro dell’economia dell’Unione europea, possano pregiudicare il regime di libera circolazione dei capitali.

63      La Commissione ed il Consiglio contestano la fondatezza dell’insieme di argomenti addotti dal ricorrente nel corso della fase scritta del procedimento. Argomenti identici o simili sarebbero d’altronde stati respinti dal Tribunale nelle sentenze Yusuf, Kadi e Ayadi.

64      Quanto all’argomentazione sviluppata dal ricorrente all’udienza, sulla base dei punti 125 e seguenti della sentenza Yusuf (v. supra, punto 61), la Commissione ritiene che essa costituisca un motivo nuovo, la cui deduzione in corso di giudizio è vietata dall’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, in quanto non è fondata su elementi di fatto e di diritto emersi nel corso del procedimento.

–       Giudizio del Tribunale

65      Il ricorrente sostiene, in sostanza, che gli Stati membri sono gli unici competenti ad attuare, mediante l’adozione di misure aventi effetto diretto e vincolante nei confronti dei singoli, le sanzioni economiche decretate dal Consiglio di Sicurezza nei confronti di questi ultimi.

66      Occorre anzitutto respingere tale argomentazione per motivi identici, nella sostanza, a quelli indicati nelle sentenze Yusuf (punti 107‑171), Kadi (punti 87‑135) e Ayadi (punti 87‑92) (v., in merito alla facoltà per il giudice comunitario di motivare una sentenza tramite rinvio ad una sentenza precedente che ha statuito su questioni sostanzialmente identiche, sentenza della Corte 25 ottobre 2005, causa C‑229/04, Crailsheimer Volksbank,Racc. pag. I‑9273, punti 47‑49, e sentenza Ayadi, punto 90; v. altresì, in tal senso, ordinanza della Corte 5 giugno 2002, causa C‑204/00 P, Aalborg Portland/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 29, e, per analogia, sentenza della Corte 1° luglio 1999, causa C‑155/98 P, Alexopoulou/Commissione, Racc. pag. I‑4069, punti 13 e 15).

67      Infatti, da un lato, il Tribunale ha statuito, nelle sentenze Yusuf, Kadi e Ayadi, che, in tutti i casi in cui, in forza del Trattato CE, la Comunità ha assunto competenze precedentemente esercitate dagli Stati membri nell’ambito di applicazione della Carta delle Nazioni Unite, le disposizioni di questa hanno come effetto di vincolare la Comunità (sentenza Yusuf, punto 253), e che quest’ultima è tenuta, a norma del suo stesso Trattato istitutivo, ad adottare, nell’esercizio delle proprie competenze, tutte le disposizioni necessarie per consentire ai propri Stati membri di conformarsi agli obblighi loro incombenti in forza della carta suddetta (sentenza Yusuf, punto 254).

68      D’altro lato, il Tribunale ha statuito, in queste stesse sentenze, che la Comunità è competente ad adottare misure restrittive che colpiscano direttamente i singoli, sulla base degli artt. 60 CE e 301 CE, qualora una posizione comune o un’azione comune adottate a norma delle disposizioni del Trattato UE relative alla PESC lo prevedano, e ciò a condizione che tali misure mirino effettivamente a interrompere o a ridurre totalmente o parzialmente le relazioni economiche con uno o più paesi terzi (sentenza Yusuf, punti 112‑116). Per contro, misure restrittive prive di qualsiasi legame con il territorio o il regime a capo di un paese terzo non possono essere fondate soltanto sulle dette disposizioni (sentenza Yusuf, punti 125‑157). Tuttavia, la Comunità è competente ad adottare misure di questo tipo sulla base degli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE (sentenza Yusuf, punti 158‑170, e sentenza Ayadi, punti 87‑89).

69      Orbene, nel caso di specie il Consiglio ha constatato, nella posizione comune 2004/487, adottata in esecuzione delle disposizioni del titolo V del Trattato UE, che un’azione della Comunità era necessaria per attuare determinate misure restrittive nei confronti di Charles Taylor e dei suoi associati, in conformità della risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1532 (2004), e la Comunità ha messo in atto tali misure mediante l’adozione dei regolamenti impugnati (v., in tal senso e per analogia, sentenza Yusuf, punto 255).

70      Nelle specifiche circostanze del caso di specie, occorre nondimeno rilevare come i regolamenti impugnati abbiano quale base normativa soltanto gli artt. 60 CE e 301 CE. Pertanto, indipendentemente dall’eventuale qualificazione come motivo nuovo dell’argomentazione sviluppata in proposito dal ricorrente all’udienza, sulla base dei punti 125 e seguenti della sentenza Yusuf (v. supra, punto 61), è necessario verificare se le sanzioni a carico del ricorrente, nella sua qualità di associato dell’ex Presidente della Liberia Charles Taylor, mirino effettivamente ad interrompere o ridurre totalmente o parzialmente le relazioni economiche con un paese terzo, ciò che equivale a verificare se esse presentino un nesso sufficiente con il territorio o il regime a capo del paese in questione.

71      Il Tribunale ritiene che la risposta debba essere affermativa alla luce delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, delle posizioni comuni PESC e degli atti comunitari in questione nel caso di specie, e ciò anche se è vero che Charles Taylor è stato rimosso dal potere presidenziale in Liberia sin dal mese di agosto 2003.

72      Infatti, secondo la costante valutazione del Consiglio di Sicurezza, che non spetta al Tribunale rimettere in discussione, la situazione in Liberia continua a minacciare la pace e la sicurezza internazionali nella regione, e le misure restrittive adottate nei confronti di Charles Taylor e dei suoi associati restano necessarie per impedire che costoro utilizzino i fondi ed i beni da essi distratti per ostacolare il riaffermarsi della pace e della stabilità in tale paese e nella regione (v., in particolare, supra, punti 12, 14, 15, 18 e 36 per quanto riguarda il periodo 2001‑2005, e punto 39 per quanto riguarda il periodo successivo al 20 dicembre 2005).

73      Allo stesso modo, ai termini del quarto ‘considerando’ del regolamento n. 872/2004, il congelamento dei fondi di Charles Taylor e dei suoi associati si rivela necessario «[i]n considerazione dell’impatto negativo sulla Liberia del trasferimento all’estero di beni e fondi oggetto di appropriazione indebita e dell’uso di questi ultimi da parte di Charles Taylor e soci per minare la pace e la stabilità in Liberia e nella regione».

74      Il Tribunale reputa che, posto che l’organo al quale la Comunità internazionale ha confidato il ruolo principale di mantenimento della pace e della sicurezza internazionali ritiene che Charles Taylor ed i suoi associati continuino ad essere in grado di compromettere la pace in Liberia e nei paesi vicini, le misure adottate nei confronti di costoro presentino un nesso sufficiente con il territorio o con il regime a capo di tale paese per poter essere considerate come intese a «interrompere o ridurre parzialmente o totalmente le relazioni economiche con [un paese terzo]», ai sensi degli artt. 60 CE e 301 CE. Pertanto, la Comunità è competente ad adottare le misure in questione sulla base di tali disposizioni.

75      Gli altri argomenti più specificamente invocati dal ricorrente nell’ambito della prima parte del primo motivo non sono idonei a rimettere in discussione tale valutazione.

76      Quanto all’argomento secondo cui i regolamenti impugnati avrebbero indebitamente conferito un «valore aggiunto» alle risoluzioni in questione del Consiglio di Sicurezza, a motivo dell’effetto diretto che tali regolamenti producono nel territorio della Comunità, esso viene giustamente confutato dalla Commissione, la quale fa presente, da un lato, che gli artt. 60 CE e 301 CE non stabiliscono limitazioni quanto alla scelta del tipo di atti volti ad assicurare la loro attuazione e, dall’altro, che neppure la risoluzione 1532 (2004) impone limiti particolari alla forma che possono assumere le misure di attuazione che gli Stati membri dell’ONU devono adottare, direttamente o, come nel caso di specie, per il tramite degli organismi internazionali di cui essi fanno parte. Al contrario, la detta risoluzione richiede l’adozione delle «misure necessarie» per la sua attuazione. A questo proposito, la Commissione e il Consiglio sostengono giustamente che l’adozione di un regolamento comunitario è giustificata da evidenti ragioni di uniformità ed efficacia e consente di evitare che i fondi degli interessati vengano trasferiti od occultati nel periodo che occorrerebbe agli Stati membri per dare attuazione ad una direttiva o ad una decisione nell’ordinamento nazionale.

77      Quanto all’argomento secondo cui la Comunità, ordinando il congelamento dei fondi di determinati singoli, violerebbe l’art. 295 CE, anche a supporre che le misure in questione nel caso di specie interferiscano con il regime della proprietà (v., al riguardo, sentenza Yusuf, punto 299), è sufficiente rilevare come, malgrado la disposizione in questione, altre disposizioni del Trattato conferiscano alla Comunità il potere di adottare misure sanzionatorie o di protezione aventi un’incidenza sul diritto di proprietà dei singoli. Ciò è quanto avviene in particolare in materia di concorrenza (art. 83 CE) e di politica commerciale (art. 133 CE). È altresì il caso delle misure adottate, come nel caso di specie, sulla base degli artt. 60 CE e 301 CE.

78      Quanto infine all’argomento secondo cui il congelamento dei beni del ricorrente sarebbe privo di qualsiasi nesso con la finalità di «evitare distorsioni della concorrenza», enunciata al sesto ‘considerando’ del regolamento n. 872/2004, vero è che l’affermazione dell’esistenza di un rischio di distorsione della concorrenza – alla prevenzione del quale tale regolamento, secondo il detto ‘considerando’, sarebbe rivolto – non è convincente (v., in tal senso e per analogia, sentenze Yusuf, punti 141‑150, e Kadi, punti 105‑114).

79      Tuttavia, come ricordato dal Tribunale al punto 165 della sentenza Ayadi, la motivazione di un regolamento dev’essere esaminata nella sua interezza. Secondo la giurisprudenza, il vizio di forma consistente, in un regolamento, nel fatto che uno dei suoi ‘considerando’ contiene un’indicazione erronea in punto di fatto non può portare all’annullamento di tale atto, qualora gli altri ‘considerando’ del regolamento forniscano una motivazione di per sé sufficiente (sentenza della Corte 20 ottobre 1987, causa 119/86, Spagna/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 4121, punto 51, e sentenza del Tribunale 21 gennaio 1999, cause riunite T‑129/95, T‑2/96 e T‑97/96, Neue Maxhütte Stahlwerke e Lech‑Stahlwerke/Commissione, Racc. pag. II‑17, punto 160). Una situazione siffatta ricorre nel caso di specie.

80      A questo proposito occorre ricordare che la motivazione prescritta dall’art. 253 CE deve far apparire in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito dal Consiglio, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni delle misure adottate ed al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo. Il rispetto dell’obbligo di motivazione deve inoltre essere valutato in rapporto non soltanto alla formulazione dell’atto, ma anche al contesto di quest’ultimo nonché al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione. Ove si tratti, come nella fattispecie, di un atto destinato ad un’applicazione generale, la motivazione può limitarsi ad indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto all’adozione dell’atto medesimo e, dall’altro, gli obiettivi generali che questo si prefigge (v. sentenza della Corte 10 gennaio 2006, causa C‑344/04, International Air Transport Association e a., Racc. pag. I‑403, punti 66 e 67, e la giurisprudenza ivi citata).

81      Nel caso di specie, i riferimenti introduttivi del regolamento n. 872/2004 e, in particolare, i ‘considerando’ 1‑5 di quest’ultimo soddisfano pienamente le condizioni sopra indicate, segnatamente nella misura in cui rinviano, da un lato, agli artt. 60 CE e 301 CE e, dall’altro, alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 1521 (2003) e 1532 (2004), nonché alle posizioni comuni 2004/137 e 2004/487.

82      Inoltre, il regolamento impugnato, laddove nell’allegato indica specificamente il ricorrente quale destinatario di un provvedimento individuale di congelamento dei fondi, è sufficientemente motivato in virtù del rinvio effettuato, al suo secondo ‘considerando’, alla corrispondente designazione operata dal comitato per le sanzioni.

83      Ne consegue che la prima parte del primo motivo dev’essere respinta.

 Sulla seconda parte del motivo

–       Argomenti delle parti

84      Con la seconda parte del motivo, sviluppata nell’atto di replica, il ricorrente fa valere una violazione del principio di sussidiarietà, intorno al quale, a suo avviso, ruota la presente causa.

85      Pur ritenendo tale censura irricevibile, in quanto motivo nuovo dedotto per la prima volta con l’atto di replica, la Commissione asserisce che in ogni caso il ricorrente non ha sostanziato le proprie allegazioni.

86      Secondo la Commissione, gli artt. 60 CE e 301 CE hanno operato un trasferimento di competenza univoco e incondizionato a favore della Comunità. Tale competenza sarebbe di natura esclusiva, di modo che il principio di sussidiarietà non troverebbe applicazione nel caso di specie.

87      Infine, la Commissione e il Consiglio sostengono che, anche a supporre che il principio di sussidiarietà sia applicabile nel caso di specie, il ruolo del tutto secondario lasciato agli Stati membri dall’art. 60 CE implica il riconoscimento del fatto che le finalità di un provvedimento di congelamento dei fondi possono essere realizzate più efficacemente a livello comunitario. Tale ipotesi ricorrerebbe manifestamente nel caso di specie.

–       Giudizio del Tribunale

88      Occorre ricordare, in via preliminare, che il giudice comunitario è legittimato a verificare, secondo le circostanze di ciascuna fattispecie, se il rigetto nel merito di un motivo di ricorso sia giustificato dalle esigenze di una buona amministrazione della giustizia, senza statuire preventivamente sulla ricevibilità del motivo stesso (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 settembre 2006, cause riunite T‑217/99, T‑321/99 e T‑222/01, Sinaga/Commissione,non pubblicata nella Raccolta, punto 68, e la giurisprudenza ivi citata).

89      Orbene, nel caso di specie, la censura relativa alla presunta violazione del principio di sussidiarietà deve comunque essere respinta perché infondata, per motivazioni identiche, in sostanza, a quelle illustrate ai punti 106‑110, 112 e 113 della sentenza Ayadi in risposta a un motivo sostanzialmente identico dedotto dal sig. Ayadi. Il Tribunale ritiene, infatti, che il detto principio non possa essere invocato nell’ambito di applicazione degli artt. 60 CE e 301 CE, anche ammettendo che tale materia non rientri nella competenza esclusiva della Comunità. In ogni caso, anche a supporre che il principio di sussidiarietà trovi applicazione in circostanze quali quelle della presente fattispecie, è evidente che l’attuazione uniforme negli Stati membri di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, che si impongono indistintamente a tutti i membri dell’ONU, può esser meglio realizzata a livello comunitario piuttosto che a livello nazionale.

90      Da quanto sopra esposto consegue che occorre respingere la seconda parte del primo motivo e, di conseguenza, il motivo stesso nella sua interezza.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dei diritti fondamentali

91      Tale motivo è suddiviso in tre parti, la terza delle quali è stata sviluppata nell’atto di replica.

 Sulla prima e sulla seconda parte del motivo

–       Argomenti delle parti

92      Con la prima parte del motivo, il ricorrente deduce una violazione del diritto di proprietà, il quale, a suo avviso, rientra tra i diritti fondamentali che la Comunità è tenuta a rispettare (sentenza della Corte 13 dicembre 1979, causa 44/79, Hauer, Racc. pag. 3727), in particolare tenendo conto del Primo protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

93      Il ricorrente riconosce che, secondo la giurisprudenza, tale diritto può costituire l’oggetto di restrizioni se e in quanto queste perseguano un obiettivo di interesse generale della Comunità. Egli rileva, tuttavia, che i regolamenti impugnati non menzionano alcun obiettivo di questo tipo. A suo avviso, tale non può ritenersi, in particolare, l’obiettivo di evitare distorsioni della concorrenza, che sarebbe del tutto inconferente nel caso di specie (v. supra, punto 61). Quanto all’obiettivo consistente nella punizione delle ruberie perpetrate «dal dittatore Taylor e dai suoi “uomini di mano”», esso rientrerebbe tra i compiti degli Stati, in quanto destinatari delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e non tra quelli della Comunità.

94      Nella sua replica il ricorrente sostiene che i principi affermati dalla Corte nella sentenza 30 luglio 1996, causa C‑84/95, Bosphorus (Racc. pag. I‑3953), invocata dalla Commissione, non sono applicabili nel caso di specie. In primo luogo, a differenza delle misure in questione nella causa definita dalla detta sentenza, la proporzionalità delle misure previste dai regolamenti impugnati non sarebbe stata esaminata prima della loro adozione. In secondo luogo, la situazione della Repubblica federale di Jugoslavia (Serbia e Montenegro), nella quale infuriava la guerra civile, non potrebbe a suo avviso essere paragonata a quella della Liberia, dove sarebbe stato avviato un processo di pace. In terzo luogo, secondo gli artt. 46 e 53 del regolamento allegato alla Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1907, riguardante le leggi e i costumi della guerra terrestre, i mezzi di trasporto, come l’aeromobile sequestrato dalle autorità irlandesi nella vicenda oggetto della citata sentenza Bosphorus, godrebbero, in tempo di guerra, di un livello di protezione meno elevato rispetto ad altre forme di proprietà privata.

95      Il ricorrente sostiene poi, nella sua replica, che nessuna delle deroghe al diritto di proprietà consentite dall’art. 1 del Primo protocollo addizionale alla CEDU è applicabile nel caso di specie. Ad ogni modo, la Corte europea dei diritti dell’uomo avrebbe giudicato contrario alla detta disposizione il comportamento di uno Stato che crei una situazione di fatto tale per cui il proprietario venga messo nell’impossibilità di disporre del proprio bene in maniera assoluta, senza alcun vantaggio inteso a riparare il danno subìto (Corte eur. D.U., sentenza Papamichalopoulos/Grecia del 24 giugno 1993, serie A, n. 260‑B).

96      Con la seconda parte del motivo, il ricorrente deduce una violazione dei diritti della difesa, in quanto la Comunità avrebbe adottato i regolamenti impugnati, che costituirebbero in sostanza fasci di decisioni amministrative individuali, senza aver condotto un’indagine effettiva sui fondi congelati e in assenza di qualsiasi contraddittorio. A questo proposito, il ricorrente fa valere che il rispetto dei diritti della difesa si impone in tutti i procedimenti amministrativi (sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T‑11/89, Shell/Commissione,Racc. pag. II‑757).

97      La Commissione e il Consiglio contestano la fondatezza di tutti gli argomenti addotti dal ricorrente nel corso della fase scritta del procedimento. Argomenti identici o simili sarebbero d’altronde già stati respinti del Tribunale nelle sentenze Yusuf, Kadi e Ayadi.

–       Giudizio del Tribunale

98      Nel caso di specie, il regolamento n. 872/2004, adottato segnatamente sulla scorta della posizione comune 2004/487, costituisce l’attuazione, a livello comunitario, dell’obbligo che incombe agli Stati membri, in quanto membri dell’ONU, di dare esecuzione, se del caso mediante un atto comunitario, alle sanzioni contro Charles Taylor ed i suoi associati, che sono state decise e poi inasprite da varie risoluzioni del Consiglio di Sicurezza adottate in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. I ‘considerando’ del regolamento n. 872/2004 fanno espresso riferimento alle risoluzioni 1521 (2003) e 1532 (2004) .

99      Lo stesso dicasi tanto per il regolamento n. 1149/2004, adottato a seguito dell’inclusione del ricorrente nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità ai quali devono applicarsi le sanzioni in questione, decisa dal comitato per le sanzioni il 14 giugno 2004 (v. supra, punti 34 e 35), quanto per il regolamento impugnato, adottato a seguito di una modifica del detto elenco, decisa il 2 maggio 2005 dal comitato per le sanzioni (v. supra, punti 37 e 38).

100    Inoltre, le risoluzioni in oggetto del Consiglio di Sicurezza nonché i regolamenti impugnati nel caso di specie prevedono, a carico degli interessati, misure sanzionatorie economiche (congelamento dei fondi e di altre risorse economiche) aventi natura e portata sostanzialmente identiche a quelle delle misure in questione nelle cause definite dalle sentenze Yusuf, Kadi e Ayadi. Tutte tali sanzioni, che vengono periodicamente riesaminate dal Consiglio di Sicurezza o dal comitato per le sanzioni competente (v. segnatamente, da un lato, supra, punti 20, 21, 32, 36 e 39 e, dall’altro, sentenza Yusuf, punti 16, 26 e 37), sono accompagnate dalla previsione di deroghe di tipo similare (v. segnatamente, da un lato, supra, punti 19 e 30 e, dall’altro, sentenza Yusuf, punti 36 e 40) e di meccanismi sostanzialmente equivalenti che consentono agli interessati di chiedere il riesame del loro caso da parte del comitato per le sanzioni competente (v. segnatamente, da un lato, supra, punti 31‑33 e, dall’altro, sentenza Yusuf, punti 309 e 311).

101    Stanti tali premesse, e in conformità della giurisprudenza citata supra al punto 66, gli argomenti del ricorrente relativi alla presunta violazione dei suoi diritti fondamentali, del suo diritto di proprietà e dei suoi diritti della difesa non possono che essere respinti alla luce delle sentenze Yusuf (punti 226‑283, 285‑303 e 304‑331), Kadi (punti 176‑231, 234‑252 e 253‑276) e Ayadi (punti 115‑157), nelle quali argomenti essenzialmente identici sono stati rigettati per motivi attinenti, in sostanza, al primato dell’ordinamento giuridico internazionale promanante dalle Nazioni Unite sull’ordinamento giuridico comunitario, alla conseguente limitazione del controllo di legittimità che il Tribunale è tenuto ad esercitare riguardo ad atti comunitari attuativi delle decisioni del Consiglio di Sicurezza o del suo comitato per le sanzioni, ed all’assenza di violazione di norme imperative del diritto internazionale generale (ius cogens) ad opera di misure di congelamento dei fondi del tipo di quelle in questione nel caso di specie.

102    Ne consegue che la prima e la seconda parte del secondo motivo devono essere respinte.

 Sulla terza parte del motivo

–       Argomenti delle parti

103    Con la terza parte del motivo, sviluppata nell’atto di replica, il ricorrente deduce una violazione del principio di territorialità. Egli fa valere a tal fine una costante giurisprudenza secondo cui l’esercizio dei poteri coercitivi della Comunità in relazione a comportamenti che abbiano avuto origine al di fuori del territorio comunitario è subordinato alla condizione che tali comportamenti producano effetti nel territorio comunitario medesimo (sentenze della Corte 27 settembre 1988, cause riunite 89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e 125/85‑129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, Racc. pag. 5193, e 24 novembre 1992, causa C‑286/90, Poulsen e Diva Navigation,Racc. pag. I‑6019; sentenza del Tribunale 25 marzo 1999, causa T‑102/96, Gencor/Commissione, Racc. pag. II‑753).

104    Inoltre, i regolamenti impugnati mirerebbero in definitiva a produrre i loro effetti nel territorio della Liberia, e non in quello della Comunità, così come risulterebbe dal terzo e dal quarto ‘considerando’ del regolamento n. 872/2004. Ad avviso del ricorrente, tale elemento distingue quest’ultimo regolamento dal regolamento n. 1294/1999 (v. supra, punto 60), la finalità del quale sarebbe stata di «accentu[are] considerevolmente la pressione» sulla Serbia e che avrebbe dunque avuto una «finalità generica decisamente svincolata da dati di ordine territoriale».

105    La Commissione ritiene irricevibile, in quanto motivo nuovo, la censura del ricorrente riguardante la presunta extraterritorialità degli effetti dei regolamenti impugnati. Ad ogni modo, tali regolamenti non avrebbero alcun effetto extraterritoriale, in quanto si applicano unicamente ai fondi ed alle risorse economiche ubicati nel territorio della Comunità.

–       Giudizio del Tribunale

106    Senza che occorra pronunciarsi sulla sua ricevibilità (al riguardo, v. supra, punto 88), la censura relativa a una presunta violazione del principio di territorialità dev’essere respinta perché infondata, in quanto i regolamenti impugnati si applicano unicamente ai fondi e alle risorse economiche ubicati nel territorio della Comunità e non hanno dunque alcun effetto extraterritoriale.

107    Quanto alla circostanza secondo cui i comportamenti all’origine dell’adozione dei regolamenti impugnati produrrebbero i loro effetti esclusivamente al di fuori della Comunità, essa è irrilevante, posto che le misure adottate ai sensi degli artt. 60 CE e 301 CE sono intese precisamente all’attuazione, da parte della Comunità, di posizioni comuni o di azioni comuni adottate in forza delle disposizioni del Trattato UE relative alla PESC, che prevedono un’azione nei confronti di paesi terzi. Occorre aggiungere che, a norma dell’art. 11, n. 1, UE, uno degli obiettivi della PESC è il mantenimento della pace e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Un obiettivo siffatto non potrebbe con tutta evidenza essere raggiunto se la Comunità dovesse limitare la propria azione ai casi in cui la situazione all’origine del suo intervento produce effetti nel suo territorio.

108    Lo stesso vale per la circostanza secondo cui i regolamenti impugnati mirerebbero in definitiva a produrre i loro effetti nel territorio della Liberia, posto che gli artt. 60 CE e 301 CE legittimano appunto la Comunità ad adottare misure comportanti sanzioni economiche destinate a produrre i loro effetti in paesi terzi.

109    Da quanto sopra esposto consegue che occorre respingere la terza parte del secondo motivo e, di conseguenza, il motivo stesso nella sua interezza.

110    Pertanto, posto che nessuno dei motivi fatti valere dal ricorrente a sostegno del proprio ricorso è fondato, occorre respingere tale ricorso.

 Sulle spese

111    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

112    Ai termini dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il ricorrente è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle della Commissione.

3)      Il Consiglio ed il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.



Pirrung

Forwood

Papasavvas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 31 gennaio 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

      J. Pirrung


* Lingua processuale: l'italiano.