Language of document : ECLI:EU:T:2023:832

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

20 dicembre 2023 (*)

«Concorrenza – Intese – Settore dei prodotti derivati sui tassi di interesse in euro – Decisione che accerta un’infrazione all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE – Manipolazione dei tassi interbancari di riferimento Euribor – Scambio di informazioni riservate – Restrizione della concorrenza per oggetto – Infrazione unica e continuata – Procedimento “ibrido” scaglionato nel tempo – Presunzione d’innocenza – Imparzialità – Ammende – Importo di base – Valore delle vendite – Articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 – Obbligo di motivazione – Decisione di modifica che integra la motivazione – Parità di trattamento – Proporzionalità – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑106/17,

JPMorgan Chase & Co., con sede in New York (Stati Uniti),

JPMorgan Chase Bank, National Association, con sede in Columbus, Ohio (Stati Uniti),

J.P. Morgan Services LLP, con sede a Londra (Regno Unito),

rappresentate da B. Tormey, A. Holroyd, L. Ream, N. French, N. Frey, D. Das, D. Hunt, N. English, solicitors, M. Lester, KC, D. Piccinin e D. Heaton, barristers,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da F. van Schaik, T. Baumé e M. Farley, in qualità di agenti,

convenuta

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da S. Papasavvas, presidente, A. Kornezov, E. Buttigieg (relatore), K. Kowalik-Bańczyk e G. Hesse, giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento, e segnatamente:

–        le decisioni del 5 giugno 2019 e del 31 marzo 2021 di sospendere il procedimento ai sensi dell’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale,

–        la memoria di adattamento depositata dalle ricorrenti presso la cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2021 e le osservazioni della Commissione su tale memoria depositate presso la cancelleria del Tribunale il 26 novembre 2021,

in seguito all’udienza del 18 marzo 2022,

viste la sentenza del 12 gennaio 2023, HSBC Holdings e a./Commissione (C‑883/19 P, EU:C:2023:11), e le osservazioni delle parti ad essa relative,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

[omissis]

III. In diritto

[omissis]

B.      Sulla domanda di annullamento dell’articolo 1, lettera c), della decisione impugnata

[omissis]

1.      Sullesistenza di un comportamento illecito imputabile alle ricorrenti (primo, secondo e terzo motivo del ricorso)

[omissis]

b)      Sul primo motivo, con cui si contesta la partecipazione della JP Morgan ai comportamenti di natura illecita

[omissis]

2)      Sulla contestazione della partecipazione della JP Morgan alle pratiche di cui trattasi

i)      Sulla partecipazione alle pratiche di manipolazione del tasso Euribor

274    Le ricorrenti sostengono che l’operatore della JP Morgan non ha tenuto alcun comportamento finalizzato a manipolare l’Euribor o l’EONIA. A tal proposito, esse sostengono che la tesi fatta valere dalla Commissione nei loro confronti, del resto non suffragata dalle sue proprie constatazioni di fatto, è totalmente diversa da quella adottata nei confronti degli altri destinatari della decisione impugnata in quanto dagli scambi di cui trattasi non risulterebbe nessuna richiesta di manipolazione dell’Euribor a vantaggio dell’operatore della JP Morgan, o da parte di quest’ultimo a vantaggio dell’operatore della Deutsche Bank. Di conseguenza, non sarebbe stato dimostrato che le ricorrenti abbiano contribuito a manipolazioni del tasso Euribor perseguite tramite l’intesa. Anche supponendo che dette richieste possano essere individuate, la Commissione non avrebbe accertato che l’operatore della JP Morgan ha accettato, o dato seguito, a tali richieste rivolgendosi al proprio servizio di tesoreria. Infine, la Commissione non avrebbe dimostrato che l’operatore della JP Morgan ha cercato di manipolare anche il tasso EONIA.

275    Le conclusioni della Commissione, anche supponendo che siano corrette, possono al massimo dimostrare che l’operatore della JP Morgan ha beneficiato di informazioni trasmesse dall’operatore della Deutsche Bank riguardanti la manipolazione intrapresa da quest’ultimo. Orbene, una tale ipotesi di partecipazione passiva alla violazione mediante tacita approvazione non è stata dedotta nella decisione impugnata e, in ogni caso, non è stata accertata, in quanto la Commissione non ha dimostrato che l’operatore della JP Morgan fosse stato informato di un accordo anticoncorrenziale intercorrente tra altre banche e che abbia preso parte a una riunione durante la quale sarebbe stato concluso un accordo anticoncorrenziale.

276    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti e sostiene che le prove, assunte come complesso di indizi e considerate nel contesto dei fatti e del mercato, dimostrano che la JP Morgan ha preso parte a tutte le forme di collusione elencate nella decisione impugnata.

277    A tal proposito, dagli scambi tra l’operatore della JP Morgan, da un lato, e gli operatori della Deutsche Bank e della Barclays, dall’altro, la cui veridicità è stata confermata in precedenza (v. punto 273 supra), considerati nel contesto delle altre prove, si evince che la Commissione ha correttamente concluso che l’operatore della JP Morgan ha partecipato ai comportamenti relativi alla manipolazione del tasso Euribor.

278    In via preliminare, l’argomento delle ricorrenti secondo cui si contesterebbero loro solo comportamenti consistenti in richieste dirette di manipolazione della comunicazione del tasso Euribor, deve essere respinto in quanto infondato. Infatti, come giustamente sostenuto dalla Commissione e come già osservato in precedenza, i comportamenti contestati alle ricorrenti hanno assunto varie forme, come elencato al punto 358 della decisione impugnata e ricordato al precedente punto 16. Infatti, sostenendo che la Commissione non ha dimostrato nella decisione impugnata che la JP Morgan ha partecipato alla pratica di manipolazione dell’Euribor, in quanto la Commissione non avrebbe dimostrato che l’operatore della Deutsche Bank aveva chiesto all’operatore della JP Morgan di influenzare i contributi all’Euribor per tutelare i propri interessi o che l’operatore della JP Morgan aveva rivolto una richiesta analoga all’operatore della Deutsche Bank, le ricorrenti danno una lettura erronea della decisione impugnata, basandosi solo sul punto 490 della stessa, e limitano in tal modo la portata degli addebiti mossi dalla Commissione nei loro confronti.

279    Occorre poi ricordare che la partecipazione di un’impresa a una riunione anticoncorrenziale crea una presunzione del carattere illecito di detta partecipazione, presunzione che tale impresa deve confutare mediante la prova di una presa di distanza pubblica, che deve essere percepita come tale dagli altri partecipanti all’intesa (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti 81 e 82 e giurisprudenza citata, e del 3 maggio 2012, Comap/Commissione, C‑290/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:271, punti da 74 a 76 e giurisprudenza citata). La ragione soggiacente a tale principio di diritto è che, avendo partecipato a detta riunione senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto, l’impresa ha dato l’impressione agli altri partecipanti che essa appoggiava il suo risultato e che vi si sarebbe conformata (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 82, e del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punto 48).

280    Nel caso di specie, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, dagli elementi di prova sui quali si è basata la Commissione, assunti come complesso di indizi, risulta che l’operatore della JP Morgan ha avviato discussioni con gli operatori della Deutsche Bank e della Barclays con l’obiettivo di influenzare il livello del tasso Euribor nel loro interesse.

281    In primo luogo, rispondendo alla richiesta dell’operatore della Deutsche Bank di apportare un contributo elevato dicendo che sarebbe andato a verificare il livello presso la sua tesoreria, l’operatore della JP Morgan ha accettato, nel corso degli scambi del 27 e 28 settembre 2006 (v. punti 98 e 107 supra), di chiedere alla tesoreria della sua banca la comunicazione dei contribuiti all’Euribor conforme alle preferenze dell’operatore della Deutsche Bank.

282    In secondo luogo, lo scambio dell’8 novembre 2006 (v. punti da 178 a 181 supra) dimostra senza alcun dubbio che l’operatore della JP Morgan e l’operatore della Deutsche Bank esaminavano la possibilità di allineare una futura comunicazione del tasso Euribor delle loro rispettive banche sulla base delle loro preferenze per un fixing Euribor-1M basso.

283    In terzo luogo, in occasione dello scambio del 25 ottobre 2006, l’operatore della Barclays ha proposto con chiarezza all’operatore della JP Morgan di non esitare a chiedergli un fixing Euribor conforme ai suoi interessi, senza che quest’ultimo rifiutasse l’offerta o ne prendesse le distanze in altro modo, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 279. Analogamente, dallo scambio del 26 ottobre 2006 risulta che l’operatore della Deutsche Bank ha suggerito all’operatore della JP Morgan di inviare a lui le comunicazioni Euribor-1M in base ai suoi interessi. L’operatore della JP Morgan non ha preso le distanze da tale proposta e ha rifiutato l’offerta solo nella misura in cui il livello dei fixing, all’epoca basso, rispondeva ai suoi interessi.

284    In quarto luogo, dagli scambi del 27, 28 e 29 settembre 2006, del 25 e 26 ottobre 2006 e dell’8 novembre 2006 risulta che le parti di tali scambi intendevano porre in essere pratiche anticoncorrenziali di manipolazione dell’Euribor, dato che hanno quantomeno esaminato la possibilità di allineare il livello delle comunicazioni future delle rispettive banche.

285    In quinto luogo, da un lato, per quanto riguarda la manipolazione del tasso Euribor alla data IMM di dicembre, dallo scambio del 15 dicembre 2006 tra la persona incaricata di comunicare i tassi e l’operatore della JP Morgan, emerge chiaramente che quest’ultimo nutrisse quantomeno forti sospetti su tale manipolazione e sul coinvolgimento della Deutsche Bank in essa. Durante lo scambio con l’operatore della Deutsche Bank del 18 dicembre 2006, lo stesso ammetteva di essere soddisfatto del fixing dell’Euribor-3M, sebbene la sua posizione di negoziazione fosse limitata, ma quantomeno non aveva alcun interesse contrario (v. punto 211 supra). Se ne evince che l’operatore della JP Morgan ha beneficiato delle pratiche finalizzate alla manipolazione del tasso Euribor del 18 dicembre 2006 adeguando la propria posizione di negoziazione, il che gli ha consentito di evitare perdite, pur non avendo partecipato attivamente alla messa in atto di detta manipolazione.

286    D’altro lato, per quanto riguarda la manipolazione del tasso Euribor alla data IMM di marzo, le prove dimostrano inequivocabilmente che l’operatore della JP Morgan era a conoscenza o, per lo meno, aveva forti sospetti di tale manipolazione (v. lo scambio del 16 marzo 2007 tra l’operatore della JP Morgan e la persona incaricata di comunicare i tassi di detta banca, punto 258 supra). Inoltre, alla luce delle comunicazioni della banca E, dello scambio del 29 settembre 2006 e dello scambio del 15 dicembre 2006 (v. punti 208 e 209 supra) tra l’operatore della JP Morgan e la persona incaricata di comunicare i tassi della sua banca, la Commissione ha giustamente concluso, al punto 490 della decisione impugnata, che l’operatore della JP Morgan sapeva che l’operatore della Deutsche Bank era disposto a ed era in grado di influenzare i livelli dei tassi di interesse di riferimento dell’Euribor. Pertanto, è plausibile ritenere che, quando quest’ultimo, il 4 e l’8 gennaio 2007 e il 6 febbraio 2007, gli ha comunicato informazioni sulla strategia di negoziazione che deteneva per tale data, nonché informazioni sulla sua posizione di negoziazione, indicando che una siffatta posizione presentava un basso rischio, l’operatore della JP Morgan potesse ragionevolmente prevedere che tale strategia di negoziazione riflettesse le previsioni dell’operatore della Deutsche Bank sul livello del tasso Euribor, quale risultante dalle pratiche di manipolazione nelle quali quest’ultimo si era impegnato.

287    Durante gli scambi del 16 e del 19 marzo 2007, l’operatore della JP Morgan ha affermato esplicitamente di aver tenuto conto delle informazioni comunicategli dall’operatore della Deutsche Bank e, di conseguenza, di aver ridotto la propria posizione corta e persino di aver adottato una posizione «leggermente lunga» sui future per l’IMM di marzo 2007. Egli ha, in tal modo, ridotto le proprie perdite. Successivamente, ha ringraziato l’operatore della Deutsche Bank per i suoi consigli.

288    Ne consegue che l’operatore della JP Morgan ha beneficiato delle pratiche volte ad abbassare il tasso Euribor alla data IMM di marzo 2007, pratiche di cui era a conoscenza sebbene, come sostengono le ricorrenti, secondo le prove addotte dalla Commissione, non sia stato informato dall’operatore della Deutsche Bank dei dettagli di tale piano e pertanto non abbia partecipato attivamente alla sua messa in atto.

289    A tal riguardo, occorre ricordare, al pari della Commissione ai punti 348 e 364 della decisione impugnata, che le modalità passive di partecipazione all’infrazione, quale la presenza di un’impresa a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale senza esservisi manifestamente opposta, rappresentano una complicità idonea a far sorgere la sua responsabilità nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dal momento che il fatto di approvare tacitamente un’iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e pregiudicarne la scoperta (v. sentenza del 22 ottobre 2015, AC‑Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

290    Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza ricordata al precedente punto 279, al fine di confutare la presunzione del carattere illecito di una tale partecipazione a una riunione anticoncorrenziale, l’impresa deve fornire la prova di aver preso pubblicamente le distanze (v., in tal senso, sentenza del 7 febbraio 2013, Slovenská sporiteľňa, C‑68/12, EU:C:2013:71, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nessun elemento di prova in tal senso è stato fornito dalle ricorrenti né rispetto alla manipolazione del tasso del 18 dicembre 2006 né riguardo la comunicazione da parte dell’operatore della Deutsche Bank all’operatore della JP Morgan delle informazioni riguardanti la sua strategia di negoziazione per la data IMM del marzo 2007. Al contrario, come evidenziato ai precedenti punti 285 e 286, l’operatore della JP Morgan ha adattato la propria strategia di negoziazione al fine di beneficiare di tali manipolazioni.

291    Le ricorrenti sostengono che tale partecipazione passiva alla violazione di cui trattasi non poteva essere loro imputata, in quanto l’obbligo di prendere pubblicamente le distanze da una violazione sarebbe pertinente solo ove la Commissione dimostri che l’impresa ha partecipato ad una riunione nel corso della quale è stato concluso un accordo anticoncorrenziale.

292    Tuttavia, tenuto conto della natura della violazione di cui trattasi, che ha assunto la forma di una rete di contatti bilaterali tra i diversi attori (v. punti 357 e 360 della decisione impugnata), la Commissione non ha potuto riscontrare alcuna partecipazione a una «riunione» nel senso indicato dalla tesi delle ricorrenti. Di conseguenza, quest’ultima era legittimata a ritenere che le ricorrenti avessero partecipato passivamente a determinati comportamenti volti a manipolare i tassi di interesse, in quanto l’operatore della JP Morgan era a conoscenza dell’esistenza di pratiche di manipolazione dei tassi di interesse, in particolare da parte dell’operatore della Deutsche Bank, con il quale intratteneva contatti bilaterali. Orbene, le ricorrenti non contestano il carattere illecito di dette pratiche di manipolazione dei tassi né contestano il fatto che l’operatore della JP Morgan dovesse essere al corrente di un siffatto carattere illecito di tali pratiche (v. punto 360 della decisione impugnata).

293    In sesto luogo, dagli scambi del 27 e 28 settembre 2006 e dell’8 novembre 2006 risulta che l’operatore della JP Morgan ha comunicato o, quanto meno, si è implicitamente impegnato a comunicare al suo concorrente, le informazioni ricevute dalle persone incaricate di comunicare i tassi della sua banca. Infatti, promettendo il 27 e 28 settembre 2006 che avrebbe «verificato» il livello del contributo della propria tesoreria, l’operatore della JP Morgan ha inteso eliminare le incertezze sul livello del contributo previsto da quest’ultima e pertanto, implicitamente, si è impegnato a riferire sui contatti che intendeva stabilire con essa. Analogamente, durante lo scambio dell’8 novembre 2006, l’operatore della JP Morgan ha fornito all’operatore della Deutsche Bank informazioni sul livello di comunicazione della propria banca ottenute durante i precedenti contatti con il servizio di tesoreria.

294    In settimo luogo, il 2 ottobre 2006, il 18 dicembre 2006 e il 19 marzo 2007, gli operatori della JP Morgan e della Deutsche Bank hanno effettuato scambi finalizzati al controllo o al monitoraggio del comportamento dei membri dell’intesa, in cui sono stati verificati il livello delle comunicazioni della Deutsche Bank e il soddisfacimento riguardo il livello del tasso Euribor, di cui sapevano o almeno sospettavano che era stato manipolato.

295    Infine, dalle discussioni del 27 e 28 settembre 2006, del 26 ottobre 2006 e dell’8 novembre 2006 risulta inequivocabilmente che gli operatori della Deutsche Bank e della JP Morgan si sono comunicati le loro preferenze sul fixing Euribor, o la loro posizione di negoziazione che consentiva loro di determinare tali preferenze, il che ha consentito loro di assicurarsi che i loro interessi convergessero prima di continuare la loro concertazione volta a influenzare le comunicazioni Euribor delle loro banche favorendo tali interessi.

296    Da quanto precede emerge chiaramente che, nel contesto degli scambi del 27, 28 e 29 settembre 2006, del 2, 25 e 26 ottobre 2006, dell’8 novembre 2006, del 18 dicembre 2006, del 4 e dell’8 gennaio 2007, del 6 febbraio 2007 e del 16 e 19 marzo 2007, l’operatore della JP Morgan ha partecipato ai comportamenti di manipolazione del tasso Euribor.

297    Tale conclusione non è messa in discussione dagli altri argomenti delle ricorrenti.

298    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha accertato che l’operatore della JP Morgan aveva chiesto ai collaboratori della JP Morgan di influenzare gli indici Euribor ed EONIA o di fornire contributi conformi ai contatti con altri operatori. Esse osservano, altresì, che la tesoreria della JP Morgan ha comunicato un contributo che non andava nella direzione dell’asserita intesa.

299    A questo proposito, occorre ricordare, anzitutto (v. punto 278 supra), che i comportamenti illeciti contestati alla JP Morgan non consistono nella manipolazione dell’Euribor in quanto tale, ma in scambi di informazioni tra gli operatori che riflettono la loro intenzione di influenzare le comunicazioni delle proprie banche al panel Euribor nel proprio interesse. Infatti, come risulta dai punti 113, lettere da a) a f), 358, lettere da a) a f), e 392, lettere da a) a f), della decisione impugnata, sintetizzati al precedente punto 16, tali scambi riguardavano le preferenze per un determinato livello del tasso Euribor, talvolta accompagnati dalla comunicazione delle posizioni di negoziazione assunte, la possibilità di allineare le posizioni di negoziazione e le comunicazioni all’Euribor, la promessa da parte dell’operatore interessato di contattare la persona incaricata di comunicare i tassi Euribor all’interno della sua banca al fine di richiedere una comunicazione in una certa direzione o a un livello specifico e un resoconto sulla risposta di quest’ultima.

300    Orbene, gli scambi tra gli operatori rivelano chiaramente la comunicazione delle preferenze di tassi, delle connesse posizioni di negoziazione e di un’offerta o di un’intenzione dell’operatore della JP Morgan di influire sulla comunicazione della sua banca nell’interesse dell’operatore della Deutsche Bank o di un’intenzione di quest’ultimo e dell’operatore della Barclays di influenzare le comunicazioni delle loro rispettive banche nell’interesse dell’operatore della JP Morgan.

301    In sostanza, ai punti 125, 135 e 634 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato solo che gli accordi tra gli operatori erano stati «integrati» e «messi in atto» da comunicazioni tra gli stessi e le persone incaricate di comunicare i tassi all’interno dei dipartimenti di tesoreria delle proprie banche e, «occasionalmente», da una quotazione effettivamente comunicata da queste ultime dei tassi Euribor comunicati, coordinati o concordati. Gli argomenti delle ricorrenti in merito al mancato coinvolgimento della tesoreria della JP Morgan nelle pratiche volte a influenzare il tasso Euribor sono, tutt’al più, idonei a dimostrare la mancata attuazione della condotta anticoncorrenziale da parte della tesoreria della banca piuttosto che la mancata partecipazione degli operatori a tale condotta (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 1991, Atochem/Commissione, T‑3/89, EU:T:1991:58, punto 100).

302    In tale contesto, occorre rilevare che, in ogni caso, i vari elementi di prova scelti dalla Commissione, assunti come complesso di indizi, rendono plausibile il fatto che l’operatore della JP Morgan abbia dato seguito alle discussioni con l’operatore della Deutsche Bank circa il livello auspicato del tasso Euribor, stabilendo contatti con le persone incaricate di comunicare i tassi della sua banca e abbia così attuato scambi collusivi.

303    Infatti, gli scambi del 27 e 28 settembre 2006, durante i quali l’operatore della JP Morgan ha accettato di chiedere alla tesoreria della propria banca una comunicazione del contributo all’Euribor conforme alle preferenze dell’operatore di Deutsche Bank, devono essere letti nel contesto del complesso di indizi, fra cui le comunicazioni della banca E e gli scambi del 28 settembre 2006 alle ore 10:13, del 29 settembre 2006 e del 8 novembre 2006, nonché lo scambio tra l’operatore della JP Morgan e la persona incaricata di comunicare i tassi della sua banca l’8 febbraio 2007. Questo complesso di indizi permette di dimostrare, da un lato, l’esistenza di una concertazione tra gli operatori di cui trattasi e i rispettivi servizi di tesoreria in merito alle comunicazioni Euribor nonché il fatto che gli operatori ritenevano di poter beneficiare della collaborazione dei propri servizi di tesoreria per quanto riguardava le comunicazioni al panel Euribor in base ai loro interessi. Dall’altro, questo insieme di indizi mette in evidenza che gli operatori erano soliti scambiarsi informazioni per coordinare le comunicazioni Euribor sulla base delle rispettive posizioni di negoziazione e che l’operatore della JP Morgan sapeva che tale comportamento implicava che si contattassero i servizi di tesoreria delle rispettive banche (v. punto 73 supra).

304    Lo scambio dell’8 febbraio 2007 è particolarmente rivelatore del fatto che l’operatore della JP Morgan non esitava a chiedere alle persone incaricate di comunicare i tassi della propria banca di comunicare contributi al panel Euribor conformi ai propri interessi (punto 265 della decisione impugnata, v. punto 242 supra), e del fatto che la persona incaricata di comunicare i tassi della JP Morgan si è mostrato ricettivo a una simile richiesta, rispondendo che il servizio di tesoreria «avrebbe fatto del suo meglio».

305    Tali prove, assunte come complesso di indizi, rendono plausibile il fatto che l’operatore della JP Morgan abbia cercato di influenzare il livello di contribuzione della tesoreria della sua banca. In ogni caso, egli ha esplicitamente accettato di dar seguito alla richiesta in tal senso da parte dell’operatore concorrente.

306    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che l’operatore della JP Morgan non ha beneficiato in modo significativo di alcuna manipolazione degli indici, in particolare per quanto riguarda la manipolazione del 19 marzo 2007, contrariamente a quanto emerge dal punto 364 della decisione impugnata.

307    A tal proposito, occorre rilevare che, nell’ambito di tale censura, le ricorrenti deducono soltanto argomenti relativi alla manipolazione del 19 marzo 2007. Per quanto riguarda tale manipolazione, come risulta dagli scambi del 16 e del 19 marzo 2007, l’operatore della JP Morgan ha ammesso esplicitamente di aver adattato la propria strategia di negoziazione seguendo il consiglio dell’operatore della Deutsche Bank di adottare una posizione lunga rispetto al fixing IMM di marzo e di averne beneficiato, sebbene il profitto non sia stato rilevante. Ne consegue che l’operatore della JP Morgan ha tenuto conto delle informazioni scambiate con il suo concorrente per definire il proprio comportamento sul mercato. Tale circostanza è accertata anche con riferimento alla manipolazione del 18 dicembre 2006.

308    In ogni caso, per quanto riguarda gli altri scambi relativi alla manipolazione dei tassi, un siffatto argomento è idoneo a dimostrare, tutt’al più, che gli scambi tra gli operatori non sono stati seguiti da effetti anticoncorrenziali sul mercato. Tuttavia, tale questione è irrilevante nel caso di comportamenti restrittivi della concorrenza per oggetto (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punti 123 e 124). Infatti, un argomento del genere potrebbe, eventualmente, rivelarsi pertinente se le ricorrenti dimostrassero che la Commissione aveva commesso un errore nel ritenere che le condotte di cui trattasi erano restrittive della concorrenza per oggetto, circostanza che occorre esaminare nell’ambito del secondo motivo.

309    Infine, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la conclusione della Commissione secondo cui la JP Morgan ha cercato di manipolare l’EONIA è priva di qualsiasi fondamento.

310    A tal riguardo, come da essa ammesso, la Commissione non ha mai sostenuto, nella decisione impugnata, che la JP Morgan aveva partecipato alle pratiche di manipolazione dell’EONIA, bensì che essa aveva partecipato ad una violazione avente ad oggetto la distorsione del normale andamento delle componenti dei prezzi nel settore degli EIRD legati all’Euribor e/o all’EONIA (v. articolo 1 della decisione impugnata). Gli argomenti delle ricorrenti, secondo cui la Commissione non ha dimostrato che l’operatore della JP Morgan intendesse manipolare il tasso EONIA sono pertanto inconferenti.

311    Inoltre, occorre rilevare che l’infrazione di cui trattasi, come definita nella decisione impugnata, consisteva non solo nella manipolazione degli indici di riferimento, ma anche nello scambio di informazioni sensibili su operazioni connesse, in particolare, all’EONIA. Le ricorrenti fanno valere unicamente la sussistenza di una segmentazione del mercato dei prodotti derivati indicizzati all’Euribor e quelli indicizzati all’EONIA, senza tuttavia supportare tale affermazione con alcun elemento di prova. In ogni caso, la mera assenza di un’incidenza «automatica», diretta o indiretta, delle fluttuazioni dell’Euribor sull’EONIA, dedotta dalle ricorrenti, quand’anche fosse accertata, non è sufficiente a dimostrare che i contratti EIRD indicizzati all’Euribor e quelli indicizzati all’EONIA non appartengano allo stesso mercato degli EIRD. La Commissione era pertanto legittimata ad affermare che la JP Morgan aveva partecipato all’infrazione il cui scopo era la distorsione del normale andamento delle componenti di prezzo nel settore degli EIRD legate all’Euribor e/o all’EONIA, sebbene non abbia affermato che la JP Morgan aveva partecipato alle pratiche volte a manipolare l’EONIA.

312    Da quanto precede consegue che, fatto salvo l’esame del secondo motivo di ricorso (v. punto 308 supra), le censure delle ricorrenti intese a dimostrare che la JP Morgan non ha partecipato alle pratiche di manipolazione dell’Euribor devono essere respinte in quanto infondate.

[omissis]

2.      Sulla qualificazione di infrazione unica presa in considerazione dalla Commissione (quarto motivo del ricorso)

[omissis]

b)      Sulla seconda parte del quarto motivo, relativa al fatto che la Commissione non ha dimostrato che le ricorrenti conoscessero o potessero ragionevolmente prevedere la condotta illecita pianificata o messa in atto dalle altre parti

475    Nell’ambito della seconda parte del quarto motivo, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Commissione ha erroneamente ritenuto che l’operatore della JP Morgan conoscesse o potesse ragionevolmente prevedere la condotta illecita pianificata o messa in atto da altre imprese diretta a manipolare il fixing dell’Euribor. In particolare, esse sostengono che né la motivazione della decisione impugnata specificamente relativa alla JP Morgan, che figura ai punti da 478 a 482 della decisione impugnata, né quella riguardante l’insieme delle banche, di cui ai punti da 458 a 465 della stessa decisione impugnata, consentono di dimostrare che la JP Morgan conosceva o avrebbe dovuto conoscere la portata generale e le caratteristiche essenziali dell’intesa nel suo complesso. Infine, basandosi sulla giurisprudenza, le ricorrenti sostengono che, in un caso come quello di specie, la conoscenza deve avere ad oggetto le scadenze e le indicazioni specifiche che le parti interessate intendevano manipolare. Orbene, la decisione impugnata non soddisfa tale criterio.

476    La Commissione contesta tali argomenti.

477    Occorre rilevare, per quanto riguarda le motivazioni comuni a tutte le banche, che esse si basano sul presupposto, enunciato al punto 457 della decisione impugnata, che gli operatori partecipanti agli scambi anticoncorrenziali erano professionisti qualificati e conoscevano o avrebbero dovuto conoscere la portata generale e le caratteristiche dell’intesa.

478    A tal riguardo, la Commissione ha fatto riferimento, in primo luogo, al punto 458 della decisione impugnata, al contesto assai specifico nel quale gli operatori operavano, caratterizzato da scambi bilaterali, registrati e controllati, durante i quali gli operatori, che si contattavano reciprocamente e regolarmente, sempre per lo stesso tipo di operazione, utilizzavano un linguaggio codificato. Essa ha sottolineato, in secondo luogo, al punto 459 della decisione impugnata, che gli operatori coinvolti negli scambi sapevano che gli operatori di altre banche erano disposti a partecipare allo stesso tipo di comportamento collusivo riguardante le componenti di fissazione dei prezzi e altre condizioni di negoziazione degli EIRD. In terzo luogo, ai punti 460 e 461 della decisione impugnata, essa sostiene che gli elementi di prova dimostravano che esisteva una conoscenza generale diffusa del carattere dichiarativo del processo di determinazione dei tassi dell’Euribor e, pertanto, della possibilità di modificarlo attraverso le offerte delle banche del panel. Secondo la Commissione, gli operatori che hanno partecipato ai comportamenti collusivi di cui trattasi non potevano ignorare che se più banche modificavano le loro comunicazioni lo stesso giorno, e per la stessa scadenza dell’Euribor, l’impatto potenziale sul tasso di interesse di riferimento sarebbe aumentato in proporzione al numero di banche coinvolte. In quarto luogo, al punto 463 della suddetta decisione, essa ha messo in evidenza il fatto che ciascuna delle banche di cui trattasi era attiva sul mercato in questione da diversi anni e che gli operatori non avevano manifestato alcuna sorpresa quando veniva loro presentata una richiesta di concertazione. Dalla combinazione di tali elementi essa ha dedotto, ai punti 462 e 464 della decisione impugnata, in sostanza, che gli operatori partecipanti a scambi bilaterali erano a conoscenza o avrebbero dovuto essere a conoscenza del fatto che era verosimile che diverse banche fossero coinvolte negli accordi collusivi, anche se tale informazione non era stata loro esplicitamente svelata. La Commissione ha altresì sottolineato, al punto 465 della decisione in parola, che gli operatori erano sottoposti a un livello elevato di registrazione e di sorveglianza, cosicché si doveva ritenere che la loro direzione fosse stata a conoscenza, o avesse dovuto essere a conoscenza, delle caratteristiche essenziali del piano collusivo e del coinvolgimento dei loro dipendenti in detto piano. Essa ha aggiunto che doveva prendere in considerazione le precauzioni adottate dagli operatori per dissimulare i loro accordi.

479    Per quanto riguarda i motivi relativi specificamente alla JP Morgan, in primo luogo, al punto 478 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato che taluni riferimenti negli scambi che riguardavano l’operatore della JP Morgan indicavano che egli sapeva che le informazioni su preferenze di tassi di interesse futuri per talune scadenze dell’Euribor che condivideva con l’operatore della Deutsche Bank potevano essere comunicate da quest’ultimo ai suoi contatti in altre banche. In secondo luogo, ai punti 479 e 480 della decisione impugnata, la Commissione osserva che l’operatore della JP Morgan era a conoscenza della stretta relazione intercorrente tra l’operatore della Deutsche Bank e l’operatore della Barclays. In terzo luogo, al punto 481 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato, da un lato, che l’operatore della Barclays aveva già offerto all’operatore della JP Morgan di fare comunicazioni a qualsiasi livello avesse desiderato per i fixing Euribor (scambio del 25 ottobre 2006) e, dall’altro, che, tenuto conto del fatto che l’operatore della JP Morgan era a conoscenza del rapporto di negoziazione molto stretto tra gli operatori della Barclays e della Deutsche Bank, lo stesso era in grado di prevedere che, dal momento che scambiava le preferenze per la futura fissazione del tasso Euribor con l’operatore della Deutsche Bank, tali accordi avrebbero coinvolto persone in altre banche, fra cui l’operatore della Barclays. In quarto luogo, al punto 482 della decisione impugnata, la Commissione ha evidenziato due riferimenti indiretti (scambi del 10 ottobre 2006 tra l’operatore della Barclays e l’operatore della Deutsche Bank e dell’8 novembre 2006 tra quest’ultimo operatore e l’operatore della JP Morgan) che attesterebbero il coinvolgimento dell’operatore della JP Morgan negli scambi collusivi e che renderebbero «ancor meno verosimile» che la JP Morgan non fosse a conoscenza o non fosse stata in grado di prevedere che la collusione riguardante le offerte Euribor coinvolgeva altre banche oltre alla Deutsche Bank.

480    In via preliminare, occorre respingere l’argomento della Commissione secondo cui si dovrebbe ammettere che, attraverso i suoi contatti con la Deutsche Bank, la JP Morgan ha partecipato a tutti i comportamenti anticoncorrenziali che costituiscono l’infrazione unica e continuata e che tale circostanza è sufficiente per imputare alla JP Morgan la responsabilità della totalità di detti comportamenti.

481    Difatti, i comportamenti anticoncorrenziali addebitati alla JP Morgan hanno avuto luogo nell’ambito di discussioni bilaterali. Pertanto, la circostanza secondo cui le discussioni alle quali la JP Morgan ha partecipato rientrino in alcune delle categorie generali considerate ai punti 113, 358 e 392 della decisione impugnata non può essere, di per sé, sufficiente per imputare alla JP Morgan la responsabilità per le condotte illecite, rientranti nelle stesse categorie, delle banche con le quali non ha mantenuto contatti diretti. Conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 442, spettava alla Commissione dimostrare che la JP Morgan era a conoscenza delle condotte illecite pianificate o messe in atto dalle altre banche, o che avrebbe potuto ragionevolmente prevederle.

482    A tal proposito, è importante notare che le ricorrenti contestano specificamente l’affermazione della Commissione nella decisione impugnata secondo cui la JP Morgan era a conoscenza dei comportamenti pianificati o messi in atto dalle altre parti del cartello per perseguire lo stesso obiettivo solo per quanto riguarda i comportamenti volti alla manipolazione dei fixing dell’Euribor.

483    Le ricorrenti sostengono unicamente che «ci sono ancora meno prove per stabilire con sufficiente precisione che [l’operatore della JP Morgan] fosse a conoscenza del comportamento delle altre imprese coinvolte nell’intesa, del loro piano comune o delle caratteristiche essenziali dell’intesa». Anche supponendo che, con un simile argomento, le ricorrenti intendano contestare che l’operatore della JP Morgan fosse consapevole del fatto che comportamenti diversi da quelli relativi alla manipolazione dell’Euribor facessero parte di un piano complessivo, esse non hanno dedotto alcun argomento concreto in tal senso, in particolare per quanto riguarda il fatto che l’operatore della JP Morgan non fosse a conoscenza del coinvolgimento delle altre banche in pratiche diverse dalla manipolazione dell’Euribor.

484    Per quanto riguarda gli argomenti delle ricorrenti diretti a contestare la conoscenza da parte della JP Morgan dei comportamenti volti alla manipolazione dei fixing dell’Euribor, pianificati o messi in atto dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguimento dello stesso obiettivo, occorre ricordare, come risulta dai precedenti punti da 277 a 312, che la partecipazione diretta della JP Morgan alle pratiche volte ad influenzare le comunicazioni al panel Euribor al fine di manipolare tale tasso è stata dimostrata dalla Commissione per quanto riguarda gli scambi tra il suo operatore e gli operatori della Deutsche Bank e della Barclays nelle date del 27, 28 e 29 settembre 2006, del 2, 25 e 26 ottobre 2006, dell’8 novembre 2006, del 18 dicembre 2006, del 4 e 8 gennaio 2007, del 6 febbraio 2007 e del 16 e 19 marzo 2007. Questi scambi hanno riguardato i vari casi di fissazione dell’Euribor.

485    Le ricorrenti contestano, in sostanza, che l’operatore della JP Morgan sapesse o potesse ragionevolmente prevedere che tali operazioni facevano parte di un «piano d’insieme» che andava oltre gli scambi bilaterali e coinvolgeva anche altre banche.

486    A tale proposito, va osservato che, contrariamente a quanto emerge in particolare dal punto 459 della decisione impugnata, per quanto riguarda la JP Morgan, la Commissione non dispone di prove dirette che dimostrino che, attraverso i suoi contatti bilaterali con gli operatori della Deutsche Bank e della Barclays, l’operatore della JP Morgan sia venuto a conoscenza del fatto che i comportamenti a cui partecipava con tali operatori facevano parte di un’unica infrazione che coinvolgeva altre banche. Infatti, in nessun momento l’operatore della Deutsche Bank o l’operatore della Barclays ha comunicato all’operatore della JP Morgan il coinvolgimento di altre banche nelle pratiche collusive.

487    Tuttavia, è importante notare, in primo luogo, che l’operatore della JP Morgan, avendo discusso la possibilità di influenzare le comunicazioni delle rispettive banche sia con l’operatore della Deutsche Bank, sia con quello della Barclays, sapeva che almeno due banche partecipavano a pratiche di manipolazione dei tassi. Certo, tale sola circostanza non è sufficiente a dimostrare che l’operatore della JP Morgan fosse a conoscenza del fatto che i suoi scambi con tali operatori andavano oltre l’ambito bilaterale e che, attraverso questi ultimi, partecipava ad un’infrazione unica e continuata con altre banche. Infatti, le ricorrenti fanno giustamente valere, basandosi al riguardo sulla giurisprudenza, che il fatto che l’operatore della JP Morgan intrattenesse contatti bilaterali, anche in parallelo con i due operatori, non è sufficiente a dimostrare che costui fosse a conoscenza dei comportamenti illeciti pianificati o messi in atto dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguimento dei medesimi obiettivi (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2015, Toshiba/Commissione, T‑104/13, EU:T:2015:610, punto 86).

488    Tuttavia, tale circostanza e gli elementi di prova invocati ai punti da 478 a 482 e da 457 a 464 della decisione impugnata, valutati nel loro complesso come un insieme di elementi di prova, costituiscono prove gravi, precise e concordanti che consentono di dimostrare che l’operatore della JP Morgan avrebbe potuto ragionevolmente prevedere che gli scambi di cui al precedente punto 484 facevano parte di un «piano d’insieme» che coinvolgeva altre banche.

489    Infatti, dalle prove addotte al riguardo dalla Commissione ai punti 479 e 481 della decisione impugnata risulta inequivocabilmente che l’operatore della JP Morgan era a conoscenza delle strette relazioni professionali e amichevoli tra gli operatori della Deutsche Bank e della Barclays, il che è ammesso, in sostanza, dalle ricorrenti. Tale osservazione non viene messa in discussione dallo scambio del 28 settembre 2006 tra l’operatore della Deutsche Bank e quello della Barclays (v. punto 480 della decisione impugnata), invocato dalle ricorrenti, anche supponendo che debba essere interpretato, come fanno le ricorrenti, come prova che tali operatori si sforzavano di dissimulare all’operatore della JP Morgan le loro attività illecite.

490    Tenuto conto di tali circostanze, considerate alla luce del fatto che, attraverso i propri contatti bilaterali con essi, l’operatore della JP Morgan sapeva che gli operatori della Deutsche Bank e della Barclays partecipavano a comportamenti diretti ad influenzare le comunicazioni al panel Euribor al fine di manipolare i tassi, egli poteva ragionevolmente prevedere che le informazioni sulle preferenze per comunicazioni Euribor future che scambiava con l’operatore della Deutsche Bank venivano condivise da quest’ultimo con l’operatore della Barclays.

491    In secondo luogo, l’operatore della JP Morgan era a conoscenza anche del coinvolgimento delle altre banche in tali pratiche di manipolazione dei tassi, o poteva ragionevolmente prevederlo. Giustamente la Commissione si riferisce al riguardo, al punto 478 della decisione impugnata, allo scambio del 15 dicembre 2006, in occasione del quale l’operatore della JP Morgan affidava alla persona incaricata di comunicare i tassi che talune banche, tra cui la Deutsche Bank, si dedicavano ad un «gioco» diretto a manipolare verso l’alto i fixing Euribor-3M il 18 dicembre 2006 (v. punti da 207 a 209 supra). Al punto 482 della decisione impugnata, la Commissione richiama, sempre giustamente, come «riferimento indiretto», lo scambio dell’8 novembre 2006. Infatti, alla luce dello scambio del 15 dicembre 2006, durante il quale l’operatore della JP Morgan indicava che altri «fellows» si erano uniti alle banche che partecipavano al «gioco» di «forzare i fixing verso l’alto» (v. punto 208 supra), lo scambio dell’8 novembre 2006 deve essere interpretato nel senso che l’operatore della JP Morgan riteneva che le persone incaricate di comunicare i tassi di alcune banche diverse dalla Deutsche Bank fossero più disposte a seguire le preferenze degli operatori in merito alle future comunicazioni Euribor. Infine, dallo scambio del 16 marzo 2007 tra l’operatore della JP Morgan e la persona incaricata di comunicare i tassi della sua banca emerge chiaramente che tale operatore era a conoscenza dell’esistenza di tentativi di manipolazione del fixing dell’Euribor-3M nel marzo 2007 o, per lo meno, che li sospettava, il che dimostra anche la sua conoscenza del fatto che altre banche attive nel mercato degli EIRD stavano mettendo in atto tali pratiche (v. punto 258 supra).

492    Esaminati alla luce delle comunicazioni della banca E, citate dalla Commissione al punto 487 della decisione impugnata, dalle quali risulta che l’operatore della JP Morgan era solito scambiare informazioni con operatori concorrenti diversi dall’operatore della Deutsche Bank al fine di coordinare le comunicazioni dell’Euribor in funzione delle rispettive posizioni di negoziazione (v. punti 73 e 75 supra), tali scambi consentono di considerare che l’operatore della JP Morgan avrebbe quantomeno potuto ragionevolmente prevedere che banche diverse da quelle con le quali intratteneva contatti diretti partecipavano alle condotte riguardanti le manipolazioni del tasso Euribor.

493    In terzo luogo, molteplici considerazioni rilevate dalla Commissione con riferimento a tutti i destinatari della decisione impugnata (v. punto 478 supra) sono parimenti pertinenti in quanto elementi di un insieme di indizi.

494    Da un lato, al punto 460 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato l’esistenza di una «diffusa conoscenza generale» tra gli operatori del mercato del fatto che il processo di determinazione dei tassi di riferimento era dichiarativo e, di conseguenza, che le comunicazioni potevano essere differite dalle banche membri del panel in funzione del loro interesse al momento della comunicazione (v. anche punto 406 di detta decisione).

495    Al fine di contestare tali considerazioni, le ricorrenti fanno riferimento a una dichiarazione dell’operatore della JP Morgan, allegata al ricorso, secondo la quale egli non aveva una tale percezione del processo dei contributi al panel Euribor, ossia non pensava che le comunicazioni tenessero conto degli interessi delle banche presenti nel panel.

496    Come si evince dal precedente punto 60, le dichiarazioni dell’operatore della JP Morgan hanno scarso valore probatorio. In assenza di altri argomenti o elementi di prova dedotti dalle ricorrenti, si deve constatare che esse non sono riuscite a dimostrare che la Commissione ha ritenuto ingiustamente che vi fosse una simile conoscenza diffusa tra gli operatori del mercato circa la natura dichiarativa delle comunicazioni delle banche al panel Euribor, laddove essa si è basata su documenti interni delle banche coinvolte nell’infrazione, in particolare quelli ottenuti tramite ispezioni (v. nota 521 della decisione impugnata).

497    Dall’altro lato, ai punti 461 e 462 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che gli operatori non potevano ignorare che, se più banche avessero modificato le loro comunicazioni nello stesso giorno e per la stessa scadenza dell’Euribor, l’impatto potenziale sul tasso di interesse di riferimento sarebbe aumentato in proporzione al numero di banche coinvolte, cosicché il grado di successo delle pratiche collusive dipendeva in gran parte dal coinvolgimento di più banche. Anche per questo motivo, alcune delle discussioni tra gli operatori, come quelle alle quali aveva partecipato l’operatore della JP Morgan con l’operatore della Deutsche Bank nel gennaio e nel febbraio 2007, iniziavano qualche tempo prima dei fixing oggetto delle manipolazioni, al fine di consentire agli operatori di allineare o di adeguare le proprie posizioni di negoziazione.

498    Ne consegue che un attore del mercato importante e qualificato, come l’operatore della JP Morgan (v., in tal senso e in sostanza, punti 457 e 463 della decisione impugnata), era in grado di dedurre dalle circostanze ricordate ai precedenti punti 494 e 497 che le manipolazioni dell’Euribor che stava pianificando con gli operatori della Deutsche Bank e della Barclays avevano maggiori probabilità di successo quante più erano le banche coinvolte, anche se non era stato esplicitamente informato da loro del coinvolgimento di altre banche specifiche.

499    In tale contesto, occorre ancora respingere gli argomenti delle ricorrenti secondo i quali la Commissione era tenuta a dimostrare una conoscenza specifica, da parte dell’operatore della JP Morgan, del piano delle altre banche e, in particolare, delle scadenze del tasso in questione e della direzione delle manipolazioni previste. Come risulta dalla giurisprudenza citata al precedente punto 445, la Commissione, infatti, deve solo dimostrare che l’impresa interessata conoscesse o potesse ragionevolmente prevedere la portata generale e le caratteristiche essenziali dell’intesa complessiva. Nel caso di specie, l’operatore della JP Morgan era a conoscenza delle caratteristiche essenziali dell’intesa complessiva, volta a influenzare i flussi di cassa dovuti in base ai contratti EIRD, mediante l’azione concertata degli operatori volta a influenzare le comunicazioni al panel Euribor delle rispettive banche al fine di manipolare tale tasso secondo i propri interessi.

500    Tale conclusione non è messa in discussione dalla sentenza del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione (T‑180/15, EU:T:2017:795), richiamata in tale contesto dalle ricorrenti. Infatti, le circostanze di fatto che hanno dato origine a tale sentenza sono diverse da quelle della presente causa, in quanto in quel caso la Commissione ha ritenuto che i ricorrenti fossero facilitatori dell’intesa ai sensi della sentenza dell’8 luglio 2008, AC‑Treuhand/Commissione (T‑99/04, EU:T:2008:256), e non membri dell’intesa, come nel presente caso con riguardo alla JP Morgan. Inoltre, il fatto che le ricorrenti in tale causa conoscessero gli obiettivi comuni delle parti dell’intesa era stato dimostrato basandosi su una sola conversazione il cui contenuto era limitato. È nel contesto specifico della valutazione della durata dell’infrazione commessa dalle ricorrenti in tale causa in qualità di facilitatori dell’intesa, e in particolare del carattere continuativo di tale infrazione, che il Tribunale ha respinto, al punto 228 della sua sentenza del 10 novembre 2017 nella causa Icap e a./Commissione (T‑180/15, EU:T:2017:795), richiamata dalle attuali ricorrenti, elementi di prova che la Commissione ha ritenuto riguardassero le scadenze del tasso o le direzioni delle manipolazioni diverse da quelle di cui le ricorrenti in tale causa erano a conoscenza. L’argomento delle ricorrenti fondato sull’analogia con tale sentenza non può quindi essere accolto. Occorre, altresì, rilevare che le ricorrenti non hanno dedotto nel ricorso alcuna censura diretta a contestare il carattere continuato dell’infrazione constatata nel caso di specie dalla Commissione.

501    Ne consegue che gli elementi di prova, valutati nel loro complesso come un insieme di indizi, consentono di dimostrare che l’operatore della JP Morgan poteva ragionevolmente prevedere che gli scambi di cui al precedente punto 484 andavano oltre il quadro bilaterale e facevano parte di un’unica infrazione che coinvolgeva altre banche con l’obiettivo di alterare i flussi di cassa dovuti a titolo degli EIRD mediante un’azione concertata volta a manipolare il tasso Euribor, e che egli era disposto ad accettarne il rischio. La seconda parte del quarto motivo deve pertanto essere respinta.

[omissis]

[omissis]

[omissis]

[omissis]

[omissis]

C.      Sulla domanda di annullamento dell’articolo 2, lettera c), della decisione impugnata e sulla domanda di riduzione dell’ammenda

[omissis]

[omissis]

[omissis]

2.      Sulla domanda di riduzione dellimporto dellammenda inflitta

[omissis]

704    Nel caso di specie, al fine di determinare l’importo dell’ammenda destinata a sanzionare l’infrazione della JP Morgan, quale risulta dall’esame dei primi cinque motivi di ricorso, occorre tenere conto delle seguenti circostanze.

705    In primo luogo, per quanto riguarda la gravità e la durata dell’infrazione, occorre osservare quanto segue.

706    Sotto un primo profilo, è opportuno utilizzare un metodo che, come quello applicato dalla Commissione nel caso in esame, individui, in un primo momento, un importo di base dell’ammenda, che può, in un secondo tempo, essere adeguato in considerazione delle circostanze specifiche del caso.

707    Anzitutto, per quanto riguarda il valore delle vendite come dato iniziale, occorre prendere in considerazione, quale valore sostitutivo di quest’ultimo, le entrate in denaro ridotte. Infatti, come risulta dall’esame della terza parte del sesto motivo, il valore delle entrate in denaro ridotte può, nel caso di specie, fornire una base di partenza adeguata per determinare l’importo dell’ammenda, in quanto tale valore riflette l’importanza economica dell’infrazione e il peso relativo dell’impresa nell’infrazione.

708    A questo proposito, è vero che, nell’ambito dell’esame della seconda parte del sesto motivo di ricorso (v. punto 657 supra), è stato rilevato che la determinazione delle entrate da parte delle banche aveva dato luogo, in alcuni casi, ad approcci diversi. Tuttavia, come risulta dal precedente punto 671, da tali differenze non deriva alcuna violazione del principio di parità di trattamento.

709    Inoltre, il Tribunale ritiene che un’altra metodologia di calcolo delle entrate in denaro, in particolare metodi come quelli seguiti da talune banche per rispondere alla richiesta di informazioni del 12 ottobre 2012, non sarebbe più appropriata per stabilire le entrate in denaro. Infatti, un metodo che implica l’esclusione delle gambe fisse da contratti aventi al contempo gambe fisse e gambe flottanti, l’esclusione dei prodotti «esotici» o l’applicazione di una compensazione mensile piuttosto che giornaliera non è più appropriata per determinare, nel caso di specie, il valore delle vendite in relazione all’infrazione sanzionata e riflettere così adeguatamente la realtà e l’ampiezza economica di quest’ultima nonché il ruolo delle imprese in tale infrazione. Infatti, anzitutto, nel caso di contratti EIRD con gamba sia fissa sia flottante, il flusso di cassa riflette la differenza tra il tasso fisso e il tasso variabile alla data del fixing, come risulta dal precedente punto 39. Il Tribunale ritiene che non vi siano motivi per escludere in particolare i flussi derivanti da una delle due «gambe» di siffatti EIRD. Nulla giustifica poi l’esclusione dei prodotti «esotici» dai calcoli delle entrate in denaro, dato che anch’essi fanno parte del mercato rilevante degli EIRD. Infine, sebbene la compensazione giornaliere sia la norma del mercato, non vi sono circostanze particolari proprie del caso di specie che giustifichino una deroga a tale norma.

710    Tenuto conto di tali circostanze, il Tribunale decide di prendere in considerazione, nel determinare l’importo dell’ammenda, il valore delle entrate in denaro della JP Morgan considerato dalla Commissione nella decisione impugnata.

711    Occorre poi rilevare che è pacifico tra le parti che il fatto di considerare, quale base per il calcolo dell’ammenda, le sole entrate in denaro condurrebbe all’imposizione di un’ammenda eccessivamente dissuasiva. Le parti concordano quindi sulla necessità di ridurre tali entrate in denaro applicando un fattore di riduzione.

712    Nella decisione impugnata, la Commissione ha applicato un fattore di riduzione uniforme fissato al 98,849%.

713    Per quanto riguarda la determinazione di tale fattore di riduzione, occorre rilevare che esso è il risultato di un’attività complessa che riflette diversi fattori, in particolare la compensazione inerente alla negoziazione di derivati in generale nonché le specificità della compensazione di tali prodotti e, più in particolare, degli EIRD. Si tratta, quindi, di un’approssimazione di un valore costruito. Pertanto, per definizione, non esiste un unico fattore di riduzione possibile.

714    Le ricorrenti propongono un fattore di riduzione alternativo del 99,91%, senza tuttavia specificare i motivi per cui un tasso di riduzione fissato a tale livello sarebbe più appropriato rispetto a quello adottato dalla Commissione. Esse si limitano a sostenere che l’applicazione del valore AFR degli EIRD nel periodo di riferimento «suggerirebbe» un tasso di riduzione «appropriato» del 99,91%. Come sottolineato ai precedenti punti da 588 a 593, l’approccio proposto dalle ricorrenti per calcolare, nel caso di specie, un valore sostitutivo del valore delle vendite, basato sull’AFR, non può essere preferito in quanto non è in grado di riflettere con maggior precisione la rilevanza economica dell’infrazione rispetto all’approccio della Commissione basato sulla riduzione delle entrate.

715    In ogni caso, il Tribunale ritiene che l’applicazione di un siffatto fattore di riduzione alternativo particolarmente elevato, o addirittura eccessivo, rischierebbe di svuotare di significato la sanzione rendendola trascurabile e pregiudicando in tal modo la necessità di garantire il carattere sufficientemente dissuasivo dell’ammenda. L’applicazione di un fattore di riduzione alternativo del 99,91% proposto dalle ricorrenti porterebbe quindi all’imposizione di un’ammenda che non rifletterebbe né l’importanza economica dell’infrazione né il peso relativo della JP Morgan in essa.

716    Nella replica, le ricorrenti sostengono che alle entrate in denaro della JP Morgan deve essere applicato un diverso tasso di riduzione per riflettere il suo peso nel mercato. Esse non propongono, tuttavia, nessun’altra percentuale che sarebbe più appropriata e che, al contempo, consentirebbe di imporre un’ammenda che rifletta l’importanza economica dell’infrazione e il peso relativo della JP Morgan in quest’ultima, garantendo così il carattere dissuasivo dell’ammenda.

717    In ogni caso, da un lato, è pacifico tra le parti che il fattore di riduzione sia pari almeno al 98,849%. Dall’altro, il Tribunale sottolinea che la fissazione di un’ammenda nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito non è un’attività aritmetica precisa.

718    Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, il Tribunale ritiene opportuno prendere in considerazione la natura dell’infrazione, l’estensione geografica di quest’ultima nonché la consumazione o meno dell’infrazione.

719    Per quanto riguarda la natura dell’infrazione, poiché i comportamenti contestati riguardavano fattori rilevanti per la determinazione dei prezzi degli EIRD, essi sono, per loro stessa natura, tra le più gravi restrizioni alla concorrenza. Inoltre, è importante sottolineare che le pratiche in questione sono particolarmente gravi e dannose in quanto sono in grado non solo di falsare la concorrenza nel mercato dei prodotti EIRD, ma anche, più in generale, di minare la fiducia e la credibilità del sistema bancario e dei mercati finanziari nel loro complesso.

720    Infatti, come sottolineato dalla Commissione al punto 721 della decisione impugnata, e senza che ciò sia stato contestato dalle ricorrenti, gli indici di riferimento rilevanti che si riflettono nella determinazione dei prezzi degli EIRD si applicano a tutti i partecipanti al mercato degli EIRD. Inoltre, poiché tali tassi sono basati sull’euro, essi rivestono una fondamentale importanza per l’armonizzazione delle condizioni finanziarie nel mercato interno e per le attività bancarie negli Stati membri.

721    Per quanto riguarda l’estensione geografica dell’infrazione, come risulta dai punti 47 e 721 della decisione impugnata, l’intesa riguardava almeno la totalità del SEE, cosicché le condotte di cui trattasi potevano incidere sulle attività bancarie in tutti gli Stati membri.

722    Si deve altresì tenere conto del fatto che l’insieme degli indizi di cui dispone il Tribunale rende quantomeno plausibile che il 27 e 28 settembre 2006 l’operatore della JP Morgan abbia posto in essere le condotte illecite concordate con l’operatore della Barclays, stabilendo contatti con le persone incaricate di comunicare i tassi della propria banca (v. punti 281 e da 302 a 305 supra).

723    Sotto un terzo profilo, si deve tenere conto della durata della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione, come indicato nella decisione impugnata, che non è stata contestata dalle ricorrenti e non è inficiata dalla conclusione esposta nel precedente punto 317 circa la partecipazione della JP Morgan ai comportamenti illeciti che compongono l’infrazione unica di cui trattasi.

724    In secondo luogo, per quanto riguarda le circostanze attenuanti, il Tribunale rileva che la JP Morgan ha svolto un ruolo meno importante nell’infrazione rispetto agli attori principali, in particolare la banca D e la banca A. Analogamente, l’intensità dei contatti avuti dall’operatore della JP Morgan era inferiore rispetto a quella degli attori principali.

725    Tuttavia, resta il fatto che, come sottolineato al precedente punto 696, gli scambi a cui ha partecipato la JP Morgan erano caratterizzati da una particolare frequenza e regolarità. La conclusione enunciata al precedente punto 153, relativa alla portata di uno degli scambi presi in considerazione a carico delle ricorrenti nella decisione impugnata, ossia quello del 10 ottobre 2006, non altera in alcun caso tale constatazione.

726    Del resto, occorre rilevare che la partecipazione della JP Morgan ai comportamenti illeciti è stata intenzionale e che le ricorrenti non hanno sostenuto di dover beneficiare, nella specie, della circostanza attenuante della negligenza. Inoltre, le ricorrenti hanno partecipato, sebbene passivamente, a un numero non trascurabile di contatti anticoncorrenziali, senza mai esprimere alcuna riserva o opposizione, partecipando a scambi di informazioni anticoncorrenziali. In tal modo, le ricorrenti hanno dato ai loro concorrenti l’impressione di partecipare all’intesa controversa, contribuendo così a incoraggiarla. Inoltre, come risulta dal precedente punto 719, la condotta di cui è causa è caratterizzata da una maggiore gravità. Di conseguenza, l’impatto sull’importo finale dell’ammenda che hanno le circostanze attenuanti relative al minor grado di partecipazione e al minor ruolo svolto dalla JP Morgan nell’infrazione rispetto agli attori principali non può che essere marginale.

727    In terzo luogo, l’importo dell’ammenda stabilito dal Tribunale tiene in debito conto la necessità di imporre alla JP Morgan un’ammenda di importo dissuasivo.

728    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il Tribunale ritiene di dover operare un’equa valutazione delle circostanze del caso di specie, alla luce del principio di individualizzazione della sanzione e di proporzionalità di quest’ultima, fissando l’importo dell’ammenda in EUR 337 196 000, per la quale la JPMorgan Chase & Co. e la JPMorgan Chase Bank, National Association sono ritenute responsabili in solido. Pertanto, la domanda di riduzione dell’ammenda inflitta alle ricorrenti deve essere respinta.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Non vi è più luogo a statuire sul ricorso proposto dalla J.P. Morgan Services LLP.

2)      L’articolo 2, lettera c), della decisione C (2016) 8530 final della Commissione, del 7 dicembre 2016, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE [caso AT.39914 – Derivati sui tassi di interesse in euro (EIRD)] è annullato nella parte in cui riguarda la JPMorgan Chase & Co. e la JPMorgan Chase Bank, National Association.

3)      L’importo dell’ammenda, per il quale la JPMorgan Chase & Co. e la JPMorgan Chase Bank, National Association sono ritenute responsabili in solido, è fissato in EUR 337 196 000.

4)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

5)      Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese.

Papasavvas

Kornezov

Buttigieg

Kowalik-Bańczyk

 

      Hesse

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 dicembre 2023.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.