Language of document : ECLI:EU:T:2023:847

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

20 dicembre 2023 (*)

«Concorrenza – Intese – Settore dei prodotti derivati sui tassi di interesse in euro – Decisione che accerta un’infrazione all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE – Manipolazione dei tassi interbancari di riferimento Euribor – Scambio di informazioni riservate – Restrizione della concorrenza per oggetto – Infrazione unica e continuata – Procedimento “ibrido” scaglionato nel tempo – Presunzione di innocenza – Imparzialità – Ammende – Importo di base – Valore delle vendite – Articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 – Obbligo di motivazione – Decisione di modifica che integra la motivazione – Parità di trattamento – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑113/17,

Crédit agricole SA, con sede in Montrouge (Francia),

Crédit agricole Corporate and Investment Bank, con sede in Montrouge,

rappresentate da J.-P. Tran Thiet, M. Powell e J. Jourdan, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da M. Farley e T. Baumé, in qualità di agenti, assistiti da N. Coutrelis, avvocato,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da S. Papasavvas, presidente, A. Kornezov, E. Buttigieg (relatore), K. Kowalik-Bańczyk e G. Hesse, giudici,

cancelliere: L. Ramette, amministratore

vista la fase scritta del procedimento, in particolare:

–        le decisioni dell’8 giugno 2019 e del 30 marzo 2021 di sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale,

–        la memoria di adattamento depositata dalle ricorrenti presso la cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2021 e le osservazioni della Commissione su tale memoria depositate presso la cancelleria del Tribunale il 19 novembre 2021,

in seguito all’udienza del 17 marzo 2022,

viste la sentenza del 12 gennaio 2023, HSBC Holdings e a./Commissione (C‑883/19 P, EU:C:2023:11), e le osservazioni delle parti ad essa relative,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

1        Con il loro ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Crédit Agricole SA e la Crédit Agricole Corporate and Investment Bank (in prosieguo: la «CACIB»), ricorrenti (in prosieguo, congiuntamente: la «Crédit Agricole»), chiedono, da un lato, l’annullamento parziale della decisione C(2016) 8530 final della Commissione, del 7 dicembre 2016, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE [caso AT.39914 – Derivati sui tassi di interesse in euro (EIRD)] (in prosieguo: la «decisione impugnata») e, dall’altro, in subordine, la riduzione dell’importo dell’ammenda loro inflitta in tale decisione. Esse chiedono inoltre l’annullamento della decisione C(2021) 4610 final della Commissione, del 28 giugno 2021, che modifica la decisione impugnata (in prosieguo: la «decisione di modifica») o, in mancanza, una pronuncia che dichiari che quest’ultima decisione non poteva sanare la motivazione carente della decisione impugnata.

I.      Fatti

[omissis]

C.      Fatti successivi alla proposizione del presente ricorso

21      Con sentenza del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione (T‑105/17, EU:T:2019:675), il Tribunale ha annullato l’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata, con il quale la Commissione aveva inflitto un’ammenda alla HSBC, sulla base della motivazione che la Commissione non aveva adeguatamente motivato in diritto le ragioni per le quali il fattore di riduzione uniforme applicato alle entrate in denaro delle imprese interessate ai fini del calcolo delle ammende loro inflitte (in prosieguo: il «fattore di riduzione») era stato fissato al 98,849% piuttosto che a un livello eventualmente superiore, e ha respinto il ricorso quanto al resto.

22      Con lettera del 24 febbraio 2021, la Commissione ha informato le ricorrenti e la JP Morgan della propria intenzione di modificare la decisione impugnata in considerazione della sentenza del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione (T‑105/17, EU:T:2019:675). Con la stessa lettera, e con lettera del 16 aprile 2021, la Commissione ha fornito a tutti i destinatari della decisione impugnata informazioni e spiegazioni supplementari sulle ragioni che l’avevano indotta a fissare il livello del fattore di riduzione al 98,849%. Le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in merito a tali spiegazioni il 7 maggio 2021.

23      Il 28 giugno 2021 la Commissione ha adottato la decisione di modifica. Essa ha considerato che, poiché il fattore di riduzione fissato nella decisione impugnata era identico per tutti i suoi destinatari, era probabile che il Tribunale ritenesse che il ragionamento esposto nella sentenza del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione (T‑105/17, EU:T:2019:675), relativo all’insufficienza di motivazione riguardo alla determinazione di detto fattore di riduzione, fosse trasponibile alle ammende inflitte alle ricorrenti e all’altro destinatario di quest’ultima, e che, pertanto, nell’interesse del principio di buona amministrazione era necessario correggere gli errori individuati dal Tribunale in detta sentenza e modificare la decisione impugnata nei confronti delle ricorrenti e dell’altro destinatario di quest’ultima, integrando la motivazione relativa alla determinazione del fattore di riduzione.

24      Con sentenza del 12 gennaio 2023, HSBC Holdings e a./Commissione (C‑883/19 P, EU:C:2023:11), da un lato, la Corte ha annullato la sentenza del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione (T‑105/17, EU:T:2019:675), nella parte in cui aveva respinto la domanda in via principale di annullamento dell’articolo 1 della decisione impugnata e la domanda in via subordinata di annullamento dell’articolo 1, lettera b), di quest’ultima. Dall’altro lato, pronunciandosi sul ricorso proposto dalla HSBC nella causa T‑105/17, la Corte ha respinto tale ricorso nella parte in cui era diretto all’annullamento dell’articolo 1 della decisione impugnata e, in subordine, dell’articolo 1, lettera b), della stessa.

II.    Conclusioni delle parti

25      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare l’articolo 1, lettera a), e l’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata;

–        in via subordinata, ridurre considerevolmente, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, l’importo dell’ammenda loro inflitta dall’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata;

–        in aggiunta, annullare le decisioni del consigliere-auditore del 2 ottobre 2014, del 4 e del 27 marzo 2015, del 29 luglio 2015 e del 16 settembre 2016 e, di conseguenza, annullare l’articolo 1, lettera a), e l’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata;

–        annullare la decisione di modifica o, in mancanza, dichiarare che essa non poteva sanare la motivazione carente della decisione impugnata, e annullare l’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata, come modificata;

–        condannare la Commissione alle spese.

[omissis]

III. In diritto

[omissis]

A.      Sulla domanda di annullamento dell’articolo 1, lettera a), della decisione impugnata nonché dell’articolo 2, lettera a), di detta decisione, nella parte in cui quest’ultima domanda si fonda sulla violazione dei diritti della difesa a causa del diniego di accesso al fascicolo

[omissis]

1.      Sullo svolgimento del procedimento amministrativo che ha condotto alladozione della decisione impugnata (motivi primo e secondo del ricorso e terza parte del nono motivo del ricorso)

[omissis]

b)      Sul primo motivo del ricorso, vertente sulla violazione del diritto di accesso a un giudice, del principio di buona amministrazione, dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio

[omissis]

2)      Sul rifiuto di rispondere alle domande poste dalle ricorrenti in occasione dell’audizione

52      Nell’ambito della seconda censura del primo motivo, le ricorrenti sostengono che, rifiutandosi di rispondere a talune domande che esse le avevano rivolto durante l’audizione, la Commissione ha violato i loro diritti della difesa e il principio del contraddittorio.

[omissis]

57      Infine, occorre altresì ricordare che l’audizione condotta dal consigliere-auditore, che costituisce una delle garanzie del diritto di essere sentiti nell’ambito del procedimento amministrativo svolto dalla Commissione ai sensi dell’articolo 101 TFUE, mira a offrire la possibilità, in particolare ai destinatari della comunicazione degli addebiti, di esprimere il loro punto di vista sulle conclusioni preliminari della Commissione, come risulta, in sostanza, dall’articolo 12 del regolamento n. 773/2004 e dall’articolo 10, paragrafo 4, della decisione n. 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU 2011, L 275, pag. 29). È vero che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 7, del regolamento n. 773/2004 e dell’articolo 12, paragrafo 3, della decisione n. 2011/695, il consigliere-auditore può autorizzare, segnatamente, le parti destinatarie della comunicazione degli addebiti a porre domande nel corso dell’audizione. Tuttavia, si tratta di una facoltà, in quanto lo scopo principale dell’audizione consiste nell’offrire l’opportunità, in particolare ai destinatari della comunicazione degli addebiti, di pronunciarsi sui risultati preliminari della Commissione, come rilevato, nel caso di specie, dal consigliere-auditore nel corso dell’audizione della Crédit Agricole.

58      Si deve peraltro rilevare che le domande di cui trattasi, rivolte dalle ricorrenti alla Commissione, riguardavano, come esse sottolineano, le presunte contraddizioni nelle modalità di calcolo della sanzione prevista.

59      A tal riguardo, la Commissione fa correttamente riferimento alla circostanza che il principio del contraddittorio e il rispetto dei diritti della difesa non le impongono di fornire, nella fase del procedimento amministrativo, precisazioni sul modo in cui essa intende attuare i criteri relativi alla gravità e alla durata dell’infrazione ai fini della determinazione dell’importo delle ammende.

60      Ne consegue che, per quanto il destinatario della comunicazione degli addebiti possa far valere, segnatamente in occasione dell’audizione, tutte le argomentazioni che ritiene pertinenti al fine di richiamare l’attenzione della Commissione sull’esistenza di talune contraddizioni nelle risposte delle altre parti alle richieste di informazioni, che potrebbero influenzare la decisione che la Commissione sarà chiamata ad adottare a suo carico o suggerire alla Commissione di proseguire la sua indagine al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento nei suoi riguardi, la garanzia del rispetto dei diritti della difesa non impone alla Commissione di rispondere, nella fase dell’audizione, a siffatte argomentazioni o domande delle parti.

[omissis]

d)      Sulla violazione dei diritti della difesa a causa del diniego di accesso al fascicolo (quarta parte del secondo motivo e terza parte del nono motivo del ricorso)

[omissis]

2)      Sulla richiesta di accesso ai documenti relativi al valore delle vendite

171    Occorre rilevare che, a seguito della richiesta della Crédit Agricole di accedere ai dati relativi al valore delle vendite presentati alla Commissione dalle altre parti e a quelli relativi ai metodi utilizzati da queste ultime al fine di produrli, il consigliere-auditore, nella propria decisione del 2 ottobre 2014, ha istituito un sistema di accesso misto concedendo alle ricorrenti l’accesso diretto a taluni dati e ai loro consulenti esterni la possibilità di consultare le versioni riservate dei documenti di cui trattasi conformemente alla procedura di sala dati («data room») (punto 101 della decisione impugnata). Un’ulteriore sala dati è stata istituita successivamente all’adozione della decisione di modifica da parte della Commissione nei confronti della Société Générale, che teneva conto dei dati finanziari corretti presentati da quest’ultima (punto 106 della decisione impugnata). Inoltre, il consigliere-auditore ha concesso alle ricorrenti un accesso diretto più ampio a taluni dati oggetto delle loro domande nelle sue decisioni del 4 marzo 2015 e nel suo intervento del 25 marzo 2015, quale contenuto nella sua decisione del 27 marzo 2015.

172    Nell’ambito della quarta parte del secondo motivo e della terza parte del nono motivo, le ricorrenti affermano che la Commissione, applicando loro, con l’imposizione di una sala dati, modalità vincolanti di accesso ai documenti in questione e negando l’accesso diretto al complesso di tali informazioni, che non potevano più essere qualificate come sensibili, ha violato i loro diritti della difesa.

173    Anzitutto, occorre respingere la censura nell’ambito della quale le ricorrenti contestano la procedura di accesso al fascicolo tramite la sala dati.

174    A tal riguardo, occorre ricordare che, in applicazione del principio di tutela del segreto commerciale, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione e che si concretizza, in particolare, all’articolo 339 TFUE, la Commissione è tenuta a non rivelare ai concorrenti di un operatore privato informazioni riservate fornite da quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 109 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto riguarda il diritto di accesso al fascicolo relativo a un’indagine in materia di concorrenza, dall’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 773/2004 risulta che esso non si estende ai segreti commerciali e ad altre informazioni riservate. Tuttavia, in talune circostanze, la necessità di salvaguardare i diritti della difesa delle parti deve conciliarsi con l’obbligo della Commissione di proteggere le informazioni riservate contenute nel fascicolo di un’indagine in materia di concorrenza fornite da altre parti, come risulta, in sostanza, dall’articolo 27, paragrafo 2, terza frase, del regolamento n. 1/2003 e dall’articolo 15, paragrafo 3 del regolamento n. 773/2004 (v. altresì, in tal senso, punto 24 della comunicazione della Commissione riguardante le regole per l’accesso al fascicolo istruttorio della Commissione).

175    Ne consegue che, in circostanze come quelle del caso di specie, la procedura di sala dati costituiva uno strumento appropriato al fine di conciliare gli interessi legittimi che la Commissione era tenuta a tutelare, vale a dire, da un lato, gli interessi alla riservatezza rivendicabili dalle banche che avevano fornito informazioni alle quali le ricorrenti avevano chiesto di accedere e, dall’altro, i diritti della difesa delle ricorrenti, come rilevato, in sostanza, dal consigliere-auditore nelle sue decisioni del 2 ottobre 2014 e del 16 settembre 2016.

176    Le ricorrenti contestano tuttavia il fatto che le informazioni in questione dovessero continuare a essere coperte dalla riservatezza, tenuto conto del loro carattere datato e limitato che non consentiva di individuare le eventuali informazioni riservate, come l’identità dei clienti. Esse sostengono quindi che dette informazioni avrebbero potuto essere rivelate direttamente alla Crédit Agricole, il che, contrariamente all’accesso concesso ai soli consulenti esterni in sala dati, avrebbe garantito l’esercizio effettivo dei diritti della difesa.

177    A tal proposito, in primo luogo, dalla giurisprudenza invocata dalle ricorrenti risulta al riguardo che informazioni che sono state segrete o riservate, ma risalenti a cinque anni addietro o più, devono, a causa del decorso del tempo, essere considerate, in linea di principio, storiche e ormai prive, per tale motivo, del loro carattere segreto o riservato, salvo che, in via eccezionale, la parte che si avvale di tale carattere non dimostri che, malgrado siano risalenti, tali informazioni costituiscono ancora elementi essenziali della sua posizione commerciale o di quelle di terzi interessati (sentenza del 14 marzo 2017, Evonik Degussa/Commissione, C‑162/15 P, EU:C:2017:205, punto 64).

178    Nella sua decisione del 16 settembre 2016, il consigliere-auditore ha tenuto conto di un argomento analogo della Crédit Agricole dedotto nel corso del procedimento amministrativo. Egli ha sostanzialmente considerato che, a causa della loro natura, i dati di cui trattasi non avevano perso il loro carattere riservato nonostante fossero risalenti. Infatti, secondo il consigliere-auditore, la complessità, la specificità e la mole di siffatti dati erano tali da non poter essere assimilati a semplici fatturati delle banche interessate. In considerazione di siffatta natura dei dati di cui trattasi, il consigliere-auditore poteva legittimamente ritenere che il mero decorso del tempo non fosse di per sé atto a ridurre sufficientemente il rischio di arrecare un grave pregiudizio agli interessi legittimi di dette banche qualora tali informazioni fossero state rivelate direttamente agli esperti della Crédit Agricole.

179    Occorre inoltre ricordare, al pari della Commissione, che, per quanto riguarda la determinazione dell’ammontare delle ammende, i diritti della difesa delle imprese interessate sono garantiti dinanzi ad essa dalla possibilità per queste ultime di presentare le loro osservazioni sulla durata, sulla gravità e sul carattere anticoncorrenziale dei fatti contestati, ma non richiedono per contro che tale possibilità riguardi il modo in cui la Commissione intende servirsi dei criteri imperativi della gravità e della durata dell’infrazione ai fini di una siffatta determinazione (v. sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 428 e 439 e giurisprudenza ivi citata). Tale elemento dev’essere preso in considerazione in sede di bilanciamento tra degli interessi delle altre parti alla riservatezza di taluni dati da esse forniti ai fini della determinazione dell’ammontare dell’ammenda che le riguarda, quali, nel caso di specie, i dati che consentono di calcolare il valore delle vendite, e i diritti della difesa delle altre parti, come rilevato, in sostanza, dal consigliere-auditore nelle sue decisioni del 4 marzo 2015 e del 16 settembre 2016.

180    Le ricorrenti non deducono alcun argomento volto a dimostrare che l’esercizio effettivo dei loro diritti della difesa doveva, nel caso di specie, prevalere sui legittimi interessi alla riservatezza rivendicabili dalle altre banche in relazione alle informazioni in questione. Esse non hanno quindi dimostrato l’erroneità delle conclusioni del consigliere-auditore nelle sue decisioni del 2 ottobre 2014, del 4 e del 27 marzo 2015 e del 16 settembre 2016, ricordate ai precedenti punti 171, 178 e 179.

[omissis]

2.      Sullesistenza di un comportamento illecito imputabile alle ricorrenti (terzo, quarto e ottavo motivo del ricorso)

[omissis]

b)      Sul terzo motivo del ricorso, relativo alla partecipazione della Crédit Agricole alle pratiche di manipolazione dellEuribor

[omissis]

2)      Sulla contestazione della partecipazione della Crédit Agricole alle pratiche di manipolazione del tasso Euribor

[omissis]

213    A tal riguardo, occorre rilevare che dagli scambi di comunicazioni tra gli operatori finanziari evidenziati nella decisione impugnata, come sintetizzati ai punti da 203 a 210 supra, risulta che la Commissione disponeva di elementi che consentivano di ritenere che gli operatori della Crédit Agricole avessero partecipato agli scambi riguardanti la manipolazione del tasso Euribor.

214    Infatti, in primo luogo, nel corso della discussione del 1º marzo 2007, l’operatore della Crédit Agricole ha preso l’iniziativa di chiedere all’operatore della Barclays una comunicazione da parte della sua banca al panel Euribor che fosse nel suo interesse («ho interesse a che sia più alto»), richiesta a cui quest’ultimo ha acconsentito («d’accordo, dirò così»).

215    In secondo luogo, nel corso delle discussioni del 16 ottobre, del 13 novembre e del 5 dicembre 2006, nonché del 16 e del 19 marzo 2007, l’operatore della Barclays ha chiesto all’operatore della Crédit Agricole di sollecitare alla tesoreria della sua banca una comunicazione in una certa direzione, richiesta che quest’ultimo ha accettato di inoltrare o ha persino riferito di aver eseguito, specificando il livello di contributo proposto o previsto dalla tesoreria [v. scambi del 16 ottobre 2006 alle ore 7:33 («Dico loro di provare con 3,36») e alle ore 7:46 («contribuiranno con 3,36»); del 13 novembre 2006 («ok, nessun prob[lema,] non ne ho, lo faccio»; poi, «ho detto loro di mettere trentasette»); del 16 marzo 2007 alle ore 14:06 («Gli ho detto che a noi conviene più basso. Lei ha detto: ok prendo nota») e del 19 marzo 2007 alle ore 14:24 («Sì, ho detto loro la cosa, volevano mettere 91, (…) [m]i hanno detto “bene mmm, vedremo cosa si può fare”»)].

216    In terzo luogo, dagli scambi del 16 novembre 2006 risulta inequivocabilmente che gli operatori della Barclays e della Crédit Agricole si sono comunicati le loro preferenze in merito al livello del fixing Euribor‑3M di tale giorno e alle relative posizioni di negoziazione. Una comunicazione del genere aveva lo scopo di verificare se i loro interessi convergessero al fine di proseguire, se del caso, la loro azione concertata diretta a influenzare le comunicazioni Euribor delle rispettive banche nella direzione di detti interessi. Ciò è confermato dalla circostanza che l’operatore della Barclays ha espresso rammarico per il fatto che i suoi interessi e quelli dell’operatore della Crédit Agricole in merito al livello del fixing fossero opposti. Egli ha comunque riferito all’operatore della Crédit Agricole che avrebbe «verificato», dopo avergli chiesto quale fosse il livello del tasso Euribor che gli conveniva.

217    In quarto luogo, nel corso della conversazione telefonica del 14 febbraio 2007, l’operatore della Barclays ha informato l’operatore della Crédit Agricole riguardo agli elementi essenziali della manipolazione prevista il 19 marzo 2007. Inoltre, dallo scambio del 16 marzo 2007 risulta che l’operatore della Crédit Agricole era disposto a trarre vantaggio da tale manipolazione confermando che il suo interesse in merito alla fissazione dell’Euribor‑3M di quel giorno coincideva con l’interesse dell’operatore della Barclays al riguardo («abbiamo tutti interesse a che sia basso», «anche noi abbiamo un serio interesse») e confermando a quest’ultimo, nello scambio del 19 marzo 2007, di aver anche guadagnato una certa somma di denaro grazie a tale fissazione («ho guadagnat[o] EUR 156 000 grazie [a] [q]uesto»).

218    In quinto luogo, dopo le scadenze per le comunicazioni dei tassi, gli operatori si sono ringraziati per il reciproco coinvolgimento nelle pratiche di cui trattasi e si sono congratulati per il successo dei loro piani (v., in particolare, lo scambio del 19 marzo 2007), seguendo così l’esito o gli effetti attesi delle loro azioni concertate.

219    La partecipazione degli operatori della Crédit Agricole ai comportamenti diretti alla manipolazione del tasso Euribor non è rimessa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti.

220    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che non è stato dimostrato che l’operatore della Crédit Agricole abbia effettivamente contattato la propria tesoreria per dare seguito alla promessa fatta al suo interlocutore e che avrebbe potuto mentire a quest’ultimo nel riferire di averlo fatto. La partecipazione della Crédit Agricole ai comportamenti diretti alla manipolazione dei tassi di riferimento non sarebbe acclarata, in mancanza di prove dell’effettivo coinvolgimento del suo servizio di tesoreria in siffatti comportamenti.

221    A tal riguardo, occorre anzitutto rilevare che, come afferma in sostanza la Commissione, i comportamenti anticoncorrenziali contestati alla Crédit Agricole non consistono nella manipolazione dell’Euribor in quanto tale, bensì in scambi di informazioni tra gli operatori che riflettono la loro intenzione di influenzare le comunicazioni delle loro banche al panel Euribor nella direzione dei loro interessi. Come risulta infatti dal punto 113, lettere da a) a f), dal punto 358, lettere da a) a f), e dal punto 392, lettere da a) a f), della decisione impugnata, sintetizzati al precedente punto 15, tali scambi riguardavano le preferenze per un livello del tasso dell’Euribor, talvolta accompagnati dalla rivelazione delle posizioni di negoziazione detenute, la possibilità di allineare le posizioni di negoziazione e le comunicazioni Euribor, una promessa da parte dell’operatore coinvolto di contattare un responsabile delle comunicazioni Euribor all’interno della propria banca al fine di chiedergli una comunicazione in una certa direzione o a un livello specifico e un resoconto della risposta di quest’ultimo.

222    Orbene, dagli scambi tra gli operatori emerge chiaramente che sono state espresse le preferenze relative ai tassi, le posizioni di negoziazione associate e un’offerta o un’intenzione da parte degli operatori della Crédit Agricole di influenzare la comunicazione del tasso della loro banca.

223    A tal riguardo, da una costante giurisprudenza risulta che la partecipazione di un’impresa a una riunione anticoncorrenziale crea una presunzione di illegittimità di tale partecipazione, presunzione che detta impresa deve confutare con la prova di una presa di distanza pubblica, la quale deve essere percepita come tale dagli altri partecipanti all’intesa (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti 81 e 82 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 3 maggio 2012, Comap/Commissione, C‑290/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:271, punti da 74 a 76 e giurisprudenza ivi citata). La ragione soggiacente a tale principio di diritto è che, avendo partecipato alla detta riunione senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto, l’impresa ha dato l’impressione agli altri partecipanti che essa appoggiava il suo risultato e che vi si sarebbe conformata (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 82, e del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punto 48).

224    Nel caso di specie, dagli scambi presi in considerazione dalla Commissione, quali sintetizzati ai punti 214 e 218 supra, risulta che dall’operatore della Crédit Agricole è partita, in un’occasione, la richiesta di una comunicazione al panel Euribor conforme al suo interesse e finalizzata a manipolare tale tasso e che, in altre occasioni, lungi dal prendere pubblicamente le distanze dalle richieste dell’operatore della Barclays, egli ha fatto intendere a quest’ultimo che la sua banca avrebbe o aveva effettivamente presentato un contributo al panel Euribor secondo quanto concordato e gli ha confermato di aver parlato con le persone incaricate di comunicare i tassi della sua banca, riferendogli addirittura il contenuto preciso di tali conversazioni.

225    Più precisamente, la circostanza che, nel corso della conversazione del 14 febbraio 2007, l’operatore della Crédit Agricole avesse espresso un certo scetticismo riguardo al successo del piano di manipolazione del 19 marzo 2007 non costituisce una dimostrazione di una chiara presa di distanza dal comportamento rientrante nel piano illustratogli dall’operatore della Barclays.

226    I punti 125, 135 e 634 della decisione impugnata, sui quali si basano le ricorrenti, non rimettono in discussione quanto precede. Infatti, nell’ambito di detti punti, la Commissione ha ritenuto, in sostanza, che gli accordi tra gli operatori finanziari fossero stati completati e attuati mediante comunicazioni tra questi ultimi e le persone incaricate di comunicare i tassi all’interno dei servizi di tesoreria delle loro banche e, «di tanto in tanto», da una quotazione effettivamente presentata da questi ultimi dei tassi Euribor comunicati, coordinati o concordati. Pertanto, la Commissione sostiene correttamente che gli argomenti delle ricorrenti relativi al mancato coinvolgimento della tesoreria della Crédit Agricole nelle pratiche dirette a influenzare il tasso Euribor sono, tutt’al più, idonei a dimostrare che la tesoreria della banca non ha posto in essere il comportamento anticoncorrenziale, piuttosto che una mancata partecipazione degli operatori finanziari a un siffatto comportamento (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 1991, Atochem/Commissione, T‑3/89, EU:T:1991:58, punto 100).

227    Lo stesso vale per l’argomento secondo cui le quotazioni effettivamente comunicate dalla Crédit Agricole alle date rilevanti sarebbero state coerenti con gli altri suoi contributi e con il mercato, se non addirittura contrarie agli interessi dell’intesa. Infatti, tenuto conto della portata della decisione impugnata e dei comportamenti addebitati alla Crédit Agricole, riguardanti gli «accordi» tra gli operatori al fine di influenzare i tassi di riferimento in funzione dei loro interessi, ma non l’effettiva manipolazione di detti tassi con il coinvolgimento delle tesorerie, tali argomenti sono inconferenti al fine di contestare la partecipazione della Crédit Agricole a siffatti comportamenti posti a suo carico dalla Commissione.

228    In tale contesto, occorre rilevare che, in ogni caso, diversi elementi di prova su cui si è fondata la Commissione dimostrano che gli operatori della Crédit Agricole hanno tentato di influenzare il livello del contributo della tesoreria della loro banca o che, quantomeno, si sono vantati di averlo fatto. Infatti, negli scambi del 16 ottobre, del 13 novembre e del 5 dicembre 2006 nonché del 16 e del 19 marzo 2007, l’operatore della Crédit Agricole riferiva all’operatore della Barclays la risposta ottenuta dopo aver sollecitato la propria tesoreria (v. punto 215 supra). Inoltre, dagli scambi del 27 ottobre (punto 191 della decisione impugnata) e del 5 dicembre 2006 (punto 224 della decisione impugnata) nonché del 19 marzo 2007 (punto 319 della decisione impugnata) risulta che gli operatori ritenevano che le loro azioni concertate, volte a manipolare la fissazione dei tassi, avessero avuto successo e che essi se ne congratulavano. Siffatti scambi, letti alla luce della conversazione del 16 marzo 2007 tra l’operatore della Crédit Agricole e la persona incaricata di comunicare i tassi di tale banca (punto 305 della decisione impugnata), che dimostra che gli operatori avevano contatti con il desk di tesoreria, nell’ambito dei quali essi discutevano del livello delle fissazioni future dei tassi e degli interessi che gli operatori potevano avere per uno specifico livello dei tassi, sono idonei a dimostrare che gli operatori della Crédit Agricole hanno dato seguito alle discussioni con l’operatore della Barclays riguardo al livello auspicato del tasso Euribor, stabilendo contatti con le persone incaricate di comunicare i tassi per conto della loro banca, e che essi hanno quindi posto in essere scambi collusivi.

229    In secondo luogo, deve essere parimenti respinto l’argomento delle ricorrenti con il quale esse fanno valere, sulla base di una relazione di perizia la cui attendibilità è contestata dalla Commissione, che, tenuto conto delle posizioni di negoziazione da essi detenute, gli operatori della Crédit Agricole non avevano alcun interesse concreto a partecipare alle manipolazioni di cui trattasi, in particolare a quella del 19 marzo 2007. In sostanza, le ricorrenti sostengono che la partecipazione alle pratiche volte a influenzare il livello dei tassi di riferimento «non aveva senso», a meno che gli operatori non avessero disposto in tempo utile delle informazioni necessarie per poterne trarre vantaggio e accumulato «enormi posizioni di negoziazione».

230    Tuttavia, e a prescindere dalla questione dell’attendibilità dei dati sui quali si basano le ricorrenti, in caso di restrizioni della concorrenza per oggetto, che ricorrono, secondo la decisione impugnata, nel caso degli scambi relativi alle manipolazioni dei tassi di riferimento, non è necessario esaminare se un’impresa aveva un interesse commerciale a parteciparvi quando la partecipazione di tale impresa a comportamenti idonei a restringere la concorrenza è dimostrata (v., in tal senso, sentenza del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punti da 44 a 46 e giurisprudenza ivi citata).

231    Le circostanze addotte dalle ricorrenti, quand’anche fossero accertate, sono tutt’al più idonee a dimostrare che, non disponendo di una posizione di negoziazione significativa, in particolare alla data del 19 marzo 2007, l’operatore della Crédit Agricole non ha tratto vantaggi considerevoli dal piano cui ha partecipato e, quindi, che gli scambi tra gli operatori non sono stati seguiti da effetti anticoncorrenziali sul mercato. Tale questione è tuttavia irrilevante per quanto riguarda i comportamenti restrittivi della concorrenza per oggetto (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punti 123 e 124). Pertanto, un siffatto argomento potrebbe eventualmente rivelarsi pertinente qualora le ricorrenti dimostrassero che la Commissione ha commesso un errore nel considerare i comportamenti di cui trattasi come restrittivi della concorrenza per oggetto, eventualità che occorre esaminare nell’ambito del quarto motivo.

232    Nei limiti in cui, sollevando un siffatto argomento, le ricorrenti mirano a fornire la prova contraria per confutare la presunzione secondo la quale, partecipando alla concertazione con l’operatore della Barclays ed essendo attivo sul mercato, l’operatore della Crédit Agricole ha necessariamente tenuto conto degli scambi di informazioni con il suo concorrente per decidere il proprio comportamento sul mercato stesso, nella fattispecie la propria strategia di negoziazione, sulla base di future manipolazioni (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 121, e dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, EU:C:1999:358, punto 162), si deve rilevare che la semplice affermazione secondo la quale l’operatore non deteneva una posizione significativa alla data di una manipolazione prevista o secondo la quale la sua banca deteneva una posizione contraria alla direzione dell’intesa non costituisce una siffatta prova contraria sufficiente, in quanto detti elementi non escludono, in quanto tali, di presumere che la concertazione abbia consentito all’operatore di eliminare le incertezze riguardanti il suo comportamento sul mercato, di modo che sia stato possibile ostacolare, restringere o falsare la normale concorrenza (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 5 dicembre 2013, Solvay Solexis/Commissione, C‑449/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:802, punto 39).

233    In terzo luogo, il fatto che un’impresa non abbia preso parte a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti cui ha partecipato non è rilevante per dimostrare l’esistenza di un’infrazione da parte sua. Occorre prendere in considerazione tali elementi, relativi alla quantità e all’intensità dei comportamenti anticoncorrenziali, solo in sede di valutazione della gravità dell’infrazione o delle circostanze attenuanti ed, eventualmente, della determinazione dell’ammenda (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione (C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punti 197 e 199 nonché giurisprudenza ivi citata). Pertanto, gli argomenti dedotti dalle ricorrenti volti a dimostrare il ruolo secondario, da un punto di vista qualitativo e quantitativo, svolto dalla Crédit Agricole nelle manipolazioni in questione, tenuto conto del fatto che esse sono state concepite, organizzate e attuate da un operatore della Banca A e da un operatore della Banca D, devono essere respinti in quanto inconferenti nell’ambito dell’esame della partecipazione di quest’ultima ai comportamenti in questione.

234    Parimenti, in quarto luogo, il fatto che la Crédit Agricole sia un attore secondario nel mercato degli EIRD, quand’anche fosse dimostrato, non consente di rimettere in discussione la sua partecipazione ai comportamenti di cui trattasi, dal momento che essa è presente su tale mercato. Infatti, come afferma, in sostanza, la Commissione, gli scambi di informazioni riservate, riguardanti le manipolazioni previste dei tassi di riferimento, hanno consentito a coloro che vi hanno preso parte, indipendentemente dalla posizione della loro banca sul mercato, di adattare la loro strategia di negoziazione componendo i loro portafogli specificamente in modo da trarre vantaggio dalla loro conoscenza delle manipolazioni future e da massimizzare i loro profitti o minimizzare le loro perdite.

235    Alla luce di quanto precede, fatto salvo l’esame del quarto motivo (v. punti 230 e 231 supra), il terzo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

[omissis]

3.      Sulla qualificazione come infrazione unica e continuata da parte della Commissione (quinto, sesto e settimo motivo del ricorso)

[omissis]

b)      Sul sesto motivo del ricorso, in cui si contesta la conoscenza da parte della Crédit Agricole dellesistenza di un «piano dinsieme» e la sua intenzione di parteciparvi

[omissis]

1)      Sulla conoscenza da parte della Crédit Agricole dell’esistenza di un «piano d’insieme»

[omissis]

i)      Sulla conoscenza da parte della Crédit Agricole dei comportamenti illeciti pianificati o attuati da altre imprese consistenti in tentativi di manipolazione dell’Euribor

[omissis]

402    Si deve rilevare, al pari della Commissione, che quest’ultima dispone di prove dirette che dimostrano che la Crédit Agricole sapeva di partecipare a un’infrazione unica insieme ad altre banche in quanto i suoi operatori sapevano o potevano ragionevolmente prevedere che gli scambi di cui al precedente punto 401 rientravano in un «piano d’insieme» che eccedeva l’ambito degli scambi bilaterali.

403    Infatti, in primo luogo, la Commissione fa correttamente riferimento, al punto 467 della decisione impugnata, alla conversazione del 16 ottobre 2006 presentandola come indicativa di tale conoscenza, da parte della Crédit Agricole, dell’esistenza di un «piano d’insieme» e della partecipazione di altre banche a siffatto piano.

404    Durante detta conversazione, l’operatore della Barclays ha chiesto all’operatore della Crédit Agricole di sollecitare alla sua tesoreria una comunicazione Euribor‑1M elevata. Prima di aderire a tale richiesta, l’operatore della Crédit Agricole ha chiesto quale vantaggio potesse trarne, ottenendo come risposta dal trader della Barclays che avrebbe potuto chiedergli il «fixing» in base alle sue posizioni di negoziazione («quello che vuoi, il diritto di chiedermi i fixing dove vuoi quando ne hai bisogno»). Più tardi, l’operatore della Crédit Agricole ha chiesto all’operatore della Barclays come se la fosse cavata nonostante il basso livello dell’Euribor. In risposta, l’operatore della Barclays lo ha ringraziato per la sua collaborazione riguardo alla comunicazione della sua banca, dichiarando che, grazie alle comunicazioni di tassi elevati di alcune banche («gli amici»), era stato in grado di controbilanciare i tassi bassi comunicati da altre banche («se non ci fossero stati certi amici … ho almeno [quattro] banche contro su questa faccenda»).

405    La lettura di tali conversazioni evidenzia, da un lato, che l’operatore della Crédit Agricole era consapevole che la comunicazione di un tasso elevato che aveva promesso di chiedere alla propria tesoreria faceva parte di un «piano d’insieme» volto a manipolare il livello dell’Euribor‑1M di quel giorno facendolo salire attraverso le comunicazioni coordinate di diverse banche. Egli ha quindi contribuito, con il suo comportamento, alla realizzazione di tale piano. Dall’altro, precisandogli che avrebbe potuto chiedergli in altri momenti dei «fixing» in funzione dei suoi specifici interessi, l’operatore della Barclays ha lasciato intendere a quello della Crédit Agricole che non si trattava di un tentativo isolato di manipolare il tasso Euribor, ma piuttosto di una pratica che poteva essere ripetuta.

406    Allo stesso modo, in secondo luogo, la Commissione fa altresì correttamente riferimento, al punto 461 della decisione impugnata, alla conversazione del 14 febbraio 2007 come parimenti rivelatrice della conoscenza da parte della Crédit Agricole tanto dell’esistenza di un «piano d’insieme» quanto del coinvolgimento delle altre banche.

407    Infatti, da un lato, da tale discussione risulta che l’operatore della Barclays ha rivelato all’operatore della Crédit Agricole gli elementi costitutivi della manipolazione prevista per la data IMM del 19 marzo 2007, chiedendogli di mantenere il segreto, vale a dire una manipolazione dello spread tra due derivati, i «future» indicizzati all’Euribor‑3M e gli swap basati sull’EONIA il 19 marzo 2007 [«la base sarà stretta», «spread a quattro» (ossia lo spread tra l’EONIA e l’Euribor‑3M si sarebbe ristretto a quattro punti base). Lo ha reso altresì partecipe degli altri elementi del piano che avrebbero potuto contribuire al suo successo, precisandogli che era necessario procedere con un graduale aumento delle posizioni «di acquisto» sui «future» indicizzati all’Euribor‑3M, riducendo al contempo il mercato a pronti attraverso un’azione concertata («paghi EONIA e compri future…sull’IMM; il giorno dell’IMM spingi il denaro verso il basso…»), ossia creare posizioni «di vendita» sull’EONIA e posizioni «di acquisto» sull’Euribor in vista del fixing del 19 marzo 2007 e abbassare il mercato a pronti il giorno del fixing. Dall’altro lato, l’operatore della Barclays ha informato l’operatore della Crédit Agricole del fatto che la Deutsche Bank partecipava a tale «piano d’insieme» («la tesoreria di Deutsche è con noi»), precisandogli che sarebbe stato vantaggioso coinvolgere quattro o cinque banche nel piano («se riusciamo a portare con noi quattro o cinque tesorerie, capisci?»).

408    Ne risulta che l’operatore della Crédit Agricole è stato messo al corrente della partecipazione della Deutsche Bank al piano così descritto. Inoltre, sebbene l’identità delle altre banche non sia stata rivelata all’operatore della Crédit Agricole, quest’ultimo era al corrente del fatto che l’operatore della Barclays stava valutando la possibilità di coinvolgere in tale piano un certo numero di banche.

409    Di conseguenza, la Commissione ha legittimamente concluso che la Crédit Agricole era al corrente dei comportamenti illeciti pianificati o attuati da altri partecipanti all’intesa nel perseguire l’obiettivo di alterare i flussi di cassa tramite le azioni concertate volte a manipolare il tasso Euribor il 16 ottobre 2006 e il 19 marzo 2007.

410    Inoltre, anche se la Commissione non disponeva di prove dirette del fatto che gli operatori della Crédit Agricole erano al corrente della partecipazione di altre banche ad altri tentativi di manipolazione del tasso Euribor che erano stati posti a suo carico, essa poteva ritenere che tali operatori potessero ragionevolmente prevedere una siffatta partecipazione, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 354, tenuto conto del fatto che la Crédit Agricole era stata messa a conoscenza della partecipazione delle altre banche a tale tipo di comportamento già il 16 ottobre 2006. La Crédit Agricole avrebbe quindi potuto ragionevolmente prevedere che ogni altro tentativo di manipolazione sarebbe stato realizzato solo mediante un’azione concertata di più banche. Pertanto, erroneamente le ricorrenti sostengono che la conoscenza da parte degli operatori della partecipazione delle altre banche ai tentativi di manipolazione dei tassi doveva essere limitata alle sole manipolazioni del 16 ottobre 2006 e del 19 marzo 2007 o a un determinato periodo della partecipazione della Crédit Agricole all’infrazione unica constatata dalla Commissione.

411    In tale contesto, è irrilevante che la Crédit Agricole non fosse a conoscenza dell’intensità e della regolarità quotidiana dei contatti, in particolare tra gli operatori della Barclays e della Deutsche Bank, né del carattere più o meno intenso dei contatti che l’operatore della Barclays intratteneva con le altre banche coinvolte.

412    È altresì irrilevante il fatto che l’operatore della Crédit Agricole fosse scettico sulla fattibilità del piano di manipolazione del 19 marzo 2007. Infatti, la circostanza che detto operatore non credesse nel successo del piano, il che non risulta peraltro in modo inequivocabile dalla sua dichiarazione, avendo egli affermato che «in ogni caso vale la pena tentare», non dimostra in alcun modo che egli non fosse al corrente della partecipazione della Deutsche Bank ed, eventualmente, delle altre banche all’attuazione di tale piano.

ii)    Sulla conoscenza, da parte della Crédit Agricole, degli altri comportamenti rientranti nell’infrazione unica pianificati o attuati da altre imprese

413    Per quanto riguarda la questione se la Commissione potesse imputare alla Crédit Agricole, a titolo della sua partecipazione all’infrazione unica, l’insieme dei comportamenti delle altre banche interessate, occorre rilevare che, a differenza che per la conoscenza, da parte della Crédit Agricole, dell’esistenza di un piano d’insieme finalizzato alla manipolazione, nelle diverse date, del tasso Euribor tramite le azioni concertate di più banche (v. punti da 402 a 408 supra), la Commissione non ha fornito, nella decisione impugnata, alcuna prova diretta atta a dimostrare che la Crédit Agricole fosse al corrente o avrebbe dovuto essere al corrente del fatto che gli scambi che i suoi operatori intrattenevano con l’operatore della Barclays riguardanti le informazioni relative alle strategie o alle intenzioni in materia di fissazione dei prezzi eccedevano gli scambi bilaterali e facevano parte di un «piano d’insieme» che coinvolgeva altre banche.

414    Parimenti, le prove indirette, considerate nel loro complesso in quanto fascio di indizi, non consentono di dimostrare in modo adeguato che la Crédit Agricole fosse al corrente o avrebbe dovuto essere al corrente di un siffatto piano d’insieme, tale da giustificare che le fosse imputato l’insieme dei comportamenti delle altre banche rientranti in detto obiettivo unico, o che essa avrebbe potuto ragionevolmente prevederne l’esistenza, che vi abbia direttamente partecipato o meno.

415    A tal riguardo, la decisione impugnata contiene, ai punti da 457 a 465, soltanto motivazioni che fanno riferimento alla natura stessa dell’intesa e al funzionamento del mercato degli EIRD, motivazioni che riguardano tutte le banche partecipanti all’intesa e che sono state ricordate al punto 396 supra. Siffatte motivazioni, considerate singolarmente o nel loro complesso, non consentono di imputare alla Crédit Agricole i comportamenti delle altre banche, ai quali, secondo la decisione impugnata, essa non ha partecipato direttamente, diversi da quelli considerati ai punti 409 e 410 supra, senza disattendere la giurisprudenza citata al precedente punto 360.

416    Le ricorrenti sostengono correttamente che la Commissione non stabilisce alcun nesso tra, da un lato, lo specifico contesto in cui gli operatori svolgono la propria attività, ricordato al punto 458 della decisione impugnata, ossia il fatto che essi sono registrati e controllati, che i contatti sono esclusivamente bilaterali, che utilizzano un linguaggio codificato e che si contattano reciprocamente in modo regolare, sempre per il medesimo tipo di operazioni, e, dall’altro, la conoscenza che la Crédit Agricole aveva o avrebbe dovuto avere dei comportamenti delle altre banche relativi alle strategie e alle intenzioni in materia di fissazione dei prezzi alle quali essa non ha partecipato.

417    A tal proposito, la Commissione sostiene che il punto 458 della decisione impugnata doveva essere letto in combinato disposto con i punti da 459 a 464 della stessa. Tuttavia, occorre rilevare, anzitutto, che le motivazioni esposte ai punti da 459 a 462 della decisione impugnata potrebbero supportare, tutt’al più, il fatto che gli operatori avrebbero dovuto essere al corrente del coinvolgimento delle altre banche in comportamenti volti a manipolare i tassi Euribor, ma non in comportamenti consistenti in scambi riguardanti le strategie o le intenzioni in materia di fissazione dei prezzi.

418    In primo luogo, la constatazione, contenuta al punto 459 della decisione impugnata, secondo la quale, tramite i loro contatti bilaterali, gli operatori sapevano che gli operatori di altre banche erano disposti a partecipare al medesimo tipo di comportamenti collusivi riguardo agli elementi di fissazione dei prezzi e ad altre condizioni di negoziazione degli EIRD, è valida, per quanto concerne la Crédit Agricole, soltanto per gli scambi relativi alle manipolazioni dell’Euribor (v. punti da 403 a 408 supra). Per contro, in nessuna delle conversazioni bilaterali relative alle strategie di fissazione dei prezzi, l’operatore della Barclays ha rivelato all’operatore della Crédit Agricole che gli altri operatori partecipavano a siffatti scambi o che le stesse informazioni sarebbero state scambiate con gli altri operatori.

419    In secondo luogo, il riferimento, contenuto al punto 460 della decisione impugnata, alla «conoscenza generale diffusa» tra gli attori del mercato del fatto che il processo di determinazione dei tassi di riferimento era dichiarativo e che, di conseguenza, i tassi comunicati potevano essere variati dalle banche membri del panel in funzione del loro interesse al momento della comunicazione, quand’anche dimostrata, è rilevante solo per quanto riguarda le pratiche volte a manipolare i suddetti tassi di riferimento. Lo stesso vale, supposto che sia rilevante per accertare il coinvolgimento delle altre banche nelle pratiche collusive, per la circostanza rilevata ai punti 461 e 462 della decisione impugnata, secondo la quale gli operatori non potevano ignorare che, se più banche avessero modificato le loro offerte nello stesso giorno e per la medesima scadenza dell’Euribor, l’impatto potenziale sul tasso di interesse di riferimento sarebbe aumentato proporzionalmente al numero di banche coinvolte, ragion per cui il grado di successo delle pratiche collusive dipendeva, in larga misura, dal coinvolgimento di un maggior numero di banche. Per contro, non si può stabilire alcun nesso tra il processo di determinazione del livello dell’Euribor attraverso i tassi comunicati dai membri del panel, oggetto di tali affermazioni, e i comportamenti di cui al punto 358, lettera g), della decisione impugnata e concernenti gli scambi riguardanti le intenzioni e le strategie in materia di fissazione dei prezzi, quali i «runs» o i «mids».

420    Inoltre, i fatti rilevati al punto 463 della decisione impugnata, secondo i quali, per prima cosa, gli operatori delle banche interessate erano attivi nel settore degli EIRD da diversi anni, inoltre i contatti bilaterali avevano avuto luogo con gli operatori delle banche che figuravano tra i principali attori del mercato e, infine, gli operatori non si mostravano sorpresi quando venivano contattati in vista di un’azione concertata, sono irrilevanti al fine di acclarare la conoscenza dei comportamenti ai quali la Crédit Agricole non ha direttamente partecipato. Peraltro, come sostengono le ricorrenti, la conoscenza della «potenza della rete che stava alle spalle dell’operatore che intratteneva con loro discussioni anticoncorrenziali», alla quale fa altresì riferimento il punto 463 della decisione impugnata, si basa su una mera speculazione che non è suffragata da alcun elemento di prova di una tale conoscenza da parte della Crédit Agricole dell’esistenza e della potenza di una siffatta rete e che non può essere dedotta dallo scambio del 14 febbraio 2007 tra l’operatore della Crédit Agricole e l’operatore della Barclays, addotto dalla Commissione a sostegno di detta conclusione. Infatti, è vero che da tale scambio risulta che l’operatore della Crédit Agricole è stato messo al corrente del coinvolgimento della Deutsche Bank nei tentativi di manipolazione dei tassi e dell’intenzione dell’operatore della Barclays di coinvolgervi ulteriori banche (v. punti da 406 a 408 supra). Tuttavia, non se ne può dedurre che egli fosse così venuto a conoscenza del coinvolgimento delle altre banche in comportamenti diversi da quelli diretti alla manipolazione dei tassi e, ancor meno, dell’esistenza di una rete di contatti destinata allo scambio di informazioni sensibili sulle strategie o sulle intenzioni in materia di fissazione dei prezzi.

421    Infine, la circostanza evidenziata dalla Commissione al punto 465 della decisione impugnata, secondo la quale le registrazioni degli operatori facilitano l’individuazione, da parte della banca, del comportamento illecito dei suoi dipendenti, riguarda tutt’al più la questione se possano esserle imputati i comportamenti cui hanno partecipato i suoi operatori, questione che è stata respinta nell’ambito dell’esame dell’ottavo motivo (v. punto 350 supra). Tuttavia, come risulta dal punto 413 supra, nessun elemento di prova derivante dalle eventuali registrazioni degli scambi bilaterali tra l’operatore della Barclays e gli operatori della Crédit Agricole e concernente informazioni relative alle strategie o alle intenzioni in materia di fissazione dei prezzi consente di ritenere che tali scambi eccedessero gli scambi bilaterali e facessero parte di un «piano d’insieme» al quale partecipavano altre banche.

422    La Commissione pare inoltre sostenere che, poiché tutti i comportamenti di cui trattasi perseguivano il medesimo obiettivo (questione oggetto del quinto motivo), il fatto di aver dimostrato che la Crédit Agricole era o avrebbe dovuto essere al corrente del coinvolgimento delle altre banche in comportamenti volti a manipolare il tasso Euribor era sufficiente per giungere alla medesima conclusione in merito alla conoscenza da parte della Crédit Agricole della partecipazione delle altre banche agli altri comportamenti.

423    Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta che l’accertamento dell’esistenza di un’infrazione unica è distinto dalla questione se la responsabilità per tale infrazione nel suo complesso sia imputabile a un’impresa (sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 174). Inoltre, la semplice identità di oggetto tra un accordo cui un’impresa abbia partecipato e un’intesa globale non è sufficiente per imputare all’impresa in questione la partecipazione a tale intesa globale. Infatti, occorre ricordare che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE si applica solo se tra le parti interessate sussiste una comune volontà. L’impresa in questione deve pertanto conoscere la portata generale e le caratteristiche fondamentali dell’intesa globale (v. sentenza del 10 ottobre 2014, Soliver/Commissione, T‑68/09, EU:T:2014:867, punti 62 e 64 e giurisprudenza ivi citata).

424    Ne consegue che, nel caso di specie, non è possibile imputare alla Crédit Agricole la responsabilità per l’insieme dei comportamenti illeciti rientranti nell’infrazione unica, ivi compresi gli scambi concernenti le strategie e le intenzioni in materia di fissazione dei prezzi ai quali essa non ha direttamente partecipato, per il solo fatto che, da un lato, era venuta a conoscenza dei comportamenti delle altre banche relativi alla manipolazione del tasso Euribor e che, dall’altro, siffatte pratiche perseguivano il medesimo obiettivo di quelle concernenti le strategie e le intenzioni in materia di fissazione dei prezzi.

425    Di conseguenza, si deve concludere che il fascio di indizi sui quali si fonda la Commissione, valutato nell’insieme e unitamente alle prove dirette della conoscenza dei comportamenti illeciti pianificati o attuati da altre imprese consistenti in tentativi di manipolazione dell’Euribor, esaminate ai precedenti punti da 402 a 412, non corrisponde a prove serie, precise e concordanti atte a dimostrare inequivocabilmente che la Crédit Agricole era al corrente del fatto che gli scambi intrattenuti con la Barclays in merito alle intenzioni e alle strategie in materia di fissazione dei prezzi eccedevano l’ambito bilaterale e facevano parte di un piano d’insieme che coinvolgeva anche altre banche o che essa poteva ragionevolmente prevederlo e accettarne il rischio.

426    In considerazione di quanto precede, occorre concludere che la partecipazione della Crédit Agricole a un’infrazione unica poteva essere affermata solo in relazione, da un lato, ai suoi specifici comportamenti a titolo di detta infrazione e, dall’altro, ai comportamenti delle altre banche rientranti nei tentativi di manipolazione del tasso Euribor.

427    A tal riguardo, occorre altresì ricordare che la Corte ha dichiarato che una separazione di una decisione della Commissione che qualifichi un’intesa globale come infrazione unica e continuata è possibile qualora, da un lato, detta impresa sia stata posta nella condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di comprendere che le veniva altresì contestato ciascuno dei comportamenti che componevano l’infrazione e, quindi, di difendersi su tale punto, e qualora, dall’altro, la decisione stessa sia sufficientemente chiara al riguardo (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 46). Nel caso di specie, la Commissione ha chiaramente operato una distinzione, sia nella comunicazione degli addebiti sia nella decisione impugnata (v. punto 15 supra), tra i diversi comportamenti contestati alle banche partecipanti all’intesa, tra le quali la Crédit Agricole, che componevano l’infrazione unica e continuata. In aggiunta, come ricordato, in sostanza, al punto 363 supra, risulta, in particolare, dai punti 365, 387, 393 e 442 della decisione impugnata che la Commissione ha ritenuto che tali comportamenti mirassero a restringere la concorrenza non solo collettivamente, ma anche su base individuale.

428    Le ricorrenti possono quindi legittimamente sostenere, nell’ambito del sesto motivo, che la Commissione ha erroneamente imputato alla Crédit Agricole altri comportamenti rispetto a quelli individuati al precedente punto 426. Pertanto, la prima parte del sesto motivo è parzialmente fondata.

[omissis]

B.      Sulla domanda di annullamento dell’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata e sulla domanda di riduzione dell’ammenda

[omissis]

1.      Sulla domanda di annullamento dellarticolo 2, lettera a), della decisione impugnata

[omissis]

a)      Sullutilizzo delle entrate in denaro attualizzate al fine di calcolare il valore delle vendite

[omissis]

2)      Sulla determinazione del fattore di riduzione del 98,849% applicato dalla Commissione

[omissis]

i)      Sul rispetto dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda la determinazione, nella decisione impugnata, del fattore di riduzione

[omissis]

512    In considerazione di quanto precede, occorre constatare che la decisione impugnata è viziata da una carenza di motivazione per quanto riguarda la determinazione del fattore di riduzione al 98,849%.

513    Tuttavia, la presente censura nell’ambito della quarta parte del nono motivo potrebbe rivelarsi infondata qualora si appurasse che la Commissione aveva posto rimedio alla carenza di motivazione in tal modo constatata adottando la decisione di modifica (v. punti da 21 a 23 supra). Pertanto, occorre esaminare i motivi dedotti dalle ricorrenti nell’ambito della memoria di adattamento diretta a contestare l’adozione di quest’ultima decisione da parte della Commissione.

ii)    Sulla decisione di modifica

[omissis]

516    A tal riguardo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non era competente a sanare la carenza di motivazione della decisione impugnata, constatata dal Tribunale nella sentenza del 24 settembre 2019, HSBC Holdings e a./Commissione (T‑105/17, EU:T:2019:675), mediante la decisione di modifica.

517    Le ricorrenti sottolineano che, sebbene la Commissione possa, in linea di principio, modificare una decisione dopo la sua adozione, essa non è invece competente ad adottare, come nel caso di specie, una decisione che corregga o integri la motivazione carente della decisione impugnata nel corso del procedimento giurisdizionale diretto all’annullamento di tale decisione, senza adottare nuovamente un dispositivo di quest’ultima decisione. L’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione di modifica s’imporrebbe a maggior ragione in quanto essa addurrebbe, in realtà, una motivazione diversa da quella della decisione impugnata.

518    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti e ritiene di poter adottare, nel rispetto delle forme e delle procedure previste al riguardo dal Trattato, la decisione di modifica per integrare la motivazione della decisione impugnata, spiegando ulteriormente il metodo utilizzato per determinare il fattore di riduzione, senza modificarlo. A suo avviso, la giurisprudenza relativa all’impossibilità di regolarizzare la motivazione carente di una decisione individuale nell’ambito del procedimento contenzioso non è applicabile nel caso di specie. Poiché l’adozione della decisione di modifica ha offerto alle ricorrenti la possibilità di adeguare il loro atto introduttivo di ricorso al fine di contestare la validità del metodo in questione, i loro diritti procedurali sarebbero stati in tal modo salvaguardati e il Tribunale potrebbe esercitare pienamente il suo sindacato giurisdizionale.

519    A tal proposito, occorre rilevare, al pari della Commissione, che il suo potere di adottare un determinato atto deve necessariamente comprendere il potere di modificare tale atto, nel rispetto delle disposizioni relative all’esercizio della sua competenza nonché nel rispetto delle forme e delle procedure previste al riguardo dal Trattato (sentenza del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione, T‑91/10, EU:T:2014:1033, punto 108), il che è stato ammesso dalle ricorrenti.

520    Tuttavia, si deve rilevare, al pari delle ricorrenti, che dal dispositivo della decisione di modifica, nonché dai suoi punti da 11 a 13, risulta espressamente che quest’ultima mira unicamente a integrare la motivazione della decisione impugnata senza modificarne il dispositivo e che, pertanto, l’articolo 1, lettera a), e l’articolo 2, lettera a), della stessa «restano in vigore».

521    Da quanto precede risulta che, adottando la decisione di modifica, la Commissione non ha provveduto ad adottare una decisione che modificasse il dispositivo della decisione impugnata, ma si è limitata a completare la motivazione asseritamente sottesa al dispositivo adottato nella decisione impugnata, come essa sostanzialmente conferma dinanzi al Tribunale (v. punto 518 supra).

522    Ne consegue che la decisione di modifica non può essere considerata come una nuova decisione che modifica la decisione impugnata ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 519, ma deve essere considerata come una motivazione complementare fornita dalla convenuta nell’ambito del procedimento giurisdizionale. Orbene, secondo una costante giurisprudenza, in linea di principio, la motivazione deve essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio. L’assenza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato prenda conoscenza dei motivi della decisione nel corso del procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione (sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 149; del 19 luglio 2012, Alliance One International e Standard Commercial Tobacco/Commissione, C‑628/10 P e C‑14/11 P, EU:C:2012:479, punto 74, e del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione (T‑95/15, EU:T:2016:722, punto 46).

523    Non sussiste né un diritto delle istituzioni dell’Unione di regolarizzare dinanzi al giudice dell’Unione le loro decisioni insufficientemente motivate, né un obbligo di quest’ultimo di tener conto di spiegazioni supplementari fornite solo nel corso del procedimento dall’autore dell’atto in questione per valutare l’osservanza dell’obbligo di motivazione. Un simile stato del diritto rischierebbe di confondere la ripartizione delle competenze tra l’amministrazione e il giudice dell’Unione, di indebolire il controllo di legittimità e di compromettere l’esercizio del diritto di ricorso (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione/Di Bernardo, C‑114/19 P, EU:C:2020:457, punto 58).

524    Precisazioni fornite dall’autore di una decisione impugnata, nel corso del procedimento contenzioso, intese a integrare una motivazione già di per sé sufficiente, non sono propriamente riconducibili all’osservanza dell’obbligo di motivazione, ancorché possano essere utili per il controllo interno della motivazione della decisione, esercitato dal giudice dell’Unione, in quanto consentano all’istituzione di esporre le ragioni addotte a fondamento della sua decisione. Pertanto, spiegazioni aggiuntive, che vadano oltre le prescrizioni derivanti dall’obbligo di motivazione, possono consentire alle imprese di conoscere in maniera circostanziata le modalità di calcolo dell’importo dell’ammenda loro irrogata e, in via più generale, contribuire alla trasparenza dell’azione amministrativa e agevolare l’esercizio da parte del Tribunale della sua competenza anche di merito, consentendo allo stesso di valutare, oltre alla legittimità della decisione impugnata, la congruità dell’ammenda irrogata. Sennonché tale facoltà non può modificare l’ampiezza delle prescrizioni che discendono dall’obbligo di motivazione (v., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2000, Cascades/Commissione, C‑279/98 P, EU:C:2000:626, punti 45 e 47).

525    Nel caso di specie, come risulta dal precedente punto 512, la decisione impugnata è viziata da una carenza di motivazione per quanto riguarda la determinazione del fattore di riduzione. La Commissione non ha fatto valere l’esistenza di nessuna circostanza volta a dimostrare che essa si sarebbe trovata nell’impossibilità pratica di motivare adeguatamente sul piano giuridico la decisione impugnata e che consentisse di accettare, in via eccezionale, una motivazione supplementare fornita nel corso del procedimento giurisdizionale (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione/Di Bernardo, C‑114/19 P, EU:C:2020:457, punto 59). Pertanto, e senza che sia necessario esaminare se il metodo esposto in modo più dettagliato nella decisione di modifica fosse effettivamente quello sotteso alla decisione impugnata e, di conseguenza, adottare la misura istruttoria proposta dalla Commissione, si deve ritenere che, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti da 522 a 524 supra, la motivazione supplementare della decisione impugnata fornita dalla Commissione nel corso del procedimento non possa essere accettata.

526    In tali circostanze, accogliendo le censure dedotte dalle ricorrenti nell’ambito del primo motivo della memoria di adattamento, occorre respingere la motivazione supplementare fornita dalla decisione di modifica nel corso del procedimento, senza che sia necessario esaminare le domande, le censure e i motivi ulteriori dedotti dalle ricorrenti nell’ambito di tale memoria o adottare la misura di organizzazione del procedimento da esse proposta, riguardando quest’ultima la fondatezza delle affermazioni contenute nella decisione di modifica in merito alla determinazione del fattore di riduzione.

527    Da tutto quanto precede risulta che la censura vertente sulla carenza di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda la determinazione del fattore di riduzione è fondata.

b)      Sullincoerenza dei metodi per il calcolo dei valori delle vendite utilizzati dalle banche e sulla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento a causa del mancato controllo al riguardo da parte della Commissione

[omissis]

2)      Sulla censura relativa alla violazione del principio di buona amministrazione a causa di una verifica insufficiente dei dati forniti dalle banche

557    Nell’ambito della seconda parte del nono motivo, le ricorrenti contestano alla Commissione di aver violato il principio di buona amministrazione, in quanto non ha controllato la coerenza delle risposte al questionario sul valore delle vendite e non ha adottato nessun provvedimento istruttorio complementare alla ricezione dei dati per verificare il rispetto del principio della parità di trattamento.

558    La Commissione sostiene di aver adottato «tutte le precauzioni per evitare divergenze tra i valori comunicati dalle banche», nei limiti in cui ha sottoposto la medesima richiesta di informazioni precisa e dettagliata a tutte le parti, ha assicurato il coordinamento e ha preteso che le risposte fossero accompagnate da una nota metodologica e che un audit esterno indipendente certificasse l’esattezza dei calcoli presentati.

559    A tal riguardo, occorre ricordare che non esiste un obbligo generale per la Commissione di verificare le informazioni fornite in risposta a una richiesta di informazioni in assenza di indizi che segnalino l’inesattezza di tali informazioni (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Spira/Commissione, T‑108/07 e T‑354/08, EU:T:2013:367, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

560    Nel caso di specie, si deve rilevare che diversi indizi ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 559 avrebbero dovuto indurre la Commissione a dubitare della sufficiente uniformità dei metodi seguiti dalle banche interessate per fornire i dati richiesti.

561    In primo luogo, la Commissione non contesta il fatto di essere stata avvisata dalle parti delle difficoltà da queste ultime riscontrate nel rispondere al questionario. Peraltro, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la circostanza dedotta dalle ricorrenti, secondo la quale la Société Générale (punto 703 della decisione impugnata, v. punto 11 supra) e la JP Morgan (punto 680 della decisione impugnata) hanno presentato spontaneamente dati che sono stati corretti mediante revisioni significative apportate ai dati inizialmente presentati, dimostra l’esistenza di dette difficoltà. Va rilevato che tali dati riveduti sono stati accettati dalla Commissione.

562    In secondo luogo, le ricorrenti evidenziano altrettanto correttamente le differenze tra le note metodologiche fornite da ciascuna delle banche interessate, sia per la loro considerevole differenza di lunghezza sia per l’eterogeneità del livello di informazioni fornite dalle banche.

563    In terzo luogo, le ricorrenti sottolineano le incongruenze tra gli importi nozionali dichiarati dalle banche interessate quale indizio delle incoerenze nei dati presentati dalle parti in risposta alla richiesta di informazioni. È vero che, come constatato dalla Commissione al punto 700 della decisione impugnata, essa non ha basato, nel caso di specie, il valore delle vendite sugli importi nozionali, bensì sulle entrate in denaro. Tuttavia, dalla relazione sul valore delle vendite risulta che gli importi nozionali e le entrate in denaro presentati dalle varie banche non appaiono coerenti tra loro. Ne consegue che il livello degli importi nozionali non è del tutto irrilevante quale indizio di un’incoerenza nei metodi seguiti per rispondere alla richiesta di informazioni della Commissione, anche per quanto riguarda la determinazione delle entrate in denaro delle banche.

564    In tale contesto, occorre altresì rilevare che, in sede di udienza, le ricorrenti avevano richiamato l’attenzione della Commissione sull’esistenza di talune contraddizioni nelle risposte delle altre parti alle richieste di informazioni (v. punti 58 e 60 supra).

565    In presenza di siffatti indizi, spettava alla Commissione proseguire la sua indagine, nel rispetto del principio di buona amministrazione e, in particolare, del suo obbligo di procedere a un esame diligente, al fine di verificare che i dati relativi alle entrate di denaro costituenti una base di calcolo dell’ammenda fossero calcolati secondo metodi sufficientemente uniformi per rispondere in modo adeguato alla richiesta di informazioni.

566    Orbene, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha ammesso di non aver chiesto alle parti alcun chiarimento in merito agli elementi delle loro risposte alla richiesta di informazioni o ai metodi impiegati per calcolare i dati richiesti.

567    Neppure può essere accolto l’argomento della Commissione, nella parte in cui si riferisce alla relazione di audit che accompagnava ciascuna delle risposte delle banche interessate e afferma, in sostanza, che spettava agli auditor verificare l’adeguatezza dei metodi seguiti per rispondere alle richieste di informazioni (punto 678 della decisione impugnata).

568    Risulta infatti dalla sezione I.2. ii) delle istruzioni che accompagnavano la richiesta di informazioni, che i «dati» richiesti dovevano essere verificati da una società di audit o da un auditor e che la risposta doveva essere corredata di un certificato attestante che i «dati» erano stati verificati. Contrariamente a quanto risulta dal punto 678 della decisione impugnata, una siffatta istruzione non può necessariamente essere intesa nel senso che le relazioni o i pareri degli auditor indipendenti dovevano confermare, oltre all’esattezza dei dati forniti, l’adeguatezza del metodo utilizzato per calcolarli al fine di rispondere alla richiesta di informazioni. A tal riguardo, le ricorrenti si basano sulle osservazioni contenute nelle relazioni di audit redatte da una società di audit in relazione ai loro calcoli e su quelle stilate, in particolare, per la banca A, la banca C e la JP Morgan, la cui sostanza non è contestata dalla Commissione. Da dette osservazioni risulta che i revisori indipendenti hanno ritenuto che il loro compito consistesse nel verificare la corretta applicazione del metodo scelto da una banca e non nel rimettere in discussione tale metodo in considerazione della portata della richiesta di informazioni.

569    In considerazione di quanto precede, occorre concludere che, nonostante la presenza di indizi sufficienti per mettere in dubbio l’uniformità dei metodi seguiti dalle banche interessate per calcolare le loro entrate in denaro, la Commissione non ha adottato misure di indagine supplementari, in violazione dell’obbligo che le incombe di procedere a un esame diligente, al quale essa è tenuta in applicazione della giurisprudenza citata al precedente punto 537. Tuttavia, nelle circostanze del caso di specie, una siffatta violazione del principio di buona amministrazione potrebbe comportare l’annullamento della decisione impugnata solo se le ricorrenti dimostrassero che le divergenze metodologiche di cui trattasi hanno avuto come conseguenza che gli importi di base delle ammende inflitte sono stati calcolati in violazione del principio della parità di trattamento.

3)      Sul rispetto del principio della parità di trattamento nel calcolo dell’importo dell’ammenda

570    Le ricorrenti affermano, in sostanza, che una violazione del principio di buona amministrazione ha comportato, nel caso di specie, una violazione del principio di parità di trattamento da parte della Commissione, in quanto, senza ulteriori atti di istruttoria, essa ha determinato gli importi delle ammende tenendo conto di dati che non erano sufficientemente affidabili e coerenti per costituire una base per il calcolo delle ammende.

571    Tuttavia, le ricorrenti non dimostrano che, nel caso di specie, l’applicazione, da parte delle banche, di metodi diversi per calcolare le loro entrate in denaro, accettati dalla Commissione, abbia indotto quest’ultima a fondarsi su dati non comparabili da una banca all’altra e dunque a determinare l’importo dell’ammenda inflitta alla Crédit Agricole in violazione del principio della parità di trattamento.

572    Infatti, in primo luogo, occorre ricordare che, secondo la Commissione, l’esistenza delle divergenze riguardanti, anzitutto, la portata dei flussi presi in considerazione dalla banca A, in quanto quest’ultima ha escluso dai suoi calcoli la «gamba fissa» di un contratto swap quando quest’ultimo comprendeva sia una «gamba fissa» sia una «gamba variabile», poi, la portata delle compensazioni (netting) tra i flussi pagati e ricevuti sulle operazioni e, infine, l’esclusione dei prodotti «esotici», aveva un impatto solo trascurabile sul risultato dei calcoli delle entrate in denaro e, quindi, sulla determinazione del valore delle vendite (v. punti 549, 551 e 554 supra).

573    Le ricorrenti contestano che l’impatto delle divergenze metodologiche sul livello delle entrate in denaro sia solo trascurabile.

574    Sotto un primo profilo, esse ritengono che la constatazione della Commissione, nella decisione impugnata, secondo la quale l’impatto del metodo seguito dalla Banca A sul valore delle sue entrate in denaro per quanto riguarda l’esclusione delle gambe fisse nel caso di contratti aventi al contempo una «gamba fissa» e una «gamba variabile» era pari soltanto allo 0,1% e, di conseguenza, era trascurabile, non è verificabile. Esse affermano, in sostanza, che l’accesso ai dati finanziari delle altre parti da esse ottenuto tramite la procedura di sala dati non era sufficiente per consentire loro di effettuare, al pari della Commissione, siffatti calcoli, tenuto conto dell’esclusione degli esperti della Crédit Agricole dall’accesso ai dati di cui trattasi e del tempo limitato di accesso.

575    A tal riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che la Commissione ha calcolato l’impatto del metodo applicato dalla banca A sul valore delle sue entrate in denaro allo 0,1% basandosi sui fogli di calcolo contenenti taluni codici, presentati da tale banca in occasione della sua risposta alla richiesta di informazioni (punto 685 della decisione impugnata). I consulenti legali ed economici delle ricorrenti avevano avuto accesso a tali documenti nell’ambito della procedura di sala dati (v. nota 720 della decisione impugnata).

576    Inoltre, da un lato, dall’esame delle censure relative al diniego di accesso ai dati relativi al valore delle vendite risulta che la Commissione non ha violato i diritti della difesa delle ricorrenti istituendo un sistema di accesso misto ai dati in questione, consistente nel consentire l’accesso ai dati riservati ai soli consulenti esterni della Crédit Agricole mediante la procedura di sala dati (v. punti da 173 a 180 supra). Dall’altro lato, se le ricorrenti ritenevano che il tempo di accesso così accordato ai consulenti esterni non fosse sufficiente, nulla impediva loro di inoltrare ai servizi della Commissione o al consigliere-auditore una richiesta di proroga del termine di accesso o una richiesta di accesso supplementare seguendo la medesima procedura. Orbene, esse non hanno presentato una siffatta richiesta.

577    Gli argomenti dedotti dalle ricorrenti non sono quindi idonei a rimettere in discussione la constatazione della Commissione, nella decisione impugnata, secondo la quale l’impatto dello 0,1% sul valore delle entrate in denaro della banca A era trascurabile.

578    Sotto un secondo profilo, quanto alle differenze tra i metodi di compensazione, si deve rilevare, anzitutto, che le ricorrenti non contestano che la compensazione giornaliera, come applicata dalla Crédit Agricole, costituisca una norma sul mercato. Inoltre, le ricorrenti non cercano neppure di dimostrare che l’applicazione di una compensazione mensile anziché giornaliera avrebbe avuto un impatto significativo sui loro dati relativi alle entrate in denaro.

579    Peraltro, le ricorrenti ritengono che la conclusione della Commissione, contenuta al punto 702 della decisione impugnata, secondo la quale il fatto che le banche abbiano seguito metodi di compensazione diversi non ha determinato differenze significative né ha causato una disparità di trattamento, sia contraddetta dalla circostanza che l’ammenda inflitta alla Société Générale è stata dimezzata nell’ambito della decisione di modifica.

580    Tuttavia, da un lato, dal punto 703 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha adottato una decisione che modifica la decisione di transazione nei confronti della Société Générale quando quest’ultima l’ha informata di non aver proceduto alla compensazione per una parte sostanziale delle sue operazioni, e non perché essa avrebbe riveduto i suoi dati applicando un altro metodo di compensazione. Dall’altro lato, dal punto 702 della decisione impugnata emerge che i risultati dei calcoli effettuati dalla banca C seguendo entrambi i metodi (vale a dire la compensazione giornaliera e la compensazione mensile) mostrano una differenza dello 0,4% circa. Le ricorrenti non contestano il carattere trascurabile di una tale differenza.

581    Sotto un terzo profilo, si deve rilevare, al pari della Commissione, che le ricorrenti non deducono alcun argomento volto a contestare le spiegazioni della banca A, esposte al punto 694 della decisione impugnata, relative all’impatto trascurabile dell’esclusione, da parte di quest’ultima, dei prodotti «esotici» dai suoi calcoli.

582    Sotto un quarto profilo, le ricorrenti si basano altresì sui dati riveduti, presentati alla Commissione il 14 ottobre 2016, calcolati secondo quello che esse ritenevano fosse il metodo seguito dalla banca A, vale a dire la «neutralizzazione» della «gamba fissa» e l’esclusione dei prodotti «esotici».

583    A tal riguardo, occorre rilevare che, al punto 687 della decisione impugnata, la Commissione ha motivato il rifiuto di accettare i dati riveduti presentati dalla Crédit Agricole, precisando che il metodo seguito da quest’ultima per presentare tali dati era inappropriato e che detti dati erano inesatti. La Commissione ha rilevato in proposito che il metodo proposto non corrispondeva né alle istruzioni della richiesta di informazioni né al metodo seguito dalla banca A e che esso era stato presentato senza conferma da parte dell’auditor. Secondo la Commissione, le ricorrenti avevano segnatamente escluso dai loro calcoli le entrate in denaro relative alla «gamba fissa» degli swap, senza tuttavia rivedere gli importi delle entrate in denaro ottenuti mediante compensazione tra la «gamba variabile» e la «gamba fissa», il che avrebbe quindi comportato entrate in denaro inferiori. La Commissione ha concluso che l’impatto del metodo proposto dalla Crédit Agricole sulle sue entrate in denaro sarebbe pari a circa il 43%, ragion per cui esso condurrebbe a differenze significative. Tali elementi sono sufficienti per consentire alle ricorrenti di comprendere le motivazioni che hanno indotto la Commissione a rifiutare di accettare i dati riveduti e al Tribunale di esercitare il suo sindacato giurisdizionale ai sensi della giurisprudenza citata al punto 255 supra. La censura relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione deve essere pertanto respinta in quanto infondata.

584    Occorre inoltre rilevare che, secondo la Commissione (punto 687 della decisione impugnata), l’impatto del metodo seguito sui dati della Crédit Agricole è pari al 43%, il che parimenti risulta sostanzialmente dalla domanda presentata dalle ricorrenti al Tribunale diretta a ridurre a tale livello, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, l’importo dell’ammenda inflitta alla Crédit Agricole.

585    Anche supponendo che le ricorrenti tentino in tal modo di dimostrare che l’impatto del metodo seguito dalla banca A sui loro propri dati relativi alle entrate in denaro non era trascurabile, e non a ottenere l’applicazione nei loro confronti del metodo seguito dalla banca A (v. punto 588 infra) tale argomento non può comunque essere accolto. Infatti, da un lato, è pacifico tra le parti che il metodo applicato dalla banca A non è conforme alla richiesta di informazioni.

586    Dall’altro lato, e in ogni caso, le ricorrenti non dimostrano che il metodo da esse seguito per presentare detti dati riveduti fosse quello applicato dalla banca A. A tal riguardo, esse non contestano in alcun modo la constatazione della Commissione esposta al punto 687 della decisione impugnata (v. punto 583 supra) e non tentano nemmeno di dimostrare che la «neutralizzazione» delle «gambe fisse» riceventi, alla quale esse avrebbero proceduto al fine di calcolare i dati riveduti, derivasse dalla sola esclusione della «gamba fissa» dei contratti swap aventi sia una «gamba fissa» sia una «gamba variabile», come nel metodo seguito dalla banca A, e non anche dalla compensazione delle «gambe fisse» pagatrici con le «gambe variabili» riceventi, come rilevato, in sostanza, dalla Commissione al punto 687 della decisione impugnata.

587    Occorre pertanto concludere che le ricorrenti non dimostrano che la Commissione abbia erroneamente ritenuto che le divergenze nei metodi applicati dalle banche per calcolare le loro entrate in denaro abbiano dato luogo a divergenze nei dati presentati, che sono trascurabili. Orbene, siffatte divergenze trascurabili non sono tali da comportare una violazione del principio della parità di trattamento, in quanto non conducono a prendere in considerazione valori non comparabili per il calcolo dell’importo delle ammende.

588    In secondo luogo, tenuto conto del fatto che il metodo seguito dalla banca A per calcolare le entrate in denaro non corrisponde alla richiesta di informazioni, non può essere accolto l’argomento delle ricorrenti secondo il quale il rispetto del principio della parità di trattamento avrebbe dovuto indurre la Commissione a consentire loro di presentare i dati calcolati secondo il metodo applicato dalla banca A o ad accettare i dati riveduti presentati il 14 ottobre 2006. A tal riguardo, è sufficiente ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, il principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio della legalità, in base al quale nessuno può invocare, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri (v. sentenza del 16 giugno 2016, Evonik Degussa e AlzChem/Commissione, C‑155/14 P, EU:C:2016:446, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, l’argomento delle ricorrenti equivale, in realtà, ad esigere che la Commissione applichi nei loro confronti un metodo non conforme alla richiesta di informazioni.

589    Ne consegue che le ricorrenti non hanno dimostrato che, nel caso di specie, l’accettazione da parte della Commissione di dati calcolati secondo metodi divergenti abbia indotto quest’ultima a prendere in considerazione dati relativi alle entrate in denaro non comparabili e dunque a calcolare l’ammenda inflitta alla Crédit Agricole in violazione del principio della parità di trattamento nei confronti di quest’ultima. Si deve quindi rigettare tale censura e, pertanto, respingere la seconda censura della prima parte del nono motivo e la seconda parte di tale motivo.

[omissis]

2.      Sulla domanda di riduzione dellimporto dellammenda

[omissis]

657    Nel caso di specie, benché sia stata accolta la domanda presentata in via principale, diretta all’annullamento dell’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata, il Tribunale ritiene di poter esercitare la propria competenza estesa al merito nei limiti in cui il problema dell’importo dell’ammenda è stato sottoposto alla sua valutazione, anche se la domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda è stata presentata in subordine rispetto alla domanda di annullamento dell’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione, T‑827/14, EU:T:2018:930, punti da 551 a 562).

[omissis]

662    Nel caso di specie, al fine di determinare l’importo dell’ammenda destinata a sanzionare il comportamento illecito della Crédit Agricole, quale risulta dall’esame dei primi otto motivi, occorre tenere conto delle seguenti circostanze.

663    In primo luogo, per quanto riguarda la gravità e la durata dell’infrazione, si deve rilevare quanto segue.

664    Sotto un primo profilo, risulta opportuno utilizzare il metodo che, come quello seguito nel caso di specie dalla Commissione, individua in un primo tempo un importo di base dell’ammenda che può essere, in un secondo tempo, adeguato in funzione delle particolari circostanze del caso di specie.

665    Anzitutto, per quanto riguarda il valore delle vendite quale dato iniziale, occorre tenere conto, come valore sostitutivo di tale valore, le entrate in denaro ridotte. Infatti, come risulta dall’esame della prima parte del nono motivo, il valore delle entrate in denaro ridotte può costituire, nel caso di specie, un punto di partenza adeguato al fine di determinare l’importo dell’ammenda, nella misura in cui siffatto valore rispecchia la rilevanza economica dell’infrazione e il peso dell’impresa nell’infrazione.

666    A tal riguardo, è vero che, nell’ambito dell’esame della prima parte del nono motivo, è stato constatato che la determinazione delle entrate in denaro da parte delle banche aveva dato luogo, in taluni casi, ad approcci diversi. Tuttavia, come risulta dal precedente punto 571, da tali divergenze non è derivata alcuna violazione del principio della parità di trattamento.

667    Inoltre, il Tribunale ritiene che un altro metodo di calcolo delle entrate in denaro, come quello seguito dalle ricorrenti per determinare i dati riveduti presentati alla Commissione il 14 ottobre 2006, non sarebbe più appropriato per stabilire le entrate in denaro. Invero, un metodo che comporti l’esclusione delle «gambe fisse» dei contratti aventi sia una «gamba fissa» sia una «gamba variabile», l’esclusione dei prodotti «esotici» o l’applicazione di una compensazione mensile anziché giornaliera non è più appropriato per determinare, nel caso di specie, il valore delle vendite in relazione all’infrazione sanzionata e rispecchiare quindi in modo adeguato la realtà e la portata economica di quest’ultima nonché la posizione delle imprese in tale infrazione. Infatti, anzitutto, per quanto riguarda i contratti EIRD aventi sia una «gamba fissa» sia una «gamba variabile», il flusso di cassa rispecchia la differenza tra il tasso fisso e il tasso variabile alla data di fixing, come risulta dal precedente punto 188. Il Tribunale ritiene che non vi sia motivo di escludere, in particolare, i flussi derivanti da una delle due «gambe» di siffatti EIRD. Non vi è poi alcuna giustificazione per escludere i prodotti «esotici» dai calcoli delle entrate in denaro, dato che anch’essi fanno parte del mercato rilevante degli EIRD. Infine, nel momento in cui le parti concordano sul fatto che la compensazione giornaliera è la norma di mercato, non vi è alcuna circostanza particolare nel caso di specie che giustifichi una deroga ad essa.

668    Tenuto conto di siffatte circostanze, il Tribunale decide di prendere in considerazione, ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, il valore delle entrate in denaro della Crédit Agricole sul quale si è fondata la Commissione nella decisione impugnata.

669    Occorre inoltre rilevare che è pacifico tra le parti che la presa in considerazione, come base per il calcolo dell’ammenda, delle sole entrate in denaro comporterebbe l’irrogazione di un’ammenda troppo dissuasiva. Le parti convengono pertanto sul fatto che è necessario ridurre tali entrate in denaro mediante l’applicazione di un fattore di riduzione.

670    Nella decisione impugnata, la Commissione ha applicato un fattore di riduzione uniforme fissato al 98,849%.

671    Per quanto riguarda la determinazione di tale fattore di riduzione, occorre rilevare che esso è il risultato di un esercizio complesso che riflette una serie di fattori, in particolare la compensazione inerente alla negoziazione di derivati in generale e le caratteristiche specifiche della compensazione di tali prodotti e, più in particolare, degli EIRD. Si tratta quindi di un’approssimazione di un valore costruito. Pertanto, per definizione, non esiste un unico fattore di riduzione possibile, il che è peraltro confermato anche dal fatto che le ricorrenti stesse propongono, nelle loro memorie, diversi fattori di riduzione.

672    Così, ad esempio, secondo uno studio allegato all’atto introduttivo di ricorso, un fattore di riduzione alternativo del 99,849% «potrebbe essere parimenti giustificato». Inoltre, nell’ambito di un altro studio allegato alla memoria adattamento delle conclusioni, le ricorrenti propongono una serie di fattori di riduzione alternativi, calcolati secondo un approccio individualizzato, che vanno dal 99,54% al 99,90%. Tuttavia, senza che occorra pronunciarsi sul valore probatorio di detti studi né sulla fondatezza dei metodi di determinazione di tali fattori di riduzione alternativi proposti dalle ricorrenti, il Tribunale ritiene che l’applicazione di siffatti fattori di riduzione alternativi particolarmente elevati, se non eccessivi, rischierebbe di svuotare di significato la sanzione, rendendola trascurabile e pregiudicando in tal modo la necessità di garantire il carattere sufficientemente dissuasivo dell’ammenda. L’applicazione di simili fattori alternativi di riduzione, raccomandati dalle ricorrenti, condurrebbe quindi all’irrogazione di un’ammenda che non rispecchierebbe né la rilevanza economica dell’infrazione né il peso relativo della Crédit Agricole in tale infrazione.

673    In ogni caso, da un lato, è pacifico tra le parti che il fattore di riduzione è almeno pari al 98,849%. Dall’altro lato, il Tribunale ricorda che la fissazione di un’ammenda nell’esercizio della sua competenza estesa al merito non costituisce un’attività aritmetica precisa.

674    Sotto un secondo profilo, con riferimento alla gravità dell’infrazione, il Tribunale ritiene appropriato prendere in considerazione la natura dell’infrazione, la sua portata geografica e la circostanza che essa sia stata o meno posta in essere.

675    Per quanto riguarda la natura dell’infrazione, i comportamenti di cui trattasi, nei limiti in cui riguardavano i fattori rilevanti per la determinazione dei prezzi degli EIRD, rientrano, per loro natura, tra le restrizioni più gravi della concorrenza. Si deve inoltre rilevare che le pratiche in questione sono particolarmente gravi e dannose in quanto idonee non solo a falsare la concorrenza sul mercato dei prodotti EIRD, ma anche, più in generale, a minare la fiducia nel sistema bancario e nei mercati finanziari nel loro complesso nonché la loro credibilità.

676    Infatti, come rilevato dalla Commissione al punto 721 della decisione impugnata, senza che tali elementi siano contestati dalle ricorrenti, i valori di riferimento di cui trattasi, riflessi nella fissazione dei prezzi degli EIRD, si applicano a tutti i partecipanti al mercato degli EIRD. Tali tassi inoltre, essendo basati sull’euro, assumono una fondamentale importanza per l’armonizzazione delle condizioni finanziarie nel mercato interno e per le attività bancarie negli Stati membri.

677    Per quanto riguarda la portata geografica dell’infrazione, come risulta dai punti 47 e 721 della decisione impugnata, l’intesa riguardava quantomeno l’intero territorio del SEE, cosicché i comportamenti in questione potevano incidere sulle attività bancarie in tutti gli Stati membri.

678    Occorre parimenti tener conto del fatto che gli operatori della Crédit Agricole hanno ammesso di aver attuato i comportamenti concordati con l’operatore della Barclays stabilendo contatti con le persone incaricate di comunicare i tassi della loro banca (v. punto 641 supra).

679    Sotto un terzo profilo, occorre considerare la durata della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione quale risulta dalla decisione impugnata, non essendo stata contestata dalle ricorrenti né inficiata dalla conclusione, esposta al precedente punto 426, riguardante la partecipazione della Crédit Agricole all’infrazione unica di cui trattasi.

680    In secondo luogo, per quanto riguarda le circostanze attenuanti, il Tribunale constata che la Crédit Agricole ha svolto un ruolo meno significativo nell’infrazione rispetto agli attori principali, nello specifico la banca D e la banca A. Parimenti, l’intensità dei contatti ai quali hanno preso parte gli operatori della Crédit Agricole è stata minore rispetto a quella di detti attori principali. Inoltre, non è stato accertato che la Crédit Agricole fosse al corrente o avrebbe potuto ragionevolmente presumere che altre banche partecipavano agli scambi riguardanti le intenzioni e le strategie in materia di fissazione dei prezzi non riconducibili alla prospettiva delle manipolazioni dei tassi.

681    Tuttavia, resta il fatto che la partecipazione della Crédit Agricole ai comportamenti illeciti è stata intenzionale e che le ricorrenti non dimostrano che, nel caso di specie, dovrebbe essere loro riconosciuta la circostanza attenuante relativa alla negligenza. Inoltre, come risulta dal precedente punto 675, i comportamenti di cui trattasi sono caratterizzati da una notevole gravità. Di conseguenza, l’impatto sull’importo finale dell’ammenda delle circostanze attenuanti relative alla minore intensità della partecipazione della Crédit Agricole all’infrazione in questione e alla minore importanza del suo ruolo in tale infrazione rispetto agli attori principali non può che essere marginale.

682    In terzo luogo, l’importo dell’ammenda determinato dal Tribunale tiene debitamente conto della necessità di infliggere alla Crédit Agricole un’ammenda dissuasiva, conformemente ai principi ricordati ai precedenti punti da 618 a 624.

683    Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, il Tribunale ritiene di operare un’equa valutazione delle circostanze del caso di specie alla luce del principio di individualizzazione della sanzione e di proporzionalità della stessa, fissando l’importo dell’ammenda in EUR 110 000 000, ammenda per la quale la Crédit agricole SA e la CACIB sono responsabili in solido.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 2, lettera a), della decisione C(2016) 8530 final della Commissione, del 7 dicembre 2016, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE [caso AT.39914 – Derivati sui tassi di interesse in euro (EIRD)], è annullato.

2)      L’importo dell’ammenda, per la quale la Crédit Agricole SA e la Crédit Agricole Corporate and Investment Bank sono responsabili in solido, è fissato in EUR 110 000 000.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Papasavvas

Kornezov

Buttigieg

Kowalik-Bańczyk

 

      Hesse

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 dicembre 2023.

Firme


Sommario


I. Fatti

C. Fatti successivi alla proposizione del presente ricorso

II. Conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla domanda di annullamento dell’articolo 1, lettera a), della decisione impugnata nonché dell’articolo 2, lettera a), di detta decisione, nella parte in cui quest’ultima domanda si fonda sulla violazione dei diritti della difesa a causa del diniego di accesso al fascicolo

1. Sullo svolgimento del procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione della decisione impugnata (motivi primo e secondo del ricorso e terza parte del nono motivo del ricorso)

b) Sul primo motivo del ricorso, vertente sulla violazione del diritto di accesso a un giudice, del principio di buona amministrazione, dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio

2) Sul rifiuto di rispondere alle domande poste dalle ricorrenti in occasione dell’audizione

d) Sulla violazione dei diritti della difesa a causa del diniego di accesso al fascicolo (quarta parte del secondo motivo e terza parte del nono motivo del ricorso)

2) Sulla richiesta di accesso ai documenti relativi al valore delle vendite

2. Sull’esistenza di un comportamento illecito imputabile alle ricorrenti (terzo, quarto e ottavo motivo del ricorso)

b) Sul terzo motivo del ricorso, relativo alla partecipazione della Crédit Agricole alle pratiche di manipolazione dell’Euribor

2) Sulla contestazione della partecipazione della Crédit Agricole alle pratiche di manipolazione del tasso Euribor

3. Sulla qualificazione come infrazione unica e continuata da parte della Commissione (quinto, sesto e settimo motivo del ricorso)

b) Sul sesto motivo del ricorso, in cui si contesta la conoscenza da parte della Crédit Agricole dell’esistenza di un «piano d’insieme» e la sua intenzione di parteciparvi

1) Sulla conoscenza da parte della Crédit Agricole dell’esistenza di un «piano d’insieme»

i) Sulla conoscenza da parte della Crédit Agricole dei comportamenti illeciti pianificati o attuati da altre imprese consistenti in tentativi di manipolazione dell’Euribor

ii) Sulla conoscenza, da parte della Crédit Agricole, degli altri comportamenti rientranti nell’infrazione unica pianificati o attuati da altre imprese

B. Sulla domanda di annullamento dell’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata e sulla domanda di riduzione dell’ammenda

1. Sulla domanda di annullamento dell’articolo 2, lettera a), della decisione impugnata

a) Sull’utilizzo delle entrate in denaro attualizzate al fine di calcolare il valore delle vendite

2) Sulla determinazione del fattore di riduzione del 98,849% applicato dalla Commissione

i) Sul rispetto dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda la determinazione, nella decisione impugnata, del fattore di riduzione

ii) Sulla decisione di modifica

b) Sull’incoerenza dei metodi per il calcolo dei valori delle vendite utilizzati dalle banche e sulla violazione dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento a causa del mancato controllo al riguardo da parte della Commissione

2) Sulla censura relativa alla violazione del principio di buona amministrazione a causa di una verifica insufficiente dei dati forniti dalle banche

3) Sul rispetto del principio della parità di trattamento nel calcolo dell’importo dell’ammenda

2. Sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda


*      Lingua processuale: il francese.


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.