Language of document : ECLI:EU:C:2016:783

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 19 ottobre 2016 (1)

Causa C‑453/16 PPU

Openbaar Ministerie

contro

Halil Ibrahim Özçelik

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi)]

«Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Articolo 8, paragrafo 1, lettera c) – Nozione di “mandato d’arresto o qualsiasi altra decisione giudiziaria» preliminare al mandato d’arresto europeo»





1.        In riferimento al sistema istituito dalla decisione quadro 2002/584/GAI (2), la Corte ha recentemente evidenziato il requisito imprescindibile secondo cui qualsiasi mandato d’arresto e consegna europeo deve essere preceduto da un distinto mandato d’arresto nazionale o analoga decisione giudiziaria esecutiva.

2.        Tale requisito, desunto, secondo l’interpretazione della Corte, dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro, è soddisfatto nel caso in cui il MA (3) nazionale sia stato emesso dalla polizia dello Stato emittente e convalidato dal pubblico ministero di tale paese? È questa, in sintesi, la questione che il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), in qualità di autorità di esecuzione del MAE (4), sottopone alla Corte con la propria domanda di pronuncia pregiudiziale.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      Trattato UE

3.        Conformemente all’articolo 6 TUE:

«1.      L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la “Carta”] (…), che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati.

I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

2.      L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali [firmata a Roma il 4 novembre 1950; in prosieguo: la “CEDU”]. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei trattati.

3.      I diritti fondamentali, garantiti dalla [CEDU] e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali».

2.      La Carta

4.        L’articolo 47, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale» dispone quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(…)».

3.      Decisione quadro

5.        Il considerando 5 è del seguente tenore:

«L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. (…)».

6.        Ai sensi del considerando 6:

«Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria».

7.        A tenore del considerando 10:

«Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea, constatata dal Consiglio in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso trattato, e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo».

8.        Conformemente all’articolo 1, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione»:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificata per effetto della presente decisione quadro».

9.        Sotto il titolo «Determinazione delle autorità giudiziarie competenti», l’articolo 6 così dispone:

«1.      Per autorità giudiziaria emittente si intende l’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente che, in base alla legge di detto Stato, è competente a emettere un mandato d’arresto europeo.

2.      Per autorità giudiziaria dell’esecuzione si intende l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione che, in base alla legge di detto Stato, è competente dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo.

3.      Ciascuno Stato membro comunica al Segretariato generale del Consiglio qual è l’autorità competente in base al proprio diritto interno».

10.      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, relativo al contenuto e alla forma del mandato d’arresto europeo:

«1.      Il mandato d’arresto europeo contiene le informazioni seguenti, nella presentazione stabilita dal modello allegato:

(…)

c)      indicazione dell’esistenza di una sentenza esecutiva, di un mandato d’arresto o di qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza e che rientri nel campo d’applicazione degli articoli 1 e 2;

(…)».

11.      Per quanto riguarda i rapporti con altri strumenti giuridici, l’articolo 31, paragrafo 1, lettera a), prevede quanto segue:

«1.      Fatta salva la loro applicazione nelle relazioni tra Stati membri e paesi terzi, le disposizioni contenute nella presente decisione quadro sostituiscono, a partire dal 1o gennaio 2004, le corrispondenti disposizioni delle convenzioni seguenti applicabili in materia di estradizione nelle relazioni tra gli Stati membri:

a)      convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, il relativo protocollo addizionale del 15 ottobre 1975, il relativo secondo protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978 e la convenzione europea per la repressione del terrorismo del 27 gennaio 1977 per la parte concernente l’estradizione;

(…)».

B –    Normativa ungherese

12.      Secondo le informazioni trasmesse dal Ministero della Giustizia ungherese al giudice del rinvio il 14 luglio 2016 e le informazioni fornite dal governo della Repubblica di Ungheria, il pubblico ministero è un organo indipendente dal potere esecutivo, il cui titolare è designato dal Parlamento per un periodo di nove anni.

13.      L’articolo 28, paragrafi 3 e 4, del codice di procedura penale ungherese (5) attribuisce al pubblico ministero il compito di ordinare alle autorità competenti (tra cui le forze di polizia) l’apertura delle «indagini», di cui deve controllare la conformità alla legge. Tuttavia, il pubblico ministero può svolgere direttamente le indagini (6). In particolare, esso deve «controllare la legittimità dell’esecuzione dei provvedimenti coercitivi che implicano una restrizione o la privazione della libertà personale disposti nel corso del procedimento penale» (7).

14.      In tale contesto, rientra tra le competenze del pubblico ministero confermare, modificare o annullare un provvedimento di «custodia» adottato dalla polizia. L’articolo 28, paragrafo 4, lettera c), del codice di procedura penale gli consente di «modificare o revocare la decisione dell’autorità incaricata dell’indagine».

15.      L’articolo 126 del codice di procedura penale prevede che una persona può essere sottoposta a «custodia», cioè privata temporaneamente della libertà, qualora vi sia il fondato sospetto che possa avere commesso un reato punito con una pena detentiva e sussistano motivi per ritenere che verrà disposto nei suoi confronti un «arresto provvisorio». La «custodia» può essere ordinata da un giudice, dal pubblico ministero o dall’autorità incaricata delle indagini e non può avere una durata superiore a 72 ore, trascorse le quali l’interessato deve essere rimesso in libertà, salvo che il giudice ne ordini l’«arresto provvisorio».

16.      Ai sensi degli articoli 129 e segg. del codice di procedura penale, spetta esclusivamente ai giudici disporre l’«arresto provvisorio» (con la conseguenza che «il detenuto viene privato giudizialmente della libertà personale, in attesa della pronuncia della decisione finale») (8), che può essere ordinato prima o dopo che il pubblico ministero abbia formulato l’imputazione.

II – Controversia principale e questioni pregiudiziali

17.      Nel contesto del procedimento penale a carico del sig. Halil Ibrahim Özçelik, di nazionalità turca, in data 21 giugno 2016 il Tribunale distrettuale di Veszprém (Ungheria) ha emesso un MAE per chiederne la consegna in quanto autore di due reati commessi in Ungheria e sanzionati penalmente in detto Stato membro (9).

18.      Il sig. Özcelik è attualmente detenuto presso il penitenziario di Zwaag (Paesi Bassi), in attesa della sentenza del Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam).

19.      Il punto 1, lettera b), del formulario allegato al MAE del Tribunale distrettuale di Veszprém menziona quale base di tale mandato il MA (interno) n. 19060/93/2014.bü, spiccato dal Dipartimento di polizia di Ajka (Ungheria) e confermato dal Procuratore della stessa città con provvedimento del 14 giugno 2016.

20.      L’8 luglio 2016 il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) ha chiesto chiarimenti alle autorità ungheresi sulla funzione del pubblico ministero e in particolare sulla sua indipendenza dal potere esecutivo, sulla convalida dei provvedimenti emessi dalla polizia e sui criteri applicati a tale scopo, nonché sugli effetti di tale convalida. Ha inoltre chiesto se la persona che ha confermato un mandato d’arresto emesso della polizia possa successivamente intervenire nel medesimo procedimento in qualità di rappresentante del pubblico ministero.

21.      Nella loro risposta del 14 luglio 2016, le autorità ungheresi hanno sottolineato l’indipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo, il suo compito di controllare che la polizia rispetti i diritti del detenuto, la facoltà del pubblico ministero, in qualità di autorità incaricata delle indagini penali, di modificare o revocare i provvedimenti della polizia, compresi i mandati di arresto, qualora li ritenga incompatibili con la legge o con l’oggetto dell’istruttoria, e la possibilità che il membro del pubblico ministero che ha convalidato un MA nazionale intervenga successivamente nel procedimento penale in qualità di rappresentante di detta autorità.

22.      Tenuto conto di tali informazioni, il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) nutre dubbi sulla questione se un MA nazionale spiccato dalla polizia e successivamente convalidato da un membro del pubblico ministero ungherese possa essere qualificato come «decisione giudiziaria» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro. Pertanto, detto giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’espressione “decisione giudiziaria”, di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro 2002/584/GAI, configuri una nozione di diritto dell’Unione che deve essere oggetto di un’interpretazione autonoma e uniforme.

2)      In caso di risposta affermativa, cosa significhi detta nozione.

3)      Se la convalida ad opera di un membro del pubblico ministero di un mandato d’arresto nazionale precedentemente emesso dalla polizia, come avviene nella fattispecie in esame, configuri siffatta “decisione giudiziaria”».

23.      Secondo l’analisi del giudice a quo (esposta ai punti 4.3 e segg. dell’ordinanza di rinvio):

–        Sebbene l’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro non rinvii espressamente al diritto degli Stati membri per quanto riguarda il significato e la portata di tale nozione, non è chiaro se si tratti di una nozione che deve essere interpretata in maniera autonoma e uniforme in tutta l’Unione.

–        La versione in lingua tedesca dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro parla di «justizielle Entscheidung», mentre la versione inglese utilizza l’espressione «judicial decision». Tali versioni linguistiche impiegano quindi una nozione più ampia rispetto a quella di «rechterlijke beslissing», il che potrebbe comportare che la nozione di «decisione giudiziaria» include parimenti una decisione del pubblico ministero. Tuttavia, una o più versioni linguistiche di una medesima disposizione di diritto dell’Unione non possono costituire l’unica base per la sua interpretazione.

–        I punti da 52 a 57 della sentenza della Corte del 1o giugno 2016, Bob‑Dogi (10), potrebbero essere interpretati nel senso che «non impongono requisiti sostanziali alle competenze e alla posizione [dell’autorità che ha emesso il MA] e alla procedura da essa seguita, ma evidenziano il presupposto che dalla menzione di un mandato d’arresto nazionale discende che in sede di emissione di detto mandato sia stata garantita la tutela delle garanzie procedurali e dei diritti fondamentali della persona ricercata».

–        Alla luce della circostanza che negli ordinamenti giuridici nazionali di taluni Stati membri, tra cui i Paesi Bassi, il pubblico ministero partecipa all’amministrazione della giustizia penale e ha il potere di disporre l’arresto dell’indagato nonché, in determinate circostanze, di prolungarne la detenzione, la lettura dei punti da 52 a 57 della sentenza Bob-Dogi (11) «potrebbe determinare un’accezione della nozione di “decisione giudiziaria” che deve necessariamente includere una decisione proveniente da un giudice o da un pubblico ministero».

–        Non è chiara l’interpretazione delle espressioni «decisione giudiziaria», di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro, e «autorità giudiziaria», ai sensi dell’articolo 6 della medesima decisione, sicché il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) si chiede se possa basarsi su tali espressioni, sulla nozione di giurisdizione di cui all’articolo 267 TFUE o sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 5 della CEDU.

III – Procedimento dinanzi alla Corte

24.      La decisione di rinvio è pervenuta alla cancelleria della Corte il 16 agosto 2016, accompagnata da una domanda di applicazione del procedimento pregiudiziale di urgenza (articolo 267, quarto comma, TFUE). Il giudice del rinvio ha motivato la sua richiesta con il fatto che il sig. Özçelik era privato della sua libertà e che il suo mantenimento in tale situazione dipendeva dalla definizione del merito del procedimento.

25.      Nella riunione amministrativa del 1o settembre 2016, la Corte ha deciso di sottoporre la causa al procedimento pregiudiziale di urgenza.

26.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi ungherese e olandese e la Commissione europea.

27.      All’udienza, tenutasi il 5 ottobre 2016, è stato chiesto agli interessati, ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia, in particolare al governo ungherese, di rispondere ai quesiti loro rivolti.

28.      I rappresentanti dei governi olandese, tedesco e ungherese e della Commissione hanno esposto i loro argomenti alla suddetta udienza.

IV – Analisi

A –    Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale

29.      Ai paragrafi da 26 a 31 delle conclusioni da me presentate in data odierna nella causa Poltorak (12), illustro i motivi che mi inducono a sostenere il carattere autonomo delle nozioni di «autorità giudiziaria» e di «decisione giudiziaria» utilizzate nella decisione quadro. Per non allungare inutilmente le presenti conclusioni riproducendo tali motivi, mi limiterò a farvi rinvio.

30.      Ai paragrafi 32 e segg. delle presenti conclusioni propongo un’interpretazione delle due espressioni basata sui criteri ermeneutici utilizzati abitualmente dalla Corte, la quale pone l’accento sulla prima (autorità giudiziaria), tenuto conto dello «stretto legame tra la natura di una decisione giudiziaria e la qualità di autorità giudiziaria del soggetto che la adotta» (13).

31.      Atteso che i dubbi del giudice a quo vertono sul carattere autonomo della nozione di «decisione giudiziaria» di cui alla decisione quadro e sul suo significato, ritengo che la mia posizione al riguardo risulti sufficientemente dalle conclusioni parallele che ho presentato nella causa Poltorak.

B –    Sulla terza questione pregiudiziale

32.      Tuttavia, a differenza della domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla causa Poltorak, nel caso di specie gli interrogativi del giudice a quo non vertono sull’autorità competente ad emettere un MAE, bensì sull’autorità competente ad emettere il previo MA nazionale.

33.      I dubbi del giudice olandese dell’esecuzione derivano dal fatto che l’autorità ungherese che, nella fattispecie, ha emesso il MA nazionale nei confronti del sig. Özcelik è il dipartimento di polizia di Ajka, la cui decisione è stata confermata o convalidata dal pubblico ministero ungherese il 14 giugno 2016.

34.      È importante sottolineare fin d’ora che, a differenza del MA nazionale, il MAE nei confronti del sig. Özcelik è stato emesso il 21 giugno 2016 da un giudice ungherese (il Tribunale distrettuale di Veszprém), di cui nessuno nega o contesta il carattere di «autorità giudiziaria» ai sensi della decisione quadro. Tale circostanza, a mio avviso, potrebbe avere conseguenze rilevanti ai fini della risposta alla questione pregiudiziale, sulle quali tornerò in prosieguo.

35.      Partirò dalla premessa che il pubblico ministero, confermando o convalidando il MA nazionale, fino a quel momento firmato solo dalla polizia, è divenuto l’effettivo decisore (o, se si preferisce, codecisore) di tale mandato. Esercitando le prerogative di cui dispone nell’ambito del procedimento penale, il pubblico ministero ha fatto propria la precedente decisione della polizia, conferendole l’efficacia dei provvedimenti da lui stesso adottati. Si può quindi ritenere che il pubblico ministero ungherese, nell’ambito del procedimento penale nei confronti del sig. Özçelik, sia il vero «autore» del MA nazionale.

36.      Accogliere tale premessa implica quanto meno due conseguenze. La prima è che, nel presente procedimento, non occorrerà pronunciarsi sulla legittimazione, in astratto, dei pubblici ministeri degli Stati membri (qualora uno di essi abbia menzionato il proprio pubblico ministero nell’elenco di autorità giudiziarie che deve comunicare al Consiglio, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della decisione quadro) ad emettere MAE, ai sensi degli articoli 1 e 6, paragrafo 1, della decisione quadro. Ribadisco che, nel procedimento principale, il MAE è stato trasmesso al Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) da un tribunale distrettuale e non dal pubblico ministero.

37.      La seconda conseguenza della menzionata premessa è che gli interrogativi riguardano solo la questione se i MA nazionali emessi (rectius, confermati o convalidati) dal pubblico ministero ungherese corrispondano a una delle categorie giuridiche di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro, vale a dire «una sentenza esecutiva, (…) un mandato d’arresto o (…) qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza (…)».

38.      Tuttavia, in ragione di questo stretto legame – cui ho fatto riferimento in precedenza – tra la natura di una decisione giudiziaria e la qualità di autorità giudiziaria del soggetto che la emette, la risposta a tali interrogativi non può prescindere da alcune considerazioni preliminari sull’eventuale qualificazione del pubblico ministero come autorità giudiziaria nella decisione quadro. Dalla configurazione di detto organo si potranno dedurre, alla luce della decisione quadro, alcuni elementi che, una volta confrontati con lo status e le funzioni del pubblico ministero nel procedimento penale ungherese, consentiranno di pronunciarsi sulla natura di «decisione giudiziaria» del MA nazionale convalidato dal pubblico ministero ungherese e di stabilire se tale mandato possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro.

39.      La proposta iniziale di decisione quadro (14) conteneva all’articolo 3 una definizione di autorità giudiziaria (emittente o di esecuzione del MAE) che in entrambi i casi includeva espressamente, oltre ai giudici, il pubblico ministero (15).

40.      La relazione esplicativa di tale proposta indicava inoltre che l’espressione «autorità giudiziaria» corrispondeva a quella della Convenzione europea sull’estradizione del 1957 che, a sua volta, riconosceva tale qualità alle «autorità giudiziarie propriamente dette ed alla magistratura inquirente (pubblico ministero), ad esclusione delle autorità di polizia» (16).

41.      La decisione quadro, tuttavia, non ha mantenuto la linea indicata all’articolo 3 della proposta e il riferimento al pubblico ministero è stato rimosso dagli articoli 1 e 6 del testo infine approvato. Non è facile interpretare il senso di tale rimozione: si intendeva escludere il pubblico ministero, oppure si dava per scontato che, anche in assenza di una specifica menzione, esso rientrasse chiaramente tra le autorità giudiziarie degli Stati membri ai fini del MAE (17)?

42.      L’incertezza su tale questione è perdurata fino ad ora (18) senza che – salvo errore da parte mia – alcun giudice degli Stati membri ne abbia investito la Corte. In effetti, la sua soluzione non è esente da problemi interpretativi.

43.      Dopo l’adozione della decisione quadro, alcuni Stati membri hanno comunicato al Segretariato generale del Consiglio, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, di detta decisione, che tra «le autorità competenti in base al proprio diritto interno» a emettere o eseguire i MAE rientravano i loro rispettivi pubblici ministeri. Tuttavia, in termini strettamente giuridici, tali comunicazioni non influiscono sulla conformità alla decisione quadro delle misure prese da ciascuno Stato e non ne costituiscono una condizione. La disposizione citata consente agli Stati di designare o scegliere, tra le loro autorità giudiziarie, quelle competenti ad eseguire o emettere MAE, ma non permette loro di ampliare la nozione di autorità giudiziaria estendendola ad organi che non godano di tale status.

44.      Orbene, l’Ungheria non rientra tra gli Stati membri che attribuiscono al pubblico ministero la qualità di autorità giudiziaria idonea ad emettere o eseguire MAE. Secondo la notifica inviata al Consiglio da detto Stato il 26 aprile 2004, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della decisione quadro, tale autorità è, «(…) ai fini dell’esercizio dell’azione penale, l’autorità giudiziaria che ha competenza e giurisdizione; ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva o di una misura di privazione della libertà personale, il giudice responsabile dell’esecuzione delle pene che ha competenza e giurisdizione» (19).

45.      Anche se sarei tentato di dare già una risposta generale alla questione della legittimazione dei pubblici ministeri degli Stati membri ad emettere MAE, ritengo che il presente procedimento pregiudiziale non sia l’occasione adatta, dato che – come ho già rilevato – il MAE è stato inviato al Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) da un giudice ungherese, il quale agiva in conformità della comunicazione trasmessa dalla Repubblica di Ungheria al Consiglio in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della decisione quadro, cosa che il pubblico ministero di detto Stato non può fare.

46.      Torniamo quindi al punto di partenza, ossia alla decisione nazionale che precede il MAE. Nell’economia della decisione quadro, tale provvedimento nazionale assume certamente minore rilevanza rispetto al MAE. Infatti, esso compare soltanto all’articolo 8, relativo alle «informazioni» che il MAE deve contenere nel formulario figurante in allegato. La Corte ha sottolineato, nella sentenza del 1o giugno 2016, Bob‑Dogi (20), che il MA nazionale deve precedere il MAE, ma la decisione quadro è incentrata principalmente su quest’ultimo. Il primo è solo un presupposto, ancorché imprescindibile, del secondo.

47.      Per quanto riguarda il regime applicabile al procedimento penale in qualsiasi sua fase (cioè sia nella fase investigativa e istruttoria, sia nella fase del giudizio di merito), la Corte ha rilevato che l’«azione penale o [l]’esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà oppure [il] procedimento penale di merito (…) non rientrano nel campo di applicazione della decisione quadro e del diritto dell’Unione» (21).

48.      È quindi logico che, per esaminare detto regime, occorra fare riferimento alla legislazione di ciascuno Stato membro, sempre a condizione che le rispettive norme in tale materia rispettino i diritti fondamentali sanciti dalla CEDU, compreso il diritto alla libertà e a un ricorso effettivo, previsti dagli articoli 5 e 13 della menzionata Convenzione nonché dagli articoli 6 e 47 della Carta.

49.      La definizione dell’intervento del pubblico ministero nelle indagini ed eventualmente nella fase istruttoria dei procedimenti penali è rimessa alla discrezionalità dell’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro. Il diritto dell’Unione fa proprio tale principio e, di fatto, in un altro dei settori principali della cooperazione giudiziaria in materia penale ai quali fa riferimento l’articolo 82 TFUE, l’articolo 2 della direttiva 2014/41/UE (22) non esita ad includere espressamente il pubblico ministero tra le autorità che possono emettere un ordine europeo di indagine (23).

50.      Il riconoscimento del pubblico ministero come autorità che può adottare una «decisione giudiziaria» per ottenere l’esecuzione di una o più misure di indagine specifiche in un altro Stato («lo Stato dell’esecuzione») a fini istruttori dimostra, se necessario, il modo in cui il legislatore dell’Unione percepisce l’importante funzione del pubblico ministero nei procedimenti penali. Non va dimenticato che l’ordine europeo di indagine costituisce uno strumento supplementare istituito in applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e decisioni giudiziarie, che è comunemente considerato il fondamento della cooperazione giudiziaria in materia penale dell’Unione fin dal Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999.

51.      Certamente, non si può porre sullo stesso piano l’intervento del pubblico ministero nei due settori (quello relativo alla libertà, interessato dalla detenzione delle persone, e quello della raccolta delle prove). In altre parole, il riconoscimento del pubblico ministero come autorità giudiziaria nella direttiva 2014/41/UE ai fini degli ordini di indagine non implica necessariamente che detto riconoscimento debba essere parimenti esteso alla decisione quadro, ai fini dei MAE. Tuttavia, tale dato normativo fornisce un solido sostegno alla tesi favorevole ad un’interpretazione ampia della nozione di «autorità giudiziaria», che consenta di considerare come tale il pubblico ministero nel contesto delle modalità di cooperazione penale (compresa quella del MAE) cui fa riferimento l’articolo 82 TFUE.

52.      Con tale argomento tento di sottolineare una caratteristica distintiva del pubblico ministero, vale a dire la sua idoneità a partecipare – ove le norme costituzionali o legali dello Stato membro lo prevedano – all’amministrazione della giustizia in quanto strumento dello Stato che dà avvio alle azioni penali e che, in tale ambito, può anche adottare, quanto meno in via provvisoria e per periodi di tempo limitati, provvedimenti di custodia o detentivi o decisioni equivalenti, prima che i detenuti siano tradotti dinanzi al giudice chiamato a pronunciarsi sulla loro libertà o reclusione.

53.      Nello stesso senso, la Corte ha sottolineato la funzione del pubblico ministero nei procedimenti penali, giungendo a qualificarlo (in relazione ad alcune sue decisioni nell’ambito di tali procedimenti) come «autorità incaricata di amministrare la giustizia penale nell’ordinamento giuridico nazionale interessato» (24).

54.      La Corte europea dei diritti dell’uomo, dal canto suo, ha ammesso che i membri del pubblico ministero possono essere considerati «un giudice o (…) altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie», dinanzi al quale deve essere tradotta, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, della CEDU, ogni persona arrestata o detenuta, alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettera c), del medesimo articolo.

55.      Infatti, in una serie di sentenze, iniziata il 4 dicembre 1979 (25) e tra le quali figura la sentenza pronunciata dalla Grande Camera il 29 marzo 2010 (26), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha interpretato le espressioni «autorità giudiziaria competente» e «giudice o altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie» (entrambe contenute nell’articolo 5 della CEDU, dedicato al diritto alla libertà e alla sicurezza) in termini che consentono di includervi i membri del pubblico ministero, purché presentino le garanzie inerenti a tali nozioni (questione, quest’ultima, sulla quale tornerò).

56.      Infine, per quanto riguarda il diritto nazionale, si deve rilevare che, nella Repubblica di Ungheria, i pubblici ministeri possono disporre l’arresto (nella modalità della «custodia») di una persona se ricorrono le circostanze previste dal codice di procedura penale sopra menzionate (27). Essi possono inoltre confermare o revocare un analogo provvedimento adottato in precedenza dalle forze di polizia. A mio modo di vedere, in entrambi i casi l’elemento decisivo è che tali provvedimenti privativi della libertà disposti, convalidati o confermati dal pubblico ministero hanno, per legge (28), breve durata, in quanto la persona sottoposta a custodia deve essere tradotta dinanzi al giudice, o rimessa in libertà, entro un termine massimo di 72 ore. Detto giudice è l’unica autorità competente a disporre l’«arresto provvisorio» del detenuto prima che sia sottoposto a giudizio.

57.      In tale contesto normativo, che mi sembra conforme all’articolo 5 della CEDU, il pubblico ministero ungherese interviene in qualità di autorità indipendente dal potere esecutivo che partecipa all’amministrazione della giustizia esercitando l’azione penale pubblica (in altri termini, esso chiede l’applicazione dello ius puniendi dello Stato) da un posizione diversa da quella del giudice, ed è legittimato ad adottare provvedimenti provvisori, di durata molto limitata, che incidono sulla libertà delle persone, fatta salva la successiva e indispensabile decisione del giudice.

58.      Secondo l’interpretazione data dalla Corte all’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro, le tre modalità di decisione previste da tale disposizione (vale a dire una sentenza esecutiva, un mandato d’arresto o qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza) rientrano nella nozione di «decisione giudiziaria nazionale» distinta dal successivo MAE (29). In particolare, la Corte ha dichiarato che l’esecuzione del MAE presuppone che un’autorità giudiziaria nazionale abbia adottato una «decisione, come l’emissione di un mandato d’arresto nazionale, sulla quale si innesti il mandato d’arresto europeo» (30).

59.      Orbene, ritengo che, nel merito, tale interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro militi a favore dell’attribuzione ai mandati di arresto nazionali emessi o confermati dal pubblico ministero della qualità di «decisione giudiziaria», ai sensi di detta disposizione, sulla quale si fonda la successiva emissione del MAE da parte del giudice.

60.      Nella sentenza Bob‑Dogi, la Corte ha tenuto conto in particolare, oltre che dell’interpretazione letterale, del fatto che, in mancanza dei previ MA nazionali, le «garanzie procedurali e [i] diritti fondamentali, la cui tutela deve essere garantita dall’autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione», potrebbero essere compromessi, in quanto si priverebbe l’interessato del loro «primo livello di tutela», cioè quello puramente interno (31).

61.      Ritengo che tale preoccupazione non sia giustificata nel caso di specie, dato che il codice di procedura penale ungherese garantisce in tutti i casi il diritto della persona arrestata di essere tradotta dinanzi al giudice entro 72 ore qualora il MA nazionale sia stato emesso dalle autorità di polizia e convalidato dal pubblico ministero. Le esigenze procedurali dell’articolo 5 della CEDU, in particolare il controllo da parte di un giudice della regolarità della detenzione, sono quindi rispettate.

62.      Considerare il pubblico ministero come un’«autorità giudiziaria» che può, ai sensi della decisione quadro, disporre o convalidare, alle rigide condizioni già evocate, una privazione provvisoria della libertà (in altri termini, un MA nazionale) non significa equipararlo a un giudice autorizzato a ricorrere all’articolo 267 TFUE (32). Oltre al fatto che non tutto ciò che è «giudiziario» deve essere, in senso stretto, «giurisdizionale», gli organi che hanno la facoltà o l’obbligo di sollevare questioni pregiudiziali sono quelli cui spetta risolvere le controversie loro sottoposte e che chiedono a tale scopo l’assistenza della Corte. Il pubblico ministero non è uno di tali organi, il che non impedisce di attribuirgli la qualità di «autorità giudiziaria» ai sensi della decisione quadro quando la normativa nazionale gli consenta di emettere MA nazionali. Questi ultimi possono quindi essere qualificati come mandato d’arresto o qualsiasi altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro.

63.      Non osta al riconoscimento del pubblico ministero come «autorità giudiziaria» autorizzata, per quanto riguarda la decisione quadro, ad emettere MA nazionali nemmeno il fatto che il membro del pubblico ministero che ha emesso il MAE nazionale (o ha convalidato quello emesso dalla polizia) sia il medesimo che in un secondo tempo rappresenta tale organo nel procedimento penale a carico del detenuto. Le riserve espresse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nelle sentenze sopra richiamate del 4 dicembre 1979 e del 29 marzo 2010 (33) si spiegano nel contesto dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della CEDU (34), vale a dire nell’ipotesi in cui il pubblico ministero costituisca un’alternativa al giudice ai fini della decisione sul mantenimento dell’interessato in stato di detenzione. Tuttavia, tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, dato che, come ho già rilevato, il codice di procedura penale ungherese prevede che le persone arrestate (per ordine della polizia, successivamente convalidato dal pubblico ministero) devono essere condotte dinanzi a un giudice o rimesse in libertà. In tale contesto, non si può muovere alcuna obiezione al fatto che il rappresentante del pubblico ministero prosegua il suo intervento nelle fasi successive del procedimento.

64.      Il mio ultimo argomento mi riporta al punto di partenza di queste conclusioni: il giudice ungherese che ha emesso il MAE nel presente procedimento l’ha sicuramente fatto dopo avere esaminato e valutato, secondo il proprio apprezzamento, le condizioni nelle quali esso poteva essere eseguito, compresa la previa esistenza di un MA nazionale. Detto giudice, logicamente, ha quindi dovuto valutare le circostanze nelle quali è stato adottato tale provvedimento, con l’intervento del pubblico ministero, e ciò implica la garanzia del controllo della sua regolarità e pertinenza. Il pubblico ministero ha convalidato l’arresto da parte della polizia e il Tribunale distrettuale di Veszprém ha, a sua volta, confermato il provvedimento del pubblico ministero, il che, in definitiva, assicura che il procedimento di emissione del MAE sia dotato delle necessarie garanzie, in particolare al primo livello di tutela richiesto dalla giurisprudenza della Corte (sentenza del 1o giugno 2016, Bob-Dogi) (35).

V –    Conclusione

65.      A tenore delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere nei termini seguenti alla questioni sollevate dal Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi):

«1)      L’espressione “decisione giudiziaria” di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, nella versione modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, è una nozione autonoma di diritto dell’Unione e deve essere interpretata in maniera uniforme in tutta l’Unione europea.

2)      Un mandato d’arresto nazionale, emesso da un’autorità di polizia e successivamente convalidato dal pubblico ministero nelle circostanze del caso di specie, può essere qualificato come “decisione giudiziaria” ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della menzionata decisione quadro, e può pertanto essere posto a fondamento dell’emissione di un successivo mandato d’arresto europeo».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2 –      Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, che modifica le decisioni quadro 2002/584/GAI, 2005/214/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI e 2008/947/GAI, rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell’interessato al processo (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro»).


3 –      Mandato d’arresto.


4 –      Mandato d’arresto europeo.


5 –      Büntetőeljárásról szóló 1998 évi XIX. törvény (legge n. XIX del 1998 che istituisce il «codice di procedura penale»).


6 –      Ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, del codice di procedura penale, il pubblico ministero dispone o compie indagini per stabilire le condizioni dell’imputazione. Ai sensi del paragrafo 4 dello stesso articolo, quando l’autorità incaricata delle indagini, di propria iniziativa, proceda all’inchiesta o compia determinati atti nel corso della stessa, il pubblico ministero assicura il rispetto della legge per l’intera durata del procedimento e garantisce che i soggetti che vi partecipano possano far valere i loro diritti.


7 –      Articolo 28, paragrafo 6, del codice di procedura penale.


8 –      Articolo 129, paragrafo 1.


9 –      Secondo le informazioni contenute nel formulario allegato al MAE, al sig. Özçelik viene contestato il reato di falso in atti pubblici (in concreto, l’inserimento di dati, fatti e dichiarazioni falsi in un atto notarile), previsto dall’articolo 342, paragrafo 1, lettera c), del codice penale ungherese.


10 –      C‑241/15, EU:C:2016:385.


11 –      Sentenza del 1o giugno 2016, (C‑241/15, EU:C:2016:385).


12 –      C‑452/16 PPU, pendente dinanzi alla Corte.


13 –      Paragrafo 34 delle conclusioni nella causa Poltorak (C‑452/16 PPU).


14 –      COM(2001) 522 definitivo.


15 –      «Ai fini della presente decisione quadro, si applicano le seguenti definizioni: a) per “mandato d’arresto europeo” s’intende una richiesta, emessa da un’autorità giudiziaria di uno Stato membro, ed indirizzata ad un altro Stato membro, di assistenza ai fini della ricerca, cattura, custodia e consegna di una persona che è stata oggetto di una sentenza di condanna o di una decisione giudiziaria, ai sensi dell’articolo 2; b) per “autorità giudiziaria emittente” s’intende il giudice o il pubblico ministero di uno Stato membro che ha emesso un mandato d’arresto europeo; c) per “autorità giudiziaria dell’esecuzione” s’intende un giudice o il pubblico ministero dello Stato membro in cui si trova la persona ricercata, che è competente a decidere dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo (…)».


16 –      Il commento all’articolo 3 della menzionata proposta indica che «[l]a procedura del mandato d’arresto europeo si fonda sul principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie. Le relazioni tra Stato e Stato sono dunque, in larga misura, sostituite da relazioni tra autorità giudiziarie. Il termine “autorità giudiziaria” corrisponde, come nella convenzione del 1957 (si veda la relazione esplicativa all’articolo 1), alle autorità giudiziarie propriamente dette ed alla magistratura inquirente (pubblico ministero), ad esclusione delle autorità di polizia. L’autorità giudiziaria emittente sarà quella che, nel sistema procedurale dello Stato membro, ha la competenza ad emettere il mandato d’arresto europeo (articolo 4)». Il corsivo è mio.


17 –      Entrambe le posizioni sono fondate su argomenti solidi. Se ne può trovare un’eccellente rassegna nelle opinioni dissenzienti o concordanti espresse nella sentenza resa il 30 maggio 2012 dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) nella causa Assange v The Swedish Prosecution Autorithy, [2012] UKSC 22. Per contro, non vi è dubbio che il silenzio circa l’esplicita esclusione delle autorità di polizia contenuta nella proposta debba essere interpretata come una conferma.


18 –      Il 27 febbraio 2014, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione sul riesame del MAE [procedimento 2013/2019(INL)], in cui ha criticato «la mancanza di una definizione del termine “autorità giudiziaria” nella decisione quadro 2002/584/GAI e negli altri strumenti di riconoscimento reciproco, che ha portato a differenze nelle pratiche degli Stati membri, causando incertezze, controversie e nuocendo alla fiducia reciproca». Il Parlamento europeo invitava la Commissione a presentare «alcune proposte legislative secondo le raccomandazioni particolareggiate di cui all’allegato alla presente relazione, che prevedono (…) a) una procedura nell’ambito della quale una misura di riconoscimento reciproco può, se necessario, essere convalidata nello Stato membro di emissione da un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero, al fine di superare le interpretazioni divergenti del termine “autorità giudiziaria” (…)». Il corsivo è mio.


19 –      Nota n. 8929/04 del Consiglio dell’Unione europea.


20 –      C‑241/15, EU:C:2016:385.


21 –      Sentenza del 30 maggio 2013, F (C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358, punto 48).


22 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1). Ai sensi dell’articolo 36 di tale direttiva, gli Stati membri devono adottare le disposizioni necessarie per conformarsi alla stessa entro il 22 maggio 2017.


23 –      Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2014/41, l’ordine europeo di indagine penale è «(…) una decisione giudiziaria emessa o convalidata da un’autorità competente di uno Stato membro (lo “Stato di emissione”) per compiere uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro (lo “Stato di esecuzione”) ai fini di acquisire prove conformemente alla presente direttiva». L’articolo 2, lettera c), punto i), della medesima direttiva prevede che «[a]i fini della presente direttiva si intende per (…) autorità di emissione (…) un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero competente nel caso interessato (…)». Il corsivo è mio.


24 –      Sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, (C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 39). In quel caso, la procura distrettuale di Kołobrzeg (Polonia) aveva chiuso definitivamente il procedimento penale e la domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dallo Hanseatisches Oberlandesgericht Hamburg (Tribunale regionale superiore di Amburgo, Germania), verteva sull’interpretazione degli articoli 54 e 55 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen (Lussemburgo) il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995, nonché sugli articoli 50 e 52, paragrafo 1, della Carta. Nello stesso senso, il pubblico ministero è stato qualificato come «autorità incaricata di amministrare la giustizia penale nell’ordinamento giuridico nazionale interessato» nella sentenza dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge (C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87, punto 28).


25 –      Corte EDU, sentenza del 4 dicembre 1979, Schiesser c. Svizzera (CE:ECHR:1979:1204JUD000771076).


26 –      Corte EDU, sentenza del 29 marzo 2010, Medvedyev e a. c. Francia (CE:ECHR:2010:0329JUD000339403).


27 –      V. paragrafi 15 e 16 delle presenti conclusioni.


28 –      Articolo 126 del codice di procedura penale.


29 –      Sentenza del 1o giugno 2016, Bob‑Dogi (C‑241/15, EU:C:2016:385, punti 46, 49, 51, 52, 56 e 57).


30 –      Ibidem, punto 57.


31 –      Ibidem, punto 55.


32 –      Il giudice del rinvio cita, opportunamente, la sentenza della Corte del 12 dicembre 1996, X (C‑74/95 e C‑129/95, EU:C:1996:491). Al punto 19 di detta sentenza, la Corte ha richiamato le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer (paragrafi da 6 a 9) per concludere che «(…) la Procura della Repubblica ha il compito, nella fattispecie oggetto del procedimento a quo, non già di dirimere con assoluta indipendenza una controversia, ma di sottoporla eventualmente, in quanto parte che esercita l’azione penale nel processo, al giudizio dell’organo giurisdizionale competente».


33 –      V. paragrafo 55 delle presenti conclusioni.


34 –      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha interpretato tale disposizione nel senso che «[i]l magistrato deve offrire le necessarie garanzie di indipendenza dall’esecutivo e dalle parti, il che esclude che esso possa successivamente intervenire nel procedimento penale in nome del pubblico ministero, e deve poter disporre la liberazione, dopo avere sentito l’interessato e controllato la legittimità e la giustificazione dell’arresto e della detenzione (…)» (Corte EDU, sentenza del 29 marzo 2010, Medvedyev e a. c. Francia, CE:ECHR:2010:0329JUD000339403, punto 124).


35 –      V. paragrafo 60 delle presenti conclusioni.