Language of document : ECLI:EU:T:2021:604

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

22 settembre 2021 (*)

«Aiuti di Stato – Tariffa per la fornitura di energia elettrica – Fissazione della tariffa fatturata alla Alouminion tramite decisione di un tribunale arbitrale – Decisione di archiviare la denuncia – Decisione che dichiara l’insussistenza di un aiuto – Atto impugnabile – Qualità di interessato – Interesse ad agire – Legittimazione ad agire – Ricevibilità – Imputabilità allo Stato – Vantaggio – Principio dell’operatore privato – Difficoltà serie»

Nelle cause riunite T‑639/14 RENV, T‑352/15 e T‑740/17,

Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE (DEI), con sede in Atene (Grecia), rappresentata, nella causa T‑639/14 RENV, da E. Bourtzalas, A. Oikonomou, E. Salaka, C. Synodinos, H. Tagaras e D. Waelbroeck, nella causa T‑352/15, da Bourtzalas, Synodinos, Salaka, Tagaras e Waelbroeck e, nella causa T‑740/17, da Bourtzalas, Salaka, Synodinos, Tagaras, Waelbroeck, Oikonomou e V.-K.-L. Moumoutzi, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata, nella causa T‑639/14 RENV, da É. Gippini Fournier e A. Bouchagiar e, nelle cause T‑352/15 e T‑740/17, da Bouchagiar e P.-J. Loewenthal, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Mytilinaios AE – Omilos Epicheiriseon, già Alouminion tis Ellados VEAE, con sede in Marousi (Grecia), rappresentata da N. Korogiannakis, N. Keramidas, E. Chrysafis e D. Diakopoulos, avvocati,

interveniente,

avente ad oggetto, nella causa T‑639/14 RENV, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della lettera COMP/E3/ΟΝ/AB/ark *2014/61460 della Commissione, del 12 giugno 2014, che ha comunicato alla DEI di aver archiviato le sue denunce, nella causa T‑352/15, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2015) 1942 final della Commissione, del 25 marzo 2015 [procedimento SA.38101 (2015/NN) (ex 2013/CP) – Grecia – Asserito aiuto di Stato a favore della Alouminion SA sotto forma di tariffe di energia elettrica inferiori ai costi, a seguito di un lodo arbitrale], e, nella causa T‑740/17, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2017) 5622 final della Commissione, del 14 agosto 2017 [procedimento SA.38101 (2015/NN) (ex 2013/CP) – Grecia – Asserito aiuto di Stato a favore della Alouminion SA sotto forma di tariffe di energia elettrica inferiori ai costi, a seguito di un lodo arbitrale],

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da A.M. Collins, presidente, V. Kreuschitz (relatore), Z. Csehi, G. De Baere e G. Steinfatt, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 ottobre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti e procedimenti

1        Le presenti cause sono relative a tre controversie strettamente connesse che si sono succedute e vertono essenzialmente sullo stesso oggetto, ossia sulla questione se la tariffa per la fornitura di energia elettrica (in prosieguo: la «tariffa di cui trattasi») che la ricorrente, Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE (DEI), azienda produttrice e fornitrice di energia elettrica con sede in Atene (Grecia) e controllata dallo Stato greco, è obbligata a fatturare, in forza di un lodo arbitrale, al suo maggiore cliente, ossia l’interveniente, Mytilinaios AE, già Alouminion tis Ellados VEAE, un produttore di alluminio, implichi la concessione di un aiuto di Stato.

2        La causa T‑639/14 RENV ha ad oggetto la domanda della ricorrente diretta all’annullamento della lettera COMP/E3/ΟΝ/AB/ark *2014/61460 della Commissione europea, del 12 giugno 2014, firmata da un capo unità della direzione generale (DG) della concorrenza (in prosieguo: la «lettera controversa»), che informava la ricorrente, in sostanza, dell’archiviazione di una denuncia da essa presentata, con la motivazione che la tariffa di cui trattasi non costituiva un aiuto di Stato, in quanto i criteri di imputabilità e del vantaggio non erano soddisfatti. Nell’ambito di tale denuncia, depositata il 23 dicembre 2013 (in prosieguo: la «seconda denuncia»), la ricorrente aveva contestato la decisione n. 1/2013, del 31 ottobre 2013, del tribunale arbitrale speciale (in prosieguo: il «lodo arbitrale») al quale essa stessa e l’interveniente avevano deferito la loro controversia, ai sensi dell’articolo 37 della nomos 4001/2011, gia ti leitourgia Energeiakon Agoron Ilektrismou kai Fysikou Aeriou, gia Erevna, Paragogi kai diktya metaforas Ydrogonanthrakon kai alles rythmiseis [legge n. 4001/2011, sul funzionamento dei mercati dell’energia elettrica e del gas, sulla ricerca, sulla produzione e sulle reti di trasporto di idrocarburi e su altre normative (FEK A’ 179/22.8.2011; in prosieguo: la «legge n. 4001/2011»), e tramite la quale detto tribunale aveva fissato la tariffa di cui trattasi, per il periodo dal 1° luglio 2010 al 31 dicembre 2013 (in prosieguo: il «periodo in questione»), in un importo lordo di EUR 40,7/MWh e in un importo netto di EUR 36,6/MWh.

3        La causa T‑352/15 ha ad oggetto la domanda della ricorrente diretta all’annullamento della decisione C(2015) 1942 final, del 25 marzo 2015 [procedimento SA.38101 (2015/NN) (ex 2013/CP) – Grecia – Asserito aiuto di Stato a favore della Alouminion SA sotto forma di tariffe di energia elettrica inferiori ai costi, a seguito di un lodo arbitrale ] (in prosieguo: la «prima decisione impugnata»), nella quale la Commissione, da un lato, ha revocato e sostituito la lettera controversa con detta decisione e, dall’altro, ha considerato che il lodo arbitrale non implicasse la concessione di un aiuto di Stato a favore dell’interveniente ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in sostanza sulla base del rilievo che la volontaria sottoposizione ad arbitrato, da parte della ricorrente, della controversia sorta con l’interveniente corrispondeva al comportamento di un investitore avveduto in economia di mercato e, quindi, non comportava alcun vantaggio.

4        La causa T‑740/17 ha ad oggetto la domanda della ricorrente diretta all’annullamento della decisione C(2017) 5622 final, del 14 agosto 2017 [procedimento SA.38101 (2015/NN) (ex 2013/CP) – Grecia – Asserito aiuto di Stato a favore della Alouminion SA sotto forma di tariffe di energia elettrica inferiori ai costi, a seguito di un lodo arbitrale ] (in prosieguo: la «seconda decisione impugnata»), nella quale la Commissione ha nuovamente deciso, abrogando e sostituendo al contempo esplicitamente tanto la lettera controversa quanto la prima decisione impugnata (punti 8 e 51 e sezione 5 della seconda decisione impugnata), che il lodo arbitrale non comportava la concessione di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. I motivi addotti a sostegno di tale conclusione, fondata sul rispetto del criterio dell’investitore privato avveduto in economia di mercato e sull’assenza di un vantaggio, sono identici a quelli contenuti nella prima decisione impugnata.

5        Di seguito, da un lato, la prima e la seconda decisione impugnata, considerate congiuntamente, verranno designate come le «decisioni impugnate» e, dall’altro, tali decisioni, considerate congiuntamente alla lettera controversa, verranno designate come gli «atti impugnati».

6        Le presenti controversie costituiscono il seguito di una lunga disputa fra la ricorrente e l’interveniente avente ad oggetto la tariffa per la fornitura di energia elettrica destinata a sostituire la tariffa preferenziale che discendeva da un accordo sottoscritto nel 1960, ma giunto a scadenza nel 2006.

7        Il 4 agosto 2010, la ricorrente e l’interveniente hanno firmato un accordo quadro concernente la tariffa per la fornitura di energia elettrica da applicare durante il periodo in questione, nonché le modalità della composizione amichevole di un asserito debito vantato dall’interveniente nei confronti della ricorrente, il quale si sarebbe accumulato nel periodo intercorrente tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2010. Sulla base dei criteri previsti in detto accordo quadro, l’interveniente e la ricorrente hanno negoziato senza successo il contenuto di un progetto di contratto per la fornitura di energia elettrica.

8        A seguito della trasmissione, da parte della ricorrente, del progetto di contratto per la fornitura di energia elettrica alla Rythmistiki Archi Energeias (autorità ellenica di regolamentazione dell’energia, Grecia; in prosieguo: la «RAE»), quest’ultima ha adottato la decisione n. 692/2011 (FEK B’ 2529/7.11.2011) avente ad oggetto i «principi fondamentali di definizione delle tariffe dell’energia elettrica in Grecia». Tale decisione è stata successivamente integrata nel codice dell’approvvigionamento di energia elettrica ellenico (FEK B’ 832/9.4.2013).

9        Nell’ambito di un compromesso arbitrale sottoscritto il 16 novembre 2011, l’interveniente e la ricorrente hanno concordato di affidare la composizione della loro controversia all’arbitrato permanente della RAE, in conformità all’articolo 37 della legge n. 4001/2011. A tal riguardo, il compromesso arbitrale prevede segnatamente quanto segue:

«Le parti hanno convenuto di ricorrere di comune accordo all’arbitrato previsto all’articolo 37 della legge n. 4001/2011 affinché, in applicazione dei principi fondamentali di definizione delle tariffe per i clienti dell’alta tensione, come formulati dalla RAE nella sua decisione n. 692[/2011], ma anche tenuto conto (...) della decisione n. 798[/2011] e (...) del lodo n. 8/2010 del tribunale arbitrale, la RAE aggiorni e adegui le condizioni tariffarie figuranti nel progetto di contratto [per la fornitura di energia elettrica] redatto il 5 ottobre 2010 ai fini della realizzazione dell’accordo [quadro], ed elabori, nell’ambito di [dette] decisioni (...), le condizioni contrattuali di approvvigionamento fra le parti applicabili a partire dal 6 giugno 2011, in modo che tali condizioni, da un lato, corrispondano al profilo di consumo [dell’interveniente] e, dall’altro, coprano almeno i costi [della ricorrente]».

10      A seguito di una denuncia depositata dall’interveniente presso la RAE, ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 6, e dell’articolo 35 della legge n. 4001/2011, quest’ultima, con decisione n. 346/2012, del 9 maggio 2012, ha fissato, a titolo provvisorio, una tariffa per la fornitura di energia elettrica di EUR 42/MWh applicabile all’interveniente.

11      Nell’ambito di una denuncia depositata presso la Commissione il 15 giugno 2012 (in prosieguo: la «prima denuncia»), la ricorrente ha sostenuto, segnatamente, che tale tariffa la obbligava a fornire l’energia elettrica all’interveniente ad un prezzo inferiore ai suoi costi e, quindi, al prezzo di mercato e che, pertanto, la RAE aveva concesso a tale società un aiuto di Stato illegittimo.

12      Il 31 ottobre 2013, con il lodo arbitrale, il tribunale arbitrale ha fissato la tariffa di cui trattasi (v. punto 2 supra). A seguito di un ricorso proposto dalla ricorrente dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene, Grecia), quest’ultimo, con sentenza n. 634/2016, del 18 febbraio 2016, ha confermato detto lodo.

13      Il 18 dicembre 2013, l’interveniente ha presentato una denuncia dinanzi all’Elliniki Epitropi Antagonismou (Commissione garante della concorrenza ellenica, Grecia; in prosieguo: l’«EEA»), sostenendo che la ricorrente aveva abusato della propria posizione dominante proponendo una nuova tariffa, asseritamente eccessiva e discriminatoria nei suoi confronti, a partire dal 2013. Tale denuncia ha dato luogo all’adozione, da parte dell’EEA, il 22 luglio 2015, della decisione n. 621/2015 (FEK B’ 492/26.2.2016) che considera, a titolo provvisorio, che la ricorrente aveva abusato della sua posizione dominante a scapito dell’interveniente, segnatamente rifiutandosi, in maniera ingiustificata, di proseguire rapporti commerciali con la stessa e di venderle energia elettrica e avendo previsto di imporle prezzi o altre condizioni commerciali non ragionevoli o non equi. Con decisione del 18 gennaio 2016, l’EEA ha accettato taluni impegni comportamentali proposti dalla ricorrente, il che ha dato luogo all’archiviazione della denuncia.

14      Il 23 dicembre 2013, la ricorrente ha depositato la seconda denuncia presso la Commissione sostenendo che il lodo arbitrale costituiva un aiuto di Stato (v. punto 2 supra).

15      Il 6 maggio 2014, la Commissione ha comunicato alla ricorrente la sua valutazione preliminare secondo la quale non occorreva proseguire l’istruzione della seconda denuncia. Con lettere del 20 maggio e del 6 giugno 2014, la ricorrente ha fatto pervenire alla Commissione osservazioni complementari.

16      Con la lettera controversa (v. punto 2 supra), la Commissione ha informato la ricorrente della chiusura dell’istruzione della sua denuncia essenzialmente per i seguenti motivi:

«Prendiamo atto del fatto che gli argomenti contenuti nella vostra lettera del 6 giugno 2014 non sono nuovi e che essi sono stati presi in considerazione nella valutazione preliminare illustrata nella nostra lettera del 6 maggio 2014. Infatti, con vostra lettera del 6 giugno 2014, non avete ancora dimostrato che il tribunale arbitrale era un organismo che esercita pubblici poteri, avuto riguardo in particolare al fatto che tanto [la ricorrente quanto l’interveniente] hanno fatto ricorso all’arbitrato volontariamente, senza che sia esistito un obbligo di legge in tal senso. Riconoscete parimenti che [la ricorrente] (e pertanto lo Stato [greco]) aveva a sua disposizione diverse opzioni per determinare la tariffa che [essa] dovrebbe fatturare [all’interveniente]. Alla luce del fatto che il tribunale arbitrale aveva l’incarico di fissare una tariffa conformemente ai principi generali che governano il procedimento arbitrale, nonché alle decisioni e agli orientamenti adottati in precedenza dalla [RAE] in materia, lo Stato [greco] non sembra in grado di esercitare un’influenza determinante sul lodo arbitrale. Di conseguenza, i servizi della DG “Concorrenza” ribadiscono la loro posizione espressa nella lettera del 6 maggio 2014 in relazione all’assenza di imputabilità allo Stato [greco] di detto lodo, poiché non avete comunicato prove sufficienti per rimettere in discussione tale posizione.

Per quanto riguarda le vostre affermazioni secondo le quali la tariffa fissata dal tribunale arbitrale è inferiore ai costi [della ricorrente], rileviamo che i vostri argomenti sulla metodologia dei costi [non sono] compatibili con quelli delle autorità elleniche, [della] RAE e del tribunale arbitrale nel lodo arbitrale. Infatti, il tribunale arbitrale aveva come incarico specifico quello di fissare una tariffa che coprisse i costi [della ricorrente] e [quest’ultima] ha avuto l’opportunità di far valere i suoi argomenti in tale contesto. [Detto lodo] riconosce esplicitamente che [tale] tariffa (...) copre i costi [della ricorrente] oltre ad un utile ragionevole, tenendo al contempo conto del profilo di consumo [dell’interveniente]. Di conseguenza, i servizi della DG “Concorrenza” ribadiscono la posizione espressa nella lettera del 6 maggio 2014 sull’assenza di un vantaggio selettivo derivante dalla misura in questione, poiché non avete comunicato prove sufficienti per rimettere in discussione tale posizione.

Alla luce di quanto precede, i servizi della DG “Concorrenza” hanno concluso che le informazioni contenute nella vostra lettera del 6 giugno [2014] non forni[vano] alcuna prova che rimettesse in discussione la nostra valutazione preliminare nella nostra lettera del 6 maggio 2014. Prendiamo parimenti nota del fatto che non ci fornite alcuna informazione complementare che dimostri l’esistenza di una violazione del diritto in materia di aiuti di Stato.

Di conseguenza, i servizi della DG “Concorrenza” hanno concluso che tale informazione [non era] sufficiente per giustificare una nuova istruzione della vostra denuncia».

17      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 agosto 2014, la ricorrente ha proposto il ricorso avente il numero di ruolo T‑639/14 e volto all’annullamento della decisione della Commissione di chiudere l’istruzione delle sue denunce, come quella contenuta nella lettera controversa.

18      Con lettera del 7 ottobre 2014 depositata presso la cancelleria del Tribunale, la ricorrente e la Commissione hanno chiesto congiuntamente, ai sensi dell’articolo 77, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, una sospensione del procedimento contenzioso per un periodo di sei mesi, ossia fino al 7 aprile 2015, affinché la Commissione potesse riesaminare le questioni sollevate nell’istanza. Con ordinanza del presidente della Quarta Sezione del Tribunale del 24 ottobre 2014 tale istanza è stata accolta.

19      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 dicembre 2014, l’interveniente ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione nella causa T‑639/14.

20      Il 25 marzo 2015, la Commissione ha adottato la prima decisione impugnata (v. punto 3 supra).

21      A sostegno della prima decisione impugnata, la Commissione ha considerato quanto segue, segnatamente ai punti 12 e 13 di tale decisione:

«Nella [seconda] denuncia, [la ricorrente] fa anche riferimento alla [prima denuncia]. In questa [prima] denuncia, si asserisce che la decisione n. 346/2012 della RAE, che fissava una tariffa provvisoria dell’elettricità fornita [all’interveniente] fino a quando la controversia tra le due parti avente per oggetto detta tariffa non fosse stata risolta, obbligava [la ricorrente] a fornire l’elettricità [all’interveniente] a un prezzo inferiore a quello di mercato e, pertanto, a concedere [all’interveniente] un aiuto di Stato. Ciononostante, dal momento che il lodo arbitrale ha sostituito integralmente e con efficacia retroattiva la tariffa provvisoria fissata dalla RAE, la Commissione ritiene che la [prima] denuncia (…) sia divenuta senza oggetto.

Di conseguenza, la presente decisione si limita a valutare la [seconda] denuncia (...) relativa alla questione se, sulla base del lodo arbitrale, sia stato concesso un aiuto di Stato [all’interveniente] sotto forma di una tariffa per l’energia elettrica inferiore ai costi».

22      Pertanto, nell’ambito della sua analisi, la Commissione si è limitata a valutare la questione se la fissazione e l’attuazione di detta tariffa corrispondessero alla concessione di un vantaggio all’interveniente ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. A tal fine, essa ha esaminato se, accettando di definire la controversia con l’interveniente facendo ricorso al procedimento arbitrale e assoggettandosi al lodo arbitrale, la ricorrente, nella sua qualità di impresa pubblica, si era comportata in conformità ai requisiti risultanti dal criterio dell’investitore privato (punti da 25 a 47 della prima decisione impugnata). Essa ha concluso, da un lato, che le condizioni di applicazione di tale criterio erano soddisfatte nella specie e che, pertanto, all’interveniente non era stato concesso alcun vantaggio e, dall’altro, che, poiché la prima decisione impugnata rifletteva la sua posizione definitiva al riguardo, si doveva ritenere che la lettera controversa fosse stata sostituita da detta decisione (punti 48 e 49 di tale decisione).

23      La Commissione ha dunque constatato che il lodo arbitrale non costituiva un aiuto di Stato (sezione 4 della prima decisione impugnata).

24      Con lettere del 27 aprile e del 19 giugno 2015 depositate presso la cancelleria del Tribunale, la Commissione ha chiesto al Tribunale di dichiarare che, a seguito della prima decisione impugnata, il ricorso diretto avverso la lettera controversa era divenuto privo di oggetto e che non occorreva più statuire al riguardo. La ricorrente ha sottoposto al Tribunale le sue osservazioni su tale domanda con lettera del 3 luglio 2015.

25      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 giugno 2015, la ricorrente ha presentato il ricorso avente il numero di ruolo T‑352/15 e volto all’annullamento della prima decisione impugnata.

26      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 novembre 2015, l’interveniente ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione nella causa T‑352/15.

27      Con ordinanza del 9 febbraio 2016, DEI/Commissione (T‑639/14, non pubblicata, EU:T:2016:77, punti 36 e 37), il Tribunale ha deciso che non occorreva più statuire sul ricorso nella causa T‑639/14, in quanto, segnatamente, la prima decisione impugnata aveva formalmente sostituito la lettera controversa, cosicché quest’ultima «non appart[eneva] più all’ordinamento giuridico dell’Unione europea, poiché [essa] è stata abrogat[a] a partire da [detta] decisione». Esso ha parimenti deciso che, pertanto, non occorreva più statuire sulla domanda di intervento dell’interveniente.

28      Il 22 aprile 2016, la ricorrente ha impugnato tale ordinanza dinanzi alla Corte; l’impugnazione è stata iscritto a ruolo con il numero C‑228/16 P.

29      Con ordinanza dell’8 giugno 2016, DEI/Commissione (T‑352/15, non pubblicata, EU:T:2016:386), il Tribunale (Quarta Sezione) ha accolto la domanda di intervento dell’interveniente nella causa T‑352/15. L’interveniente ha depositato la memoria di intervento e le parti principali hanno depositato le loro osservazioni in relazione a tale memoria nei termini impartiti.

30      Con sentenza del 31 maggio 2017, DEI/Commissione (C‑228/16 P, EU:C:2017:409, punti 44 e 46), la Corte ha annullato l’ordinanza del 9 febbraio 2016, DEI/Commissione (T‑639/14, non pubblicata, EU:T:2016:77), ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale e ha riservato le spese.

31      A seguito della pronuncia di tale sentenza, la causa T‑639/14, avente adesso il numero di ruolo T‑639/14 RENV, è stata attribuita alla Quinta Sezione del Tribunale alla quale era assegnato il giudice relatore.

32      Con lettera del 27 luglio 2017, depositata presso la cancelleria del Tribunale, la ricorrente ha chiesto la riunione delle cause T‑639/14 RENV e T‑352/15 ai fini della fase orale del procedimento. Con lettera del 21 agosto 2017, la Commissione ha acconsentito a tale riunione.

33      Il 14 agosto 2017, la Commissione ha adottato la seconda decisione impugnata (v. punto 4 supra).

34      Con lettere del 24 agosto 2017 depositate presso la cancelleria del Tribunale, ossia successivamente all’adozione della seconda decisione impugnata, la Commissione ha chiesto al Tribunale di dichiarare, in applicazione dell’articolo 130 del regolamento di procedura del Tribunale, che i ricorsi nelle cause T‑639/14 RENV e T‑352/15 erano divenuti privi di oggetto e che non occorreva più statuire sui medesimi. Con lettera del 27 ottobre 2017, l’interveniente ha dichiarato di sostenere la domanda di non luogo a statuire della Commissione nella causa T‑352/15. Con lettere dello stesso giorno, la ricorrente ha indicato di opporsi alla pronuncia di un non luogo a statuire in tali cause.

35      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 novembre 2017, la ricorrente ha proposto un ricorso avente il numero di ruolo T‑740/17 e volto all’annullamento della seconda decisione impugnata.

36      Il 21 dicembre 2017, il Tribunale, a titolo di misure di organizzazione del procedimento, ha interpellato le parti in merito ad un’eventuale sospensione delle cause T‑639/14 RENV e T‑352/15 in attesa della conclusione della fase scritta del procedimento nella causa T‑740/17. Con lettere del 4 e dell’8 gennaio 2018, la Commissione e la ricorrente hanno rispettivamente indicato di non opporsi ad una siffatta sospensione.

37      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 marzo 2018, l’interveniente ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione nella causa T‑740/17.

38      Con ordinanze del 14 maggio 2018, il Tribunale ha disposto la riunione nel merito delle domande di non luogo a statuire della Commissione e ha riservato le spese nelle cause T‑639/14 RENV e T‑352/15.

39      Con ordinanza del 12 luglio 2018, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di intervento dell’interveniente nella causa T‑740/17. L’interveniente ha depositato la memoria di intervento e le parti del procedimento principale hanno depositato le loro osservazioni su quest’ultima entro i termini impartiti.

40      Con decisione del 13 luglio 2018, solo il procedimento nella causa T‑352/15 è stato sospeso in attesa della conclusione della fase scritta del procedimento nella causa T‑740/17.

41      Con ordinanza del 25 settembre 2018 nella causa T‑639/14 RENV, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di intervento presentata dall’interveniente nella causa T‑639/14. L’interveniente ha depositato la memoria di intervento e le parti del procedimento principale hanno depositato le loro osservazioni su quest’ultima entro i termini impartiti.

42      Con decisione del presidente del Tribunale del 28 febbraio 2019, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento di procedura, le cause T‑639/14 RENV, T‑352/15 e T‑740/17 sono state assegnate a un nuovo giudice relatore, appartenente alla Terza Sezione.

43      Il 28 marzo 2019, su proposta del giudice relatore, il Tribunale ha invitato le parti a pronunciarsi su un’eventuale riunione delle cause T‑639/14 RENV, T‑352/15 e T‑740/17 ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio. Con lettere del 4 aprile 2019, la Commissione ha acconsentito alla riunione di dette cause, senza chiedere il trattamento riservato di taluni documenti dei fascicoli. Con lettere del 25 aprile 2019, la ricorrente ha espresso il suo disaccordo in merito alla riunione della causa T‑639/14 RENV con le cause T‑352/15 e T‑740/17 e ne ha chiesto il trattamento separato, senza tuttavia chiedere il trattamento riservato di taluni documenti dei fascicoli.

44      A seguito della modifica delle sezioni del Tribunale, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione alla quale, di conseguenza, sono state attribuite le presenti cause.

45      Su proposta della Terza Sezione, il Tribunale, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, ha deciso di rinviare la causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

46      Con decisione del presidente della Terza Sezione ampliata del Tribunale del 26 febbraio 2020, le cause T‑639/14 RENV, T‑352/15 e T‑740/17 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio, conformemente all’articolo 68 del regolamento di procedura.

47      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

48      Con lettera del 3 giugno 2020, l’interveniente ha presentato osservazioni sulla relazione d’udienza che sono state versate agli atti e notificate alle altre parti.

49      A seguito della domanda della ricorrente di rinviare l’udienza inizialmente fissata per l’11 giugno 2020, con la motivazione che ai suoi avvocati dipendenti, ossia alle sig.re Oikonomou, Salaka e Synodinos, sarebbe stato impedito assistervi a causa del divieto di qualsiasi spostamento all’estero rivolto dal «superiore gerarchico della DEI» ai suoi dipendenti a causa della crisi sanitaria, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto un quesito scritto alla ricorrente concernente l’esistenza di un eventuale rapporto di lavoro fra la stessa e detti avvocati dipendenti e la loro autorizzazione a rappresentarla nell’ambito dei presenti procedimenti, invitandola a rispondervi per iscritto. La ricorrente ha risposto a tale quesito nel termine impartito.

50      Con lettera del 29 settembre 2020, la ricorrente ha presentato talune osservazioni sulla relazione d’udienza contenente otto allegati, la cui decisione sul loro versamento agli atti è stata riservata.

51      Con lettera del 5 ottobre 2020, l’interveniente ha presentato nuove osservazioni sulla relazione d’udienza, le quali sono state versate agli atti e notificate alle altre parti.

52      Le parti sono state sentite nelle loro difese orali e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale nel corso dell’udienza dell’8 ottobre 2020. All’udienza, il presidente ha deciso che le osservazioni della ricorrente sulla relazione d’udienza dovevano essere versate agli atti e notificate alle altre parti, e che alle stesse doveva essere impartito un temine per il deposito delle loro osservazioni, circostanza della quale è stato preso atto nel verbale di udienza.

53      Poiché la fase orale del procedimento è rimasta aperta a seguito dell’udienza, la Commissione e l’interveniente hanno presentato le loro osservazioni nel termine impartito e hanno contestato, sotto il profilo dell’articolo 85 del regolamento di procedura, la ricevibilità delle osservazioni della ricorrente sulla relazione d’udienza, allegati inclusi. A seguito della decisione del presidente di Sezione di concludere la fase orale del procedimento, la ricorrente, con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 gennaio 2021, ha chiesto che il Tribunale riaprisse detta fase orale per consentirle di prendere posizione su tali osservazioni della Commissione e dell’interveniente, nel contesto di un dibattito contraddittorio.

II.    Conclusioni delle parti

A.      Causa T639/14 RENV

54      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la lettera controversa nella parte in cui contiene la decisione di respingere le sue denunce;

–        condannare la Commissione alle spese.

55      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, pronunciare un non luogo a statuire;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto irricevibile ovvero infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

56      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese, incluse quelle da essa sostenute.

B.      Causa T352/15

57      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la prima decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

58      La Commissione e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        in via principale, pronunciare un non luogo a statuire;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto irricevibile ovvero infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

C.      Causa T740/17

59      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la seconda decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

60      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile ovvero infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

61      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese, incluse quelle da essa sostenute.

III. In diritto

A.      Osservazioni preliminari

62      In via preliminare, occorre rilevare che, ai fini della soluzione delle controversie, non deve essere esaminata la questione se gli «avvocati dipendenti» della ricorrente, ossia le sig.re Oikonomou, Salaka e Synodinos, siano abilitate a rappresentarla, in forza della legislazione ellenica applicabile, nell’ambito dei presenti procedimenti (v. punto 49 supra), poiché tale rappresentanza è sufficientemente assicurata dalle sig.re Bourtzalas, Tagaras, Waelbroeck e Moumoutzi.

63      Inoltre, è opportuno valutare in primo luogo il ricorso nella causa T‑740/17, dal momento che il suo esito può avere un impatto sul mantenimento dell’oggetto delle controversie e sull’interesse ad agire della ricorrente nelle cause T‑639/14 RENV e T‑352/15.

B.      Sulla causa T740/17

1.      Sulla ricevibilità

64      La Commissione, sostenuta dall’interveniente, fa valere che il ricorso è irricevibile in quanto, in primo luogo, la ricorrente non è né direttamente né individualmente interessata dalla seconda decisione impugnata; in secondo luogo, in assenza di effetti giuridici vincolanti nei confronti della ricorrente, avverso tale decisione non può essere proposto ricorso di annullamento e, in terzo luogo, la ricorrente non dimostra di avere un interesse ad agire.

65      In primo luogo, la Commissione deduce, in sostanza, che la ricorrente non ha la qualità di «interessato» ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE o dell’articolo 1, lettera h), del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9). Né il fatto di essere denunciante o di avere partecipato al procedimento amministrativo, né quello di essere obbligata a concedere il presunto aiuto tramite fondi propri sarebbe sufficiente a tal fine, bensì la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare la sua qualità di concorrente dell’interveniente, quale presunta impresa beneficiaria, cosa che non avrebbe fatto. Lo stesso varrebbe per il fatto di essere il «contenitore dal quale vengono prelevate risorse per finanziare l’aiuto (...) asserito», poiché l’economia dei costi di uno Stato membro o la salvaguardia della buona salute del settore pubblico non sono, in quanto tali, un obiettivo perseguito dalle norme in materia di aiuti di Stato.

66      Secondo la Commissione, sostenuta dall’interveniente, a maggior ragione, la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un’incidenza sostanziale sulla sua posizione di mercato da parte del presunto aiuto, cosicché gli strumenti intesi a rimettere in discussione la fondatezza della seconda decisione impugnata sono irricevibili. Essa precisa essenzialmente che tale presunto aiuto riguarda il rapporto di fornitura di energia elettrica da parte della ricorrente all’interveniente, ossia un rapporto di clientela e non di concorrenza fra tali imprese. Infatti, l’attività economica dell’interveniente e l’effetto della tariffa di cui trattasi sulla sua posizione concorrenziale rientrerebbero nel settore metallurgico, non rilevante nella specie, mentre la ricorrente sarebbe attiva nel settore della produzione o della fornitura di energia elettrica. Inoltre, come ammetterebbe la ricorrente stessa, il primo e il secondo motivo, nonché i motivi dal quarto al settimo, concernenti la «violazione degli articoli 107 e 108 TFUE» non farebbero riferimento ad eventuali serie difficoltà. Infine, la ricorrente non sarebbe neanche individuata nella sua qualità di erogatore del presunto aiuto, non potendo essere assimilata ad un’autorità locale che abbia agito nell’esercizio della sua autonomia legislativa e fiscale.

67      In secondo luogo, la Commissione ritiene che la seconda decisione impugnata non possa essere oggetto di un ricorso di annullamento da parte della ricorrente, in quanto detta decisione non produce effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sui suoi interessi, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica in quanto erogatore de facto del presunto aiuto. Tale decisione non vincolerebbe lo Stato greco, fermo restando essa conclude che la tariffa di cui trattasi esula dall’ambito di applicazione dell’articolo 107 TFUE. Per contro, l’obbligo della ricorrente di applicare tale tariffa discenderebbe dal suo impegno volontario di rispettare il lodo arbitrale e non dalla decisione stessa. Secondo la Commissione, la decisione in questione dà interamente soddisfazione allo Stato greco, poiché garantisce alle autorità elleniche la libertà di applicare la tariffa di cui trattasi, senza avviare il procedimento in relazione agli aiuti esistenti. Orbene, la ricorrente, quale impresa pubblica che ha concesso il presunto aiuto, non farebbe parte della categoria di ricorrenti legittimata a proporre un ricorso avverso una siffatta decisione.

68      In terzo luogo, la Commissione, sostenuta dall’interveniente, ritiene che la ricorrente non abbia un interesse ad agire avverso la seconda decisione impugnata. Tale decisione le darebbe interamente soddisfazione in quanto entità che concede il presunto aiuto, e l’obbligo di concederlo all’interveniente discenderebbe esclusivamente dal lodo arbitrale. A suo avviso, l’interesse che la ricorrente tenta di proteggere non si inserisce tra gli obiettivi perseguiti dal diritto in materia di aiuti di Stato e la sua azione è contraria alla finalità degli articoli 107 e 108 TFUE, i quali si basano sulla logica secondo la quale l’ente che conferisce l’aiuto intende disporre del più ampio margine di manovra al riguardo. Essa paragona la strategia della ricorrente a quella di un’autorità locale che ha firmato un contratto considerato non più redditizio e lo denuncia come aiuto di Stato al fine di liberarsi del suo impegno. Tale comportamento sarebbe contrario, segnatamente, al principio di diritto secondo il quale nessuno può trarre vantaggio dal proprio comportamento illecito (nemo auditur propriam turpitudinem allegans ou venire contra factum proprium). L’interveniente precisa che la ricorrente fa valere erroneamente e in maniera abusiva un interesse di natura «privata» non protetto dall’articolo 108 TFUE, ossia i suoi interessi finanziari propri, e non la sua qualità di «Stato», unico capace di accordare un aiuto di Stato illegittimo. La ricorrente tenterebbe di creare confusione fra, da un lato, la sua appartenenza allo Stato greco, il quale, in quanto suo azionista di maggioranza, approva regolarmente le sue tariffe per i clienti dell’alta tensione e, dall’altro, il suo interesse «privato» per fondare il suo interesse ad agire insistendo al contempo nel suo argomento erroneo concernente l’esistenza di un aiuto.

69      La ricorrente contesta gli argomenti della Commissione e dell’interveniente e ritiene che il presente ricorso sia ricevibile.

70      È necessario trattare, anzitutto, la questione se la seconda decisione impugnata costituisca un atto impugnabile, poi la questione se la ricorrente dimostri un interesse ad agire e, infine, la questione se essa sia legittimata ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

71      In primo luogo, per costante giurisprudenza, sono considerati «atti impugnabili» ai sensi dell’articolo 263 TFUE tutti i provvedimenti, a prescindere dalla loro forma, adottati dalle istituzioni dell’Unione ed intesi alla produzione di effetti giuridici vincolanti. Per stabilire se un atto impugnato produca siffatti effetti, occorre tener conto della sua sostanza. Tali effetti devono essere valutati in funzione di criteri obiettivi, quali il contenuto di tale atto, tenendo conto, eventualmente, del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato, nonché dei poteri dell’istituzione emanante (v., in tal senso, sentenze del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione, C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punti 54 e 55 e la giurisprudenza ivi citata, e del 25 ottobre 2017, Romania/Commissione, C‑599/15 P, EU:C:2017:801, punti 47 e 48). Inoltre, nel caso di un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica, come nella specie, è necessario che gli effetti giuridici vincolanti dell’atto impugnato siano idonei ad incidere sugli interessi della ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione, C‑463/10 P e C‑475/10 P, EU:C:2011:656, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

72      Nella specie, la seconda decisione impugnata costituisce una decisione che dichiara l’inesistenza di un aiuto, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589, il cui carattere giuridicamente vincolante nei confronti del suo destinatario, la Repubblica ellenica, ai sensi dell’articolo 288, quarto comma, TFUE, è pacifico.

73      Al riguardo, la Commissione e l’interveniente fanno valere senza successo che la seconda decisione impugnata non produce effetti giuridici vincolanti nei confronti della ricorrente.

74      Infatti, da una giurisprudenza costante risulta che l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589 impone alla Commissione, a seguito del deposito delle osservazioni integrative presentate dagli interessati, o del decorso di un termine ragionevole, di concludere la fase di esame preliminare con l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2, 3 o 4, del regolamento medesimo, vale a dire una decisione in cui si dichiari l’inesistenza dell’aiuto, come nella specie, di non sollevare obiezioni o di avviare il procedimento d’indagine formale (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2008, Athinaïki Techniki/Commissione, C‑521/06 P, EU:C:2008:422, punti da 37 a 40; del 16 dicembre 2010, Athinaïki Techniki/Commissione, C‑362/09 P, EU:C:2010:783, punto 63, e del 31 maggio 2017, DEI/Commissione, C‑228/16 P, EU:C:2017:409, punto 29). Ne discende necessariamente che una siffatta decisione comporta effetti giuridici obbligatori ai sensi dell’articolo 288, quarto comma, TFUE anche nei confronti di siffatti interessati.

75      Inoltre, applicando tale giurisprudenza ai fatti all’origine della causa T‑639/14 RENV, la Corte ha dichiarato che, con l’adozione della lettera controversa, la Commissione aveva adottato un atto di archiviazione della causa con cui aveva deciso di concludere il procedimento preliminare d’esame avviato a seguito della denuncia della ricorrente, aveva rilevato che l’indagine avviata non aveva consentito di dichiarare la sussistenza di un aiuto ai sensi dell’articolo 107 TFUE, e aveva negato quindi l’avvio del procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE. A suo avviso, la Commissione ha in tal modo assunto una posizione definitiva sulla domanda della ricorrente volta a far dichiarare la violazione degli articoli 107 e 108 TFUE. Essa ha precisato che, poiché la lettera controversa aveva impedito alla ricorrente di presentare proprie osservazioni nell’ambito del procedimento d’indagine formale, detta lettera aveva prodotto effetti giuridici obbligatori tali da incidere sugli interessi della ricorrente. Essa ne ha concluso che tale decisione costituiva un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2017, DEI/Commissione, C‑228/16 P, EU:C:2017:409, punti 30 e 31 e la giurisprudenza ivi citata).

76      È giocoforza constatare che lo stesso vale per la seconda decisione impugnata, la quale, secondo le asserzioni della Commissione stessa, è reputata sostituirsi tanto alla lettera controversa quanto alla prima decisione impugnata.

77      Tale valutazione non viene rimessa in discussione dagli argomenti addotti dalla Commissione e dall’interveniente.

78      Da un lato, la Commissione non è legittimata ad invocare, a sostegno della sua linea argomentativa, la giurisprudenza secondo la quale il carattere impugnabile di un atto presuppone che quest’ultimo miri a produrre effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica (v. sentenza del 17 luglio 2008, Athinaïki Techniki/Commissione, C‑521/06 P, EU:C:2008:422, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata), poiché tale linea argomentativa viola la giurisprudenza richiamata al punto 75 supra, nonché il fatto che, ai fini dell’archiviazione delle denunce della ricorrente, la seconda decisione impugnata respinge la sua richiesta di istruire la questione se la tariffa di cui trattasi comportava la concessione di un vantaggio e, pertanto, di qualificare l’esito del procedimento arbitrale come misura di aiuto.

79      Dall’altro, la Commissione e l’interveniente non possono validamente far valere che la ricorrente non sarebbe un «interessato» la cui situazione giuridica non verrebbe lesa, poiché non protetta dal diritto degli aiuti di Stato, sulla base del rilievo che, segnatamente, la seconda decisione impugnata darebbe in realtà interamente soddisfazione allo Stato greco, con il quale la ricorrente si confonderebbe a causa della sua qualità di impresa pubblica controllata dalle autorità elleniche.

80      In conformità alla nozione di «interessati» di cui all’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589, nella sua sentenza del 31 maggio 2017, DEI/Commissione (C‑228/16 P, EU:C:2017:409, punti da 29 a 31), la Corte ha preso le mosse da una nozione ampia di «interessato» la quale includeva ogni persona i cui interessi potrebbero essere lesi dalla concessione di un aiuto, incluso il denunciante la cui denuncia si trova all’origine dell’avvio della fase di esame preliminare. Nella specie, essa ha sottolineato in tal senso che la lettera controversa produceva effetti giuridici vincolanti tali da incidere sugli interessi della ricorrente, impedendole di presentare proprie osservazioni nell’ambito di un procedimento d’indagine formale, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, il che implica necessariamente che essa abbia riconosciuto il suo status di interessato ai sensi di questa stessa disposizione. Tale valutazione si applica mutatis mutandis alla seconda decisione impugnata che è considerata avere sostituito la lettera controversa. Di conseguenza, deve essere respinto l’argomento secondo il quale, nella sua sentenza, la Corte non avrebbe verificato se la ricorrente era un interessato.

81      Tale valutazione è corroborata dalla giurisprudenza secondo la quale la nozione di interessato, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, è oggetto di interpretazione ampia (sentenza del 14 novembre 1984, Intermills/Commissione, 323/82, EU:C:1984:345, punto 16). Analogamente, l’impiego dell’espressione «in particolare» nell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589 indica che detta disposizione contiene unicamente un elenco non esaustivo delle persone che possono essere qualificate come interessati, cosicché tale nozione fa riferimento ad un insieme indeterminato di destinatari (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2019, Copebi, C‑505/18, EU:C:2019:500, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata). In tal senso, è stato statuito che tale disposizione non escludeva che un’impresa, che non fosse diretta concorrente del beneficiario dell’aiuto venisse qualificata come interessata, ove essa affermasse che i suoi interessi avrebbero potuto essere lesi dalla concessione dell’aiuto, e che, a tal fine, era sufficiente che essa desse sufficiente dimostrazione che l’aiuto rischiava di avere concrete ripercussioni sulla sua situazione (v., in tal senso, sentenza del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex, C‑83/09 P, EU:C:2011:341, punti da 63 a 65 e la giurisprudenza ivi citata).

82      Pertanto, deve essere respinto l’argomento della Commissione e dell’interveniente secondo il quale occorre escludere dalla nozione di interessato le persone che non intrattengono un rapporto concorrenziale con il presunto beneficiario dell’aiuto in questione.

83      Al contrario, per poter essere qualificate come interessate, è sufficiente che le persone facciano valere che i loro interessi potrebbero essere lesi dalla concessione di detto aiuto (v. punto 81 supra). Ciò avviene nel caso di specie, dal momento che, da un lato, secondo la ricorrente, il lodo arbitrale che fissa la tariffa di cui trattasi la obbliga ad accordare aiuti illegittimi all’intervenente causandole al contempo perdite finanziarie e, dall’altro, a causa dell’archiviazione della sua denuncia da parte, segnatamente, della seconda decisione impugnata, essa si vede privata della possibilità di far valere le sue osservazioni al riguardo nell’ambito di un procedimento di indagine formale.

84      Ne consegue che, nella misura in cui la ricorrente fa valere, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, primo comma, e l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, che la tariffa di cui trattasi costituisce un aiuto vietato dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE che lede i suoi interessi economici, essa dispone dello status di «interessata» ai sensi dell’articolo 1, lettera h), dello stesso regolamento, e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, alla quale gli atti impugnati che archiviano le sue denunce impediscono di presentare osservazioni nel corso di un procedimento d’indagine formale.

85      Deve essere pertanto respinta la linea argomentativa della Commissione e dell’interveniente secondo la quale la seconda decisione impugnata non incide né sulla situazione giuridica né sugli interessi della ricorrente, quale parte interessata.

86      In secondo luogo, da una giurisprudenza costante, anche in materia di aiuti di Stato, risulta che un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento di detto atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto. Inoltre, tale interesse deve essere concreto ed attuale e va valutato al giorno in cui il ricorso viene proposto (v., in tal senso, sentenze del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punti 55 e 56, e del 7 novembre 2018, BPC Lux 2 e a./Commissione, C‑544/17 P, EU:C:2018:880, punti 28 e 29 e giurisprudenza ivi citata).

87      Nella specie, la Commissione e l’interveniente rimettono in discussione l’esistenza di un interesse ad agire della ricorrente deducendo sostanzialmente gli stessi motivi invocati a sostegno del loro argomento infondato secondo il quale la seconda decisione impugnata non costituirebbe un atto impugnabile.

88      Dalle considerazioni svolte ai punti da 71 a 85 supra risulta tuttavia che il ricorso della ricorrente è diretto avverso un atto lesivo che incide sulla sua posizione giuridica e sui suoi interessi e che, pertanto, il suo annullamento può procurargli un beneficio, se non altro perché è idoneo, ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE, ad indurre la Commissione ad avviare il procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

89      A tal riguardo, non può essere accolta la linea argomentativa della Commissione e dell’interveniente, relativa alla confusione fra lo Stato greco e la ricorrente per imputarle l’asserita soddisfazione delle autorità elleniche per l’esito del procedimento arbitrale e alla comparazione della situazione della ricorrente con quella di un’autorità locale. Infatti, la ricorrente ha illustrato, in maniera circostanziata, le ragioni per le quali essa riteneva che, da un lato, la sua situazione economica fosse lesa dal lodo arbitrale in quanto le imponeva di fatturare la fornitura di energia elettrica all’interveniente al di sotto dei suoi costi di produzione e che, dall’altro, gli atti impugnati che archiviavano le sue denunce le impedissero di far valere le proprie osservazioni nel corso di un procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE. Alla luce di tale linea argomentativa, dalla giurisprudenza richiamata ai punti 74 e 75 supra risulta che un eventuale annullamento, segnatamente, della seconda decisione impugnata con la motivazione che la Commissione si trovava di fronte a dubbi o a serie difficoltà quanto all’esistenza di un aiuto di Stato può procurare un beneficio alla ricorrente, appunto in quanto è idoneo a costringere la Commissione ad avviare il procedimento d’indagine formale, nell’ambito del quale essa potrebbe avvalersi delle garanzie procedurali conferitele ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2019, a&o hostel and hotel Berlin/Commissione, T‑578/17, non pubblicata, EU:T:2019:437, punto 52).

90      A tal riguardo, l’argomento della Commissione e dell’interveniente secondo il quale gli effetti giuridici vincolanti lesivi della ricorrente non sarebbero attribuibili alla seconda decisione impugnata, bensì al lodo arbitrale, non può essere accolto, poiché detta decisione respinge la domanda della ricorrente di qualificare come misura di aiuto l’esito del procedimento arbitrale e la ricorrente addebita appunto alla Commissione di avere illegittimamente omesso di istruire, in tale decisione, la questione se la tariffa di cui trattasi comportava la concessione di un vantaggio (v. punto 78 supra). Tale valutazione non è inficiata dal fatto che la ricorrente ha sottoposto volontariamente la controversia con l’interveniente all’arbitrato, poiché tale iniziativa non implica necessariamente che essa concordi previamente con il suo esito, come è dimostrato peraltro dal fatto che essa ha contestato detto lodo, senza successo, dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene).

91      La Commissione non è neppure legittimata a far valere una violazione del principio di diritto secondo il quale nessuno può trarre vantaggio dal proprio comportamento illecito. Tale argomento costituisce unicamente un’altra variante di quello destinato a confondere la situazione della ricorrente con quella dello Stato greco e ad imputarle l’eventuale soddisfazione delle autorità elleniche per l’esito del procedimento arbitrale, cosicché neanch’esso può essere accolto. Per le stesse ragioni, deve essere respinto l’argomento dell’interveniente secondo il quale la ricorrente invocherebbe erroneamente e in maniera abusiva un presunto «interesse (finanziario) privato», non protetto dal diritto degli aiuti di Stato in quanto i suoi interessi si confondono con quelli dello Stato greco che la controlla.

92      Di conseguenza, si deve concludere che la ricorrente dimostra un interesse ad agire avverso la seconda decisione impugnata.

93      In terzo luogo, per quanto riguarda la legittimazione ad agire della ricorrente ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, si deve ricordare che la Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta l’incidenza tanto diretta quanto individuale sulla ricorrente, ai sensi di tale disposizione, da parte della seconda decisione impugnata, adducendo segnatamente che la ricorrente non sarebbe né un’«interessata» né un’impresa concorrente dell’interveniente, la cui posizione di mercato potrebbe essere lesa in maniera sostanziale dal presunto aiuto.

94      Orbene, per i motivi illustrati ai punti da 79 a 84 supra, deve essere respinta a priori la linea argomentativa della Commissione e dell’interveniente intesa a rimettere in discussione lo status di interessata della ricorrente. Si deve dunque ritenere che la ricorrente costituisca una siffatta interessata ai fini della determinazione della sua legittimazione ad agire.

95      Infatti, in conformità ad una costante giurisprudenza, per riconoscere la ricevibilità di un ricorso diretto avverso una decisione adottata ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 o 3, del regolamento 2015/1589, è sufficiente che il ricorrente sia un «interessato» che, con il suo ricorso, mira ad ottenere la salvaguardia dell’esercizio dei suoi diritti procedurali di cui godrebbe a seguito dell’avvio di un procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE. Più precisamente, nell’ambito di un ricorso diretto avverso una siffatta decisione, la sua legittimità dipende dall’esame della questione se esistano serie difficoltà nella determinazione dell’esistenza di un aiuto o dubbi circa la compatibilità di un siffatto aiuto con il mercato interno, i quali devono dar luogo all’avvio di un procedimento d’indagine formale al quale possono partecipare gli interessati contemplati all’articolo 1, lettera h), di detto regolamento. Di conseguenza, siffatta decisione riguarda direttamente ed individualmente ogni interessato ai sensi di tale disposizione in quanto, quale beneficiario delle garanzie procedurali previste all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e all’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento, esso può ottenerne il rispetto solo se ha la possibilità di contestare detta decisione dinanzi al giudice dell’Unione. Pertanto, secondo tale giurisprudenza, lo status particolare di interessato ai sensi dell’articolo 1, lettera h), dello stesso regolamento, legato all’oggetto specifico del ricorso, è sufficiente per individualizzare, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, il ricorrente che contesti una decisione adottata in forza dell’articolo 4, paragrafi 2 o 3, dello stesso regolamento (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex, C‑83/09 P, EU:C:2011:341, punti 47 e 48 e la giurisprudenza ivi citata, e del 20 giugno 2019, a&o hostel and hotel Berlin/Commissione, T‑578/17, non pubblicata, EU:T:2019:437, punto 41).

96      Qualora, come nella specie, tali condizioni siano soddisfatte, non è dunque necessario esaminare la questione estremamente dibattuta fra le parti se la ricorrente possa essere qualificata come impresa concorrente dell’interveniente per riconoscerle la legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Infatti, è solo nel caso in cui la ricorrente mettesse in discussione la fondatezza della decisione controversa in quanto tale che il semplice fatto che essa possa essere considerata come «interessato» a norma dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE non può essere sufficiente per far ammettere la ricevibilità del ricorso e la stessa deve allora provare di avere una qualità particolare ai sensi della sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione (25/62, EU:C:1963:17, pag. 223), e, in particolare, che la sua posizione sul mercato è sostanzialmente danneggiata dall’aiuto che costituisce oggetto di tale decisione (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2005, Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum, C‑78/03 P, EU:C:2005:761, punto 37).

97      La giurisprudenza ha precisato inoltre che un ricorrente che chiede l’annullamento di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 o 3, del regolamento 2015/1589, mette in discussione essenzialmente il fatto che tale decisione è stata presa senza che tale istituzione avviasse il procedimento d’indagine formale, violando così i suoi diritti procedurali. A sostegno di un siffatto ricorso, il ricorrente può invocare qualsiasi motivo idoneo a dimostrare che la valutazione delle informazioni e degli elementi di cui la Commissione disponeva o poteva disporre, durante la fase preliminare di esame, avrebbe dovuto far sorgere serie difficoltà nella determinazione dell’esistenza di un aiuto di Stato o dubbi circa la compatibilità di un siffatto aiuto con il mercato interno, senza che ciò possa comportare la trasformazione dell’oggetto del ricorso né la modifica dei presupposti di ricevibilità di quest’ultimo. Al contrario, secondo tale giurisprudenza, l’esistenza di siffatti dubbi è proprio la prova che deve essere fornita per dimostrare che la Commissione era tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589 (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex, C‑83/09 P, EU:C:2011:341, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata; del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione, C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punto 81, e del 20 giugno 2019, a&o hostel and hotel Berlin/Commissione, T‑578/17, non pubblicata, EU:T:2019:437, punti 45 e 46).

98      Pertanto, trattandosi di un ricorso che contesta la legittimità di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 o 3, del regolamento 2015/1589, senza avvio del procedimento formale, occorre, in linea di principio, esaminare la totalità delle censure e degli argomenti sollevati dalla ricorrente nell’ambito dei motivi dedotti, al fine di valutare la questione se essi consentano di individuare serie difficoltà o dubbi in presenza dei quali la Commissione sarebbe stata tenuta ad avviare detto procedimento (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2019, a&o hostel and hotel Berlin/Commissione, T‑578/17, non pubblicata, EU:T:2019:437, punti 45, 46 e 49 e la giurisprudenza ivi citata).

99      Nella specie, la Commissione contesta che il presente ricorso miri unicamente a far valere dubbi e a salvaguardare le garanzie procedurali della ricorrente nell’ambito di un procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE. Essa precisa, in sostanza, che, in realtà, i motivi di annullamento dedotti a sostegno di tale ricorso sono destinati a rimettere in discussione la fondatezza della seconda decisione impugnata, cosicché la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare la sua legittimazione ad agire ai sensi della sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione (25/62, EU:C:1963:17, pag. 223), e, segnatamente, un’incidenza sostanziale sulla sua posizione di mercato in quanto impresa concorrente.

100    È vero che, a differenza degli atti introduttivi nelle cause T‑639/14 RENV e T‑352/15, l’atto introduttivo nella causa T‑740/17 non contiene una parte introduttiva separata che precede i motivi di annullamento specificante l’oggetto del presente ricorso, il quale consisterebbe nell’invocare l’esistenza di «dubbi» o di «serie difficoltà». Resta nondimeno il fatto che i punti 35 e 36 di quest’ultimo atto facciano riferimento alla giurisprudenza relativa alla nozione di «serie difficoltà» nel contesto della ricevibilità. Inoltre, i motivi di annullamento secondo e dal quarto al settimo contengono riferimenti analoghi espressi che specificano di essere destinati a dimostrare l’esistenza di «dubbi [seri]» o «serie difficoltà» che avrebbero dovuto indurre la Commissione ad avviare il procedimento d’indagine formale (v. punti 65, 91, 116, 129, 143, 148, 163, 187, 205 e 225 dello stesso atto). Il fatto che una precisazione analoga difetti nell’esposizione del primo e del terzo motivo non inficia tale valutazione, dal momento che siffatti motivi, ossia la presunta violazione, da un lato, dei requisiti risultanti dalla sentenza del 31 maggio 2017, DEI/Commissione (C‑228/16 P, EU:C:2017:409), e, dall’altro, dell’obbligo di motivazione e di esame diligente e completo del caso di specie, rivestono un carattere essenzialmente formale e procedurale e sono appunto connessi al dovere della Commissione di motivare l’assenza di dubbi circa l’esistenza di un aiuto di Stato o di serie difficoltà nell’istruzione del fascicolo.

101    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che il presente ricorso è ricevibile nei limiti in cui mira ad ottenere la salvaguardia delle garanzie procedurali della ricorrente di cui essa godrebbe, in quanto interessata, nell’ipotesi di avvio del procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

102    A tal riguardo, i motivi di annullamento dedotti devono essere considerati diretti a far valere l’esistenza di dubbi ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento 2015/1589 o di difficoltà serie ai sensi della giurisprudenza (v., in tal senso, sentenze del 12 febbraio 2008, BUPA e a./Commissione, T‑289/03, EU:T:2008:29, punto 328, e del 9 settembre 2020, Kerkosand/Commissione, T‑745/17, EU:T:2020:400, punto 106) che avrebbero dovuto indurre la Commissione ad avviare il procedimento d’indagine formale. In tale contesto, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 97 supra, è irrilevante che taluni di siffatti motivi siano formulati in termini di violazione (manifesta) di una norma di diritto o contengano censure dirette a far constatare un errore (manifesto) di valutazione, poiché il riconoscimento di una siffatta violazione o di un siffatto errore implicano necessariamente quello dell’esistenza di dubbi o difficoltà serie (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Belgique/Deutsche Post e DHL International, C‑148/09 P, EU:C:2011:603, punti da 58 a 66).

103    Di conseguenza, si deve concludere che la ricorrente dimostra di essere legittimata ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE e che il ricorso deve essere dichiarato ricevibile, senza che sia necessario verificare se la seconda decisione impugnata costituisca un «atto regolamentare».

2.      Nel merito

a)      Sui motivi di annullamento e sulla portata del controllo della legittimità nel merito

104    A sostegno del presente ricorso, la ricorrente fa valere sette motivi di annullamento.

105    Nell’ambito del primo motivo, la ricorrente contesta alla Commissione di avere interpretato erroneamente la sentenza del 31 maggio 2017, DEI/Commissione (C‑228/16 P, EU:C:2017:409).

106    Nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente addebita alla Commissione di non avere eseguito correttamente gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589 e, in particolare, di avere violato il suo diritto ad essere sentita, come garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

107    Nell’ambito del terzo motivo, la ricorrente allega una motivazione insufficiente e contraddittoria, nonché una violazione dell’obbligo di esaminare gli elementi di fatto e di diritto rilevanti al fine di valutare segnatamente ciò che il compromesso arbitrale definiva come «parametri chiari e oggettivi».

108    Con il quarto motivo, la ricorrente invoca un errore di diritto «manifesto» nell’applicazione del criterio dell’investitore privato avveduto e nell’interpretazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE ritenendo che la tariffa di cui trattasi fosse una «conseguenza logica» di tali parametri.

109    Con il quinto motivo, la ricorrente fa valere, da un lato, un errore di diritto «manifesto» nell’interpretazione e nell’applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE inficiante la valutazione secondo cui la Commissione non era tenuta ad effettuare valutazioni economiche complesse, e, dall’altro, un errore di diritto «manifesto» e un errore manifesto di valutazione dei fatti, in quanto essa non avrebbe provveduto ad esaminare gli elementi determinanti per accertare la sussistenza di un aiuto di Stato.

110    Con il sesto motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 107, paragrafo 1, e l’articolo 108, paragrafo 2, TFUE incorrendo in errori manifesti di valutazione dei fatti relativa all’applicabilità del criterio dell’investitore privato avveduto in economica di mercato (prima parte) e all’applicazione di detto criterio (seconda parte).

111    Con il settimo motivo, la ricorrente addebita alla Commissione di avere commesso un errore manifesto nell’interpretazione e nell’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, di avere violato il suo obbligo di motivazione e di avere commesso un errore manifesto di valutazione dei fatti non avendo svolto ulteriori indagini sulla sua prima denuncia ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, con la motivazione che quest’ultima era divenuta priva di oggetto a seguito del lodo arbitrale.

112    Per quanto riguarda la portata del controllo della legittimità che il Tribunale è chiamato ad esercitare al riguardo, occorre ricordare che l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e l’articolo 4 del regolamento 2015/1589 istituiscono una fase preliminare di esame delle misure di aiuto notificate. A conclusione di tale fase, la Commissione constata o che tale misura non costituisce un aiuto oppure che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo, TFUE. In quest’ultima ipotesi, la predetta misura può non sollevare dubbi circa la sua compatibilità con il mercato interno o, al contrario, può sollevarne (v., in tal senso, sentenza del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex, C‑83/09 P, EU:C:2011:341, punto 43).

113    Quando, in esito alla fase di esame preliminare, la Commissione adotta una decisione con la quale constata che una misura statale non costituisce un aiuto incompatibile con il mercato interno, essa rifiuta implicitamente di avviare il procedimento d’indagine formale. Tale principio si applica sia nel caso in cui la decisione sia adottata per il motivo che la Commissione ritiene che l’aiuto sia compatibile con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento 2015/1589, la cosiddetta «decisione di non sollevare obiezioni», sia qualora essa sia del parere, come nella specie, che la misura non rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e non costituisca quindi un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, dello stesso regolamento (v., in tal senso, sentenze del 16 marzo 2021, Commissione/Polonia, C‑562/19 P, EU:C:2021:201, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata, e del 19 giugno 2019, Ja zum Nürburgring/Commissione, T‑373/15, EU:T:2019:432, punto 111 e la giurisprudenza ivi citata).

114    Per contro, da una giurisprudenza costante risulta che la Commissione, qualora non possa acquisire la convinzione – al termine di un primo esame nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE – che una misura di aiuto di Stato non costituisce un «aiuto» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, o che tale misura, se qualificata come aiuto, è compatibile con il Trattato FUE, oppure qualora tale procedimento non le abbia consentito di superare tutte le serie difficoltà sollevate dalla valutazione della compatibilità della misura in esame, tale istituzione è tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, senza disporre a tal proposito di alcun margine di discrezionalità. Tale obbligo corrisponde a quello sancito dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento 2015/1589, ai sensi del quale la Commissione è tenuta ad avviare il procedimento previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE quando sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato interno della misura in esame (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punti 113 e 185 e la giurisprudenza ivi citata; ordinanza del 25 giugno 2019, Fred Olsen/Naviera Armas, C‑319/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:542, punto 30, e sentenza del 20 giugno 2019, a&o hostel and hotel Berlin/Commissione, T‑578/17, non pubblicata, EU:T:2019:437, punto 57).

115    La nozione di serie difficoltà coincide con quella di dubbi (v., in tal senso, sentenze del 12 febbraio 2008, BUPA e a./Commissione, T‑289/03, EU:T:2008:29, punto 328, e del 9 settembre 2020, Kerkosand/Commissione, T‑745/17, EU:T:2020:400, punto 106) ed è oggettiva. La sussistenza di simili difficoltà deve essere ricercata non soltanto nelle circostanze dell’adozione della decisione della Commissione in esito all’esame preliminare, ma anche nelle valutazioni sulle quali essa si è fondata. Ne consegue che la legittimità di una decisione di non sollevare obiezioni, fondata sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento 2015/1589, dipende dalla questione se la valutazione delle informazioni e degli elementi di cui la Commissione disponeva o poteva disporre, al momento della fase preliminare di esame della misura notificata, avrebbe dovuto oggettivamente far sorgere dubbi circa la compatibilità di tale misura con il mercato interno, dato che simili dubbi devono dar luogo all’avvio di un procedimento d’indagine formale a cui possono partecipare gli interessati menzionati all’articolo 1, lettera h), dello stesso regolamento (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione, C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punti 79 e 80 e la giurisprudenza ivi citata, e del 20 giugno 2019, a&o hostel and hotel Berlin/Commissione, T‑578/17, non pubblicata, EU:T:2019:437, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata).

116    Infatti, la giurisprudenza ha chiarito in proposito anche che la legittimità di una tale decisione doveva essere valutata alla luce delle informazioni di cui la Commissione poteva disporre quando l’ha adottata, ove gli elementi d’informazione di cui essa «poteva disporre» erano quelli che risultavano pertinenti ai fini della valutazione da compiere e di cui essa avrebbe potuto, su richiesta, ottenere la produzione nel corso della fase di esame preliminare (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice, C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punti 70 e 71).

117    La prova dell’esistenza di serie difficoltà o di dubbi incombe sul ricorrente, prova che quest’ultimo può fornire sulla base di un insieme di indizi concordanti, in particolare facendo valere e dimostrando l’insufficienza o l’incompletezza dell’esame svolto dalla Commissione nel corso del procedimento di esame preliminare (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione, C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punto 82 e la giurisprudenza ivi citata, e del 20 giugno 2019, a&o hostel and hotel Berlin/Commissione, T‑578/17, non pubblicata, EU:T:2019:437, punti 59 e 60 e la giurisprudenza ivi citata).

118    Alla luce delle nozioni di dubbi o di serie difficoltà ai sensi della giurisprudenza di cui ai punti da 112 a 116 supra, è necessario esaminare congiuntamente i motivi dal terzo al quinto, nella misura in cui sono intesi a contestare la seconda decisione impugnata per non avere risposto in maniera sufficiente alle denunce della ricorrente, sebbene esse avessero fatto valere che il lodo arbitrale, nella misura in cui aveva fissato la tariffa di cui trattasi, conferiva un vantaggio a favore dell’interveniente non corrispondente alle condizioni del mercato, e per essersi cionondimeno rifiutata di avviare il procedimento d’indagine formale.

b)      Sui motivi dal terzo al quinto

1)      Richiamo dei principali argomenti delle parti nell’ambito del terzo motivo

119    A sostegno del terzo motivo, relativo ad una motivazione insufficiente e contraddittoria, nonché ad una violazione dell’obbligo di esaminare gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, la ricorrente sostiene, in sostanza, che, al punto 48 della seconda decisione impugnata, la Commissione ha interpretato in maniera erronea il contenuto della seconda denuncia, la quale non verteva sulla questione se la sua scelta di sottoporsi all’arbitrato costituisse un aiuto di Stato, bensì su quella se la tariffa di cui trattasi imposta dal lodo arbitrale costituisse un siffatto aiuto. Orbene, in assenza di un’esposizione sufficiente della valutazione degli elementi di diritto e di fatto rilevanti e delle ragioni del cambiamento di approccio della Commissione rispetto a quello seguito nella sua decisione 2010/460/CE, del 19 novembre 2009, relativa agli aiuti di Stato C 38/A/04 (ex NN 58/04) e C 36/B/06 (ex NN 38/06) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni [notificata con il numero C(2009) 8112] (GU 2010, L 227, pag. 62; in prosieguo: la «decisione Alcoa»), la seconda decisione impugnata sarebbe viziata da una motivazione insufficiente e contraddittoria. Secondo la ricorrente, la Commissione, avendo omesso di verificare la fondatezza della modalità di calcolo e dell’importo della tariffa di cui trattasi e limitandosi a concludere di aver agito come un investitore privato avveduto, alla luce dei parametri che l’avevano indotta a sottoporsi all’arbitrato, si è sostanzialmente discostata dal suo approccio adottato al considerando 154 della decisione Alcoa, senza tuttavia motivare tale mutamento in maniera specifica.

120    Secondo la ricorrente, il punto 43 della seconda decisione impugnata indica erroneamente che il compromesso arbitrale, sulla base del quale il tribunale arbitrale doveva procedere all’«aggiornamento» e all’«adeguamento» del progetto di contratto di fornitura di energia elettrica e determinare così le condizioni tariffarie applicabili, fissava «parametri chiari e oggettivi», sebbene una motivazione sufficiente avrebbe presupposto una valutazione attenta e seria di detti parametri. Essa osserva che il punto 42 di detta decisione si limita a fare riferimento ai «principi fondamentali di definizione delle tariffe dell’energia elettrica per i clienti dell’alta tensione» e al fatto che, secondo il compromesso arbitrale, il lodo arbitrale doveva garantire che le condizioni tariffarie obbedissero non solo alle caratteristiche del consumo dell’interveniente, ma coprissero anche «almeno» i suoi costi. Essa contesta il carattere «chiaro e oggettivo» di tali parametri, alla luce, segnatamente, della necessità di determinare le condizioni tariffarie tramite un calcolo aritmetico e dell’espressione vaga «almeno». Anche ammesso che l’interpretazione di detti criteri non sia ambigua, il modo in cui essi dovrebbero essere combinati resterebbe completamente incerto e soggettivo. Inoltre, la ricorrente sottolinea che, nel compromesso arbitrale, essa e l’interveniente hanno manifestato il loro disaccordo sulla questione se il tribunale arbitrale doveva tenere conto o meno del lodo n. 8/2010 e se esso doveva «aggiornare», «adeguare» o «stabilire» le condizioni tariffarie per il periodo anteriore o posteriore al 6 giugno 2011. Pertanto, lungi dall’avere avuto a sua disposizione «parametri chiari e oggettivi», il tribunale arbitrale si sarebbe fondato su testi la cui interpretazione lasciava un’ampia incertezza e un margine di valutazione. Orbene, la Commissione avrebbe omesso di procedere ad un’analisi diligente di tali parametri e di spiegare in maniera sufficiente la sua analisi secondo la quale essi erano «chiari e oggettivi». A maggior ragione, sarebbe insufficientemente motivata l’affermazione secondo la quale detti «parametri chiari e oggettivi (...) limitavano il potere discrezionale lasciato al tribunale arbitrale» (punti 39 e 42 della seconda decisione impugnata). La Commissione non avrebbe precisato né se tale «limitazione» fosse la conseguenza immediata di tali parametri, né che essi escludevano l’esistenza di un potere discrezionale del tribunale arbitrale, né in che modo tale potere fosse limitato.

121    Secondo la ricorrente, è viziata da un’assenza totale di motivazione l’affermazione illustrata al punto 45 della seconda decisione impugnata, secondo la quale la tariffa di cui trattasi costituiva la «conseguenza logica» dei parametri in questione. Essa indica che una siffatta affermazione è segnatamente incompatibile con l’analisi secondo la quale essa ha agito come un investitore privato avveduto sottoponendosi all’arbitrato. Essa ritiene che sia impossibile qualificare come avveduta una decisione di ricorrere all’arbitrato se il suo esito viene annunciato in anticipo come sfavorevole per colui che ha preso tale decisione, ossia, nella specie, la fissazione di una tariffa che non copre i suoi costi. La seconda decisione impugnata conterrebbe dunque una chiara contraddizione nella motivazione, la quale evidenzia ulteriormente l’obbligo della Commissione di esaminare nel merito la questione se la tariffa di cui trattasi costituiva un aiuto di Stato.

122    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, replica che la maggior parte degli argomenti della ricorrente sono intesi a rimettere in discussione la fondatezza del ragionamento illustrato nella seconda decisione impugnata e sono dunque inoperanti e destinati ad essere respinti. A suo avviso, la ricorrente interpreta in maniera errata la decisione Alcoa, nella quale essa non ha adottato il metodo dei «prezzi medi ponderati nel tempo» quale metodo generalmente applicabile per determinare il prezzo di mercato della fornitura di energia elettrica. Essa sostiene che, pur se non era tenuta a rendere compatibile il ragionamento illustrato ai punti da 23 a 49 della seconda decisione impugnata con la decisione Alcoa, essa lo ha fatto nella specie. L’argomentazione della ricorrente diretta a contestare, segnatamente, il carattere chiaro e oggettivo dei parametri in questione non verterebbe su un difetto di motivazione, ma esprimerebbe il disaccordo della stessa con i motivi della seconda decisione impugnata. In ogni caso, la motivazione di quest’ultima decisione avrebbe consentito alla ricorrente di contestarne la fondatezza e al Tribunale di esercitare il suo controllo. Infatti, ai punti da 26 a 38 della stessa decisione, sarebbero a lungo illustrate le ragioni per cui la decisione della ricorrente di avvalersi dell’arbitrato era razionale per un investitore privato.

2)      Richiamo degli argomenti principali delle parti nell’ambito del quarto motivo e della prima e della seconda parte del quinto motivo

123    Con il quarto motivo, la ricorrente addebita alla Commissione di essere incorsa in un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del criterio dell’investitore privato avveduto, dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, nonché in errori manifesti di valutazione dei fatti per avere concluso che la tariffa di cui trattasi, come fissata dal lodo arbitrale, era la «conseguenza logica dei parametri correttamente definiti nel compromesso arbitrale».

124    Secondo la ricorrente, in sostanza, né il punto 42 della seconda decisione impugnata, né il compromesso arbitrale, né le decisioni nn. 692/2011 e 798/2011 della RAE precisano «parametri chiari e oggettivi» che limitino il potere discrezionale degli arbitri, oppure elementi che consentano di determinare le caratteristiche del consumo dell’interveniente, inclusa la modalità di calcolo dei costi di approvvigionamento da essa sostenuti connessi a tali caratteristiche, o i suoi costi e le ore di tariffazione elevata e bassa, e ancor meno un calcolo di tutti gli elementi che costituiscono i costi reali totali da essa sostenuti nell’ambito di tale approvvigionamento, per poterne concludere che la tariffa di cui trattasi era la «conseguenza logica» di tali caratteristiche. Essa fa valere in particolare che la Commissione non spiega le ragioni per le quali tale tariffa potrebbe discendere dai «principi fondamentali di definizione delle tariffe», mentre il metodo e i dati utilizzati per calcolarla esulano dall’ambito della decisione n. 692/2011, la quale tiene conto unicamente dei costi di produzione dell’energia elettrica proveniente dalla lignite, calcolati in maniera erronea, senza includere i costi risultanti dall’approvvigionamento di energia elettrica sul mercato all’ingrosso obbligatorio. Essa precisa di avere sottoposto alla Commissione il calcolo della tariffa risultante dai suoi costi reali, ossia EUR 72,42, 80,55 e 77,33/MWh a titolo, rispettivamente, degli anni 2011, 2012 e 2013. Analogamente, per siffatti anni, un calcolo effettuato o secondo il metodo seguito dalla maggioranza del tribunale arbitrale, ossia sulla base di costi della produzione a lignite (rispettivamente EUR 62,06, 61,74 e 71,37/MWh), o secondo il metodo del prezzo medio ponderato nel tempo risultante dal mercato all’ingrosso obbligatorio (rispettivamente EUR 69,10, 72,77 e 75,13/MWh), che essa reputa essere il più adeguato, darebbe luogo a tariffe sensibilmente superiori qualora venissero utilizzate le informazioni corrette relative ai suoi costi.

125    La ricorrente ne conclude che la Commissione è incorsa in un errore di diritto e in un manifesto errore di valutazione e, pertanto, avrebbe dovuto incontrare serie difficoltà al momento della sua valutazione ed avviare il procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

126    Nell’ambito della prima e della seconda parte del quinto motivo, la ricorrente addebita, in sostanza, alla Commissione di avere violato il criterio dell’investitore privato omettendo di sostituirsi al tribunale arbitrale e di effettuare valutazioni economiche complesse ai fini dell’applicazione di detto criterio e della verifica della questione se la tariffa in questione corrispondeva alle condizioni normali del mercato.

127    Secondo la ricorrente, la Commissione è incorsa in un errore di diritto «manifesto» nell’interpretazione e nell’applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE ritenendo di non essere tenuta a procedere a valutazioni economiche complesse per stabilire se la tariffa di cui trattasi implicasse la concessione di un aiuto di Stato. Essa è dell’avviso che la Commissione abbia erroneamente ritenuto di non essere tenuta a verificare se detta tariffa fosse «conforme alle condizioni del mercato», in particolare se coprisse i suoi costi, e, ai fini di tale valutazione, di non potersi sostituire al tribunale arbitrale.

128    Infatti, la Commissione sarebbe incorsa in un errore di diritto «manifesto» nel ritenere che essa non potesse «sostituirsi a posteriori», al pari di un giudice di ultimo grado, alla valutazione del tribunale arbitrale per quanto riguarda il calcolo della tariffa di cui trattasi. Nella seconda decisione impugnata, essa avrebbe riconosciuto che il tribunale arbitrale era un’autorità giurisdizionale, senza tuttavia reiterare l’affermazione erronea fatta nella lettera controversa secondo la quale il lodo arbitrale non era imputabile allo Stato greco. Tale valutazione sarebbe confermata, segnatamente, dal fatto che il tribunale arbitrale presso la RAE, in forza dell’articolo 37 della legge n. 4001/2011, dovrebbe essere qualificato come giurisdizione statale ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Tale errore sarebbe a maggior ragione manifesto alla luce degli altri mezzi di ricorso possibili, ossia il ricorso ai giudici ordinari o il tentativo di pervenire ad una composizione amichevole. La ricorrente ritiene infatti che, in ognuno di questi casi, la Commissione non avrebbe potuto limitarsi ad esaminare la questione se essa avesse agito come un investitore privato optando per uno di tali mezzi di ricorso, ma avrebbe dovuto esaminare l’esito del procedimento prescelto. Di conseguenza, essa ritiene che la Commissione avrebbe parimenti dovuto incontrare serie difficoltà in relazione alla questione se la tariffa di cui trattasi coprisse almeno i suoi costi e fosse conforme alle condizioni del mercato.

129    Per quanto riguarda il quarto motivo, la Commissione, sostenuta dall’interveniente, replica, in sostanza, di avere correttamente constatato che il compromesso arbitrale conteneva parametri chiari e oggettivi (punti da 20 a 22 e 42 della seconda decisione impugnata). Essa contesta che il criterio dell’investitore privato avveduto possa essere rispettato solo se i parametri del compromesso arbitrale siano a tal punto concretizzati che ne risulterebbe automaticamente la tariffa adeguata. Se così fosse stato, la ricorrente e l’interveniente non avrebbero avuto alcun motivo per ricorrere all’arbitrato, ma sarebbero state capaci di mettersi d’accordo direttamente su detta tariffa. Inoltre, sarebbe perfettamente logico e prevedibile che questioni sottoposte ad un arbitrato siano oggetto di interpretazioni differenti. La seconda decisione impugnata avrebbe dunque correttamente concluso che, nel compromesso arbitrale, la ricorrente aveva accettato parametri chiari e oggettivi destinati a fissare la tariffa esigibile come avrebbe fatto un investitore privato e che detti parametri avevano come conseguenza logica la fissazione della tariffa di cui trattasi da parte del lodo arbitrale. Alla luce della controversia di lunga data fra la ricorrente e l’interveniente che aveva dato luogo all’arbitrato sulla base di tali parametri, la Commissione ritiene dunque che essa sarebbe stata chiamata a valutare se la ricorrente avesse agito come un investitore privato avveduto, ovvero come un venditore o un creditore privato (punti 34 e da 36 a 38 della seconda decisione impugnata), per concludere per l’assenza di un vantaggio a favore dell’interveniente a causa della conformità della tariffa di cui trattasi alle condizioni normali del mercato.

130    La ricorrente si limiterebbe a chiederle di ricalcolare la tariffa di cui trattasi sulla base di elementi e metodi che essa stessa reputa corretti, il che renderebbe obsoleto il criterio dell’investitore privato. Orbene, poiché la ricorrente ha accettato volontariamente, al pari di un investitore privato, di sottoporsi all’arbitrato e ha firmato il compromesso arbitrale contenente i parametri in questione, l’esito di detto arbitrato, ossia la tariffa di cui trattasi, non potrebbe che essere conforme alle condizioni del mercato, nella misura in cui essa risulterebbe logicamente dai parametri del compromesso arbitrale. In realtà, la ricorrente non chiederebbe di applicare il diritto degli aiuti di Stato, bensì di riesaminare la causa portata dinanzi al tribunale arbitrale, sebbene essa sia rimasta soccombente allo stesso modo di un investitore privato che si trovi nella stessa situazione. La Commissione sostiene dunque di avere applicato correttamente il criterio dell’investitore privato avveduto, l’articolo 107, paragrafo 1, e l’articolo 108, paragrafo 2, TFUE ritenendo che l’esito dell’arbitrato, e pertanto la tariffa di cui trattasi, fossero conformi alle condizioni del mercato in quanto conseguenza logica dei parametri chiari e oggettivi del compromesso arbitrale.

131    L’interveniente precisa, in sostanza, che il compromesso arbitrale è il frutto della libera volontà della ricorrente, a seguito di lunghe trattative con l’interveniente, ed è stato approvato dal servizio giuridico, dal consiglio di amministrazione e dall’assemblea generale della ricorrente, cosicché le sue censure sono abusive e contrarie al principio generale di diritto secondo il quale nessuno può trarre vantaggio dalla propria omissione o dal proprio comportamento illecito (nemo auditur propriam turpitudinem allegans). Essa indica che detto compromesso arbitrale contiene parametri chiari e oggettivi che delimitano in maniera ragionevole tanto la portata del potere del tribunale arbitrale quanto gli orientamenti sui quali il lodo arbitrale doveva fondarsi e fa riferimento alla decisione n. 692/2011 della RAE la quale definisce, in maniera completa, esaustiva e vincolante i principi fondamentali della definizione delle tariffe, senza che la ricorrente abbia proposto un ricorso nei suoi confronti dinanzi ai giudici ellenici. Essa sostiene che il contenuto di tale decisione è stato approvato dalla Commissione e dalla Repubblica ellenica quale base per l’elaborazione delle tariffe applicabili nelle condizioni del mercato liberalizzato dell’energia elettrica ed è stato incorporato nel codice dell’approvvigionamento di energia elettrica sul fondamento del quale la ricorrente si è impegnata, nei confronti dell’EEA, a negoziare con la stessa. Inoltre, l’interveniente afferma che la decisione n. 798/2011 della RAE è una decisione ad hoc relativa al progetto di contratto di fornitura di energia elettrica fra la ricorrente e la stessa contenente istruzioni dettagliate relative alle condizioni autorizzate in un siffatto contratto. Infine, essa sottolinea che, in conformità alla decisione n. 692/2011, la ricorrente e la stessa hanno convenuto che le condizioni di fornitura di energia elettrica dovevano corrispondere al suo profilo di consumo e coprire almeno il costo della ricorrente. Essa ne conclude che il compromesso arbitrale era sufficientemente chiaro e oggettivo per definire i parametri obbligatori al fine di fissare un prezzo e condizioni di fornitura ragionevoli che qualsiasi imprenditore avveduto, nella sua qualità di venditore o di acquirente di energia elettrica, avrebbe richiesto per garantire una valutazione equa da parte del tribunale arbitrale. In particolare, la ricorrente non può sostenere che la tariffa di cui trattasi era inferiore ai suoi costi, avendo essa omesso di presentare i suoi elementi di costi tanto dinanzi al tribunale arbitrale quanto nell’ambito delle sue denunce o nel corso del giudizio. In ogni caso, la tariffa di cui trattasi sarebbe stata effettivamente inferiore a quella chiesta dalla ricorrente, ma anche più elevata rispetto a quella chiesta dall’interveniente, cosicché le due parti sarebbero rimaste soccombenti in egual misura. Ciò sarebbe corroborato dal fatto che, nell’ambito del contratto di fornitura firmato per il periodo che inizia il 1° luglio 2016, la ricorrente avrebbe accettato una tariffa ancora più bassa rispetto a quella fissata dal lodo arbitrale, ossia pari a EUR 32/MWh.

132    Per quanto riguarda la prima e la seconda parte del quinto motivo, la Commissione sostiene, in sostanza, di non avere ritenuto, nella seconda decisione impugnata, di non essere tenuta a procedere a valutazioni economiche complesse.

133    Secondo la Commissione, la regola in forza della quale essa doveva valutare l’esistenza di un vantaggio economico era il criterio dell’investitore privato avveduto. Poiché la ricorrente aveva accettato di sottoporsi all’arbitrato così come avrebbe fatto un investitore privato nelle circostanze del caso di specie, non esisterebbe un vantaggio a favore dell’interveniente. In un caso del genere, l’esito dell’arbitrato, ossia la tariffa di cui trattasi, sarebbe stato lo stesso per l’interveniente, anche se un investitore privato avesse agito al posto della ricorrente, e sarebbe necessariamente stato ottenuto in condizioni di mercato. Alla luce della sua argomentazione di cui al punto 130 supra, la Commissione ritiene di avere correttamente ritenuto, da un lato, al punto 44 della seconda decisione impugnata, che non fosse necessario accertare se la tariffa di cui trattasi fosse conforme alle condizioni del mercato per concludere che l’interveniente non aveva ricevuto un vantaggio e, dall’altro, al punto 45 di detta decisione, che non occorresse entrare in tutti i dettagli del calcolo di detta tariffa. A suo avviso, il fatto che la ricorrente si sia comportata come un investitore privato nei confronti dell’interveniente non ha nulla a che vedere con la questione se il tribunale arbitrale abbia fissato la tariffa di cui trattasi sulla scorta di elementi e metodi che la ricorrente reputa corretti, poiché quest’ultima poteva dissentire dal lodo arbitrale, al pari di qualsiasi altro investitore privato soccombente. La ricorrente afferma in maniera contraddittoria che detto lodo le ha «imposto» una tariffa, sebbene essa abbia sottoscritto volontariamente il compromesso arbitrale che ne costituisce il fondamento, quale controparte contrattuale privata.

134    La Commissione ritiene che l’applicazione del criterio dell’investitore privato non presupponga che la ricorrente decida di ricorrere all’arbitrato sulla base di uno studio economico preliminare che compari il vantaggio economico ad esso associato a quello connesso al ricorso ad altri mezzi di impugnazione disponibili per risolvere la controversia. Numerose decisioni economiche sarebbero basate sostanzialmente su valutazioni qualitative, come, nella specie, quella della necessità di risolvere rapidamente la controversia, e non sulle valutazioni quantitative di uno studio economico concernente la redditività futura di un’impresa a seguito di un apporto di capitale. Il criterio dell’investitore privato esigerebbe un siffatto studio preliminare solo per transazioni ed operazioni per la cui realizzazione gli investitori privati avveduti di norma lo richiedono, il che non avverrebbe nel caso del ricorso all’arbitrato come nella specie.

135    Secondo la Commissione, alla luce del rispetto del criterio dell’investitore privato e, pertanto, dell’assenza di un vantaggio a favore dell’interveniente, essa non ha avuto alcuna ragione per sostituirsi a posteriori al tribunale arbitrale. Per contro, essa ritiene che, qualora una decisione di un tribunale arbitrale o di un giudice ordinario statale implichi la concessione di un aiuto di Stato, essa sia competente ad adottare una decisione negativa, la quale prevale su una simile decisione. Inoltre, l’argomentazione della ricorrente relativa alla qualità di giurisdizione del tribunale arbitrale e all’imputabilità del lodo arbitrale allo Stato greco sarebbe inoperante, poiché la seconda decisione impugnata è fondata unicamente sull’assenza di un vantaggio. In ogni caso, la questione se un tribunale arbitrale possa essere considerato un giudice statale ai sensi dell’articolo 267 TFUE non avrebbe nulla a che vedere con l’esistenza di un siffatto vantaggio.

136    Secondo la Commissione, le censure che le contestano di avere omesso di esaminare il contesto normativo applicabile, l’organizzazione e il funzionamento del mercato, l’importanza del profilo di consumo dell’interveniente, gli elementi dei costi della DEI e la metodologia utilizzata per determinare i suoi costi, nonché quella che addebita al tribunale arbitrale di avere calcolato erroneamente la tariffa di cui trattasi, sono dirette esclusivamente avverso il lodo arbitrale, senza tuttavia indicare che la ricorrente non ha agito come un investitore privato. La seconda decisione impugnata sarebbe tuttavia fondata sull’applicazione del criterio dell’investitore privato per concludere per l’assenza di un vantaggio. In ogni caso, detta decisione rifletterebbe un esame degli elementi rilevanti a tal fine tenendo conto, a titolo indicativo, in primo luogo, del contesto normativo del mercato dell’energia elettrica in Grecia (punti 18, 20, 21, 29, 33, 37, 40 e 41 e note 5, 6 e da 13 a 18); in secondo luogo, del profilo di consumo dell’interveniente (punto 31 e nota 3); in terzo luogo, delle caratteristiche della ricorrente quale produttore e fornitore di energia elettrica (punto 30 e nota 7), e, in quarto luogo, delle circostanze generali della controversia fra la ricorrente e l’interveniente (sezioni 2.1 e 2.2 e punti da 34 a 38 e 42). Orbene, la ricorrente non avrebbe messo in discussione la valutazione di tali parametri nell’ambito dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, ma unicamente la tariffa di cui trattasi. La Commissione ne conclude di aver esaminato l’esito dell’arbitrato nell’ottica di tutte le circostanze del caso di specie.

137    L’interveniente contesta il tentativo di trasformare la Commissione e il Tribunale in istanze di controllo del lodo arbitrale. La ricorrente non avrebbe dimostrato di non essersi comportata come un investitore privato, sia quando ha deciso di sottoporsi all’arbitrato, secondo le condizioni del compromesso arbitrale, sia nel corso del procedimento arbitrale. Inoltre, detto lodo avrebbe fissato una tariffa molto più elevata di quella reputata giusta ed equa dall’interveniente. Orbene, dal momento che, ai sensi del diritto greco, un lodo arbitrale è considerato equivalente ad una decisione giurisdizionale ed è esecutiva, essa avrebbe rinunciato a contestare il lodo arbitrale dinanzi ai giudici competenti.

3)      Valutazione del Tribunale

i)      Richiamo delle considerazioni rilevanti illustrate nella seconda decisione impugnata

138    Per quanto riguarda l’applicazione del principio dell’operatore privato (v. sentenza del 6 marzo 2018, Commissione/FIH Holding e FIH Erhvervsbank, C‑579/16 P, EU:C:2018:159, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata) e l’esistenza di un vantaggio, oggetto del terzo, del quarto e del quinto motivo, dai punti da 37 a 48 della seconda decisione impugnata risulta che la Commissione ha ritenuto che, alla luce delle circostanze sottese alla lite fra la ricorrente e l’interveniente, della sua lunga durata e dell’improbabilità per la ricorrente di risultare vittoriosa dinanzi ai giudici ordinari in un lasso di tempo accettabile, un operatore avveduto in economia di mercato avrebbe optato, nella situazione della DEI, per l’arbitrato al fine di recuperare almeno una parte del debito insoluto e avrebbe accettato la fissazione della tariffa applicabile da parte di un tribunale arbitrale composto da periti il cui potere discrezionale è limitato da parametri equiparabili a quelli contenuti nel compromesso arbitrale (punti da 37 a 39 di detta decisione).

139    A tal riguardo, la Commissione ha sottolineato la competenza e l’indipendenza dei periti (punti 40 e 41 della seconda decisione impugnata), nonché i parametri chiari e oggettivi predefiniti che disciplinano la determinazione della tariffa di cui trattasi e limitano l’esercizio del potere discrezionale degli arbitri, ossia i principi della definizione delle tariffe applicabili ai clienti dell’alta tensione sul mercato dell’energia greco, sui quali RAE si sarebbe parimenti fondata se avesse dovuto fissare tariffe per la fornitura di energia elettrica in via normativa, nonché la necessità di tenere conto del profilo di consumo dell’interveniente e della struttura dei costi della ricorrente (punto 42 di detta decisione).

140    La Commissione ne ha concluso, in sostanza, che un investitore privato avveduto che si fosse trovato nella situazione della ricorrente avrebbe accettato un compromesso arbitrale avente siffatte caratteristiche, cosicché i criteri di detto compromesso corrispondevano alle condizioni del mercato e non potevano avere come effetto la concessione di un vantaggio all’interveniente (punto 43 della seconda decisione impugnata).

141    Ai punti da 44 a 48 della seconda decisione impugnata, la Commissione ha precisato che, in tali circostanze, non era necessario stabilire se l’importo esatto della tariffa di cui trattasi risultante dal lodo arbitrale fosse conforme alle condizioni del mercato. Infatti, l’esito dell’arbitrato sarebbe conforme al criterio dell’investitore privato allorché i parametri convenuti per fissare la tariffa siano stati predeterminati sulla base di criteri oggettivi connessi al mercato, cosicché un siffatto investitore privato avrebbe accettato di sottoporsi all’arbitrato nelle circostanze del caso di specie. Analogamente, non sarebbe neppure necessario procedere a valutazioni economiche complesse relative al calcolo esatto della tariffa di cui trattasi sostituendosi al tribunale arbitrale, poiché tale tariffa è conforme alle condizioni del mercato quale conseguenza logica dei parametri predefiniti nel compromesso arbitrale. A tal riguardo, la Commissione ha ricordato che la ricorrente aveva firmato tale compromesso senza rimettere in discussione detti parametri in quanto contrari alle condizioni del mercato. Inoltre, occorrerebbe tenere conto del fatto che un investitore privato avveduto non sarebbe in grado di influenzare il risultato di un procedimento arbitrale condotto sulla base di siffatti parametri, fatta salva la possibilità di contestare detto lodo dinanzi ad un giudice ordinario. Peraltro, la tariffa di cui trattasi sarebbe sempre superiore alla media delle tariffe di energia elettrica applicate alle imprese metallurgiche in Europa nel 2013.

142    Alla luce del terzo e del quarto motivo, nonché della prima e della seconda parte del quinto motivo, occorre valutare se la Commissione fosse legittimata, da un lato, a limitarsi ad applicare il principio dell’operatore privato alla decisione della ricorrente di sottoporsi all’arbitrato sottoscrivendo il compromesso arbitrale e, dall’altro, a rinunciare a controllare se, fissando la tariffa di cui trattasi, il lodo arbitrale comportava la concessione all’interveniente di un vantaggio non corrispondente alle condizioni normali del mercato, senza nutrire dubbi o incontrare serie difficoltà nella valutazione dell’esistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. A tal fine, occorre ricordare, in via preliminare, il modo in cui le competenze e gli obblighi fra la Commissione e i giudici nazionali sono ripartiti al riguardo, alla luce dell’eventuale necessità di assimilare il tribunale arbitrale ad un siffatto giudice.

ii)    Sulla ripartizione delle competenze e degli obblighi fra la Commissione e i giudici nazionali

143    L’attuazione del sistema di controllo degli aiuti statali spetta, da una parte, alla Commissione e, dall’altra, ai giudici nazionali, che esercitano ruoli complementari ma distinti. Mentre i giudici nazionali non sono competenti a statuire sulla compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato interno, atteso che tale controllo rientra nella competenza esclusiva della Commissione, essi provvedono alla salvaguardia, fino alla decisione definitiva della Commissione, dei diritti dei singoli in caso di inadempimento dell’obbligo di previa notifica alla Commissione previsto dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. A tal fine, ai giudici nazionali possono essere sottoposte controversie nelle quali essi siano tenuti ad interpretare e ad applicare la nozione di «aiuto di Stato», di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, segnatamente al fine di valutare se un provvedimento adottato senza seguire il procedimento di controllo preventivo di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, debba o meno esservi soggetto (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 2016, PGE, C‑574/14, EU:C:2016:686, punti da 30 a 32; del 26 ottobre 2016, DEI e Commissione/Alouminion tis Ellados, C‑590/14 P, EU:C:2016:797, punti da 95 a 98 e la giurisprudenza ivi citata, e del 23 gennaio 2019, Fallimento Traghetti del Mediterraneo, C‑387/17, EU:C:2019:51, punti 54 e 55 e la giurisprudenza ivi citata).

144    Se i giudici nazionali giungono alla conclusione che la misura interessata avrebbe effettivamente dovuto essere notificata alla Commissione, essi devono verificare se lo Stato membro coinvolto abbia adempiuto tale obbligo e, se così non fosse, dichiarare illegittima tale misura. Spetta a loro, infatti, trarre tutte le conseguenze della violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, conformemente al loro diritto nazionale, sia per quanto riguarda la validità degli atti che comportano l’attuazione delle misure di aiuto, sia per quanto attiene al recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione di tale norma (v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2016, DEI e Commissione/Alouminion tis Ellados, C‑590/14 P, EU:C:2016:797, punti 99 e 100 e la giurisprudenza ivi citata).

145    Inoltre, l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato si fonda su un obbligo di leale cooperazione tra, da un lato, i giudici nazionali e, dall’altro, la Commissione e i giudici dell’Unione, nell’ambito della quale ciascuno agisce in funzione del ruolo assegnatogli dal Trattato FUE. Nell’ambito di tale cooperazione, i giudici nazionali devono adottare tutte le misure generali o particolari idonee ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione ed astenersi da quelle che possono compromettere la realizzazione degli obiettivi del Trattato, come deriva dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Pertanto, i giudici nazionali devono segnatamente astenersi dall’adottare decisioni contrarie ad una decisione della Commissione (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 2016, PGE, C‑574/14, EU:C:2016:686, punto 33, e del 26 ottobre 2016, DEI e Commissione/Alouminion tis Ellados, C‑590/14 P, EU:C:2016:797, punto 105 e la giurisprudenza ivi citata).

146    Ne risulta che, sul fondamento dell’effetto diretto dell’articolo 108, paragrafo 3, terza frase, TFUE, in combinato disposto con la nozione di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, i giudici nazionali svolgono, accanto alla Commissione, la quale agisce sotto il controllo del giudice dell’Unione, un ruolo complementare ai fini dell’attuazione efficace del diritto degli aiuti di Stato, segnatamente garantendone il rispetto da parte delle autorità nazionali.

147    Viceversa, può essere che i giudici nazionali violino essi stessi gli obblighi loro incombenti ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e, in tal modo, rendano possibile o perpetuino la concessione di un aiuto illegittimo ovvero diventino lo strumento a tal fine. In tal senso, la Corte ha ritenuto che un giudice nazionale del procedimento sommario potesse violare l’obbligo di notifica e il divieto di attuazione di un aiuto, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, terza frase, TFUE, sospendendo a titolo provvisorio ed ex nunc gli effetti del recesso da un contratto di fornitura di energia elettrica di lunga durata a tasso agevolato (v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2016, DEI e Commissione/Alouminion tis Ellados, C‑590/14 P, EU:C:2016:797, punti 107 e 108). Analogamente, qualora un giudice nazionale perpetui la concessione di un aiuto illegittimo ovvero ne renda possibile l’esecuzione nonostante l’esistenza di una decisione definitiva della Commissione che ha dichiarato l’incompatibilità di tale aiuto con il mercato interno, deve essere disapplicata, in forza del principio di preminenza, una norma intesa a sancire l’autorità di cosa giudicata della decisione giurisdizionale in questione (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, EU:C:2007:434, punti da 61 a 63; dell’11 novembre 2015, Klausner Holz Niedersachsen, C‑505/14, EU:C:2015:742, punti da 41 a 45, e del 4 marzo 2020, Buonotourist/Commissione, C‑586/18 P, EU:C:2020:152, punti 94 e 95).

148    La Corte ha precisato al riguardo che, in una situazione in cui esistesse una decisione di un giudice nazionale relativa ad una misura di Stato anteriore alla decisione della Commissione, tale circostanza non può impedire a quest’ultima di esercitare la competenza esclusiva conferitale dal Trattato FUE per quanto riguarda la valutazione della compatibilità di misure di aiuti con il mercato interno. L’esercizio di siffatta competenza implica che la Commissione possa esaminare, in forza dell’articolo 108 TFUE, se una misura costituisca un aiuto di Stato che avrebbe dovuto esserle notificato, conformemente al paragrafo 3 di tale articolo, in una situazione in cui le autorità di uno Stato membro hanno ritenuto che tale misura non soddisfacesse le condizioni fissate all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, anche quando tali autorità si sono conformate, al riguardo, alla valutazione di un giudice nazionale (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2020, Buonotourist/Commissione, C‑586/18 P, EU:C:2020:152, punti 92 e 93).

149    Alla luce di tali principi giurisprudenziali, occorre verificare se il tribunale arbitrale debba essere qualificato come organo equiparabile ad un giudice ellenico ordinario, la cui valutazione avrebbe dovuto essere verificata dalla Commissione al fine di poter superare qualsiasi dubbio o difficoltà seria per quanto riguarda la questione se la tariffa di cui trattasi comportasse un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

iii) Sull’esistenza di un vantaggio economico a favore dell’interveniente

–       Sul carattere statale del tribunale arbitrale

150    È giocoforza constatare che la situazione descritta al punto 148 supra corrisponde a quella del caso di specie, a parte il fatto che il lodo arbitrale costituisce una decisione adottata da un tribunale arbitrale e non quella di un giudice statale ordinario.

151    Infatti, da un lato, nella specie, con il lodo arbitrale, il tribunale arbitrale ha preso una decisione giuridicamente vincolante relativa alla fissazione della tariffa di cui trattasi, la quale era idonea a procurare un vantaggio all’interveniente se non corrispondeva alle normali condizioni del mercato e, pertanto, a costituire un aiuto di Stato non notificato dalla Repubblica ellenica ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Dall’altro, gli elementi forniti dalla ricorrente, i quali non vengono contestati dalla Commissione, ma soltanto, in maniera poco circostanziata, dall’interveniente, dimostrano che il tribunale arbitrale, quale istituito presso la RAE ai sensi dell’articolo 37 della legge n. 4001/2011, il procedimento arbitrale che si svolge dinanzi al medesimo, nonché le sue decisioni presentano caratteristiche analoghe a quelle dei giudici ellenici ordinari, del contenzioso dinanzi a questi ultimi e delle loro decisioni.

152    Ciò si evince, segnatamente, dai seguenti criteri.

153    In primo luogo, i tribunali arbitrali istituiti in forza dell’articolo 37 della legge n. 4001/2011 svolgono una funzione giurisdizionale identica a quella dei giudici ordinari, ovvero sostituiscono questi ultimi nella misura in cui l’avvio del procedimento arbitrale li priva della loro competenza.

154    In secondo luogo, gli arbitri, selezionati a partire da un elenco redatto tramite decisione del presidente della RAE, devono dimostrare la loro indipendenza e imparzialità prima della loro designazione (articolo 37, paragrafo 4, della legge n. 4001/2011, e articolo 6, paragrafi 1 e 2 del regolamento arbitrale della RAE).

155    In terzo luogo, i procedimenti dinanzi ai tribunali arbitrali sono disciplinati, segnatamente, dalle disposizioni del Kodikas politikis dikonomias (codice di procedura civile ellenico) e, in via complementare, dal regolamento arbitrale della RAE (decisione della RAE n. 261/2012, parte I, preambolo).

156    In quarto luogo, le decisioni dei tribunali arbitrali sono giuridicamente vincolanti, sono investite dell’autorità di cosa giudicata (articolo 14, paragrafo 8, del regolamento arbitrale della RAE) e costituiscono titolo esecutivo in conformità alle pertinenti disposizioni del codice di procedura civile ellenico (v., in particolare, articoli 896 e 904).

157    In quinto luogo, le decisioni dei tribunali arbitrali sono impugnabili dinanzi ad un giudice ordinario, come dimostrato dal ricorso della ricorrente avverso il lodo arbitrale dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) (v. punto 12 supra).

158    Ne consegue che la ricorrente ha adeguatamente dimostrato che i tribunali arbitrali che sono stati istituiti e operano in conformità all’articolo 37 della legge n. 4001/2011 erano parte integrante del sistema giurisdizionale statale greco. Infatti, anche a seguito di un quesito espresso e preciso del Tribunale al riguardo in udienza, la Commissione si è astenuta dal pronunciarsi sulla questione se, a causa di tali caratteristiche, il tribunale arbitrale potesse essere assimilato ad un giudice statale ordinario, ma si è limitata a reiterare che era sufficiente, per la stessa, pronunciarsi sull’assenza di un vantaggio a favore dell’interveniente applicando il principio dell’operatore privato alla decisione della ricorrente di sottoporsi all’arbitrato, cosa che avrebbe fatto nella seconda decisione impugnata.

159    Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione in udienza, tenuto conto della sua natura, del contesto in cui la sua attività si inserisce, del suo obiettivo, nonché delle norme alle quali è sottoposto, un tribunale arbitrale che statuisce in forza di un procedimento arbitrale previsto dalla legge e fissa una tariffa per l’energia elettrica con una decisione giuridicamente vincolante, impugnabile dinanzi ai giudici statali, investita dell’autorità di cosa giudicata e che costituisce titolo esecutivo, come il lodo arbitrale (v. punti da 151 a 157 supra), deve essere qualificato, al pari di un giudice ellenico ordinario, come organo che esercita un potere rientrante nelle prerogative dei pubblici poteri.

–       Sul dovere della Commissione di verificare la concessione di un vantaggio da parte del lodo arbitrale

160    È vero che dalla giurisprudenza risulta che il principio dell’operatore privato non può essere applicato al lodo arbitrale in quanto tale, alla luce del fatto che il tribunale arbitrale deve essere assimilato ad un giudice statale ordinario (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2019, Mytilinaios Anonymos Etairia – Omilos Epicheiriseon, C‑332/18 P, EU:C:2019:1065, punti 133 e 134) (v. punti da 150 a 159 supra). Ciò non toglie che, in forza dei suoi poteri e dei suoi obblighi richiamati al punto 148 supra, per poter superare ogni dubbio ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento 2015/1589, la Commissione era tenuta ad effettuare un controllo sulla questione se una misura statale non notificata, come la tariffa di cui trattasi fissata da detto lodo, ma contestata da un denunciante, soddisfacesse la nozione di aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, incluso il criterio del vantaggio che essa sostiene tuttavia di avere applicato nella specie.

161    Infatti, in forza della sua responsabilità centrale ed esclusiva di garantire, sotto il controllo del giudice dell’Unione, il rispetto dell’articolo 107 TFUE e l’attuazione dell’articolo 108 TFUE, la Commissione è obbligata a verificare, segnatamente, se del caso avvalendosi di periti, se una misura statale comporti un vantaggio che non corrisponde alle condizioni normali del mercato (v., in tal senso, sentenze del 16 settembre 2004, Valmont/Commissione, T‑274/01, EU:T:2004:266, punto 72 e la giurisprudenza ivi citata; del 9 dicembre 2015, Grecia e Ellinikos Chrysos/Commissione, T‑233/11 e T‑262/11, EU:T:2015:948, punto 91, e del 16 marzo 2016, Frucona Košice/Commissione, T‑103/14, EU:T:2016:152, punti da 164 a 179).

162    In forza di una consolidata giurisprudenza, rientrano nella condizione della concessione di un vantaggio economico gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese, o che devono essere considerati come un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali del mercato. Viceversa, ciò non avviene qualora l’impresa beneficiaria potesse ottenere lo stesso vantaggio rispetto a quello procuratole per mezzo di risorse statali e in circostanze corrispondenti alle normali condizioni del mercato (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Club Hotel Loutraki e a./Commissione, C‑131/15 P, EU:C:2016:989, punti 70 e 71 e la giurisprudenza ivi citata).

163    Inoltre, allorché la Commissione è chiamata ad esaminare la questione se determinate misure possano essere qualificate come aiuti di Stato, in quanto le pubbliche autorità non avrebbero agito come un venditore privato, essa deve procedere ad una valutazione economica complessa, nell’ambito del cui controllo il giudice dell’Unione non può sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione, C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682, punti 77 e 78 e la giurisprudenza ivi citata). Tale valutazione si applica mutatis mutandis alla vendita di energia elettrica da parte di un’impresa controllata dallo Stato, come la ricorrente, la quale sia idonea a conferire un vantaggio economico all’acquirente che non è conforme alle condizioni normali del mercato. Infatti, come la vendita di terreni pubblici a un prezzo inferiore a quello di mercato può costituire un aiuto di Stato (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, BVVG, C‑39/14, EU:C:2015:470, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata), quella dell’energia elettrica da parte di una siffatta impresa ad una tariffa inferiore a quella del mercato è idonea a concedere all’acquirente, nella sua qualità di beneficiario, un vantaggio che determina, in sostanza, una riduzione del bilancio statale consistente nella rinuncia, da parte dello Stato, alla differenza tra il suo valore commerciale e il prezzo inferiore pagato da tale acquirente.

–       Sul dovere della Commissione di procedere a valutazioni economiche e tecniche complesse al fine di determinare l’esistenza di un vantaggio

164    Alla luce di tali principi giurisprudenziali e degli argomenti e delle censure addotti dalla ricorrente nelle sue denunce, al fine di poter superare ogni dubbio ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento 2015/1589, la Commissione non era legittima a rinunciare, da un lato, al controllo della questione se il lodo arbitrale comportava la concessione di un vantaggio (v. punti da 160 a 163 supra) e, dall’altro, a procedere, a tal fine, a valutazioni economiche complesse relative, segnatamente, alla conformità della tariffa di cui trattasi alle condizioni normali di mercato. Inoltre, essa non può sottrarsi a tale obbligo di controllo con la motivazione che, dopo una lunga controversia, la ricorrente e l’interveniente avevano stipulato un compromesso arbitrale contenente criteri destinati a predeterminare la fissazione di detta tariffa e, pertanto si erano sottoposte ad un procedimento arbitrale il cui esito era la «conseguenza logica» di detto compromesso.

165    È vero che, come addotto dalla Commissione, la giurisprudenza non ha sancito un obbligo generale per la stessa di effettuare, in tutte le ipotesi, un’analisi complessa del prezzo ipotetico di mercato che avrebbe pagato il beneficiario di una determinata misura in mancanza di quest’ultima al fine di constatare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. In tal senso, nell’ipotesi dell’esistenza manifesta di un vantaggio risultante da un meccanismo di rimborso, mediante un prelievo parafiscale, della differenza fra la tariffa di elettricità fatturata di norma alle imprese e la tariffa preferenziale accordata, la Corte ha richiesto la dimostrazione dell’esistenza di circostanze particolari che rendano necessaria una siffatta analisi (v., in tal senso, ordinanza del 21 gennaio 2016, Alcoa Trasformazioni/Commissione, C‑604/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:54, punti da 38 a 40, che conferma la sentenza del 16 ottobre 2014, Alcoa Trasformazioni/Commissione, T‑177/10, EU:T:2014:897, punti da 82 a 84).

166    Tuttavia, è giocoforza constatare che i fatti all’origine della presente causa non sono paragonabili a quelli della causa che ha dato luogo alla giurisprudenza citata al punto 165 supra, nella quale l’esistenza di un vantaggio era pacifica. Infatti, nella specie, l’esistenza di un eventuale vantaggio connesso alla tariffa di cui trattasi era non solo estremamente controversa fra le parti, ma anche difficile da determinare, come testimonia la motivazione dettagliata e complessa dei voti di maggioranza e di minoranza illustrata nel lodo arbitrale, il cui voto di minoranza contesta la fondatezza della valutazione della maggioranza degli arbitri proprio in relazione ai punti contestati nell’ambito della presente controversia. La Commissione non poteva dunque né concludere per l’assenza di circostanze particolari ai sensi di tale giurisprudenza che le avrebbero consentito di rinunciare ad una siffatta valutazione dell’esistenza di un vantaggio, né superare ogni dubbio al riguardo sulla base della sua valutazione svolta ai punti da 43 a 48 della seconda decisione impugnata. In particolare, essa non è legittimata ad argomentare che i criteri del compromesso arbitrale, letti alla luce dei vaghi elementi enunciati nelle decisioni nn. 692/2011 e 798/2011 della RAE, avevano predeterminato, con sufficiente precisione, l’esito del procedimento arbitrale, cosicché esso doveva essere considerato la «conseguenza logica» e prevedibile per la ricorrente di detti criteri. Al contrario, la situazione alla quale la Commissione si trovava di fronte con la seconda denuncia della ricorrente è paragonabile a quella dell’adizione di un giudice civile ordinario ai fini dell’interpretazione e del chiarimento delle disposizioni di un contratto di diritto civile la cui portata è oggetto di contestazione fra le parti, e in relazione alla quale la Commissione ritiene di disporre essa stessa di una competenza di controllo, come dimostrato dai fatti della causa parallela alla presente controversia che si trovano all’origine della sentenza dell’11 dicembre 2019, Mytilinaios Anonymos Etairia – Omilos Epicheiriseon (C‑332/18 P, EU:C:2019:1065).

167    Infatti, nella specie, le circostanze particolari che avrebbero dovuto indurre la Corte ad esaminare, in maniera diligente, sufficiente e completa (v. la giurisprudenza citata ai punti 116 e 117 supra), l’eventuale concessione di un vantaggio all’interveniente da parte del lodo arbitrale e ad effettuare valutazioni economiche e tecniche complesse a tal fine, prima di superare qualsiasi dubbio o difficoltà seria quanto all’assenza delle condizioni della nozione di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFEU, sono le seguenti.

168    In primo luogo, il compromesso arbitrale si limita ad indicare che l’interveniente e la ricorrente «hanno convenuto di ricorrere di comune accordo all’arbitrato previsto all’articolo 37 della legge n. 4001/2011 affinché, in applicazione dei principi fondamentali di definizione delle tariffe per i clienti dell’alta tensione, come formulati dalla RAE nella sua decisione n. 692[/2011], ma anche tenuto conto (...) della decisione n. 798[/2011] e (...) del lodo n. 8/2010 del tribunale arbitrale, la RAE aggiorni e adegui le condizioni di tariffazione figuranti nel progetto di contratto [per la fornitura di energia elettrica] redatto il 5 ottobre 2010 ai fini della realizzazione dell’accordo [quadro], ed elabori, nell’ambito di [dette] decisioni (...), le condizioni contrattuali di approvvigionamento fra le parti applicabili a partire dal 6 giugno 2011, in modo che tali condizioni, da un lato, corrispondano al profilo di consumo [dell’interveniente] e, dall’altro, coprano almeno i costi [della ricorrente]». Orbene, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, è giocoforza constatare che, in particolare, i criteri del «profilo di consumo [dell’interveniente]» e dei «costi [della ricorrente]» non consentono di dedurne agevolmente un importo adeguato della tariffa dell’energia elettrica cercata, circostanza confermata dall’analisi dettagliata e complessa che il tribunale arbitrale era chiamato ad effettuare al riguardo (v. punti da 171 a 184 infra).

169    In secondo luogo, per quanto riguarda il metodo di tariffazione, la decisione n. 692/2011 della RAE si limita ad enunciare, segnatamente, che «[i] prezzi devono rispecchiare i costi reali di approvvigionamento di energia elettrica(...) e coprire il costo di produzione quale risulta sul mercato all’ingrosso (...), il costo dell’attività di commercializzazione e di gestione dei clienti (…) e un profitto ragionevole». Per quanto riguarda i «clienti importanti», fra cui «i clienti della media ed alta tensione», come l’interveniente, è prevista la possibilità «di proporre tariffazioni individuali, adattate alle loro caratteristiche e ai servizi proposti e convenute fra il fornitore e il cliente (...)». La fatturazione della fornitura di energia elettrica deve essere idonea, in particolare, a «rispecchiare il più possibile i costi a breve e a lungo termine generati dalla forma della curva di carico e il volume del consumo delle categorie di consumatori nel sistema di produzione dell’energia elettrica». Inoltre, «[i] prezzi proposti per categoria di clienti possono differire», in funzione, segnatamente, della curva di carico e del coefficiente di carico. Peraltro, «[l]a differenziazione delle tariffe in funzione dell’ora, del giorno o della stagione presuppone l’esistenza di disposizioni di misure specifiche», e «le zone e le tariffe fissate corrispondenti dovranno prendere in considerazione la curva di carico della categoria di clienti interessata». Infine, «[p]er quanto riguarda i consumi molto elevati, occorre parimenti tenere conto del risultato positivo o negativo che può avere l’attività di tali consumatori molto importanti il cui consumo, da solo, può incidere sul funzionamento e dunque sui costi totali del sistema». Ne risulta che i criteri di tariffazione enunciati dalla decisione n. 692/2011 della RAE prevedono unicamente un inquadramento metodologico destinato a determinare i costi rilevanti e a fissare la tariffa dell’energia elettrica, senza tuttavia essere idonei a predeterminare in maniera sufficiente il suo importo esatto.

170    In terzo luogo, per quanto riguarda i criteri applicabili al fine di risolvere la controversia fra la ricorrente e l’interveniente, neanche la decisione n. 798/2011 della RAE fornisce indicazioni sufficientemente chiare e precise a tal fine. Detta decisione indica, primo, che «la finalità della possibilità di condurre trattative fra i clienti [dell’alta tensione] e, in particolare, un cliente che presenta il profilo di consumo di energia elettrica [dell’interveniente], il quale rappresenta il 5% circa del consumo totale del sistema interconnesso, e il principale fornitore, ossia [la ricorrente], consiste nell’esplorare e nel quantificare le possibilità di ottimizzazione del contratto grazie all’internalizzazione di ogni vantaggio che può risultare sia nell’ambito del funzionamento della programmazione giornaliera delle risorse sia in quello della pianificazione dello sviluppo a lungo termine del sistema, vantaggi che possono presentare i grandi consumi e, in particolare, quello del volume [dell’interveniente], il cui consumo, da solo, giustifica la costruzione e il funzionamento efficiente in termini di costi di un’unità di produzione di energia elettrica di 300 MW/h, alla luce parimenti (...) della combinazione delle dimensioni significative e del coefficiente di carico elevato di tale consumatore» e che «[v]a da sé che l’esistenza o meno di un consumatore delle dimensioni [dell’interveniente] esercita un’influenza determinante sia sul piano commerciale [della ricorrente] sia sull’insieme del mercato dell’energia elettrica». Secondo, viene ivi enunciato, segnatamente, che «il numero di ore di basso carico può (...) costituire un elemento della fatturazione, a condizione che le parti della trattativa si accordino sulle condizioni reali di consumo e sul mix energetico che consente di produrre energia elettrica, da un lato, e sul modo in cui tale clausola del contratto può essere modificata, dall’altro». Terzo, viene ivi rilevato che, «nell’ambito del calcolo delle ore di tariffazione bassa, come indicato nei “[p]rincipi fondamentali di definizione delle tariffe”, occorrerà prendere in considerazione anche[, da un lato,] i costi evitati a causa dell’importanza del consumo [dell’interveniente], in particolare le ore serali oppure, qualora tale consumo non esistesse, sarebbe necessario disattivare un’unità di base, e[, dall’altro,] la perdita di reddito che potrebbe risultare dalla diminuzione a lungo termine del consumo, a causa della perdita di un cliente che rappresenta il 5% del consumo totale nel sistema interconnesso». Si conclude che «sarebbe opportuno aggiornare il testo del progetto di contratto [per la fornitura di energia elettrica] proposto sulla base dei “[p]rincipi fondamentali di definizione delle tariffe dell’energia elettrica” (decisione n. 692/2011 della RAE), da un lato, e delle osservazioni particolari formulate nel presente documento, relative in particolare ai consumi significativi e stabili nel tempo, come quelli [dell’interveniente], dall’altro».

171    In quarto luogo, per quanto riguarda il contenuto del lodo arbitrale, occorre ricordare che quest’ultimo si pronuncia, in un primo momento, sul profilo di consumo dell’interveniente (v. il voto di maggioranza illustrato ai punti da 77 a 99 di detto lodo), quale maggior consumatore di energia, con una quota pari a circa il 40% del consumo totale dei clienti dell’alta tensione in Grecia, la quale era dipendente dalla ricorrente, in quanto unico fornitore in Grecia con una quota di mercato superiore al 98% e in possesso di circa il 70% delle centrali di produzione, fra cui il 100% delle centrali a lignite e delle grandi centrali idroelettriche.

172    In un secondo momento, per quanto riguarda la determinazione dei costi della ricorrente e della tariffa di cui trattasi, dal voto di maggioranza risulta, in sostanza, che, da un lato, la tariffa regolamentata A‑150 è divenuta inapplicabile, a seguito della liberalizzazione del mercato dell’energia greco (punti da 100 a 112 del lodo arbitrale) ed è incompatibile con il profilo di consumo dell’interveniente e, pertanto, con il compromesso arbitrale (punti da 113 a 118 di detta sentenza), e, dall’altro, che una tariffa fondata sul prezzo marginale del sistema non riflette i costi della ricorrente (punti da 119 a 140 di tale lodo).

173    A tal riguardo, alla luce della possibilità di adeguare la tariffa di fornitura, in particolare, in funzione del profilo di consumo del cliente, della struttura del mercato dell’energia greco, della posizione dominante della ricorrente, nonché del bilancio della ricorrente per il 2011, il tribunale arbitrale ritiene che occorra tenere conto non solo dei suoi costi di fornitura, ma anche dei suoi redditi generati in quanto produttore (punti 127 e 128 del lodo arbitrale). Esso precisa che tali costi di fornitura e redditi sono rispettivamente esposti in tale bilancio come spese (costi) separate dalle attività di fornitura di energia e, pertanto, redditi separati da dette attività. Per contro, a suo avviso, ciò che è designato, nel bilancio consolidato, come il costo reale della ricorrente è la differenza fra questi due flussi finanziari, poiché tale trasferimento contabile interno dei flussi finanziari fra le unità di fornitura e di produzione della ricorrente è basato su ciò che è stato designato l’«accordo finanziario bilaterale» (punti 123 e 124 di detto lodo). A tal riguardo, esso ricorda che la decisione n. 692/2011 della RAE fa riferimento ai costi reali di fornitura di energia e li collega, segnatamente, ai costi di produzione di energia, al pari del mercato di «pool» e dei suoi meccanismi individuali (punto 125 di tale lodo).

174    Secondo il tribunale arbitrale, il prezzo marginale del sistema non rappresenta i costi reali della ricorrente. Nella sua qualità di impresa verticalmente integrata, i suoi costi reali dovrebbero essere stabiliti su base annuale, e non oraria, tenendo conto dei costi totali variabili e fissi di tutte le centrali di produzione di energia di cui essa dispone, maggiorati dei costi di acquisti effettuati dalla stessa presso terzi tramite il «sistema DAS», aumentati dei costi sostenuti dai fornitori di energia al di fuori di detto sistema, in conformità alle norme applicabili (punto 129 del lodo arbitrale). A tal riguardo, esso rigetta la proposta della ricorrente di determinare la tariffa in funzione del prezzo marginale del sistema sulla base di una relazione redatta da uno studio di revisione contabile (punti da 131 a 140 di detto lodo), con la motivazione, in particolare, che, in conformità alla decisione n. 692/2011 della RAE, il prezzo della fornitura di energia deve essere determinato sulla base di un metodo che «rifletta la curva di carico e il consumo totale di ciascuna categoria di consumatori e tenga conto della curva di carico di ciascun consumatore o categoria di consumatori (…) invece che della curva di carico del sistema integrale». Esso ne conclude che la tariffa proposta dalla ricorrente non può essere applicata ad un consumatore come l’interveniente (punti 139 e 140 di tale lodo).

175    Per quanto riguarda la tariffa proposta dall’interveniente, fondata sui costi variabili e fissi della totalità delle centrali a lignite della ricorrente, il tribunale arbitrale ricorda, da un lato, che, secondo la decisione n. 692/2011 della RAE, una siffatta tariffa deve riflettere la somma dei costi di produzione, i costi della gestione della fornitura e un margine di profitto ragionevole (punti da 141 a 145 del lodo arbitrale) e, dall’altro, che essa corrisponde alla «tariffa C» descritta dall’esperto K. la quale consiste nel riflettere il costo minimo a lungo termine per ciascun consumatore e in relazione al quale tale esperto ritiene, in sostanza, che esso sia fondato sui costi totali di una centrale a carico di base, vale a dire a lignite o a carbone, a differenza della tariffa proposta dalla ricorrente, la quale si fonda sulla media ponderata nel tempo del prezzo marginale del sistema (punti 148 e 149 di detto lodo). A suo avviso, tale posizione è stata confermata da altri periti, la cui testimonianza è riassunta ai punti da 150 a 154 di tale lodo. Esso ne conclude che corrisponde ad una prassi del tutto appropriata nel mercato dell’energia che ad un consumatore come l’interveniente venga fatturata una tariffa fondata sui costi totali di energia delle centrali a lignite a carico di base e che una siffatta tariffa è conforme ai criteri stabiliti dalla decisione n. 692/2011 della RAE (punti 155 e 156 dello stesso lodo).

176    A tal riguardo, il tribunale arbitrale respinge il ragionamento della ricorrente inteso a rimettere in discussione tale valutazione, poiché la tariffa da essa proposta è incompatibile con le decisioni n. 692/2011 e 798/2011 della RAE, nella misura in cui implica che i costi totali siano attribuiti in egual misura fra tutti i consumatori, cosicché a ciascuno di essi viene fatturato lo stesso prezzo per ogni ora della giornata. Tale «tariffa a distribuzione orizzontale» darebbe luogo a prezzi considerevolmente più elevati per famiglie e per altri consumatori che non hanno un profilo di consumo tipico, ossia quelli di carico di punta (punti da 156 a 163 e 169 del lodo arbitrale). Lo stesso vale per l’argomento della ricorrente secondo il quale i costi delle centrali a lignite a carico di base non riflettono i costi di fornitura, poiché la controversia della quale è investito non verte sui costi della ricorrente, bensì sull’applicazione di una tariffa che copre tali costi e tiene conto del profilo di consumo dell’interveniente, in conformità alla decisione n. 692/2011 e alla luce delle decisioni nn. 798/2011 e 8/2010 della RAE. Secondo tale tribunale, se la tariffazione proposta dall’interveniente fosse applicata separatamente a ogni consumatore o a ogni categoria di consumatori, essa darebbe luogo al recupero del 100% dei costi della ricorrente durante ogni anno, il che soddisfa i principi fondamentali di definizione delle tariffe, nonché le condizioni del compromesso arbitrale (punto 165 di detto lodo). Inoltre, esso contesta che la tariffazione proposta dall’interveniente si traduca in sovvenzioni incrociate fra diverse categorie di consumatori o possa falsare la concorrenza e respinge gli altri argomenti della ricorrente diretti a rimettere in discussione tale valutazione (punti da 166 a 183 di tale lodo).

177    Infine, per quanto riguarda il carattere ragionevole delle condizioni di fornitura adottate nel compromesso arbitrale, il tribunale arbitrale afferma sostanzialmente quanto segue ai punti da 184 a 207 del lodo arbitrale:

–        l’applicazione nei confronti dell’interveniente della tariffa fondata sul prezzo marginale del sistema, come proposta dalla ricorrente, è incompatibile con il compromesso arbitrale, in quanto detta tariffa non riflette i costi reali della ricorrente (punti 185 e 186);

–        l’applicazione nei confronti dell’interveniente della tariffa A-150 è incompatibile con il compromesso arbitrale (punto 187);

–        fra tutti i metodi di tariffazione proposti, l’unico compatibile con il compromesso arbitrale è quello che impone una tariffa forfettaria a zona unica ripartita su tutte le ore dell’anno e fondata sui costi delle centrali a lignite gestite dalla ricorrente (punto 188);

–        il progetto di accordo deve essere aggiornato, modificato e configurato in conformità a quanto suesposto; a tal fine, deve essere determinato il prezzo derivante da detta tariffa, il quale corrisponde alle caratteristiche di consumo dell’interveniente e copre almeno i costi della ricorrente durante il periodo in questione (punto 189);

–        la ricorrente ha omesso di fornire sufficienti informazioni comprovanti il costo reale delle sue centrali a lignite durante il periodo in questione (punto 191);

–        le informazioni fornite in relazione ai costi di produzione di centrali a carbone e a lignite che avrebbero potuto essere o saranno costruite in futuro non possono essere prese in considerazione, dal momento che esse non riguardano i costi connessi alle centrali esistenti durante il periodo in questione (punto 193);

–        in conformità alla dichiarazione giurata del sig. B., il quale fornisce informazioni circostanziate, complete e attendibili sui costi delle centrali a lignite della ricorrente durante il periodo in questione, il costo della lignite combustibile si collocava nel 2009 a EUR 24,5/MWh, mentre il costo di «energia», ossia il costo fisso aumentato del costo variabile non connesso al costo del combustibile, più ammortamento e costo finanziario di produzione, era pari a EUR 12,2/MWh, cosicché il costo totale di produzione delle centrali a lignite era di EUR 36,46/MWh, adeguato a EUR 37,34/MWh alla luce del costo ragionevole di estrazione e di commercializzazione (punto 195);

–        per quanto riguarda i costi fissi per unità della ricorrente che devono essere fatturati all’interveniente, il calcolo esposto al punto 200 della sentenza arbitrale si traduce in un importo di EUR 12,1/MWh (punto 201);

–        la tariffa che corrisponde alle caratteristiche di consumo dell’interveniente e che copre i costi della ricorrente per il periodo in questione deve essere fissato all’importo (netto) di EUR 36,6/MWh (24,5 + 12,1) (punto 202);

–        considerato che, segnatamente, da un lato, in forza della tariffa del gennaio del 2012, l’interveniente paga alla ricorrente, a titolo di diversi oneri, servizi e costi, l’importo di EUR 4,06 MWh e che, dall’altro, il consumo dell’interveniente resta praticamente stabile nel corso di tutto l’anno e non è mutato durante il periodo in questione, tale importo presenta una stima ragionevole per detto periodo e fissa la tariffa totale a EUR 40,66/MWh (36,6 + 4,06) (punto 203);

–        rispetto alle 4 710 ore, il prezzo totale per unità che la ricorrente aveva acconsentito a fatturare all’interveniente nell’accordo quadro era pari a EUR 40,70/MWh, che includeva tutti gli oneri elencati al punto 1.2 di detto accordo quadro, cosicché è dimostrato che tale prezzo copre sia i costi di produzione della ricorrente sia tali oneri (punti 204 e 205);

–        la tariffa che la ricorrente aveva acconsentito a fatturare all’interveniente per la fornitura di energia in forza dell’accordo quadro, per quanto riguarda le 4 710 ore l’anno, ossia EUR 40,7/MWh, se viene applicata alla totalità delle ore dell’anno, copre i costi totali della ricorrente, ossia EUR 36,6/MWh, il che è conforme alle caratteristiche di consumo dell’interveniente, ai sensi del compromesso arbitrale, se vengono aggiunti gli oneri applicabili (EUR 40,66/MWh) (punto 206).

178    La valutazione del voto di maggioranza del lodo arbitrale illustrata ai punti da 171 a 177 supra è contestata dal voto di minoranza di detto lodo ai suoi punti da 217 a 262.

179    Per quanto riguarda i costi della ricorrente, il voto di minoranza del lodo arbitrale sostiene, in sostanza, che non può essere ignorato il fatto che essa opera attualmente, come nel corso del periodo in questione, quale impresa verticalmente integrata impegnata parallelamente nella produzione e nella fornitura di energia. I costi reali della ricorrente, in tale qualità, su base annuale e non oraria, consisterebbero nei costi totali variabili e fissi di tutte le sue centrali di produzione di energia, durante il periodo in questione, maggiorati dei costi di acquisto da essa effettuati presso terzi tramite il «sistema DAS» e dei costi sostenuti dai fornitori di energia al di fuori di detto sistema, imposti dalle norme applicabili, inclusi i certificati di fornitura di energia (PDC), il meccanismo di recupero di costi variabili, il costo di acquisto di diritti di emissione di CO2, altri oneri imposti dallo Stato, come gli oneri per l’uso del sistema e della rete, la tassa speciale sulle emissioni gassose inquinanti, e ogni tassa applicabile occasionalmente secondo le leggi elleniche che disciplinano la fornitura di energia elettrica. Dal momento che il livello di costi rilevanti riconducibili alla produzione propria e alla fornitura da parte di terzi varia a seconda del giorno e dell’ora, sarebbe dunque ragionevole adottare una proporzione 70/30 al riguardo. Sarebbe contrario ai criteri del compromesso arbitrale relativi ai costi reali della ricorrente, nella sua qualità di impresa verticalmente integrata, isolare o concentrarsi su una di queste due componenti, senza tenere conto dell’altra. Per gli stessi motivi, tali costi non potrebbero essere limitati né ai costi di produzione di energia né ad una sola categoria di centrali gestite dalla ricorrente (punti da 217 a 222 di detto lodo).

180    Il voto di minoranza del lodo arbitrale precisa le ragioni per le quali ritiene che il voto di maggioranza sia fondato su un metodo erroneo di tariffazione tenendo conto dei costi totali reali della ricorrente (punti da 227 a 262 di detto lodo).

181    Secondo il voto di minoranza del lodo arbitrale, anzitutto, in sostanza, il voto di maggioranza ammette che il prezzo marginale del sistema in quanto tale non riflette i costi reali della ricorrente e non viene utilizzato unicamente al fine di determinare tali costi, ma detto prezzo ponderato nel tempo è parimenti uno strumento di tariffazione del volume di energia fornito alla ricorrente da terzi. Il metodo proposto dalla ricorrente ripercuoterebbe il costo della fornitura sui consumatori – fondato appunto sulle caratteristiche del sistema – sulla base della quantità di energia consumata da ogni consumatore ogni ora. Secondo tale metodo, i grandi consumatori si vedrebbero fatturare un prezzo meno elevato rispetto ai consumatori di picco, poiché il costo della fornitura di energia sarebbe distribuito su un numero maggiore di ore. Tale metodo sarebbe dunque pienamente compatibile con i principi sanciti nella decisione n. 692/2011 della RAE, con i criteri del compromesso arbitrale e con le intenzioni delle controparti contrattuali. Si tratterebbe di un metodo basato sui costi il quale, primo, tiene conto del profilo di ciascuno dei consumatori, in particolare della loro curva di consumo e del loro fattore di carico; secondo, riflette in maniera più precisa i costi reali della fornitura di energia (costo di produzione, costo di scambio, profitto ragionevole); terzo, non dà luogo a prezzi che impediscono a nuovi concorrenti di entrare sul mercato, come avverrebbe nel caso in cui la tariffazione si basasse sulla fonte di energia meno cara, e, quarto, tiene conto del fatto che l’interveniente presenta, congiuntamente ad altri consumatori, una domanda di energia ad ogni ora del giorno (punti 231 e 232 di detto lodo).

182    Inoltre, il voto di minoranza del lodo arbitrale richiama, in sostanza, le tre relazioni tecniche di uno studio di revisione contabile, ai sensi delle quali il costo medio ponderato nel tempo sostenuto dalla ricorrente concernente la produzione di energia e la fornitura di energia elettrica da parte di terzi era pari a EUR 72,42/MWh nel 2011 e a EUR 78,53/MWh nel 2012. Tali prezzi dovrebbero essere sottoposti a sconti di volume in conformità ai requisiti del diritto della concorrenza (punti 233 e 234 di detto lodo).

183    Inoltre, il voto di minoranza del lodo arbitrale critica il ragionamento relativo al metodo di tariffazione, in quanto, segnatamente, incompatibile con i requisiti del compromesso arbitrale e della decisione n. 692/2011 della RAE (punti da 235 a 249 di detto lodo). In particolare, il riferimento forfettario ai costi variabili e fissi della capacità di produzione meno cara creerebbe un’immagine falsata dei costi della ricorrente, poiché la combinazione dei costi fissi e variabili delle centrali di produzione di energia varia in funzione del numero di ore di attività. Pertanto, il riferimento all’energia prodotta a base di lignite fa sorgere l’impressione erronea che il costo sarà ridotto durante le ore di punta, poiché esso tiene conto soltanto dei costi variabili di una categoria particolare di centrali, e non della partecipazione di centrali aventi un costo totale di produzione per unità più elevato durante lo stesso periodo (punto 245 di tale lodo). Inoltre, il metodo di tariffazione approvato dal voto di maggioranza non fornirebbe incentivi idonei ad un uso più razionale dell’energia, poiché esso limita in maniera irragionevole la capacità dei consumatori di beneficiare di costi variabili più bassi delle centrali a lignite (punto 246 dello stesso lodo). Inoltre, detto metodo genererebbe un rischio elevato di barriere all’ingresso sul mercato a scapito di nuovi concorrenti rafforzando al contempo la possibilità di praticare il dumping illegale. Non sarebbe neppure giustificato istituire un nesso fra la tariffa alla quale l’interveniente può avere diritto e i costi delle centrali a lignite, dato che queste ultime immettono tutta l’energia prodotta nel «pool», il che renderebbe impossibile verificare l’esistenza di un siffatto nesso. Pertanto, i consumatori che contribuiscono alla formazione della totalità della domanda si vedrebbero rifornire di energia da parte di un mix di centrali a costi bassi, medi o elevati e variabili in funzione delle ore di consumo. L’interveniente non costituirebbe un’eccezione al riguardo, ma contribuirebbe alla domanda del sistema tanto durante le ore di punta quanto durante le ore non di punta, cosicché la tariffa dovrebbe riflettere il costo medio operativo di tutte le centrali (punti 247 e 248 del lodo in questione).

184    Infine, il voto di minoranza del lodo arbitrale contesta il metodo di determinazione del prezzo unitario, il quale consiste nel collegare il carico di base all’unità di carico di base (punti da 250 a 262 di detto lodo). Per ragioni di logica e di coerenza sistemica, un siffatto metodo dovrebbe essere fondato sui costi fissi e variabili totali della centrale a lignite e non su un mix di elementi di costi risultanti da diversi approcci metodologici. Inoltre, un simile calcolo riguarderebbe essenzialmente i costi di una centrale esistente del fornitore in questione e non dovrebbe tenere conto di modelli ipotetici (punto 251 di tale lodo). Per quanto riguarda i costi variabili delle centrali a lignite, il voto di minoranza contesta la fondatezza delle conclusioni del sig. B. (punti 252 e 253 dello stesso lodo). In sostanza, esso considera non provato che la tariffa di EUR 40,7/MWh prevista dall’accordo quadro copra i costi di produzione e gli oneri della ricorrente (punti 254 e seguenti del lodo interessato) e ritiene che la tariffa non possa in nessun caso essere inferiore a EUR 46,08/MWh tenendo conto di EUR 33,98/MWh quale costo medio della lignite, ecc. e di EUR 12,1/MWh di costo di energia (punti 262 e 274 di siffatto lodo). Infine, esso rimette in dubbio le conclusioni del voto di maggioranza alla luce delle norme in materia di aiuti di Stato (punti da 263 a 268 del lodo in questione).

185    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che, pena incontrare serie difficoltà o nutrire dubbi, la Commissione non era legittimata a rifiutarsi di verificare, sulla base di un’analisi complessa delle condizioni normali del mercato, se la tariffa di cui trattasi, come fissata dal voto di maggioranza del lodo arbitrale, fosse idonea a conferire all’interveniente un vantaggio e, pertanto, un aiuto di Stato.

186    Da un lato, l’illustrazione dettagliata dei motivi controversi sottesi ai voti di maggioranza e di minoranza del lodo arbitrale dimostra che la determinazione del metodo di tariffazione adeguato e, in particolare, dei costi «reali» della ricorrente implica valutazioni economiche e tecniche complesse relative tanto alla struttura e al funzionamento del mercato dell’energia greco quanto alle rispettive situazioni economiche dell’interveniente e della ricorrente, incluse le loro relazioni commerciali, le quali sono rilevanti al fine di stabilire se una tariffa per la fornitura di energia corrisponda ad un «prezzo di mercato». Orbene, come risulta dalle considerazioni svolte ai punti da 164 a 185 supra, limitandosi ad applicare il principio dell’operatore privato alla questione se un siffatto operatore si sarebbe sottoposto, al pari della ricorrente, all’arbitrato, la Commissione ha delegato tali valutazioni complesse ai giudici ellenici, violando nel contempo il proprio dovere di controllo ricordato ai punti da 143 a 148 supra, ovvero commettendo un errore di diritto e di valutazione al riguardo.

187    D’altro lato, avuto riguardo agli elementi dettagliati e contraddittori esposti dai voti di maggiorana e di minoranza del lodo arbitrale, occorre rilevare che, alla luce delle informazioni presentate dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo, fra cui le tre relazioni tecniche di uno studio di revisione contabile, la Commissione avrebbe dovuto effettuare una propria analisi per accertare se, segnatamente, il metodo di determinazione dei costi della ricorrente, come applicato dal tribunale arbitrale, fosse tanto adeguato quanto sufficientemente plausibile per dimostrare che la tariffa di cui trattasi era conforme alle normali condizioni di mercato, pena incontrare serie difficoltà o nutrire dubbi, ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento 2015/1589, per quanto riguarda il suo carattere di aiuto, il quale l’avrebbe dovuta indurre a decidere di avviare il procedimento d’indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

188    A tal riguardo, la Commissione avrebbe segnatamente dovuto nutrire dubbi alla luce dei seguenti elementi controversi:

–        la qualificazione dei costi della ricorrente in ragione della sua qualità di impresa verticalmente integrata, il cui bilancio consolidato si basa su un trasferimento contabile interno dei flussi finanziari fra le unità di fornitura e di produzione della ricorrente (sulla base del cosiddetto «accordo finanziario bilaterale») (v. punto 173 supra);

–        l’asserita necessità di stabilire i costi reali della ricorrente su base annuale e non oraria tenendo conto, segnatamente, dei costi totali variabili e fissi di tutte le centrali di produzione di energia di cui essa dispone (v. punto 174 supra);

–        la rilevanza della scelta fra la tariffa proposta da «DEI/PWC», basata sul prezzo marginale del sistema e sulla media ponderata nel tempo che dà luogo ad una «tariffa a distribuzione orizzontale», da un lato, e la tariffa proposta dall’interveniente, la quale si basa sul costo fisso e variabile delle centrali a lignite della ricorrente, ossia sul costo minimo a lungo termine per ciascun consumatore, dall’altro (v. punto 174 supra);

–        il nesso di tali tariffe proposte con la necessità di coprire i costi (variabili e fissi) reali della ricorrente e la sua conseguenza per le tariffe da fatturare ai diversi profili di consumo, o di carico di base, fra cui quello dell’interveniente, o di carico di punta o elevato (v. punto 174 supra);

–        le eventuali incidenze della scelta del metodo di tariffazione sulla concorrenza sul mercato dell’energia greco (v. punto 176 supra);

–        il carattere sufficiente degli elementi di informazione forniti dalla ricorrente al fine di stabilire i suoi costi reali, segnatamente quelli connessi all’attività delle sue centrali di produzione a lignite (v. punto 177 supra).

189    È giocoforza constatare che, contrariamente a quanto da essa ritenuto, la Commissione, nella seconda decisione impugnata, non ha soddisfatto i requisiti di controllo alla stessa incombenti alla luce della nozione oggettiva di dubbi o di serie difficoltà, tenendo conto, a titolo meramente «indicativo» a suo avviso, del contesto normativo del mercato dell’energia elettrica in Grecia (punti 18, 20, 21, 29, 33, 37, 40 e 41 e note 5, 6 e da 13 a 18), del profilo di consumo dell’interveniente (punto 31 e nota 3), delle caratteristiche della ricorrente in quanto produttore e fornitore di energia elettrica (punto 30 e nota 7), e delle circostanze generali della controversia fra la ricorrente e l’interveniente (sezioni 2.1 e 2.2 e punti da 34 a 38 e 42).

190    Inoltre, alla luce del fatto che la Commissione ha omesso di esaminare tali elementi economici e tecnici complessi, se del caso con l’ausilio di periti interni o esterni, e di motivare così la seconda decisione impugnata, non è necessario né giuridicamente possibile per il Tribunale sostituire la sua valutazione a quella della Commissione. Infatti, al riguardo, non spetta al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione, né colmare un’eventuale lacuna nella motivazione della decisione controversa tramite motivi ad essa estranei, salvo eccedere i limiti del suo controllo di legittimità ai sensi dell’articolo 263 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione, C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punti 75, 88 e 89; del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione, C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682, punti 77 e 78 e la giurisprudenza ivi citata, e dell’11 dicembre 2019, Mytilinaios Anonymos Etairia – Omilos Epicheiriseon, C‑332/18 P, EU:C:2019:1065, punti da 128 a 131).

191    Ne risulta che, nella specie, il Tribunale non può valutare la fondatezza delle diverse censure e dei diversi argomenti della ricorrente quanto al carattere eventualmente erroneo in diritto o in fatto della valutazione del tribunale arbitrale sottesa alla determinazione della tariffa di cui trattasi, né la questione se il caso di specie sia comparabile o meno alla situazione all’origine della decisione Alcoa. Infatti, gli elementi illustrati supra sono sufficienti per concludere che, in assenza di un esame più approfondito delle informazioni rilevanti ai fini dell’applicazione del criterio del vantaggio, in particolare della questione se la tariffa di cui trattasi corrispondeva alle condizioni normali del mercato, la Commissione avrebbe dovuto incontrare serie difficoltà o nutrire dubbi ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento 2015/1589 che le imponevano di avviare il procedimento di indagine formale.

c)      Conclusioni sulla causa T740/17

192    Pertanto, il terzo e il quarto motivo e la prima e la seconda parte del quinto motivo devono essere accolti, senza che occorra pronunciarsi sulle altre parti di detto motivo.

193    Di conseguenza, il ricorso nella causa T‑740/17 deve essere accolto e la seconda decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario statuire sugli altri motivi.

194    Poiché la seconda decisione impugnata viene dunque dichiarata nulla e priva di effetti, ai sensi dell’articolo 264, primo comma, TFUE, essa è eliminata retroattivamente dall’ordinamento giuridico ed è da considerare quale mai esistita (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2019, River Kwai International Food Industry/AETMD, C‑144/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:266, punti da 45 a 57). Ne consegue che detta decisione non era idonea ad abrogare e sostituire la prima decisione impugnata né la lettera controversa.

195    Di conseguenza, come riconosciuto dalla Commissione in udienza in tale ipotesi, le cause T‑639/14 RENV e T‑352/15 non hanno perso il loro oggetto ed occorre pronunciarsi sui ricorsi in dette cause.

C.      Sulla causa T352/15

196    Per quanto riguarda il ricorso nella causa T‑352/15, è sufficiente constatare che, in primo luogo, alla luce di quanto esposto ai punti 194 e 195 supra, esso mantiene il suo oggetto, cosicché la domanda di non luogo a statuire della Commissione deve essere respinta.

197    In secondo luogo, per i motivi esposti ai punti da 70 a 103 supra, i quali si applicano mutatis mutandis alla prima decisione impugnata, il cui contenuto è pressoché identico a quello della seconda decisione impugnata, il ricorso deve essere dichiarato ricevibile.

198    Infatti, i motivi di annullamento dedotti a sostegno di detto ricorso sono preceduti da una parte introduttiva che ne precisa l’oggetto, consistente nell’invocare l’esistenza di «dubbi [seri]» o di «serie difficoltà» ai sensi della giurisprudenza. Analogamente, nell’ambito del primo, del terzo, del quarto, del quinto e del sesto motivo viene fatto esplicitamente riferimento alle nozioni di «dubbi» o di «serie difficoltà» (punti 61, 62, 87, 100, 114, 119, 134, 158, 176 e 196 del ricorso). Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione e di esame diligente e completo del caso di specie, il quale riveste un carattere essenzialmente formale e procedurale, le considerazioni svolte al punto 100 supra si applicano mutatis mutandis.

199    In terzo luogo, avuto riguardo a siffatto contenuto pressoché identico delle decisioni impugnate, per i motivi illustrati ai punti da 138 a 192 supra, occorre accogliere il secondo e il terzo motivo e la prima e la seconda parte del quarto motivo, corrispondenti al terzo e al quarto motivo e alla prima e alla seconda parte del quinto motivo nella causa T‑740/17.

200    Ne consegue che il ricorso nella causa T‑352/15 deve essere parimenti accolto e la prima decisione impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario pronunciarsi sulle altre parti e sugli altri motivi dedotti dalla ricorrente.

201    In conformità a quanto esposto al punto 194 supra, la prima decisione impugnata, essendo nulla e priva di effetti, non era idonea ad abrogare e sostituire la lettera controversa, cosicché la causa T‑639/14 RENV non poteva perdere il suo oggetto per tale motivo.

202    Pertanto, occorre pronunciarsi sulla causa T‑639/14 RENV parimenti per tale ragione.

D.      Sulla causa T639/14 RENV

1.      Sulla domanda di non luogo a statuire e sulla ricevibilità

203    In via preliminare, va respinta la domanda di non luogo a statuire della Commissione per i motivi esposti ai punti 194 e 201 supra.

204    Per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso, è sufficiente ricordare i motivi illustrati ai punti da 70 a 103 supra, i quali si applicano mutatis mutandis alla lettera controversa e da cui risulta che quest’ultima costituisce un atto impugnabile.

205    A tal riguardo, la Corte ha dichiarato, infatti, che, con l’adozione della lettera controversa, la Commissione aveva adottato un atto di archiviazione della causa con cui aveva deciso di concludere il procedimento preliminare d’esame avviato a seguito della denuncia della ricorrente, aveva rilevato che l’indagine avviata non aveva consentito di dichiarare la sussistenza di un aiuto ai sensi dell’articolo 107 TFUE, e aveva quindi negato l’avvio del procedimento di indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE. A suo avviso, la Commissione ha in tal modo assunto una posizione definitiva sulla domanda della ricorrente volta a far dichiarare la violazione degli articoli 107 e 108 TFUE. Essa ha precisato che, poiché tale lettera aveva impedito alla ricorrente di presentare proprie osservazioni nell’ambito del procedimento d’indagine formale, detta lettera aveva prodotto effetti giuridici obbligatori tali da incidere sugli interessi della ricorrente. Essa ne ha concluso che tale decisione costituiva un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2017, DEI/Commissione, C‑228/16 P, EU:C:2017:409, punti 30 e 31 e la giurisprudenza ivi citata).

206    Inoltre, i motivi sollevati a sostegno del ricorso sono preceduti da una parte introduttiva che ne precisa l’oggetto, consistente nell’invocare l’esistenza di «dubbi [seri]» o di «serie difficoltà» ai sensi della giurisprudenza (v. punti da 51 a 53 del ricorso). Analogamente, viene fatto espressamente riferimento alle nozioni di «dubbi» o di «serie difficoltà» nell’ambito del secondo e del terzo motivo relativi ai criteri di imputabilità (punti 90 e 128 del ricorso) e di vantaggio (punti 145 e 152 del ricorso). Per quanto riguarda il primo e il quarto motivo, è sufficiente constatare che essi sono di natura formale e procedurale ed appunto connessi alla questione se la Commissione abbia istruito e motivato tutti gli elementi pertinenti e necessari per superare i dubbi o le difficoltà che si presentano nell’ambito della fase preliminare di esame (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2012, Smurfit Kappa Group/Commissione, T‑304/08, EU:T:2012:351, punto 81; del 20 giugno 2019, a&o hostel and hotel Berlin/Commissione, T‑578/17, non pubblicata, EU:T:2019:437, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata, e del 12 settembre 2019, Achemos Grupė e Achema/Commissione, T‑417/16, non pubblicata, EU:T:2019:597, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

207    Di conseguenza, il ricorso deve essere dichiarato ricevibile in relazione a tutti i motivi dedotti a suo sostegno.

2.      Nel merito

a)      Sui motivi di annullamento

208    A sostegno del presente ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi di annullamento.

209    Con il primo motivo, la ricorrente fa valere che la lettera controversa è inficiata dalla violazione di una forma sostanziale, in quanto la Commissione non ha rispettato i requisiti procedurali previsti per l’adozione di una decisione di archiviazione di una denuncia.

210    Con il secondo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione per quanto riguarda le circostanze «di diritto e di fatto» nell’interpretazione ed applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE, ritenendo che la misura in questione non fosse imputabile allo Stato greco e, pertanto, non costituisse un aiuto di Stato.

211    Con il terzo motivo, la ricorrente ritiene che la Commissione sia incorsa in un errore manifesto di valutazione «di diritto e di fatto» nell’interpretazione ed applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE, ritenendo che la misura in questione non avesse come effetto la concessione di un vantaggio all’interveniente.

212    Con il quarto motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il suo obbligo di motivazione, il suo obbligo di esaminare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, nonché il principio di «buona amministrazione».

b)      Sul primo motivo, relativo alla violazione di una forma sostanziale

213    La ricorrente sostiene, in sostanza, che la lettera controversa è inficiata da un vizio di forma o di procedura, in quanto, invece di detta lettera, firmata da un capo unità della DG «Concorrenza» e rivolta alla stessa, la Commissione doveva adottare una decisione formale ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589 e inviarla alla Repubblica ellenica.

214    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, replica che la prima decisione impugnata è stata adottata dal collegio dei commissari, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento 2015/1589, cosicché la lettera controversa, come integrata da detta decisione, non è inficiata dalla violazione di una forma sostanziale. Essa precisa che la ricorrente continua a confondere la sua argomentazione principale secondo la quale tale decisione ha validamente sostituito tale lettera, cosicché occorre pronunciare un non luogo a statuire, con la sua argomentazione in subordine, secondo la quale detta decisione ha sanato i vizi di detta lettera. Orbene, gli «elementi aggiunti» dalla stessa decisione sarebbero appunto quelli destinati a tal fine.

215    A tal riguardo, è sufficiente constatare che, da un lato, la Commissione ha riconosciuto, al più tardi con l’adozione della seconda decisione impugnata, che il presente motivo era fondato. Infatti, la lettera controversa costituisce una presa di posizione definitiva dei servizi della Commissione sulle denunce della ricorrente disponendone l’archiviazione. Orbene, da una giurisprudenza costante risulta che una siffatta lettera racchiude una decisione impugnabile, adottata al termine della fase di esame preliminare, ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 o 3, del regolamento 2015/1589, la quale è implicitamente rivolta allo Stato membro interessato e che deve essere dunque adottata dalla Commissione come organo collegiale (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2008, Athinaïki Techniki/Commissione, C‑521/06 P, EU:C:2008:422, punti da 37 a 40; del 16 dicembre 2010, Athinaïki Techniki/Commissione, C‑362/09 P, EU:C:2010:783, punto 63, e del 31 maggio 2017, DEI/Commissione, C‑228/16 P, EU:C:2017:409, punto 29).

216    Dall’altro, la Commissione riconosce che la lettera controversa non è stata adottata in conformità alle norme di procedura rilevanti a tal fine (v. punto 222 infra), il che costituisce appunto la giustificazione invocata dalla stessa ai punti 8 e 51 della seconda decisione impugnata e nell’ambito della sua difesa nella causa T‑740/17 ai fini della revoca e della sostituzione di detta lettera con tale decisione, in conformità ai requisiti fissati dalla Corte nella sua sentenza del 31 maggio 2017, DEI/Commissione (C‑228/16 P, EU:C:2017:409, punti 32, 40 e 41).

217    Di conseguenza, il presente motivo deve essere accolto.

c)      Sul secondo motivo, relativo ad un errore manifesto di valutazione «di diritto e di fatto» nellinterpretazione ed applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE in relazione al criterio di imputabilità

218    La ricorrente sostiene, in sostanza, che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione «di diritto e di fatto» nell’interpretazione ed applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE affermando che il lodo arbitrale non poteva costituire una misura di aiuto imputabile allo Stato greco. A suo avviso, il ricorso all’arbitrato è un meccanismo alternativo alla definizione delle controversie da parte dei giudici ordinari producendo al contempo essenzialmente gli stessi effetti giuridici, segnatamente per quanto riguarda il carattere obbligatorio ed esecutivo della decisione alla fine pronunciata. Essa ritiene che, per la sua natura e per il suo oggetto, detto lodo è un atto di esercizio di pubblici poteri imputabile allo Stato greco, che l’obbliga, in maniera giuridicamente vincolante e con forza esecutiva, a dispensare risorse di Stato. Essa ne conclude che la tariffa di cui trattasi è imputabile allo Stato greco, cosicché la Commissione avrebbe dovuto, quantomeno, nutrire «dubbi seri» e, pertanto, avviare il procedimento d’indagine formale per consentirle, segnatamente, di presentare le sue osservazioni.

219    La Commissione, sostenuta dall’interveniente, rileva che il secondo e il terzo motivo sono connessi alle condizioni di imputabilità e di vantaggio. Nel controricorso, essa si limita ad affermare che, dal momento che le condizioni richieste per concludere nel senso dell’esistenza di un aiuto di Stato sono cumulative, è sufficiente che la mancata compresenza di una di queste due condizioni sia accertata affinché possa concludersi per l’insussistenza di un aiuto di Stato. Successivamente, essa si esprime unicamente sulla questione se l’esistenza di un vantaggio possa essere esclusa con la motivazione che la ricorrente ha agito come un investitore privato avveduto.

220    Nella controreplica, la Commissione aggiunge che il secondo e il terzo motivo sono inoperanti, poiché nessuno di essi è idoneo, da solo, a comportare l’annullamento della lettera controversa. Dal momento che detta lettera è fondata sull’assenza congiunta delle condizioni di imputabilità e di vantaggio per concludere per l’insussistenza di un aiuto di Stato, a tal fine, la ricorrente avrebbe dovuto sollevare un unico motivo relativo alla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE per valutazione erronea dell’assenza tanto dell’imputabilità quanto del vantaggio. Orbene, il secondo motivo non sarebbe idoneo, da solo, a comportare un siffatto annullamento, «poiché l’assenza di un vantaggio esula dall’argomentazione di detto motivo ed è sufficiente per concludere per l’insussistenza di un aiuto di Stato». Lo stesso varrebbe per il terzo motivo, «poiché l’assenza di imputabilità esula dall’argomentazione di detto motivo ed è sufficiente per concludere per l’insussistenza di un aiuto di Stato».

221    La Commissione precisa, in sostanza, che l’assenza di imputabilità non costituisce la «parte essenziale» della motivazione della lettera controversa. Tale aspetto, al pari di quello dell’assenza di un vantaggio, sarebbero stati trattati in tale lettera solo in maniera succinta, e la conclusione relativa all’insussistenza di un aiuto di Stato sarebbe stata fondata su questi due elementi di pari importanza. Per contro, la motivazione della prima decisione impugnata si sarebbe concentrata sull’assenza di un vantaggio, dato che quest’ultima è stata sufficiente per concludere per l’insussistenza di un aiuto di Stato. La lettera controversa avrebbe dunque esposto unicamente una conclusione «assolutamente preliminare» al riguardo, non strutturata così chiaramente come in una decisione formale della Commissione.

222    La Commissione contesta di avere avuto l’intenzione di evitare un controllo giurisdizionale della lettera controversa. Essa indica che detta lettera è l’espressione meramente preliminare della posizione dei suoi servizi. Essa precisa che solo per errore, e, quindi, in maniera illegittima, in tale lettera, l’agente firmatario ha formulato in maniera definitiva la posizione di detti servizi. Essa afferma che tale violazione di una forma sostanziale è stata tuttavia sanata tramite l’adozione della seconda decisione impugnata, la quale espone la sua risposta definitiva in debita forma. La ricorrente non potrebbe dimostrare un interesse legittimo a che venga esaminata una motivazione precisa della lettera in questione, segnatamente quella relativa all’imputabilità, poiché un simile interesse presuppone che il ricorso sia idoneo, con il suo risultato, a procurarle un beneficio.

223    Occorre ricordare che, da un lato, nella lettera controversa, per quanto riguarda la questione dell’imputabilità del lodo arbitrale allo Stato greco, viene enunciato, segnatamente, che la ricorrente non ha dimostrato che «il tribunale arbitrale era un organismo che esercita pubblici poteri, avuto riguardo in particolare al fatto che tanto [la ricorrente quanto l’interveniente] hanno fatto ricorso all’arbitrato volontariamente, senza che sia esistito un obbligo di legge in tal senso». Inoltre, viene ivi considerato che, alla luce del fatto che il tribunale arbitrale aveva l’incarico di fissare una tariffa in conformità ai principi generali che governano il procedimento arbitrale, nonché alle decisioni e agli orientamenti adottati in precedenza dalla RAE in materia, «lo Stato [greco] non sembra[va] [essere stato] in grado di esercitare un’influenza determinante su [detto lodo]». La Commissione ha così reiterato la sua posizione «espressa nella lettera del 6 maggio 2014 in relazione all’assenza di imputabilità allo Stato [greco] di [tale lodo]». Dall’altro, essa ha respinto le affermazioni della ricorrente secondo le quali la tariffa di cui trattasi era inferiore ai suoi costi, segnatamente con la motivazione che lo stesso lodo riconosceva esplicitamente che tale tariffa copriva i costi della ricorrente oltre ad un ragionevole profitto, tenendo al contempo conto del profilo di consumo dell’interveniente. Essa ha dunque parimenti reiterato la sua posizione «espressa nella lettera del 6 maggio 2014 sull’assenza di un vantaggio selettivo derivante dalla misura in questione» (v. parimenti punto 16 supra).

224    Ne risulta che la Commissione ha effettivamente ritenuto nella lettera controversa, da un lato, che il lodo arbitrale non fosse imputabile allo Stato greco e, dall’altro, che la fissazione della tariffa di cui trattasi in detto lodo non comportasse un vantaggio a favore dell’interveniente. Pertanto, la sua conclusione relativa all’assenza di un aiuto di Stato si basava su questi due elementi parallelamente.

225    Per contro, nelle decisioni impugnate, la Commissione non reitera le considerazioni svolte nella lettera controversa concernenti l’assenza di imputabilità del lodo arbitrale allo Stato greco. Al contrario, essa non fa più alcun riferimento a tale valutazione né si pronuncia su un’eventuale qualificazione del criterio di imputabilità, e ciò nonostante il fatto che, da un lato, il riassunto delle denunce figurante ai punti 11 di dette decisioni tenga conto dell’argomento della ricorrente secondo il quale detto lodo era imputabile allo Stato greco e, dall’altro, i punti 24 di tali decisioni menzionino tale criterio quale parte integrante della nozione di aiuto.

226    Occorre precisare che la Commissione procede in maniera identica nell’ambito delle sue memorie nel corso del procedimento, nelle quali essa evita di prendere posizione sul criterio di imputabilità e di difendersi in maniera specifica contro le censure fatte valere a sostegno del secondo motivo. Per contro, essa si concentra sulla sua risposta al terzo motivo connesso all’esistenza di un vantaggio, allegando al contempo che è sufficiente che uno dei criteri costitutivi della nozione di aiuto non sia soddisfatto per giustificare l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento 2015/1589. Infine, in udienza, anche a seguito di un quesito specifico posto dal Tribunale al riguardo, la Commissione ha adottato un approccio analogo.

227    Per quanto riguarda il criterio di imputabilità, occorre rammentare la giurisprudenza costante secondo la quale, affinché determinati vantaggi possano essere qualificati come «aiuti» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, da un lato, essi devono essere concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali e, dall’altro, essi devono essere imputabili allo Stato. Ai fini della valutazione dell’imputabilità di una misura allo Stato, occorre esaminare se le autorità pubbliche siano state coinvolte nell’adozione di tale misura (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2017, ENEA, C‑329/15, EU:C:2017:671, punti 20 e 21 e la giurisprudenza ivi citata).

228    Pertanto, nei casi in cui la legislazione nazionale prescriveva un obbligo di approvvigionamento o di acquisto di energia elettrica o un meccanismo di sostegno e di compensazione di costi di produzione di energia elettrica che incide sull’importo della sua tariffa, una giurisprudenza costante ha riconosciuto che i corrispondenti obblighi rientravano nell’ambito di una misura imputabile allo Stato (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2013, Association Vent De Colère! e a., C‑262/12, EU:C:2013:851, punti da 16 a 18; del 13 settembre 2017, ENEA, C‑329/15, EU:C:2017:671, punti da 20 a 22, e del 15 maggio 2019, Achema e a., C‑706/17, EU:C:2019:407, punti da 47 a 49).

229    Orbene, nella specie, solo i criteri di tariffazione in materia di fornitura di energia elettrica dei clienti dell’alta tensione, e non l’importo esatto delle tariffe, sono prescritti nella normativa ellenica applicabile, ossia, segnatamente, nell’ambito dei «principi fondamentali di definizione delle tariffe dell’energia elettrica in Grecia» sanciti nella decisione n. 692/2011 della RAE (v. punto 8 supra). Per quanto riguarda la determinazione dell’importo delle tariffe applicabili in forza di tali principi, l’articolo 37 della legge n. 4001/2011 prevede unicamente la possibilità per le controparti contrattuali di ricorrere all’arbitrato permanente della RAE, il quale ha dato luogo, nella specie, all’adozione della decisione n. 346/2012 della RAE, del 9 maggio 2012, che fissa una tariffa provvisoria, e a quella del lodo arbitrale che fissa la tariffa di cui trattasi, applicabile alle relazioni commerciali fra la ricorrente e l’interveniente (v. punti 9 e 12 supra). L’assenza di una disciplina vincolante delle tariffe per la fornitura di energia elettrica in Grecia è confermata dal procedimento avviato dinanzi all’EEA che ha avuto ad oggetto un presunto abuso di posizione dominante da parte della ricorrente, diretto a fatturare tariffe eccessive e discriminatorie nei confronti dell’interveniente e che ha portato l’EEA ad accettare impegni comportamentali offerti dalla ricorrente (v. punto 13 supra). Ne consegue che è detto lodo, come confermato dall’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), nella sua sentenza n. 634/2016 del 18 febbraio 2016, ad avere imposto, in maniera giuridicamente vincolante, la tariffa di cui trattasi alla ricorrente.

230    Per quanto riguarda la questione se il lodo arbitrale sia un atto di esercizio di pubblici poteri imputabile allo Stato greco, basta ricordare gli elementi esposti ai punti da 150 a 158 supra per constatare che la ricorrente ha sufficientemente dimostrato che era questo il caso.

231    Infatti, tali elementi indicano che, per la sua natura e per i suoi effetti giuridici, il lodo arbitrale è equiparabile a sentenze di un giudice ordinario ellenico, di modo che esso deve essere qualificato come un atto di esercizio di pubblici poteri. Ciò è dimostrato segnatamente dal fatto che esso è stato impugnato dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene). Ne risulta parimenti che i tribunali arbitrali istituiti e operanti in conformità all’articolo 37 della legge n. 4001/2011, al pari dei giudici ordinari ellenici ai quali essi possono sostituirsi, sono parte integrante del sistema di tutela giurisdizionale statale greco.

232    Erroneamente la Commissione ha dunque concluso, nella lettera controversa, da un lato, che non sarebbe stato dimostrato dalla ricorrente che «il tribunale arbitrale era un organismo che esercita pubblici poteri, avuto riguardo in particolare al fatto che tanto [la ricorrente] quanto [l’interveniente] hanno fatto ricorso all’arbitrato volontariamente, senza che sia esistito un obbligo di legge in tal senso», e, dall’altro, che «lo Stato [greco] non sembra [essere stato] in grado di esercitare un’influenza determinante sul lodo arbitrale». Invero, il fatto per le parti di avere adito un tribunale arbitrale volontariamente o di comune accordo, come nella specie, non costituisce un criterio di differenziazione rilevante al riguardo, dal momento che anche l’adizione di un giudice ordinario ellenico sarebbe stata parimenti volontaria.

233    Tale conclusione è sufficiente per ritenere che la Commissione avrebbe dovuto incontrare serie difficoltà o nutrire dubbi in merito all’esistenza di un aiuto di Stato o, quantomeno, che essa non fosse legittimata a fugare tali dubbi con la motivazione che il lodo arbitrale non era imputabile allo Stato greco. Ciò vale a maggior ragione in quanto un aiuto di Stato può parimenti essere concesso tramite o con l’intervento di un giudice statale che non rispetti i suoi obblighi ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE (v. la giurisprudenza citata al punto 147 supra).

234    Pertanto, il presente motivo deve essere accolto, senza che occorra pronunciarsi sulle altre censure dedotte a suo sostegno.

235    Di conseguenza, poiché il primo e il secondo motivo devono essere accolti, la lettera controversa deve essere annullata, senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri motivi.

E.      Conclusione sulle cause riunite T639/14 RENV, T352/15 e T740/17

236    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che i ricorsi nelle cause riunite T‑639/14 RENV, T‑352/15 e T‑740/17 devono essere accolti e gli atti impugnati devono essere annullati, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità delle osservazioni della ricorrente sulla relazione d’udienza, allegati inclusi, nella misura in cui esse possano comportare offerte di prova nuove e tardive ai sensi dell’articolo 85 del regolamento di procedura, nonché sulla domanda della ricorrente di riaprire la fase orale del procedimento.

IV.    Sulle spese

237    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.

238    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che una parte interveniente diversa da quelle indicate ai paragrafi 1 e 2 di tale articolo sopporti le proprie spese. Nella specie, occorre disporre che l’interveniente sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Nella causa T639/14 RENV, la lettera COMP/E3/ΟΝ/AB/ark *2014/61460 della Commissione, del 12 giugno 2014, che ha comunicato alla Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE (DEI) di aver archiviato le sue denunce, è annullata.

2)      Nella causa T352/15, la decisione C(2015) 1942 final della Commissione, del 25 marzo 2015 [procedimento SA.38101 (2015/NN) (ex 2013/CP) – Grecia – Asserito aiuto di Stato a favore della Alouminion SA sotto forma di tariffe di energia elettrica inferiori ai costi, a seguito di un lodo arbitrale], è annullata.

3)      Nella causa T740/17, la decisione C(2017) 5622 final della Commissione, del 14 agosto 2017 [procedimento SA.38101 (2015/NN) (ex 2013/CP) – Grecia – Asserito aiuto di Stato a favore della Alouminion SA sotto forma di tariffe di energia elettrica inferiori ai costi, a seguito di un lodo arbitrale], è annullata.

4)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese nonché le spese sostenute dalla DEI nelle cause riunite T639/14 RENV, T352/15 e T740/17 nonché nella causa C228/16 P.

5)      La Mytilinaios AE – Omilos Epicheiriseon sopporterà le proprie spese.

Collins

Kreuschitz

Csehi

De Baere

 

      Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 settembre 2021.

Firme


Indice


I. Fatti e procedimenti

II. Conclusioni delle parti

A. Causa T639/14 RENV

B. Causa T352/15

C. Causa T740/17

III. In diritto

A. Osservazioni preliminari

B. Sulla causa T740/17

1. Sulla ricevibilità

2. Nel merito

a) Sui motivi di annullamento e sulla portata del controllo della legittimità nel merito

b) Sui motivi dal terzo al quinto

1) Richiamo dei principali argomenti delle parti nell’ambito del terzo motivo

2) Richiamo degli argomenti principali delle parti nell’ambito del quarto motivo e della prima e della seconda parte del quinto motivo

3) Valutazione del Tribunale

i) Richiamo delle considerazioni rilevanti illustrate nella seconda decisione impugnata

ii) Sulla ripartizione delle competenze e degli obblighi fra la Commissione e i giudici nazionali

iii) Sull’esistenza di un vantaggio economico a favore dell’interveniente

– Sul carattere statale del tribunale arbitrale

– Sul dovere della Commissione di verificare la concessione di un vantaggio da parte del lodo arbitrale

– Sul dovere della Commissione di procedere a valutazioni economiche e tecniche complesse al fine di determinare l’esistenza di un vantaggio

c) Conclusioni sulla causa T740/17

C. Sulla causa T352/15

D. Sulla causa T639/14 RENV

1. Sulla domanda di non luogo a statuire e sulla ricevibilità

2. Nel merito

a) Sui motivi di annullamento

b) Sul primo motivo, relativo alla violazione di una forma sostanziale

c) Sul secondo motivo, relativo ad un errore manifesto di valutazione «di diritto e di fatto» nell’interpretazione ed applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE in relazione al criterio di imputabilità

E. Conclusione sulle cause riunite T639/14 RENV, T352/15 e T740/17

IV. Sulle spese


*      Lingua processuale: il greco.