Language of document : ECLI:EU:C:2023:877

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

16 novembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica economica e monetaria – Requisiti prudenziali per gli enti creditizi – Regolamento (UE) n. 575/2013 – Articolo 4, paragrafo 1, punti 1 e 42 – Definizioni – Nozioni di “ente creditizio” e di “autorizzazione” – Concessione di prestiti senza autorizzazione»

Nella causa C‑427/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria), con decisione del 21 giugno 2022, pervenuta in cancelleria il 28 giugno 2022, nel procedimento penale a carico di

BG,

con l’intervento di:

Varhovna kasatsionna prokuratura,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, P.G. Xuereb e A. Kumin (relatore), giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Commissione europea, da A. Nijenhuis, D. Triantafyllou e I. Zaloguin, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, punti 1 e 42, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico di BG, che è stato riconosciuto colpevole di aver concesso prestiti a interessi a due persone fisiche senza disporre dell’autorizzazione richiesta a tal fine.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Regolamento n. 575/2013

3        Ai sensi del considerando 5 del regolamento n. 575/2013:

«Il presente regolamento e la direttiva 2013/36/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338),] dovrebbero formare insieme il quadro giuridico di disciplina dell’accesso all’attività, il quadro di vigilanza e le norme prudenziali degli enti creditizi e delle imprese di investimento (di seguito congiuntamente “enti”). È pertanto opportuno che il presente regolamento sia letto in combinato disposto con tale direttiva».

4        L’articolo 1 di detto regolamento, intitolato «Ambito d’applicazione», al primo comma così dispone:

«Il presente regolamento stabilisce regole uniformi concernenti i requisiti prudenziali generali che gli enti sottoposti a vigilanza ai sensi della direttiva 2013/36/UE soddisfano per quanto riguarda i seguenti elementi:

a)      requisiti in materia di fondi propri relativi a elementi di rischio di credito, rischio di mercato, rischio operativo e rischio di regolamento interamente quantificabili, uniformi e standardizzati;

b)      requisiti che limitano le grandi esposizioni;

c)      dopo l’entrata in vigore dell’atto delegato di cui all’articolo 460, requisiti di liquidità relativi a elementi di rischio di liquidità interamente quantificabili, uniformi e standardizzati;

d)      obblighi di segnalazione dei dati di cui alle lettere a), b) e c) e di leva finanziaria;

e)      obblighi di informativa al pubblico».

5        L’articolo 4 di detto regolamento, intitolato «Definizioni», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

1)      “ente creditizio”, un’impresa la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto;

(...)

3)      “ente”, un ente creditizio o un’impresa di investimento;

(...)

26)      “ente finanziario”: un’impresa diversa da un ente la cui attività principale consiste nell’assunzione di partecipazioni o nell’esercizio di una o più delle attività di cui ai punti da 2 a 12 e al punto 15 dell’allegato I della direttiva 2013/36/UE, (...)

(...)

42)      “autorizzazione”, un atto emanante dalle autorità, sotto qualsiasi forma, dal quale deriva il diritto di esercitare l’attività;

(...)».

6        L’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento n. 575/2013, come modificato dal regolamento (UE) 2019/2033 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019 (GU 2019, L 314, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 575/2013 modificato»), stabilisce quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

1)      “ente creditizio”, un’impresa che svolge una delle attività seguenti:

a)      raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e concedere crediti per proprio conto;

b)      svolgere una qualsiasi delle attività di cui all’allegato I, sezione A, punti 3) e 6), della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio [, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349)] se ricorre una delle condizioni seguenti ma l’impresa non è un negoziatore per conto proprio di merci e di quote di emissioni, un organismo di investimento collettivo o un’impresa di assicurazione:

i)      il valore totale delle attività consolidate dell’impresa è pari o superiore a 30 miliardi di EUR;

ii)      il valore totale delle attività dell’impresa è inferiore a 30 miliardi di EUR e l’impresa fa parte di un gruppo in cui il valore totale delle attività consolidate di tutte le imprese di tale gruppo che individualmente detengono attività totali inferiori a 30 miliardi di EUR e svolgono una qualsiasi delle attività di cui all’allegato I, sezione A, punti 3) e 6), della direttiva 2014/65/UE è pari o superiore a 30 miliardi di EUR; oppure

iii)      il valore totale delle attività dell’impresa è inferiore a 30 miliardi di EUR e l’impresa fa parte di un gruppo in cui il valore totale delle attività consolidate di tutte le imprese del gruppo che svolgono una qualsiasi delle attività di cui all’allegato I, sezione A, punti 3) e 6), della direttiva 2014/65/UE è pari o superiore a 30 miliardi di EUR, ove l’autorità di vigilanza su base consolidata - in consultazione con il collegio delle autorità di vigilanza - decida in tal senso per far fronte ai potenziali rischi di elusione e ai potenziali rischi per la stabilità finanziaria dell’Unione [europea].

Ai fini della lettera b), punti ii) e iii), se l’impresa fa parte di un gruppo di un paese terzo, le attività totali di ciascuna succursale del gruppo di un paese terzo autorizzata nell’Unione sono incluse nel valore totale combinato delle attività di tutte le imprese del gruppo».

7        In forza dell’articolo 62, punto 1, del regolamento 2019/2033, il titolo del regolamento n. 575/2013 è stato sostituito dal seguente:

«Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012».

 Direttiva 2013/36

8        Ai sensi dei considerando 2 e 42 della direttiva 2013/36:

«(2)      La presente direttiva dovrebbe contenere tra l’altro disposizioni che disciplinano l’autorizzazione all’attività, l’acquisizione di partecipazioni qualificate, l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, i poteri in materia delle autorità di vigilanza dello Stato membro d’origine e di quello ospitante e le disposizioni che disciplinano il capitale iniziale e la revisione prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento. (...) La presente direttiva dovrebbe (...) essere letta in combinato disposto con il regolamento [n. 575/2013] e, unitamente a tale regolamento, formare il quadro normativo di disciplina delle attività bancarie, il quadro di vigilanza e le norme prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento.

(...)

(42)      La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare disposizioni di legge degli Stati membri in materia di sanzioni penali».

9        L’articolo 1 di tale direttiva è del seguente tenore:

«La presente direttiva fissa norme concernenti:

a)       l’accesso all’attività degli enti creditizi e delle imprese di investimento (congiuntamente “enti”);

(...)».

10      L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Definizioni», al paragrafo 1 così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “ente creditizio”, un ente creditizio secondo la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento [n. 575/2013];

(...)

22)      “ente finanziario”, un ente finanziario secondo la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26, del regolamento [n. 575/2013];

(...)

38)      “autorizzazione”, un’autorizzazione secondo la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 42, del regolamento [n. 575/2013];

(...)».

11      Intitolato «Condizioni generali di accesso all’attività degli enti creditizi», il capo 1 del titolo III della direttiva 2013/36 contiene, in particolare, gli articoli 8 e 9 di quest’ultima.

12      L’articolo 8 di tale direttiva, intitolato «Autorizzazione», al paragrafo 1 stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono l’obbligo per gli enti creditizi di ottenere un’autorizzazione prima di iniziare l’attività. (...)».

13      L’articolo 9 di detta direttiva, intitolato «Divieto dell’attività di raccolta di depositi o di altri fondi rimborsabili tra il pubblico ad opera di persone o imprese che non sono enti creditizi», al paragrafo 1 stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri vietano alle persone o imprese che non sono enti creditizi di effettuare l’attività di raccolta di depositi o altri fondi rimborsabili tra il pubblico».

14      La direttiva 2013/36 contiene un titolo V, intitolato «Disposizioni relative alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi», il cui capo 1, intitolato «Principi generali», comprende, tra l’altro, l’articolo 34 della direttiva stessa.

15      Detto articolo 34, intitolato «Enti finanziari», al paragrafo 1 prescrive quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le attività figuranti nell’elenco di cui all’allegato I possano essere esercitate nel loro territorio, conformemente all’articolo 35, all’articolo 36, paragrafi 1, 2 e 3, all’articolo 39, paragrafi 1 e 2, e agli articoli da 40 a 46, tramite lo stabilimento di una succursale o mediante la prestazione di servizi, da parte di ogni ente finanziario di un altro Stato membro, filiazione di un ente creditizio o filiazione comune di più enti creditizi, il cui statuto consenta l’esercizio di tali attività e che soddisfi ciascuna delle seguenti condizioni:

(...)».

16      I punti 1 e 2 dell’allegato I della direttiva 2013/36, intitolato «Elenco delle attività che beneficiano del mutuo riconoscimento», sono così formulati:

«1.      Raccolta di depositi e altri fondi rimborsabili

2.      Operazioni di prestito, in particolare: credito al consumo, credito con garanzia ipotecaria, factoring, cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, credito commerciale (compreso il forfaiting)».

 Direttiva 2014/65

17      L’allegato I della direttiva 2014/65 è intitolato «Elenco dei servizi, delle attività e degli strumenti finanziari». La sezione A di detto allegato I, intitolata «Servizi e attività di investimento», ai punti 3 e 6 stabilisce quanto segue:

«3.      Negoziazione per conto proprio.

(...)

6.      Assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile».

 Diritto bulgaro

 Codice penale

18      L’articolo 252, paragrafo 1, del Nakazatelen kodeks (codice penale) così dispone:

«Chiunque, senza la relativa autorizzazione, svolga attività bancarie, assicurative o altre attività finanziarie a titolo professionale, fornisca servizi di pagamento o emetta moneta elettronica per cui è richiesta una tale autorizzazione, è punito con una pena detentiva da tre a cinque anni e con la confisca fino alla metà dei suoi beni».

 Legge sugli enti creditizi

19      L’articolo 2, paragrafo 1, dello Zakon za kreditnite institutsii (legge sugli enti creditizi) (DV n. 59, del 21 luglio 2006), nella versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo: la «legge sugli enti creditizi»), definisce la nozione di «banca» (ente creditizio) nei seguenti termini:

«Una persona giuridica che raccoglie depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e concede crediti o altre forme di finanziamento per proprio conto e a proprio rischio».

20      L’articolo 3, paragrafo 1, punto 3, di tale legge definisce la nozione di «ente finanziario» come soggetto diverso da un ente e da una società di partecipazione industriale e la cui attività principale consiste, in particolare, nel concedere crediti con fondi che non provengono da depositi o altri fondi rimborsabili raccolti dal pubblico.

21      L’articolo 3a, paragrafo 1, di detta legge così dispone:

«Per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, punti 6, 7 e 12, e all’articolo 3, paragrafo 1, punti 2 e 3, a titolo professionale, il soggetto deve essere iscritto in un registro pubblico della [Balgarska narodna banka (Banca nazionale bulgara) (BNB)] se una o più di tali attività sono per esso essenziali. I criteri per la definizione di un’attività essenziale sono fissati con regolamento della BNB».

22      Conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, della medesima legge, per l’esercizio di attività bancarie è richiesta un’autorizzazione rilasciata dalla BNB.

23      Le disposizioni integrative della legge sugli enti creditizi prevedono, al paragrafo 4, che quest’ultima attui, segnatamente, le disposizioni della direttiva 2013/36.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

24      Nel periodo compreso tra l’aprile 2016 e il settembre 2017, BG, un cittadino bulgaro che durante tale periodo ricopriva la carica di consigliere comunale, ha concesso a due persone fisiche prestiti a interessi, in contanti.

25      Con sentenza del 1° ottobre 2020, BG è stato dichiarato colpevole di aver effettuato operazioni bancarie a titolo professionale senza disporre dell’autorizzazione richiesta a tal fine dalla legge sugli enti creditizi. Pertanto, sulla base, in particolare, dell’articolo 252, paragrafo 1, del codice penale, egli è stato condannato a una pena detentiva di tre anni con sospensione condizionale della pena di quattro anni nonché alla confisca di taluni beni di sua proprietà.

26      Tale sentenza è stata confermata in appello con sentenza del 15 aprile 2021. BG ha quindi proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi al Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria), che è, nel caso di specie, il giudice del rinvio.

27      Detto giudice rileva che, conformemente alle pertinenti disposizioni del Nakazatelno-protsesualen kodeks (codice di procedura penale), esso può, in particolare, decidere di assolvere l’imputato se i fatti della causa consentono di concludere che quest’ultimo non è l’autore dell’atto contestatogli o se tale atto non è all’origine di un reato, o riformare la sentenza pronunciata in appello riqualificando detto atto in un altro reato punito con una pena identica o inferiore a quella con cui è punito il reato di cui egli è stato dichiarato colpevole.

28      Orbene, al fine di determinare se esso possa esercitare l’uno o l’altro di tali poteri, detto giudice afferma di dover precisare, in via preliminare, la portata delle definizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punti 1 e 42, del regolamento n. 575/2013, in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 nonché con l’allegato I, punti 1 e 2, di detta direttiva. L’interpretazione di tali disposizioni del diritto dell’Unione sarebbe infatti pertinente per determinare il significato effettivo dei diversi elementi costitutivi del reato di cui all’articolo 252, paragrafo 1, del codice penale, in particolare quello della nozione di «operazione bancaria» ivi contenuta.

29      Al riguardo, il giudice del rinvio spiega, in primo luogo, che, secondo la prassi degli organi giurisdizionali e della dottrina bulgari, il significato di detti elementi sarebbe chiarito, nel diritto nazionale, da leggi che non rientrano nel diritto penale, in particolare dalla legge sugli enti creditizi, le quali disciplinano le attività delle banche e definiscono nozioni come quelle di «banca», di «transazione bancaria», di «attività bancaria» e di «credito bancario». Inoltre, dalla decisione di rinvio risulta che tale legge attua, in particolare, le disposizioni della direttiva 2013/36.

30      Per quanto riguarda il significato della nozione di «attività bancaria», detta legge preciserebbe che tale attività consiste, per un ente creditizio, nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e concedere crediti o altre forme di finanziamento per conto di tale ente e a rischio di quest’ultimo. Pertanto, secondo tale giudice, per quanto riguarda la nozione di cui trattasi, la definizione sarebbe conforme a quella di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento n. 575/2013.

31      In secondo luogo, detto giudice precisa che, in forza dell’articolo 252, paragrafo 1, del codice penale, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, della legge sugli enti creditizi, l’esercizio di qualsiasi attività bancaria, in particolare la concessione di crediti bancari, effettuata senza l’autorizzazione in forma di licenza rilasciata dalla BNB, costituirebbe un reato.

32      In terzo luogo, lo stesso giudice rileva che, in varie sue recenti decisioni, è stata precisata la nozione di «operazione bancaria», ai sensi dell’articolo 252, paragrafo 1, del codice penale. Con tali decisioni, è stato infatti dichiarato che la concessione, a titolo professionale, di prestiti a interessi su fondi che non provengono da depositi raccolti dal pubblico non può essere qualificata come una siffatta operazione. Nell’ambito delle cause che hanno dato luogo a dette decisioni, gli imputati sono stati assolti con la motivazione che tale disposizione era applicabile alle sole attività bancarie per le quali era previsto un regime di autorizzazione in forma di licenza.

33      In quarto luogo, il giudice del rinvio precisa che la concessione di crediti con fondi che non risultano dall’attività consistente nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico sarebbe un’operazione finanziaria per la quale l’articolo 3a, paragrafo 1, della legge sugli enti creditizi prevede un regime di registrazione, e non un regime di autorizzazione. L’esercizio di tale attività a titolo professionale in assenza di una siffatta registrazione non costituirebbe un reato.

34      Tuttavia, tale giudice esprime dubbi quanto al significato esatto che occorrerebbe attribuire alla definizione di «ente creditizio», di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento n. 575/2013. In tal senso, esso si chiede se l’utilizzo della congiunzione «e» in tale definizione, congiunzione che collega l’attività consistente nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico a quella consistente nel concedere crediti, significhi che un siffatto ente effettua prestiti solo con fondi raccolti dal pubblico e non può effettuare prestiti anche con fondi ottenuti da altre fonti, quali commissioni riscosse o interessi. Tali dubbi deriverebbero altresì dal divieto esplicito, stabilito dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, per le persone o le imprese diverse dagli enti creditizi, di raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili tra il pubblico, nonché dalla circostanza che l’allegato I, punti 1 e 2, della direttiva in parola menziona separatamente le due attività di cui trattasi.

35      Inoltre, detto giudice ritiene di aver bisogno di chiarimenti relativamente all’interpretazione della definizione del termine «autorizzazione», di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 42, del regolamento n. 575/2013. Tale termine designerebbe il documento che conferisce il diritto di esercitare l’attività prevista nell’ambito del regolamento di cui trattasi e della direttiva 2013/36. Più precisamente, lo stesso giudice si chiede se, facendo riferimento a «un atto (...), sotto qualsiasi forma, dal quale deriva il diritto di esercitare l’attività», tale definizione comprenda tanto le autorizzazioni concesse con licenza, previste dal diritto nazionale per gli enti creditizi, quanto quelle ottenute mediante registrazione, che è il regime di autorizzazione previsto dal diritto nazionale per gli enti finanziari.

36      Date tali circostanze, il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la definizione di ente creditizio di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del [regolamento n. 575/2013] debba essere interpretata nel senso che la concessione di crediti deve essere effettuata esclusivamente con fondi derivanti dalla raccolta di depositi o di altri fondi rimborsabili dal pubblico, o se un ente creditizio possa concedere crediti anche con fondi provenienti da altre fonti.

2)      Come occorra interpretare il contenuto dell’“atto (...), sotto qualsiasi forma, dal quale deriva il diritto di esercitare l’attività” ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 42, del [regolamento n. 575/2013] e se esso comprenda sia il regime di autorizzazione che il regime di registrazione per lo svolgimento di operazioni di credito».

 Procedimento dinanzi alla Corte

37      Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il rinvio pregiudiziale di cui trattasi al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno della sua domanda, tale giudice indica che la causa di cui è investito ha carattere urgente, dal momento che i fatti contestati a BG risalgono al 2016 e la lunga durata del procedimento principale rischia di pregiudicare il diritto a un processo equo.

38      Il 14 luglio 2022, la Prima Sezione della Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, che non occorreva accogliere tale domanda, in quanto la condizione relativa all’urgenza prevista da tale articolo 107 non era soddisfatta.

 Sulla competenza della Corte

39      Occorre anzitutto rilevare che i fatti di cui al procedimento principale non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 575/2013, sull’interpretazione del quale verte la domanda di pronuncia pregiudiziale.

40      Secondo costante giurisprudenza, la Corte è tuttavia competente a statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente su disposizioni di diritto dell’Unione, in situazioni in cui, benché i fatti della causa principale non rientrino nella sfera di applicazione diretta del diritto dell’Unione, le disposizioni di tale diritto sono state rese applicabili dalla normativa nazionale in forza di un rinvio operato da quest’ultima al contenuto delle medesime (sentenza del 7 novembre 2018, C e A, C‑257/17, EU:C:2018:876, punto 31 nonché giurisprudenza ivi citata).

41      Infatti, in simili situazioni vi è un sicuro interesse dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme (sentenza del 7 novembre 2018, C e A, C‑257/17, EU:C:2018:876, punto 32 nonché giurisprudenza ivi citata).

42      Pertanto, un’interpretazione da parte della Corte di disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione di queste ultime si giustifica quando tali disposizioni sono state rese applicabili a siffatte situazioni dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico a dette situazioni e a quelle rientranti nell’ambito di applicazione di dette disposizioni (sentenze del 7 novembre 2018, C e A, C‑257/17, EU:C:2018:876, punto 33, nonché del 10 settembre 2020, Tax-Fin-Lex, C‑367/19, EU:C:2020:685, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

43      Al riguardo, occorre ancora ricordare che gli elementi concreti che consentano di stabilire che le disposizioni del diritto dell’Unione sono state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato devono risultare dalla decisione di rinvio [v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2023, Banca A (Applicazione della direttiva fusioni in una situazione interna), C‑827/21, EU:C:2023:355, punto 46 e giurisprudenza ivi citata].

44      Nella specie, il giudice del rinvio, unico competente ad interpretare il diritto nazionale nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dall’articolo 267 TFUE (sentenza del 7 novembre 2018, C e A, C‑257/17, EU:C:2018:876, punto 34 e giurisprudenza ivi citata), ha esposto le ragioni che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione del regolamento n. 575/2013 nonché il collegamento esistente tra detto regolamento e le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale. Risulta quindi dagli elementi concreti contenuti nella decisione di rinvio che tale giudice è tenuto a basarsi sulle definizioni di cui a detto regolamento al fine di pronunciarsi nel merito nell’ambito di tale procedimento.

45      In siffatte circostanze, si deve ritenere che dette definizioni siano state rese applicabili, in modo diretto e incondizionato, dal diritto bulgaro, a situazioni come quella di cui trattasi nel procedimento principale e che vi sia dunque un sicuro interesse dell’Unione a che la Corte si pronunci sulla domanda di pronuncia pregiudiziale.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

46      In via preliminare, occorre rilevare che l’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento n. 575/2013, oggetto della prima questione e contenente una definizione della nozione di «ente creditizio», è stato modificato dal regolamento 2019/2033.

47      Prima di tale modifica, detta nozione era definita come riguardante «un’impresa la cui attività consiste nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto».

48      A seguito di detta modifica, è considerata «ente creditizio» un’impresa che svolge una delle attività di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettere a) e b), del regolamento n. 575/2013 modificato.

49      Queste ultime attività sono, conformemente a tale articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera a), «raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e concedere crediti per proprio conto» e, conformemente a detto articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera b), «svolgere una qualsiasi delle attività di cui all’allegato I, sezione A, punti 3) e 6), della direttiva [2014/65]», a determinate condizioni.

50      Nel caso di specie, occorre rilevare che, da un lato, secondo le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, la definizione della nozione di «ente creditizio», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento n. 575/2013, è pertinente ai fini dell’interpretazione della disposizione penale sulla base della quale è stata pronunciata la condanna di BG.

51      Dall’altro lato, tale condanna verte su fatti verificatisi tra aprile 2016 e settembre 2017, ossia prima dell’entrata in vigore della modifica dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, di tale regolamento ad opera del regolamento 2019/2033.

52      Orbene, non è escluso che la modifica di cui trattasi sia rilevante con riferimento al principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole (lex mitior). Sebbene il fascicolo di cui dispone la Corte non fornisca indicazioni sul modo in cui tale principio è radicato nel diritto bulgaro, resta il fatto che, in ogni caso, esso è garantito dall’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 [v., in tal senso, Corte EDU, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia (n. 2), CE:ECHR:2009:0917JUD001024903, § 109], di cui la Repubblica di Bulgaria è parte.

53      In tali circostanze, al fine di rispondere alla prima questione, occorre tener conto della modifica apportata all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento n. 575/2013 dal regolamento 2019/2033.

54      Infine, e fatte salve le verifiche che spetterà al giudice del rinvio effettuare, risulta che BG non ha svolto alcuna delle attività di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera b), del regolamento n. 575/2013 modificato.

55      Pertanto, occorre ritenere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 modificato debba essere interpretato nel senso che un’impresa rientra nella nozione di «ente creditizio», ai sensi di tale articolo 4, paragrafo 1, punto 1, solo qualora la sua attività consista nel concedere crediti con fondi derivanti dalla raccolta di depositi o di altri fondi rimborsabili dal pubblico, ad esclusione di fondi provenienti da altre fonti.

56      A tale riguardo, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, quando si interpreta una disposizione del diritto dell’Unione occorre tenere conto non soltanto della formulazione di quest’ultima, ma anche del suo contesto e degli obiettivi che persegue l’atto di cui fa parte. Anche la genesi di una disposizione del diritto dell’Unione può fornire elementi rilevanti per la sua interpretazione (sentenza del 16 marzo 2023, Towercast, C‑449/21, EU:C:2023:207, punto 31 et giurisprudenza ivi citata).

57      Relativamente al testo dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 modificato, occorre rilevare che esso contiene due elementi, vale a dire, da un lato, «raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico» e, dall’altro, «concedere crediti per proprio conto». Inoltre, i due elementi di cui trattasi sono collegati dalla congiunzione «e».

58      Se ne deve dedurre che un’impresa che non svolge alcuna attività di cui a tale articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera b), rientra nella nozione di «ente creditizio», ai sensi di detto articolo 4, paragrafo 1, punto 1, solo qualora la sua attività consista, cumulativamente, nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto.

59      Per di più, sebbene non sia escluso che siano concessi crediti con fondi provenienti da fonti diverse dai depositi o da altri fondi rimborsabili raccolti dal pubblico, di norma sussiste necessariamente un collegamento tra la raccolta di depositi e la concessione di crediti.

60      Ciò è confermato dagli obiettivi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 modificato, ossia fornire una definizione funzionale della nozione di «ente creditizio».

61      Tale disposizione trae infatti origine dall’articolo 1, primo trattino, della prima direttiva 77/780/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività degli enti creditizi e il suo esercizio (GU 1977, L 322, pag. 30).

62      Orbene, dalla genesi di quest’ultima disposizione risulta che la definizione della nozione di «ente creditizio» si basa sulla funzione esercitata, tra l’altro, dalle banche nel circuito monetario delle economie nazionali, banche la cui funzione essenziale consiste nello stabilire il collegamento fra il risparmio e l’investimento, vale a dire nel raccogliere fondi e nel concederli in prestito (proposta di direttiva del Consiglio relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività degli istituti [di credito] e il suo esercizio [COM (74)2010 def., pag. 6]).

63      Ne consegue che un’impresa che non raccoglie depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e che si limita quindi a concedere crediti con fondi provenienti da altre fonti non rientra nella nozione di «ente creditizio», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 modificato.

64      Tale conclusione non è inficiata dal fatto che, a seguito della modifica del regolamento n. 575/2013 ad opera del regolamento 2019/2033, tale articolo 4, paragrafo 1, punto 1, faccia ora riferimento a un’impresa «che svolge una delle attività seguenti».

65      Invero, il legislatore dell’Unione si è astenuto, in occasione di detta modifica, dal dissociare, in detto articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera a), l’attività consistente nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico da quella consistente nel concedere crediti, il che conferma che le due attività di cui trattasi devono essere intese nel senso che costituiscono un tutt’uno. Inoltre, a differenza di tale disposizione, il medesimo articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera b), rinvia, dal canto suo, a «una qualsiasi delle attività» di cui all’allegato I, sezione A, punti 3) e 6), della direttiva 2014/65.

66      Per il resto, relativamente ai quesiti del giudice del rinvio concernenti l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 e l’allegato I di tale direttiva, occorre rilevare, da un lato, che detto articolo 9, paragrafo 1, stabilisce il divieto esplicito, per le persone o le imprese diverse dagli enti creditizi, di raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili tra il pubblico, senza menzionare altresì l’attività consistente nel concedere crediti, e, dall’altro, che i punti 1 e 2 di tale allegato I individuano separatamente la raccolta di depositi e la concessione di crediti. Tuttavia, ciò non incide sull’interpretazione accolta della nozione di «ente creditizio», ai sensi del regolamento n. 575/2013.

67      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione che l’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera a), del regolamento n. 575/2013 modificato deve essere interpretato nel senso che un’impresa rientra nella nozione di «ente creditizio», ai sensi di tale articolo 4, paragrafo 1, punto 1, solo qualora la sua attività consista, cumulativamente, nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto, fermo restando che detti depositi o altri fondi raccolti dal pubblico sono destinati alla concessione di crediti, senza che sia escluso che siano concessi crediti anche con fondi provenienti da altre fonti.

 Sulla seconda questione

68      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di «autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 42, del regolamento n. 575/2013, debba essere interpretata nel senso che essa include un regime di registrazione per le attività di credito.

69      In via preliminare, occorre esaminare il contesto in cui si inserisce tale questione.

70      Così, da un lato, conformemente alla disposizione penale di cui trattasi nel procedimento principale, vale a dire l’articolo 252, paragrafo 1, del codice penale, è punibile, in particolare, «[c]hiunque, senza la relativa autorizzazione, svolga attività bancarie, assicurative o altre attività finanziarie a titolo professionale». Secondo le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, la disposizione di cui trattasi è applicabile solo alle attività per le quali è previsto un regime di autorizzazione in forma di licenza.

71      Dall’altro lato, secondo tali spiegazioni, la concessione di crediti con fondi che non risultino dall’attività consistente nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico è, se non un’operazione bancaria, quanto meno un’operazione finanziaria per la quale il diritto nazionale prevede un regime di registrazione, e non un regime di autorizzazione, cosicché l’esercizio, senza registrazione, di una siffatta attività a titolo professionale non costituisce un reato.

72      Orbene, il giudice del rinvio sembra ritenere che l’interpretazione della nozione di «autorizzazione», ai sensi del regolamento n. 575/2013, sia pertinente ai fini dell’interpretazione della nozione di «autorizzazione», ai sensi dell’articolo 252, paragrafo 1, del codice penale, in quanto, ove, sulla base di un’interpretazione estensiva, un regime di registrazione rientrasse anch’esso in dette nozioni, si dovrebbe ritenere che anche la realizzazione, senza registrazione, di operazioni finanziarie come le operazioni di prestito ordinarie rientri nel reato previsto da tale disposizione.

73      Al riguardo, occorre rilevare, al pari della Commissione europea, che la nozione di «autorizzazione», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 42, del regolamento n. 575/2013, deve essere intesa nel contesto di detto regolamento, il quale include la direttiva 2013/36.

74      Tale direttiva disciplina, nell’ambito del capo 1 del suo titolo III, le condizioni generali di accesso all’attività degli enti creditizi. In particolare, l’articolo 8, paragrafo 1, di detta direttiva dispone che gli Stati membri prevedono l’obbligo per gli enti creditizi di ottenere un’autorizzazione prima di iniziare l’attività.

75      Per contro, per quanto riguarda gli enti finanziari, tra i quali rientrano, conformemente alla definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 26, del regolamento n. 575/2013, le imprese diverse dagli enti creditizi e la cui attività principale consiste (unicamente o tra l’altro) nella concessione di prestiti, la direttiva 2013/36 si limita a prevedere, nell’ambito del suo titolo V, disposizioni relative alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi.

76      Ne consegue che le condizioni che disciplinano l’ottenimento di un’autorizzazione in quanto ente finanziario, ai sensi del regolamento n. 575/2013, sono disciplinate solo a livello nazionale, cosicché, per quanto riguarda le modalità di dette autorizzazioni, la portata della nozione di «autorizzazione», ai sensi del regolamento di cui trattasi, è irrilevante ai fini del procedimento principale.

77      Ciò premesso, non occorre rispondere alla seconda questione.

 Sulle spese

78      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

L’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, come modificato dal regolamento (UE) 2019/2033 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019,

deve essere interpretato nel senso che:

un’impresa rientra nella nozione di «ente creditizio», ai sensi di tale articolo 4, paragrafo 1, punto 1, solo qualora la sua attività consista, cumulativamente, nel raccogliere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto, fermo restando che detti depositi o altri fondi raccolti dal pubblico sono destinati alla concessione di crediti, senza che sia escluso che siano concessi crediti anche con fondi provenienti da altre fonti.

Firme


*      Lingua processuale: il bulgaro.