Language of document : ECLI:EU:T:2003:50

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

4 marzo 2003 (1)

«Concorrenza - Abuso di posizione dominante - Servizio sanitario nazionale - Ritardi nei pagamenti delle fatture - Denuncia dei fornitori - Nozione di impresa»

Nella causa T-319/99,

Federación Nacional de Empresas de Instrumentación Científica, Médica, Técnica y Dental (FENIN), con sede in Madrid (Spagna), rappresentata dagli avv.ti R. García-Gallardo Gil-Fournier, G. Pérez Olmo e dal sig. D. Domínguez Pérez,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. W. Wils e É. Gippini Fournier, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. J. Rivas Andrés, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto l'annullamento della decisione della Commissione 26 agosto 1999 [SG(99) D/7.040] che respinge una denuncia ai sensi dell'art. 82 CE,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione ampliata),

composto dai sigg. B. Vesterdorf, presidente, K. Lenaerts, J. Azizi, N.J. Forwood e H. Legal, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 26 febbraio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia e procedura    

1.
    La ricorrente è un'associazione cui aderisce la maggioranza delle imprese che commercializzano prodotti sanitari utilizzati in Spagna nel settore ospedaliero. Il 12 dicembre 1997, essa ha denunziato alla Commissione un abuso di posizione dominante, ai sensi dell'art. 82 CE, che si asserisce essere stato commesso dai 26 enti, tra cui tre ministeri del governo spagnolo, che gestiscono il Sistema nacional de Salud españoles (sistema sanitario nazionale spagnolo; in prosieguo: il «SNS»). La ricorrente accusava, in particolare, tali enti, di saldare sistematicamente i debiti contratti con i suoi membri con un ritardo medio di 300 giorni, mentre essi pagavano i debiti contratti con altri prestatori di servizi entro termini molto più ragionevoli. Tale discriminazione si spiegherebbe con il fatto che gli enti che gestiscono il SNS godono di una posizione dominante sul mercato spagnolo dei prodotti sanitari, il che darebbe loro la possibilità di ritardare il pagamento dei debiti riguardanti tali prodotti senza che i loro creditori possano esercitare una qualsiasi pressione commerciale per obbligare i detti enti a rinunciare a tale prassi.

2.
    Il 12 maggio 1998 la ricorrente ha presentato alla Commissione una memoria supplementare. Con lettera 2 dicembre 1998, la Commissione ha informato la ricorrente della sua decisione provvisoria di respingere la denuncia. La ricorrente ha indirizzato osservazioni complementari alla Commissione in una seconda memoria del 10 febbraio 1999.

3.
    Con decisione 26 agosto 1999 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente il 31 agosto 1999, la Commissione ha definitivamente respinto la denuncia della ricorrente con la duplice motivazione che, da un lato, «i 26 ministeri ed enti chiamati in causa, quando partecipano alla gestione del servizio sanitario nazionale, non sono imprese» e che, dall'altro, «la posizione di richiedente dei 26 ministeri ed enti chiamati in causa non può essere disgiunto dall'offerta posteriore». Di conseguenza, gli enti che gestiscono il SNS non agirebbero in qualità di imprese quando acquistano prodotti sanitari dai membri della ricorrente. Poiché nella fattispecie manca una delle condizioni di applicazione dell'art. 82 CE, la Commissione ha rilevato che «non è pertanto necessario esaminare se sussistano le altre condizioni dell'art. 82 CE».

4.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 novembre 1999, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

5.
    Sentite le parti, il Tribunale, ai sensi dell'art. 51 del suo regolamento di procedura, ha rinviato la causa dinanzi ad una sezione composta di cinque giudici.

6.
    Con ordinanza 26 settembre 2000 del presidente della Prima Sezione ampliata del Tribunale, il Regno Unito è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione, ma non ha depositato alcuna memoria di intervento. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 19 dicembre 2001, esso ha comunicato la sua intenzione di rinunciare all'intervento. Con ordinanza 4 febbraio 2002, il Presidente della Prima Sezione ampliata del Tribunale ha preso atto di tale rinuncia.

7.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale del procedimento e, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all'art. 64 del regolamento di procedura, ha rivolto quesiti scritti alla ricorrente e alla Commissione.

8.
    Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all'udienza del 26 febbraio 2002.

Conclusioni delle parti

9.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    ordinare alla Commissione di trasmettere al Tribunale tutti gli atti di cui dispongono i suoi servizi relativi alla denuncia presentata dalla ricorrente;

-    pronunziarsi in seduta plenaria ai sensi dell'art. 14 del regolamento di procedura del Tribunale nominando, se del caso, un avvocato generale;

-    dichiarare il ricorso ricevibile;

-    annullare la decisione impugnata;

-    adottare qualsiasi altro provvedimento che il Tribunale riterrà opportuno affinché la Commissione adempia i suoi obblighi ai sensi dell'art. 233 CE e, in particolare, affinché proceda ad un nuovo esame della denuncia depositata il 12 dicembre 1997;

-    condannare la Commissione alle spese;

-    condannare la Commissione al pagamento dei costi sostenuti dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo.

10.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    dichiarare irricevibili il quinto e il sesto capo delle conclusioni della ricorrente;

-    respingere, per il resto, il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

11.
    Durante l'udienza la ricorrente ha comunicato al Tribunale la sua rinuncia al quinto e sesto capo delle sue conclusioni.

In diritto

12.
    La ricorrente deduce tre motivi vertenti, rispettivamente, su una violazione dei diritti della difesa, su un errore di diritto o su un errore manifesto di valutazione nell'applicazione degli artt. 82 CE e 86 CE, e su una violazione delle forme sostanziali consistente in una carenza di motivazione e in una mancanza di trasparenza.

13.
    In primo luogo è opportuno esaminare il motivo vertente su un errore di diritto o su un errore manifesto di valutazione nell'applicazione degli artt. 82 CE e 86 CE, in quanto tale motivo rimette in discussione la premessa essenziale su cui è fondata la decisione impugnata, relativa alla definizione della nozione di impresa.

Sul motivo vertente su un errore di diritto o su un errore manifesto di valutazione nell'applicazione degli artt. 82 CE e 86 CE

Argomenti delle parti

14.
    La ricorrente addebita alla Commissione di aver ritenuto che le entità che gestiscono il SNS non siano imprese e che, pertanto, gli artt. 82 CE e 86 CE non siano loro applicabili. La Commissione avrebbe erroneamente applicato al caso di specie la soluzione accolta dalla Corte nella sentenza 17 febbraio 1993, cause riunite C-159/91 e C-160/91, Poucet e Pistre (Racc. pag. I-637), allorché la situazione di fatto che ha dato origine a tale sentenza era molto diversa da quella della presente fattispecie. E' vero che nelle due cause le entità coinvolte erano state incaricate della gestione di un servizio pubblico riconducibile alla previdenza sociale. Tuttavia, nella sentenza Poucet e Pistre, la Corte si sarebbe occupata della questione se tali entità agiscano in qualità di imprese, ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE, nei rapporti con i loro iscritti, e non della questione di stabilire se esse siano tali quando acquistano da terzi i prodotti necessari per la prestazione del servizio in questione agli affiliati.

15.
    Poiché la fattispecie in discussione corrisponde alla seconda ipotesi, non sarebbe possibile farla rientrare nella giurisprudenza Poucet e Pistre. Infatti, in tale causa, le ricorrenti avrebbero messo in discussione l'obbligo di legge di affiliarsi e di versare contributi. La Corte avrebbe espressamente precisato che, dal momento che siffatte attività erano proprie di un regime previdenziale fondato sul principio della solidarietà nazionale, esse non costituivano attività economiche e le entità in questione non dovevano essere trattate come imprese (sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, punti 18-20).

16.
    Tale impostazione funzionale sarebbe conforme alla tesi della ricorrente secondo cui, nel corso di un procedimento di esame ai sensi dell'art. 82 CE riguardante un'attività specifica di una determinata entità, è la natura di tale attività, e non quella dell'ente, che è determinante per stabilire se quest'ultimo debba essere considerato un'impresa ai sensi di tale disposizione. Tale impostazione escluderebbe del resto l'applicazione della soluzione adottata nella sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, a tutte le attività svolte daglle entità in questione nel caso di specie.

17.
    Altre sentenze della Corte confermerebbero la tesi della ricorrente. Infatti, dalla giurisprudenza risulterebbe che «nel contesto del diritto della concorrenza (...)la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (...)» (sentenza della Corte 23 aprile 1991, causa C-41/90, Höfner e Elser, Racc. pag. I-1979, punto 21). Tale giurisprudenza avrebbe quindi consacrato l'applicazione di un criterio funzionale per determinare se un'entità debba essere considerata un'impresa ai fini dell'applicazione del diritto della concorrenza.

18.
    D'altra parte, in una causa riguardante l'ambito di applicazione della direttiva della Commissione 25 giugno 1980, 80/723/CEE, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (GU L 195, pag. 35), la Corte avrebbe sottolineato, al fine di distinguere le imprese pubbliche dagli altri enti statali, che tale distinzione «deriva dalla considerazione che lo Stato può agire vuoi esercitando il potere d'imperio, vuoi svolgendo attività economiche di natura industriale o commerciale che consistono nell'offrire beni e servizi sul mercato. Onde poter fare detta distinzione, è quindi necessario, di volta in volta, esaminare le attività svolte dallo Stato e determinare a quale categoria esse appartengano (...)» (sentenza della Corte 16 giugno 1987, causa 118/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 2599, punto 7). Anche in tal caso, quindi, la natura dell'attività esercitata dall'ente in questione sarebbe stata determinante.

19.
    In ogni caso, il fatto che il SNS sia gestito da enti statali non costituirebbe per nulla un indizio del fatto che l'acquisto di materiale sanitario da parte di questi ultimi non sia un'attività economica, contrariamente a quanto affermerebbe la Commissione nella decisione impugnata. Infatti, operatori privati fornirebbero gli stessi servizi del SNS, in Spagna, ma soprattutto in altri Stati membri. D'altronde, accadrebbe che gli ospedali pubblici spagnoli forniscano servizi privati che sono fatturati al paziente, come nel caso di turisti stranieri che non sono iscritti al SNS. La tesi della Commissione darebbe luogo ad incoerenze, dal momento che l'attività di acquisto svolta dagli ospedali pubblici, o per conto di essi, è esattamente la stessa, sia nel caso in cui i servizi, la cui prestazione è resa possibile da tale attività di acquisto, siano fatturati al paziente, come in Spagna nel caso di turisti stranieri, sia nel caso in cui siano finanziati dal sistema fondato sul principio di solidarietà nazionale, come nel caso degli iscritti al SNS.

20.
    D'altronde, il fatto che l'esistenza del SNS crei, secondo la decisione impugnata, «un volume di domanda di forniture sanitarie che non esisterebbe necessariamente in un sistema a scopo di lucro» sarebbe anch'esso irrilevante.

21.
    Inoltre, la ricorrente ritiene che la Commissione abbia erroneamente invocato, nella decisione impugnata, il «principio di solidarietà nazionale» su cui il SNS si fonda, nonché «l'accentuata componente di ridistribuzione delle risorse» che tale sistema comporta e, infine, il fatto che il SNS non persegue uno «scopo di lucro». Tali fattori sarebbe privi di pertinenza in quanto nella fattispecie si tratta di acquisti di materiale effettuati dagli enti che gestiscono il SNS, attività che sarebbe estranea al principio di solidarietà, e non delle modalità di finanziamento solidale del SNS attraverso le entrate provenienti dall'imposizione fiscale, che non sono confutate dalla ricorrente. Infatti, le autorità pubbliche non possono chiedere sacrifici ai fornitori terzi in nome del principio di solidarietà.

22.
    Comunque, sarebbe inammissibile che la Commissione si fondi sul principio di solidarietà per permettere abusi di posizione dominante da parte del SNS che la ricorrente ha denunciato e che consistono nel sistematico mancato pagamento di taluni suoi debiti entro un termine ragionevole.    

23.
    La giurisprudenza spagnola, come pure la dottrina e la prassi decisionale della stessa Commissione, sarebbero anch'esse favorevoli all'applicazione di un criterio funzionale. La ricorrente fa valere che taluni autori vanno ancora oltre e criticano l'impostazione seguita dalla Corte nella sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14. Essa menziona, in particolare, le osservazioni di José Luis Buendía Sierra, nel lavoro intitolato «Exclusive Rights and State Monopolies under EC Law, Article 86 (former article 90) of the EC Treaty» [«Diritti esclusivi e monopoli statali in diritto comunitario. Articolo 86 (ex articolo 90) del Trattato CE»] che ritiene non appropriato fare della previdenza sociale un «ambito privilegiato» che sfugge alle regole in materia di concorrenza. Infatti, secondo tale autore, l'esistenza stessa dell'eccezione prevista all'art. 86, n. 2, CE implicherebbe che le attività finanziate secondo il principio di solidarietà restino, in linea di principio, soggette alle regole di concorrenza.

24.
    A tal proposito, la ricorrente sottolinea che il comportamento abusivo che essa denuncia deve essere appunto esaminato alla luce dell'eccezione espressamente prevista all'art. 86, n. 2, CE e del criterio di necessità che esso prevede. Almeno per quanto riguarda l'attività di acquisto, la legittimità del comportamento degli enti che gestiscono il SNS dovrebbe essere determinata sulla base di tale eccezione piuttosto che dalla fictio iuris secondo cui questi ultimi non sono imprese. Se la Commissione avesse effettuato un'analisi ai sensi dell'art. 86, n. 2, CE essa ne avrebbe necessariamente dedotto che l'eccezione prevista da tale disposizione non era applicabile al caso di specie. Infatti, l'applicazione dell'art. 82 CE da parte della Commissione per far cessare gli abusi riferiti nella denuncia non impedirebbe affatto lo svolgimento da parte del SNS del suo compito di gestire i servizi di salute pubblica.

25.
    La ricorrente aggiunge che la giurisprudenza successiva alla sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, avrebbe attenuato l'impostazione adottata in tale sentenza e contraddirebbe la posizione della Commissione. Così, l'avvocato generale Jacobs, nelle conclusioni presentate nella causa definita con la sentenza della Corte 14 dicembre 1995 (causa riunite C-430/93 e C-431/93, van Schijndel e van Veen, Racc. pag. I-4705, I-4707, paragrafo 64), avrebbe precisato che il fondo pensioni di cui si trattava in tale causa non agiva in qualità di impresa «per quanto attiene ai suoi rapporti con i suoi iscritti». Ciò confermerebbe che un'entità può restare un'impresa nei suoi rapporti con talune categorie di terzi, nonostante il fatto che eserciti altre funzioni alla stregua di ente sociale.

26.
    D'altronde, l'avvocato generale Tesauro nelle conclusioni presentate nella causa definita con la sentenza della Corte 16 novembre 1995 (causa C-244/94, Fédération française des sociétés d'assurances e a., Racc. pag. I-4013, pag. I-4015, paragrafo 22) avrebbe precisato che la cassa malattia in questione in tale causa doveva essere qualificata come impresa «almeno nella sua funzione di gestione del regime in parola». La Corte, dopo aver distinto la fattispecie in esame in tale causa da quella che era stata oggetto della sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, avrebbe sottolineato che il perseguimento del principio di solidarietà non è determinante in qualsiasi circostanza e che, nella fattispecie, l'ente in questione certamente esercitava un'attività economica (sentenza Fédération française des sociétés d'assurances e a., cit. supra, al punto 20).

27.
    La Corte, nella sentenza 21 settembre 1999, causa C-67/96, Albany, (Racc. pag. I-5751, punto 85) avrebbe statuito che la mancanza di fini di lucro e la presenza di un certo numero di elementi di solidarietà, tra cui l'iscrizione obbligatoria al regime pensionistico in questione, non bastano «a privare il fondo pensione di categoria della sua qualità di impresa». L'avvocato generale Jacobs, nelle sue conclusioni relative alla medesima causa (Racc. pag. I-5754, paragrafo 312) avrebbe persino ritenuto che «il fatto che un'entità non abbia fini di lucro o persegua obiettivi non economici è, in linea di principio, irrilevante» per stabilire se tale entità debba essere considerata come un'impresa.

28.
    Infine, l'avvocato generale Cosmas, nelle conclusioni relative alla causa definita con la sentenza della Corte 3 ottobre 2000, causa C-411/98, Ferlini, (Racc. pag. I-8081, I.8084, paragrafi 110-116), avrebbe ritenuto che un ospedale pubblico agisca in qualità di impresa ai sensi dell'art. 81 CE quando dispensa cure a persone non iscritte al regime solidale di previdenza sociale che assicura il suo finanziamento. A tale proposito, l'avvocato generale avrebbe precisato che «in ogni causa, la nozione d'‘impresa’ deve essere intesa in senso funzionale, tenuto conto dell'attività di cui si tratta».

29.
    La ricorrente ammette che la giurisprudenza citata non può essere direttamente trasposta al caso di specie. Infatti, nelle sentenze Fédération française des sociétés d'assurances e a. e Albany, cit. supra, rispettivamente ai punti 26 e 27 , sarebbe il minor grado di solidarietà del regime in questione che avrebbe indotto la Corte a considerare che le entità interessate erano imprese nelle loro relazioni con gli utenti del servizio da essi fornito in applicazione del principio di solidarietà. Nella presente causa, invece, la denuncia riguarderebbe i rapporti del SNS con i suoi fornitori. La ricorrente ritiene che se, in talune circostanze, possono esistere ragioni per rimettere in discussione il carattere economico della prestazione di servizi sanitari, a maggior ragione, alla luce di tale giurisprudenza, il SNS deve essere considerato un'impresa in un contesto in cui la solidarietà non riveste alcun ruolo.

30.
    Secondo la ricorrente, la Commissione non è stata in grado di valutare correttamente se il SNS fosse o meno un'impresa, in quanto non ha svolto un'indagine sufficientemente approfondita sulle sue modalità di funzionamento. La ricorrente respinge anche l'argomento contenuto nella decisione impugnata, secondo cui non si potrebbe separare l'attività del SNS consistente nella prestazione di servizi di salute pubblica dalla sua attività di acquisto di forniture. L'attività di approvvigionamento non cesserebbe di essere un'attività economica per il solo fatto che il SNS ha bisogno di rifornirsi per poter offrire siffatti servizi. Contrariamente a quanto afferma la Commissione nella decisione impugnata, non sarebbe necessario che «l'esercizio autonomo» di un'attività possa essere economicamente redditizio perché possa essere considerato un'attività economica e, pertanto, perché l'ente che la intraprende sia considerato un'impresa ai sensi dell'art. 82 CE. La Commissione non avrebbe addotto alcuna giurisprudenza o altro elemento concreto a sostegno di tale aspetto della sua tesi.

31.
    D'altra parte, l'argomento della Commissione equivarrebbe a ritenere che l'attività di vendita di prodotti sanitari svolta dai membri dell'associazione ricorrente, come pure quella dei fornitori di altri servizi al SNS, non siano attività economiche, il che sarebbe manifestamente errato. La ricorrente aggiunge che, se si dovesse accogliere tale argomento, neppure l'attività degli enti che forniscono prodotti ai membri della ricorrente potrebbe essere considerata attività economica, dal momento che essa è collegata alla prestazione di servizi sanitari da parte del SNS.

32.
    La Commissione non contesta l'affermazione della ricorrente secondo cui la giurisprudenza citata nel ricorso e, in particolare, la sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, riguarda esclusivamente i rapporti tra gli enti pubblici e i beneficiari del servizio pubblico che essi forniscono. Tuttavia, non si può dedurre da tale circostanza che le entità in questione debbano essere considerate imprese nei loro rapporti con i fornitori. Al contrario, il dispositivo della sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, preciserebbe che le entità in questione non rientrano nella nozione di impresa ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE, senza effettuare una distinzione analoga a quella che propone la ricorrente.

33.
    La Commissione sottolinea che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, essa ha effettivamente applicato un criterio funzionale nella sua valutazione economica della situazione del SNS. Secondo l'analisi esposta ai punti 20-24 della decisione impugnata, non si potrebbe separare l'attività di acquisto o di produzione dall'attività di offerta di servizi, dal momento che la seconda sarebbe impossibile senza la prima.

34.
    La possibilità che gli ospedali pubblici possano fornire in via eccezionale servizi privati a taluni pazienti dietro remunerazione potrebbe essere rilevante, tutt'al più, per valutare se tali ospedali, e non le entità cui il ricorso si riferisce, agiscano in qualità di imprese nei loro rapporti con tali pazienti. La Commissione afferma, d'altra parte, che tale possibilità non è stata considerata dalla ricorrente nella sua denuncia.

Giudizio del Tribunale

35.
    Innanzi tutto occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione d'impresa, nell'ambito del diritto comunitario della concorrenza, abbraccia qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico della detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (sentenze della Corte Höfner e Elser, cit. supra, al punto 17, punto 21; Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, punto 17; Fédération française des sociétés d'assurances e a., cit. supra, al punto 26, punto 14; 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre, Racc. pag. I-7119, punto 21, e Albany, cit. supra, al punto 27, punto 77; sentenza del Tribunale 2 luglio 1992, causa T-61/89, Dansk Pelsdyravlerforening/Commissione, Racc. pag. II-1931, punto 50, e 30 marzo 2000, causa T-513/93, Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali/Commissione, Racc. pag. II-1807, punto 36).

36.
    A tale proposito, ciò che caratterizza la nozione di attività economica è l'offerta di beni o servizi su un determinato mercato (v., in tal senso, sentenza della Corte 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3851, punto 36, e sentenza Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali/Commissione, cit. al punto precedente, punto 36), e non l'attività di acquisto in quanto tale. Così, come sostiene la Commissione, non si deve separare l'attività di acquisto del prodotto dall'utilizzazione successiva del prodotto acquistato dal compratore, al fine di valutare la natura di tale attività. Si deve pertanto ritenere che il carattere economico o non economico dell'utilizzazione successiva del prodotto acquistato determini necessariamente il carattere dell'attività di acquisto.

37.
    Di conseguenza, quando un'entità acquista un prodotto, anche se lo fa in gran quantità, non per offrire beni o servizi nell'ambito di un'attività economica, ma per impiegarlo nell'ambito di un'altra attività, per esempio un'attività di natura puramente sociale, essa non agisce in qualità di impresa per il solo fatto di operare come acquirente sul mercato. Anche se è esatto che una simile entità può esercitare un potere economico molto rilevante, il quale potrebbe dar luogo, se del caso, ad una situazione di monopsonio, cionondimeno, se l'attività per l'esercizio della quale esso acquista tali prodotti non è di natura economica, essa non agisce in qualità di impresa ai sensi delle regole comunitarie in materia di concorrenza e non è soggetta ai divieti previsti agli artt. 81, n. 1, CE e 82 CE.

38.
    Occorre ricordare che, nella sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14 (punti 18 e 19), la Corte, per sostenere la sua conclusione secondo cui gli enti che gestivano le casse malattie in discussione in tale causa non esercitavano un'attività economica e che, pertanto, non costituivano imprese ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE, si è fondata sul fatto che essi svolgevano una funzione di carattere esclusivamente sociale, che tale attività era basata sul principio della solidarietà nazionale e, infine, che tale attività era sprovvista di ogni scopo di lucro, poiché le prestazioni erogate sono previste dalla legge e indipendenti dall'entità dei contributi. Per quanto riguarda le sentenze Fédération française des sociétés d'assurances e a. e Albany, cit. supra, rispettivamente ai punti 26 e 27, si deve constatare che la Corte ha in esse riaffermato l'impostazione adottata nella sentenza Poucet e Pistre (sentenze Fédération française des sociétés d'assurances, punti 15 e 16, e Albany, punto 78), pur fondandosi sul minor grado di solidarietà esistente nel funzionamento dei regimi in questione per dichiarare che le entità di cui si trattava in tali cause erano imprese. Ne consegue che il principio posto dalla sentenza Poucet et Pistre, cit. supra, al punto 14, non è rimesso in discussione dalla citata giurisprudenza.

39.
    Nel caso di specie è certo che il SNS, gestito dai Ministeri e dalle altre entità a cui si riferisce la denunzia presentata dalla ricorrente, funziona conformemente al principio di solidarietà per le sue modalità di finanziamento attraverso contributi sociali e altri contributi statali e per la sua prestazione gratuita di servizi ai suoi iscritti sulla base di una copertura universale. Così, tali entità non agiscono come imprese nella loro attività di gestione del SNS.

40.
    Ne consegue che, conformemente alla regola di diritto enunciata in precedenza ai punti 37 e 38, le entità in parola non agiscono in qualità di imprese quando acquistano il materiale sanitario venduto dalle imprese che sono membri dell'associazione ricorrente per offrire servizi sanitari gratuiti agli iscritti al SNS.

41.
    Tuttavia, la ricorrente afferma, nella propria memoria di replica, che gli ospedali pubblici spagnoli del SNS offrono, almeno in taluni casi, servizi a pagamento a persone non iscritte al sistema e, in particolare, ai turisti stranieri, per cui le entità di cui trattasi agiscono necessariamente in qualità di imprese quantomeno nell'ambito di tali prestazioni di servizi, se gli acquisti di materiale sanitario da esse effettuati sono collegati ad esse.

42.
    A tale proposito, occorre ricordare che, qualora alla Commissione sia presentata una denuncia ai sensi dell'art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204) essa è tenuta ad esaminare attentamente gli elementi di fatto e di diritto sottoposti alla sua attenzione dalla parte denunciante, al fine di accertare se tali elementi non rivelino una violazione degli artt. 81 CE e 82 CE (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 18 settembre 1992, causa T-24/90, Automec/Commissione, detta «Automec II», Racc. pag. II-2223, punto 79, e 9 gennaio 1996, causa T-575/93, Koelman/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 39, confermata su impugnazione con ordinanza della Corte 16 settembre 1997, causa C-59/96 P, Koelman/Commissione, Racc. pag. I-4809).

43.
    In compenso, la Commissione non è tenuta a prendere in considerazione, nell'esaminare una denuncia, elementi di fatto che non sono stati portati a sua conoscenza dal denunciante, per essere in grado di respingere tale denuncia per il fatto che le pratiche denunciate non violano le regole comunitarie in materia di concorrenza, oppure, se del caso, non rientrano nel campo di applicazione di queste ultime (v., per analogia, sentenza 9 gennaio 1996, Koelman/Commissione, cit. supra, al punto 42, punto 40). Non si può quindi rimproverarle, nell'ambito di un ricorso presentato contro una decisione che respinge una denuncia in materia di concorrenza, di non aver tenuto conto di un elemento che non è stato portato a sua conoscenza dal denunziante e di cui avrebbe potuto scoprire l'esistenza solo avviando un'inchiesta.

44.
    Nel caso di specie, si deve rilevare, come fa la Commissione nella controreplica, che la ricorrente non si è riferita alle asserite prestazioni di servizi a titolo oneroso nella sua iniziale denuncia, avendo menzionato tale elemento per la prima volta davanti al Tribunale, nella sua replica. Si deve pertanto ritenere, senza che sia necessario pronunziarsi nel caso di specie sull'eventuale rilevanza di tale circostanza ai fini della la determinazione del carattere economico o meno dell'attività di acquisto dei detti enti, che l'esistenza di tali prestazioni non può essere presa in considerazione al fine di controllare la legittimità della decisione impugnata nell'ambito del presente ricorso.

45.
    Da quanto precede risulta che il motivo in esame deve essere respinto.

Sul motivo vertente su una violazione dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

46.
    La ricorrente afferma che la Commissione ha violato i suoi diritti di difesa allorché ha deciso di archiviare la sua denuncia del 12 dicembre 1997 senza intraprendere un'analisi approfondita di tutti gli elementi che vi erano esposti. Infatti, la ricorrente avrebbe dimostrato, in tale denuncia, che il SNS era in posizione dominante sui mercati rilevanti. D'altra parte i ritardi di pagamento che sono oggetto della denuncia avrebbero rappresentato un indebitamento complessivo del SNS pari a oltre un miliardo di euro. Il SNS avrebbe dunque commesso evidenti abusi di posizione dominante, causando in tal modo un grave pregiudizio alle imprese che erano membri dell'associazione ricorrente.

47.
    Pertanto, la Commissione avrebbe, senza alcun fondamento, ritenuto che la denuncia non soddisfaceva la condizione relativa all'interesse comunitario, alla luce della quale l'istituzione deve valutare se sia opportuno archiviarla oppure darvi un seguito (sentenza Automec II, cit. supra, al punto 42). La ricorrente invoca, a sostegno di tale argomento, la comunicazione concernente la cooperazione tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri per l'esame dei casi disciplinati dagli articoli [81] e [82] del Trattato CE (GU 1997, C 313, pag. 3), e in particolare il punto 14 di quest'ultima.

48.
    La Commissione afferma di aver respinto la denuncia della ricorrente in ragione del fatto che l'art. 82 CE non era applicabile al caso di specie. Infatti, gli enti che gestiscono il SNS non sarebbero imprese e dunque il divieto di abuso di posizione dominante non le riguarderebbe. Pertanto, nel caso di specie, sarebbe stato inutile procedere ad una valutazione dell'interesse comunitario.

Giudizio del Tribunale

49.
    Come è stato constatato in precedenza, la Commissione ha respinto la denuncia della ricorrente in ragione del fatto che gli enti che gestiscono il SNS non agiscono in qualità di imprese ai sensi dell'art. 82 CE nella loro attività di acquisto dei prodotti sanitari necessari al funzionamento del SNS (punti 20-24 della decisione impugnata). D'altronde, è stato dichiarato in precedenza che per tale motivo la Commissione era legittimata a respingere la denuncia della ricorrente, date le circostanze del caso di specie.

50.
    Pertanto sarebbe stato inutile che la Commissione esaminasse gli altri aspetti della denuncia presentata dalla ricorrente, dal momento che un simile esame, anche supponendo che avesse condotto all'accertamento di un abuso di posizione dominante, non avrebbe potuto determinare l'adozione di una decisione di accertamento di un'infrazione all' art. 82 CE oppure al combinato disposto degli artt. 82 CE e 86 CE. Non si può rimproverare alla Commissione di aver violato i diritti di difesa di un'impresa per non aver effettuato un'analisi di taluni aspetti della sua denuncia che sarebbe stata superflua.

51.
    Ne consegue che il motivo in esame deve essere respinto.

Sul motivo vertente su una carenza di motivazione e su una mancanza di trasparenza

Argomenti delle parti

52.
    A parere della ricorrente, l'assenza di risposta, nella decisione impugnata, agli argomenti dedotti nella sua denuncia, relativi all'esistenza di una posizione dominante e allo sfruttamento abusivo di quest'ultima, costituirebbe un difetto di motivazione. D'altra parte, il ragionamento della Commissione sulla questione se gli enti che gestiscono il SNS siano imprese ai sensi dell'art. 82 CE sarebbe anch'esso carente. Infatti, la Commissione avrebbe dovuto precedere ad un'analisi più completa della giurisprudenza pertinente per individuare la soluzione applicabile alla situazione di fatto, invece di limitarsi a richiamare la sola sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, senza esporre le ragioni che, a suo parere, giustificavano la sua applicazione al caso di specie.

53.
    La ricorrente invoca, a tale proposito, la sentenza del Tribunale 29 giugno 1993, causa T-7/92, Asia Motor France e a./Commissione (Racc. pag. II-669, punto 35) in cui il Tribunale ha riaffermato che, quando la Commissione riceve una denuncia, «le garanzie di carattere procedurale previste dall'art. 6 del regolamento n. 99/63 [25 luglio 1963, relativo alle audizioni previste all'articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, 127, pag. 2268)] le impongono(...) di esaminare attentamente gli elementi di fatto e di diritto sottoposti alla sua attenzione dalla parte denunciante, al fine di accertare se tali elementi non rivelino un comportamento atto a falsare il gioco della concorrenza nell'ambito del mercato comune e a pregiudicare il commercio fra gli Stati membri». Nel caso di specie, la Commissione sarebbe venuta meno a quest'obbligo. Di conseguenza, la motivazione della decisione impugnata sarebbe insufficiente. La ricorrente aggiunge che, secondo la giurisprudenza, il carattere sufficiente della motivazione di un atto deve essere valutato «alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia» (sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink's France, Racc. pag. I-1719). A suo parere, la Commissione, nel motivare la decisione impugnata, avrebbe dunque dovuto tener conto dell'importanza, a livello economico, della causa.

54.
    D'altronde, la Commissione avrebbe violato il principio generale di trasparenza delle procedure amministrative, in primo luogo, omettendo di informare in modo adeguato la ricorrente dello svolgimento del procedimento, in particolare tralasciando di inviarle una copia della decisione di trasmissione della sua denuncia ai 26 enti interessati, nonché le osservazioni in merito di questi ultimi e, in secondo luogo, rifiutando di ricevere i suoi rappresentanti.

55.
    La Commissione ritiene che la decisione impugnata sia sufficientemente motivata, conformemente alla giurisprudenza, in quanto la sua motivazione permette al Tribunale di esercitare il suo controllo, e alla ricorrente di essere informata sull'unico motivo per cui la sua denuncia è stata respinta - vale a dire la valutazione secondo cui gli enti che gestiscono il SNS non sono imprese ai sensi dell'art. 82 CE - per poter difendere i suoi diritti e verificare se la decisione sia o meno fondata (sentenza del Tribunale 2 luglio 1998, causa T-236/97, Racc. PI, Ouzounoff Popoff/Commissione, pag. I-A-311 e II-905, punto 56).

56.
    Per quanto riguarda l'allegata inosservanza del principio di trasparenza, la Commissione afferma di non aver mai trasmesso la denuncia della ricorrente agli enti interessati. Di conseguenza, i documenti richiesti dalla ricorrente non sono mai esistiti.

57.
    D'altronde la Commissione non avrebbe alcun obbligo di incontrare i denuncianti. Tuttavia, nel caso di specie, essa avrebbe volontariamente incontrato i rappresentanti della ricorrente il 25 febbraio 1998.

Giudizio del Tribunale

58.
    Occorre rilevare che la Commissione non è obbligata a pronunciarsi, nella motivazione delle decisioni che adotta per garantire l'applicazione delle norme sulla concorrenza, su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere a sostegno della loro domanda. E' sufficiente che essa esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell'economia della decisione (sentenza del Tribunale 17 luglio 1998, causa T-111/96, ITT Promedia/Commissione, Racc. pag. II-2937, punto 131).

59.
    Nel caso di specie si deve constatare che, per le ragioni esposte ai punti 49 e 50, sarebbe stato inutile che la Commissione rispondesse agli argomenti relativi all'esistenza di una posizione dominante e allo sfruttamento abusivo di essa. Inoltre, la Commissione si è giustamente fondata, nella decisione impugnata, sulla sentenza Poucet e Pistre, cit. supra, al punto 14, senza dover necessariamente analizzare la giurisprudenza successiva citata dalla ricorrente, dal momento che la regola fondamentale stabilita dalla Corte in tale sentenza è tuttora applicabile, essendo stata ribadita a più riprese e in particolare nelle sentenze invocate dalla ricorrente (v. supra, punto 38). Così, nell'economia generale della decisione impugnata e tenuto conto del contesto di fatto noto alla ricorrente, l'assenza di una motivazione relativa a tali elementi era logica (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 24 settembre 1996, causa T-57/91, NALOO/Commissione, Racc. pag. II-1019, punti 298-300).

60.
    Ne consegue che la decisione impugnata non è viziata da una carenza di motivazione.

61.
    Quanto agli argomenti relativi all'asserita mancanza di trasparenza di cui la Commissione avrebbe dato prova, occorre ricordare che il solo obbligo della Commissione, in forza dell'art. 6 del regolamento n. 99/63, citato, allorché non ha intenzione di procedere nell'istruzione di una denuncia, è quello di permettere al denunciante di presentare osservazioni scritte. D'altra parte, ai sensi dell'art. 7 del regolamento n. 99/63, l'audizione di terzi, tra cui i denuncianti, è obbligatoria solo laddove essi dimostrino di avere un interesse sufficiente, disponendo la Commissione di un ragionevole margine di discrezionalità in merito all'utilità di tale audizione per l'istruzione del fascicolo (sentenza della Corte 17 gennaio 1984, cause riunite 43/82 e 63/82, VBVB e VBBB/Commissione, Racc. pag. 19, punto 18; v. anche, a tale proposito, sentenza NALOO/Commissione, cit. supra, al punto 59, punti 275 e 276).

62.
    Nel caso di specie, è pacifico che la Commissione ha informato la ricorrente della sua posizione il 2 dicembre 1998 e le ha dato occasione di presentare le sue osservazioni in merito, cosa che la ricorrente ha fatto il 10 febbraio 1999. D'altra parte, dalla decisione impugnata risulta (nota in calce di pag. 4) che il fascicolo della Commissione conteneva esclusivamente la denuncia della ricorrente con i suoi allegati. La Commissione ha, infine, affermato davanti al Tribunale, senza essere contraddetta dalla ricorrente, di non aver trasmesso la denuncia alle entità chiamate in causa, per cui queste ultime non hanno mai presentato osservazioni in merito.

63.
    Da quanto precede risulta che la Commissione ha rispettato il solo obbligo concreto a cui era sottoposta nel caso di specie, dal momento che la ricorrente ha avuto modo di presentare le sue osservazioni scritte in merito alla presa di posizione iniziale della Commissione. Non ha potuto verificarsi violazione del diritto di consultare il fascicolo dal momento che la ricorrente ha avuto conoscenza di tutti i documenti inclusi nel fascicolo della Commissione.

64.
    Ad abundantiam occorre rilevare che la ricorrente non ha contestato l'affermazione della Commissione, contenuta nel controricorso, secondo la quale i suoi servizi hanno incontrato i rappresentanti della ricorrente il 25 febbraio 1998.

65.
    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la Commissione ha pienamente rispettato i diritti della ricorrente in quanto denunciante.

66.
    Ne consegue che il motivo in esame deve essere respinto.

67.
    Poiché tutti i motivi dedotti dalla ricorrente sono risultati privi di fondamento, il presente ricorso deve essere integralmente respinto.

Sulle spese

68.
    A norma dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Vesterdorf
Lenaerts
Azizi

Forwood

Legal

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 marzo 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

B. Vesterdorf


1: Lingua processuale: lo spagnolo.