Language of document : ECLI:EU:C:2024:328

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 18 aprile 2024 (1)

Causa C-760/22

FP,

QV,

IN,

YL,

VD,

JF,

OL

interveniente:

Sofiyska gradska prokuratura

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria)]

«Pronuncia pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 47 e 48 – Direttiva (UE) 2016/343 – Diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali – Partecipazione al processo a distanza in videoconferenza durante la pandemia di COVID‑19 – Obbligo di presenziare al processo»






I.      Introduzione

1.        La digitalizzazione della giustizia ha importanti implicazioni per i diritti procedurali fondamentali nei procedimenti penali, in particolare il diritto di presenziare al processo e il rispetto dei diritti della difesa. La necessità di garantire la continuità della giustizia durante la pandemia di COVID‑19 e l’interesse pubblico alla tutela della salute pubblica hanno indotto gli Stati membri e i paesi del mondo a introdurre nei loro sistemi l’uso della videoconferenza nei procedimenti penali o ad aumentarne e a generalizzarne l’uso (2). La ricomparsa delle sfide riguardanti l’«imputato a distanza» (3) solleva delicate questioni sul giusto equilibrio da raggiungere tra l’esercizio dei diritti processuali fondamentali nei procedimenti penali e l’uso di mezzi digitali per amministrare efficacemente la giustizia.

2.        Nel diritto dell’Unione, l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2016/343 (4) stabilisce il diritto procedurale di indagati e imputati di presenziare al processo, che costituisce un elemento essenziale del diritto fondamentale a un equo processo sancito dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Il procedimento principale solleva la questione se tale disposizione osti a una decisione adottata da un giudice penale di consentire a un imputato di partecipare al processo in videoconferenza nonostante l’assenza di una base giuridica specifica nel diritto nazionale che preveda siffatti mezzi di partecipazione. Essa offre quindi alla Corte l’occasione di interpretare per la prima volta il diritto di presenziare al processo nel contesto dell’uso della videoconferenza o di altre tecnologie di comunicazione a distanza.

II.    Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 2016/343

3.        I considerando 9, 33, 35 e 48 della direttiva 2016/343 così recitano:

«(9)      La presente direttiva intende rafforzare il diritto a un equo processo nei procedimenti penali, stabilendo norme minime comuni relative ad alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo.

(…)

(33)      Il diritto a un equo processo è uno dei principi fondamentali di una società democratica. Il diritto degli indagati e imputati di presenziare al processo si basa su tale diritto e dovrebbe essere garantito in tutta l’Unione.

(…)

(35)      Il diritto degli indagati e imputati di presenziare al processo non è assoluto: a determinate condizioni, gli indagati e imputati dovrebbero avere la possibilità di rinunciarvi, esplicitamente o tacitamente, purché in modo inequivocabile.

(...)

(48)      Poiché la presente direttiva stabilisce norme minime, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di ampliare i diritti da essa previsti al fine di assicurare un livello di tutela più elevato. Il livello di tutela previsto dagli Stati membri non dovrebbe mai essere inferiore alle norme della Carta o della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»)], come interpretate dalla Corte di giustizia e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo».

4.        L’articolo 1 della direttiva 2016/343, dal titolo «Oggetto», così dispone:

«La presente direttiva stabilisce norme minime comuni concernenti:

(…)

b)      il diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali».

5.        L’articolo 8 di detta direttiva, intitolato «Diritto di presenziare al processo», ai paragrafi 1 e 2, prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano il diritto di presenziare al proprio processo.

2.      Gli Stati membri possono prevedere che un processo che può concludersi con una decisione di colpevolezza o innocenza dell’indagato o imputato possa svolgersi in assenza di quest’ultimo, a condizione che:

a)      l’indagato o imputato sia stato informato in un tempo adeguato del processo e delle conseguenze della mancata comparizione; oppure

b)      l’indagato o imputato, informato del processo, sia rappresentato da un difensore incaricato, nominato dall’indagato o imputato oppure dallo Stato».

 Diritto bulgaro

6.        L’articolo 6a, paragrafo 2, dello Zakon za merkite i deystviyata po vreme na izvanrednoto polozhenie, obyaveno s reshenie na Narodnoto sabranie ot 13.03.2020 i za preodolyavane na posleditsite (legge sui provvedimenti e sulle azioni durante lo stato di emergenza dichiarato con decisione dell’Assemblea nazionale del 13 marzo 2020 e sulla gestione dei suoi effetti; in prosieguo: la «legge sui provvedimenti durante lo stato di emergenza»), applicabile fino al 31 maggio 2022, prevedeva quanto segue:

«Durante lo stato di emergenza, rispettivamente durante l’emergenza epidemica e sino a due mesi successivi alla sua revoca, le udienze pubbliche (…) possono essere svolte a distanza se è garantita la partecipazione diretta e virtuale delle parti al processo o al procedimento. Delle udienze svolte viene redatto un verbale, che deve essere pubblicato senza indugio, e la registrazione dell’udienza viene conservata fino alla scadenza del termine per la rettifica e l’integrazione del verbale, salvo che il regolamento di procedura non disponga diversamente. Il giudice (…) informa le parti se l’udienza dev’essere svolta a distanza».

7.        L’articolo 55 del Nakazatelno-protsesualen kodeks (codice di procedura penale; in prosieguo: il «NPK») prevede quanto segue:

«L’imputato ha i seguenti diritti: (...) partecipare al procedimento penale».

8.        L’articolo 269 del NPK dispone quanto segue:

«(1)      Nei procedimenti penali in cui l’imputato è accusato di un reato grave, la sua presenza al processo è obbligatoria.

(2)      Il giudice può ordinare all’imputato di comparire anche nei casi in cui la sua presenza non è obbligatoria, se ciò è necessario per l’accertamento della verità oggettiva.

(3)      Salvo che non sia contrario all’accertamento della verità oggettiva, il dibattimento può aver luogo in assenza dell’imputato, nel caso in cui:

1.      l’imputato risulti irreperibile al recapito indicato o lo abbia cambiato senza informare l’autorità competente;

2.      il suo luogo di residenza in Bulgaria non sia noto e non possa essere accertato nemmeno in esito ad indagine approfondita;

3.      l’imputato sia stato regolarmente convocato, ma non abbia comunicato un motivo valido per la sua mancata comparizione e sia stata seguita la procedura prevista dall’articolo 247c, paragrafo 1, NPK;

4.      l’imputato si trovi al di fuori del territorio della Bulgaria, e:

a)      la sua residenza sia sconosciuta;

b)      non possa essere convocato per altri motivi;

c)      sia stato regolarmente convocato, ma non abbia comunicato un motivo valido per la sua mancata comparizione».

9.        L’articolo 115, paragrafo 2, NPK così recita:

«L’imputato non può essere interrogato da un giudice delegato o in videoconferenza, a meno che non si trovi all’estero e non vi sia alcun ostacolo all’accertamento della verità oggettiva».

10.      L’articolo 474, paragrafo 1, NPK prevede quanto segue:

«L’autorità giudiziaria di un altro Stato può procedere all’audizione di una persona che sia testimone o consulente tecnico in un procedimento penale e che sia presente nella Repubblica di Bulgaria tramite videoconferenza o conferenza telefonica, così come ad un interrogatorio con la partecipazione dell’imputato, solo se ciò non è contrario ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico bulgaro. L’interrogatorio in videoconferenza con la partecipazione di un imputato può aver luogo unicamente con il suo consenso e dopo che le autorità giudiziarie bulgare interessate e le autorità giudiziarie dell’altro Stato abbiano concordato le modalità di svolgimento della videoconferenza».

III. Breve esposizione dei fatti e del procedimento

11.      FP è perseguito per appartenenza a un’organizzazione criminale a scopo di arricchimento e di perpetrazione concertata dei reati tributari di cui all’articolo 255 del Nakazatelen kodeks (codice penale; in prosieguo: il «NK»). Si tratta di un reato grave ai sensi del NK.

12.      FP ha conferito mandato a un difensore dall’inizio del procedimento.

13.      Con sentenza dell’11 aprile 2019, FP è stato dichiarato colpevole dall’ex Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria) ed è stato condannato a una pena detentiva di sei mesi, con sospensione condizionale della pena di tre anni. Tale sentenza è stata annullata in appello. La causa è stata rinviata per un nuovo processo dinanzi ad un’altra sezione dell’ex Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato), il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria), giudice del rinvio. La nuova trattazione del caso ha avuto inizio il 30 giugno 2021.

14.      All’udienza preliminare pubblica del 12 ottobre 2021, FP ha chiesto di partecipare al procedimento a distanza per mezzo di un collegamento elettronico «on-line» con trasmissione di immagini e suoni, vivendo e lavorando nel Regno Unito. Egli dichiarava di essere a conoscenza di tutti i documenti procedurali, ritenendo che i propri diritti non sarebbero stati violati dalla partecipazione a distanza

15.      L’avvocato di FP era fisicamente presente in aula d’udienza e dichiarava che eventuali nuovi ulteriori documenti avrebbero potuto essere trasmessi a FP a mezzo di posta elettronica per la tempestiva consultazione da parte di quest’ultimo. L’avvocato di FP ha altresì indicato che le consultazioni con il suo cliente avrebbero potuto essere organizzate mediante una connessione separata, che poteva avere luogo interrompendo la trasmissione delle immagini e al di fuori dell’aula.

16.      Il giudice del rinvio ha autorizzato FP a partecipare a distanza all’udienza pubblica del 12 ottobre 2021 sulla base dell’articolo 6a, paragrafo 2, della legge sui provvedimenti durante lo stato di emergenza, nel rispetto delle garanzie e delle condizioni stabilite dal tribunale. Alle udienze successive, ad eccezione di quella del 28 febbraio 2022, alla quale era fisicamente presente, FP ha partecipato mediante videoconferenza.

17.      All’udienza fissata per il 13 giugno 2022, FP ha inteso continuare a partecipare a distanza al procedimento. Tuttavia, il giudice del rinvio dubitava che tale possibilità esistesse ancora nell’ordinamento bulgaro, dato che l’articolo 6a, paragrafo 2, della legge sui provvedimenti durante lo stato di emergenza non era più applicabile a decorrere dal 31 maggio 2022. Il giudice del rinvio rileva che il NPK non prevede la possibilità per gli imputati di partecipare mediante videoconferenza al procedimento giudiziario, salvo in taluni casi particolari, nessuno dei quali è applicabile al presente procedimento. Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, la normativa bulgara non vieta espressamente l’uso della videoconferenza.

18.      Tenuto conto dell’assenza di una base giuridica specifica, il difensore di FP ha suggerito che il suo cliente potesse partecipare all’udienza a distanza pur essendo considerato contumace.

19.      Il giudice del rinvio non ha accettato la proposta di considerare FP contumace. Esso ha ritenuto che, benché FP non fosse fisicamente presente in aula, egli potesse partecipare effettivamente al processo.

20.      In assenza di un fondamento giuridico nel diritto nazionale che consenta il ricorso alla videoconferenza, il giudice del rinvio ha ritenuto necessario verificare se sia compatibile con la direttiva 2016/343 dare all’imputato la possibilità di scegliere come adempiere il proprio dovere di presenziare al procedimento penale. A tal riguardo, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla questione se FP debba essere considerato presente nella misura in cui i suoi diritti non siano stati violati e siano state adottate tutte le misure per garantire che non sussista alcuna differenza sostanziale tra la sua presenza fisica nell’aula d’udienza e la sua partecipazione attraverso la connessione on-line.

21.      È alla luce di tali considerazioni che il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto dell’imputato di presenziare al processo, ai sensi dell’articolo 8, [paragrafo] 1, in combinato disposto con i considerando 33 e 44 della direttiva 2016/343, risulti violato, qualora l’imputato stesso partecipi alle udienze relative al procedimento penale, su sua espressa richiesta, tramite una connessione on-line, laddove sia difeso da un avvocato cui abbia conferito mandato e presente in aula e laddove la connessione gli consenta di seguire lo svolgimento del procedimento, di indicare mezzi di prova e di prendere conoscenza delle prove, di poter essere sentito senza ostacoli tecnici e gli sia garantita una comunicazione efficace e riservata con l’avvocato».

22.      FP, i governi ungherese e lettone nonché la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte.

IV.    Valutazione

A.      Riformulazione della questione pregiudiziale

23.      Secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte prevista all’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (5).

24.      Nel caso di specie, la questione del giudice del rinvio trae origine dal fatto che, il NPK esige la presenza dell’imputato nel procedimento penale qualora quest’ultimo sia accusato di un reato grave, ma non prevede la possibilità di partecipare mediante videoconferenza a tale procedimento. Dalla decisione di rinvio risulta che esistono talune situazioni in cui è possibile una partecipazione online, vale a dire nel corso della fase preliminare e in altri specifici procedimenti. Tuttavia, tali situazioni non sono applicabili alla fattispecie di cui al procedimento principale (6).

25.      FP, imputato nel procedimento principale, è stato ammesso a partecipare al processo fino a una certa fase del procedimento, fintanto che era applicabile la legge sui provvedimenti durante lo stato di emergenza. Dopo la cessazione dell’applicazione di tale legge e in assenza di un’altra disposizione di legge che prevedesse la partecipazione online all’udienza, FP ha chiesto di poter continuare a partecipare al processo a distanza pur essendo considerato contumace. Il giudice del rinvio non ha accolto tale domanda, ritenendo che il fatto di considerare FP contumace non fosse coerente con la sua effettiva partecipazione al procedimento. Il giudice del rinvio ha ritenuto di poter consentire a FP di decidere come adempiere il dovere di presenziare al procedimento penale (previsto dall’articolo 269, paragrafo 1, del NPK) e autorizzare tale persona a partecipare online, a condizione di garantire che l’imputato partecipi pienamente al procedimento. Esso nutre tuttavia dubbi in ordine alla compatibilità di tale decisione con l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343.

26.      Alla luce di quanto precede, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice penale conceda a un imputato, tenuto a presenziare al proprio processo in forza del diritto nazionale, la possibilità di partecipare al procedimento mediante videoconferenza, nonostante l’assenza di disposizioni esplicite nel diritto nazionale che consentano una siffatta modalità di partecipazione.


B.      Principi generali sul diritto degli imputati di presenziare al processo

27.      L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 prevede che gli Stati membri devono garantire che gli indagati e imputati abbiano il diritto di presenziare al proprio processo.

28.      I principi generali relativi all’esercizio del diritto di presenziare al processo sono stati elaborati nella giurisprudenza della Corte attingendo alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

29.      La Corte di giustizia ha più specificamente ricordato che, ai sensi del considerando 47 della direttiva 2016/343, quest’ultima difende i diritti fondamentali e i principi riconosciuti dalla Carta e dalla CEDU, compresi il diritto a un equo processo, la presunzione di innocenza e i diritti della difesa (7).

30.      Come risulta dal considerando 33 di tale direttiva, il diritto degli indagati e imputati di presenziare al processo si fonda sul diritto a un equo processo, sancito dall’articolo 6 della CEDU, al quale corrispondono, come precisato nelle spiegazioni relative alla Carta, gli articoli 47, secondo e terzo comma, e 48 di tale Carta. La Corte deve, pertanto, sincerarsi che l’interpretazione da essa fornita di queste ultime disposizioni assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito dall’articolo 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (8).

31.      Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che la comparizione di un imputato riveste un’importanza fondamentale nell’interesse di un processo penale equo, dal momento che l’obbligo di garantire a tale imputato il diritto di essere presente nell’aula d’udienza è, al riguardo, uno degli elementi essenziali dell’articolo 6 della CEDU (9).

32.      Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’articolo 6, paragrafo 3, lettera c), della CEDU conferisce ad ogni accusato il diritto di «difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore (...)», ma non precisa le modalità di esercizio di tale diritto. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha così ricordato che la CEDU «lascia agli Stati contraenti la scelta dei mezzi affinché [tale diritto] sia garantito nel loro sistema giudiziario, essendo compito della Corte soltanto verificare se il metodo scelto sia conforme ai requisiti di un equo processo» (10).

33.      A questo proposito, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato che, alla luce dei diritti della difesa garantiti, segnatamente, dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera c), della CEDU, la facoltà per l’imputato di prendere parte all’udienza implica il diritto di tale imputato di partecipare realmente al suo processo penale (11). In generale, ciò implica, tra l’altro, non soltanto il diritto di assistervi, ma anche di ascoltare e di seguire il dibattimento (12).

34.      Sulla base di tali considerazioni, la Corte di giustizia ha dichiarato che il diritto di presenziare al processo, sancito all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343, deve essere garantito in modo tale che esso possa essere esercitato, nella fase giudiziale del procedimento penale, secondo modalità conformi ai requisiti di un equo processo. Tale diritto non si limita, dunque, a garantire la mera presenza dell’imputato alle udienze che si tengono nell’ambito del processo a suo carico, ma esige che l’imputato in parola sia in grado di partecipare realmente a detto processo e di esercitare, a tal fine, i diritti della difesa (13).

C.      Uso della videoconferenza nei procedimenti penali secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo

35.      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha esaminato alcune questioni relative allo svolgimento di udienze mediante videoconferenza sotto il profilo del diritto a un processo equo previsto dall’articolo 6 della CEDU. La sua giurisprudenza fornisce alcuni principi guida al riguardo (14).

36.      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha cercato di stabilire principi per il ricorso alle udienze online nella sua sentenza esemplare Marcello Viola c. Italia (15). Tale causa riguardava l’asserita violazione dell’articolo 6 della CEDU per quanto riguarda l’uso della videoconferenza nei procedimenti penali, come previsto dalla normativa italiana. Tale normativa è stata adottata nel contesto della lotta contro i reati di mafia. Essa ha dato la possibilità a un giudice penale di ordinare la partecipazione dell’imputato a distanza alle udienze qualora si applichino alcune condizioni restrittive stabilite dalla legge.

37.      In tale sentenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ricorda, anzitutto, i principi di base relativi all’importanza fondamentale del diritto dell’imputato di presenziare al proprio processo e di partecipare realmente al processo (16).

38.      Per quanto riguarda l’applicazione di tali principi al caso di specie, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rilevato, poi, che la partecipazione al dibattimento mediante videoconferenza è esplicitamente prevista dalla legge italiana, che indica con precisione i casi in cui viene disposta la videoconferenza, l’autorità competente che la dispone nonché le modalità tecniche del collegamento audiovisivo. Essa ha rilevato che la Corte costituzionale italiana l’ha giudicata compatibile con la Costituzione (italiana) e la CEDU.

39.      Peraltro, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato che, a condizione che l’utilizzo di tale metodo non contrasti con il diritto nazionale e con gli strumenti internazionali in materia, esso è autorizzato per l’audizione di testimoni o periti con l’eventuale partecipazione di una persona penalmente perseguita. Essa ha fatto riferimento, a tal riguardo, a diversi strumenti di diritto internazionale diversi dalla CEDU (17).

40.      Alla luce di quanto precede, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che «la partecipazione dell’accusato al dibattimento mediante videoconferenza non è di per sé contraria alla [CEDU]». Tuttavia, essa ha ritenuto che spetti alla Corte assicurarsi che la sua applicazione in ogni fattispecie persegua uno scopo legittimo e che le sue modalità di svolgimento siano compatibili con le esigenze del rispetto dei diritti di difesa, come stabiliti dall’articolo 6 CEDU (18).

41.      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che, nel caso specifico, la partecipazione del ricorrente alle udienze d’appello mediante videoconferenza perseguisse scopi legittimi rispetto alla CEDU, ossia la difesa dell’ordine pubblico, la prevenzione del crimine, la tutela dei diritti alla vita, alla libertà ed alla sicurezza dei testimoni e delle vittime, nonché il rispetto dell’esigenza del «tempo ragionevole» di durata dei processi giudiziari (19). Dopo aver esaminato se le modalità di svolgimento del procedimento rispettassero i diritti della difesa, essa ha concluso che il diritto a un equo processo non era stato violato.

42.      Nella giurisprudenza successiva relativa all’uso della videoconferenza nei procedimenti penali, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha applicato i principi di cui alla sentenza Marcello Viola, in particolare sotto il profilo dell’efficacia della rappresentanza legale di un imputato che compare in videoconferenza (20). Ad esempio, nella sentenza della Grande Sezione nella causa Sakhnovskiy c. Russia (21) la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ribadito che la videoconferenza quale forma di partecipazione al procedimento non è, in quanto tale, incompatibile con la nozione di processo equo e pubblico. Tuttavia, occorre garantire che l’imputato possa seguire il procedimento ed essere ascoltato senza ostacoli tecnici e che sia prevista una comunicazione effettiva e riservata con un difensore (22).

43.      La giurisprudenza esistente della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di utilizzo della videoconferenza riguarda principalmente situazioni in cui l’uso della videoconferenza è piuttosto eccezionale e in cui l’imputato ha contestato l’uso di tale modalità di partecipazione al procedimento. Finora non esiste nessun caso in cui, al contrario, l’imputato lamenti che l’assenza di un quadro giuridico che consenta la partecipazione a distanza al processo costituisce una violazione del diritto di presenziare al processo (23).

44.      È interessante notare che, nella causa Dijkhuizen c. Paesi Bassi, il ricorrente lamentava la violazione del suo diritto a un equo processo in quanto gli era stato impedito di presenziare al processo fisicamente o mediante videoconferenza (24). In tale causa, il ricorrente era detenuto in un paese terzo che impediva l’estradizione verso potenze straniere di persone detenute come sospetti criminali in tale paese terzo. Sebbene il diritto dei Paesi Bassi preveda la possibilità di partecipare mediante videoconferenza al processo, il ricorrente avrebbe rifiutato a più riprese tale modalità di partecipazione. Egli ne ha fatto richiesta solo in una fase avanzata del procedimento. All’epoca dei fatti, affinché il giudice nazionale disponesse di tutte le disposizioni necessarie, sarebbe occorso rinviare nuovamente la causa. Il giudice nazionale ha quindi ritenuto che l’imputato avesse rinunciato al suo diritto di essere ascoltato mediante videoconferenza (25). La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che non vi fosse violazione dell’articolo 6 in considerazione delle circostanze specifiche di quel caso.

45.      Anche se, alla luce delle circostanze della fattispecie, non vi è stata violazione del diritto a un equo processo, la sentenza Dijkhuizen c. Paesi Bassi rimane un esempio pertinente. Essa dimostra che possono esistere situazioni in cui l’imputato vuole presenziare mediante videoconferenza al processo. La videoconferenza può essere utilizzata come strumento per facilitare l’esercizio del diritto di presenziare al processo in situazioni in cui sarebbe impossibile o estremamente difficile che l’imputato sia fisicamente presente al processo.

46.      Mi sembra altresì pertinente osservare che la Commissione europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ) del Consiglio d’Europa ha pubblicato i «Guidelines on videoconferencing in judicial proceedings» (in prosieguo: gli «orientamenti della CEPEJ») (26). Gli orientamenti della CEPEJ prevedono una serie di misure chiave che gli Stati e i giudici dovrebbero seguire al fine di garantire che il ricorso alla videoconferenza nei procedimenti giudiziari non pregiudichi il diritto a un equo processo sancito dall’articolo 6 della CEDU. Gli orientamenti contengono quattro principi fondamentali, una serie di orientamenti applicabili a tutti i procedimenti giudiziari che sottolineano le particolarità dei procedimenti penali e una serie di orientamenti sulle questioni organizzative e tecniche della videoconferenza.

47.      I principi enunciati negli orientamenti della CEPEJ sottolineano l’importanza di salvaguardare in qualsiasi momento il diritto a un equo processo, il principio di legalità, l’equità del procedimento e i diritti della difesa. Più precisamente, il primo principio degli orientamenti della CEPEJ indica che tutte le garanzie per un equo processo ai sensi della CEDU si applicano alle udienze a distanza in tutti i procedimenti giudiziari. In base al secondo principio, «gli Stati dovrebbero stabilire un quadro giuridico che fornisca una base chiara per consentire agli organi giurisdizionali di organizzare udienze a distanza nei procedimenti giudiziari». Secondo il terzo principio, «spetta al giudice decidere, nel contesto normativo applicabile, se una determinata udienza debba essere tenuta a distanza, al fine di garantire l’equità complessiva del procedimento». Infine, secondo il quarto principio, «il giudice dovrebbe salvaguardare il diritto di una parte di essere effettivamente assistita da un avvocato in tutti i procedimenti giudiziari, compresa la riservatezza delle loro comunicazioni».

48.      Per quanto riguarda segnatamente i procedimenti penali, gli orientamenti della CEPEJ precisano che, in circostanze in cui «la legge non richiede il consenso libero e informato dell’imputato, la decisione del giudice per la sua partecipazione all’udienza a distanza dovrebbe perseguire uno scopo legittimo». Essi sottolineano altresì l’importanza di salvaguardare l’effettiva partecipazione del convenuto e la rappresentanza in giudizio.

49.      Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e dagli orientamenti della CEPEJ risulta che la partecipazione a distanza al processo può essere compatibile con la CEDU, a condizione che si applichino tutte le garanzie dell’equo processo. La compatibilità della partecipazione a distanza con il diritto a un equo processo deve essere esaminata alla luce del quadro giuridico specifico applicabile e delle condizioni e modalità ivi stabilite, cui è subordinato l’uso della videoconferenza.

D.      Uso della videoconferenza nei procedimenti penali ai sensi del diritto dell’Unione

50.      L’uso della videoconferenza nei procedimenti penali nazionali non è armonizzato a livello dell’Unione. L’armonizzazione delle norme relative all’uso della videoconferenza riguarda solo le situazioni transfrontaliere disciplinate da una normativa specifica dell’Unione (27). L’evoluzione più recente a tale riguardo è l’adozione del regolamento (UE) 2023/2844 (28).

51.      L’applicazione di tale regolamento lascia impregiudicati i diritti procedurali sanciti dalla Carta e dal diritto dell’Unione, quali le direttive sui diritti procedurali, compresa la direttiva 2016/343, e in particolare il diritto di presenziare al processo (29). Inoltre, le norme stabilite dal medesimo sull’uso della videoconferenza per le udienze nei procedimenti di cooperazione giudiziaria in materia penale non si applicano alle udienze mediante videoconferenza ai fini dell’assunzione delle prove o dello svolgimento di un processo che potrebbe sfociare in una decisione sulla colpevolezza o l’innocenza dell’indagato o dell’imputato (30).

52.      Nei limiti in cui il regolamento 2023/2844 non si applica nella fattispecie di cui al procedimento principale, non è necessario soffermarsi ulteriormente sulle sue disposizioni. È sufficiente osservare che le sue disposizioni riconoscono l’importanza del consenso dell’imputato o del condannato all’uso della videoconferenza per le udienze nelle procedure di cooperazione giudiziaria in materia penale (31). Inoltre, le particolari circostanze del caso devono giustificare il ricorso a tale tecnologia. Detto regolamento prevede altresì disposizioni specifiche per la conformità delle tecnologie di comunicazione a distanza con i principi della protezione dei dati e il rispetto di un livello elevato di cibersicurezza (32).

E.      Se l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 consenta la partecipazione al processo mediante videoconferenza

53.      Questa parte dell’analisi approfondirà la questione se gli Stati membri possano prevedere che il diritto di «presenziare» al processo, sancito dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343, può essere esercitato mediante videoconferenza, in particolare qualora tale presenza sia stata espressamente richiesta dall’imputato e le condizioni della sua partecipazione siano effettive.

54.      Conformemente alla giurisprudenza citata in precedenza (33), la Corte deve garantire che la sua interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito dall’articolo 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

55.      Dalla formulazione dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 risulta chiaramente che gli Stati membri devono consentire agli indagati e imputati di essere presenti al proprio processo (34)

56.      La Corte ha interpretato tale disposizione nella sentenza HN (Processo a un imputato lontano dal territorio) nel contesto della questione se gli Stati membri abbiano la possibilità di prevedere che una siffatta presenza sia obbligatoria. A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che l’articolo 8 della direttiva 2016/343 si limita a prevedere e a delimitare il diritto degli indagati e imputati di presenziare al proprio processo nonché le eccezioni a tale diritto, senza tuttavia imporre o vietare agli Stati membri di istituire un obbligo per ogni indagato o imputato di presenziare al proprio processo (35).

57.      Nel medesimo contesto, la Corte ha ricordato che dall’articolo 1 della direttiva in esame discende che l’obiettivo di quest’ultima è quello di stabilire norme minime comuni relative ad alcuni aspetti della presunzione di innocenza nei procedimenti penali nonché il diritto di presenziare al processo in tali procedimenti, e non di realizzare un’armonizzazione esaustiva del procedimento penale (36).

58.      Secondo il considerando 10 della direttiva 2016/343, questa si limita a stabilire norme minime comuni sulla protezione dei diritti procedurali di indagati e imputati, al fine di rafforzare la fiducia degli Stati membri nei reciproci sistemi di giustizia penale e, quindi, a facilitare il riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale (37).

59.      Inoltre, occorre ricordare che, tenuto conto del carattere minimo dell’armonizzazione perseguita dalla direttiva 2016/343, essa non può essere interpretata come uno strumento completo ed esaustivo (38).

60.      Stante la portata limitata dell’armonizzazione operata da detta direttiva e la circostanza che quest’ultima non disciplina la questione se gli Stati membri possano esigere la comparizione dell’indagato o dell’imputato al processo a suo carico, una siffatta questione rientra unicamente nel diritto nazionale (39).

61.      Tale ragionamento può essere applicato per analogia con riferimento alla questione se gli Stati membri possano prevedere che il diritto di presenziare al processo possa essere esercitato mediante videoconferenza su richiesta dell’imputato. La disposizione di cui trattasi non stabilisce nulla riguardo a una siffatta possibilità e, a fortiori, non disciplina lo svolgimento di un processo penale mediante videoconferenza. L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 riconosce l’importanza fondamentale della comparizione dell’imputato al fine di garantire un equo processo. La garanzia fondamentale del diritto di presenziare copre, in quanto norma minima, il diritto di essere fisicamente presente nell’aula d’udienza. Tenuto conto dell’importanza della garanzia fondamentale relativa alla presenza fisica degli indagati e degli imputati, tale diritto non può essere sostituito o surrogato da una presenza virtuale contro la volontà dell’imputato (40). Inoltre, qualsiasi restrizione al diritto di presenziare al proprio processo deve perseguire uno scopo legittimo e rispettare l’articolo 52 della Carta.

62.      Tuttavia, come già indicato, l’articolo 8, paragrafo 1 della direttiva 2016/343 istituisce un quadro per il diritto degli indagati e imputati di presenziare al proprio processo. In quanto non precisa le modalità di esercizio di tale diritto, esso lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nella scelta dei mezzi diretti a garantire il diritto di cui trattasi nei loro sistemi giudiziari, consentendo loro di prevedere mezzi supplementari per assicurare la presenza al processo. Come risulta dal considerando 48 della direttiva 2016/343, gli Stati membri hanno la possibilità di ampliare i diritti da essa previsti al fine di assicurare un livello di tutela più elevato (41). Tale considerando precisa altresì che il livello di tutela previsto dagli Stati membri non dovrebbe mai essere inferiore alle norme della Carta o dalla CEDU, come interpretate dalla Corte di giustizia e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

63.      Pertanto, l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 non osta a che gli Stati membri consentano che il diritto di presenziare al processo sia esercitato mediante videoconferenza o altre tecnologie di comunicazione a distanza su richiesta espressa dell’imputato.

64.      Ciò premesso, qualora gli Stati membri consentano all’imputato di esercitare il diritto di presenziare al processo a distanza, le norme da essi previste non possono pregiudicare l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2016/343 (42). A tale riguardo, il considerando 9 di quest’ultima enuncia che detta direttiva intende rafforzare il diritto a un equo processo nei procedimenti penali, stabilendo norme minime comuni relative ad alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo. Gli Stati membri devono pertanto garantire che il diritto dell’indagato o imputato di presenziare al processo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 sia garantito in modo da poter essere esercitato in maniera conforme ai requisiti di un equo processo, conformemente all’articolo 47, secondo e terzo comma, della Carta e all’articolo 48 della stessa. Più in particolare, tale persona deve poter partecipare effettivamente al processo ed esercitare effettivamente i diritti della difesa.

65.      Il governo lettone ha fatto specifico riferimento all’esempio della sua normativa nazionale, che offre agli imputati la possibilità di partecipare mediante videoconferenza al processo, con il loro consenso pieno ed informato, in modo da garantire il diritto a un equo processo.

66.      In circostanze in cui il quadro normativo nazionale applicabile è conforme ai requisiti di un equo processo, in cui l’indagato o imputato chiede l’applicazione di tale modalità di partecipazione e partecipa effettivamente al proprio processo, non si può ritenere che tale persona abbia rinunciato al suo diritto di presenziare al proprio processo garantito dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343.

67.      Tenuto conto della portata limitata dell’armonizzazione della direttiva 2016/343 e della portata limitata della questione sollevata nel procedimento principale, non sarebbe opportuno tentare di fornire indicazioni esaustive sui requisiti di un equo processo tenuto in presenza a distanza. Mi limiterò alla seguente osservazione. Il ricorso alla videoconferenza nei procedimenti penali e, più in generale, la digitalizzazione dei processi non è un obiettivo a sé stante, bensì un mezzo per migliorare l’equità dei procedimenti penali (43) nel quadro di un approccio «antropocentrico» alla giustizia (44) In tale contesto, l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 consente agli Stati membri di prevedere la possibilità della presenza a distanza degli indagati o imputati al processo, purché essi garantiscano il rispetto del diritto a un processo equo.

F.      Applicazione nella presente causa

68.      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il giudice del rinvio ha riconosciuto all’imputato il diritto di partecipare al procedimento mediante videoconferenza nonostante l’assenza di una disposizione di legge specifica nel diritto bulgaro che consenta una siffatta modalità di partecipazione nelle circostanze di una persona accusata di un reato grave (45). Infatti, la disposizione legislativa che consentiva tale modalità di partecipazione durante lo stato di emergenza a causa della pandemia di COVID-19 aveva cessato di applicarsi al momento dell’udienza nel procedimento principale.

69.      I dubbi del giudice del rinvio si concentrano, pertanto, sulla compatibilità della decisione adottata da tale giudice di consentire la partecipazione al procedimento mediante videoconferenza con l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 nonostante l’assenza di una base giuridica specifica.

70.      La risposta a tali dubbi emerge dall’analisi della sezione precedente. Nella misura in cui l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 non disciplina il ricorso alla videoconferenza nei procedimenti penali, esso non osta a una normativa nazionale, quale il diritto bulgaro, che prevede la presenza fisica obbligatoria per i reati qualificati come gravi e che non prevede la partecipazione online come regola procedurale generale. Allo stato attuale dell’evoluzione del diritto dell’Unione, spetta agli Stati membri decidere se e in quali casi prevedere la possibilità di una partecipazione a distanza ai processi penali (46).

71.      A fortiori, l’articolo 8, paragrafo 1 della direttiva 2016/343 non sancisce il diritto degli imputati o indagati di scegliere tra la presenza fisica o la presenza in videoconferenza.

72.      Inoltre, dalle informazioni di cui dispone la Corte non risulta che FP sia stato privato della reale possibilità di esercitare il suo diritto di presenziare al proprio processo a causa della mancanza di mezzi tecnici che consentissero una partecipazione a distanza (47).

73.      In assenza di armonizzazione a livello dell’Unione, come rilevato in sostanza dalla Commissione, non si può ritenere che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 disciplini la situazione di cui al procedimento principale, in cui un giudice penale decide di autorizzare l’uso della videoconferenza nonostante l’assenza di una normativa nazionale che consenta tale modalità di partecipazione. Il fatto che il giudice del rinvio adotti tutte le misure necessarie affinché la videoconferenza si svolga in modo tale da rispettare il diritto a un equo processo non incide in alcun modo sulla conclusione che precede, in quanto non vi è armonizzazione a livello dell’Unione né una base giuridica specifica. Pertanto, la legittimità di una decisione pertinente adottata dal giudice del rinvio deve essere esaminata alla luce del diritto nazionale.

74.      Dalle considerazioni che precedono consegue che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/343 deve essere interpretato nel senso che esso non disciplina l’uso della videoconferenza nei procedimenti penali, materia sulla quale spetta agli Stati membri decidere. Più in particolare, tale disposizione non disciplina il caso in cui un’autorità giudiziaria penale conceda a un imputato, tenuto a presenziare al processo in forza del diritto nazionale, la possibilità di partecipare al procedimento mediante videoconferenza, nonostante l’assenza di una disposizione espressa nel diritto nazionale che consenta una siffatta modalità di partecipazione.

V.      Conclusione

75.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) nei seguenti termini:

L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali

deve essere interpretato nel senso che esso non disciplina l’uso della videoconferenza nei procedimenti penali, materia sulla quale spetta agli Stati membri decidere. Più in particolare, tale disposizione non disciplina il caso in cui un’autorità giudiziaria penale conceda a un imputato, tenuto a presenziare al processo in forza del diritto nazionale, la possibilità di partecipare al procedimento mediante videoconferenza, nonostante l’assenza di una disposizione espressa nel diritto nazionale che consenta una siffatta modalità di partecipazione.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      V. Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’OSCE, The Functioning of Courts in the Covid-19 Pandemic: A Primer, 2 novembre 2020 (disponibile all’indirizzo https://www.osce.org/odihr/469170); Sanders, A., «Video-hearings in Europe before, during and after the Covid-19 Pandemic», International Journal for Court Administration, vol. 12, 2021, pagg. da 1 a 21.


3      V. Poulin, A.B., «Criminal Justice and Videoconferencing Technology: The Remote Defendant», Tulane Law Review, vol. 78, 2004, pag. 1089.


4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (GU 2016, L 65, pag. 1).


5      Sentenza del 30 gennaio 2024, Direktor na Glavna direktsia «Natsionalna politsia» pri MVR - Sofia (C-118/22, EU:C:2024:97, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


6      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il NPK prevede la possibilità di una partecipazione online in caso di prova fornita dall’imputato, di una misura di custodia cautelare, di un controllo giurisdizionale di tale detenzione o di un procedimento di assistenza giudiziaria internazionale in materia penale.


7      Sentenza dell’8 dicembre 2022, HYA e a. (Impossibilità di esaminare testimoni a carico) (C-348/21, EU:C:2022:965, punto 39).


8      Ibidem, punto 40.


9      Ibidem, punto 41, che richiama, in tal senso, Corte EDU, 18 ottobre 2006, Hermi c. Italia, CE:ECHR:2006:1018JUD001811402, § 58.


10      Corte EDU, 2 novembre 2010, Sakhnovskiy c. Russia, CE:ECHR:2010:1102JUD002127203, § 95.


11      V., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2022, HYA e a. (Impossibilità di esaminare testimoni a carico) (C-348/21, EU:C:2022:965, punto 42); Corte EDU, 5 ottobre 2006, Marcello Viola c. Italia, CE:ECHR:2006:1005JUD004510604, §§ 52 e 53; Corte EDU, 15 dicembre 2011, Al-Khawaja e Tahery c. Regno Unito, CE:ECHR:2011:1215JUD002676605, § 142.


12      Corte EDU, 5 ottobre 2006, Marcello Viola c. Italia, CE:ECHR:2006:1005JUD004510604, § 53


13      V., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2022, HYA e a. (Impossibilità di esaminare testimoni a carico) (C-348/21, EU:C:2022:965, punto 44).


14      V. «Key Theme – Article 6 (criminal limb), Hearings via video link», Cancelleria della Corte europea dei diritti dell’uomo (disponibile all’indirizzo https://ks.echr.coe.int/web/echr-ks/article-6-criminal).


15      Corte EDU, 5 ottobre 2006, CE:ECHR:2006:1005JUD004510604, § 65.


16      Ibidem, §§ da 49 a 62. V. paragrafi da 31 a 33 delle presenti conclusioni.


17      Ibidem, § 66, che menziona in particolare la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale e la Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea del 29 maggio 2000.


18      V., in tal senso, Corte EDU, 5 ottobre 2006, Marcello Viola c. Italia, CE:ECHR:2006:1005JUD004510604, § 67, e Corte EDU,  27 novembre 2007, Asciutto c. Italia, CE:ECHR:2007:1127JUD003579502, § 64.


19      Corte EDU, 5 ottobre 2006, Marcello Viola c. Italia, CE:ECHR:2006:1005JUD004510604, § 72.


20      Tali cause riguardano principalmente la Russia. V. Kamber, K., «The Right to a Fair Online Hearing», Human Rights Law Review, vol. 22, 2022, pagg. da 1 a 21, in particolare pag. 19.


21      Corte EDU, 2 novembre 2010, CE:ECHR:2010:1102JUD002127203.


22      Ibidem, § 98.


23      Inoltre, a quanto mi risulta, la Corte europea dei diritti dell’uomo non si è pronunciata specificamente su una domanda relativa all’utilizzo generalizzato della videoconferenza durante la pandemia, quale mezzo per garantire la continuità della giustizia durante l’imposizione dello stato di emergenza. Esiste una causa pendente, Stephan Kucera c. Austria, domanda n. 13810/22, che riguarda la decisione di un giudice austriaco di tenere un'udienza orale in una causa amministrativa penale tramite videoconferenza, sulla base di norme procedurali volte a prevenire la diffusione del COVID-19.


24      Corte EDU, 8 giugno 2021, CE:ECHR:2021:0608JUD006159116.


25      Nelle particolari circostanze del caso, «tenuto conto del fatto che il procedimento in questione si inseriva nell’ambito di un processo penale consistente e complesso nel quale erano coinvolti sette indagati che all’epoca risiedevano tutti in paesi diversi» e del «rifiuto reiterato e inequivocabile del ricorrente» di cooperare a qualsiasi udienza mediante videoconferenza, la Corte EDU ha ritenuto che la Corte d’appello dei Paesi Bassi «avesse il diritto di ignorare la richiesta formulata dal difensore del ricorrente nel suo intervento conclusivo diretta a prolungare nuovamente il procedimento affinché il ricorrente potesse partecipare mediante videoconferenza» (v. sentenza Dijkhuizen c. Paesi Bassi, §§ 56, 60 e 61).


26      CEPEJ, Guidelines on videoconferencing in judicial proceedings, documento adottato dalla CEPEJ nella sua 36a riunione plenaria, giugno 2021 (disponibile all’indirizzo https://edoc.coe.int/en/efficiency-of-justice/10706-guidelines-on-videoconferencing-in-judicial-proceedings.html).


27      V. articolo 24 della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1), e articolo 10 della convenzione stabilita dal Consiglio conformemente all’articolo 34 del trattato sull’Unione europea, relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea (GU 2000, C 197, pag. 3).


28      Regolamento (UE) 2023/2844 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2023, sulla digitalizzazione della cooperazione giudiziaria e dell’accesso alla giustizia in materia civile, commerciale e penale a livello transfrontaliero e che modifica taluni atti nel settore della cooperazione giudiziaria (GU L 2023/2844 del 27.12.2023).


29      Considerando 55 del regolamento 2023/2844.


30      Considerando 43 del regolamento 2023/2844.


31      V. considerando 44 e articolo 6 del regolamento 2023/2844. Conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, terzo comma, di tale regolamento, il consenso è espresso volontariamente e in modo inequivocabile. Esiste un’eccezione al requisito del consenso qualora, «[f]ermi restando il principio dell’equo processo e il diritto a un ricorso effettivo a norma del diritto processuale nazionale», la partecipazione a un’udienza in presenza «costituisca una grave minaccia per la sicurezza pubblica o la salute pubblica, che si dimostri reale e attuale o prevedibile».


32      V. considerando 21 e 22 del regolamento 2023/2844.


33      V. paragrafo 30 delle presenti conclusioni.


34      Sentenza del 15 settembre 2022, HN (Processo a un imputato lontano dal territorio) (C‑420/20, EU:C:2022:679, punto 32).


35      Ibidem, punto 40.


36      Ibidem, punto 41.


37      Sentenza del 19 settembre 2018, Milev (C-310/18 PPU, EU:C:2018:732, punto 46).


38      Sentenza del 13 febbraio 2020, Spetsializirana prokuratura (Udienza in assenza dell’imputato) (C-688/18, EU:C:2020:94, punto 30).


39      V., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2020, Spetsializirana prokuratura (Udienza in assenza dell’imputato) (C-688/18, EU:C:2020:94, punto 42).


40      V. paragrafo 49 delle presenti conclusioni. V., altresì, European Criminal Bar Association, Statement of Principles on the use of Video-conferencing in Criminal Cases in a Post-Covid19 World, 6 settembre 2020 (disponibile all’indirizzo https:// www.ecba.org/extdocserv/20200906_ECBAStatement_videolink.pdf). Sull’importanza del consenso, si può osservare che il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale, Francia), nella sua eminente decisione n. 2020-872 QPC del 15 gennaio 2021, Krzystof B. (disponibile all’indirizzo https://www.conseil-constitutionnel.fr/decision/2021/2020872QPC.htm), ha dichiarato incostituzionale un’ordinanza governativa adottata nel contesto della pandemia di COVID-19 che consentiva il ricorso all’uso della videoconferenza senza il consenso della persona interessata dinanzi a tutti gli organi giurisdizionali penali, ad eccezione di quelli competenti per i reati più gravi. Il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) ha sottolineato che il ricorso alla videoconferenza in un gran numero di casi è una mera facoltà per il tribunale, senza essere soggetto ad alcuna condizione legale. V., a tal riguardo, a titolo esemplificativo, Danet, A., «Visioconférence dans le procès pénal: “jeu du chat et de la souris”?» Gazette du Palais, N. 11, 2021, pagg. da 21 a 24.


41      Tale disposizione riflette essenzialmente la norma di cui all’articolo 82, paragrafo 2, TFUE, secondo cui l’adozione di norme minime relative ai diritti della persona nella procedura penale non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre un livello più elevato di tutela delle persone.


42      V., per analogia, sentenza del 1º agosto 2022, TL (Assenza di interprete e di traduzione) (C-242/22 PPU, EU:C:2022:611, punto 77).


43      V. paragrafo 48 supra.


44      V. punto 5 delle conclusioni del Consiglio «Accesso alla giustizia – Cogliere le opportunità della digitalizzazione», GU 2020, C 342I, pag. 1, in cui si ribadisce che «lo sviluppo digitale del settore della giustizia dovrebbe essere antropocentrico e deve costantemente ispirarsi e attagliarsi ai principi fondamentali dei sistemi giudiziari, vale a dire l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici, la garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva e il diritto di una persona a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole». Altrove in sedi accademiche, ho sostenuto che la digitalizzazione non è un obiettivo a sé stante, ma rientra nell’ambito di un approccio «antropocentrico» della giustizia volto a promuovere il diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva. Un esempio al riguardo potrebbe essere la situazione di un imputato che non può essere fisicamente presente in aula a causa del suo stato di salute o della sua età: Medina, L., «People-centred Justice and the European Court of  Justice», Lex & Forum, vol. 1, 2023, pagg. da 5 a 10, in particolare pag. 7. V., altresì, Peristeridou, C., e de Vocht, D., «I’m Not a Cat! Remote Criminal Justice and a Human-Centred Approach to the Legitimacy of the Trial», Maastricht journal of European and comparative law, vol. 30, 2023, pagg. da 97 a 106. 


45      V. paragrafo 25 delle presenti conclusioni.


46      A tale riguardo, esiste una serie di approcci che riflettono le differenze tra le tradizioni e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. V., a titolo esemplificativo, Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’OSCE, The Functioning of Courts in the Covid-19 Pandemic: A Primer, op. cit., nota 2; Carrera, S., Mitsilegas, V., e Stefan, M., Criminal Justice, Fundamental Rights and the Rule of Law in the Digital Age – Report of CEPS and QMUL Task Force, CEPS, Queen Mary University of London, Bruxelles, maggio 2021, pagg. da 36 a 45. La letteratura accademica affronta anche il rischio di «disumanizzazione» della giustizia o di «de-solennizzazione del processo giudiziario»: v. Kamber, K., «The Right to a Fair Online Hearing», Human Rights Law Review, vol. 22, 2022, pagg. da 1 a 21; Leborne, J., «La vidéojustice: la justice pénale à l’ère de la vidéo», Cahiers Droit, Sciences & Technologies, 2021, pagg. da 93 a 109; Funck, J.F., «La vidéoconférence en matière pénale: approche critique, pratique et prospective» Journal des Tribunaux, 2021, pagg. da 257 a 264, in particolare pag. 264, che riflette sul futuro della giustizia penale dopo la pandemia e osserva: «dans un monde d’après, qu’il nous appartient de rendre meilleur, veillons à l’humanité de la justice» («nel mondo successivo [alla pandemia], che dobbiamo rendere un posto migliore, è necessario assicurare l’umanità della giustizia»).


47      FP non ha sostenuto, ad esempio, di essere stato trattenuto nel Regno Unito senza essere autorizzato a recarsi in Bulgaria o che il suo stato di salute o la sua età gli vietavano di recarsi in Bulgaria.