Language of document : ECLI:EU:T:2003:326

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

3 dicembre 2003 (1)

«Concorrenza - Distribuzione di autoveicoli - Art. 81, n. 1, CE - Accordo sui prezzi - Nozione di accordo - Prova dell'esistenza di un accordo»

Nella causa T-208/01,

Volkswagen AG, con sede in Wolfsburg (Germania), rappresentata dall'avv. R. Bechtold,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. W. Mölls, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso diretto, in via principale, all'annullamento della decisione della Commissione 29 giugno 2001, 2001/711/CE, in un procedimento a norma dell'art. 81 del Trattato CE (Caso COMP/F-2/36.693 - Volkswagen) (GU L 262, pag. 14) e, in subordine, alla riduzione dell'ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dalla sig.ra V. Tiili, presidente, dai sigg. P. Mengozzi e M. Vilaras, giudici,

cancelliere: sig.ra D. Christensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 18 giugno 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

     Fatti all'origine della controversia

1.
    La Volkswagen AG (in prosieguo: la «Volkswagen» o la «ricorrente») è la società capogruppo, nonché la maggiore impresa, del gruppo Volkswagen, attivo nel settore della produzione di automobili. Gli autoveicoli prodotti dalla ricorrente vengono venduti nella Comunità tramite concessionari, con i quali la ricorrente ha stipulato un contratto di concessione, nell'ambito di un sistema di distribuzione selettivo ed esclusivo.

2.
    A norma dell'art. 4, n. 1, del contratto di concessione, nelle versioni del settembre 1995 e del gennaio 1998, la Volkswagen assegna ai concessionari una zona contrattuale per il programma di vendita e per il servizio clienti. Il concessionario assume come contropartita l'impegno di promuovere in maniera intensiva la vendita e il servizio clienti nella zona di propria competenza e di sfruttare in maniera ottimale il potenziale del mercato. Ai sensi dell'art. 2, n. 6 (versione del gennaio 1989) o n. 1 (versioni del settembre 1995 e del gennaio 1998) del contratto di concessione, il concessionario s'impegna a «rappresentare e a promuovere in ogni modo gli interessi della Volkswagen, dell'organizzazione distributiva Volkswagen e del marchio Volkswagen». E' inoltre pattuito che «[i]n questo contesto il concessionario rispetta tutte le esigenze volte al raggiungimento dello scopo contrattuale per quanto riguarda la distribuzione di automobili Volkswagen nuove, il rifornimento di pezzi di ricambio, il servizio clientela, la promozione delle vendite, la pubblicità e la formazione, nonché la garanzia del livello di prestazioni per i vari settori di attività Volkswagen». Infine, a norma dell'art. 8, n. 1, del contratto di concessione «[la Volkswagen] dà indicazioni non vincolanti per quanto riguarda i prezzi per i consumatori finali e gli sconti».

3.
    Il 17 luglio 1997 e l'8 ottobre 1998, in seguito ad un reclamo presentato da un acquirente, la Commissione ha inviato alla ricorrente, in applicazione dell'art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, Primo regolamento d'applicazione degli artt. [81] e [82] del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204), alcune richieste di informazioni sulla sua politica dei prezzi e, in particolare, sulla fissazione del prezzo di rivendita del modello Volkswagen Passat in Germania. La ricorrente ha risposto a tali richieste, rispettivamente, il 22 agosto 1997 ed il 9 novembre 1998.

4.
    Il 22 giugno 1999, sulla base delle informazioni trasmesse, la Commissione ha inviato alla ricorrente una comunicazione di addebiti nella quale le contestava di aver violato l'art. 81, n. 1, CE, per aver concordato con i concessionari tedeschi della propria rete di distribuzione una disciplina dei prezzi rigida per le vendite dei modelli di Volkswagen Passat.

5.
    La Commissione vi ha citato, in particolare, tre lettere circolari inviate dalla ricorrente ai suoi concessionari tedeschi il 26 settembre 1996, il 17 aprile ed il 26 giugno 1997, e cinque lettere indirizzate ad alcuni di loro il 24 settembre, il 2 ed il 16 ottobre 1996, il 18 aprile 1997 ed il 13 ottobre 1998 (in prosieguo, considerate insieme, gli «inviti controversi»).

6.
    Con lettera 10 settembre 1999, la ricorrente ha risposto a tale comunicazione di addebiti indicando che i fatti che vi erano descritti erano sostanzialmente esatti. La ricorrente non ha chiesto di essere sentita.

7.
    Il 15 gennaio ed il 7 febbraio 2001, la Commissione ha inviato alla ricorrente due nuove richieste di informazioni, alle quali quest'ultima ha replicato, rispettivamente, il 30 gennaio ed il 21 febbraio 2001.

8.
    Il 6 luglio 2001, la Commissione ha notificato alla ricorrente la sua decisione 29 giugno 2001, 2001/711/CE, in un procedimento a norma dell'art. 81 del Trattato CE (Caso COMP/F-2/36.693 - Volkswagen) (GU L 162, pag. 14; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

9.
    La decisione impugnata dispone quanto segue:

                    «Articolo 1

[La] Volkswagen (...) ha commesso un'infrazione alle disposizioni dell'articolo 81, paragrafo 1, del Trattato CE, in quanto ha fissato i prezzi di rivendita del modello [Volkswagen] Passat ordinando ai suoi concessionari tedeschi di non concedere sconti ai clienti, o di concedere solo sconti limitati, sulle vendite di tale modello.

                    Articolo 2

Per l'infrazione di cui all'articolo 1 [alla Volkswagen] (...) è inflitta un'ammenda di EUR 30,96 milioni.

(...)

                    Articolo 4

Destinataria della presente decisione è [la] Volkswagen (...), D-38436 Wolfsburg (...)».

Procedimento

10.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 settembre 2001, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

11.
    Il 25 febbraio 2002, vale a dire quattro giorni dopo la scadenza del termine a tal fine fissato, la Commissione ha depositato presso la cancelleria del Tribunale la sua controreplica, senza avere preventivamente richiesto e ottenuto il rinvio del detto termine né indicato circostanze tali da giustificare l'inosservanza di tale termine. Pertanto, il Tribunale ha respinto tale memoria in quanto tardiva.

12.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di dare inizio alla fase orale.

13.
    Le parti hanno svolto le loro difese ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale all'udienza del 18 giugno 2003.

Conclusioni delle parti

14.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata;

-    in subordine, ridurre l'importo dell'ammenda irrogata all'art. 2 della decisione impugnata;

-     condannare la Commissione alle spese.

15.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

16.
    In via principale, la ricorrente fa valere che la decisione impugnata deve essere annullata in quanto la ricorrente non ha commesso alcuna infrazione dell'art. 81, n. 1, CE. Da una parte, non ci sarebbe stato alcun accordo ai sensi di tale disposizione tra lei e le sue concessionarie tedesche. Dall'altra, anche se si ritenesse che gli inviti controversi abbiano formato oggetto di un accordo, essi non sarebbero stati idonei a pregiudicare, tanto meno in modo rilevante, il commercio tra Stati membri, così che l'art. 81, n. 1, CE non risulterebbe applicabile. In subordine, la ricorrente chiede la riduzione dell'importo dell'ammenda inflitta con la decisione impugnata.

17.
    Occorre innanzi tutto esaminare la domanda principale diretta all'annullamento della decisione impugnata e, in tale contesto, il motivo della ricorrente secondo cui gli inviti controversi non avrebbero formato oggetto di alcun accordo tra lei e le sue concessionarie tedesche ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE.

Argomenti delle parti

18.
    La ricorrente osserva, innanzi tutto, che, in virtù di una giurisprudenza consolidata, il concorso di volontà tra le imprese costituisce l'elemento essenziale della nozione di accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE. Per tale ragione, misure unilaterali adottate senza l'accordo del loro destinatario non rientrerebbero in tale disposizione. Esse sarebbero vietate solo in via eccezionale, quando hanno solamente l'apparenza dell'unilateralità e il loro destinatario le accetta in modo tacito. Ciò varrebbe anche nell'ambito del sistema di distribuzione selettiva (sentenze della Corte 12 luglio 1979, cause riunite 32/78 e 36/78-82/78, BMW Belgium/Commissione, Racc. pag. 2435; in prosieguo: la «sentenza BMW Belgium»; 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151; in prosieguo: la «sentenza AEG»; 11 gennaio 1990, causa C-277/87, Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, Racc. pag. I-45; in prosieguo: la «sentenza Sandoz», e 8 febbraio 1990, causa C-279/87, Tipp-Ex/Commissione, Racc. pag. I-261; sentenza del Tribunale 26 ottobre 2000, causa T-41/96, Bayer/Commissione, Racc. pag. II-3383, punti 71 e segg, 162, 167, 169 e 170; in prosieguo: la «sentenza Bayer»).

19.
    La Commissione sosterrebbe quindi erroneamente, al ‘considerando’ 62 della decisione impugnata, che inviti unilaterali rivolti da un concedente costituiscono un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE se «mira[]no a condizionare» il concessionario (...) nell'esecuzione del suo contratto e, su tale base, concluderebbe a torto che nella fattispecie sussiste un siffatto accordo. In tal modo, la Commissione cercherebbe di imporre una nuova concezione giuridica che non solo amplierebbe la nozione di accordo, ma modificherebbe anche, a suo favore, le norme sull'onere della prova. Secondo tale approccio, già un tentativo di influenzare sarebbe idoneo a violare l'art. 81, n. 1, CE. In realtà, né la sentenza del Tribunale 6 luglio 2000, causa T-62/98, Volkswagen/Commissione (Racc. pag. II-2707; in prosieguo: la «sentenza Volkswagen»), sulla quale si fonderebbe la Commissione, né le sentenze della Corte 17 settembre 1985, cause riunite 25/84 e 26/84, Ford/Commissione (Racc. pag. 2725; in prosieguo: la «sentenza Ford») e 24 ottobre 1995, causa C-70/93, Bayerische Motorwerke/ALD (Racc. pag. I-3439; in prosieguo: la «sentenza BMW»), alle quali la sentenza Volkswagen si riferirebbe, rimetterebbero in questione la giurisprudenza secondo cui tutto dipenderebbe dall'esistenza del consenso, esplicito o tacito.

20.
    In seguito, la ricorrente rileva che, sempre secondo costante giurisprudenza, comportamenti apparentemente unilaterali possono rientrare nell'art. 81, n. 1, CE solo quando essi «si inseriscono» in rapporti contrattuali, vale a dire quando essi sono compatibili con i rapporti contrattuali esistenti in virtù della concorde interpretazione dei contraenti. Solo in questo caso potrebbe realizzarsi la «concretizzazione» dei vincoli contrattuali affermata dalla Commissione. Non sarebbe pertanto sufficiente che gli inviti provenienti da un concedente «rientrassero» in un vincolo contrattuale preesistente, né che il concedente si riferisse, in tali inviti, ad un contratto di concessione.

21.
    La ricorrente afferma che un concessionario che entra a far parte di una rete di distribuzione può dare la propria approvazione ad una politica di distribuzione solo se essa è già stata stabilita. Modifiche successive di tale politica potrebbero aversi solo se il contratto prevedesse una riserva in questo senso, e unicamente entro tale limite. In mancanza, il contratto dovrebbe essere modificato da entrambi i contraenti. Ora, gli inviti controversi - che, del resto, in parte provengono solo dal direttore delle vendite della ricorrente e sono redatti sulla sua carta intestata - non solo sarebbero oggettivamente incompatibili con il contratto di concessione e, in particolare, con il suo art. 8, n. 1, che prevederebbe solo prezzi consigliati, ma sarebbero stati anche percepiti come tali dai concessionari, come emergerebbe soprattutto dalle reazioni dei concessionari Binder e Rütz. Le affermazioni della Commissione, secondo cui tale disposizione del contratto non garantirebbe che la ricorrente si asterrà dal fornire indicazioni di prezzo vincolanti nell'ambito dell'art. 2, n. 1, del detto contratto, o secondo cui non si potrebbe dedurre dal fatto che un comportamento è in contrasto con l'art. 81, n. 1, CE, che esso si situa al di fuori di una riserva contrattuale generale, sarebbero incompatibili con i metodi per l'interpretazione dei contratti. Per le stesse ragioni, la Commissione non potrebbe suggerire che il contratto di concessione conteneva una riserva implicita che consentiva la fissazione dei prezzi. Inoltre, il fatto che alcuni degli inviti controversi sarebbero stati accompagnati da minacce di risoluzione del contratto di concessione non significherebbe per nulla che tale contratto costituiva il fondamento oggettivo di tali inviti.

22.
    Secondo la ricorrente, quindi, la Commissione ha errato nell'affermare che la questione se i concessionari avessero effettivamente modificato la fissazione dei prezzi in seguito agli inviti controversi poteva restare in sospeso e che non erano necessari accertamenti più approfonditi al riguardo. Infatti, l'esistenza di un accordo potrebbe essere riconosciuta solo se i concessionari avessero accolto gli inviti controversi e - almeno come prova di tale consenso - avessero anche modificato il loro comportamento in materia di prezzi.

23.
    Infine, quanto al comportamento tenuto dai concessionari in seguito agli inviti controversi, la ricorrente, pur non essendo in grado di dimostrare da sé che questi ultimi non hanno influenzato tale comportamento dei concessionari in materia di prezzi, afferma che, comunque, dai dati citati dalla Commissione nella decisione impugnata non emergono significativi cambiamenti di tale comportamento bensì, al contrario, un aumento degli sconti. La ricorrente propone di citare un testimone al riguardo e menziona dati dai quali emergerebbe che gli sconti concessi dai concessionari sono aumentati.

24.
    La Commissione sostiene, da parte sua, che gli inviti controversi sono divenuti parte integrante del contratto di concessione e, pertanto, rappresentano accordi ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE.

25.
    In via principale la Commissione afferma, innanzi tutto, che, secondo le sentenze AEG, Ford, BMW e Volkswagen, non è necessario, almeno nel caso di sistemi di distribuzione selettiva come quello della fattispecie, cercare l'assenso ad un invito del concedente nel comportamento che il concessionario adotta rispetto a tale invito (ad esempio dopo averlo ricevuto). Tale assenso dovrebbe essere considerato acquisito per principio, per il semplice fatto che il concessionario è entrato a far parte della rete di distribuzione. Esso sarebbe quindi considerato come preventivamente dato dal concessionario. Secondo la Commissione, tale giurisprudenza, che è alla base della decisione impugnata, non è rimessa in discussione dalle sentenze citate dalla ricorrente, piuttosto appare il contrario.

26.
    La Commissione afferma poi che non è necessario che un contratto di distribuzione contenga un'esplicita clausola di riserva affinché un invito inviato dal concedente divenga parte di tale contratto. La questione determinante sarebbe l'obiettivo cui mira tale invito, che è quello di influenzare i concessionari nell'esecuzione del detto contratto. Pertanto, la politica illegittima di un concedente, adottata nel contesto di un contratto di distribuzione legittimo, potrebbe divenire parte integrante di tale contratto senza che esso debba contenere esplicite riserve in tal senso. Si dovrebbe infatti presumere che, aderendo al sistema di distribuzione, il concessionario approvi anticipatamente la politica di distribuzione del concedente, politica che, ovviamente, non è prevedibile nei minimi dettagli al momento dell'adesione del concessionario. Tali principi varrebbero anche per la politica del concedente in materia di prezzi di rivendita. Le sentenze AEG e Ford confermerebbero questa tesi.

27.
    In subordine, e qualora si optasse per la necessità di una clausola di riserva esplicita, secondo la Commissione l'art. 2, n. 1 o 6 del contratto di concessione andrebbe considerato alla stregua di siffatta clausola. Gli argomenti della ricorrente, vertenti sulla portata dell'art. 8, n. 1, del contratto di concessione, sulla mancanza, in tale contratto, di clausole che prevedano sanzioni in caso d'inosservanza delle indicazioni del costruttore e sul fatto che l'art. 2, n. 1 o 6, del detto contratto sarebbe menzionato solo in alcuni degli inviti controversi, non rimetterebbero in questione tale valutazione.

28.
    Infine, quanto al comportamento effettivamente tenuto dalle parti in seguito agli inviti controversi, nel suo controricorso la Commissione ritiene che da tale comportamento emerga come esse considerassero gli inviti controversi come facenti parte del contratto di concessione. Gli argomenti della ricorrente, relativi all'interpretazione delle reazioni dei concessionari Binder e Rütz agli inviti controversi e al fatto che taluni degli inviti controversi provenissero da un direttore delle vendite della ricorrente che li avrebbe redatti sulla sua carta da lettera personale, non rimetterebbero in discussione tale valutazione.

29.
    La Commissione ricorda tuttavia che l'accordo sanzionato nella decisione impugnata si fonda solamente sugli inviti controversi, in quanto l'approvazione dei concessionari era già stata data preventivamente, mediante la loro adesione al sistema di distribuzione. Pertanto, poco importerebbe che i concessionari abbiano anche nuovamente approvato gli inviti controversi, a posteriori, con il loro effettivo comportamento riguardo ai prezzi. Tale questione potrebbe essere lasciata in sospeso (‘considerando’ 68 della decisione impugnata). Tutte le considerazioni della ricorrente in proposito sarebbero pertanto prive di rilevanza.

Giudizio del Tribunale

30.
    Secondo una giurisprudenza consolidata, perché esista un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (v., in tal senso, sentenze della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 112, e 29 ottobre 1980, cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 86; sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 256, e sentenza Bayer, citata, punto 67).

31.
    Per quanto riguarda la manifestazione formale di tale comune volontà, è sufficiente che una pattuizione sia espressione della volontà delle parti di comportarsi nel mercato in conformità alla stessa (v., in questo senso, le citate sentenze ACF Chemiefarma/Commissione, punto 112; Van Landewyck e a./Commissione, punto 86, Bayer, punto 68).

32.
    Ne consegue che, nell'interpretazione giurisprudenziale, la nozione di accordo, di cui all'art. 81, n. 1, CE, si struttura sull'esistenza, tra almeno due parti, di una comune volontà, il cui modo di manifestarsi non è rilevante purché sia fedele espressione della volontà delle parti stesse (sentenza Bayer, punto 69).

33.
    Secondo la giurisprudenza, inoltre, allorché una decisione del produttore si sostanzia in un comportamento unilaterale dell'impresa, tale decisione esula dal divieto di cui all'art. 81, n. 1, CE (v., in tal senso, sentenza AEG, punto 38; sentenza Ford, punto 21; sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punto 56, e sentenza Bayer, punto 66).

34.
    In determinate circostanze si è dichiarato che misure adottate o imposte in modo apparentemente unilaterale dal produttore nell'ambito di rapporti commerciali continuativi intercorrenti con i suoi distributori costituivano un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE (sentenza BMW Belgium, punti 28-30; sentenza AEG, punto 38; sentenza Ford, punto 21; sentenza Sandoz, punti 7-12; sentenza BMW, punti 16 e 17, e sentenza Bayer, punto 70).

35.
    Si desume da tale giurisprudenza che occorre distinguere le ipotesi in cui un'impresa ha adottato una misura effettivamente unilaterale e quindi senza la partecipazione espressa o tacita di un'altra impresa da quella in cui il carattere unilaterale è solo apparente. Se le prime non rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 81, n. 1, CE, le seconde vanno considerate come sintomatiche di un accordo tra imprese e possono perciò rientrare nell'ambito di applicazione del detto articolo. E' il caso, in particolare, delle pratiche e delle misure restrittive della concorrenza che, adottate in apparenza in modo unilaterale dal produttore nell'ambito delle sue relazioni contrattuali con i propri rivenditori, sono tuttavia accettate, almeno tacitamente, da questi ultimi (sentenza Bayer, punto 71).

36.
    Orbene, da questa giurisprudenza si desume anche che la Commissione non può ritenere che un comportamento apparentemente unilaterale del produttore, adottato nell'ambito delle relazioni contrattuali intrattenute con i suoi rivenditori, possa in realtà essere fonte di un accordo tra imprese ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE, se non si dimostra che le altre parti hanno assentito, espressamente o tacitamente, al comportamento adottato dal produttore (v., in tal senso, sentenza BMW Belgium, punti 28-30; sentenza AEG, punto 38; sentenza Ford, punto 21; sentenza Sandoz, punti 7-12, e sentenza Bayer, punto 72).

37.
    E' alla luce di tale giurisprudenza che occorre valutare se la Commissione, nella decisione impugnata, ha fornito la prova di un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE tra la ricorrente e i suoi concessionari relativamente agli inviti controversi.

38.
    Al riguardo occorre innanzi tutto constatare che non è dimostrato che gli inviti controversi siano stati concretamente applicati. La Commissione lo ammette, in particolare, al ‘considerando’ 74 della decisione impugnata, nei seguenti termini:

«Date le circostanze del caso di specie non è sostanzialmente possibile verificare il comportamento esatto dei concessionari (...)».

39.
    Il Tribunale constata poi che, come risulta in sostanza dal ‘considerando’ 60 della decisione impugnata, l'argomento esposto dalla Commissione, in via principale, per affermare l'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE, è che la politica di distribuzione controversa della ricorrente è stata tacitamente accettata dai concessionari al momento della firma del contratto di concessione. Pertanto, secondo la Commissione «non è necessario accertare se e in quale misura i concessionari tedeschi Volkswagen abbiano effettivamente modificato la propria fissazione dei prezzi in base alle lettere circolari e agli avvertimenti» (‘considerando’ 68 della decisione impugnata).

40.
    La Commissione ribadisce la sua posizione al punto 8 del suo controricorso, secondo il quale «non è necessario, almeno nel caso di sistemi di distribuzione selettiva come quello della fattispecie, cercare l'assenso ad un invito del produttore nel comportamento che il concessionario adotta rispetto a tale invito (ad esempio dopo averlo ricevuto)». A parere della Commissione «[t]ale assenso dovrebbe essere considerato acquisito per principio, per il semplice fatto che il concessionario è entrato a far parte della rete di distribuzione del costruttore» ed «[e]sso è quindi considerato come dato preventivamente». Poco importerebbe, prosegue in sostanza la Commissione, che il contratto contenga o meno una esplicita clausola di riserva che potesse far prevedere un invito come quelli controversi. In mancanza di siffatta clausola, un tale invito potrebbe comunque divenire parte integrante del contratto, «inserirsi» nel contratto. Il punto determinante sarebbe l'obiettivo cui mira tale invito, che è quello di influenzare i concessionari nell'esecuzione del detto contratto (punti 11 e 12 del controricorso).

41.
    Lo stesso concetto viene espresso al ‘considerando’ 62 della decisione impugnata, in cui la Commissione, citando la sentenza Volkswagen (punto 236) dichiara che «gli inviti rivolti da un produttore di autoveicoli ai suoi concessionari costitui[scono] già un accordo se (...) “mira[]no a condizionare i concessionari (...) nell'esecuzione del loro contratto con (il produttore o l'importatore)”».

42.
    Il Tribunale constata infine che la Commissione non ha per nulla dimostrato che il contratto di concessione, in particolare l'art. 2, n. 1 o 6, e l'art. 8, n. 1, sarebbe in contrasto con la normativa in materia di concorrenza.

43.
    Dalle considerazioni che precedono risulta che la tesi della Commissione, chiaramente ribadita al punto 15 del controricorso, consiste nel sostenere che un concessionario che ha sottoscritto un contratto di concessione conforme alla normativa in materia di concorrenza, dal momento della sottoscrizione accetta anticipatamente la successiva illegittima evoluzione di tale contratto anche se, proprio per la sua conformità alla normativa in materia di concorrenza, il detto contratto non consentiva al concessionario di prevedere una siffatta evoluzione.

44.
    Questa tesi della Commissione, che è il fondamento principale della decisione impugnata e in forza della quale la Commissione considera non pertinente la questione se i concessionari della ricorrente abbiano effettivamente acconsentito agli inviti controversi quando ne sono venuti a conoscenza, cioè dopo che tali inviti sono stati loro comunicati, non può essere condivisa.

45.
    Infatti, è sicuramente concepibile che un'evoluzione del contratto possa essere ritenuta anticipatamente accettata al momento e mediante la sottoscrizione di un contratto di concessione legittimo, qualora si tratti di un'evoluzione legittima del contratto che o è prevista dal contratto o è un'evoluzione che il concessionario, alla luce degli usi commerciali o della normativa, non può rifiutare. Per contro, non si può ammettere che un'evoluzione contrattuale illegittima possa essere considerata anticipatamente accettata al momento e mediante la sottoscrizione di un contratto di distribuzione legittimo. In questo caso, infatti, il consenso all'evoluzione contrattuale illegittima può essere concesso solo dopo che il concessionario è venuto a conoscenza dell'evoluzione voluta dal concedente.

46.
    Pertanto, la Commissione sostiene a torto che, nella causa in esame, la sottoscrizione del contratto di concessione da parte dei concessionari della ricorrente abbia comportato l'accettazione da parte loro degli inviti controversi. Tale pretesa è contraria all'art. 81, n. 1, CE come interpretato dalla giurisprudenza citata sopra, ai punti 30-36, che richiede che sia prodotta la prova di un concorso di volontà.

47.
    Il Tribunale considera che la Commissione interpreta erroneamente la giurisprudenza che essa invoca a sostegno della sua tesi quando sostiene che, secondo le sentenze AEG, Ford, BMW e Volkswagen, non è necessario, almeno nel caso di sistemi di distribuzione selettiva come quello della fattispecie, cercare l'assenso ad un invito del concedente nel comportamento che il concessionario adotta rispetto a tale invito (ad esempio dopo averlo ricevuto) e che tale assenso dovrebbe essere considerato acquisito per principio per il semplice fatto che il concessionario è entrato a far parte della rete di distribuzione.

48.
    Contrariamente a quanto afferma la Commissione, infatti, la Corte, nella sentenza AEG riconosce espressamente l'assenso dei distributori ai comportamenti anticoncorrenziali dell'AEG quando dichiara che «in caso d'ammissione al sistema di un rivenditore, l'autorizzazione si basa (...) sull'accettazione, espressa o tacita, da parte dei contraenti, della politica perseguita dalla AEG con l'esigere, fra l'altro, l'esclusione dalla rete distributiva di rivenditori che, pur avendo i requisiti per esservi ammessi, non siano disposti ad aderire a tale politica» (punto 38 della sentenza).

49.
    In altre parole, la Corte, nella sentenza AEG, non ha sostenuto che l'assenso dei distributori alla politica anticoncorrenziale dell'AEG costituiva un assenso dato anticipatamente, al momento della sottoscrizione del contratto, a una politica del produttore ancora ignota.

50.
    Occorre inoltre rilevare che l'assunto, contenuto al punto 38 della sentenza AEG, secondo il quale il comportamento dell'AEG non è unilaterale ma «rientra invece nei rapporti contrattuali esistenti fra l'impresa ed i rivenditori» non costituisce un'affermazione perentoria, ma si fonda sul precedente accertamento, da parte della Corte, dell'assenso dato dai distributori a tale comportamento, comportamento diretto, per ipotesi, ad incidere sui detti rapporti contrattuali.

51.
    Nella sentenza Ford, la controversia non verteva sulla questione se i concessionari avessero acconsentito o meno alla lettera circolare a carattere anticoncorrenziale che la Ford aveva loro inviato. Era infatti pacifico che la lettera circolare era stata concretamente applicata da parte della Ford e che i concessionari, malgrado le proteste, vi si erano conformati. La controversia verteva sulla questione se tale lettera circolare, applicata dalle parti, potesse o meno essere ricollegata al contratto di concessione della Ford, per l'esame di tale contratto alla luce dell'art. 81, n. 1, CE e ai fini di un'eventuale esenzione ai sensi dell'art. 81, n. 3, CE. E' in tale contesto che la Corte, dopo aver considerato che la lettera circolare controversa era connessa al contratto di concessione (allegato I del detto contratto), ha potuto dichiarare che la Commissione ne poteva tener conto, nell'esaminare il detto contratto ai fini dell'eventuale esenzione a norma dell'art. 81, n. 3, CE (sentenza Ford, punti 20, 21 e 26).

52.
    Quanto alla sentenza BMW, pronunciata in seguito a rinvio pregiudiziale, il Tribunale afferma che essa non è direttamente rilevante nel caso di specie. In quella causa, infatti, la questione sottoposta non era tanto quella se fosse stato effettivamente concluso un accordo tra la BMW e i suoi concessionari sul contenuto della circolare inviata dalla BMW ai detti concessionari, quanto piuttosto se un siffatto invito, se accettato e quindi costitutivo di un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE, rientrasse o meno nel relativo regolamento di esenzione, vale a dire il regolamento (CEE) della Commissione 12 dicembre 1984, n. 123/85 relativo all'applicazione dell'art. [81], paragrafo 3, del Trattato CEE a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli e il servizio di assistenza alla clientela (GU 1985, L 15, pag. 16).

53.
    Quanto alla causa che ha dato origine alla sentenza Volkswagen, emerge chiaramente sia dalla decisione della Commissione che dalla sentenza pronunciata dal Tribunale in tale causa (v. punto 236 della sentenza Volkswagen, letta in combinato disposto con i punti cui essa fa rinvio) e confermata dalla Corte con la sentenza 18 settembre 2003, causa C-338/00 P, Volkswagen/Commissione (Racc. pag. I-9189), che le iniziative del produttore avevano effettivamente sortito un effetto, in quanto i concessionari italiani vi si erano conformati e avevano quindi rifiutato di vendere ai loro clienti stranieri. L'accettazione delle iniziative anticoncorrenziali della Volkswagen da parte dei suoi concessionari, in tale causa, era quindi pacifica.

54.
    Pertanto, la soluzione accolta nella sentenza Volkswagen, consistente nel respingere il motivo diretto all'annullamento della decisione della Commissione tratto dal carattere asseritamente unilaterale delle iniziative della Volkswagen, era fondata sull'esistenza di un consenso risultante dalla concreta attuazione delle iniziative del produttore.

55.
    Da tale disamina delle sentenze AEG, Ford, BMW e Volkswagen emerge che la Commissione le ha fatte valere a torto a sostegno della sua tesi secondo cui la sottoscrizione del contratto di distribuzione implica, per principio ed inderogabilmente, la tacita accettazione degli eventuali sviluppi illegittimi di tale contratto.

56.
    Occorre inoltre rilevare che la tesi perorata dalla Commissione nella causa in esame è palesemente invalidata dalle sentenze Sandoz, BMW Belgium, Bayer e dalla citata sentenza Tipp-Ex/Commissione, menzionate dalla ricorrente. Tutte queste sentenze confermano infatti la necessità, affinché possa essere dichiarata l'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE, di produrre la prova del concorso di volontà. Per di più, conformemente alla giurisprudenza citata sopra, ai punti 30 e 31, un siffatto concorso di volontà deve vertere su un comportamento determinato, il quale pertanto deve essere noto alle parti quando lo accettano.

57.
    Peraltro, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, dalla giurisprudenza non risulta che l'elemento determinante affinché un invito entri a far parte di un contratto sia che tale invito miri ad influenzare il concessionario nell'esecuzione del detto contratto. Se così fosse, l'invio da parte del concedente di un invito ai suoi concessionari determinerebbe sistematicamente la constatazione di un accordo, dato che, per definizione, siffatto invito è diretto ad influenzare i concessionari nell'esecuzione del loro contratto.

58.
    Per contro, è vero che un invito si inserisce in un contratto preesisente, cioè diviene parte integrante del detto contratto, quando tale invito è diretto ad influenzare i concessionari nell'esecuzione del contratto, ma soprattutto quando tale invito, in un modo o nell'altro, viene effettivamente accettato dai concessionari.

59.
    Nel caso di specie, la Commissione si è limitata a rilevare, come era del resto evidente, che gli inviti controversi erano diretti ad influenzare i concessionari nell'esecuzione del loro contratto. Essa non ha ritenuto rilevante fornire la prova dell'effettivo assenso dei concessionari a tali inviti quando ne erano venuti a conoscenza, ma ha erroneamente giudicato che la sottoscrizione del contratto, legittimo, implicasse un'anticipata e tacita accettazione dei detti inviti. Pertanto, occorre dichiarare che la Commissione non ha fornito la prova dell'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE.

60.
    Occorre, a tale riguardo, constatare che i ‘considerando’ 66 e 67 della decisione impugnata, relativi all'esame dei comportamenti, degli scritti e delle dichiarazioni delle parti, non sono per nulla diretti a dimostrare che i concessionari hanno acconsentito agli inviti controversi quando ne sono venuti a conoscenza. Con questi considerando, la Commissione vuole solamente dare fondamento alla sua interpretazione del contratto, espressa ai ‘considerando’ 63-65 della decisione impugnata e che costituisce l'argomento dedotto in subordine dalla Commissione sopra esposto, secondo cui un rapporto organico, rappresentato dall'art. 2, n. 1 o 6, del contratto di concessione, unisce in ogni caso gli inviti controversi al detto contratto. Va intesa in questo senso anche l'affermazione della Commissione, riportata al punto 29 del suo controricorso, secondo la quale i concessionari consideravano gli inviti controversi come «facenti parte» del contratto.

61.
    In subordine, la Commissione afferma che quand'anche si ritenesse necessaria una clausola di riserva nel contratto di concessione per poter dichiarare l'inserimento degli inviti controversi in tale contratto, l'art. 2, n. 1 o 6 del detto contratto dovrebbe essere considerato alla stregua di tale clausola. La Commissione precisa che l'art. 8, n. 1, dello stesso contratto non sarebbe volto a limitare l'art. 2, n. 1 o 6, impedendo che esso si applichi ad inviti vincolanti relativi al prezzo di vendita.

62.
    Tale argomento dedotto in subordine non può essere accolto.

63.
    Infatti, l'art. 2, n. 1 o 6, del contratto di concessione, a norma del quale il concessionario si impegna «a promuovere in ogni modo gli interessi della Volkswagen, dell'organizzazione distributiva Volkswagen e del marchio Volkswagen» può essere interpretato solo come riguardante unicamente i mezzi conformi alla legge. Sostenere il contrario equivarrebbe infatti a dedurre da siffatta clausola contrattuale, redatta in termini neutri, che i concessionari sarebbero vincolati ad un patto illegittimo.

64.
    Quanto all'art. 8, n. 1, del contratto di concessione, anch'esso risulta redatto in termini neutri, o addirittura tendenti a vietare alla Volkswagen di impartire indicazioni vincolanti per quanto riguarda i prezzi.

65.
    Il fatto che, al ‘considerando’ 65 della decisione impugnata, la Commissione abbia osservato come l'art. 8, n. 1, del contratto di concessione «non offra la garanzia per il concessionario del fatto che il produttore si asterrà anche in futuro dal dare indicazioni di prezzo vincolanti (...)» evidenzia ulteriormente la neutralità di tale disposizione ed il fatto che essa non prevede per nulla provvedimenti vincolanti.

66.
    Il Tribunale osserva infine che non è per il fatto che negli inviti controversi la Volkswagen si avvale dell'art. 2 del contratto di concessione che, oggettivamente, tale articolo diventa il fondamento di siffatti inviti. L'esistenza di un eventuale rapporto organico tra l'art. 2 del contratto di concessione e gli inviti controversi, infatti, può essere dimostrata solo oggettivamente, in base all'analisi delle disposizioni in questione ed indipendentemente da quanto successivamente sostenuto da uno dei contraenti. Ora, come dichiarato sopra, dagli stessi termini del detto art. 2 emerge come tale disposizione non preveda assolutamente uno sviluppo anticoncorrenziale del contratto.

67.
    Da quanto sopra esposto emerge che l'argomento dedotto in subordine dalla Commissione, secondo cui l'art. 2, n. 1 o 6 del contratto di concessione costituisce la clausola di riserva pertinente in forza della quale gli inviti controversi sono stati accettati a partire dalla conclusione del detto contratto, è errato.

68.
    Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che la Commissione non ha fornito, nella decisione impugnata, la prova di un concorso di volontà tra la ricorrente ed i suoi concessionari relativamente agli inviti controversi. Ne consegue che la decisione impugnata è stata adottata in violazione dell'art. 81, n. 1, CE e deve quindi essere annullata senza che sia necessario pronunciarsi sull'altro motivo d'annullamento fatto valere dalla ricorrente, né sulla domanda, presentata in subordine, diretta alla riduzione dell'importo dell'ammenda.

Sulle spese

69.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte che è rimasta soccombente è condannata alle spese se ne è fatta domanda. La Commissione è rimasta soccombente e va quindi condannata alle spese, conformemente alle conclusioni della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    La decisione della Commissione 29 giugno 2001, 2001/711/CE, in un procedimento a norma dell'art. 81 del Trattato CE (Caso COMP/F-2/36.693 - Volkswagen), è annullata.

2)    La Commissione è condannata alle spese.

Tiili
Mengozzi
Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 dicembre 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

V. Tiili


1: Lingua processuale: il tedesco.