Language of document : ECLI:EU:T:2013:23

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

17 gennaio 2013 (*)

«Privilegi e immunità – Membro del Parlamento europeo – Decisione di revoca dell’immunità – Attività non connessa alle funzioni di deputato – Procedura di revoca dell’immunità – Decisione di non difendere i privilegi e le immunità – Sopravvenuta mancanza dell’interesse ad agire – Non luogo a provvedere»

Nelle cause riunite T‑346/11 e T‑347/11,

Bruno Gollnisch, residente in Limonest (Francia), rappresentato da G. Dubois, avvocato,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da R. Passos, D. Moore e K. Zejdová, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto, da un lato, la domanda di annullamento della decisione di revoca dell’immunità del ricorrente adottata dal Parlamento il 10 maggio 2011 e la domanda di risarcimento del danno da questo patito in tale occasione, e, dall’altro, la domanda di annullamento della decisione di non difendere l’immunità del ricorrente adottata il 10 maggio 2011 dal Parlamento, oltre a una domanda di risarcimento del danno da questo patito in tale occasione,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto dai sigg. J. Azizi, presidente, S. Frimodt Nielsen (relatore) e dalla sig.ra M. Kancheva, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 luglio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Protocollo sui privilegi e sulle immunità

1        L’articolo 8 del Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 266, in prosieguo: il «Protocollo») stabilisce quanto segue:

«I membri del Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni».

2        L’articolo 9 del Protocollo stabilisce quanto segue:

«Per la durata delle sessioni del Parlamento europeo, i membri di esso beneficiano:

a)      sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del loro paese,

b)      sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario.

L’immunità li copre anche quando essi si recano al luogo di riunione del Parlamento europeo o ne ritornano.

L’immunità non può essere invocata nel caso di flagrante delitto e non può inoltre pregiudicare il diritto del Parlamento europeo di togliere l’immunità ad uno dei suoi membri».

 Regolamento interno del Parlamento

3        A norma dell’articolo 3, paragrafo 6, secondo comma, del regolamento interno del Parlamento europeo (in prosieguo: il «regolamento interno»), modificato in più occasioni, nella sua versione del marzo 2011 (GU L 116, pag. 1) applicabile ratione temporis alla presente controversia:

«Nel caso in cui le autorità competenti degli Stati membri avviino una procedura suscettibile di portare a una dichiarazione di decadenza del mandato di un deputato, il presidente chiede loro di essere regolarmente informato sullo stato della procedura e deferisce [la questione alla commissione competente per la verifica dei poteri], su proposta della quale il Parlamento può pronunciarsi».

4        L’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento interno stabilisce quanto segue:

«I deputati beneficiano dei privilegi e delle immunità previsti dal [Protocollo]».

5        L’articolo 6 del regolamento interno prevede quanto segue:

«1. Nell’esercizio dei suoi poteri in materia di privilegi e immunità, il Parlamento cerca principalmente di mantenere la propria integrità di assemblea legislativa democratica e di garantire l’indipendenza dei suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni.

2.      Ogni richiesta diretta al presidente da un’autorità competente di uno Stato membro e volta a revocare l’immunità a un deputato è comunicata in aula e deferita alla commissione competente.

3.      Ogni richiesta diretta al presidente da un deputato o da un ex deputato in difesa dei privilegi e delle immunità è comunicata al Parlamento riunito in seduta plenaria e deferita alla commissione competente.

(...)

4.      In via urgente, nel caso in cui un deputato venga arrestato o venga portata restrizione alla sua libertà di movimento in apparente violazione dei suoi privilegi e immunità, il presidente, previa consultazione del presidente e del relatore della commissione competente, può prendere l’iniziativa di confermare i privilegi e le immunità del deputato interessato. Il presidente comunica tale iniziativa alla commissione e ne informa il Parlamento».

6        L’articolo 7 del regolamento interno stabilisce quanto segue:

«1.      La commissione competente esamina senza indugio e nell’ordine in cui sono state presentate le richieste di revoca dell’immunità o di difesa delle immunità e dei privilegi.

2.      La commissione presenta una proposta di decisione motivata che raccomanda l’accoglimento o la reiezione della richiesta di revoca dell’immunità o di difesa delle immunità e dei privilegi.

3.      La commissione può chiedere all’autorità interessata tutte le informazioni e tutti i chiarimenti che reputi necessari per pronunciarsi sull’opportunità di revocare o di difendere l’immunità. Al deputato interessato è offerta l’opportunità di essere ascoltato; egli può produrre tutti i documenti o gli altri elementi scritti di giudizio che ritiene pertinenti. Può farsi rappresentare da un altro deputato.

(…)

6.      Nei casi concernenti la difesa dei privilegi o delle immunità, la commissione indica se le circostanze costituiscono un ostacolo di ordine amministrativo o di altra natura alla libertà di movimento dei deputati da e verso il luogo di riunione del Parlamento o all’espressione di un’opinione o di un voto nell’esercizio del loro mandato, oppure se sono assimilabili agli aspetti dell’articolo [9] del [Protocollo] che non rientrano nell’ambito del diritto nazionale, e formula una proposta per invitare l’autorità interessata a trarre le debite conclusioni.

7.      La commissione può fornire un parere motivato sulla competenza dell’autorità interessata e sulla ricevibilità della richiesta, ma in nessun caso si pronuncia sulla colpevolezza o meno del deputato né sull’opportunità o meno di perseguire penalmente le opinioni o gli atti che gli sono attribuiti, anche qualora l’esame della richiesta abbia fornito alla commissione una conoscenza approfondita del merito della questione.

8.      La relazione della commissione è iscritta d’ufficio al primo punto dell’ordine del giorno della seduta successiva alla sua presentazione. Non è ammesso alcun emendamento alla proposta o alle proposte di decisione.

La discussione può vertere soltanto sulle ragioni che militano a favore e contro ciascuna delle proposte di revoca o mantenimento dell’immunità o di difesa di un privilegio o di un’immunità.

Fatte salve le disposizioni dell’articolo 151, il deputato i cui privilegi o immunità formano oggetto della questione non può intervenire nella discussione.

La proposta o le proposte di decisione contenute nella relazione sono poste in votazione nel corso del primo turno di votazioni successivo alla discussione.

Dopo l’esame da parte del Parlamento si procede a una votazione distinta su ciascuna proposta figurante nella relazione. In caso di reiezione di una proposta, si considera adottata la decisione contraria.

9.      Il presidente comunica immediatamente la decisione del Parlamento al deputato interessato e all’autorità competente dello Stato membro interessato, chiedendo di essere informato su qualsiasi nuovo sviluppo nel relativo procedimento e sulle deliberazioni giudiziarie adottate. Non appena il presidente riceve dette informazioni, le comunica al Parlamento nella forma che ritiene più opportuna, se necessario previa consultazione della commissione competente.

(…)

11.      La commissione tratta tali questioni e i documenti ricevuti con la massima riservatezza.

(…)».

7        A norma dell’articolo 24 del regolamento interno:

«1. La Conferenza dei presidenti è composta dal presidente del Parlamento e dai presidenti dei gruppi politici. Il presidente di un gruppo politico può farsi rappresentare da un membro del suo gruppo.

2. Il presidente del Parlamento invita uno dei deputati non iscritti alle riunioni della Conferenza dei presidenti, alle quali prende parte senza diritto di voto.

(…)».

8        A norma dell’articolo 103, paragrafo 4, del regolamento interno:

«L’esame da parte della commissione competente delle richieste riguardanti le procedure in materia di immunità di cui all’articolo 7 si svolge sempre a porte chiuse».

9        L’articolo 138 del regolamento interno stabilisce inoltre quanto segue:

«1. Le proposte (...) di risoluzione non legislativa approvate in commissione con un numero di voti contrari inferiore a un decimo dei deputati che compongono la commissione sono iscritte al progetto di ordine del giorno del Parlamento per una votazione senza emendamenti.

Il punto forma quindi oggetto di una votazione unica a meno che, prima della fissazione del progetto definitivo di ordine del giorno, gruppi politici o singoli deputati, per un totale di almeno un decimo dei deputati al Parlamento, non abbiano richiesto per iscritto che esso possa essere modificato, nel qual caso il presidente fissa un termine per la presentazione di emendamenti.

2. I punti iscritti al progetto definitivo di ordine del giorno per la votazione senza emendamenti sono altresì senza discussione, a meno che il Parlamento, all’atto dell’approvazione dell’ordine del giorno all’inizio della tornata, non decida altrimenti su proposta della Conferenza dei presidenti, o su richiesta di un gruppo politico o di almeno quaranta deputati.

3. All’atto della fissazione del progetto definitivo di ordine del giorno di una tornata, la Conferenza dei presidenti può proporre che altri punti siano esaminati senza emendamenti o senza discussione. All’atto dell’approvazione dell’ordine del giorno, il Parlamento non può accettare proposte di questo tipo se un gruppo politico o almeno quaranta deputati vi si sono opposti per iscritto almeno un’ora prima dell’inizio della tornata.

(…)».

10      L’articolo 151, paragrafo 1, del regolamento interno prevede che:

«1. Ogni deputato che chieda di parlare per fatto personale è ascoltato alla fine della discussione sul punto dell’ordine del giorno in corso, o al momento dell’approvazione del processo verbale della seduta cui si riferisce la richiesta di intervento.

L’oratore non può intervenire sull’argomento della discussione, ma deve limitarsi a respingere affermazioni fatte nel corso della discussione con riferimento alla sua persona o a opinioni che gli sono state attribuite oppure a rettificare proprie dichiarazioni precedenti».

 Fatti

11      Il ricorrente, Bruno Gollnisch, è deputato al Parlamento europeo e consigliere regionale della Regione Rhône‑Alpes (Francia). Egli è anche presidente del gruppo Front National all’interno del consiglio regionale della Regione Rhône‑Alpes.

12      Il 3 ottobre 2008 il gruppo Front National della Regione Rhône‑Alpes ha redatto un comunicato stampa dal titolo «“Affaire des fiches” à la région: les Tartuffe s’insurgent [Scoppia l’“affaire des fiches” alla Regione: insorgono i “Tartuffes”]».

13      Il comunicato era formulato nei seguenti termini:

«La Regione Rhône‑Alpes ha reagito violentemente alla domanda dei Renseignements généraux [Direzione centrale della polizia di prevenzione] relativa all’esistenza di eventuali domande di adeguamento degli orari di lavoro per motivi religiosi da parte di funzionari non cristiani. Il direttore generale dei servizi definisce la suddetta richiesta come “contraria a tutti i principi repubblicani che reggono l’organizzazione e il funzionamento della funzione pubblica nel nostro paese”. [Q. (il presidente del consiglio regionale della Regione Rhônes‑Alpes)] ritiene che la suddetta richiesta sia, a priori, scioccante. È molto comodo e generoso, ma ciò significa dimenticare i fatti di attualità e avere la memoria corta. Dimenticare i fatti di attualità, in quanto non pare che ci siano cristiani che “festeggiano” la fine di un periodo di “digiuno” (di giorno, mentre la notte si rimpinzano allegramente) facendo danni, bruciando oggetti e gettando pietre. Dimenticare l’attualità perché Romans non è stata incendiata dai cristiani. Avere la memoria corta perché la schedatura del servizio pubblico nel 1902 è stata compiuta con un fine “repubblicano”. Avere la memoria corta, perché era il “Bloc des gauches” che era al potere con il “petit père Combes” e Waldeck‑Rousseau. Avere la memoria corta perché le logge massoniche che facevano il lavoro sporco scrivevano allegramente sulle loro schede “convive more uxorio con una donna araba” in assoluta buona coscienza. È vero che la Sinistra all’epoca voleva lottare contro le religioni! Ora il suo obiettivo è di sostenere l’invasione della nostra Patria e la distruzione della nostra cultura e dei nostri valori da parte di un islam di cui è facile riconoscere la tolleranza, il rispetto dei diritti dell’uomo e la libertà lì dove esso è al potere: Arabia Saudita, Iran, Sudan, Afghanistan... le nostre periferie e presto il nostro intero paese, con la benedizione delle Logge e della Sinistra?»

14      Durante una conferenza stampa tenutasi a Lione (Francia) il 10 ottobre 2008, il ricorrente ha confermato, in particolare, che il comunicato in parola era stato redatto da persone abilitate a parlare a nome degli eletti nel gruppo politico che egli presiede in seno al consiglio regionale.

15      A seguito di una denuncia della Lega internazionale contro il razzismo e l’antisemitismo (LICRA), il 22 gennaio 2009 le autorità francesi hanno avviato un’indagine giudiziaria per istigazione all’odio razziale.

16      Con lettera del 9 giugno 2010 indirizzata al presidente del Parlamento, il ricorrente ha chiesto a quest’ultimo di «sollevare una vigorosa protesta presso le autorità francesi». Nella lettera in parola egli riferiva che un giudice per le indagini preliminari di Lione il 4 giugno 2010 aveva cercato di trattenerlo per farlo comparire dinanzi a lui. Egli precisava che la suddetta «misura coercitiva [era] vietata dalla Costituzione francese (articolo 26) e dal Protocollo sui privilegi e sulle immunità del 1965 (oggi articolo 9 del Protocollo n. 7 allegato al Trattato), dal momento che il magistrato in parola [non aveva] chiesto la revoca della [sua] immunità parlamentare».

17      Il 14 giugno 2010 il presidente del Parlamento ha comunicato in aula di aver ricevuto, da parte del ricorrente, una richiesta di difesa della sua immunità e che, in conformità dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno, aveva deferito la richiesta in parola alla commissione giuridica.

18      Con lettera del 25 ottobre 2010, pervenuta al Parlamento il 3 novembre 2010, il ministre d’État, garde des Sceaux, ministre de la Justice et des Libertés (Ministro di Stato, Guardasigilli, Ministro di Grazia e Giustizia) della Repubblica francese ha trasmesso al presidente del Parlamento una richiesta di revoca dell’immunità parlamentare del ricorrente sulla base di una domanda del 14 settembre 2010 proposta dal procuratore generale presso la Corte d’Appello di Lione al fine di procedere all’istruttoria della denuncia contro il ricorrente e permettere, se del caso, il rinvio di quest’ultimo dinanzi all’autorità giudiziaria competente.

19      Il 24 novembre 2010 il presidente del Parlamento ha comunicato in aula di aver ricevuto la richiesta di revoca dell’immunità del ricorrente e di averla deferita, a norma dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno, alla commissione giuridica.

20      Il sig. B. Rapkay è stato nominato relatore per i due fascicoli riguardanti il ricorrente, vale a dire, da una parte, la revoca dell’immunità di quest’ultimo e, dall’altra, la difesa della sua immunità.

21      Il 26 gennaio 2011 il ricorrente è stato sentito dalla commissione giuridica del Parlamento in relazione sia alla richiesta di difesa della sua immunità, sia alla richiesta di revoca della stessa.

22      L’11 aprile 2011 la commissione giuridica ha adottato una proposta di decisione del Parlamento con cui raccomandava di revocare l’immunità del ricorrente e una proposta di decisione con cui raccomandava di non difendere la sua immunità.

23      In occasione della seduta plenaria del 10 maggio 2011, il Parlamento ha deciso di revocare l’immunità del ricorrente e, contemporaneamente, di non difendere la sua immunità.

24      La decisione di revocare l’immunità del ricorrente è motivata come segue:

«A. considerando che un Pubblico ministero francese ha chiesto la revoca dell’immunità parlamentare di Bruno Gollnisch, deputato al Parlamento (...), onde consentire l’esame di una denuncia per presunta istigazione all’odio razziale e, se del caso, onde procedere nei [suoi] confronti (...) dinanzi a tutti i gradi di giurisdizione francesi (Tribunale di primo grado, Corte d’appello e Cassazione),

B. considerando che la richiesta di revoca dell’immunità di Bruno Gollnisch si riferisce a un presunto reato di incitamento all’odio razziale in seguito a un comunicato stampa del 3 ottobre 2008 del gruppo del Front National della Regione Rhône‑Alpes, di cui Bruno Gollnisch era presidente,

C. considerando che, a norma dell’articolo 9 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, per la durata delle sessioni del Parlamento europeo, i deputati dell’Istituzione beneficiano, sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del parlamento del loro paese; che ciò non impedisce al Parlamento di esercitare il suo diritto di revocare l’immunità di uno dei suoi deputati,

D. considerando che, secondo l’articolo 26 della Costituzione della Repubblica francese, “nessun membro del Parlamento può essere sottoposto, in materia penale, ad arresto o a qualsiasi altra misura privativa o restrittiva della libertà senza l’autorizzazione dell’Assemblea di cui fa parte; che detta autorizzazione non è richiesta in caso di reato grave, flagranza o condanna definitiva”,

E. considerando che, nella fattispecie, il Parlamento non ha trovato prove di fumus persecutionis, cioè un sospetto sufficientemente fondato e preciso del fatto che la causa intentata fosse finalizzata ad arrecare un danno politico al deputato,

F. considerando che la richiesta delle autorità francesi non riguarda le attività politiche di Bruno Gollnisch in qualità di deputato al Parlamento (...) ma riguarda piuttosto le sue attività di natura prettamente regionale e locale, svolte in qualità di consigliere regionale della Regione Rhône‑Alpes, un mandato al quale [egli] è stato eletto a suffragio universale diretto e che è distinto da quello di deputato al Parlamento (...),

G. considerando che Bruno Gollnisch ha spiegato le ragioni che hanno indotto il suo gruppo politico nel Consiglio regionale della Regione Rhône‑Alpes a pubblicare il comunicato stampa da cui è scaturita la richiesta di revoca dell’immunità, affermando che il testo era stato scritto dall’equipe del Front National di tale Regione, tra cui il responsabile della comunicazione, il quale era abilitato a parlare a nome degli eletti del Front National; considerando che l’applicazione dell’immunità parlamentare a una siffatta situazione costituirebbe un’indebita estensione di tali norme, che sono finalizzate a evitare qualsiasi interferenza con il funzionamento e l’indipendenza del Parlamento,

H. considerando che non spetta al Parlamento, bensì alle autorità giudiziarie competenti, decidere, pur nel rispetto di tutte le garanzie democratiche, in quale misura sia stata violata la legge francese sull’istigazione all’odio razziale e quali ne potrebbero essere le conseguenze giudiziarie,

I. considerando che è pertanto opportuno raccomandare la revoca dell’immunità parlamentare nella fattispecie,

1. decide di revocare l’immunità di Bruno Gollnisch (...)».

25      La decisione di non difendere l’immunità del ricorrente contiene peraltro una motivazione identica a quella della decisione di revocare la sua immunità, ad eccezione, in particolare, del considerando I e del dispositivo della decisione in parola che sono redatti come segue:

« I. (…) avendo ora le autorità francesi richiesto formalmente la revoca della sua immunità per applicare le suddette misure in futuro, non è più necessario difendere l’immunità di Bruno Gollnisch a tale proposito

(...)

1. decide, in virtù di quanto suesposto, di non difendere l’immunità e i privilegi di Bruno Gollnisch (...)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale il 7 luglio 2011, il ricorrente ha proposto i presenti ricorsi volti rispettivamente a ottenere l’annullamento della decisione del Parlamento di revocare la sua immunità (causa T‑346/11) e di non difendere la sua immunità (causa T‑347/11), nonché a ottenere il risarcimento del danno morale che egli sostiene di aver patito.

27      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato le parti a depositare taluni documenti e posto loro per iscritto una serie di quesiti ai quali le parti hanno risposto.

28      Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 3 luglio 2012, le cause T‑346/11 e T‑347/11 sono state riunite ai fini della fase scritta, della fase orale del procedimento e della sentenza, conformemente all’articolo 50 del regolamento di procedura.

29      Le difese svolte dalle parti e le risposte ai quesiti loro rivolti dal Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza del 10 luglio 2012.

30      Nella causa T‑346/11 il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione del Parlamento di revocare la sua immunità parlamentare adottata il 10 maggio 2011, recante adozione della relazione n. A7‑0155/2011 del sig. Rapkay;

–        attribuirgli la somma di EUR 8 000 per risarcimento del danno morale;

–        attribuirgli la somma di EUR 4 000 a titolo di spese sostenute per il suo avvocato e preparazione del suo ricorso.

31      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

32      Nella causa T‑347/11 il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione del Parlamento di non difendere la sua immunità parlamentare adottata il 10 maggio 2011, recante adozione della relazione n. A7‑0154/2011 del sig. Rapkay;

–        attribuirgli la somma di EUR 8 000 per risarcimento del danno morale;

–        attribuirgli la somma di EUR 4 000 a titolo di spese sostenute per il suo avvocato e preparazione del suo ricorso.

33      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Osservazioni preliminari

 Sul regime dell’immunità parlamentare prevista dal Protocollo

34      Occorre ricordare che l’immunità parlamentare dei deputati del Parlamento, quale prevista dagli articoli 8 e 9 del Protocollo, comprende le due forme di tutela generalmente riconosciute ai membri dei parlamenti nazionali degli Stati membri, vale a dire l’immunità per le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari e l’inviolabilità parlamentare, che comporta, in via di principio, una tutela contro i procedimenti giudiziari (sentenze della Corte del 21 ottobre 2008, Marra, C‑200/07 e C‑201/07, Racc. pag. I‑7929, punto 24, e del 6 settembre 2011, Patriciello, C‑163/10, Racc. pag. I‑7565, punto 18).

35      L’articolo 8 del Protocollo – che costituisce una norma speciale applicabile a qualunque procedimento giudiziario per il quale il deputato al Parlamento benefici dell’immunità in ragione delle opinioni e dei voti espressi nell’esercizio delle funzioni parlamentari – mira a tutelare la libertà di espressione e l’indipendenza dei deputati europei, sicché detto articolo osta a qualsiasi procedimento giudiziario instaurato a motivo di opinioni e voti siffatti (sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 26).

36      La Corte ha ricordato che l’articolo 8 del Protocollo – vista la sua finalità di protezione della libertà di espressione e dell’indipendenza dei deputati al Parlamento e considerato il suo tenore letterale, che fa espresso riferimento, oltre che alle opinioni, anche ai voti espressi dai suddetti deputati – è essenzialmente destinato ad applicarsi alle dichiarazioni effettuate da questi ultimi nelle aule stesse del Parlamento (sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 29).

37      La Corte ha tuttavia precisato che non si poteva escludere che anche una dichiarazione effettuata da un deputato europeo fuori da tali aule potesse costituire un’opinione espressa nell’esercizio delle sue funzioni ai sensi dell’articolo 8 del Protocollo, atteso che l’esistenza di un’opinione siffatta dipende non dal luogo in cui la dichiarazione è stata effettuata, bensì dalla natura e dal contenuto di quest’ultima (sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 30).

38      Infatti, riferendosi alle opinioni espresse dai deputati al Parlamento, l’articolo 8 del Protocollo è strettamente connesso alla libertà di espressione. Orbene, la libertà di espressione, in quanto fondamento essenziale di una società democratica e pluralista, che rispecchia i valori sui quali l’Unione si fonda ai sensi dell’articolo 2 TUE, costituisce un diritto fondamentale garantito dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 389), la quale, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, TUE, ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. La libertà suddetta è inoltre garantita dall’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 31).

39      Pertanto, occorre dichiarare che la nozione di «opinione» ai sensi dell’articolo 8 del Protocollo deve essere intesa in senso ampio, che include cioè i discorsi o le dichiarazioni che, per il loro contenuto, corrispondono ad asserzioni costituenti valutazioni soggettive (sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 32).

40      Risulta inoltre dal tenore letterale dell’articolo 8 del Protocollo che, per poter beneficiare dell’immunità, un’opinione deve essere stata espressa da un deputato al Parlamento «nell’esercizio delle [sue] funzioni», ciò che presuppone necessariamente l’esistenza di un nesso tra l’opinione formulata e le funzioni parlamentari (sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 33).

41      Ove si tratti di dichiarazioni di un deputato al Parlamento per le quali sia stata promossa un’azione penale nel suo Stato membro di origine, occorre constatare che l’immunità prevista dall’articolo 8 del Protocollo è idonea a precludere definitivamente alle autorità giudiziarie e ai giudici nazionali l’esercizio delle loro rispettive competenze in materia di azione penale e di punizione degli illeciti penali al fine di garantire il rispetto dell’ordine pubblico nel loro territorio, ed è dunque idonea, in modo correlato, a privare totalmente i soggetti lesi da tali dichiarazioni dell’accesso alla giustizia, compresa un’eventuale azione per ottenere dinanzi ai giudici civili il risarcimento del danno subito (v., in questo senso, sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 34).

42      Tenuto conto di tali conseguenze, occorre ammettere che il nesso tra l’opinione espressa e le funzioni parlamentari deve essere diretto e deve imporsi con evidenza (sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 35).

43      L’articolo 9 del Protocollo prevede inoltre che il deputato al Parlamento beneficia, sul suo territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del suo paese.

44      La portata dell’inviolabilità stabilita all’articolo 9 del Protocollo va verificata facendo riferimento alle disposizioni nazionali applicabili (sentenze Marra, punto 34 supra, punto 25, e Patriciello, punto 34 supra, punto 25) e può, di conseguenza, mutare a seconda dello Stato membro di origine del deputato al Parlamento.

45      L’inviolabilità del deputato può inoltre essere revocata dal Parlamento, a norma dell’articolo 9, terzo comma, del Protocollo, mentre ciò non è possibile per l’immunità prevista all’articolo 8 (sentenza Patriciello, punto 34 supra, punto 27).

46      Quando un’autorità nazionale gli trasmette una richiesta di revoca dell’immunità, il Parlamento deve anzitutto verificare se i fatti a fondamento della richiesta di revoca possano rientrare nell’articolo 8 del Protocollo, nel qual caso una revoca dell’immunità non è possibile.

47      Se il Parlamento conclude che l’articolo 8 del Protocollo non trova applicazione, esso deve quindi verificare se il deputato al Parlamento benefici dell’immunità prevista dall’articolo 9 del Protocollo per i fatti che gli sono contestati e, se questo è il caso, se si debba revocare o meno l’immunità in parola.

 Sulla distinzione che occorre operare tra la revoca dell’immunità e la difesa dell’immunità a norma del Protocollo

48      Occorre anzitutto osservare che, mentre la revoca dell’immunità di un deputato al Parlamento è prevista espressamente all’articolo 9 del Protocollo, lo stesso non vale per la difesa della sua immunità, la quale risulta soltanto dall’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento, il quale non definisce tale nozione.

49      Per quanto attiene all’articolo 8 del Protocollo, la Corte ha statuito che il regolamento interno è un atto di organizzazione interna, inidoneo come tale a istituire a favore del Parlamento competenze che non siano espressamente riconosciute da un atto normativo, nella fattispecie dal Protocollo, e che comporta, anche ove il Parlamento, a seguito della domanda del deputato al Parlamento di cui trattasi, adotti, sul fondamento del regolamento interno, una decisione di difesa dell’immunità, che tale decisione costituisce un parere sprovvisto di effetti vincolanti nei confronti delle autorità giudiziarie nazionali (sentenza Marra, punto 34 supra, punto 39).

50      Il fatto che il diritto di uno Stato membro preveda una procedura di difesa dei membri del parlamento nazionale che permette a quest’ultimo di intervenire allorché il giudice nazionale non riconosce tale immunità non implica, inoltre, il riconoscimento dei medesimi poteri al Parlamento nei confronti dei deputati europei provenienti da tale Stato, poiché l’articolo 8 del Protocollo non prevede espressamente in capo al Parlamento una competenza del genere, né rinvia alle norme di diritto nazionale (sentenza Marra, punto 34 supra, punto 40).

51      Dalla sopraccitata giurisprudenza si evince che occorre distinguere la nozione di difesa dell’immunità fondata sull’articolo 8 del Protocollo, il quale prevede un’immunità assoluta il cui contenuto viene stabilito dal solo diritto europeo e che non può essere revocata dal Parlamento, dall’immunità fondata sull’articolo 9 del Protocollo, dal momento che quest’ultimo rinvia invece alle norme di diritto nazionale dello Stato membro d’origine del deputato al Parlamento per quanto attiene alla portata dell’inviolabilità prevista a suo favore e potendo tale inviolabilità essere inoltre revocata dal Parlamento, laddove ve ne sia motivo.

52      Poiché l’inviolabilità prevista all’articolo 9 del Protocollo opera de iure e il deputato può esserne privato solo in caso di revoca da parte del Parlamento, la difesa dell’immunità, nel quadro delle disposizioni dell’articolo 9 del Protocollo, è concepibile solo nel caso in cui, in mancanza di una richiesta di revoca dell’immunità di un deputato, l’inviolabilità, come configurata dalle norme di diritto nazionale dello Stato membro d’origine del deputato al Parlamento, sia compromessa, in particolare, dall’azione delle autorità di polizia o giudiziarie dello Stato membro d’origine del suddetto deputato.

53      In tali circostanze, il deputato europeo può chiedere al Parlamento di difendere la sua immunità, come previsto anche dall’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento.

54      Ne consegue che una decisione del Parlamento su una domanda di difesa dell’immunità di un deputato al Parlamento è concepibile soltanto laddove non sia stata inviata al Parlamento alcuna richiesta di revoca di tale immunità da parte delle autorità nazionali competenti.

55      La difesa dell’immunità rappresenta così un modo per il Parlamento di intervenire, su richiesta del deputato al Parlamento, quando le autorità nazionali violano o si apprestano a violare l’immunità di uno dei suoi membri.

56      Per contro, se è stata presentata richiesta di revoca dell’immunità da parte delle autorità nazionali, il Parlamento deve decidere se revocare o non revocare l’immunità. In un simile caso la difesa dell’immunità non ha più ragion d’essere poiché o il Parlamento revoca l’immunità, e allora una sua difesa non è più concepibile, oppure nega la revoca di tale immunità e la sua difesa è allora inutile, dal momento che le autorità nazionali vengono informate del rigetto da parte del Parlamento della loro richiesta di revoca e del fatto che l’immunità osta quindi alle misure che esse potrebbero o vorrebbero adottare.

57      La difesa dell’immunità è quindi privata del suo oggetto quando sopraggiunge una richiesta di revoca dell’immunità da parte delle autorità nazionali. Il Parlamento non è più tenuto ad agire di propria iniziativa in mancanza di una richiesta formale da parte delle autorità competenti di uno Stato membro, ma deve, al contrario, adottare una decisione e dar seguito, quindi, a una richiesta siffatta.

 Sulla legittimazione ad agire e sulla portata del controllo esercitato dal Tribunale in un siffatto contesto

58      Se i privilegi e le immunità riconosciuti all’Unione dal Protocollo assumono carattere funzionale in quanto mirano ad evitare ostacoli al funzionamento e all’indipendenza dell’Unione, resta il fatto che sono stati espressamente concessi ai membri del Parlamento nonché ai funzionari e agli altri agenti delle istituzioni dell’Unione. Il fatto che i privilegi e le immunità siano previsti nel pubblico interesse dell’Unione giustifica il potere attribuito alle istituzioni di revocare, se necessario, l’immunità, ma non implica che tali privilegi e immunità siano accordati in via esclusiva all’Unione e non anche ai suoi funzionari, agli altri agenti e ai membri del Parlamento. Il Protocollo attribuisce quindi alle persone alle quali si riferisce un diritto soggettivo di cui è assicurata la tutela mediante il sistema dei mezzi di ricorso previsto dal Trattato (v. sentenza del Tribunale del 19 marzo 2010, Gollnisch/Parlamento, T‑42/06, Racc. pag. II‑1135 punto 94 e la giurisprudenza ivi citata).

59      Si deve tuttavia riconoscere al Parlamento un ampio potere discrezionale in ordine all’orientamento che intende attribuire alla decisione che fa seguito a una domanda di revoca dell’immunità o di difesa dell’immunità, in considerazione del carattere politico che riveste una tale decisione (v., in questo senso, sentenza Gollnisch/Parlamento, punto 58 supra, punto 101).

60      L’esercizio di tale potere non è tuttavia sottratto al sindacato giurisdizionale. Infatti, da una costante giurisprudenza risulta che, nell’ambito di tale sindacato, il giudice dell’Unione deve verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dall’istituzione, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (v., per analogia, sentenze della Corte del 25 gennaio 1979, Racke, 98/78, Racc. pag. 69, punto 5, e del 22 ottobre 1991, Nölle, C‑16/90, Racc. pag. I‑5163, punto 12).

61      Occorre ricordare che, ai fini dell’esame in parola, la critica mossa alla motivazione della relazione della commissione giuridica deve considerarsi diretta alla stessa decisione sulla revoca dell’immunità (v., in questo senso, sentenze del Tribunale del 15 ottobre 2008, Mote/Parlamento, T‑345/05, Racc. pag. II‑2849, punto 59, e Gollnisch/Parlamento, punto 58 supra, punto 98).

62      È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare i presenti ricorsi.

 Sul ricorso di annullamento nella causa T‑346/11, concernente la revoca dell’immunità del ricorrente

63      Il ricorrente deduce sei motivi a sostegno del proprio ricorso di annullamento.

64      Egli eccepisce in primis la violazione dell’articolo 9 del Protocollo; in secondo luogo, una violazione della «giurisprudenza costante» della commissione giuridica del Parlamento; in terzo luogo, la violazione dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento; in quarto luogo, una lesione dell’indipendenza del deputato; in quinto luogo, la violazione delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento interno, relative alla procedura in grado di portare a una dichiarazione di decadenza di un deputato, e, in sesto luogo, la violazione del principio del contraddittorio e dei suoi diritti della difesa.

65      Occorre anzitutto esaminare congiuntamente il primo e il quarto motivo.

 Sul primo motivo, concernente la violazione dell’articolo 9 del Protocollo, e sul quarto motivo, concernente la lesione dell’indipendenza del deputato

66      Il ricorrente sostiene, a sostegno del suo primo motivo, che il Parlamento ha commesso un errore di diritto revocando la sua immunità sulla base del fatto che i discorsi e le opinioni ripresi nel comunicato stampa controverso sarebbero stati espressi al di fuori della sua attività di deputato al Parlamento. Egli ritiene, infatti, che la libertà di dibattito politico e la libertà di espressione del deputato debbano essere protette a prescindere dal fatto che questi se ne avvalga o meno nel contesto ristretto del Parlamento, e che la sua immunità, di conseguenza, avrebbe dovuto essere difesa e non revocata. A suo avviso, l’articolo 9 del Protocollo riguarda tutti gli atti compiuti nell’esercizio dell’attività parlamentare stricto sensu, che sono, da parte loro, coperti dall’immunità stabilita all’articolo 8 del Protocollo. Il Parlamento avrebbe pertanto violato l’articolo 9 del Protocollo.

67      Il ricorrente sostiene inoltre, a fondamento del suo quarto motivo, che il Parlamento non poteva revocare la sua immunità affermando che egli non si era avvalso della libertà di espressione nell’esercizio delle sue funzioni di deputato al Parlamento. A suo parere, infatti, nessun precedente, nella pregressa prassi decisionale del Parlamento, prevede l’obbligo per il deputato europeo di dichiarare tale status per poter beneficiare dei privilegi e delle immunità connessi al suo mandato quando si esprime al di fuori dei luoghi di lavoro abituali dell’Assemblea.

68      Sarebbe stata così trascurata la libertà di dibattito politico con conseguente violazione, a detta del ricorrente, dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno.

69      Il Parlamento contesta le suddette affermazioni.

70      Occorre osservare che il Parlamento ha esaminato la richiesta di revoca dell’immunità del ricorrente riguardo al solo articolo 9 del Protocollo, come emerge sia dalle motivazioni della relazione della commissione giuridica che dalla decisione sulla revoca della sua immunità.

71      Il ricorrente riconosce, peraltro, nelle sue memorie, che correttamente il Parlamento ha ritenuto che la richiesta di revoca della sua immunità dovesse essere esaminata alla luce del solo articolo 9 del Protocollo.

72      In udienza il ricorrente ha altresì confermato che, a suo avviso, l’articolo 8 del Protocollo non si applicava nel caso di specie.

73      Le parti concordano così sul fatto che la richiesta di revoca dell’immunità del ricorrente doveva essere esaminata sulla base delle disposizioni dell’articolo 9 del Protocollo.

74      A questo proposito, è opportuno precisare che, nel caso di specie, le affermazioni contenute nel comunicato stampa controverso che sono contestate al ricorrente riguardano il modo in cui il presidente e il direttore generale dei servizi del Consiglio regionale della Regione Rhônes‑Alpes hanno reagito a una richiesta dei Renseignements généraux diretta ad ottenere informazioni concernenti taluni funzionari.

75      È, d’altra parte, pacifico che le affermazioni in parola sono state redatte dal portavoce del gruppo Front National che siede in Consiglio regionale nella Regione Rhônes‑Alpes, gruppo politico presieduto dal ricorrente il quale è, a sua volta, membro eletto del suddetto consiglio.

76      È altresì pacifico che, in occasione di una conferenza stampa tenutasi il 10 ottobre 2008 a Lione, il ricorrente ha confermato che il comunicato in parola era stato redatto da persone abilitate a parlare a nome degli eletti del gruppo politico in parola in seno al Consiglio regionale.

77      Si deve quindi constatare che questi fatti hanno riguardato direttamente le funzioni esercitate dal ricorrente nella sua qualità di consigliere regionale e di presidente del gruppo Front National in seno al Consiglio regionale della Regione Rhônes‑Alpes. Del resto, è in virtù di tale ruolo che egli è perseguito dalle autorità francesi, come emerge dai documenti del fascicolo di causa, in particolare dagli allegati A6, A8 e A10 della richiesta e dall’allegato B2 del controricorso.

78      Non vi è pertanto alcun nesso tra le affermazioni controverse contestate al ricorrente e le funzioni di quest’ultimo quale deputato al Parlamento né, a fortiori, un nesso diretto e che si impone con evidenza tra le affermazioni controverse e la funzione di deputato al Parlamento che avrebbe potuto giustificare l’applicazione dell’articolo 8 del Protocollo, come interpretato dalla Corte (v. punto 42 supra).

79      Correttamente pertanto il Parlamento ha ritenuto che vi fosse motivo di esaminare la richiesta di revoca dell’immunità del ricorrente alla luce del solo articolo 9 del Protocollo e non dell’articolo 8 del medesimo.

80      In applicazione dell’articolo 9 del Protocollo, il ricorrente beneficia, sul territorio francese, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento di tale paese come stabilite dall’articolo 26 della Costituzione francese.

81      Nella fattispecie, il ricorrente contesta al Parlamento di aver revocato la sua immunità sulla base del fatto che le affermazioni controverse di cui gli viene imputata la responsabilità sono state rese al di fuori del quadro della sua attività di deputato al Parlamento, mentre, secondo lui, l’articolo 9 del Protocollo riguarda tutte le attività svolte al di fuori dell’esercizio dell’attività parlamentare stricto sensu e ha per oggetto la protezione della libertà di dibattito politico e la libertà di espressione del deputato, a prescindere dal fatto che egli se ne avvalga o meno nel contesto ristretto del Parlamento europeo.

82      Occorre ricordare che l’articolo 26 della Costituzione francese dispone quanto segue:

«Nessun membro del Parlamento può essere perseguito, ricercato, arrestato, detenuto o giudicato per le opinioni o i voti espressi nell’esercizio delle sue funzioni.

Nessun membro del Parlamento può essere sottoposto, in materia penale, ad arresto o a qualsiasi altra misura di privazione o di restrizione della libertà senza l’autorizzazione dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea di cui fa parte. Detta autorizzazione non è richiesta in caso di flagranza o di condanna definitiva.

La detenzione, le misure privative o restrittive della libertà o il procedimento penale a carico di un membro del Parlamento sono sospese per la durata della legislatura qualora l’Assemblea alla quale appartiene lo richieda

(…)».

83      Benché il ricorrente non chiarisca se vuole sostenere di beneficiare dell’immunità o dell’inviolabilità prevista dalle disposizioni in parola, occorre tuttavia considerare che, con le sue argomentazioni, egli rivendica in effetti il beneficio dell’immunità previsto all’articolo 26, primo comma, della Costituzione francese, nella misura in cui ritiene per l’appunto di non poter essere perseguito o giudicato per le opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni.

84      Per poter beneficiare delle disposizioni dell’articolo 26, primo comma, della Costituzione francese, occorre quindi, come nel caso dell’articolo 8 del Protocollo, che le opinioni siano state espresse dal membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni di deputato al Parlamento, poiché è in quella qualità che egli beneficia, per il tramite dell’articolo 9 del Protocollo, dell’immunità riconosciuta dalla Costituzione francese.

85      Ora, si deve constatare che così non è nel caso di specie (v. punti 74‑78 supra).

86      Ne consegue che il Parlamento non ha commesso alcun errore nel ritenere che:

«[L]a richiesta delle autorità francesi non riguarda le attività politiche [del ricorrente] in qualità di deputato al Parlamento (…), ma riguarda (...) le sue attività di natura prettamente regionale e locale, svolte in qualità di consigliere regionale della Regione Rhône‑Alpes, un mandato al quale [egli] è stato eletto a suffragio universale diretto e che è distinto da quello di deputato al Parlamento europeo (...)».

87      Ne consegue altresì che non rileva se il deputato al Parlamento, nel pronunciare le affermazioni controverse, abbia o meno dichiarato il proprio status, dato che tale circostanza non riveste alcuna importanza nello stabilire se le affermazioni siano state rese nell’esercizio delle funzioni dell’interessato.

88      Infine, se le argomentazioni dedotte dal ricorrente fossero volte ad affermare che egli ha agito non nell’esercizio delle sue funzioni di deputato al Parlamento, ma soltanto nel quadro delle attività politiche che ogni membro del Parlamento può svolgere al di fuori di dette funzioni e che, quindi, non si applica, nella fattispecie, l’articolo 26, primo comma, della Costituzione francese, bensì l’articolo 26, secondo o terzo comma, della stessa, si deve osservare che, a norma dell’articolo 26, terzo comma, della Costituzione francese, i procedimenti sono possibili a meno che il Parlamento non si opponga, il che significa che essi non necessitano della revoca dell’inviolabilità di cui gode il parlamentare.

89      Inoltre e per quanto necessario, occorre ricordare che l’articolo 9 del Protocollo prevede espressamente la possibilità, per il Parlamento, di revocare l’immunità di cui può beneficiare il deputato al Parlamento in base alla disposizione in parola.

90      Non si può quindi contestare al Parlamento di aver reputato opportuno, alla luce delle circostanze della fattispecie e della richiesta avanzata dal ministre d’État, garde des Sceaux, ministre de la Justice et des Libertés della Repubblica francese, revocare l’immunità riconosciuta al ricorrente dal Protocollo per permettere alle autorità giudiziarie francesi di proseguire l’attività istruttoria.

91      Infine, per la parte in cui il ricorrente sostiene che il Parlamento avrebbe sì potuto revocare la sua immunità in un caso simile, ma che si tratterebbe di una scelta inusuale alla luce della sua prassi decisionale anteriore, questo argomento coincide essenzialmente con quello dedotto a sostegno del secondo e del terzo motivo al cui esame si rinvia.

92      Si devono quindi respingere sia il primo che il quarto motivo.

 Sul secondo e sul terzo motivo, concernenti, da un lato, la violazione della «giurisprudenza costante» della commissione giuridica del Parlamento in materia di libertà di espressione e di fumus persecutionis e, dall’altro, la violazione dei principi di certezza del diritto, di protezione del legittimo affidamento e di parità di trattamento

93      Il ricorrente sostiene, a sostegno del suo secondo motivo, che il Parlamento ha la possibilità di stabilire i propri principi, formando così, in particolare in materia di immunità parlamentare, una «giurisprudenza» che si imporrebbe alle altre istituzioni.

94      Le deliberazioni del Parlamento sulle richieste di revoca dell’immunità che gli sono state presentate nel tempo gli avrebbero, infatti, permesso di elaborare dei principi generali, sanciti nella risoluzione adottata dal Parlamento nella sua seduta del 10 marzo 1987 (GU C 99, pag. 44) sulla base della relazione del sig. Donnez a chiusura della procedura di consultazione del Parlamento europeo sul progetto di Protocollo recante revisione del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee per quanto riguarda i membri del Parlamento europeo (A2‑121/86).

95      Il Parlamento avrebbe in tal modo stabilito dei principi volti a proteggere i diritti dei deputati al Parlamento negando in larga misura la revoca della loro immunità, nello specifico quando si tratta di proteggere la loro libertà di espressione e, in particolare, quando i procedimenti sono avviati dai loro avversari politici o dal potere esecutivo.

96      I principi elaborati nel quadro di questa «giurisprudenza costante» sarebbero riassunti in un documento della commissione giuridica e per il mercato interno del Parlamento, dal titolo «Comunicazione ai membri n. 11/2003» del 6 giugno 2003 (in prosieguo: la «comunicazione n. 11/2003»).

97      Il ricorrente sostiene che le affermazioni che gli vengono contestate si inseriscono chiaramente nel quadro del suo ruolo di rappresentante del partito cui appartiene e di presidente del gruppo parlamentare regionale di tale stesso partito, benché egli sia ugualmente deputato di tale partito in Parlamento. Ne consegue, a suo avviso, che non gli si può impedire di definire le sue affermazioni come direttamente collegate alla sua attività politica. Egli ritiene, quindi, che la commissione giuridica abbia ritenuto in evidente malafede che egli avesse reso le affermazioni in parola al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni di deputato al Parlamento.

98      Ne deriverebbe, di conseguenza, una violazione non soltanto dei succitati principi in materia di libertà di espressione dei deputati, ma anche del fumus persecutionis, dal momento che il procedimento penale trae origine dalla denuncia con costituzione di parte civile depositata dalla LICRA, che era e continua ad essere diretta da avversari politici dichiarati del ricorrente, sia a livello locale e regionale che all’interno del Parlamento.

99      Il ricorrente ritiene peraltro, essenzialmente, che anche il comportamento delle autorità francesi, in particolare delle autorità giudiziarie, dimostri l’esistenza di un simile fumus persecutionis.

100    Ora, secondo il ricorrente, i principi sviluppati dal Parlamento mirano, in una simile situazione, a proteggere il deputato dalla revoca dell’immunità.

101    A sostegno del suo terzo motivo, da ultimo, il ricorrente afferma essenzialmente che il Parlamento, da un lato, discostandosi dai principi e dalla «giurisprudenza» che esso ha sviluppato in materia di libertà di espressione e di fumus persecutionis, ha violato i principi di certezza del diritto e di protezione del legittimo affidamento e, dall’altro, revocando l’immunità del ricorrente e allontanandosi così dalla sua «giurisprudenza», ha altresì leso il principio di parità di trattamento imposta tra i deputati al Parlamento.

102    Il Parlamento contesta queste affermazioni.

103    Dato che il ricorrente, nell’ambito del suo secondo motivo, eccepisce essenzialmente una violazione della «giurisprudenza costante» del Parlamento in materia di immunità ricavabile dalla comunicazione n. 11/2003 e, nel quadro del suo terzo motivo, lamenta che l’allontanamento dalla suddetta «giurisprudenza costante» determinerebbe una violazione dei principi di certezza del diritto, di legittimo affidamento e di parità di trattamento, occorre anzitutto esaminare la natura giuridica della comunicazione n. 11/2003.

–       Sulla natura giuridica della comunicazione n. 11/2003 e sul controllo esercitato dal Tribunale

104    Occorre anzitutto considerare la comunicazione n. 11/2003, che è formulata come segue:

«Il segretariato [della commissione giuridica e per il mercato interno] ha redatto il documento in allegato su richiesta della commissione. Esso ha individuato i casi in cui, a partire del 1979, sono state inviate al Parlamento richieste di revoca dell’immunità nell’ambito di controversie vertenti sulla manifestazione del pensiero e ha tentato di trarne principi comuni alla luce del voto finale in seduta plenaria.

(…)

Benché l’articolo [9], primo comma, lettera a) (...), del [p]rotocollo si riferisca alle immunità riconosciute ai membri del Parlamento nazionale in parola, il Parlamento (...) ha la facoltà di stabilire i propri principi, formando quella che si può chiamare una “giurisprudenza”.

(…)

I principi o la giurisprudenza succitati devono portare all’affermazione di una nozione coerente di immunità parlamentare europea che, in linea di principio, sia indipendente dalle prassi vigenti nei parlamenti nazionali (…). [Considerando] che è stato verificato se l’immunità sussista nell’ambito della normativa nazionale di cui trattasi, il Parlamento (...) applica principi costanti quando si tratta di decidere della revoca dell’immunità.

(…)

Principio n. 2: rappresenta un principio fondamentale quello secondo cui l’immunità non è revocata quando gli atti contestati al deputato rientrano nel quadro della sua attività politica o sono ad essa direttamente connessi.

Sono considerate manifestazioni di pensiero rientranti nell’attività politica del deputato le dichiarazioni (anche se pronunciate dalla tribuna riservata al pubblico all’interno di un Parlamento nazionale) rese nelle riunioni pubbliche, sulla stampa, in un libro, in televisione, nel firmare un volantino politico e anche davanti a un tribunale (…). Il Parlamento ha addirittura negato la revoca dell’immunità in relazione alle accuse accessorie quando l’imputazione principale si riferiva alla manifestazione di un’opinione politica.

Ciò che si presume essere stato affermato o scritto è in larga misura privo di rilievo, specialmente nel caso in cui l’opinione manifestata riguardava un altro politico o si inseriva in un dibattito politico. Questo può tuttavia essere oggetto di talune notifiche di opposizione:

(...)

3. Nei rapporti si afferma spesso che la manifestazione del pensiero non può costituire istigazione all’odio razziale, diffamazione o violazione dei diritti fondamentali della persona o un attacco all’onore o alla reputazione di gruppi o singoli. Tuttavia, occorre osservare che il Parlamento ha adottato, di norma, un approccio molto liberale per quanto attiene alle manifestazioni di pensiero compiute all’interno dell’arena politica, osservando come nell’arena politica sia spesso difficile distinguere tra polemica e diffamazione.

(...)

La nozione di fumus persecutionis, vale a dire la presunzione che i procedimenti giudiziari a carico di un parlamentare siano stati avviati con l’intento di ledere le sue attività politiche, quando, ad esempio, all’origine dell’inchiesta ci sono denunce anonime o quando la richiesta sia presentata molto tempo dopo il verificarsi dei fatti oggetto di contestazione. Quando, ad esempio, le richieste di risarcimento dei danni da diffamazione sono proposte da un avversario politico si ritiene che, in mancanza di prove in senso contrario, esse debbano essere considerate come volte a ledere il parlamentare di cui trattasi e non a ottenere il risarcimento del danno. Il fumus persecutionis si presume in particolare quando i procedimenti riguardano vicende passate, verificatesi durante una campagna elettorale, o volte a colpire l’accusato in modo esemplare, ecc.

Principio n. 3: quando i procedimenti sono avviati da un avversario politico, in mancanza di prova contraria, l’immunità non è revocata se si ritiene che i procedimenti siano volti a danneggiare il parlamentare interessato e non a ottenere il risarcimento del danno. Lo stesso principio opera quando i procedimenti vengono avviati in circostanze tali da lasciar ritenere che essi siano stati introdotti con l’unico obiettivo di nuocere al parlamentare coinvolto.

(...)».

105    Occorre riconoscere che, correttamente, il Parlamento sostiene che il documento di cui trattasi, redatto dal segretariato della commissione giuridica e per il mercato interno, non è un atto del Parlamento e costituisce unicamente una sintesi della pregressa prassi decisionale della suddetta commissione nel settore in parola.

106    Occorre ricordare peraltro che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli assicurazioni precise, gli ha suscitato aspettative fondate (sentenza della Corte del 15 luglio 2004, Di Lenardo e Dilexport, C‑37/02 e C‑38/02, Racc. pag. I‑6911, punto 70, e sentenza del Tribunale del 17 dicembre 1998, Embassy Limousines & Services/Parlamento, T‑203/96, Racc. pag. II‑4239, punto 74). Costituiscono assicurazioni del genere, indipendentemente dalla forma in cui sono comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili (v., in questo senso, sentenze della Corte del 25 maggio 2000, Kögler/Corte di giustizia, C‑82/98 P, Racc. pag. I‑3855, punto 33, e del Tribunale del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, Racc. pag. I‑7231, punto 69). Per contro, nessuno può invocare la violazione di tale principio in assenza di assicurazioni precise che gli siano state fornite dall’amministrazione (sentenze della Corte del 24 novembre 2005, Germania/Commissione, C‑506/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 58, e del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, Racc. pag. I‑5479, punto 147). Per giunta, solo assicurazioni conformi alle norme applicabili possono fondare un legittimo affidamento (sentenze del Tribunale del 30 giugno 2005, Branco/Commissione, T‑347/03, Racc. pag. II‑2555, punto 102, e del 23 febbraio 2006, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione, T‑282/02, Racc. pag. II‑319, punto 77).

107    Dal momento che la comunicazione n. 11/2003 non è un atto del Parlamento, ma costituisce unicamente una sintesi della pregressa prassi decisionale della commissione giuridica e per il mercato interno redatta dal segretariato generale del Parlamento con l’obiettivo di sensibilizzare i deputati al Parlamento alla luce della suddetta prassi decisionale, e che un documento siffatto non può avere effetti vincolanti per il Parlamento, ne consegue che esso non può contenere informazioni precise, incondizionate e concordanti, da esso emananti, idonee a costituire assicurazioni precise da parte sua che possono aver ingenerato aspettative fondate in capo ai deputati al Parlamento.

108    Ne consegue che, in ogni caso, il ricorrente non può eccepire che il Parlamento abbia ignorato il principio del legittimo affidamento per essersi discostato da un documento che non è un atto del Parlamento.

109    Occorre tuttavia ricordare che le istituzioni sono tenute a esercitare le proprie competenze in conformità dei principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio della parità di trattamento e il principio di buona amministrazione e che, a tale proposito, esse devono tener conto delle decisioni già adottate per richieste simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso. Inoltre, i principi della parità di trattamento e di buona amministrazione devono conciliarsi con il rispetto della legalità (v., per analogia, sentenza della Corte del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, Racc. pag. I‑1541, punti 73‑75 e giurisprudenza ivi citata).

110    A questo proposito si deve ricordare che il principio della parità di trattamento osta, segnatamente, a che situazioni analoghe siano trattate in maniera diversa, salvo che tale trattamento sia obiettivamente giustificato (v. sentenze della Corte del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C‑127/07, Racc. pag. I‑9895, punto 23, e del 14 ottobre 2010, Nuova Agricast e Cofra/Commissione, C‑67/09 P, Racc. pag. I‑9811, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

111    Da una giurisprudenza costante si evince inoltre che, tra le garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi, figura in particolare il principio di buona amministrazione, al quale si ricollega l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (sentenze della Corte del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, Racc. pag. I‑5469, punto 14, e del 29 marzo 2012, Commissione/Estonia, C‑505/09 P, punto 95).

112    Occorre, di conseguenza, ritenere che, con il suo motivo relativo alla violazione della «giurisprudenza costante» del Parlamento in materia di immunità, il ricorrente intenda far valere la violazione dei principi di buona amministrazione e della parità di trattamento.

113    Anche ammettendo che la comunicazione n. 11/2003 contenga indicazioni sufficientemente precise sulla condotta che i membri del Parlamento possono attendersi da parte di quest’ultimo quando esso è chiamato a pronunciarsi sull’immunità di un deputato, riguardo in particolare alla libertà di espressione e al fumus persecutionis, si deve ritenere che il Parlamento possa discostarsene a condizione che venga fornita una motivazione sufficiente al riguardo.

114    A questo proposito occorre ricordare che la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone che esso riguarda direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, dal momento che la questione se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va esaminata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 63; del 30 settembre 2003, Germania/Commissione, C‑301/96, Racc. pag. I‑9919, punto 87, e del 22 giugno 2004, Portogallo/Commissione, C‑42/01, Racc. pag. I‑6079, punto 66).

115    Infine, per quanto attiene al principio della certezza del diritto, dalla giurisprudenza si evince che si tratta di un principio fondamentale del diritto dell’Unione il quale esige in particolare che una normativa sia chiara e precisa, affinché gli amministrati possano conoscere con certezza i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza. Tuttavia, quando a una norma giuridica è inerente un determinato grado di incertezza quanto al suo senso e alla sua portata, occorre esaminare se l’atto giuridico di cui trattasi sia viziato da un’ambiguità tale da costituire un ostacolo a che gli amministrati possano eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi circa la portata o il senso dell’atto impugnato (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 aprile 2005, Belgio/Commissione, C‑110/03, Racc. pag. I‑2801, punti 30 e 31).

–       Sull’atto impugnato

116    A sostegno del suo secondo motivo il ricorrente afferma che il Parlamento ha ignorato la sua pregressa prassi decisionale relativa alla valutazione dei casi concernenti la libertà di espressione dei deputati e nei quali esiste un sospetto di fumus persecutionis.

117    Per quanto attiene anzitutto alla libertà di espressione, dalla prassi decisionale del Parlamento si desume, in base alla comunicazione n. 11/2003, che la revoca dell’immunità può essere presa in considerazione in particolare quando i fatti contestati al deputato riguardano l’istigazione all’odio razziale.

118    Si deve riconoscere che, nel caso di specie, le autorità competenti, nei considerando A e B dell’atto impugnato, hanno qualificato i fatti proprio in tali termini:

«A. considerando che un Pubblico ministero francese ha chiesto la revoca dell’immunità parlamentare [del ricorrente], deputato al Parlamento (...), onde consentire l’esame di una denuncia per presunta istigazione all’odio razziale e, se del caso, onde procedere nei [suoi] confronti dinanzi a tutti i gradi di giurisdizione francesi (Tribunale di primo grado, Corte d’appello e Cassazione);

B. considerando che la richiesta di revoca dell’immunità [del ricorrente] si riferisce a un presunto reato di incitamento all’odio razziale in seguito a un comunicato stampa del 3 ottobre 2008 del gruppo del Front National della Regione Rhône‑Alpes, di cui [il ricorrente] era presidente».

119    Per quanto attiene al fumus persecutionis, si deve del resto constatare che i procedimenti giudiziari nei confronti del ricorrente non sono stati avviati da un avversario politico, ma da un’associazione legittimata in base alla legislazione francese a perseguire dinanzi ai tribunali le dichiarazioni o gli scritti razzisti o antisemiti in applicazione della legge del 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa (Bulletin des Lois, 1881, n. 637, pag. 125), che l’inchiesta non trae origine da denunce anonime, che i procedimenti avviati non riguardavano eventi passati né fatti commessi durante una campagna elettorale e che nulla permette di stabilire, alla luce dei fatti presi in considerazione dal Parlamento e neppure contestati dal ricorrente, che i procedimenti fossero manifestamente diretti a colpirlo in modo esemplare.

120    Nel caso di specie non si rinviene pertanto nessuno di quegli elementi individuati nella pregressa prassi decisionale del Parlamento che lo hanno condotto, in passato, a opporsi a una richiesta di revoca dell’immunità.

121    Correttamente quindi il Parlamento, nella sua decisione sulla revoca dell’immunità al ricorrente, ha osservato quanto segue:

«(…) [N]ella fattispecie, il Parlamento non ha trovato prove di fumus persecutionis, cioè un sospetto sufficientemente fondato e preciso del fatto che la causa intentata fosse finalizzata ad arrecare un danno politico al deputato (...)».

122    Ne consegue che, quanto alla valutazione sia della libertà di espressione che dell’esistenza di un eventuale fumus persecutionis, il Parlamento ha soddisfatto l’obbligo di esaminare, con cura e imparzialità, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e il ricorrente non ha provato la violazione del principio di buona amministrazione.

123    Lo stesso dicasi per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, dal momento che il ricorrente non ha dimostrato, avuto riguardo alla pregressa prassi decisionale del Parlamento illustrata nella comunicazione n. 11/2003, di essere stato oggetto di un trattamento diverso rispetto a quello abitualmente accordato ai deputati al Parlamento in situazioni equiparabili.

124    Inoltre, tenuto conto della natura giuridica della comunicazione n. 11/2003, che non è un documento del Parlamento (v. punti 107 e 108 supra), il ricorrente non può validamente eccepire la violazione, da parte del Parlamento, del principio della certezza del diritto per non essersi attenuto, come si poteva attendere il ricorrente, alla comunicazione in parola poiché la suddetta comunicazione, redatta dal solo segretariato generale del Parlamento, non può essere considerata una normativa ai sensi della giurisprudenza ricordata in precedenza (punto 115).

125    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta inoltre che l’atto impugnato è sufficientemente motivato in relazione ai due aspetti sopraccitati.

126    Il secondo e il terzo motivo devono pertanto essere integralmente respinti.

 Sul quinto motivo, concernente la violazione delle disposizioni del regolamento interno relative alla procedura idonea a portare a una dichiarazione di decadenza del mandato di un deputato

127    Il ricorrente afferma in sostanza che i fatti oggetto del procedimento a suo carico sono sanzionabili, in base al diritto francese, con la pena accessoria dell’ineleggibilità che comporta la decadenza dai mandati elettivi.

128    Ora, il governo francese non avrebbe rispettato la procedura prevista all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento interno e avrebbe omesso di indicare, nella sua corrispondenza, che i procedimenti a carico del ricorrente potevano comportare la sua decadenza dal mandato di deputato.

129    Inoltre, secondo il ricorrente, nessun organo del Parlamento ne avrebbe chiesto conto al governo francese. Orbene, il presidente del Parlamento avrebbe dovuto comunicare alla commissione giuridica tale elemento essenziale e quest’ultima avrebbe potuto tenerlo in considerazione, benché una condanna del ricorrente a una simile pena accessoria fosse altamente improbabile.

130    Ne consegue, a suo avviso, che l’omissione di detta formalità sostanziale vizia la relazione della commissione competente e, di conseguenza, la decisione in merito alla revoca dell’immunità del ricorrente.

131    Il Parlamento contesta le affermazioni in parola.

132    Secondo una giurisprudenza costante, il regolamento interno di un’istituzione dell’Unione è diretto a organizzarne il funzionamento interno nell’interesse della buona amministrazione. Ne consegue che le persone fisiche o giuridiche non possono eccepire, a sostegno di un ricorso di annullamento, una pretesa violazione di tali norme che non sono preordinate alla tutela dei singoli (sentenza della Corte del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, Racc. pag. I‑2069, punti 49 e 50; v., in questo senso, sentenza della Corte del 13 settembre 2007, Common Market Fertilizers/Commissione, C‑443/05 P, Racc. pag. I‑7209, punti 144 e 145).

133    È giurisprudenza costante inoltre che una violazione di una formalità sostanziale comporta l’annullamento di una decisione soltanto se si dimostra che, in mancanza della stessa, la detta decisione avrebbe potuto avere un contenuto diverso (v., in tal senso, sentenza della Corte del 29 ottobre 1980, van Landewyck e a./Commissione, 209/78‑215/78 e 218/78, Racc. pag. 3125, punto 47, e sentenza del Tribunale del 5 aprile 2006, Degussa/Commissione, T‑279/02, Racc. pag. II‑897, punto 416).

134    Nel caso di specie, la prima censura sollevata dal ricorrente è volta essenzialmente a far accertare dal Tribunale che le autorità francesi hanno omesso l’obbligo, derivante a loro carico dall’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento interno, di informare il Parlamento dell’esistenza di una procedura in grado di portare a una dichiarazione di decadenza del mandato del ricorrente.

135    Orbene, occorre osservare che l’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento interno non prevede alcun obbligo in tal senso a carico degli Stati membri.

136    Infatti, l’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento interno prevede che, quando le autorità competenti degli Stati membri avviano una procedura in grado di portare a una dichiarazione di decadenza del mandato di un deputato, il presidente del Parlamento chiede loro di essere regolarmente informato sullo stato della procedura e deferisce la questione alla commissione competente per la verifica dei poteri, su proposta della quale il Parlamento può pronunciarsi.

137    Le norme dell’articolo in parola prevedono pertanto la procedura che il presidente del Parlamento è tenuto a seguire e non gli Stati membri. Del resto, è comunque escluso che un regolamento interno del Parlamento possa prevedere un obbligo a carico degli Stati membri.

138    La prima censura deve pertanto essere respinta.

139    La seconda censura si riferisce al fatto che nessun organo del Parlamento, a cominciare dal suo presidente, ha contestato alle autorità francesi di non aver riferito al Parlamento che il ricorrente rischiava di decadere dal suo mandato, mentre il presidente avrebbe dovuto segnalare alla commissione competente tale mancanza che avrebbe potuto essere presa in considerazione dalla commissione in parola in sede di adozione della decisione sulla revoca della sua immunità.

140    Orbene, si deve constatare che l’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento interno, che non contiene norme finalizzate a garantire la tutela dei singoli, è volto unicamente, come sostiene il Parlamento, a permettere a quest’ultimo di essere informato circa le conseguenze riservate dalle autorità azionali a una procedura in grado di portare alla decadenza di un deputato e alla sua eventuale sostituzione.

141    Si tratta, in questo senso, di una norma volta a garantire il buon funzionamento interno del Parlamento e che non costituisce quindi una formalità sostanziale della procedura di revoca dell’immunità di un deputato.

142    Anche la seconda censura deve quindi essere respinta.

143    Occorre pertanto rigettare in toto il quinto motivo.

 Sul sesto motivo, concernente la violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa

144    Il ricorrente afferma che il fatto di non essersi potuto difendere in occasione del voto in seduta plenaria sulla decisione relativa alla revoca della sua immunità e che una richiesta da lui formulata in tal senso al presidente del Parlamento europeo sia stata respinta costituisce una violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa.

145    Egli riconosce che, effettivamente, l’articolo 7, paragrafo 8, terzo comma, del regolamento interno prevede che, fatte salve le disposizioni dell’articolo 151, il deputato i cui privilegi o immunità formano oggetto della questione non può intervenire nella discussione.

146    Egli solleva tuttavia un’eccezione di illegittimità della disposizione in parola, affermando che essa lede i diritti della difesa e, in particolare, il diritto di essere sentito.

147    A tale proposito, egli afferma in primis che non si può ritenere che i suoi diritti della difesa siano stati rispettati solo per essere stato sentito, a porte chiuse, dalla commissione giuridica, benché il contenuto della relazione predisposta dal relatore non fosse noto.

148    In secondo luogo, il ricorrente osserva che i processi verbali delle riunioni di commissione non menzionano i nomi dei deputati effettivamente presenti in occasione della sua audizione, ma contengono soltanto l’elenco delle firme. Orbene, a suo avviso, alcuni dei deputati che hanno sottoscritto il suddetto elenco non erano più presenti in occasione della sua audizione.

149    In terzo luogo, egli afferma che numerosi deputati che hanno partecipato alla votazione della relazione non erano presenti in occasione della sua audizione. Orbene, è comunemente riconosciuto che, nell’ambito di una procedura disciplinare, giudiziaria o amministrativa, possono adottare una decisione soltanto coloro che hanno sentito l’interessato, il che presuppone che siano le stesse persone a partecipare all’audizione dell’interessato e ad adottare la decisione che lo riguarda.

150    In quarto luogo, il rifiuto di sentirlo contrasterebbe anche con gran parte degli usi parlamentari, in particolare con l’articolo 80, paragrafo 7, del regolamento dell’Assemblée nationale francese, che stabilisce che il deputato partecipi alle discussioni nel quadro dell’esame della richiesta di revoca d’immunità che lo riguarda.

151    In quinto luogo, il ricorrente afferma che il Parlamento ha oltretutto escluso qualsiasi possibilità di discussione ricorrendo alla procedura semplificata senza discussione prevista per l’adozione di testi che non sono stati oggetto di emendamenti, a norma dell’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno. Ora, tale norma, avente portata generale, sarebbe applicabile, a suo parere, quando le norme speciali contenute nell’articolo 7, paragrafo 8, del regolamento interno, applicabili in materia di immunità, prevedono dal canto loro lo svolgimento di una discussione.

152    In sesto luogo, infine, le proposte di adozione di un atto con o senza discussione sono esaminate dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi politici. Orbene, secondo il ricorrente, nell’ambito di tale Conferenza, i deputati non iscritti non hanno un rappresentante eletto e contano soltanto su un rappresentante nominato privo di diritto di voto, per cui esso non può esigere lo svolgimento di una discussione, circostanza questa che integra, a suo avviso, un nuovo caso di discriminazione dei deputati non iscritti, sulla scorta della vertenza che ha dato origine alla sentenza del Tribunale del 2 ottobre 2001, Martinez e a./Parlamento (T‑222/99, T‑327/99 e T‑329/99, Racc. pag. II‑2823).

153    Occorre precisare che in udienza il ricorrente ha chiarito che il suo motivo verteva unicamente sulla mancata previsione di garanzie nelle procedure interne adottate dal Parlamento in sede di esame di una richiesta di revoca dell’immunità, vale a dire il dibattito in contraddittorio e il rispetto dei diritti della difesa, ma che egli non sosteneva tuttavia che, nella fattispecie, le suddette procedure interne fossero state violate.

154    Il Parlamento contesta le affermazioni in parola.

155    L’argomento del ricorrente, come da lui precisato in udienza, consiste essenzialmente nel sostenere che egli intendeva prendere la parola in aula per difendersi e che tale diritto gli è stato negato in quanto l’applicazione del combinato disposto delle norme dell’articolo 7, paragrafo 8, e dell’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno ha impedito che avesse luogo la discussione e che egli prendesse la parola.

156    Il ricorrente ritiene, infatti, che il ricorso all’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno abbia impedito che si tenesse una discussione, seppur prevista dall’articolo 7, paragrafo 8, del regolamento in parola, e che l’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 8, del regolamento interno impedisca inoltre al deputato di esprimersi quando una tale discussione ha luogo.

157    Pur riconoscendo che, effettivamente, il Parlamento si è attenuto alle disposizioni del suo regolamento interno, il ricorrente contesta tuttavia la legittimità di una tale previsione, ritenendo che essa leda sia il rispetto dei diritti della difesa sia il principio del contraddittorio.

158    Occorre quindi verificare, in primo luogo, se dovesse svolgersi una discussione in aula; in secondo luogo, se, in caso affermativo, potesse essere vietato al ricorrente di intervenire e, quindi, se le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 8, del regolamento interno siano, sul punto, illegittime, e, infine, in terzo luogo, se le altre censure mosse alla procedura seguita dal Parlamento mettano in discussione la legittimità del suo svolgimento.

–       Sullo svolgimento di una discussione in aula

159    In via preliminare occorre osservare che il ricorrente non contesta l’articolo 7, paragrafo 8, del regolamento interno quanto allo svolgimento di una discussione, ma esclusivamente in quanto prevede che il deputato interessato non possa prendere la parola nel corso di tale discussione.

160    Occorre anzitutto verificare, pertanto, se siano applicabili le disposizioni dell’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno, che prevede una procedura semplificata senza discussione e senza emendamenti in aula, nell’ambito dell’adozione da parte dell’assemblea di una decisione concernente l’immunità di un deputato.

161    L’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno stabilisce che le proposte di risoluzione non legislativa approvate in commissione con un numero di voti contrari inferiore a un decimo dei deputati che compongono la commissione sono iscritte all’ordine del giorno per una votazione senza emendamenti e senza discussione, a meno che non sia deciso altrimenti su proposta della Conferenza dei presidenti, o su richiesta di un gruppo politico o di almeno quaranta deputati.

162    In primo luogo, occorre considerare, come osserva il Parlamento, che la nozione di «proposta di risoluzione non legislativa», in opposizione a quella di «proposta di atto legislativo» ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento interno, include la nozione di «proposta di decisione» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento interno, interpretazione questa che non è stata peraltro contestata dal ricorrente.

163    In secondo luogo, si deve osservare che soltanto al termine di una discussione in commissione, e a condizione che solo una minoranza inferiore a un decimo dei membri che la compongono abbia espresso voto negativo, il regolamento prevede che la procedura da seguire sia, ipso iure, quella senza discussione e senza emendamenti prevista dall’articolo 138 del regolamento interno, e solo per ragioni di economia procedurale.

164    In terzo luogo, si deve sottolineare che il regolamento interno ha comunque previsto meccanismi di salvaguardia che permettono lo svolgimento di una discussione in aula, nonostante il risultato del voto in commissione, su proposta della Conferenza dei presidenti, o su richiesta di un gruppo politico o di almeno quaranta deputati.

165    La possibilità di svolgere una discussione in aula non è quindi affatto esclusa, nemmeno quando le disposizioni dell’articolo 138, paragrafo 2, portano a iscrivere un punto all’ordine del giorno di una seduta del Parlamento per un voto senza dibattito e senza emendamenti.

166    In quarto luogo, l’articolo 7, paragrafo 8, del regolamento interno non impone lo svolgimento di una discussione in aula, ma si limita a prevedere le condizioni di svolgimento di una tale discussione, qualora essa abbia luogo, nel caso specifico in forma di una discussione vertente soltanto sulle ragioni che militano a favore e contro ciascuna delle proposte di revoca o mantenimento dell’immunità di un deputato e che non possono condurre al deposito di nessun emendamento.

167    Ne consegue che le disposizioni in parola non escludono affatto che il punto sia iscritto ipso iure all’ordine del giorno del Parlamento per un voto senza discussione e senza emendamenti a norma dell’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno, allorché una proposta di decisione è stata adottata in commissione e con un numero di voti contrari inferiore a un decimo dei suoi membri.

168    L’articolo 7, paragrafo 8, non costituisce pertanto una lex specialis cui l’articolo 138, paragrafo 2, non permetterebbe di derogare; queste due disposizioni si trovano, al contrario, in un rapporto di complementarietà procedurale che è finalizzata ad agevolare l’attività del Parlamento in aula quando solo una piccola minoranza ha votato contro la proposta adottata dalla commissione competente, o quando nessuno si è espresso contro di essa.

169    Occorre del resto rilevare che il Parlamento ha osservato, senza essere contraddetto dal ricorrente, che la procedura senza discussione prevista all’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno era quella abitualmente seguita dal Parlamento per le decisioni sulle domande di revoca dell’immunità e che una discussione in aula, come quella prevista all’articolo 7, paragrafo 8, non ha luogo che in casi eccezionali, cosicché era soltanto l’esito del voto in seno alla commissione competente a determinare se si applicava l’articolo 138, paragrafo 2.

170    Da un lato, occorre inoltre osservare che, nel caso di specie, il punto è stato iscritto all’ordine del giorno del Parlamento per un voto senza emendamenti e senza discussione in quanto la proposta di decisione era stata adottata in commissione con il voto contrario di meno di un decimo dei suoi membri. Dall’altro, si deve osservare che il ricorrente non nega che né la Conferenza dei presidenti, né un gruppo politico e neppure quaranta deputati si sono espressi per chiedere una discussione sulla decisione di revocare la sua immunità.

171    Occorre pertanto ritenere che correttamente il Parlamento abbia applicato la procedura senza emendamenti e senza discussione prevista all’articolo 138 del regolamento interno.

172    Di conseguenza, concludendo, sempreché il ricorrente continui a eccepire l’esistenza di uno sviamento della procedura, a dispetto delle precisazioni indicate in udienza quanto alla formulazione delle sue censure, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, sussiste sviamento di potere, di cui lo sviamento di procedura non è che una forma, solo se risulta, in base a indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, che l’atto impugnato è stato adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (sentenze della Corte del 10 marzo 2005, Spagna/Consiglio, C‑342/03, Racc. pag. I‑1975, punto 64, e del 7 settembre 2006, Spagna/Consiglio, C‑310/04, Racc. pag. I‑7285, punto 69).

173    Dato che correttamente, in applicazione dell’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno, il punto controverso è stato iscritto nella fattispecie all’ordine del giorno del Parlamento per un voto senza emendamenti e senza discussione, dal momento che la proposta di decisione era stata adottata in commissione, tutt’al più, con un numero di voti contrari inferiore a un decimo dei suoi membri, non sussiste nella fattispecie alcun indizio oggettivo e pertinente del fatto che l’atto impugnato sia stato adottato in modo da eludere una procedura appositamente prevista a tal fine.

174    Occorre poi esaminare se, come sostiene il ricorrente, a dispetto della regolarità della procedura seguita dal Parlamento, i principi generali in materia di rispetto dei diritti della difesa e del contraddittorio ostino a una norma procedurale in materia di adozione di una decisione di revoca dell’immunità di un deputato quale quella prevista nel regolamento interno del Parlamento.

175    A questo proposito occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il rispetto dei diritti della difesa e in particolare del diritto al contraddittorio, in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento di cui trattasi (sentenze della Corte del 9 novembre 2006, Commissione/De Bry, C‑344/05 P, Racc. pag. I‑10915, punto 37, e del Tribunale del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, Racc. pag. II‑3967, punto 91). Questo principio è stato peraltro sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali.

176    In forza del principio in parola, l’interessato deve aver avuto la possibilità, prima dell’emanazione della decisione che lo riguarda, di far conoscere utilmente il suo punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze sulla cui base tale decisione è stata adottata (v., in tal senso, sentenze della Corte del 15 luglio 1970, Buchler/Commissione, 44/69, Racc. pag. 733, punto 9, e del 3 ottobre 2000, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, C‑458/98 P, Racc. pag. I‑8147, punto 99).

177    Ne consegue che, in conformità dei suddetti principi, una decisione non può essere adottata sulla base di elementi di fatto e di circostanze sui quali l’interessato non è stato messo in condizione di far conoscere utilmente il suo punto di vista prima dell’adozione della decisione di cui trattasi.

178    Il diritto di essere sentito non comporta tuttavia necessariamente lo svolgimento di una discussione pubblica nell’ambito di tutte le procedure avviate nei confronti di una persona e che possono concludersi con un atto lesivo a danno di quest’ultima.

179    Il rispetto dei diritti della difesa e del contraddittorio non implica di conseguenza che l’adozione da parte del Parlamento di una decisione sulla revoca dell’immunità di un deputato debba necessariamente essere preceduta da una discussione in aula.

180    Dopo tutto, il ricorrente non ha dimostrato che un principio siffatto prevalga ampiamente nei diritti degli Stati membri e nemmeno nel diritto francese.

181    In udienza, infatti, il Parlamento ha osservato, senza essere contraddetto dal ricorrente, che in Francia, dal 1995, è l’Ufficio di presidenza dell’assemblea di cui il deputato fa parte a decidere della revoca dell’immunità di quest’ultimo, e non più l’assemblea in seduta plenaria.

182    Occorre invece tener conto dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento interno il quale prevede che al deputato interessato è offerta l’opportunità di essere ascoltato e che egli può produrre tutti i documenti o gli altri elementi scritti di giudizio che ritiene pertinenti. Egli può inoltre farsi rappresentare da un altro deputato.

183    Nel quadro della procedura prevista dal Parlamento per trattare le richieste di revoca dell’immunità dei deputati sono così fornite all’interessato garanzie sufficienti quanto ai diritti della difesa e al principio del contraddittorio.

184    Il ricorrente è quindi in errore quando afferma che il principio del rispetto dei diritti della difesa e del contraddittorio osta alla disposizione procedurale in materia di trattamento delle richieste di revoca dell’immunità vigente dinanzi al Parlamento prevista dal regolamento interno, in forza dei suoi articoli 7 e 138.

185    Inoltre, nella fattispecie, si deve considerare che il ricorrente non eccepisce di non essere stato sentito dinanzi alla commissione giuridica prima dell’adozione da parte di quest’ultima della proposta di decisione.

186    Il ricorrente, inoltre, non ha stabilito quali siano gli elementi di fatto o le circostanze che la commissione giuridica o il Parlamento avrebbe preso in considerazione e in relazione ai quali egli non sarebbe stato messo in condizione di far conoscere il proprio punto di vista prima dell’adozione della decisione sulla sua immunità.

187    Non solo, dalla decisione sulla revoca dell’immunità del ricorrente emerge che il Parlamento ha replicato ai due argomenti principali che il ricorrente ha nuovamente fatto valere dinanzi al Tribunale, vale a dire che egli avrebbe agito nell’esercizio delle sue funzioni e che vi sarebbe un fumus persecutionis atto a giustificare la mancata revoca della sua immunità.

188    Occorre di conseguenza ritenere che il ricorrente non ha dimostrato, nel caso di specie, una violazione dei suoi diritti della difesa o del principio del contraddittorio.

–       Sul diritto del deputato di prendere la parola in aula previsto all’articolo 7, paragrafo 8, del regolamento interno

189    Alla luce delle considerazioni che precedono, deve considerarsi come inoperante l’argomento dedotto dal ricorrente secondo cui il mancato riconoscimento a suo favore del diritto di prendere la parola in aula in occasione della discussione sull’adozione della decisione relativa alla revoca dell’immunità contrasterebbe con il rispetto dei diritti della difesa e con il principio del contraddittorio.

190    Infatti, se è possibile, a norma dell’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento interno, iscrivere all’ordine del giorno del Parlamento per la votazione senza emendamenti e senza discussione una proposta di decisione volta a revocare l’immunità di un deputato, la censura secondo cui la mancata autorizzazione a prendere la parola in occasione di una siffatta discussione sarebbe illegittima è inoperante.

191    Ne consegue altresì che, date le circostanze, non si può contestare alla sig.ra A., che presiedeva la seduta, di non aver concesso la parola al ricorrente ai fini della discussione sulla revoca della sua immunità, poiché una siffatta discussione non era prevista.

–       Sulle altre censure sollevate dal ricorrente in merito allo svolgimento della procedura

192    Per quanto riguarda la censura concernente lo svolgimento a porte chiuse della discussione in seno alla commissione competente, occorre osservare che ciò è avvenuto a norma dell’articolo 103, paragrafo 4, del regolamento interno e che, in base al suddetto articolo, tale procedura si applica sempre alle domande di revoca dell’immunità per proteggere sia il deputato interessato che la riservatezza della discussione, come risulta dall’articolo 7, paragrafo 11, del regolamento interno.

193    Il ricorrente non è stato pertanto destinatario di un trattamento diverso o particolare rispetto a quello abitualmente riservato ai deputati al Parlamento in circostanze analoghe.

194    Per quanto attiene alla censura vertente sul fatto che la discussione dinanzi alla commissione competente avrebbe avuto luogo prima che il ricorrente venisse a conoscenza del contenuto del progetto di relazione, il che non gli avrebbe permesso di difendersi adeguatamente, occorre osservare che il ricorrente non dimostra che un progetto di relazione esisteva già all’atto della sua audizione, il 26 gennaio 2011, e che era stato preliminarmente reso noto ai membri della commissione, ma non a lui.

195    In ogni caso, occorre ricordare, a questo proposito, che il ricorrente omette di dimostrare quali elementi di fatto o circostanze sarebbero stati presi in considerazione dalla commissione giuridica o dal Parlamento senza che egli fosse stato messo in condizione di far conoscere il suo punto di vista su di essi prima dell’adozione della decisione sulla revoca della sua immunità.

196    Ne consegue che la censura di cui trattasi deve essere respinta.

197    Per quanto attiene alla censura vertente sul fatto che i deputati presenti alla discussione in commissione non erano gli stessi che hanno partecipato al voto in seno ad essa, occorre anzitutto osservare che correttamente, e senza essere contraddetto al riguardo dal ricorrente, il Parlamento ha affermato che non esiste alcuna disposizione o regola interna che prescriva una stessa composizione della commissione in occasione della discussione e del voto, fermo restando il rispetto dei quorum, circostanza questa che appare giustificata non trattandosi di atti adottati individualmente dai deputati, ma di atti della commissione parlamentare.

198    In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo la procedura stabilita dal Parlamento, a seguito della trasmissione della richiesta di revoca dell’immunità di un deputato alla commissione competente, il deputato viene sentito da detta commissione. Il membro della commissione nominato come relatore prepara quindi una relazione, alla quale viene allegata la proposta di decisione. Questa relazione, unitamente alla proposta di decisione, viene sottoposta al voto dei membri della commissione.

199    Ora, il ricorrente non ha dimostrato che la procedura in oggetto non è stata seguita nel caso di specie.

200    Occorre inoltre sottolineare che la proposta di decisione sottoposta al voto della commissione illustra le ragioni in virtù delle quali il Parlamento ha ritenuto che il ricorrente non avesse agito nel quadro delle sue funzioni di deputato al Parlamento e che non potesse ravvisarsi un fumus persecutionis.

201    Per di più si deve ricordare, ancora una volta, che il ricorrente non ha dimostrato quali siano gli elementi di fatto o le circostanze che i membri della commissione giuridica avrebbero preso in considerazione ai fini del voto e in relazione ai quali egli non sarebbe stato messo in condizione di far conoscere il proprio punto di vista.

202    In terzo luogo, trattandosi di un atto del Parlamento che riveste carattere politico (v. punto 59 supra), non può trarsi da ultimo alcun parallelismo con le norme che regolano le procedure disciplinari o giudiziarie quanto alla composizione dell’autorità deliberante chiamata a pronunciarsi riguardo alle suddette procedure.

203    Occorre pertanto respingere la suddetta censura.

204    Quanto alla censura concernente le differenze procedurali rispetto al diritto francese, anche ammettendo che siano state provate (v. punto 181 supra), si deve osservare che essa è inoperante dal momento che, nel caso di specie, non trova applicazione la procedura prevista dal diritto francese per l’adozione della decisione, bensì la procedura prevista dal regolamento interno.

205    La censura in parola deve pertanto essere respinta.

206    Il sesto motivo deve pertanto essere respinto integralmente, così come l’eccezione di illegittimità dell’articolo 7, paragrafo 8, terzo comma, del regolamento interno.

207    In conclusione, occorre rigettare il ricorso di annullamento proposto nell’ambito della causa T‑346/11 concernente la revoca dell’immunità del ricorrente.

 Sul ricorso per risarcimento danni nella causa T‑346/11 concernente la revoca dell’immunità

208    Nel suo ricorso il ricorrente si limita a formulare un capo delle conclusioni vertente sulla richiesta di risarcimento.

209    Il Parlamento contesta la richiesta in parola.

210    Secondo una costante giurisprudenza, la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, per comportamento illecito dei suoi organi è subordinata alla sussistenza di un complesso di presupposti, ossia, l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettiva sussistenza del danno e l’esistenza del nesso di causalità tra il comportamento dedotto e il danno asserito (v. sentenza Gollnisch/Parlamento, punto 58 supra, punto 90 e la giurisprudenza ivi citata).

211    Questi tre presupposti cui è subordinato l’insorgere della responsabilità dell’Unione sono cumulativi (sentenza della Corte del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P, Racc. pag. I‑5251, punto 14, e sentenza del Tribunale del 6 dicembre 2001, Emesa Sugar/Consiglio, T‑43/98, Racc. pag. II‑3519, punto 59). Pertanto, l’assenza di uno di essi è sufficiente per determinare il rigetto di un ricorso per risarcimento danni (sentenza del Tribunale 17 dicembre 2003, DLD Trading/Consiglio, T‑146/01, Racc. pag. II‑6005, punto 74).

212    Dal momento che, nella fattispecie, la condizione dell’illiceità del comportamento contestato al Parlamento non è soddisfatta, la decisione adottata da quest’ultimo di revocare l’immunità del ricorrente non può reputarsi in alcun modo illegittima (v. punto 207 sopra), non può essere ravvisata alcuna responsabilità dell’istituzione in parola sulla base dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, e il ricorso per risarcimento del danno deve essere respinto.

 Sul ricorso di annullamento e sul ricorso per risarcimento danni proposti nella causa T‑347/11 concernente la decisione di non difendere l’immunità del ricorrente

213    A sostegno del ricorso di annullamento contro la decisione del Parlamento di non difendere la sua immunità il ricorrente solleva sei motivi, simili ai motivi avanzati nell’ambito della causa T‑346/11.

214    Egli eccepisce anzitutto la violazione dell’articolo 9 del Protocollo; in secondo luogo, uno violazione della «giurisprudenza costante» della commissione giuridica del Parlamento; in terzo luogo, la violazione dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento; in quarto luogo, una lesione dell’indipendenza del deputato; in quinto luogo, la violazione delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento interno, relative alla procedura in grado di portare a una dichiarazione di decadenza di un deputato e, in sesto luogo, la violazione del principio del contraddittorio e dei suoi diritti della difesa.

215    Nel suo ricorso il ricorrente si limita inoltre a formulare un capo delle conclusioni vertente sulla richiesta di risarcimento.

216    Il Parlamento eccepisce in sostanza sia l’irricevibilità del ricorso, sulla base del fatto che la decisione sulla difesa dell’immunità è soltanto un parere che non può modificare la situazione giuridica dell’interessato, richiamandosi alla giurisprudenza della sentenza Marra, punto 34 supra (punto 44), sia la carenza di interesse ad agire in capo al ricorrente, dal momento che la decisione di revocare la sua immunità è stata adottata contestualmente alla decisione di negare la difesa della sua immunità nel quadro del presente ricorso.

217    Il Parlamento contesta inoltre gli argomenti del ricorrente, chiede il rigetto dei motivi proposti da quest’ultimo a sostegno del suo ricorso di annullamento e chiede altresì il rigetto della sua richiesta di risarcimento danni deducendo motivi simili a quelli fatti valere nell’ambito della causa T‑346/11.

218    Come riconosciuto da una consolidata giurisprudenza, l’oggetto del contendere quale determinato dall’atto introduttivo del ricorso deve perdurare, così come l’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione del giudice sotto pena di non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (sentenza della Corte del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, Racc. pag. I‑4333, punto 42, e sentenza del Tribunale del 24 settembre 2008, Reliance Industries/Consiglio e Commissione, T‑45/06, Racc. pag. II‑2399, punto 35).

219    Dato che il ricorso proposto contro la decisione di revoca dell’immunità è stato respinto (v. punto 207 supra), si deve ritenere che il ricorrente non possa trarre alcun beneficio da una sentenza che si pronunci sulla legittimità della decisione del Parlamento di non difendere la sua immunità.

220    Infatti, anche se – ipotesi assurda dato che i motivi sollevati sono simili a quelli già respinti in relazione alla decisione di revocare l’immunità – la decisione di non difendere l’immunità del ricorrente venisse annullata, la sentenza di annullamento non avrebbe alcun effetto sulla situazione giuridica di quest’ultimo, dal momento che la sua immunità resterebbe comunque revocata e non potrebbe quindi essere contestualmente difesa dal Parlamento.

221    Di conseguenza, non occorre più statuire sul ricorso di annullamento proposto nella causa T‑347/11, concernente la decisione del Parlamento di non difendere l’immunità del ricorrente.

222    Quanto al ricorso per risarcimento danni, occorre ricordare che nel quadro delle condizioni della responsabilità extracontrattuale dell’Unione menzionate al punto 210 che precede, per giurisprudenza costante, la condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità è soddisfatta se sussiste un nesso diretto tra l’illecito commesso dall’istituzione interessata e il danno lamentato, nesso di cui spetta al ricorrente produrre la prova. L’Unione può essere considerata responsabile solo per il danno che deriva in modo sufficientemente diretto dal comportamento irregolare dell’istituzione interessata, vale a dire che tale comportamento deve essere la causa determinante del danno. Per contro, non spetta all’Unione risarcire tutte le conseguenze dannose, anche remote, di comportamenti dei suoi organi (v. sentenza Gollnisch/Parlamento, punto 58 supra, punto 110 e la giurisprudenza ivi citata).

223    Nella fattispecie, dato che il Parlamento poteva soltanto constatare che non occorreva più statuire sulla richiesta di difesa dell’immunità del ricorrente in quanto gli era stata presentata richiesta di revoca di tale immunità, si deve ritenere che solo la decisione su quest’ultima richiesta avrebbe potuto arrecare pregiudizio al ricorrente e fondare la responsabilità del Parlamento, qualora quest’ultimo avesse agito in modo illecito, come però non ha fatto (v. punto 212 supra).

224    Ne consegue che, in ogni caso, non può essere ravvisato alcun nesso di causalità tra il preteso danno morale asserito dal ricorrente e i profili di illiceità che, a suo avviso, presenterebbe la decisione del Parlamento di non difendere la sua immunità.

225    Ne consegue che il ricorso per risarcimento deve essere respinto.

 Sulle spese

226    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

227    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 6, del regolamento di procedura, in caso di non luogo a provvedere, il Tribunale decide sulle spese in via equitativa.

228    Dal momento che il ricorrente è risultato soccombente nella causa T‑346/11 e nell’ambito del ricorso per risarcimento proposto nella causa T‑347/11, egli deve essere condannato alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario, come da conclusioni del Parlamento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso di annullamento e il ricorso per risarcimento danni proposti nella causa T‑346/11 sono respinti.

2)      Non vi è più luogo a provvedere sul ricorso di annullamento proposto nella causa T‑347/11.

3)      Il ricorso per risarcimento danni proposto nella causa T‑347/11 è respinto.

4)      Il sig. Bruno Gollnisch è condannato alle spese, comprese quelle relative al procedimento sommario nelle cause T‑346/11 e T‑347/11.

Azizi

Frimodt Nielsen

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 gennaio 2013.

Firme

Indice


Contesto normativo

Protocollo sui privilegi e sulle immunità

Regolamento interno del Parlamento

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Osservazioni preliminari

Sul regime dell’immunità parlamentare prevista dal Protocollo

Sulla distinzione che occorre operare tra la revoca dell’immunità e la difesa dell’immunità a norma del Protocollo

Sulla legittimazione ad agire e sulla portata del controllo esercitato dal Tribunale in un siffatto contesto

Sul ricorso di annullamento nella causa T‑346/11, concernente la revoca dell’immunità del ricorrente

Sul primo motivo, concernente la violazione dell’articolo 9 del Protocollo, e sul quarto motivo, concernente la lesione dell’indipendenza del deputato

Sul secondo e sul terzo motivo, concernenti, da un lato, la violazione della «giurisprudenza costante» della commissione giuridica del Parlamento in materia di libertà di espressione e di fumus persecutionis e, dall’altro, la violazione dei principi di certezza del diritto, di protezione del legittimo affidamento e di parità di trattamento

–  Sulla natura giuridica della comunicazione n. 11/2003 e sul controllo esercitato dal Tribunale

–  Sull’atto impugnato

Sul quinto motivo, concernente la violazione delle disposizioni del regolamento interno relative alla procedura suscettibile di portare a una dichiarazione di decadenza del mandato di un deputato

Sul sesto motivo, concernente la violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa

–  Sullo svolgimento di una discussione in aula

–  Sul diritto del deputato di prendere la parola in aula previsto all’articolo 7, paragrafo 8, del regolamento interno

–  Sulle altre censure sollevate dal ricorrente in merito allo svolgimento della procedura

Sul ricorso per risarcimento danni nella causa T‑346/11 concernente la revoca dell’immunità

Sul ricorso di annullamento e sul ricorso per risarcimento danni proposti nella causa T‑347/11 concernente la decisione di non difendere l’immunità del ricorrente

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.