Language of document : ECLI:EU:T:1999:97

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

12 maggio 1999 (1)

«Ricorso d'annullamento - Aiuti concessi da uno Stato - Trattato CECA - Quinto codice degli aiuti alla siderurgia - Condizione della regolarità della produzione ai sensi dell'art. 4, n. 2, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia»

Nelle cause riunite T-164/96, T-165/96, T-166/96, T-167/96, T-122/97 e T-130/97,

Moccia Irme SpA, società di diritto italiano, con sede in Napoli, rappresentata dagli avv.ti Emilio Cappelli, Paolo De Caterini e Andrea Bandini, del foro di Roma, condomicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avvocato Charles Turk, 13 A, avenue Guillaume,

Prolafer Srl, società di diritto italiano in liquidazione, con sede in Bergamo,

Ferriera Acciaieria Casilina SpA, società di diritto italiano, con sede in Montecompatri,

Dora Ferriera Acciaieria Srl, società di diritto italiano in liquidazione, con sede in Bergamo,

Ferriera Lamifer SpA, società di diritto italiano, con sede in Travagliato,

rappresentate dagli avv.ti Carmine Punzi e Filippo Satta, del foro di Roma, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Charles Turk, 13 A, avenue Guillaume,

Nuova Sidercamuna SpA, società di diritto italiano, con sede in Berzo Inferiore, rappresentata dagli avv.ti Enrico A. Raffaelli, del foro di Milano, Ivo Van Bael, del foro di Bruxelles e Fabrizio Di Gianni, del foro di Roma, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Freddy Brausch, 11, rue Goethe,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Paul Nemitz, Enrico Altieri e dalla signora Laura Pignataro, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. Massimo Moretto, del foro di Venezia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto domande di annullamento delle decisioni della Commissione 30 luglio 1996, 96/678/CECA, e 18 dicembre 1996, 97/258/CECA, relative a taluni aiuti progettati dall'Italia nell'ambito del programma di ristrutturazione del settore siderurgico italiano (rispettivamente, GU L 316, pag. 24, e GU 1997, L 102, pag. 42),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione ampliata),

composto dai signori M. Jaeger, presidente, K. Lenaerts, dalla signora V. Tiili, dai signori J. Azizi e P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 17 novembre 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

1.
    L'art. 4, lett. c), del Trattato CECA dispone quanto segue:

«Sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone e dell'acciaio e, per conseguenza, sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal presente trattato, nell'interno della Comunità:

(...)

c)    le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi, in qualunque forma;

(...)».

2.
    In forza dell'art. 95, primo comma, del Trattato CECA, la Commissione, visto il parere conforme del Consiglio deliberante all'unanimità e previa consultazione del Comitato consultivo, ha adottato la decisione 1° febbraio 1980, n. 257/80/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti specifici alla siderurgia (GU L 29, pag. 5), comunemente denominata «primo codice degli aiuti alla siderurgia». Ai sensi della parte I, secondo capoverso, del preambolo di detta decisione, il divieto delle sovvenzioni o degli aiuti concessi dagli Stati previsto dal Trattato riguarda solo le misure che costituiscono strumenti di una politica siderurgica prettamente nazionale e non si applica agli aiuti che sono destinati ad istituire una politica siderurgica comunitaria, come la politica di ristrutturazione dell'industria siderurgica, che costituiva il fine della decisione n. 257/80.

3.
    Il primo codice degli aiuti alla siderurgia è stato poi sostituito da codici successivi, che hanno stabilito di volta in volta il regime applicabile in materia di aiuti statali alla siderurgia, determinando i criteri sulla scorta dei quali gli aiuti alla siderurgia finanziati da uno Stato membro, in qualunque forma, potevano essere considerati aiuti comunitari e pertanto compatibili con il buon funzionamento del mercato comune.

4.
    Nel 1991 la decisione della Commissione 27 novembre 1991, n. 3855/91/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 362, pag. 57), ha istituito le nuove disposizioni in materia di concessione di sovvenzioni stataliin tale settore (in prosieguo: il «quinto codice degli aiuti alla siderurgia» o il «quinto codice») a far tempo dal 1° gennaio 1992 sino al 3 dicembre 1996. Esso è stato sostituito dal 1° gennaio 1997 dalla decisione della Commissione 18 dicembre 1996, 2496/96/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 338, pag. 42), la quale costituisce il sesto codice degli aiuti alla siderurgia.

5.
    Il quinto codice degli aiuti alla siderurgia stabilisce:

-     all'art. 4, n. 2:

«Gli aiuti a favore delle imprese che cessano definitivamente l'attività di produzione siderurgica CECA possono essere considerati compatibili con il mercato comune a condizione che tali imprese:

-     (...)

-     abbiano fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA fino alla data di notificazione di tali aiuti,

-     (...)»

-     all'art. 6, n. 1:

    

«Alla Commissione sono comunicati in tempo utile affinché possa pronunciarsi al riguardo i progetti intesi ad istituire o a modificare gli aiuti previsti dagli articoli da 2 a 5 (...)»;

    

-     all'art. 6, n. 4:

«Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto non è compatibile con le disposizioni della presente decisione, informa lo Stato membro interessato della propria decisione (...)»;

-     all'art. 6, n. 6:

«Tutte le fattispecie concrete di applicazione degli aiuti di cui agli articoli 4 e 5 sono notificate alla Commissione (...)».

Fatti all'origine del ricorso

Notificazione da parte del governo italiano della legge n. 481/94 e del decreto n. 683/94

6.
    Nel febbraio 1994 il governo italiano ha notificato alla Commissione, in conformità dell'art. 6, n. 1, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia, il decreto legge 14 febbraio 1994, n. 103, recante misure urgenti per l'esecuzione del piano di ristrutturazione del settore siderurgico. Quest'ultimo veniva reiterato con decreto-legge 14 aprile 1994, n. 234, e, nuovamente, con decreto legge 20 giugno 1994, n. 396, che veniva definitivamente convertito nella legge 3 agosto 1994, n. 481, relativa alla ristrutturazione del settore siderurgico privato italiano (GURI del 6 agosto 1994, n. 183, pag. 12; in prosieguo: la «legge n. 481/94»).

7.
    Detta legge prevede, in particolare, la concessione di aiuti per la chiusura di impianti siderurgici a condizione che vengano demoliti. Il n. 3 dell'art. 1 di tale legge stabilisce che le «domande per la concessione dei contributi (...) devono essere presentate (...) entro il 30 luglio 1994», laddove la «distruzione degli impianti deve avvenire entro il 31 marzo 1995 e il pagamento a saldo dei contributi (...) è effettuato entro il 31 dicembre 1996». Ai sensi del n. 4 del medesimo articolo, le modalità tecniche per la realizzazione devono essere fissate con decreto del Ministro per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato. Le autorità italiane in seguito notificavano il regolamento di attuazione della legge n. 481/94, cioè il decreto del Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato 12 ottobre 1994, n. 683 (in prosieguo: il «regolamento di attuazione»). Ai sensi dell'art. 1, n. 1, di quest'ultimo, per poter usufruire dei contributi di cui all'art. 1 della legge n. 481/94 le imprese interessate avrebbero dovuto soddisfare, fra l'altro, la seguente condizione:

«e)     aver realizzato regolarmente fino alla data di adozione del decreto-legge n. 103 del 14 febbraio 1994, (...) una produzione certificata con perizia giurata di un tecnico esperto del settore iscritto nel registro dei periti nominato dal tribunale nella cui circoscrizione ha sede la società».

Decisione della Commissione 12 dicembre 1994 che autorizza in linea di principio il regime di sovvenzioni notificato dal governo italiano

8.
    Con decisione 12 dicembre 1994 la Commissione ha autorizzato in linea di principio il regime di aiuti in questione, subordinando tuttavia a previa notifica tutte le fattispecie concrete di applicazione degli aiuti, conformemente all'art. 6, n. 6, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia (GU 1994, C 390, pag. 20; in prosieguo: la «decisione 12 dicembre 1994»).

9.
    La Commissione precisava che la propria autorizzazione era in ogni caso subordinata al rispetto di certi presupposti. Con riguardo a quello relativo alla fabbricazione regolare, stabilito dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia, per poter fruire dell'aiuto l'impresa deve aver mantenuto durante tutto l'anno 1993 e sino al mese di febbraio del 1994, data della notifica alla Commissione del decreto legge 14 febbraio 1994, n. 103, un'attività diproduzione media di almeno un turno al giorno, ossia almeno otto ore al giorno, per cinque giorni a settimana.

10.
    La Commissione precisava del resto che le autorità italiane potevano però dimostrare sulla base di criteri oggettivi che un'impresa, pur non soddisfacendo la citata condizione, aveva fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA.

Notificazione da parte del governo italiano dell'aiuto previsto a favore delle ricorrenti

11.
    L'8 settembre 1995, il 23 novembre 1995 e l'11 marzo 1996 il governo italiano, ai sensi dell'art. 6, n. 6, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia, notificava alla Commissione taluni aiuti per la chiusura definitiva erogati in forza della legge n. 481/94 a favore, in particolare, delle imprese ricorrenti nelle sei cause T-164/96, T-165/96, T-166/96, T-167/96, T-122/97 e T-130/97, cioè la Moccia Irme SpA (in prosieguo: la «Moccia»), la Prolafer Srl (in prosieguo: la «Prolafer»), la Ferriera Acciaieria Casilina SpA (in prosieguo: la «Casilina»), la Dora Ferriera Acciaieria Srl (in prosieguo: la «Dora»), la Ferriera Lamifer SpA (in prosieguo: la «Lamifer») e la Nuova Sidercamuna SpA (in prosieguo: la «Sidercamuna») per gli importi seguenti:

Numero della causa    Impresa ricorrente        Importo dell'aiuto

                                    (in LIT)

T-164/96            Moccia                13 509 milioni

T-165/96            Prolafer                 2 038 milioni

T-166/96            Casilina                 2 908 milioni

T-167/96            Dora                 3 438 milioni

T-122/97            Lamifer                 4 889 milioni

T-130/97            Sidercamuna            16 127 milioni

12.
    Le ricorrenti sono imprese siderurgiche ai sensi dell'art. 80 del Trattato dedite all'attività di produzione di acciaio o laminazione a caldo. La capacità produttiva dichiarata per il 1993 e la produzione effettiva nel corso del periodo di riferimento, cioè dal 1° gennaio 1993 al 28 febbraio 1994, nonché il rapporto tra la seconda e la prima espresso in percentuale, sono state le seguenti:

                Capacità produttiva         Produzione effettiva

                (in tonnellate/anno)        (in tonnellate)

T-164/96 Moccia        288 000 di acciaio grezzo            0

                165 000 di laminati a caldo

T-165/96 Prolafer        200 000 di acciaio                0

                150 000 di laminati a caldo

T-166/96 Casilina         80 000 di laminati a caldo    11 356 di laminati a caldo (cioè il 14,2%)

T-167/96 Dora        250 000 di laminati a caldo    21 444 di laminati a caldo (cioè il 8,6%)

T-122/97 Lamifer        154 560 di laminati a caldo    23 542 di laminati a caldo (cioè il 15,2%)

T-130/97 Sidercamuna    475 000 di tondi per cemento    36 002 di tondi per

                armato e di laminati mercan-    cemento armato e di

                tili (piatti)                    laminati mercantili

                                        (piatti) cioè il 7,6%)

13.
    Complessivamente 43 imprese siderurgiche CECA stabilite in Italia hanno presentato domande di sovvenzioni ai sensi della legge n. 481/94.

Avviamento da parte della Commissione del procedimento ex art. 6, n. 4, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia

14.
    Il 15 dicembre 1995, il 2 febbraio e il 12 giugno 1996, con lettere riprodotte in sostanza nelle comunicazioni della Commissione 96/C 101/05, 96/C 121/03 e 96/C 215/03, inviate ai sensi dell'art. 6, n. 4, del quinto codice degli aiuti agli Stati membri e ai terzi interessati relativamente agli aiuti che l'Italia ha deciso di erogare, rispettivamente, alla Casilina, alla Acciaierie del Sud SpA, alla Officine Laminatoi Sebino SpA (OLS), alla Montifer Srl, alla Moccia e alla Mini Acciaierie Odolese SpA (MAO), alla Prolafer, alla Dora e alla Acciaierie San Gabriele SpA, alla Diano SpA, alla Lamifer, alla Ferriere Demafer Srl, alla Lavorazione Metalli Vari - LMV SpA e alla Sidercamuna (GU 1996, C 101, pag. 4, C 121, pag. 3, e C 215, pag. 3), la Commissione informava il governo italiano della decisione di avviare il procedimento ex art. 6, n. 4, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia relativamente agli aiuti progettati a favore, in particolare, delle imprese ricorrenti.

15.
    Nelle dette comunicazioni la Commissione dichiarava che dagli elementi di cui disponeva risultava che nessuna delle imprese in questione, in particolare le ricorrenti, era stata in produzione, in media, per almeno un turno al giorno, ossia per almeno otto ore lavorative quotidiane, per cinque giorni alla settimana, per tutto l'anno 1993 e fino al 28 febbraio 1994.

16.
    Nella citata comunicazione 96/C 101/05, relativa alla Moccia e alla Casilina, essa precisava quanto segue:

«Infatti, [la Casilina] (aiuto N 777/95) ha prodotto appena 11 356 tonnellate di laminati a caldo, cifra che equivale al 14,2% della sua capacità; [(...) la Moccia] (aiuto N 793/95) non è stata in produzione».

17.
    Nella citata comunicazione 96/C 121/03, relativamente alla Prolafer e alla Dora, essa precisava quanto segue:

«Infatti, nel caso 977/95 (...) [la Prolafer] (...) non [è stata affatto] in produzione nel 1993. Nel caso 978/95, l'impresa Dora ha prodotto solo 21 444 tonnellate di laminati a caldo, equivalenti all'8,6% della sua capacità».

18.
    Infine, nella citata comunicazione 96/C 215/03, relativamente alla Lamifer e alla Sidercamuna, essa precisava quanto segue:

«Infatti, (...) nel caso 178/96, l'impresa Lamifer SpA ha prodotto soltanto 23 542 tonnellate di laminati a caldo, equivalenti al 15,2% della sua capacità; nel caso 182/96, l'impresa Sidercamuna SpA ha prodotto solo 36 002 tonnellate di laminati a caldo, equivalenti al 7,6% della sua capacità».

Decisioni 30 luglio e 18 dicembre 1996 che hanno dichiarato gli aiuti incompatibili con il mercato comune

19.
    Con la decisione 30 luglio 1996, 96/678/CECA, relativa a taluni aiuti progettati dall'Italia nell'ambito del programma di ristrutturazione del settore siderurgico privato italiano (GU L 316, pag. 24; in prosieguo: la «decisione 96/678), la Commissione ha dichiarato incompatibili con il mercato comune ai sensi dell'art. 4, lett. c), del Trattato, le misure di aiuti di Stato progettate dall'Italia a favore di otto delle nove imprese considerate, tra cui le imprese Moccia, Prolafer, Casilina e Dora.

20.
    Con decisione 18 dicembre 1996, 97/258/CECA, relativa a taluni aiuti progettati dall'Italia nell'ambito del programma di ristrutturazione del settore siderurgico privato italiano (GU L 102, pag. 42; in prosieguo: la «decisione 97/258»), la Commissione ha parimenti dichiarato incompatibili con il mercato comune ai sensi dell'art. 4, lett. c), del Trattato le misure di aiuti di Stato progettate dall'Italia a favore di quattro delle cinque imprese considerate, fra cui le imprese Lamifer e Sidercamuna.

21.
    La Commissione ha motivato le dette decisioni precisando in particolare quanto segue (decisione 97/258):

«(...) la Commissione è indotta a constatare che per i casi in esame sono soddisfatte tutte le condizioni, eccetto quella riguardante la regolarità della produzione che aveva formato l'oggetto dell'avvio della procedura.

A questo proposito va ricordato che il codice degli aiuti alla siderurgia - benché preveda come condizione di ammissibilità alla concessione degli aiuti che un'impresa sia in produzione regolare al momento della chiusura - non contiene una definizione chiara della nozione di regolarità. Per questo motivo, nella sua decisione [del 12 dicembre 1994] la Commissione aveva deciso che tale criteriosarebbe stato rispettato qualora l'impresa beneficiaria dell'aiuto fosse stata in produzione, in media, per almeno un turno al giorno, ossia per almeno otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana, per tutto l'anno 1993 e fino al 28 febbraio 1994, data di notifica alla Commissione del decreto legge n. 103/94, il cui contenuto è stato convertito dal Parlamento italiano nella legge n. 481/94. La Commissione aveva inoltre deciso che le autorità italiane avrebbero potuto dimostrare, in base a criteri oggettivi, che un'impresa che non rientrasse nel succitato criterio aveva fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA.

In tal caso la Commissione avrebbe esaminato l'aiuto alla luce delle sue specificità per garantire il rispetto del criterio della regolarità della produzione.

La finalità perseguita dall'articolo 4 del codice e dalla decisione [del 12 dicembre 1994] è chiara: si può accordare un aiuto alla chiusura unicamente alle imprese attive in maniera significativa, ossia con una produzione regolare sul mercato siderurgico. Inversamente, il legislatore comunitario non ha ritenuto necessario né opportuno accordare una deroga al divieto generale enunciato all'articolo 4 del Trattato CECA, in assenza di significativi sul mercato conseguenti alla chiusura dell'impresa, che non si trovi in produzione regolare.

Ne consegue che i criteri [alternativi] a quello previsto dalla Commissione nella sua decisione potrebbero essere ammessi purché idonei a dimostrare detta regolarità della produzione. Orbene, si deve constatare che i criteri proposti dal governo italiano (mantenimento del contratto di fornitura energetica, personale, investimenti nelle installazioni, manutenzione delle installazioni, ecc.) non sono atti a dimostrare che le imprese in questione hanno prodotto in maniera regolare, bensì semplicemente che avrebbero potuto farlo.

L'articolo 4 del codice degli aiuti alla siderurgia è redatto in modo tale da non permettere un'interpretazione estensiva che porterebbe ad includere, tra le imprese ammissibili agli aiuti, quelle che, pur non avendo prodotto regolarmente, sarebbero semplicemente pronte a produrre in maniera regolare prodotti CECA».

Procedimento

22.
    Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 1996 la Moccia, la Prolafer, la Casilina e la Dora hanno rispettivamente proposto i ricorsi registrati con i numeri T-164/96, T-165/96, T-166/96 e T-167/96.

23.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 aprile 1997 la Lamifer ha proposto il ricorso registrato con il numero T-122/97.

24.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 22 aprile 1997 la Sidercamuna ha proposto il ricorso registrato con il numero T-130/97.

25.
    Con separato atto registrato nella cancelleria del Tribunale il 28 novembre 1996 la Moccia ha proposto, ai sensi dell'art. 39 del Trattato, una domanda di provvedimenti provvisori volta ad ottenere il rinvio dell'esecuzione della decisione 96/678 nonché degli atti presupposti, e la condanna della Commissione ad invitare le autorità italiane a sospendere, sino all'esito del giudizio di merito, l'erogazione degli aiuti alla chiusura di cui alla legge n. 481/94 e, in via subordinata, a riaprire la procedura di esame dell'aiuto in contraddittorio con la detta società.

26.
    Con ordinanza del presidente del Tribunale 17 dicembre 1996, causa T-164/96 R, Moccia Irme/Commissione (Racc. pag. II-2261), la domanda di provvedimenti provvisori presentata dalla ricorrente è stata respinta.

27.
    Con ordinanza del presidente della Corte 30 aprile 1997, causa C-89/97 P(R), Moccia Irme/Commissione (Racc. pag. I-2327), il ricorso volto all'annullamento della detta ordinanza è stato respinto.

28.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso di passare alle fasi orali senza procedere ad istruttoria.

29.
    Le parti hanno svolto difese orali e risposto ai quesiti orali del Tribunale nel corso delle udienze del 17 novembre 1998.

30.
    Con ordinanza del presidente della Terza Sezione ampliata del Tribunale 18 dicembre 1998 le cause sono state riunite ai fini della sentenza.

Conclusioni delle parti

31.
    La Moccia conclude che il Tribunale voglia:

-    pronunciare ai sensi degli artt. 33 e 36 del Trattato CECA l'annullamento della decisione 96/678 e, per l'effetto e ove occorra, disapplicare gli altri atti presupposti, coordinati o connessi;

-    condannare la Commissione alle spese di causa.

32.
    La Prolafer conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione 96/678, la decisione 12 dicembre 1994 e, in quanto occorra, l'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia nonché qualsiasi atto presupposto, connesso o conseguenziale, di qualunque natura.

33.
    La Casilina conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione 96/678, la decisione 12 dicembre 1994 e ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, di qualunque natura;

-    condannare la Commissione alle spese.

34.
    La Dora conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione 96/678, la decisione 12 dicembre 1994 e ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, di qualunque natura;

-    condannare la Commissione alle spese.

35.
    La Lamifer conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione 97/258, la decisione 12 dicembre 1994 e ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale.

36.
    La Sidercamuna conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione 97/258;

-    adottare ogni altro provvedimento volto a proteggere gli interessi della ricorrente, in base alla legge o ad equità;

-    condannare la convenuta alle spese.

37.
    La Commissione conclude in tutte le cause che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla ricevibilità

38.
    Nelle sei cause la Commissione ha contestato la ricevibilità dei punti dei ricorsi vertenti sul quinto codice degli aiuti alla siderurgia e di quelli vertenti sulla decisione 12 dicembre 1994.

Sui motivi di irricevibilità vertenti sulla contestazione del quinto codice degli aiuti alla siderurgia

39.
    La Commissione contesta anzitutto la pertinenza delle conclusioni di alcuni dei ricorsi nella parte in cui sono formalmente diretti contro il quinto codice. Essa considera poi che nella causa T-130/97 l'eccezione d'illegittimità del quinto codice è tardiva.

1. Sul motivo di difetto di pertinenza delle conclusioni di alcuni ricorsi nella parte in cui sono formalmente diretti contro il quinto codice

40.
    La Commissione sottolinea che la Prolafer, la Casilina, la Dora e la Lamifer eccepiscono in forza dell'art. 36, terzo comma, del Trattato l'illegittimità di ogni atto presupposto alla decisione 12 dicembre 1994 e alle decisioni 96/678 e 97/258, impugnando pertanto il quinto codice. Ora, gli argomenti delle ricorrenti sarebbero volti unicamente a dimostrare la trasgressione di tale codice da parte della Commissione e non a rimetterlo in discussione.

41.
    A questo proposito il Tribunale rileva che tale motivo, dedotto dalla Commissione relativamente alla ricevibilità dei ricorsi e sul quale le ricorrenti non hanno preso posizione, non è fondato. Effettivamente nelle presenti cause nessun argomento contesta direttamente il quinto codice, che costituisce anzi il criterio sulla scorta del quale viene criticata la legittimità della decisione 12 dicembre 1994 e delle decisioni 96/678 e 97/258. Tuttavia di per sé ciò non è atto a rendere irricevibili le domande delle ricorrenti.

2. Sull'irricevibilità per tardività dell'eccezione d'illegittimità del quinto codice nella causa T-130/97

42.
    Nell'ambito della causa Sidercamuna la Commissione considera irricevibile l'eccezione d'illegittimità del quinto codice degli aiuti alla siderurgia perché sarebbe stata presentata per la prima volta in sede di replica e costituirebbe pertanto un motivo nuovo.

43.
    Il Tribunale ricorda che, ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

44.
    Nel caso di specie, la ricorrente nella causa T-130/97 sostiene nel ricorso che alla luce dello scopo principale del programma di aiuti alla siderurgia, cioè la riduzione della capacità produttiva, sarebbe illegittimo subordinare il perseguimento di tale scopo a condizioni non collegate con quest'ultimo, come quella del livello della produzione regolare. Nella replica essa si riferisce a tale argomento per chiarire di aver presentato già in sede di ricorso un'eccezione d'illegittimità contro il quinto codice.

45.
    La Commissione ritiene tuttavia che tale argomento, presentato nell'atto introduttivo del ricorso, non contesti il quinto codice ma ne lamenti in realtà la trasgressione o erronea interpretazione mediante atti subordinati.

46.
    Il Tribunale osserva che l'argomento svolto dalla ricorrente critica il fatto che il perseguimento di una delle finalità del quinto codice, cioè la riduzione della capacità produttiva, sia subordinato a una condizione non collegata a quest'ultima, cioè l'esistenza di una produzione regolare. Ora, come è stato precisato supra al punto 5, tale condizione è posta dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice. Ne consegue che l'argomento critica tale disposizione del quinto codice.

47.
    Del resto l'argomento è stato presentato nell'ambito della parte del primo motivo di ricorso, relativa alla trasgressione da parte della Commissione del principio dell'effetto utile e non nell'ambito del capo di ricorso con cui viene criticata in modo specifico la trasgressione dell'art. 4 del quinto codice mediante atti subordinati.

48.
    Ne deriva che l'argomento di cui trattasi configura un'eccezione d'illegittimità dell'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice. Poiché tale eccezione è stata sollevata sin dal momento della presentazione del ricorso, essa non è tardiva. Il motivo di irricevibilità sollevato dalla Commissione va pertanto respinto.

Sui motivi di irricevibilità relativi alla contestazione della decisione 12 dicembre 1994

49.
    Il Tribunale osserva anzitutto che la Prolafer, la Casilina, la Dora e la Lamifer eccepiscono l'illegittimità della decisione 12 dicembre 1994 e ne chiedono l'annullamento.

50.
    Il Tribunale considera che le ricorrenti intendono, in realtà, eccepire l'illegittimità della decisione 12 dicembre 1994 in via incidentale, in occasione e a sostegno del ricorso di annullamento delle decisioni che non hanno autorizzato gli aiuti, e pertanto sotto forma di eccezione d'illegittimità.

51.
    La Moccia e la Sidercamuna hanno presentato formalmente un'eccezione d'illegittimità della decisione 12 dicembre 1994.

52.
    Le eccezioni così sollevate nelle sei cause riunite e vertenti sull'illegittimità della decisione 12 dicembre 1994 sono tutte volte a contestare il criterio in essa stabilito dalla Commissione per definire la condizione della produzione regolare prevista dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice, cioè che l'impresa che chiede un aiuto alla chiusura dev'essere stata in produzione, durante tutto il 1993 e sino al mese di febbraio del 1994, in media, per almeno un turno al giorno, ossia almeno otto ore al giorno, per cinque giorni a settimana.

53.
    La Commissione considera irricevibili tali eccezioni d'illegittimità.

54.
    Essa deduce in proposito due motivi. Il primo, dedotto nell'ambito di tutte le cause, riguarda il fatto che le decisioni 96/678 e 97/258 (in prosieguo: le «decisioni impugnate») non sarebbero fondate sulla decisione 12 dicembre 1994, bensì direttamente sul quinto codice degli aiuti alla siderurgia. Con il secondo, dedotto nelle cause Lamifer e Sidercamuna, essa afferma che la decisione 12 dicembre 1994 costituirebbe al massimo il fondamento della decisione di avviamento del procedimento ex art. 6, n. 4, del quinto codice, ma non della decisione successiva con cui non sono stati autorizzati gli aiuti, che costituirebbe, rispetto alla prima, un mero atto confermativo.

1. Sul motivo vertente sul fatto che le decisioni impugnate non sarebbero fondate sulla decisione 12 dicembre 1994, bensì direttamente sul quinto codice

55.
    La Commissione sostiene che nel caso di specie non sussisterebbe un collegamento tra le decisioni impugnate e quella del 12 dicembre 1994. Infatti, ai sensi dell'art. 6, n. 6, del quinto codice, tutte le fattispecie concrete di applicazione degli aiuti di cui agli artt. 4 e 5 del detto codice debbono essere notificate alla Commissione affinché quest'ultima possa pronunciarsi in merito, a prescindere dall'emanazione di una decisione che autorizzi un regime generale di sovvenzioni in forza dei medesimi articoli. Ne deriverebbe che le decisioni impugnate non possono essere considerate giuridicamente fondate sulla decisione 12 dicembre 1994, bensì unicamente, per quanto rileva nei casi di specie, sull'art. 6, n. 6, del quinto codice.

56.
    Il Tribunale ricorda che, sebbene in occasione di un ricorso di annullamento diretto contro una decisione individuale il ricorrente possa eccepire l'illegittimità di determinate disposizioni di decisioni generali di cui la decisione impugnata costituisce un caso di applicazione, questa possibilità gli è offerta solo qualora la decisione individuale sia basata sulle norme di cui viene eccepita l'illegittimità (sentenze della Corte 28 ottobre 1981, cause riunite 275/80 e 24/81, Krupp Stahl/Commissione, Racc. pag. 2489, punto 32; 16 febbraio 1982, causa 258/80, Rumi/Commissione, Racc. pag. 487, punto 6; 21 febbraio 1984, cause riunite 140/82, 146/82, 221/82 e 226/82, Walzstahl-Vereinigung e Thyssen/Commissione, Racc. pag. 951, punto 20, e 11 ottobre 1984, causa 151/83, Alpa/Commissione, Racc. pag. 3519, punto 9).

57.
    Nel caso di specie le decisioni impugnate fanno espresso rinvio alla decisione 12 dicembre 1994, che considera ammissibile la legge n. 481/94 e contro la quale è stata sollevata un'eccezione d'irricevibilità. Esse ricordano che il quinto codice degli aiuti alla siderurgia, benché subordini l'erogazione degli aiuti al fatto che l'impresa sia stata in produzione regolare fino al momento della chiusura, non definisce in modo chiaro la nozione di regolarità. Esse sottolineano che per tale motivo la decisione 12 dicembre 1994 ha subordinato la concessione di aiuti per la chiusura alla condizione che le imprese siano state in produzione in media per almeno un turno al giorno, per cinque giorni alla settimana, durante tutto il 1993 e fino al mese di febbraio del 1994. Constatano che le ricorrenti, benché soddisfino le altre condizioni definite all'art. 4 del quinto codice, non hanno rispettato tale criterio. Esse rilevano che, in conseguenza di tale constatazione, è stato avviato il procedimento di cui all'art. 6, n. 4, del quinto codice. Ritengono che il governo italiano non abbia dimostrato, conformemente alla decisione 12 dicembre 1994, mediante altri elementi oggettivi che le ricorrenti avevano ciò non di meno fabbricato regolarmente prodotti CECA.

58.
    Ne consegue che la decisione 12 dicembre 1994 ha definito un criterio la cui applicazione alle ricorrenti ha comportato l'avviamento del procedimento di cui all'art. 6, n. 4, del quinto codice e in applicazione del quale gli aiuti sono stati poidichiarati incompatibili con il mercato comune ai sensi dell'art. 4, lett. c), del Trattato.

59.
    Pertanto le decisioni impugnate sono fondate, entro tali limiti, sulla definizione contenuta nella decisione 12 dicembre 1994 del requisito di produzione regolare stabilito dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice. Ora su tale definizione del requisito di produzione regolare verte a sua volta l'eccezione di illegittimità della decisione 12 dicembre 1994. Ne consegue che le decisioni impugnate sono fondate sulla norma di cui viene contestata l'illegittimità. Il motivo di irricevibilità sollevato dalla Commissione è pertanto infondato.

60.
    La Commissione obietta, in primo luogo, che nelle sei cause riunite, conformemente all'art. 6, n. 6, del quinto codice, tutte le fattispecie concrete di aiuti dovevano esserle notificate a prescindere dall'emanazione di una decisione di autorizzazione di un regime generale di aiuti, con la conseguenza che le decisioni impugnate non possono essere considerate giuridicamente fondate sulla decisione 12 dicembre 1994, bensì unicamente sull'art. 6, n. 6, del quinto codice. Essa aggiunge che anche in mancanza della decisione di cui è causa le decisioni impugnate avrebbero potuto essere validamente emanate e spiegare pienamente la loro efficacia. Tale argomento non tiene però conto del fatto che la Commissione, nel vaglio delle fattispecie concrete di aiuti notificati in esito all'approvazione del regime generale di aiuti da parte della decisione 12 dicembre 1994, ha esaminato il rispetto della condizione di produzione regolare con riferimento al criterio in essa definito, con la conseguenza che quest'ultimo costituisce, entro tali limiti, il fondamento giuridico delle decisioni impugnate.

61.
    La Commissione obietta, in secondo luogo, nelle cause T-164/96, T-165/96, T-166/96, T-167/96 e T-122/97, che il requisito della regolarità della produzione previsto dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice sarebbe stato esplicitato nella decisione 12 dicembre 1994 a titolo meramente esemplificativo con l'accordo del governo italiano. Tuttavia tale argomento non tiene conto del fatto che la Commissione, lungi dal considerare il criterio sviluppato nella decisione 12 dicembre 1994 come un semplice elemento non vincolante, ha avviato in applicazione di quest'ultimo il procedimento di cui all'art. 6, n. 4, del quinto codice, per poi dichiarare incompatibili con il mercato comune i progetti di aiuti.

62.
    La Commissione obietta, in terzo luogo, nelle cause T-164/96, T-166/96, T-167/96, T-122/97 e T-130/97, che la decisione 12 dicembre 1994, pur definendo un criterio che precisa la condizione di produzione regolare prevista dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice, ha consentito al governo italiano di fornire la prova, sulla scorta di criteri oggettivi, che un'impresa che non soddisfi tale criterio ha cionondimeno fabbricato prodotti siderurgici CECA, con la conseguenza che il riferimento a tale decisione da parte delle decisioni impugnate non sarebbe determinante. L'aiuto avrebbe quindi potuto essere autorizzato malgrado l'inosservanza del criterio definito nella decisione 12 dicembre 1994, e pertantoquest'ultima non costituirebbe il fondamento delle decisioni impugnate. Tale obiezione non tiene però conto del fatto che dalle decisioni impugnate emerge che la Commissione esigeva che le imprese ricorrenti rispettassero il criterio di cui è causa, che l'inosservanza di quest'ultimo ha comportato l'avviamento del procedimento di cui all'art. 6, n. 4, del quinto codice e che, non avendo il governo italiano fornito la prova di criteri oggettivi alternativi, stando agli accertamenti della Commissione, gli aiuti richiesti erano dichiarati incompatibili con il mercato comune. Ne consegue che la mancata autorizzazione degli aiuti risulta in definitiva dall'inosservanza del criterio definito dalla decisione 12 dicembre 1994, che costituisce una presunzione che, nel caso di specie, non è stata confutata dal governo italiano. Le decisioni impugnate sono pertanto fondate, entro tali limiti, sul criterio di cui trattasi.

63.
    La Commissione obietta, in quarto luogo, nella causa T-164/96, che il mero richiamo della decisione 12 dicembre 1994 nella decisione 96/678 non è di per sé determinante in quanto la Moccia non ha realizzato nessuna produzione nel corso del periodo di riferimento, quindi il criterio definito dalla prima decisione non ha trovato applicazione. Tuttavia tale argomento non tiene conto del fatto che, da un punto di vista formale, la decisione 96/678 constata l'applicazione di tale criterio alla ricorrente. Del resto quest'ultimo è anche stato applicato in realtà, atteso che, in particolare, la produzione della ricorrente è stata valutata unicamente con riferimento al periodo da esso definito, cioè fra il gennaio 1993 e il febbraio 1994, e non, ad esempio, a decorrere dalla data di entrata in vigore del quinto codice, cioè dal 1° gennaio 1992.

2. Sul motivo secondo cui la decisione 97/258 costituirebbe un mero atto confermativo

64.
    Nelle cause T-122/97 e T-130/97 la Commissione afferma che il criterio che definisce la condizione della produzione regolare posto dalla decisione 12 dicembre 1994 sarebbe già stato applicato nei confronti delle ricorrenti prima della decisione 97/258 da quella, precedente, con cui è stato avviato il procedimento di esame degli aiuti previsto dall'art. 6, n. 4, del quinto codice. Infatti tale ultima decisione avrebbe accertato che le ricorrenti non rispettavano il criterio in parola, invitando poi le autorità italiane ad accertare, sulla scorta di altri criteri oggettivi, l'esistenza di una produzione regolare. La decisione 97/258 avrebbe avuto lo scopo di concludere che le autorità italiane non hanno fornito detta prova. Essa avrebbe altresì ricordato che le ricorrenti non rispettavano il criterio stabilito dalla decisione 12 dicembre 1994, ma relativamente a tale punto essa costituirebbe un atto meramente confermativo. Ora, poiché le ricorrenti non hanno impugnato entro i termini la decisione con cui è stato avviato il procedimento ex art. 6, n. 4, del quinto codice, né hanno sollevato nell'ambito del ricorso un'eccezione d'illegittimità del criterio stabilito dalla decisione 12 dicembre 1994, esse non potrebbero più farlo nel contesto della presente causa.

65.
    Il Tribunale osserva che le ricorrenti lamentano l'illegittimità della decisione 12 dicembre 1994 a sostegno del ricorso d'annullamento della decisione 97/258.L'eccezione d'irricevibilità sollevata dalla Commissione contesta alle ricorrenti tale facoltà in quanto avrebbero avuto la possibilità di avvalersene nell'ambito di un ricorso contro la decisione di avviamento del procedimento di esame. E' sufficiente però constatare che la decisione 97/258 produce effetti giuridici autonomi, tra cui la mancata approvazione definitiva dell'aiuto, e che le ricorrenti devono quindi disporre di un rimedio giurisdizionale nei confronti di una tale decisione (v., per analogia, le sentenze della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione, Racc. pag. 2671, punto 5, e 9 marzo 1994, causa C-188/92, TWD/Textilwerke Deggendorf, Racc. pag. I-833, punto 14), il che implica la possibilità di avvalersi, a sostegno di un ricorso d'annullamento contro la detta decisione, dell'illegittimità di quella su cui essa è fondata, indipendentemente dal fatto che le ricorrenti abbiano o no impugnato la decisione di avviare il procedimento di esame degli aiuti controversi (sentenza del Tribunale 31 marzo 1998, causa T-129/96, Preussag Stahl/Commissione, Racc. pag. II-609, punto 31).

66.
    Ne consegue che il secondo motivo di irricevibilità dell'eccezione d'illegittimità della decisione 12 dicembre 1994 non è fondato.

Nel merito

67.
    I motivi dedotti dalle ricorrenti si riferiscono in primo luogo al merito (I) e, in secondo luogo, alla trasgressione dell'obbligo di motivazione (II) delle decisioni impugnate.

I - Sui motivi inerenti al merito delle decisioni impugnate

Osservazioni preliminari

68.
    Il Tribunale ricorda che ai sensi dell'art. 33, primo comma, seconda frase, del Trattato CECA, nell'esercizio della sua competenza a giudicare dei ricorsi d'annullamento proposti contro le decisioni e le raccomandazioni della Commissione «l'esame della Corte non può vertere sulla valutazione dello stato risultante da fatti o circostanze economiche in considerazione del quale sono state prese le dette decisioni o raccomandazioni, salvo che sia mossa accusa alla Commissione di aver commesso uno sviamento di potere o di avere misconosciuto in modo patente le disposizioni del trattato oppure ogni norma giuridica concernente la sua applicazione».

69.
    Tale limitazione del sindacato del giudice comunitario si applica anche all'esame delle decisioni e raccomandazioni avverso le quali venga sollevata un'eccezione d'illegittimità ai sensi dell'art. 36, terzo comma, del Trattato. Da quest'ultima disposizione emerge infatti che siffatta contestazione deve essere effettuata «alle condizioni previste al primo capoverso dell'art. 33» del Trattato stesso (v., in tal senso, sentenza della Corte 18 marzo 1980, cause riunite 154/78, 205/78, 206/78,226/78, 227/78, 228/78, 263/78, 264/78, 31/79, 39/79, 83/79 e 85/79, Ferriera Valsabbia/Commissione, Racc. pag. 907, punto 10).

70.
    Per quanto riguarda la nozione di inosservanza patente, il Tribunale ricorda che il termine «patente» presuppone che venga raggiunto un certo livello di gravità nell'inosservanza delle norme giuridiche, per cui essa risulti provenire da un errore evidente nella valutazione, alla luce delle disposizioni del Trattato, della situazione in base alla quale la decisione è stata emanata (v. sentenze della Corte 21 marzo 1955, causa 6/54, Paesi Bassi/Alta Autorità, Racc. pag. 203, in particolare pag. 226, e 12 febbraio 1960, cause riunite 15/59 e 29/59, Société métallurgique de Knutange/Alta Autorità, Racc. pag. 9, in particolare pag. 27; ordinanza del presidente della Corte 3 maggio 1996, causa C-399/95 R, Germania/Commissione, Racc. pag. I-2441, punto 62).

71.
    Per quanto riguarda la nozione di sviamento di potere, il Tribunale osserva che un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista per far fronte alle circostanze del caso di specie (v. sentenze della Corte 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I-4023, punto 24, e del Tribunale 24 settembre 1996, causa T-57/91, Naloo/Commissione, Racc. pag. II-1019, punto 327).

Sui motivi inerenti all'inapplicabilità del Trattato

72.
    Le ricorrenti deducono motivi inerenti all'inapplicabilità del Trattato al caso di specie.

A - Sul motivo secondo cui le ricorrenti non potrebbero essere considerate imprese siderurgiche CECA

73.
    La Moccia e la Sidercamuna sostengono che un'impresa che progetta la chiusura degli impianti non costituisce più un'impresa siderurgica CECA ai sensi dell'art. 80 del Trattato e, pertanto, il Trattato medesimo, ivi compreso il divieto previsto dall'art. 4, lett. c), non può essere loro applicato.

74.
    Il Tribunale osserva tuttavia che un'impresa siderurgica CECA che chieda aiuti per la chiusura conserva tale status finché la cessazione dell'attività di produzione non si sia realizzata in modo completo e definitivo, eventualmente in seguito all'erogazione degli aiuti citati. Nel caso di specie è assodato che nel momento in cui gli aiuti sono stati richiesti le ricorrenti effettuavano un'attività di produzione CECA ovvero, se non esercitavano un'attività del genere, non avevano ancora proceduto alla chiusura definitiva. La Commissione era quindi legittimata a ritenere che le ricorrenti fossero imprese siderurgiche CECA. Il motivo va quindi respinto.

B - Sul motivo secondo cui un aiuto alla chiusura, in quanto non sia atto a falsare la concorrenza, sarebbe sottratto al divieto dell'art. 4, lett. c), del Trattato

75.
    La Moccia sostiene in sostanza che il quinto codice degli aiuti alla siderurgia, che costituisce una deroga fondata sull'art. 95 del Trattato al divieto di cui all'art. 4, lett. c), del Trattato stesso, dovrebbe rispettare i principi fondamentali del Trattato ed in particolare limitarsi a quanto necessario per evitare distorsioni della concorrenza. Ora la chiusura di un'azienda in ipotesi non competitiva non potrebbe falsare la concorrenza. Ne deriverebbe che l'aiuto alla chiusura concesso ad un'azienda del genere non sarebbe vietato e non potrebbe quindi essere disciplinato dal quinto codice.

76.
    In modo analogo la Sidercamuna afferma che per i motivi suesposti l'incentivo alla chiusura richiesto in circostanze del genere non può essere considerato un aiuto ai sensi dell'art. 4, lett. c), del Trattato. In via subordinata, qualora tale qualificazione dovesse comunque essere accolta, l'erogazione dell'aiuto non sarebbe vietata.

77.
    A sostegno di tale motivo le ricorrenti sviluppano tre argomenti.

78.
    La Moccia sostiene che la nozione di aiuto concesso da uno Stato ai sensi del Trattato CECA è identica a quella prevista dal Trattato CE, e quindi, anche sotto il regime del Trattato CECA, in mancanza di effetti sfavorevoli sulla concorrenza un aiuto sarebbe compatibile con il mercato comune.

79.
    La Sidercamuna si richiama alla sentenza del Tribunale 24 ottobre 1997, causa T-244/94, Wirtschaftsvereinigung Stahl e a./Commissione (Racc. pag. II-1963), nella quale, al punto 32 è stato dichiarato quanto segue:

«L'art. 4, lett. c), del Trattato vieta, in via di principio, gli aiuti di Stato, all'interno della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nella misura in cui essi possono recare pregiudizio alla realizzazione degli obiettivi essenziali della Comunità stabiliti dal Trattato, in particolare all'instaurazione di un regime di libera concorrenza».

80.
    Essa ne conclude che una sovvenzione non è vietata dall'art. 4, lett. c), del Trattato se non qualora sia atta ad incidere su una situazione di equilibrio concorrenziale.

81.
    La Sidercamuna rinvia altresì alla sentenza della Corte 23 febbraio 1961, causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, Racc. pag. 1, in particolare pag. 39, quarto capoverso), che per descrivere la nozione di sovvenzione ai sensi del Trattato richiama il tenore dell'art. 5, secondo comma, quarto trattino, del Trattato, il quale prescrive alla Comunità di assicurare l'instaurazione, il mantenimento ed il rispetto di condizioni normali di concorrenza.

82.
    Il Tribunale rileva che lo scopo dell'art. 4 del Trattato è quello, già ricordato, di garantire «l'instaurazione, il mantenimento ed il rispetto di condizioni normali diconcorrenza» (sentenza De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, citata al punto 81 supra, Racc. pag. 42). Tale disposizione, alla lett. c), vieta le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati «in qualunque forma». Tale precisazione non risulta dall'art. 4, lett. a), b) e d), e conferisce un insolito carattere generale al divieto così qualificato (sentenza citata, Racc. pag. 41). Il divieto così espresso è formulato con un rigore eccezionale perché riguarda interventi diretti al funzionamento del mercato comune del carbone e dell'acciaio, considerati in quanto tali contrari alle condizioni stesse di instaurazione del detto mercato comune. Pertanto gli aiuti sono considerati incompatibili con il mercato comune senza che occorra dimostrare né verificare se in realtà sussista o rischi di verificarsi una lesione delle condizioni della concorrenza (v. le conclusioni dell'avvocato generale Lagrange nella causa De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, già citata, Racc. pag. 58, in particolare pag. 75).

83.
    Il regime predisposto dall'art. 4, lett. c), del Trattato CECA è pertanto diverso da quello dell'art. 87, n. 1, del Trattato CE (ex art. 92). Il primo vieta in modo generale e incondizionato qualunque sovvenzione, considerandola di per sé contraria alle condizioni stesse di costituzione del mercato comune del carbone e dell'acciaio. Invece il secondo vieta un aiuto solo se atto a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza favorendo talune imprese o talune produzioni.

84.
    Ne consegue che un aiuto per la chiusura concesso da uno Stato membro ad un'impresa siderurgica CECA ricade sotto il divieto ex art. 4, lett. c), del Trattato CECA senza che sia necessario dimostrare un'effettiva lesione delle condizioni della concorrenza. Il quinto codice, che è volto a derogare al detto divieto, può quindi applicarsi a un aiuto del genere.

85.
    Tale conclusione non è rimessa in discussione dalle sentenze Wirtschaftsvereinigung Stahl e a./Commissione, citata al punto 79 della presente sentenza, e De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, citata al punto 81, invocate dalle ricorrenti.

86.
    La sentenza Wirtschaftsvereinigung Stahl e a./Commissione, citata al punto 79, enuncia effettivamente, così come altre due sentenze in pari data (sentenze del Tribunale 24 ottobre 1997, causa T-239/94, EISA/Commissione, Racc. pag. II-1839, punto 61, e causa T-243/94, British Steel/Commissione, Racc. pag. II-1887, punto 40), che l'art. 4, lett. c), del Trattato vieta in linea di principio gli aiuti concessi dagli Stati all'interno della Comunità qualora siano atti a pregiudicare la realizzazione degli scopi essenziali della Comunità definiti dal Trattato, in particolare l'instaurazione di un regime di libera concorrenza. Essa aggiunge altresì (v. punto 33 e sentenze EISA/Commissione, già citata, punto 62, e British Steel/Commissione, già citata punto 41) che la presenza di siffatto divieto non significa che qualsiasi aiuto statale nell'ambito della CECA debba essere considerato incompatibile con gli obiettivi del Trattato.

87.
    Tali affermazioni erano però unicamente volte a consentire al Tribunale di concludere che l'art. 4, lett. c), del Trattato non osta a che le istituzioni comunitarie, in forza di una competenza esclusiva nel settore degli aiuti all'interno della Comunità, possano autorizzare, in via di deroga, aiuti presi in considerazione dagli Stati membri e compatibili con gli obiettivi del Trattato, basandosi sull'art. 95, primo e secondo comma, al fine di far fronte a situazioni impreviste (punti 33 e 34 della sentenza; e sentenze EISA/Commissione, già citata, punti 62 e 63, e British Steel/Commissione, già citata, punti 41 e 42).

88.
    Nell'ambito di quella sentenza tali affermazioni non erano quindi volte, contrariamente a quanto sostiene la Sidercamuna, a constatare che aiuti che siano compatibili con gli obiettivi del Trattato verrebbero d'ufficio esentati dal divieto ex art. 4, lett. c), del Trattato.

89.
    La sentenza De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, citata al punto 81 della presente sentenza, dichiara effettivamente (Racc. pag. 39, quarto paragrafo, e pag. 43, primo paragrafo), come si è ricordato supra al punto 82, che lo scopo dell'art. 4 del Trattato è quello, illustrato dall'art. 5, secondo comma, terzo trattino, del medesimo Trattato, di garantire la costituzione, il mantenimento e il rispetto di condizioni normali di concorrenza.

90.
    Nel contesto di quella sentenza tale riferimento non aveva però lo scopo di giustificare la limitazione del campo di applicazione del divieto degli aiuti, bensì di motivarne l'estensione. Infatti la Corte vi ha fatto riferimento per estendere l'interpretazione delle nozioni di sovvenzioni o aiuti ai sensi dell'art. 4, lett. c), del Trattato al pagamento di una frazione del costo di produzione da una parte diversa dall'acquirente o dall'utilizzatore, atteso che tale pagamento costituiva manifestamente un ostacolo all'instaurazione di condizioni normali di concorrenza. La medesima sentenza si è del resto premurata di sottolineare, come è stato ricordato supra al punto 82, il carattere insolitamente generale del divieto sancito da tale disposizione. Ne consegue che il riferimento da parte della detta sentenza all'art. 5, secondo comma, quarto trattino, del Trattato non esprime una limitazione del campo d'applicazione del divieto di aiuti all'ipotesi di un'alterazione - provata in concreto - delle condizioni di concorrenza.

91.
    Il motivo va pertanto respinto.

Sui motivi di illegittimità dell'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia

92.
    La Moccia osserva che un sistema di controllo comunitario volto ad impedire abusi, in particolare in caso di chiusura di un'azienda, dovrebbe limitarsi a prevedere le condizioni indispensabili per l'esercizio del controllo in questione senza introdurre condizioni inutilmente vessatorie. Ora, ciò sarebbe quanto si verifica nel caso dispecie, dato che si esige che un'azienda, in ipotesi poco competitiva, abbia fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA.

93.
    La Sidercamuna ricorda che il principio dell'effetto utile esige che l'applicazione del diritto comunitario sia funzionale al raggiungimento delle sue finalità. Poiché la finalità prioritaria del programma di aiuti all'industria siderurgica è la riduzione della capacità produttiva, è illegittimo subordinare la realizzazione di detto obiettivo a condizioni che non hanno alcun rapporto con esso, come il mantenimento di un certo livello di produzione regolare.

94.
    Il Tribunale rileva che la Commissione, con l'adozione del quinto codice, e il Consiglio, con il suo parere conforme, hanno autorizzato taluni aiuti a favore delle aziende che cessano definitivamente l'attività di produzione siderurgica CECA purché le destinatarie abbiano fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA sino alla data di notifica degli aiuti. Come risulta dalle decisioni impugnate (v. supra, punto 21) il loro scopo era la concessione di un aiuto per la chiusura unicamente alle aziende che raggiungessero un certo livello di attività. Viceversa, non hanno ritenuto necessario né opportuno concedere una deroga al divieto generale stabilito dall'art. 4 del Trattato a favore di aziende che non hanno una produzione regolare, dato che la chiusura di queste ultime non ha un'incidenza significativa sul mercato.

95.
    Ora, ai sensi dell'art. 4, lett. c), del Trattato, qualunque sovvenzione concessa dagli Stati membri alla siderurgia è vietata, in qualunque forma. Le deroghe a tale divieto, come il quinto codice emanato in forza dell'art. 95 del Trattato, vanno interpretate restrittivamente (sentenza del Tribunale 25 settembre 1997, causa T-150/95, UK Steel Association/Commissione, Racc. pag. II-1433, punto 114).

96.
    Ne consegue che, alla luce della portata generale del divieto degli aiuti stabilito dall'art. 4, lett. c), del Trattato e della natura eccezionale e limitata delle deroghe previste, la Commissione, nell'esercizio del suo potere discrezionale e senza trasgredire il diritto in modo patente né commettere uno sviamento di potere, non era legittimata a ritenere che un aiuto alla chiusura dovesse produrre effetti significativi sul mercato e quindi essere concesso unicamente a imprese che, pur essendo in ipotesi meno competitive, avessero cionondimeno mantenuto una produzione regolare.

97.
    I motivi devono pertanto essere respinti.

Sui motivi vertenti sull'interpretazione effettuata nel caso di specie dalla Commissione per quanto riguarda la condizione della produzione regolare prevista dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice

98.
    Occorre ricordare anzitutto che nella decisione 12 dicembre 1994 la Commissione, pur autorizzando in linea di principio il regime di aiuti disciplinato dalla legge n. 481/94, ha subordinato tutte le fattispecie concrete di applicazione alla previanotifica ed ha sottolineato che avrebbe subordinato in ciascun caso la sua autorizzazione al rispetto di talune condizioni. Fra tali condizioni, quella della regolarità della produzione prevista dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice, nella detta decisione è stata interpretata dalla Commissione nel senso che, per poter fruire dell'aiuto, l'impresa deve «essere stata in produzione per l'anno 1993 e fino alla notifica alla Commissione del decreto legge n. 103 del febbraio 1994, in media, per almeno un turno al giorno, ossia almeno otto ore al giorno, per cinque giorni a settimana».

99.
    Tale criterio è fondato sulla constatazione oggettiva che la produzione siderurgica, per esigenze tecniche, avviene a ciclo continuo, di norma su tre turni di otto ore al giorno per sette giorni alla settimana, quindi durante 168 ore settimanali. La produzione minima richiesta in applicazione del detto criterio è di 40 ore settimanali, quindi approssimativamente un quarto, ovvero il 25%, della produzione massima possibile (o capacità produttiva). Nella decisione di rigetto degli aiuti la Commissione paragona per ogni ricorrente la produzione massima possibile dichiarata rispetto alla produzione effettiva nel corso del periodo di riferimento (dal gennaio 1993 al febbraio 1994) ed esprime tale rapporto in percentuale. Il limite minimo richiesto è del 25% della produzione effettiva rispetto alla produzione massima possibile.

100.
    Ad ogni modo nella decisione 12 dicembre 1994 la Commissione ha previsto la possibilità per le autorità italiane di provare mediante criteri oggetti alternativi che l'azienda siderurgica aveva mantenuto una produzione regolare. Infatti la Commissione ha aggiunto nella decisione 12 dicembre 1994 che le autorità italiane potevano tuttavia «dimostrare, sulla base di criteri oggettivi, che un'impresa, che pur non ricade nell'ambito di cui al predetto criterio, ha fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA».

101.
    Si deve osservare infine che la Commissione ha definito la scelta del criterio principale e della possibilità di criteri oggetti alternativi in stretta collaborazione con le autorità italiane destinatarie della decisione 12 dicembre 1994. Infatti dalla lettera 5 ottobre 1994, inviata alla Commissione dal Ministro italiano dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, emerge quanto segue: «Ritengo peraltro che sia ragionevole accettare il suggerimento della Commissione secondo cui una produzione regolare nei termini dell'articolo 4, comma 2, del Codice degli Aiuti, significhi che un'impresa beneficiaria di aiuti alle chiusure deve essere stata in produzione nel corso del 1993 ad una media di almeno di un turno al giorno. Naturalmente ciò non esclude che la Commissione accetterà che si possa dimostrare con altre modalità oggettive che un'impresa che non risponde in pieno al summenzionato criterio possa comunque essere stata in produzione regolarmente al tempo della notifica».

102.
    Ne risulta che la Commissione, prevedendo nella decisione 12 dicembre 1994 un criterio principale equivalente alla presunzione di produzione regolare ai sensidell'art. 4, n. 2, del quinto codice nonché la possibilità di fornirne la prova mediante altri criteri oggettivi, non ha commesso uno sviamento di potere e non ha neppure trasgredito in modo patente né le disposizioni del Trattato né alcuna norma giuridica relativa all'applicazione del medesimo.

103.
    Cionondimeno, per dimostrare siffatto sviamento o una tale trasgressione da parte della Commissione all'atto dell'applicazione del criterio principale alla loro situazione concreta, le ricorrenti deducono motivi che sostanzialmente criticano la scelta del criterio principale nonché il rifiuto da parte della Commissione di prendere in considerazione criteri oggetti alternativi.

A - Sui motivi di critica della scelta del criterio della produzione minima di un turno di otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana

104.
    Le ricorrenti criticano, in primo luogo, le circostanze in cui il criterio è stato applicato e, in secondo luogo, il contenuto del criterio stesso.

1. Sui motivi di critica delle circostanze in cui il criterio è stato applicato

105.
    La Moccia deduce un motivo di trasgressione dei principi di pubblicità e di irretroattività delle norme giuridiche.

106.
    Sostanzialmente essa afferma, in primo luogo, che il criterio di cui trattasi costituisce una norma giuridica che sarebbe stata applicata per la prima volta dalla decisione 96/678. Ora esso si applicherebbe a fatti verificatisi tra il gennaio 1993 e il febbraio 1994. Vi sarebbe pertanto un'inosservanza del principio di irretroattività delle norme giuridiche.

107.
    In secondo luogo, tale norma giuridica non sarebbe stata oggetto di pubblicazione prima della sua applicazione. Si configurerebbe pertanto anche una violazione del principio di pubblicità delle norme giuridiche.

108.
    Il Tribunale rileva che il motivo critica il fatto che il criterio definito dalla decisione 12 dicembre 1994 per accertare il sussistere del presupposto della regolarità della produzione, previsto dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice, prende in considerazione la produzione realizzata in un periodo precedente l'adozione e l'applicazione del detto criterio, e cioè sino alla data di notifica alla Commissione del regime di aiuti italiano, effettuata nel febbraio 1994.

109.
    Ora, la determinazione del periodo per la valutazione della produzione costituisce unicamente l'applicazione dell'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice, il quale dispone che gli aiuti alla chiusura possono essere considerati compatibili con il mercato comune a condizione che l'impresa che chiede l'aiuto abbia fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA «fino alla data di notificazione di tali aiuti».

110.
    Il quinto codice degli aiuti alla siderurgia è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 31 dicembre 1991. In forza dell'art. 9 è entrato in vigore il 1° gennaio 1992.

111.
    Il periodo di produzione preso in considerazione dalla decisione 12 dicembre 1994 per le imprese che hanno chiesto aiuti alla chiusura in applicazione della legge n. 481/94 era quello che andava dal gennaio 1993 al febbraio 1994. Esso è quindi successivo alla data di pubblicazione e di entrata in vigore del quinto codice, che ha definito le modalità di valutazione di cui trattasi.

112.
    I motivi vanno pertanto respinti.

2. Sui motivi di critica del contenuto del criterio

113.
    Le ricorrenti criticano sotto tre profili il contenuto stesso del criterio definito dalla decisione 12 dicembre 1994. In primo luogo, tale criterio, esigendo una produzione oggettivamente elevata, precluderebbe l'erogazione dell'aiuto alle imprese meno competitive. In secondo luogo, il periodo di riferimento definito sarebbe insufficiente e, in terzo luogo, la produzione massima possibile costituirebbe un parametro arbitrario.

a) Sul motivo secondo cui il criterio, esigendo una produzione oggettivamente elevata, precluderebbe l'erogazione dell'aiuto alle imprese meno competitive

114.
    La Moccia e la Lamifer osservano che, stando alla parte I, quarto capoverso, del preambolo del quinto codice, gli aiuti alla chiusura devono andare a vantaggio delle imprese meno competitive. Ora, nell'interpretazione del criterio della regolarità della produzione la Commissione avrebbe imposto alle imprese che chiedono la concessione di siffatti aiuti limiti di produzione oggettivamente elevati. Essa avrebbe pertanto omesso di tener conto del fatto che gli aiuti alla chiusura sono destinati alle imprese meno competitive.

115.
    Il Tribunale osserva anzitutto che la parte I, quarto capoverso, del preambolo '‘del quinto codice, cui fanno riferimento le ricorrenti, è volta a riprendere i principi su cui erano fondate le decisioni della Commissione 27 novembre 1985, n. 3484/85/CECA, e 1° febbraio 1989, n. 322/89/CECA, recanti norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia, terzo e quarto codice degli aiuti alla siderurgia. Il suo scopo non è di motivare in modo specifico gli aiuti alla chiusura previsti dal quinto codice. Tuttavia, poiché la finalità del quinto codice consiste nel sostituire i codici precedenti giunti a scadenza e nessun motivo specifico di tale codice si discosta formalmente dai detti principi, non è escluso che questi ultimi si applichino anche al quinto codice. Tale interpretazione è confermata dalla circostanza che il sesto codice degli aiuti alla siderurgia contiene, al tredicesimo punto del preambolo, una motivazione simile, che fa rinvio al quinto codice, su cui verte il caso di specie.

116.
    Tale motivazione va però necessariamente ricollegata al dettato stesso del quinto codice ed in particolare dell'art. 4, n. 2, secondo trattino, del medesimo, che esige una produzione regolare da parte delle imprese che chiedono un aiuto a favore della cessazione dell'attività. Ne consegue che il legislatore comunitario non ha avuto l'intento di riferirsi alla categoria delle imprese meno competitive senza distinzione, bensì unicamente, all'interno della detta categoria, alle imprese che si trovavano in «produzione regolare». Ora, come è già stato dimostrato supra (punti 94-96), la Commissione non ha commesso un errore manifesto limitando l'aiuto di cui trattasi alle imprese la cui chiusura producesse un effetto significativo sul mercato.

117.
    Il motivo va quindi respinto.

b) Sui motivi di insufficienza del periodo di riferimento

118.
    La Casilina, la Dora e la Lamifer asseriscono che l'inizio del periodo di riferimento della produzione regolare avrebbe dovuto essere stabilito al 1° gennaio 1991 e che la durata insufficiente del periodo di riferimento non consentirebbe di stabilire se la presenza di un'impresa sul mercato sia significativa.

- Sul motivo secondo cui l'inizio del periodo di riferimento della produzione regolare avrebbe dovuto essere stabilito al 1° gennaio 1991

119.
    Le ricorrenti affermano che l'inizio del periodo di riferimento della produzione regolare avrebbe dovuto essere fissato al 1° gennaio 1991 atteso che tale data è menzionata nel primo e terzo trattino del n. 2 dell'art. 4 del quinto codice.

120.
    Il Tribunale osserva che l'art. 4, n. 2, del quinto codice definisce le condizioni che devono essere soddisfatte da un'impresa affinché un aiuto per la chiusura a suo favore possa essere considerato compatibile con il mercato comune.

121.
    Il primo trattino del detto n. 2 esige che l'impresa abbia acquistato la personalità giuridica «prima del 1° gennaio 1991». Il secondo trattino stabilisce che le imprese interessate devono aver fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA «fino alla data di notificazione di tali aiuti». Il terzo trattino dispone che l'impresa non deve aver modificato la struttura produttiva e gli impianti «dopo il 1° gennaio 1991».

122.
    Da tale elenco emerge che ognuna delle tre condizioni è subordinata ad un limite temporale unico. D'altra parte tali limiti sono diversi gli uni dagli altri, atteso che le condizioni devono essere soddisfatte, rispettivamente, prima del 1° gennaio 1991, dopo il 1° gennaio 1991 ed entro la data di notificazione degli aiuti. Dal punto di vista rigorosamente letterale non si può pertanto ritenere che la condizione stabilita al secondo trattino del n. 2 sia meno completa delle altre due condizioni, né che vada integrata con riferimento a queste ultime.

123.
    In secondo luogo è vero che l'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice non prevede nessuna data con riferimento alla quale valutare la regolarità della produzione. Ora, se il legislatore comunitario avesse avuto l'intenzione di stabilire che la detta condizione dovesse essere soddisfatta al 1° gennaio, è difficile immaginare che abbia omesso di indicarlo, tanto più che tale data è precedente a quella dell'entrata in vigore del quinto codice.

124.
    Infine la Commissione rileva giustamente che le finalità del primo e terzo trattino del n. 2 dell'art. 4 del quinto codice e quelle del secondo trattino della medesima disposizione sono diverse. I primi sono manifestamente volti alla prevenzione di eventuali frodi evitando che gli interessati possano costituire una società, ampliare la struttura produttiva e gli impianti unicamente allo scopo di fruire dell'aiuto. Invece lo scopo principale perseguito dalla condizione di cui al secondo trattino del n. 2 non è la prevenzione delle frodi. Infatti, non implica frode il fatto che un'impresa eventualmente già costituita, in forza dell'art. 4, n. 2, primo trattino, del quinto codice prima del 1° gennaio 1991, quindi prima dell'emanazione del quinto codice, chieda aiuti alla chiusura pur non effettuando più una produzione regolare. Lo scopo perseguito con il requisito della produzione regolare è invece di garantire che l'erogazione degli aiuti alla chiusura provochi una riduzione notevole della produzione, nel presupposto che tali sovvenzioni vengano erogate unicamente ad imprese che al momento della chiusura avessero un livello produttivo di una determinata rilevanza.

125.
    E' vero che la prevenzione delle frodi rientra accessoriamente nell'obbligo del rispetto della detta condizione sino al momento della notifica dell'aiuto, quindi in un momento eventualmente passato e pertanto non sospetto, che preclude di conseguenza qualsiasi aumento della produzione effettuata allo scopo di soddisfare il criterio della produzione regolare. Tuttavia tale requisito, che riguarda unicamente le modalità di valutazione della relativa condizione, esula dagli scopi di quest'ultima.

126.
    Ne consegue che non vi è un motivo determinante per ammettere che la regolarità della produzione, prevista dal secondo trattino del n. 2 dell'art. 4 del quinto codice, dovesse essere valutata dal 1° gennaio 1991, perché tale data è menzionata nel primo e terzo trattino del detto n. 2.

127.
    Il motivo va quindi respinto.

- Sul motivo secondo cui la durata insufficiente del periodo di riferimento non consentirebbe di valutare se la presenza di un'impresa sul mercato sia significativa

128.
    Le ricorrenti ricordano che lo scopo del criterio adottato era di consentire l'erogazione degli aiuti unicamente alle imprese la cui presenza sul mercato siderurgico fosse significativa. Esse osservano che la presenza di un'impresa sul mercato non può essere correttamente valutata con riferimento ad un periodooggettivamente limitato, come quello di cui trattasi. Infatti la presenza di un'impresa sul mercato sarebbe significativa qualora detenga durevolmente una certa quota di mercato, cioè una quota di mercato considerata in una prospettiva dinamica e non arbitrariamente circoscritta ad un unico anno. Le ricorrenti si richiamano per analogia alla decisione della Commissione 12 luglio 1989, 89/467/CEE, relativa ad una procedura a norma dell'art. 85 del Trattato (IV/30.566-UIP) (GU L 226, pag. 25), emanata nell'ambito dell'art. 85 del Trattato CE, che ha riconosciuto che le variazioni considerevoli delle quote di mercato dei distributori da un anno all'altro non rispecchiano necessariamente modifiche della loro presenza economica sul mercato, la quale dovrebbe anzi essere valutata in una prospettiva dinamica.

129.
    La Commissione osserva che il quinto codice non precisa da quale momento debba essere valutata la condizione della produzione regolare. Sarebbe stato quindi di sua competenza stabilire il dies a quo per la detta valutazione e pertanto il periodo di riferimento da prendere in considerazione. Essa avrebbe risolto la questione basandosi sullo scopo della disposizione in parola, cioè garantire che gli aiuti alla chiusura avrebbero avuto un impatto significativo sul mercato. Essa chiarisce che per realizzare tale obiettivo sarebbe stato necessario stabilire un periodo più ravvicinato possibile alla data di notifica del regime generale, in modo far sì che gli aiuti venissero erogati solo alle imprese effettivamente in attività in quel momento. D'altra parte sarebbe stato necessario che il periodo fosse sufficientemente prolungato per consentire di accertare se la presenza sul mercato dell'impresa in parola potesse essere considerata sufficientemente significativa. A tal fine la Commissione avrebbe ritenuto equo stabilire come periodo di riferimento quello compreso tra l'anno precedente alla data di notifica del regime generale e la data in cui quest'ultima è stata effettuata.

130.
    Il Tribunale rileva, così come ha fatto la Commissione, che, se imprese non rappresentative sul mercato nel 1993 e nel gennaio e febbraio del 1994 ma che avevano realizzato una produzione sufficiente nel corso del biennio 1991-1992 avessero potuto fruire degli aiuti di cui è causa, la riduzione della produzione che sarebbe risultata dalla loro chiusura sarebbe stata puramente virtuale, o per lo meno nettamente inferiore. D'altra parte si sarebbe altresì ottenuto un risultato contrario agli scopi perseguiti qualora le imprese presenti in modo significativo sul mercato nel 1993 ma insufficientemente attive nel corso del periodo 1991-1992 non avessero potuto fruire dell'aiuto.

131.
    Va aggiunto che, stando alle informazioni non contestate fornite dalla Commissione, gli aiuti alla chiusura, nel caso di specie, sono stati concessi a 33 delle 43 imprese siderurgiche italiane che li avevano richiesti, con una riduzione effettiva della produzione di laminati a caldo superiore ai 5 milioni di tonnellate, quantitativo corrispondente agli obiettivi che il governo italiano si sarebbe prefissato nell'ambito della concessione degli aiuti di cui è causa. Ne consegue che la scelta effettuata dalla Commissione, per quanto riguarda il periodo di riferimento sulla scorta del quale valutare la regolarità della produzione, non solo ha consentitodi valutare correttamente la presenza sul mercato dell'impresa destinata alla chiusura, ma ha altresì consentito di raggiungere concretamente gli obiettivi di riduzione stabiliti dal governo italiano.

132.
    Non occorre neppure prendere in considerazione l'argomento delle ricorrenti relativo alla citata decisione 12 luglio 1989, 89/467. In quest'ultima, emanata in forza dell'art. 81 del Trattato CE (ex art. 85), la Commissione ha riconosciuto che le variazioni considerevoli delle quote di mercato dei distributori da un anno all'altro non rispecchiavano necessariamente le modifiche della loro presenza economica sul mercato, la quale andava anzi valutata in una prospettiva dinamica. A questo proposito basti osservare, così come ha fatto la Commissione, che non è corretto far rinvio nel caso di specie a tale decisione, emanata nel settore della distribuzione cinematografica. In quel caso si trattava di valutare il potere economico di imprese destinate a rimanere sul mercato e in particolare di determinare le conseguenze dell'accordo concluso fra di loro, considerando la possibilità di un'eliminazione della concorrenza per una parte notevole dei prodotti in discussione. Invece nel caso di specie si trattava di valutare la presenza di un'impresa siderurgica sul mercato nella prospettiva della sua chiusura definitiva e quindi con riferimento alla riduzione della produzione che ne sarebbe potuta derivare. Ora, l'incidenza di tale chiusura sulla produzione globale di prodotti siderurgici è tanto più significativa se la produzione dell'impresa è stata rilevante nel corso di un periodo quanto più ravvicinato possibile alla chiusura.

133.
    Ne consegue che non è stato dimostrato che la Commissione, avendo così stabilito la durata del periodo nel corso del quale deve essere valutata la regolarità della produzione, abbia contravvenuto in modo manifesto alle disposizioni del Trattato ovvero a qualsivoglia norma giuridica relativa all'applicazione del medesimo, ovvero abbia commesso uno sviamento di potere.

134.
    Il motivo va quindi respinto.

c) Sui motivi con cui viene criticata la scelta della produzione massima possibile come parametro di riferimento per il calcolo della produzione regolare

135.
    La Casilina, la Dora e la Lamifer criticano il fatto che il criterio elaborato dalla Commissione nella decisione 12 dicembre 1994 si riferisca alla produzione massima possibile. Infatti il criterio di riferimento dovrebbe essere costituito dalla produzione reale effettiva. Inoltre il ricorso alla produzione massima possibile sarebbe inadeguato per valutare la produzione dei laminatoi rispetto alle acciaierie.

- Sul motivo secondo cui la regolarità della produzione dovrebbe essere valutata con riferimento alla produzione reale effettiva

136.
    Le ricorrenti ritengono che l'uso della nozione di produzione massima possibile sia arbitrario. Il termine «regolarità» della produzione utilizzato dal quinto codiceriguarderebbe un'attività di produzione corrispondente a quella storicamente svolta dall'impresa. Una produzione potrebbe essere considerata regolare se non si discostasse in modo rilevante dalla tendenza osservata nel corso degli anni precedenti e seguenti. Tale fattore potrebbe essere valutato unicamente sulla base di dati reali, cioè la produzione realizzata nel corso degli anni precedenti, e non di dati teorici e potenziali, come la capacità produttiva.

137.
    Il Tribunale, facendo riferimento ai pertinenti argomenti presentati dalla Commissione, rileva che l'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice non limita il potere discrezionale della Commissione in ordine alla scelta del parametro di riferimento sulla scorta del quale accertare se la condizione di produzione regolare è stata effettivamente soddisfatta. Una limitazione del genere può risultare solo dalla necessità di stabilire parametri atti a garantire la realizzazione dello scopo perseguito dalla norma di cui è causa, cioè una riduzione effettiva della produzione.

138.
    Ora le ricorrenti, invece di precisare come il criterio attuato dalla Commissione contravvenga in modo manifesto alle disposizioni del quinto codice o agli scopi di quest'ultimo, si limitano a proporre un criterio alternativo. Tale criterio, cioè la produzione effettivamente realizzata dall'azienda e la regolarità della medesima da un anno all'altro, omette però di prendere in considerazione la produzione che l'azienda è in grado di realizzare e la proporzione tra la capacità produttiva e la produzione effettiva. Ne consegue che in applicazione di tale criterio un aiuto alla chiusura potrebbe essere concesso ad un'azienda la cui produzione effettiva, pur essendo regolare, costituisce solo un'infima frazione della sua capacità produttiva. Un'interpretazione del genere avrebbe pertanto condotto, contrariamente al criterio adottato dalla Commissione, a garantire non una riduzione rapida e notevole della produzione reale, bensì una semplice riduzione della capacità produttiva. Del resto, come osserva giustamente la Commissione, se si tenesse conto della semplice continuità dello standard produttivo di un'azienda nel corso di un dato periodo, come suggeriscono le ricorrenti, le sovvenzioni potrebbero essere addirittura concesse alle imprese che, pur trovandosi in una situazione di crisi irreversibile, sono ciò non di meno riuscite a sopravvivere durante alcuni anni sul mercato con un livello di produzione del tutto marginale e quindi non significativo per la realizzazione degli scopi perseguiti dai detti aiuti. Poiché la finalità del codice degli aiuti consiste nell'ottenere, mediante aiuti alla chiusura, una riduzione significativa della produzione, tale criterio risulta manifestamente meno adeguato per l'attuazione di tale obiettivo rispetto a quello adottato dalla Commissione.

139.
    Ne consegue che non è stato dimostrato che la Commissione, adottando il criterio della produzione massima possibile, abbia trasgredito in modo patente le disposizioni del Trattato ovvero qualsivoglia norma giuridica relativa all'applicazione del medesimo, ovvero abbia commesso uno sviamento di potere.

- Sul motivo inerente all'inadeguatezza della produzione massima possibile come criterio per valutare la produzione dei laminatoi

140.
    Le ricorrenti ritengono che la produzione massima possibile sia inadeguata per valutare la produzione dei laminatoi, rispetto alle acciaierie. Infatti tale nozione, così come attuata nel caso di specie dalla Commissione, sarebbe fondata sull'ipotesi di un'organizzazione della produzione in tre turni di lavoro, quindi di una produzione di tre volte otto ore al giorno. Effettivamente queste sarebbero, per esigenze tecniche, le modalità di produzione delle acciaierie. Invece i laminatoi funzionerebbero di norma con un solo turno di lavoro, quindi con una produzione di otto ore quotidiane.

141.
    Il Tribunale osserva anzitutto che l'affermazione delle ricorrenti secondo cui la produzione dei laminatoi si svolgerebbe in linea di principio in un unico turno di lavoro è espressamente contestata dalla Commissione la quale dichiara che i laminatoi operano di norma sulla base di tre turni di lavoro, in particolare per esigenze di efficienza del ciclo termico, cioè la necessità di evitare il consumo enorme di gas necessario al raffreddamento del forno. Risulta altresì dal fascicolo, cioè dalla perizia tecnica dell'ingegnere Renzo Dusi del 16 gennaio 1996, prodotta dalla Lamifer, che la limitazione della sua produzione nel 1993 alle giornate di sabato e domenica avrebbe comportato un aumento enorme del consumo di metano a causa della ridottissima efficienza del ciclo termico. Sussistono pertanto indizi del fatto che un'organizzazione della produzione diversa da quella basata su tre turni al giorno non rappresenta un livello ottimale, neanche per i laminatoi.

142.
    Ne consegue che l'affermazione delle ricorrenti, non comprovata da alcun elemento oggettivo agli atti, non è provata.

143.
    Inoltre il parametro della produzione massima possibile calcolata su tre turni di lavoro comporta, come sostiene giustamente la Commissione, il vantaggio di essere oggettivo e di poter essere applicato in via generale e uniforme a tutte le imprese siderurgiche.

144.
    Infine si deve ricordare che, come è già stato osservato supra al punto 131, e stando alle informazioni non contestate fornite dalla Commissione, il criterio contestato ha consentito una riduzione effettiva della produzione di laminati a caldo superiore a 5 milioni di tonnellate e di raggiungere gli obiettivi del governo italiano. Ne consegue che manifestamente tale criterio non ha precluso l'erogazione, in condizioni accettabili, di aiuti per la chiusura ad imprese di laminazione.

145.
    Di conseguenza non è stato dimostrato che la Commissione, decidendo che la produzione massima possibile deve essere calcolata su tre turni di lavoro anche per i laminatoi, abbia contravvenuto in modo manifesto alle disposizioni del Trattato o a qualsivoglia norma giuridica relativa all'applicazione del medesimo, ovvero abbia commesso uno sviamento di potere.

146.
    Il motivo deve quindi essere respinto.

B - Sui motivi con cui è stato criticato il rifiuto della Commissione di prendere in considerazione criteri oggettivi alternativi

147.
    La Moccia, la Prolafer e la Sidercamuna criticano il fatto che la condizione della produzione regolare prevista dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice sia stata interpretata nel senso che esclude le aziende che, pur non avendo una produzione effettiva sufficiente, erano tuttavia idonee a produrre.

148.
    Le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che il rigetto del criterio dell'idoneità a produrre è in contrasto con lo scopo del quinto codice, cioè la riduzione della capacità produttiva. In secondo luogo, tale criterio sarebbe già stato adottato nella decisione 12 dicembre 1994. In terzo luogo, le decisioni impugnate avrebbero respinto a torto la tesi del governo italiano con cui è stato giustificato il ricorso a tale criterio a causa dell'esistenza di una profonda crisi del mercato italiano. In quarto luogo, le decisioni impugnate, rigettando tale criterio, non avrebbero tenuto conto delle situazioni specifiche delle imprese Moccia, Prolafer, Lamifer e Sidercamuna, che avrebbero potuto avvalersene.

1. Sui motivi secondo cui il rigetto del criterio dell'idoneità a produrre costituisce una violazione dell'obiettivo del quinto codice degli aiuti alla siderurgia

149.
    La Sidercamuna afferma che l'esclusione dagli aiuti alla chiusura delle imprese siderurgiche che, pur non avendo prodotto regolarmente, erano tuttavia idonee a farlo contravverrebbe all'art. 4 del quinto codice. Infatti, lo scopo di tale disposizione sarebbe di realizzare l'eliminazione di capacità produttive eccedentarie. Ora, negando gli aiuti a tale categoria di imprese, tale obiettivo non verrebbe perseguito. In particolare non si potrebbe escludere che le dette imprese possano successivamente vendere gli impianti di produzione ad altre imprese ancora attive e vengano così reimmesse sul mercato incrementando, a lungo termine, la capacità produttiva.

150.
    Essa aggiunge che l'erogazione di aiuti a tale categoria di imprese ha avuto un effetto certamente imprevisto, ma più significativo rispetto ad aiuti erogati solo alle imprese che rispettino il criterio definito dalla decisione 12 dicembre 1994 e dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice. La Commissione avrebbe pertanto assunto una decisione in aperto contrasto con il principio dell'effetto utile.

151.
    Ne conclude che la Commissione, nelle decisioni 12 dicembre 1994 e 97/258, avrebbe non solo commesso un errore manifesto di valutazione e uno sviamento di potere ma avrebbe altresì fatto uso del suo potere discrezionale in un senso diverso da quello necessario all'applicazione del Trattato e del quinto codice.

152.
    Analogamente la Moccia ritiene che la Commissione, negando l'aiuto alla chiusura delle aziende che, come la sua, hanno dovuto sospendere la produzione a causa della crisi del mercato, avrebbe commesso uno sviamento di potere.

153.
    Il Tribunale ricorda che l'art. 4, lett. c), del Trattato vieta gli aiuti concessi dagli Stati. Ora, poiché il divieto degli aiuti costituisce la norma e il quinto codice costituisce unicamente un'eccezione al detto principio, per tale motivo esso va interpretato restrittivamente (sentenza UK Steel Association/Commissione, loc. cit., punto 95 supra, punto 114). Ne consegue che l'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice, il quale esige che l'impresa che chiede un aiuto per la chiusura abbia fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA, va interpretato in modo vieppiù rigoroso.

154.
    Tale condizione dimostra che lo scopo perseguito dal quinto codice non è incentivare la chiusura di qualsiasi impresa e quindi l'ottenimento di una qualsiasi riduzione della capacità produttiva. La sua finalità consiste invece nell'autorizzare unicamente gli aiuti a favore di imprese presenti in modo significativo sul mercato e la cui chiusura comporterà una riduzione rilevante della produzione siderurgica effettiva.

155.
    Stabilendo il requisito della produzione regolare previsto dall'art. 4, n. 2, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia, il legislatore comunitario ha quindi voluto rafforzare l'effetto utile degli aiuti alla chiusura garantendo, come ha sostenuto giustamente la Commissione, che avessero effetti sufficientemente significativi non solo in termini di smantellamento di impianti ma anche di riduzione del livello attuale della produzione.

156.
    Ora, l'obiettivo è stato realizzato grazie all'interpretazione del requisito adottata dalla Commissione che, come è stato ricordato supra ai punti 131 e 144, ha permesso di erogare aiuti per la chiusura a 33 delle 43 imprese siderurgiche italiane che li avevano richiesti, con una riduzione effettiva della produzione di laminati a caldo superiore a 5 milioni di tonnellate.

157.
    Invece l'alternativa proposta dalle ricorrenti come parametro di riferimento, cioè la semplice idoneità a produrre, sarebbe stata manifestamente in contrasto con il detto requisito, non tenendo conto della produzione effettiva e quindi regolare. Del resto, come ha giustamente osservato la Commissione, essa avrebbe inevitabilmente condotto a sopprimere, o per lo meno ad indebolire notevolmente, l'effetto utile dello scopo perseguito. Infatti in tal modo le sovvenzioni avrebbero potuto essere concesse ad imprese in possesso di impianti inattivi. Ora, la finalità perseguita ha potuto essere raggiunta solo se gli aiuti di cui trattasi hanno potuto essere concessi alle aziende sufficientemente attive sul mercato.

158.
    Ne consegue che la Commissione, non avendo adottato il criterio dell'idoneità a produrre, non ha trasgredito in modo patente le disposizioni del Trattato né una qualsivoglia norma giuridica relativa all'applicazione del medesimo, né ha commesso uno sviamento di potere.

2. Sul motivo secondo cui la Commissione non avrebbe potuto respingere nella decisione 97/258 il criterio dell'idoneità a produrre, mentre lo aveva già accettato, approvando la normativa italiana con la decisione 12 dicembre 1994

159.
    La Sidercamuna afferma che la Commissione, negando la concessione di aiuti alla chiusura di aziende semplicemente idonee a produrre, si porrebbe in contraddizione con la propria decisione 12 dicembre 1994 con cui ha approvato la legge n. 481/94 e il regolamento di attuazione, in forza dei quali sono stati richiesti gli aiuti di cui è causa, e pertanto violerebbe i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. Il regolamento di attuazione dispone all'art. 1, n. 5, che l'eventuale procedimento fallimentare o concorsuale non è condizione ostativa alla concessione degli aiuti, stante la finalità di questi ultimi di incentivare la distruzione fisica degli impianti idonei a fabbricare prodotti siderurgici CECA. Approvando tale disposizione, la Commissione avrebbe altresì approvato il criterio dell'idoneità a produrre.

160.
    Il Tribunale rileva che l'art. 1 del regolamento di attuazione, intitolato «Condizioni di ammissibilità della domanda», dispone al n. 1, lett. e), che l'autorizzazione di aiuti alla chiusura è subordinata senza eccezioni alla condizione «di aver realizzato regolarmente una produzione certificata».

161.
    Tenuto conto della portata generale di tale disposizione, la funzione del n. 5 del medesimo articolo, come sottolinea giustamente la Commissione, consiste manifestamente nel rilevare che l'esistenza di un procedimento fallimentare non osta alla concessione degli aiuti alla chiusura e non costituisce pertanto una causa di esclusione a priori dal beneficio di tale provvedimento. Viceversa, ciò non significa che un'impresa sottoposta ad un procedimento fallimentare possa ottenere aiuti alla chiusura senza dover rispettare la condizione, definita all'art. 1, lett. e), del regolamento d'attuazione, di aver realizzato regolarmente una produzione certificata.

162.
    Ne consegue che la Commissione, avendo accettato, con la decisione 12 dicembre 1994, la normativa italiana, ivi compreso il regolamento di attuazione, non ha ammesso il criterio dell'idoneità a produrre e non ha pertanto trasgredito i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.

163.
    Il motivo va quindi respinto.

3. Sul motivo secondo cui sarebbe ingiustificato il rigetto da parte della Commissione della tesi del governo italiano relativa all'esistenza di una profonda crisi del mercato italiano

164.
    La Sidercamuna ritiene che nella decisione 97/258 la Commissione abbia respinto a torto la tesi delle autorità italiane che hanno addebitato la riduzione della produzione alla congiuntura particolarmente sfavorevole e ad una crisi significativa del mercato dei prodotti siderurgici.

165.
    La Commissione avrebbe omesso di procedere ad una debita valutazione del mercato e, in particolare, di prendere in considerazione taluni elementi fondamentali come la situazione precedente, la lunga crisi che aveva attraversato il settore e la necessità di una ristrutturazione dello stesso.

166.
    Infine essa avrebbe erroneamente preso in considerazione come parametro i dati relativi alla produzione invece di quelli relativi al consumo.

167.
    Il Tribunale rileva che nella decisione 97/258 (parte III del preambolo) la Commissione afferma che la tesi delle autorità italiane secondo la quale la scarsa produzione delle imprese siderurgiche italiane nel 1993 sarebbe imputabile ad una congiuntura particolarmente sfavorevole e ad una crisi significativa del mercato dei prodotti lunghi sarebbe infondata. Infatti vi sarebbe stato soltanto un ridottissimo calo della produzione dei prodotti lunghi, in particolare per quanto riguarda il sottosettore della vergella, delle altre barre e dei profilati. A sostegno di tali affermazioni la Commissione presenta una tabella da cui risulta che la produzione, in milioni di tonnellate, di prodotti lunghi sarebbe passata da 13,3 nel 1991 a 13,2 nel 1992 e a 12,5 nel 1993, quella della vergella da 3 nel 1991 a 3,2 nel 1992 e a 3,1 nel 1993 e quella delle barre e dei profilati da 3,5 nel 1991 a 3,3 nel 1992 e a 3,2 nel 1993. La Commissione aggiunge che tale conclusione vale anche per il mercato del tondo per cemento armato, nel quale si constaterebbe una lieve diminuzione del tasso di utilizzo, sia a livello europeo sia a livello italiano. Risulta poi da una seconda tabella che la produzione del tondo per cemento armato, in milioni di tonnellate, è passata in Europa da 12,24 nel 1991 a 12,53 nel 1992 e a 12,92 nel 1993. Si ricava infine da una terza tabella che la produzione di tondo per cemento armato, in milioni di tonnellate, è passata in Italia da 5,5 nel 1991 a 5,7 nel 1992 e a 5,4 nel 1993. La Commissione conclude che da tali dati si desume che gli argomenti delle autorità italiane secondo cui la scarsa produzione delle imprese di cui è causa, fra cui la ricorrente, sarebbe imputabile alla congiuntura sfavorevole sul mercato nel 1993 non sono accettabili.

168.
    Ora, sulla scorta di tali dati, non contestati dalla Sidercamuna, la Commissione ha potuto, senza commettere un errore manifesto, giungere alla citata conclusione.

169.
    Emerge altresì dalle tabelle contenute nella decisione stessa che la Commissione ha raffrontato i dati relativi alla produzione in Europa e in Italia del 1993 con quelli del biennio precedente. Essa ha quindi effettuato una valutazione del mercato che, permettendo di fornire una risposta adeguata alla tesi delle autorità italiane, non è manifestamente insufficiente.

170.
    Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la Commissione non era tenuta ad effettuare anche una valutazione che tenesse conto della durata della crisi attraversata dal settore e della necessità di ristrutturare l'industria siderurgica. Infatti tali elementi non sono atti a giustificare la mancanza di produzione regolare della ricorrente. Inoltre sono stati valutati da parte del legislatore quando haemanato i successivi codici di aiuti alla siderurgia. Ora, tale valutazione non ha impedito al detto legislatore di subordinare l'autorizzazione degli aiuti per la chiusura alla condizione della produzione regolare.

171.
    Per quanto riguarda l'argomento della ricorrente relativo al fatto che non sono stati presi in considerazione i dati relativi al consumo, basti rilevare che l'impresa di cui trattasi è un produttore che opera sul mercato della produzione e non su quello del consumo e che gli aiuti per la chiusura sono volti a ridurre la produzione e non il consumo dei prodotti di cui è causa, con la conseguenza che la Commissione non ha commesso un errore manifesto di valutazione prendendo in considerazione la situazione della produzione siderurgica invece di quella del consumo.

172.
    Il motivo va quindi respinto.

4. Sul motivo inerente all'omessa presa in considerazione delle situazioni specifiche di alcune ricorrenti

173.
    La Moccia, la Prolafer, la Lamifer e la Sidercamuna adducono l'esistenza di situazioni specifiche che giustificherebbero l'inosservanza del requisito della produzione regolare.

a) Caso dell'impresa Moccia

174.
    La Moccia ritiene che la Commissione, negando l'aiuto per la chiusura previsto a suo favore, non avrebbe tenuto conto del fatto che essa ha dovuto sospendere la produzione a causa della necessità di adeguare gli impianti alle disposizioni in tema di tutela ambientale.

175.
    Il Tribunale rileva tuttavia che risulta unicamente dai documenti prodotti dalla ricorrente a questo proposito che quest'ultima ha ricevuto, con decreto del Ministro italiano dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato il 6 ottobre 1992, un abbuono d'interessi per la costruzione di un nuovo impianto di smaltimento e riciclaggio di scorie industriali. Non risulta invece da nessun elemento del fascicolo che la ricorrente sia stata obbligata a cessare l'attività di produzione durante il periodo di riferimento per adeguare gli impianti esistenti alle norme in materia di tutela ambientale.

176.
    Il motivo non è quindi provato in fatto e va pertanto respinto.

b) Caso dell'impresa Prolafer

177.
    La Prolafer, pur accettando la condizione della produzione regolare, ritiene però che un'azienda che non ha potuto produrre regolarmente perché costretta ad interrompere la produzione per motivi indipendenti sia dalla sua volontà sia dalle condizioni del mercato dovrebbe poter fruire dell'aiuto. Essa chiarisce di aver dovuto cessare la produzione su ordine dell'autorità giudiziaria che ha deciso ilsequestro dei suoi impianti. A sostegno di tale argomento essa afferma che un'impresa che si trovasse in una situazione analoga, qualora venisse rimosso l'ostacolo alla produzione, potrebbe ritornare su un mercato artificialmente liberato da numerosi concorrenti che avrebbero fruito di aiuti per la chiusura, soluzione che sarebbe in contrasto con lo spirito del Trattato.

178.
    Il Tribunale rileva che effettivamente dai documenti allegati al ricorso emerge che il 9 gennaio 1991 le autorità giudiziarie hanno proceduto al sequestro degli impianti di produzione della ricorrente per ragioni di inquinamento ambientale. Ora, come risulta da un documento allegato al controricorso, il sequestro è stato revocato circa un mese dopo, il 15 febbraio 1991, cioè prima dell'inizio del periodo di riferimento al fine di controllare il rispetto del requisito della produzione regolare.

179.
    Poiché il motivo non è fondato in fatto occorre respingerlo.

c) Caso dell'impresa Lamifer

180.
    La Lamifer sostiene di non aver potuto raggiungere il livello di produzione minimo nel corso del periodo di riferimento perché provvedimenti delle autorità locali le avrebbero vietato qualunque attività produttiva durante le ore notturne, le più economiche dal punto di vista dei costi per l'energia elettrica.

181.
    Il Tribunale rileva tuttavia che dai documenti prodotti dalla ricorrente, cioè dall'ordinanza del sindaco di Travagliato 30 marzo 1989, allegata al ricorso, emerge che i provvedimenti di cui trattasi invece di disporre un divieto puro e semplice dell'attività produttiva notturna si limitavano ad imporre all'impresa interessata di adeguare gli impianti al fine di mantenere il livello sonoro entro limiti accettabili. Non ne deriva pertanto che la ricorrente sia stata costretta per tale motivo a limitare il ciclo produttivo ad un turno diurno.

182.
    Il motivo va quindi respinto.

d) Caso dell'impresa Sidercamuna

183.
    La Sidercamuna critica il fatto che la Commissione non ha tenuto conto dei criteri alternativi proposti dal governo italiano per accertare l'idoneità alla produzione piuttosto che la produzione reale. Ciò le avrebbe impedito di fruire dell'aiuto alla chiusura, benché sia rimasta sul mercato ed abbia praticato una gestione volta alla prosecuzione di una produzione regolare nonostante la crisi congiunturale del 1993.

184.
    Per quanto riguarda la legittimità della decisione della Commissione di non prendere in considerazione il criterio dell'idoneità a produrre il Tribunale fa rinvio ai punti 149-158.

185.
    Per quanto riguarda lo stato della produzione della ricorrente nel sito di Berzo Inferiore (Brescia), oggetto della domanda di aiuto alla chiusura, il Tribunale rileva che dalla relazione del consiglio di amministrazione della ricorrente sul bilancio approvato il 31 dicembre 1992 (allegato 8 R) emerge che, alla luce della situazione finanziaria compromessa e del conseguente comportamento diffidente dei fornitori, la produzione della medesima è stata caratterizzata da una paralisi progressiva. Emerge inoltre dalla relazione del revisore dei conti sul bilancio approvato il 31 dicembre 1992 (allegato 8 R) che in data 30 marzo 1993 l'assemblea straordinaria dei soci ha deciso di chiedere al Tribunale di Brescia, in particolare, «3) la sospensione dell'attività di produzione di tondi da cemento e di laminati piatti dell'impianto di Berzo Inferiore; 4) lo smantellamento dell'impianto di Berzo Inferiore grazie ai provvedimenti che la CE doveva realizzare entro il settembre prossimo venturo ovvero mediante la vendita a terzi». Infine il 5 aprile 1993 la ricorrente ha chiesto il beneficio dell'amministrazione controllata, che le è stato concesso con ordinanza della sezione fallimenti del Tribunale di Brescia 28 aprile 1993.

186.
    Ne consegue che la ricorrente, esposta ad una grave situazione finanziaria, intendeva sin dal mese di marzo del 1993, cioè ben prima della scadenza del periodo di riferimento volto a consentire la verifica del rispetto della condizione della produzione regolare, abbandonare definitivamente la produzione e vendere gli impianti del sito di Brezo Inferiore, oggetto della domanda di aiuto alla chiusura.

187.
    Il motivo va pertanto respinto.

Sui motivi di trasgressione del divieto di discriminazioni

188.
    Il Tribunale ricorda che la trasgressione da parte della Commissione del divieto di discriminazioni presuppone che quest'ultima abbia trattato in modo diverso situazioni paragonabili causando uno svantaggio a taluni operatori rispetto ad altri senza che tale differenza di trattamento sia giustificata dall'esistenza di differenze oggettive di una certa rilevanza. Occorre in particolare accertare se la disparità di trattamento sia fondata sull'esistenza di differenze oggettive di un certo rilievo con riguardo agli scopi che la Commissione può legittimamente perseguire nell'ambito della sua politica industriale relativa alla siderurgia europea (v. sentenze della Corte 13 luglio 1962, cause riunite 17/61 e 20/61, Klöckner-Werke e Hoechst/Alta Autorità, Racc. pag. 595, e 15 gennaio 1985, causa 250/83, Finsider/Commissione, Racc. pag. 131, punto 8).

189.
    Le ricorrenti deducono in sostanza sette motivi di trasgressione del divieto di discriminazioni.

A - Sui motivi inerenti alla discriminazione delle ricorrenti rispetto a talune imprese siderurgiche determinate che hanno anch'esse chiesto aiuti alla chiusura in forza della legge n. 481/94

190.
    Le ricorrenti ritengono di essere state discriminate rispetto ad altre imprese siderurgiche italiane. Tale discriminazione risulterebbe, in primo luogo, dal fatto che per quanto riguarda talune imprese che non hanno rispettato il criterio per l'interpretazione della condizione della produzione regolare, definito dalla Commissione nella decisione 12 dicembre 1994 nel senso di un turno di otto ore su cinque giorni alla settimana, tale condizione è stata cionondimeno considerata adempiuta a differenza di quanto è avvenuto nel caso delle ricorrenti stesse. In secondo luogo, essa deriverebbe dal fatto che talune imprese sono state prese in considerazione nonostante il fatto che la loro produzione complessiva fosse inferiore a quella delle ricorrenti. In terzo luogo, essa sarebbe la conseguenza del fatto che una delle ricorrenti, che aveva una produzione effettiva nel corso del periodo di riferimento, è stata considerata inadempiente per quanto riguarda la condizione della produzione regolare, analogamente a talune imprese che non avevano nessuna produzione.

1. Sui motivi inerenti al fatto che la Commissione ha considerato nella decisione 12 dicembre 1994 che talune imprese che non hanno rispettato il criterio interpretativo della condizione della produzione regolare da essa definito nella decisione hanno cionondimeno, e contrariamente alle ricorrenti, adempiuto detta condizione

a) Presentazione dei motivi

191.
    Con tali motivi viene criticato il fatto che gli aiuti la chiusura richiesti dalle imprese OLS, Diano e MAO sono stati dichiarati compatibili dalla Commissione, mentre quelli richiesti dalle ricorrenti non sono stati approvati.

- Caso dell'impresa OLS

192.
    Nella decisione 96/678 (parte III del preambolo) è stato osservato quanto segue:

«Nondimeno, la Commissione osserva come nel caso Officine Laminatori Sebino SpA (OLS) - in cui l'impresa nell'anno 1993 aveva prodotto 57 000 tonnellate di laminati a caldo, equivalenti al 21% delle sue capacità - l'impresa nel corso del primo trimestre dell'anno 1993 intraprese il rinnovamento delle parti elettriche ed elettroniche del suo laminatoio per la produzione di tondini. Durante questo periodo OLS interruppe completamente la produzione, per riprenderla successivamente in modo regolare. Di fatto, la produzione di OLS, su base annuale, avrebbe dovuto essere nel 1993 pari ad almeno 76 000 tonnellate, ossia al 28% delle sue capacità. Alla stregua di ciò ed in particolare del tasso di produzione che l'impresa avrebbe potuto conseguire in assenza dei predetti significativi interventi sul proprio laminatoio, la Commissione ha motivo per ritenere che OLS era in produzione regolare (ossia, in media, in produzione per almeno un turno al giorno, per cinque giorni a settimana) al momento della sua chiusura».

193.
    La Prolafer e la Casilina lamentano a questo proposito una discriminazione.

194.
    La Prolafer, che non avuto produzione nel corso del periodo di riferimento, afferma che, se la Commissione ha considerato pertinenti le circostanze addotte dall'impresa di cui trattasi, essa avrebbe dovuto a maggior ragione tener conto dell'incidenza dell'evento occorsole, cioè il sequestro degli impianti a scopo cautelare.

195.
    La Casilina, la cui produzione nel corso del periodo di riferimento era del 14,2%, osserva che il caso dell'impresa OLS dimostrerebbe che, a talune condizioni, la Commissione avrebbe considerato sufficiente la prova della capacità astratta di produzione. La Commissione avrebbe ritenuto che se taluni interventi non fossero stati effettuati negli impianti di quell'impresa, cioè se la produzione non fosse stata interrotta durante tre mesi, il livello produttivo minimo sarebbe stato raggiunto. Se però, in modo analogo, la ricorrente non avesse fatto ricorso alla cassa integrazione per sette mesi nel 1993 avrebbe anch'essa raggiunto e anzi superato il limite del 25%. Non si può affermare che la differenza fra le due imprese consista nel fatto che la produzione è stata interrotta nel caso della OLS per l'ammodernamento degli impianti e in quello della ricorrente per affrontare una situazione congiunturale. In ambedue i casi si tratterebbe di una produzione inferiore al livello minimo a causa dell'interruzione della produzione durante alcuni mesi nel corso del 1993. In ambedue i casi dai livelli di produzione raggiunti durante i mesi di attività si desumerebbe che, a pieno regime, le aziende di cui trattasi avrebbero raggiunto ed anzi superato il livello minimo. Non sussisterebbe nessun motivo plausibile atto a giustificare il trattamento meno favorevole applicato alla ricorrente.

- Caso dell'impresa Diano

196.
    Nella decisione 97/258 (parte III del preambolo) è stato rilevato quanto segue:

«La Commissione deve tuttavia constatare che nel caso concernente l'impresa Diano - che nel 1993 ha prodotto 16 807 tonnellate di laminati a caldo, equivalenti al 21% della sua capacità - l'impresa nel corso del 1993 ha proceduto a significativi interventi di manutenzione del laminatoio che hanno comportato, ripetutamente, la sospensione della produzione. In realtà la produzione di Diano, tenuto conto della produzione annuale e dei suddetti interventi di manutenzione, nel 1993 avrebbe dovuto essere più o meno analoga a quella realizzata nel 1991, anno in cui l'impresa aveva prodotto 765 tonnellate, corrispondenti al 31% della sua capacità. Tenuto conto di ciò e in particolare del tasso di utilizzo che l'impresa avrebbe potuto raggiungere in assenza dei suddetti importanti interventi sul laminatoio, la Commissione ha motivo di ritenere che l'impresa in questione fosse in regolare produzione (in media un turno al giorno per cinque giorni la settimana) al momento della chiusura».

197.
    La Casilina, la Dora, la Lamifer e la Sidercamuna ritengono a questo proposito di aver subito una discriminazione.

198.
    La Casilina e la Dora sostengono che nel caso Diano la Commissione avrebbe ritenuto di dover prendere in considerazione circostanze specifiche per giungere alla conclusione che, se l'impresa avesse potuto produrre anche durante i periodi di sospensione dell'attività, essa avrebbe raggiunto un livello di produzione minimo sufficiente a consentirle di ottenere che la concessione dell'aiuto venisse autorizzata. Esse non comprendono pertanto per quale motivo il trattamento favorevole della Diano da parte della Commissione non sia stato applicato anche nel loro caso. Infatti esse avrebbero altresì dimostrato di essere state costrette da fattori contingenti e indipendenti dalla loro volontà a ridurre la produzione pur mantenendo un livello oggettivo di produttività affatto significativo.

199.
    La Lamifer, pur ammettendo che la soluzione adottata per l'impresa di cui è causa era corretta, ritiene che essa avrebbe meritato lo stesso trattamento, soprattutto in considerazione dell'affermazione della Commissione nella decisione 97/258 secondo cui i criteri di sostituzione proposti dal governo italiano non avrebbero dovuto limitarsi a dimostrare la capacità astratta di produzione. Dal caso della Diano emergerebbe che la Commissione, a talune condizioni, avrebbe considerato sufficiente la prova dell'astratta capacità di produrre. Essa avrebbe ritenuto che se taluni interventi non fossero stati realizzati sugli impianti, cioè se la produzione non fosse stata varie volte sospesa, il livello di produzione minimo sarebbe stato raggiunto. Ma allora, in modo analogo, se la ricorrente non avesse dovuto affrontare la difficile situazione congiunturale e avesse potuto continuare a produrre durante la settimana, avrebbe anch'essa raggiunto e anzi superato il limite del 25%. Non si potrebbe affermare che la differenza tra le due imprese risulti dalle diverse percentuali della produzione massima possibile a cui corrisponde la produzione effettiva (21% per la Diano, 15,2% per la ricorrente). In ambedue i casi, dai livelli di produzione raggiunti durante i mesi di attività risulterebbe che, a pieno regime, le aziende di cui trattasi avrebbero raggiunto ed anzi superato il livello minimo. Non sussisterebbe nessun motivo plausibile atto a giustificare il trattamento deteriore applicato alla ricorrente.

200.
    La Sidercamuna chiarisce a questo proposito che, vista la crisi del settore e gli sbocchi insufficienti, la Diano avrebbe scelto di effettuare lavori di manutenzione, che, se da una parte possono portare ad una potenziale maggiore competitività sul mercato, dall'altra hanno il vantaggio di comprimere la produzione riducendo le scorte di merce invenduta. La ricorrente, che avrebbe proceduto a lavori di manutenzione e di ammodernamento delle linee produttive nel corso degli anni 1990 e 1991, avrebbe preferito rallentare la produzione nel corso del 1993 per non doversi trovare in una situazione di crisi dovuta alla soprapproduzione. La ricorrente osserva che la sentenza della Corte 30 novembre 1983, nella causa 234/82, Ferriere di Roè Volciano/Commissione (Racc. pag. 3921), avrebbe già sollevato il problema dell'equità di una decisione che colpisca l'imprenditore che, nell'applicare un principio di sana gestione della propria azienda, scelga di ridurre la produzione nel corso di un dato periodo. La Commissione, avendo autorizzatol'erogazione di un aiuto alla Diano e negato tale erogazione alla ricorrente, avrebbe pertanto trattato in modo diverso due comportamenti sostanzialmente identici.

- Caso dell'impresa MAO

201.
    Con la decisione 26 febbraio 1997, 97/332/CECA, relativa a taluni aiuti alla chiusura previsti dall'Italia a favore della MAO nel quadro dello smantellamento del settore siderurgico privato italiano (GU L 139, pag. 27; in prosieguo la «decisione 97/332»), la Commissione dichiara compatibile con il mercato comune un aiuto alla chiusura di 5 437 milioni di LIT, richiesto dalla MAO in forza del regime generale di aiuti italiano di cui è causa. Essa rileva di aver avviato relativamente al detto aiuto il procedimento di esame previsto dall'art. 6, n. 4, del quinto codice, perché l'impresa non rispettava la condizione della produzione regolare prevista dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice, così come interpretata nella decisione 12 dicembre 1994. Al momento della decisione, il quinto codice degli aiuti alla siderurgia era sostituito dal sesto codice, entrato in vigore il 1° gennaio 1997. Quest'ultimo riproduce all'art. 4, n. 2, lett. b), la condizione della produzione regolare prevista dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice.

202.
    Nella decisione 97/332 (parte III, settimo capoverso, del preambolo) la Commissione motiva nel modo seguente la dichiarazione di compatibilità dell'aiuto richiesto dall'impresa:

«La documentazione complementare trasmessa dalle autorità italiane nella fattispecie in esame induce tuttavia la Commissione a constatare che:

-     per un livello di produzione massima possibile da prendere in considerazione per il 1993 pari a 139 000 tonnellate, il tasso di utilizzo della capacità risulta, per la MAO, del 22,3%;

-     nei mesi di luglio e d'agosto 1993 la MAO ha effettuato ingenti investimenti nei propri impianti (costruzione di un nuovo letto di raffreddamento del laminatoio a caldo) che hanno comportato l'arresto quasi totale della produzione nei due mesi in questione;

-     in base alla media della produzione mensile per il solo 1993, la produzione perduta dalla MAO a causa dell'installazione del nuovo letto di raffreddamento può essere valutata in 5 166 tonnellate;

-     ne risulta un tasso di sfruttamento della capacità del 26%, rispetto alla produzione massima possibile, per la MAO.

Di conseguenza, tenuto conto del tasso di sfruttamento che l'impresa avrebbe potuto raggiungere in assenza dei lavori di notevole portata eseguiti sul laminatoio, si ha motivo di ritenere che detta impresa fosse in situazione di produzioneregolare (cioè, in media, in produzione per almeno un turno al giorno per cinque giorni alla settimana) al momento della chiusura».

203.
    A questo proposito la Casilina, la Dora e la Lamifer lamentano una discriminazione.

204.
    Esse osservano che il tasso di utilizzo delle capacità produttive della MAO per il periodo di riferimento era del 22,3%, quindi inferiore al limite minimo richiesto del 25%. La Commissione, avendo preso in considerazione circostanze specifiche, cioè l'esistenza di operazioni di manutenzione nello stabilimento, ha cionondimeno approvato l'aiuto di cui trattasi. Le ricorrenti rilevano che, nel caso di quell'impresa, la Commissione avrebbe ritenuto opportuno prendere in considerazione circostanze specifiche per giungere alla conclusione che se l'impresa avesse potuto produrre anche durante i periodi di sospensione dell'attività avrebbe raggiunto un livello di produzione minima sufficiente per consentirle di ottenere l'autorizzazione dell'aiuto. Esse non comprendono pertanto per quale motivo il trattamento favorevole che la Commissione ha concesso alla MAO non sia stato altresì applicato al loro caso. Infatti esse avrebbero dimostrato anche di essere state costrette da fattori contingenti e indipendenti dalla loro volontà a ridurre la produzione pur mantenendo un livello oggettivo di produttività del tutto significativo.

205.
    In sede di replica la Lamifer aggiunge che la Commissione, con la decisione 97/258, avrebbe commesso una discriminazione nei suoi confronti in quanto nel caso della MAO ha effettuato una rettifica della produzione massima possibile, mentre non lo avrebbe fatto nel suo caso nonostante il divario fra la produzione massima possibile dichiarata nella domanda di concessione dell'aiuto (51 000 tonnellate) e quella che è stata determinata successivamente in una perizia del 16 gennaio 1996 (154 560 tonnellate).

b) Giudizio del Tribunale

206.
    Dalle decisioni 96/678, 97/258 e 97/332 emerge che le imprese OLS, Diano e MAO hanno prodotto nel corso del periodo di riferimento quantitativi di laminati a caldo corrispondenti rispettivamente a 57 000 tonnellate, 16 807 tonnellate e 139 000 tonnellate. Ciò equivale per le due prime aziende al 21% della loro capacità e per la terza al 22,3%, cioè ad una percentuale inferiore di 4 e 2,7 punti al limite minimo stabilito dalla decisione 12 dicembre 1994.

207.
    Invece, la Prolafer, la Casilina, la Dora, la Lamifer e la Sidercamuna hanno realizzato nel corso del periodo solo una produzione equivalente allo 0, 14,2, 8,6, 15,2 e 7,6% della loro capacità rispettiva.

208.
    Ora, come la Commissione sottolinea giustamente, tenuto conto del fatto che nell'ambito della disciplina rigorosa imposta dal quinto codice la finalità dellacondizione della regolarità di produzione è di garantire che gli aiuti alla chiusura producano l'effetto utile massimo sul mercato al fine di una riduzione della produzione siderurgica che sia la più efficace possibile, l'esclusione dagli aiuti della Prolafer, della Casilina, della Dora, della Lamifer e della Sidercamuna, che hanno effettuato nel corso del periodo di riferimento una produzione inferiore, rispettivamente, di 25, 10,8, 16,4, 9,8 e 17,4 punti al limite minimo del 25%, è perfettamente giustificata.

209.
    Ne consegue che la disparità di trattamento tra le imprese OLS, Diano e MAO e le ricorrenti è quindi fondata su criteri di fatto oggettivi e conformi agli scopi che la Commissione è tenuta a perseguire nel contesto della propria politica industriale CECA.

210.
    Va inoltre ricordato che l'inosservanza del criterio del 25% definito dalla decisione 12 dicembre 1994 (v. supra, punto 99) è giustificata dalle decisioni impugnate e dalla decisione 97/332 con riferimento a informazioni integrative trasmesse alla Commissione dalle autorità italiane:

-    per l'impresa OLS, da lavori di rinnovo delle parti elettrice ed elettroniche del laminatoio al fine di produrvi tondi da cemento armato, con sospensione della produzione nel corso del primo trimestre del 1993;

-    per l'impresa Diano, da rilevanti lavori di manutenzione del laminatoio, con sospensione della produzione a più riprese nel corso dell'anno 1993;

-    per l'impresa MAO, da ingenti investimenti nei propri impianti, cioè la costruzione di un nuovo letto di raffreddamento del laminatoio a caldo, con sospensione della produzione nel corso dei mesi di luglio e agosto del 1993.

211.
    L'inosservanza del criterio da parte delle ricorrenti è dovuta a loro parere:

-    per la Prolafer, al sequestro degli impianti effettuato dalle autorità giudiziarie, che avrebbe avuto conseguenze nel corso di tutto il periodo di riferimento; il Tribunale ha però rilevato al punto 178 della presente sentenza che sebbene gli impianti siano stati effettivamente posti sotto sequestro il 9 gennaio 1991 tale provvedimento è stato però revocato il 15 febbraio 1991, cioè un mese dopo, quindi ben prima dell'inizio del periodo di riferimento;

-    per la Casilina, al ricorso alla cassa integrazione durante sette mesi nel corso del 1993 a causa dell'indisponibilità di billette di laminazione ad un prezzo proporzionato al costo del prodotto finito;

-    per la Dora, al ricorso alla cassa integrazione a causa della situazione congiunturale;

-    per la Lamifer, a provvedimenti amministrativi adottati dalle autorità locali, che le avrebbero vietato l'attività di produzione notturna; il Tribunale ha però rilevato al punto 181 della presente sentenza che i provvedimenti di cui trattasi, lungi dal vietare l'attività di produzione notturna, si limitavano ad imporre all'impresa interessata l'adeguamento degli impianti al fine di mantenere un livello sonoro entro limiti accettabili.

212.
    Ne consegue che le cause di sospensione della produzione delle tre imprese di riferimento, la OLS, la Diano e la MAO, sono debitamente comprovate, derivano da una causa oggettiva, sono limitate nel tempo e giustificate dall'esigenza di continuare la produzione e dalla volontà di rimanere sul mercato.

213.
    Invece la causa della sospensione della produzione della Prolafer e della Lamifer, da esse allegata, non è stata debitamente comprovata in fatto. Del resto, nessuna delle cause addotte dalle cinque ricorrenti è giustificata dall'esigenza di continuare la produzione o di migliorarne l'efficienza.

214.
    Ne consegue che la disparità di trattamento tra le imprese OLS, Diano e MAO e le ricorrenti è pertanto giustificata anche da un punto di vista oggettivo per quanto riguarda la causa di sospensione della produzione.

215.
    Per quanto attiene infine all'argomento della Lamifer secondo cui la Commissione avrebbe effettuato nel caso dell'impresa MAO una rettifica della produzione massima possibile mentre ciò è stato negato nel suo caso, si deve rilevare che nella perizia legale del 16 gennaio 1996, trasmessa alla Commissione dal governo italiano, l'ingegnere Renzo Dusi ha stimato la produzione massima possibile della ricorrente a 154 560 tonnellate, sulla base di tre turni al giorno, ed ha concluso che la sua produzione avveniva in realtà sulla base di un unico turno di lavoro al giorno, equivalente ad una produzione 51 000 tonnellate.

216.
    Nel corso del procedimento di esame dell'aiuto né il governo italiano né la ricorrente, contrariamente all'impresa MAO, hanno presentato alla Commissione osservazioni volte a contestare tale valutazione ufficiale. La Commissione non aveva quindi nessun motivo di metterla in dubbio e di prendere in considerazione un'eventuale rettifica della produzione massima possibile della ricorrente.

217.
    Ad ogni modo, poiché la legittimità di una decisione in materia di aiuti deve essere valutata alla luce delle informazioni di cui poteva disporre la Commissione quando l'ha adottata (sentenza della Corte 26 settembre 1996, causa C-241/94, Francia/Commissione, Racc. pag. I-4551, punto 33, e sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T-126/96 e T-127/96, BFM e EFIM/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 88), questa censura è infondata.

218.
    I motivi vanno quindi respinti.

2. Sul motivo secondo cui gli aiuti richiesti da talune imprese sono stati dichiarati compatibili nonostante il fatto che la produzione delle medesime sia stata quantitativamente equivalente a quella delle ricorrenti

219.
    La Dora e la Lamifer osservano che l'impresa Diano, con una produzione effettiva nel 1993 di 16 807 tonnellate, e una produzione rettificata di 24 765 tonnellate, tenuto conto dei periodi di sospensione dell'attività dovuti ad interventi manutentivi, ha ottenuto l'approvazione dell'aiuto mediante la decisione 97/258. Invece la Dora, con una produzione effettiva nel 1993 di 21 444 tonnellate, e la Lamifer, con una produzione effettiva nel 1993 di 23 542 tonnellate, ne sono state escluse. Pertanto ad imprese la cui produzione nel corso del 1993 era quantitativamente equivalente sarebbero stati applicati criteri di valutazione diversi.

220.
    Il Tribunale rileva che tale motivo è fondato sul presupposto che per verificare il rispetto della condizione relativa alla produzione regolare la Commissione avrebbe dovuto applicare un criterio puramente quantitativo, quindi fondato unicamente sulle tonnellate di laminati prodotte in termini assoluti. Ora, come sostiene giustamente la Commissione, il criterio prescelto delle otto ore giornaliere per cinque giorni alla settimana si differenzia da quello proposto per una maggiore oggettività. Esso consente infatti di evitare qualsiasi discriminazione tra le imprese a causa delle specifiche capacità produttive, ed in particolare di evitare un trattamento deteriore ingiustificato delle imprese siderurgiche più modeste.

221.
    Infatti, nel caso di specie, la produzione rettificata della Diano, cioè 24 765 tonnellate, corrisponde al 31% della capacità produttiva. Invece la produzione della Dora, cioè 21 444 tonnellate, e quella della Lamifer, cioè 23 542 tonnellate, corrispondono unicamente, viste le dimensioni proporzionalmente più rilevanti di tali aziende, all'8,6 e al 15,2% delle rispettive capacità di produzione. In applicazione del criterio che seleziona unicamente le imprese con produzione superiore o pari al 25% della capacità produttiva, la domanda della Diano è stata accolta, mentre quelle della Dora e della Lamifer sono state respinte.

222.
    La Commissione ha quindi scelto un parametro oggettivo e di applicazione generale, tenendo conto delle dimensioni specifiche di ogni azienda, al fine di evitare discriminazioni a causa della diversa capacità produttiva.

223.
    Il motivo va quindi respinto.

3. Sul motivo secondo cui le ricorrenti, che hanno realizzato una produzione effettiva nel corso del periodo di riferimento, sono state trattate nello stesso modo di talune imprese che non hanno prodotto nel corso del medesimo periodo

224.
    La Sidercamuna afferma che la Commissione, con la condizione della produzione regolare, avrebbe trattato in modo equiparabile situazioni dissimili. Infatti nella decisione 97/258 la Commissione equipara la situazione della ricorrente a quella di altre due imprese siderurgiche destinatarie potenziali degli aiuti alla chiusura,cioè le imprese Demafer Srl e Lavorazione Metalli Vari SpA, le cui domande di aiuti sono altresì state respinte. Ora, la Commissione stessa osserva nella decisione di cui è causa che né l'una né l'altra di queste due imprese hanno avuto un'attività di produzione nel 1993. Essa porrebbe quindi sullo stesso piano la situazione di tali imprese, che non sono state in produzione, con quella della ricorrente che pur tuttavia ha realizzato nel 1993 una produzione stimata di 36 002 tonnellate di laminati a caldo. Ora, ciò comporterebbe una discriminazione flagrante della ricorrente.

225.
    Il Tribunale rileva, così come ha sostenuto giustamente la Commissione, che dal punto di vista del parametro adottato per accertare il rispetto della condizione di produzione regolare la situazione in cui si sono trovate le tre imprese così escluse dall'aiuto è stata assolutamente identica poiché nessuna di loro ha realizzato una produzione regolare nel corso del periodo di riferimento né fornito giustificazioni oggettive dell'incapacità di effettuare una produzione regolare. Pertanto la ricorrente si trovava, rispetto alle due imprese, in una situazione paragonabile e poteva quindi essere trattata in modo identico. Tale conclusione è fondata su motivi oggettivi, in particolare sulla necessità di far ricorso ad un criterio uniforme per verificare il rispetto, nel caso di specie, del requisito della regolarità della produzione.

226.
    Il motivo va quindi respinto.

B - Sul motivo di discriminazione delle imprese a stabilimento unico rispetto a quelle a stabilimenti multipli

227.
    La Moccia osserva che il regolamento di attuazione definisce all'art. 1, n. 2, il «sito produttivo» come una «unità produttiva idonea a realizzare». La Commissione, autorizzando il regime di aiuti di cui è causa con la decisione 12 dicembre 1994, avrebbe pertanto implicitamente approvato tale definizione. Ne deriverebbe che, in caso di chiusura di uno stabilimento di un'impresa, un aiuto alla chiusura potrebbe essere concesso a favore del detto stabilimento, unicamente idoneo a produrre, mentre un'impresa con un solo stabilimento non potrebbe ottenere un aiuto se non dimostrando di aver fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA fino alla data della notifica del regime di aiuti. La condizione della regolarità della produzione non sarebbe quindi applicabile alle imprese appartenenti alla prima categoria, mentre ciò è possibile per quelle della seconda categoria. Vi sarebbe pertanto una discriminazione fra tali due tipi di imprese.

228.
    Il Tribunale rileva che il regolamento di attuazione dispone all'art. 1, n. 1, che per usufruire degli aiuti le imprese siderurgiche devono aver realizzato regolarmente fino alla data di adozione del decreto legge n. 103 del 14 febbraio 1994 una produzione certificata con perizia giurata di un tecnico, esperto del settore, iscritto nel registro dei periti nominato dal tribunale nella cui circoscrizione ha sede la società. Esso prevede agli artt. 1, n. 2, e 4 quanto segue:

«Per sito produttivo deve intendersi un'unità produttiva idonea a realizzare un ciclo completo di attività di laminazione e un ciclo completo di produzione di acciaio grezzo, o uno solo dei due cicli predetti inseriti in un unico stabilimento industriale.

(...)

Le imprese beneficiarie dei contributi per la riduzione di capacità produttiva devono procedere alla liquidazione volontaria, secondo le seguenti modalità:

(...)

b)    se è una società appartenente ad un gruppo industriale o una singola società che offre in dismissione uno o più siti produttivi, questa deve procedere a costituire una nuova entità giuridica che assume la titolarità di tutti gli impianti residui e le passività relative agli stessi».

229.
    Ne consegue che l'art. 1, n. 1, del regolamento di attuazione è volto a definire le condizioni che deve rispettare un'impresa siderurgica che chieda di fruire di un aiuto alla chiusura. Una di tali condizioni è quella, prevista al n. 1, lett. e), di aver realizzato una produzione regolare.

230.
    L'art. 1, n. 2, del regolamento di attuazione è volto a definire il termine «sito produttivo», il quale è utilizzato nell'art. 4 del regolamento che disciplina la riorganizzazione giuridica cui deve provvedere l'impresa che gestisce diversi siti produttivi oggetto di dismissione in seguito alla concessione di un aiuto per la chiusura.

231.
    Gli scopi delle due norme sono pertanto diversi. In particolare il n. 2 dell'art. 1 del regolamento non è formalmente volto a stabilire una deroga alle condizioni, definite al n. 1 del medesimo articolo, che devono essere rispettate dalle imprese siderurgiche che intendono fruire di un aiuto alla chiusura. In particolare dal dettato dell'art. 1, n. 2, del regolamento non emerge che un'impresa che progetti la chiusura di uno dei siti produttivi non debba rispettare la condizione della produzione regolare definita all'art. 1, n. 2, lett. e), del regolamento.

232.
    Risulta anzi dal combinato disposto delle norme citate, ivi compreso l'art. 4 del regolamento di attuazione, che un aiuto alla chiusura può essere concesso non solo in caso di chiusura totale di un'azienda, bensì anche nel caso di imprese che eserciscano diversi siti produttivi qualora venga chiuso solo uno dei detti siti. In quest'ultima ipotesi l'aiuto può tuttavia essere concesso a tale impresa solo se il sito, considerato isolatamente, ha realizzato una produzione regolare ed inoltre se tale produzione è stata realizzata in modo indipendente e completo dal sito, cosa che presuppone che quest'ultimo sia in grado di realizzare un ciclo completo di laminazione o un ciclo completo di produzione di acciaio grezzo.

233.
    L'art. 1, n. 2, del regolamento di attuazione, lungi dal derogare alla condizione della produzione regolare nella valutazione degli aiuti richiesti da un'impresa in occasione della chiusura di uno dei suoi siti produttivi, è volto a garantire che la produzione, in ipotesi, regolare di tale sito non sia limitata unicamente ad una parte di un ciclo completo di laminazione o di produzione di acciaio grezzo.

234.
    Il motivo va quindi respinto.

C - Sul motivo di discriminazione delle imprese che hanno dovuto sospendere la produzione nel corso del periodo di riferimento per conformarsi a nuove disposizioni di legge in materia di tutela ambientale

235.
La Moccia afferma che la decisione 96/678 l'avrebbe discriminata. Infatti tale decisione avrebbe imposto il rispetto del criterio della produzione regolare anche nel caso in cui un'azienda come la sua abbia dovuto sospendere la produzione nel corso del periodo di riferimento per conformarsi a nuove disposizioni di legge in materia di tutela ambientale e la sospensione sia pertanto la conseguenza di lavori di adeguamento degli impianti. Essa ritiene che in applicazione dell'art. 4 del quinto codice la capacità produttiva dovrebbe essere equiparata alla produzione regolare nel caso in cui l'interruzione della produzione sia imposta da esigenze di indole normativa. Infatti nella realtà socioeconomica un'azienda che abbia sospeso per tali motivi la produzione e cui venga negato l'aiuto per la chiusura resterà sul mercato dopo la cessazione della sospensione.

236.
    Il Tribunale ricorda (v. supra punto 175) che non risulta da nessun elemento agli atti che la ricorrente sia stata obbligata a cessare l'attività produttiva durante il periodo di riferimento per adeguare gli impianti esistenti a nuove norme in materia di tutela ambientale. La ricorrente non ha quindi provato la fondatezza del motivo dedotto.

237.
    Va aggiunto che, stando alle affermazioni non contestate della Commissione, nell'ambito del procedimento ex art. 6, n. 4, del quinto codice, né le autorità italiane né la ricorrente hanno mai addotto, per giustificare la mancanza di produzione di quest'ultima, motivi fondati sull'asserita necessità di sospendere la produzione al fine di poter effettuare lavori di adeguamento degli impianti per conformarsi a nuove disposizioni di legge in materia di tutela ambientale.

238.
    Il motivo dev'essere pertanto respinto.

D - Sul motivo di discriminazione delle imprese che non erano in grado di collocare sul mercato quantitativi più ingenti, dato che i costi di produzione non erano più competitivi, rispetto alle imprese più abili o più fortunate

239.
    La Moccia ritiene che la condizione della produzione regolare prevista dal quinto codice dovrebbe essere interpretata ed applicata nel rispetto delle regoledell'economia di mercato. Ora, la prima di tali regole sarebbe quella che impone ad un'impresa di modulare la produzione adeguandola alla domanda e tenendo conto dei costi di produzione. La ricorrente avrebbe pertanto sospeso la produzione nel 1993 perché non era in grado di collocare sul mercato quantitativi maggiori di prodotti e perché i suoi costi di produzione non erano competitivi. Ora, sarebbe discriminatorio porla sullo stesso piano delle imprese che hanno realizzato una produzione regolare perché erano più abili, o semplicemente più fortunate, o invece meno provvedute.

240.
    Il Tribunale osserva che questo motivo è fondato sul presupposto che gli aiuti alla chiusura debbano andare a vantaggio delle imprese che, pur essendo idonee a produrre, non hanno effettuato nel corso del periodo di riferimento una produzione regolare. Ora tale presupposto è erroneo, come è stato rilevato ai punti 149-158 della presente sentenza.

241.
    Il motivo va quindi respinto.

E - Sul motivo secondo cui le imprese escluse dagli aiuti alla chiusura dalla decisione 96/678 avevano una capacità produttiva globale maggiore di quella delle imprese per le quali gli aiuti alla chiusura erano stati approvati da precedenti decisioni della Commissione

242.
    La Moccia osserva che la decisione 96/678 precisa che la chiusura di un'azienda che non ha una produzione regolare non avrebbe conseguenze significative sul mercato. Ora, negando con tale decisione la concessione dell'aiuto alla ricorrente e ad altre cinque imprese, la Commissione avrebbe contestualmente negato la riduzione di una capacità globale di produzione annua di 908 000 tonnellate di acciaio grezzo e di 950 000 tonnellate di prodotti laminati a caldo. Pertanto la Commissione non avrebbe negato l'autorizzazione alla concessione di aiuti per la chiusura parziale ad imprese che hanno avuto una capacità produttiva ampiamente inferiore a quelle summenzionate [decisioni della Commissione 12 aprile 1994, 94/258/CECA, 94/260/CECA e 94/261/CECA, relative agli aiuti che, rispettivamente, la Spagna, la Germania e la Spagna intendono concedere all'impresa siderurgica integrata pubblica Corporatión de la Siderurgia Integral (CSI), all'impresa siderurgica Sächsische Edelstahlwerke GmbH, Freital/Sassonia e alla Sidenor, impresa produttrice di acciai speciali (GU L 112, pagg. 58, 71 e 77)].

243.
    Il Tribunale osserva che la Commissione, come essa sostiene correttamente, non è autorizzata ad approvare la concessione di aiuti alla chiusura sulla scorta di un criterio fondato sulle capacità complessive di diverse imprese siderurgiche. Infatti l'art. 6, n. 6, del quinto codice prescrive la notifica e la valutazione di ogni fattispecie concreta di aiuti. Del resto l'art. 4, n. 2, del quinto codice predispone in modo esauriente una serie di condizioni che possono essere valutate solo rispetto ad ogni impresa interessata. Inoltre le tre decisioni citate dalla ricorrente non sono state emanate in forza del quinto codice, bensì direttamente sul fondamentodell'art. 95, nn. 1 e 2, del Trattato, e quindi le condizioni del quinto codice non si applicano.

244.
    Il motivo va quindi respinto.

F - Sul motivo di discriminazione delle imprese italiane rispetto alle altre imprese comunitarie

245.
    La Sidercamuna ritiene che la Commissione abbia effettuato una discriminazione fondata sulla nazionalità. Essa ricorda che il quinto codice degli aiuti alla siderurgia si limita ad enunciare il principio generale secondo cui per poter fruire degli aiuti alla chiusura l'impresa siderurgica deve aver fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA fino alla data di notificazione degli aiuti. Ora, nella decisione 12 dicembre 1994 la Commissione, pur non sollevando obiezioni e autorizzando de facto la concessione di aiuti alla chiusura in conformità della legge n. 481/94, avrebbe introdotto un requisito supplementare inerente al mantenimento di un'attività di produzione per almeno un turno al giorno, ossia almeno otto ore al giorno per cinque giorni a settimana.

246.
    La ricorrente rileva a questo proposito che tale requisito particolare sarebbe applicabile unicamente alle imprese italiane, cioè le uniche che potrebbero fruire degli aiuti definiti dalla legge n. 481/94. Tale requisito, che costituirebbe un'obbligazione in facere, non troverebbe riscontro nella disciplina generale applicabile alle imprese di altri Stati membri, alle quali si applicherebbe solo il requisito generale, definito dal quinto codice, dell'esistenza di una produzione regolare, senza altre precisazioni.

247.
    La ricorrente aggiunge che nella medesima decisione la Commissione avrebbe effettivamente ammesso che le autorità italiane avrebbero potuto fornire la prova, sulla scorta di criteri oggettivi, che un'impresa che non soddisfi tale criterio può nondimeno essere considerata aver adempiuto la condizione della regolarità della produzione, nel qual caso la Commissione esaminerebbe l'aiuto di cui trattasi con riferimento alle sue caratteristiche specifiche. Essa ritiene tuttavia che tale precisazione sia priva di interesse. Infatti nel caso di specie la Commissione non avrebbe affatto tenuto conto degli argomenti presentati dalle autorità italiane a tal fine, trincerandosi dietro un formalismo che ha come unico risultato di applicare alle imprese italiane criteri diversi da quelli applicati alle imprese di altri Stati membri.

248.
    Il Tribunale ricorda che l'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice, nell'imporre la condizione della produzione regolare non la definisce. Ne consegue che la Commissione, approvando un regime generale di aiuti notificato da uno Stato membro, è necessariamente tenuta a definire in modo astratto i criteri di applicazione di tale condizione che le consentano di procedere poi, nel rispetto dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, ad unavalutazione uniforme e prevedibile delle domande di aiuti individuali notificate in forza dell'art. 6, n. 6, del quinto codice.

249.
    Pertanto, una volta precisati i criteri e approvato il regime generale, al momento della notificazione degli aiuti concessi in forza del regime precedentemente autorizzato la Commissione deve limitarsi ad accertare che gli aiuti rientrino nel regime generale e che siano rispettate le condizioni stabilite nella decisione di approvazione. Se non procedesse in tal modo all'atto dell'esame delle diverse fattispecie notificate la Commissione potrebbe modificare la decisione di approvazione del regime generale. I principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento sarebbero in tal caso posti a repentaglio per gli Stati membri e per gli operatori economici. Infatti, i diversi aiuti, pur essendo conformi alla decisione di approvazione del regime generale, potrebbero in tal modo, in violazione dei detti principi, essere rimessi in discussione in qualsiasi momento dalla Commissione (v., per analogia, sentenze della Corte 5 ottobre 1994, causa C-47/91, Italia/Commissione, Racc. pag. I-4635, punto 24, e 15 maggio 1997, causa C-278/95 P, Siemens/Commissione, Racc. pag. I-2507, punto 31).

250.
    Il criterio definito dalla decisione 12 dicembre 1994 non configura pertanto una condizione nuova in aggiunta a quella di produzione regolare, definita dal quinto codice, bensì un criterio necessario a garantire l'applicazione uniforme e prevedibile della detta condizione alle domande di aiuti individuali notificate dalle autorità italiane.

251.
    D'altra parte, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il criterio in parola non è stato l'unico adottato dalla Commissione per valutare la condizione di produzione regolare. La Commissione ha infatti provveduto a precisare nella decisione 12 dicembre 1994 che il governo italiano poteva sempre dimostrare sulla scorta di criteri oggettivi che un'impresa, pur non rispettando tale criterio, aveva fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA. Tale precisazione, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, non era priva d'interesse, poiché, come è stato illustrato supra ai punti 191, 195, 200 e 201, sulla base di siffatti criteri alternativi proposti dalle autorità italiane la Commissione ha dichiarato compatibili gli aiuti richiesti dalle imprese OLS, Diano e MAO.

252.
    Infine la ricorrente non ha provato se ed entro quali limiti la Commissione, applicando il criterio definito nella decisione 12 dicembre 1994, abbia trattato le imprese sottoposte al regime generale di aiuti notificato dalle autorità italiane in modo più sfavorevole di quelle che si trovavano in una situazione paragonabile ma sottoposte ad un regime generale di aiuti notificato dalle autorità di un altro Stato membro.

253.
    Il motivo va pertanto respinto.

G - Sul motivo di discriminazione a causa dell'omessa applicazione dell'art. 95 del Trattato

254.
    La Sidercamuna afferma che la Commissione avrebbe effettuato una discriminazione trattando il suo caso diversamente da altre situazioni analoghe verificatesi nel passato.

255.
    Essa ricorda il divieto generale di sovvenzioni o aiuti stabilito dall'art. 4, lett. c), del Trattato. Osserva che in proposito sono stati previsti due tipi di eccezioni, cioè i successivi codici degli aiuti alla siderurgia e decisioni ad hoc emanate dalla Commissione in forza dell'art. 95 del Trattato, che le consentono di utilizzare i suoi poteri di decisione o raccomandazione per colmare un'eventuale lacuna del Trattato.

256.
    Essa aggiunge che in passato la Commissione avrebbe autorizzato in forza dell'art. 95 del Trattato aiuti al comparto siderurgico motivati, come nel caso di specie, dalla chiusura definitiva e irreversibile di linee produttive e pertanto dalla riduzione della produzione. Ciò si sarebbe verificato con la citata decisione 12 aprile 1994, 94/261 (v. supra punto 242), e con la decisione della Commissione 23 dicembre 1988, 89/218/CECA, relativa agli aiuti che il governo italiano intende concedere alla siderurgia pubblica (GU L 86, pag. 76). Nella decisione 7 febbraio 1996, 96/315/CECA, relativa ad aiuti di Stato che l'Irlanda intende concedere a favore dell'impresa siderurgica Irish Steel (GU L 121, pag. 16), la Commissione avrebbe anzi emanato una decisione ex art. 95 del Trattato sottolineando che, data l'eccezionalità tecnica del caso, non sarebbe stato possibile ricorrere alla contropartita della riduzione di sovraccapacità attraverso la chiusura di linee produttive, ma sarebbe stato nondimeno importante che il sistema siderurgico irlandese si impegnasse a non aumentare la capacità produttiva.

257.
    Essa ritiene che nel caso di specie la Commissione avrebbe scelto di non avvalersi degli strumenti posti a sua disposizione dal quinto codice, dichiarando che gli aiuti alla chiusura non sono ammissibili alla luce di un'interpretazione strettamente formalistica delle condizioni per l'ammissione al beneficio. D'altra parte, pur ammettendo che tali strumenti non fornivano una copertura giuridica sufficiente, e che quindi vi era una lacuna, anche in tal caso non avrebbe fatto ricorso all'art. 95 del Trattato. La Commissione avrebbe così trattato in modo diverso situazioni simili penalizzando pertanto la ricorrente.

258.
    Il Tribunale ricorda che nel sistema del Trattato l'art. 4, lett. c), non osta a che la Commissione autorizzi, in via di deroga, aiuti presi in considerazione dagli Stati membri e compatibili con gli obiettivi del Trattato basandosi sull'art. 95, primo e secondo comma, al fine di far fronte a situazioni impreviste (sentenze EISA/Commissione, già citata al punto 86, punto 63, British Steel/Commissione, già citata al punto 86, punto 42, e Wirtschaftsvereinigung Stahl e a./Commissione, già citata al punto 79, punto 34) e purché gli aiuti siano necessari per il conseguimento di uno degli obiettivi definiti agli artt. 2-4 del Trattato.

259.
    Senza che occorra neppure esaminare la questione se un aiuto alla siderurgia che non rispetta le condizioni previste dal quinto codice per tale categoria di aiuti possa essere autorizzato con una decisione individuale emanata direttamente in forza dell'art. 95 del Trattato, basterà rilevare che comunque la ricorrente non ha dimostrato che la sovvenzione controversa risponde alle condizioni di attuazione del detto articolo. Infatti chiedendo un aiuto alla chiusura previsto dal quinto codice, ma non rispettando una delle condizioni definite da quest'ultimo per tale categoria di aiuti, cioè l'esistenza di una produzione regolare, la ricorrente non ha comprovato il sussistere di circostanze specifiche che giustifichino la necessità di emanare una decisione ai sensi dell'art. 95 per attuare uno degli scopi definiti agli artt. 2-4 del Trattato.

260.
    Infine va constatato che la ricorrente non ha fornito indicazioni sufficienti affinché il Tribunale possa stabilire se la sua situazione specifica sia equiparabile a quella delle imprese oggetto delle decisioni da essa richiamate.

261.
    Pertanto il motivo va respinto.

II - Sui motivi vertenti sull'inosservanza dell'obbligo di motivazione

262.
    Il Tribunale ricorda che l'art. 5, secondo comma, quarto trattino, del Trattato dispone che la Comunità «rende pubblici i motivi della sua azione». L'art. 15, primo comma, precisa che «le decisioni, le raccomandazioni e i pareri della Commissione sono motivati e fanno riferimento ai pareri obbligatoriamente richiesti». Da dette disposizioni, nonché dai principi generali del Trattato, emerge che un obbligo di motivazione incombe alla Commissione quando adotta decisioni generali o individuali, indipendentemente dalla base giuridica scelta a questo scopo (sentenza British Steel/Commissione, già citata al punto 86, punto 159).

263.
    Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione deve essere adeguata alla natura dell'atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione da cui promana l'atto in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo. Non è richiesto che la motivazione specifici tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti. Essa dev'essere valutata non solo alla luce del tenore dell'atto, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza della Corte 29 febbraio 1996, causa C-56/93, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-723, e sentenza del Tribunale 22 ottobre 1996, causa T-266/94, Skibsværftsforeningen/Commissione, Racc. pag. II-1399, punto 230). Inoltre l'obbligo di motivazione sancito dagli artt. 5 e 15 del Trattato dev'essere valutato sulla scorta delle circostanze della fattispecie, in particolare del contenuto dell'atto, della natura dei motivi addotti e dell'interesse che i destinatari dell'atto o altre persone da esso riguardate, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, del Trattato, possono avere ad ottenere chiarimenti. A questo proposito va rammentato che, nel caso di un atto destinato ad aver applicazione generale, i precetti di cui agli artt. 5 e 15 del Trattato obbligano la Commissionea menzionare nella motivazione della propria decisione la situazione globale che l'ha indotta ad adottarla e gli scopi generali che essa intende perseguire (sentenza della Corte 19 settembre 1985, cause riunite 172/83 e 226/83, Hoogovens Groep/Commissione, Racc. pag. 2831, punti 24 e 25).

264.
    Le ricorrenti criticano il difetto di motivazione della decisione 12 dicembre 1994 e delle decisioni impugnate.

Sui motivi inerenti al difetto di motivazione della decisione 12 dicembre 1994

265.
    La Casilina, la Dora e la Lamifer ritengono che l'uso della produzione massima possibile come parametro sia ingiustificato e che quindi la decisione 12 dicembre 1994 non sia sufficientemente motivata su tale punto.

266.
    Il Tribunale ricorda che la decisione 12 dicembre 1994 ha lo scopo di prendere atto del contenuto del regime generale di aiuti previsto dal governo italiano, di accertare il rispetto delle condizioni stabilite, fra l'altro dall'art. 4, n. 2, del quinto codice, e dichiarare che tale regime era in linea di massima compatibile con la disciplina predisposta dal detto codice. Per quanto riguarda in particolare il requisito della produzione regolare, la Commissione ha rilevato che esso dovrebbe essere considerato soddisfatto, poiché dalle informazioni notificate sarebbe emerso che «per poter beneficiare dell'aiuto l'impresa [doveva] essere stata in produzione per l'anno 1993 e fino alla notifica alla Commissione del decreto legge n. 103 del febbraio 1994, in media per almeno un turno al giorno per cinque giorni alla settimana». La decisione precisa del resto che le autorità italiane possono nondimeno dimostrare, «sulla base di criteri oggettivi, che un'impresa, che pur non ricade nell'ambito di cui al predetto criterio, ha fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA».

267.
    Il destinatario della decisione era il governo italiano. Ora, l'interpretazione del requisito di produzione regolare in essa contenuta era stata adottata solo su accordo del detto governo manifestato nella lettera 5 ottobre 1994 inviata alla Commissione dal Ministro italiano dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato. Nelle circostanze del caso di specie, poiché il destinatario della decisione è stato informato relativamente alla detta interpretazione ed ha manifestato espressamente il suo consenso a questo proposito prima dell'emanazione della medesima, la Commissione non era tenuta a motivarla in modo specifico nella decisione 12 dicembre 1994.

268.
    Il rispetto degli interessi delle imprese che hanno chiesto aiuti alla chiusura imponeva però alla Commissione, nel caso di specie, di motivare la sua interpretazione del requisito della produzione regolare nelle decisioni di diniego di approvazione delle domande di aiuti individuali per le quali era stato effettuato un procedimento di esame.

269.
    Ora, da tali decisioni, i cui brani più importanti sono stati riprodotti al punto 21 della presente sentenza, emerge che, dopo la puntualizzazione che il codice degli aiuti non definisce la nozione di regolarità della produzione, lo scopo di tale requisito è di concedere un aiuto alla chiusura unicamente alle aziende che raggiungono un certo livello di attività e la cui chiusura avrà quindi un effetto significativo sul mercato. In esse si rileva inoltre che l'art. 4 del codice degli aiuti alla siderurgia è strutturato in modo da non consentire un'interpretazione ampia che possa includere nel novero delle aziende che possono fruire degli aiuti quelle che, pur non avendo una produzione regolare, siano semplicemente idonee a fabbricare prodotti CECA in modo regolare.

270.
    In tali decisioni la Commissione ha quindi illustrato in modo sufficiente in tali decisioni i motivi che giustificano la sua interpretazione del requisito della produzione regolare nella decisione 12 dicembre 1994.

271.
    Il motivo va quindi respinto.

Sui motivi inerenti al difetto di motivazione delle decisioni impugnate

272.
    Le ricorrenti deducono motivi vertenti rispettivamente sulla mancanza di motivazione del fatto che la Commissione ha omesso di prendere in considerazione le loro osservazioni, sul fatto che non ha precisato i motivi che giustificano il rigetto dei criteri alternativi proposti dal governo italiano e sull'inesattezza della decisione 96/678 per quanto riguarda la produzione siderurgica nel 1993.

1. Sul motivo vertente sul fatto che le osservazioni della ricorrente non sono state prese in considerazione

273.
    La Moccia, la Casilina, la Dora e la Lamifer affermano di aver presentato prima del procedimento di esame e nel corso del medesimo osservazioni scritte volte ad illustrare i motivi che avrebbero impedito loro di raggiungere il livello di produzione minimo richiesto. La Commissione avrebbe ricevuto, direttamente o per il tramite del governo italiano, sia la documentazione allegata alla domanda di aiuti sia le osservazioni formulate dalle imprese nel corso del procedimento di esame. Essa avrebbe quindi altresì preso conoscenza degli argomenti specifici presentati dalle ricorrenti. Tuttavia le decisioni impugnate non conterrebbero la benché minima allusione alle dette osservazioni. Ne deriverebbe che la Commissione sarebbe manifestamente venuta meno all'obbligo di motivazione che le incombeva.

274.
    Il Tribunale rileva, in primo luogo, che la Commissione era tenuta, nelle decisioni impugnate, a motivare unicamente il rigetto dei criteri alternativi proposti dal governo italiano. Essa non era invece obbligata a prendere posizione in modo motivato sugli argomenti presentati dai terzi interessati.

275.
    Infatti il quinto codice degli aiuti alla siderurgia costituisce un regime di deroga al divieto categorico degli aiuti previsto dall'art. 4, lett. c), del Trattato. Ne consegueche gli aiuti progettati possono essere approvati solo se rispettano scrupolosamente i requisiti di applicazione del detto regime derogatorio. Nel caso di specie la questione da risolvere mediante le decisioni impugnate era se le ricorrenti rispettassero il requisito della produzione regolare, definito all'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice. Poiché tale requisito non è stato definito dal quinto codice, la Commissione lo ha interpretato nella decisione 12 dicembre 1994, fornendo la definizione di un criterio principale e consentendo alle autorità italiane di presentare criteri oggettivi alternativi. Avendo rilevato che le ricorrenti non rispettavano il criterio principale così definito, la Commissione ha deciso di avviare il procedimento di esame degli aiuti ex art. 6, n. 4, del quinto codice, invitando il governo italiano a presentarle osservazioni.

276.
    Nell'ambito del procedimento di esame spettava quindi unicamente alla Commissione accertare se il governo italiano fosse riuscito a dimostrare, sulla scorta di criteri oggettivi, che le ricorrenti che eventualmente non soddisfacevano il criterio principale definito avevano nondimeno fabbricato regolarmente prodotti siderurgici CECA. Pertanto, e fatto salvo quanto richiamato supra al punto 268, era parimenti esclusa qualunque necessità di motivazione diversa dalla valutazione degli argomenti presentati a tal fine dal governo italiano (in tal senso v., per analogia, la sentenza della Corte 18 maggio 1993, cause riunite C-356/90 e C-180/91, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-2323, punto 36).

277.
    E' ben vero che la Commissione ha altresì informato gli altri Stati membri e i terzi interessati con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee della decisione di avviamento del procedimento di esame, invitandoli, conformemente all'art. 6, n. 4, del quinto codice, a presentarle osservazioni. Lo scopo di tale informazione era però unicamente l'ottenimento da parte degli interessati di tutte le informazioni necessarie per il futuro operato della Commissione al fine di consentirle di essere completamente edotta sul complesso dei dati del problema prima di prendere la propria decisione (v., per analogia, la sentenza Skibsværftsforeningen e a./Commissione, già citata al punto 263, punto 256). La Commissione non era quindi tenuta a prendere posizione in proposito in modo motivato.

278.
    Ne consegue che la Commissione non era tenuta a rispondere in modo motivato alle osservazioni che le ricorrenti le avevano trasmesso direttamente o per il tramite del governo italiano.

279.
    Il Tribunale rileva, in secondo luogo, che nella motivazione delle decisioni impugnate la Commissione non era tenuta a prendere posizione su tutti gli argomenti presentatile dal governo italiano ed era sufficiente che esponesse i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell'adozione delle decisioni (v., per analogia, la sentenza del Tribunale 8 giugno 1995, causa T-459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. II-1675, punto 31, confermata su questo punto dalla sentenza della Corte 15 maggio 1997, causa C-278/95 P,Siemens/Commissione, vertente sul ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado, Racc. pag. I-2507, punti 10-19).

280.
    Ora, nelle decisioni impugnate la Commissione ha ricordato i principali argomenti sviluppati dal governo italiano (v. parte II del preambolo delle decisioni impugnate). Essa ha indicato i motivi che hanno indotto il legislatore comunitario a non accettare deroghe al divieto generale stabilito dall'art. 4, lett. c), del Trattato a favore di aiuti alla chiusura che non siano atti a produrre effetti significativi sul mercato di cui trattasi (v. parte III delle decisioni impugnate). Essa ha osservato che criteri diversi da quelli da essa previsti nella decisione 12 dicembre 1994 potrebbero essere ammessi purché comprovino la regolarità della produzione dell'azienda. Ha rilevato che i criteri proposti dal governo italiano non erano atti a dimostrare che le imprese hanno prodotto in modo regolare ma semplicemente che avrebbero potuto farlo. Ha precisato che l'art. 4 del quinto codice è redatto in modo tale da non permettere un'interpretazione estensiva che porterebbe ad includere, tra le imprese ammissibili agli aiuti, quelle che, pur non avendo prodotto regolarmente, sarebbero semplicemente pronte a produrre. Essa ne ha dedotto che l'interpretazione del concetto della regolarità fornita dalle autorità italiane non era fondata in diritto e non poteva quindi essere accolta.

281.
    Ne consegue che nelle decisioni di cui è causa la Commissione ha illustrato in modo sufficiente e completo i fatti e i motivi di diritto che hanno avuto un ruolo fondamentale nell'adozione delle medesime.

282.
    Essa non era quindi tenuta a rispondere in modo più specifico alle osservazioni delle ricorrenti trasmesse al governo italiano e da esso riprese nelle proprie osservazioni.

283.
    Il motivo va quindi respinto.

2. Sul motivo secondo cui non sono state indicate le ragioni del rigetto del criterio alternativo proposto dal governo italiano

284.
    La Moccia ritiene che la decisione 96/678 non indichi per quali motivi il criterio dell'idoneità a produrre, criterio alternativo suggerito dal governo italiano, non è sufficiente a consentire di valutare la compatibilità degli aiuti di cui è causa. Tale criterio sembrerebbe infatti del tutto adeguato per tener conto della situazione di aziende che come la sua sono costrette, per ragioni oggettive e ineluttabili, a sospendere temporaneamente la produzione per la ristrutturazione degli impianti. Ora tale criterio alternativo costituirebbe in un caso come il suo in cui la sospensione della produzione era dovuta alla necessità di conformarsi a norme vincolanti un argomento di fondamentale importanza che all'atto del diniego avrebbe dovuto essere respinto in modo specifico, esauriente ed esplicito.

285.
    La Sidercamuna afferma che la decisione della Commissione di non accettare il criterio proposto dalle autorità italiane è insufficientemente motivata, in spregiodell'art. 15 del Trattato. Infatti la Commissione avrebbe omesso di provare, richiamandosi al contesto economico di riferimento, cioè il mercato italiano, che il criterio delle otto ore al giorno era l'unico criterio possibile e indispensabile che consentisse di stabilire se un'azienda fosse in situazione di produzione regolare.

286.
    Il Tribunale fa rinvio ai punti 279-281 della presente sentenza per ricordare che, alla luce della motivazione contenuta nelle decisioni impugnate (v. parti II e III del preambolo), sintetizzata supra al punto 280, si deve riconoscere che la Commissione vi ha illustrato in modo sufficiente e completo i fatti e le considerazioni d'indole giuridica che hanno svolto un ruolo essenziale nella loro adozione per quanto riguarda il rigetto del criterio dell'idoneità a produrre proposto dalle autorità italiane.

287.
    Il motivo va quindi respinto.

3. Sul motivo di inesattezza della motivazione della decisione 96/678 relativamente alla produzione siderurgica nel 1993

288.
    La Moccia afferma che la motivazione della decisione 96/678 è inesatta. Infatti la Commissione ha respinto la tesi del governo italiano secondo cui la scarsa produzione realizzata nel 1993 da talune imprese siderurgiche italiane sarebbe dovuta alla congiuntura sfavorevole ed alla grave crisi del mercato. Essa ha rilevato che per quanto riguarda i tondi da cemento armato risulterebbe unicamente una leggera diminuzione del tasso di utilizzo, sia a livello italiano sia a livello europeo. A sostegno di tale affermazione ha prodotto una tabella statistica illustrativa.

289.
    La ricorrente afferma a questo proposito, in primo luogo, che tale tabella conterrebbe una presentazione non corretta dell'andamento del tasso di utilizzo della capacità produttiva di tondi da cemento armato, che stabilisce il rapporto tra la produzione effettiva e la produzione massima possibile in Europa e in Italia tra il 1992 e il 1993. In realtà tale tasso di utilizzo sarebbe diminuito del 10% a livello europeo e dell'11,55% a livello italiano.

290.
    La ricorrente sostiene, in secondo luogo, che lo strumento utilizzato dalla Commissione per misurare l'andamento congiunturale, cioè il tasso di utilizzo della capacità produttiva, sarebbe di scarsa pertinenza per valutare la situazione della congiuntura del mercato ed il relativo impatto su di un'azienda di modesta importanza come la sua, che, per la sua dimensione, non potrebbe operare che nell'ambito del mercato locale o, tutt'al più, di una parte poco importante del mercato nazionale. Per una valutazione più vicina alla realtà sarebbe stato preferibile utilizzare invece l'andamento dei dati relativi al consumo nel periodo considerato, poiché questi dati consentirebbero di conoscere da vicino le possibilità di collocamento dei prodotti dell'impresa considerata. La ricorrente elabora sulla scorta di tale metodo una tabella dell'andamento della domanda di tondini per cemento armato sul mercato italiano secondo la quale vi sarebbe stata unadiminuzione nel 1992 dell'1,7%, nel 1993 del 20% e nel 1994 del 7%. Se ne desumerebbe quindi l'esistenza di una grave crisi, in particolare per le imprese di minore importanza.

291.
    Il Tribunale ricorda che la mancanza o l'insufficienza di motivazione costituisce un motivo vertente sull'inosservanza delle forme prescritte 'ad substantiam‘, distinto, come tale, dal motivo di inesattezza della motivazione della decisione, il cui controllo rientra nell'esame del merito di quest'ultima (sentenze del Tribunale 7 novembre 1997, causa T-84/96, Cipeke/Commissione, Racc. pag. II-2081, punto 47; 14 maggio 1998, causa T-295/94, Buchmann/Commissione, Racc. pag. II-813, punto 45; causa T-310/94, Gruber e Weber/Commissione, Racc. pag. II-1043, punto 41, e causa T-311/94, BPB de Eendracht/Commissione, Racc. pag. II-1229, punto 66).

292.
    Ora, dagli sviluppi di cui ai punti 279-281 della presente sentenza emerge che la motivazione delle decisioni impugnate indica in modo chiaro e coerente le considerazioni di fatto e di diritto su cui è fondata la giustificazione legale del rigetto dei criteri alternativi proposti dal governo italiano e della dichiarazione di incompatibilità degli aiuti, a prescindere dalla fondatezza delle dette considerazioni che non rientra, come è stato osservato, nel controllo della sufficienza della motivazione, bensì nell'esame del merito della controversia.

293.
    Il motivo va quindi respinto.

Sulle spese

294.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti sono rimaste soccombenti e devono quindi essere condannate a sopportare le proprie spese, nonché, in solido, quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    I ricorsi sono respinti.

2)    Le ricorrenti sopporteranno le proprie spese, nonché, in solido, quelle sostenute dalla Commissione.

Jaeger

Lenaerts
Tiili

Azizi

Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 maggio 1999.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

M. Jaeger

Indice

    Contesto normativo

II - 3

    Fatti all'origine del ricorso

II - 4

        Notificazione da parte del governo italiano della legge n. 481/94 e del decreto n. 683/94

II - 4

        Decisione della Commissione 12 dicembre 1994 che autorizza in linea di principio il regime di sovvenzioni notificato dal governo italiano

II - 5

        Notificazione da parte del governo italiano dell'aiuto previsto a favore delle ricorrenti

II - 5

        Avviamento da parte della Commissione del procedimento ex art. 6, n. 4, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia

II - 7

        Decisioni 30 luglio e 18 dicembre 1996 che hanno dichiarato gli aiuti incompatibili con il mercato comune

II - 8

    Procedimento

II - 9

    Conclusioni delle parti

II - 10

    Sulla ricevibilità

II - 11

        Sui motivi di irricevibilità vertenti sulla contestazione del quinto codice degli aiuti alla siderurgia

II - 11

            1. Sul motivo di difetto di pertinenza delle conclusioni di alcuni ricorsi nella parte in cui sono formalmente diretti contro il quinto codice

II - 11

            2. Sull'irricevibilità per tardività dell'eccezione d'illegittimità del quinto codice nella causa T-130/97

II - 12

        Sui motivi di irricevibilità relativi alla contestazione della decisione 12 dicembre 1994

II - 13

            1. Sul motivo vertente sul fatto che le decisioni impugnate non sarebbero fondate sulla decisione 12 dicembre 1994, bensì direttamente sul quinto codice

II - 13

            2. Sul motivo secondo cui la decisione 97/258 costituirebbe un mero atto confermativo

II - 16

    Nel merito

II - 17

        I - Sui motivi inerenti al merito delle decisioni impugnate

II - 17

            Osservazioni preliminari

II - 17

            Sui motivi inerenti all'inapplicabilità del Trattato

II - 18

                A - Sul motivo secondo cui le ricorrenti non potrebbero essere considerate imprese siderurgiche CECA

II - 18

                B - Sul motivo secondo cui un aiuto alla chiusura, in quanto non sia atto a falsare la concorrenza, sarebbe sottratto al divieto dell'art. 4, lett. c), del Trattato

II - 18

            Sui motivi di illegittimità dell'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice degli aiuti alla siderurgia

II - 21

            Sui motivi vertenti sull'interpretazione effettuata nel caso di specie dalla Commissione per quanto riguarda la condizione della produzione regolare prevista dall'art. 4, n. 2, secondo trattino, del quinto codice

II - 22

                A - Sui motivi di critica della scelta del criterio della produzione minima di un turno di otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana

II - 24

                    1. Sui motivi di critica delle circostanze in cui il criterio è stato applicato

II - 24

                    2. Sui motivi di critica del contenuto del criterio

II - 25

                    a) Sul motivo secondo cui il criterio, esigendo una produzione oggettivamente elevata, precluderebbe l'erogazione dell'aiuto alle imprese meno competitive

II - 25

                    b) Sui motivi di insufficienza del periodo di riferimento

II - 26

                    - Sul motivo secondo cui l'inizio del periodo di riferimento della produzione regolare avrebbe dovuto essere stabilito al 1° gennaio 1991

II - 26

                    - Sul motivo secondo cui la durata insufficiente del periodo di riferimento non consentirebbe di valutare se la presenza di un'impresa sul mercato sia significativa

II - 27

                    c) Sui motivi con cui viene criticata la scelta della produzione massima possibile come parametro di riferimento per il calcolo della produzione regolare

II - 29

                    - Sul motivo secondo cui la regolarità della produzione dovrebbe essere valutata con riferimento alla produzione reale effettiva

II - 29

                    - Sul motivo inerente all'inadeguatezza della produzione massima possibile come criterio per valutare la produzione dei laminatoi

II - 30

                B - Sui motivi con cui è stato criticato il rifiuto della Commissione di prendere in considerazione criteri oggettivi alternativi

II - 31

                    1. Sui motivi secondo cui il rigetto del criterio dell'idoneità a produrre costituisce una violazione dell'obiettivo del quinto codice degli aiuti alla siderurgia

II - 32

                    2. Sul motivo secondo cui la Commissione non avrebbe potuto respingere nella decisione 97/258 il criterio dell'idoneità a produrre, mentre lo aveva già accettato, approvando la normativa italiana con la decisione 12 dicembre 1994

II - 33

                    3. Sul motivo secondo cui sarebbe ingiustificato il rigetto da parte della Commissione della tesi del governo italiano relativa all'esistenza di una profonda crisi del mercato italiano

II - 34

                    4. Sul motivo inerente all'omessa presa in considerazione delle situazioni specifiche di alcune ricorrenti

II - 36

                    a) Caso dell'impresa Moccia

II - 36

                    b) Caso dell'impresa Prolafer

II - 36

                    c) Caso dell'impresa Lamifer

II - 37

                    d) Caso dell'impresa Sidercamuna

II - 37

            Sui motivi di trasgressione del divieto di discriminazioni

II - 38

                A - Sui motivi inerenti alla discriminazione delle ricorrenti rispetto a talune imprese siderurgiche determinate che hanno anch'esse chiesto aiuti alla chiusura in forza della legge n. 481/94

II - 38

                    1. Sui motivi inerenti al fatto che la Commissione ha considerato nella decisione 12 dicembre 1994 che talune imprese che non hanno rispettato il criterio interpretativo della condizione della produzione regolare da essa definito nella decisione hanno cionondimeno, e contrariamente alle ricorrenti, adempiuto detta condizione

II - 39

                    a) Presentazione dei motivi

II - 39

                    - Caso dell'impresa OLS

II - 39

                    - Caso dell'impresa Diano

II - 40

                    - Caso dell'impresa MAO

II - 42

                    b) Giudizio del Tribunale

II - 43

                    2. Sul motivo secondo cui gli aiuti richiesti da talune imprese sono stati dichiarati compatibili nonostante il fatto che la produzione dellemedesime sia stata quantitativamente equivalente a quella delle ricorrenti

II - 46

                    3. Sul motivo secondo cui le ricorrenti, che hanno realizzato una produzione effettiva nel corso del periodo di riferimento, sono state trattate nello stesso modo di talune imprese che non hanno prodotto nel corso del medesimo periodo

II - 46

                B - Sul motivo di discriminazione delle imprese a stabilimento unico rispetto a quelle a stabilimenti multipli

II - 47

                C - Sul motivo di discriminazione delle imprese che hanno dovuto sospendere la produzione nel corso del periodo di riferimento per conformarsi a nuove disposizioni di legge in materia di tutela ambientale

II - 49

                D - Sul motivo di discriminazione delle imprese che non erano in grado di collocare sul mercato quantitativi più ingenti, dato che i costi di produzione non erano più competitivi, rispetto alle imprese più abili o più fortunate

II - 49

                E - Sul motivo secondo cui le imprese escluse dagli aiuti alla chiusura dalla decisione 96/678 avevano una capacità produttiva globale maggiore di quella delle imprese per le quali gli aiuti alla chiusura erano stati approvati da precedenti decisioni della Commissione

II - 50

                F - Sul motivo di discriminazione delle imprese italiane rispetto alle altre imprese comunitarie

II - 51

                G - Sul motivo di discriminazione a causa dell'omessa applicazione dell'art. 95 del Trattato

II - 52

        II - Sui motivi vertenti sull'inosservanza dell'obbligo di motivazione

II - 54

            Sui motivi inerenti al difetto di motivazione della decisione 12 dicembre 1994

II - 55

            Sui motivi inerenti al difetto di motivazione delle decisioni impugnate

II - 56

                1. Sul motivo vertente sul fatto che le osservazioni della ricorrente non sono state prese in considerazione

II - 56

                2. Sul motivo secondo cui non sono state indicate le ragioni del rigetto del criterio alternativo proposto dal governo italiano

II - 58

                3. Sul motivo di inesattezza della motivazione della decisione 96/678 relativamente alla produzione siderurgica nel 1993

II - 59

    Sulle spese

II - 60


1: Lingua processuale: l'italiano.