Language of document : ECLI:EU:T:2006:397

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

14 dicembre 2006 (*)

«Marchio comunitario − Opposizione – Domande di marchi comunitari figurativi VENADO con riquadro, VENADO e VENADO ESPECIAL – Marchi comunitari figurativi anteriori raffiguranti una testa di cervo vista di fronte inserita in un cerchio – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nelle cause riunite T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03,

Mast-Jägermeister AG, con sede in Wolfenbüttel (Germania), rappresentata dal’avv. C. Drzymalla,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra J. García Murillo, in qualità di agente,

convenuto,

altra parte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI, interveniente dinanzi al Tribunale:

Licorera Zacapaneca SA, con sede in Santa Cruz (Guatemala), rappresentata dagli avv.ti L. Corno Caparrós e B. Uriarte Valiente,

avente ad oggetto tre ricorsi proposti avverso le decisioni della prima commissione di ricorso dell’UAMI 19 dicembre 2002 (caso R 412/2002‑1 e caso R 382/2002‑1) e 14 gennaio 2003 (caso R 407/2002‑1), relativi a procedimenti di opposizione tra la Licorera Zacapaneca SA e la Mast‑Jägermeister AG,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalle sig.M.E. Martins Ribeiro e K. Jürimäe, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore

visti i ricorsi depositati in cancelleria il 3 (cause T‑81/03 e T‑82/03) e il 19 marzo 2003 (causa T‑103/03);

viste le repliche dell’UAMI depositate presso la cancelleria del Tribunale il 14 (cause T‑81/03 e T‑82/03) e il 15 dicembre 2004 (causa T‑103/03);

vista la replica dell’interveniente depositata presso la cancelleria del Tribunale il 15 dicembre 2004;

viste le sospensioni decise il 16 giugno, il 5 dicembre 2003 e il 22 aprile 2004;

vista la riunione decisa il 1° giugno 2006;

vista la fase orale del procedimento e a seguito dell’udienza del 13 luglio 2006,

ha emesso la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 13 novembre 1998, la Licorera Zacapaneca SA presentava tre domande di registrazione di marchi comunitari all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), e successive modifiche.

2        I tre marchi di cui era stata chiesta la registrazione (in prosieguo, unitariamente considerati: i «marchi richiesti») sono i segni figurativi qui sotto riprodotti, per i quali i colori rivendicati erano il nero, il dorato e il bianco, nonché, per quanto riguarda unicamente i marchi richiesti nelle cause T‑81/03 e T‑103/03, il rosso:


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(causa T‑81/03)

(causa T‑82/03)

(causa T‑103/03)


3        I prodotti per i quali era richiesta la registrazione dei marchi sono gli stessi nelle tre cause e rientrano nelle classi 32 e 33 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 luglio 1957, sulla classificazione internazionale di prodotti e servizi ai fini della registrazione dei marchi nella versione rivista e modificata. Più esattamente, l’elenco dei prodotti per i quali era stata chiesta la registrazione, quale limitato dall’interveniente il 7 febbraio 2000, contiene i seguenti prodotti:

–        classe 32: «Acque minerali e gassose e altre bevande analcooliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande»;

–        classe 33: «Rhum, liquori di rhum e acqueviti».

4        Le due domande di marchi comunitari, che costituiscono oggetto delle cause T‑81/03 e T‑82/03 sono state pubblicate sul Bollettino dei marchi comunitari n. 88/99, dell’8 novembre 1999.

5        Il 24 novembre 1999, la Mast-Jägermeister AG presentava due opposizioni nei confronti di tali domande, ai sensi dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 40/94. Le opposizioni erano basate sul marchio figurativo comunitario anteriore della ricorrente, registrato il 16 ottobre 1998 sotto il numero 337 337 (in prosieguo: il «marchio anteriore») e qui di seguito riprodotto.

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6        I prodotti per i quali il marchio anteriore è registrato rientrano nelle classi 18, 25, 32 e 33 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondono alle seguenti descrizioni:

–        classe 18: «Ombrelli e ombrelloni»;

–        classe 25: «Abbigliamento, scarpe, cappelleria»;

–        classe 32: «Bevande analcoliche»;

–        classe 33: «Vini, spumanti, vini e spumanti alla frutta, alcolici».

7        I motivi dedotti a sostegno di ciascuna opposizione erano l’identità del marchio richiesto e del marchio anteriore e il rischio di confusione tra di essi ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 40/94.

8        La terza domanda di marchio comunitario dell’interveniente, che costituisce oggetto della causa T‑103/03, è stata pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 38/2000, del 15 maggio 2000.

9        Il 31 maggio 2000, la ricorrente proponeva opposizione nei confronti di tale domanda fondata sul marchio anteriore, menzionato qui sopra al punto 5, nonché sul suo marchio figurativo comunitario anteriore, registrato il 15 ottobre 1998 sotto il numero 135 228 (in prosieguo: il «secondo marchio anteriore») e qui di seguito riprodotto:

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10      I prodotti per i quali il secondo marchio anteriore è registrato rientrano nella classe 33 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondono alla seguente descrizione: «bevande alcoliche (tranne le birre)».

11      I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano l’identità del marchio richiesto e dei due marchi anteriori e il rischio di confusione tra di essi ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 40/94.

12      Nelle comunicazioni relative ai motivi delle tre opposizioni presentate il due giugno (causa T‑81/03), il 27 aprile (causa T‑82/03) e il 3 novembre 2000 (causa T‑103/03) nonché con lettere 27 settembre 2000 (cause T‑81/03 e T‑82/03), la ricorrente si è richiamata ai risultati di due sondaggi di opinione, realizzati nel 1994 e nel 1999 in Germania. Il sondaggio del 1994 avrebbe concluso che, per l’88% della popolazione tedesca adulta, il marchio Jägermeister sarebbe associato a bevande alcoliche. Secondo le conclusioni del sondaggio del 1999, il 70% della popolazione tedesca sarebbe in grado di mettere in relazione il nome «Jägermeister» con una rappresentazione in bianco e nero di una testa di cervo.

13      Con tre decisioni 25 marzo (causa T‑81/03), 27 febbraio (causa T‑82/03) e 14 marzo 2002 (causa T‑103/03), le divisioni di opposizione accoglievano le opposizioni e respingevano le tre domande di registrazione nel loro insieme, per il motivo che esisteva un rischio di confusione in Spagna, tenuto conto della somiglianza dei segni confliggenti e del fatto che i prodotti di cui trattasi sono in parte identici e in parte simili. Per quanto riguarda i due sondaggi di opinione prodotti dalla ricorrente, le divisioni di opposizione hanno ritenuto che quello del 1994 non fosse pertinente, poiché faceva riferimento al riconoscimento sul mercato del marchio Jägermeister e non del marchio anteriore. Per quanto riguarda il secondo sondaggio di opinione realizzato nel 1999, le divisioni di opposizione, nelle loro decisioni sulle opposizioni che costituiscono l’oggetto delle causa T‑81/03 e T‑82/03 hanno constatato che la ricorrente non aveva fornito, nel termine impartito per completare i suoi atti di opposizione, la rappresentazione del disegno mostrato alle persone intervistate. Nella decisione sulla opposizione oggetto della causa T‑103/03, la divisione di opposizione non ha neanche preso in considerazione tale sondaggio, di cui erano stati prodotti in tempo utile tutti gli elementi per il motivo, da un lato, che non era stato dimostrato che in altri territori pertinenti, al di fuori della Spagna, l’elemento verbale «venado especial» avrebbe un impatto identico a quello che avrebbe sul pubblico di tale paese e, dall’altro lato, che l’esistenza di un rischio di confusione in Spagna era sufficiente per respingere la domanda di marchio impugnata nella sua integralità. Infine nella medesima decisione, la divisione di opposizione ha concentrato la sua analisi sul rischio di confusione tra il marchio richiesto in questa causa e il marchio anteriore e non ha proceduto ad un confronto del marchio richiesto con il secondo marchio anteriore.

14      Il 25 aprile (causa T‑82/03) e il 10 maggio 2002 (cause T‑81/03 e T‑103/03), l’interveniente ha proposto tre ricorsi, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94, avverso le decisioni delle divisioni di opposizione sopra menzionate.

15      Con decisioni 19 dicembre 2002 (caso R 412/2002‑1, oggetto del ricorso T‑81/03, e caso R 382/2002‑1, oggetto del ricorso T‑82/03) e 14 gennaio 2003 (caso R 407/2002‑1, oggetto del ricorso T‑103/03) (in prosieguo, considerate insieme: le «decisioni impugnate») la prima commissione di ricorso dell’UAMI accoglieva i ricorsi dell’interveniente e, di conseguenza, rigettava le opposizioni della ricorrente. Le decisioni impugnate sono state notificate alla ricorrente il 2 gennaio 2003 (cause T‑81/03 e T‑82/03) e il 20 gennaio 2003 (causa T‑103/03).

16      In sostanza, la commissione di ricorso ha considerato che, nonostante l’identità di taluni prodotti controversi, rientranti nelle classi 32 e 33, non sussisteva alcuna ragione imperativa per credere che esisterebbe un rischio di confusione tra i marchi richiesti e il marchio anteriore presso il grande pubblico in una qualunque parte della Comunità a causa della differenza dei detti marchi sul piano visivo e fonetico nonché dell’assenza di grande somiglianza logica tra di essi. Questa conclusione, fondata essenzialmente sul confronto dei segni confliggenti da parte della commissione di ricorso, sarebbe corroborata dalla frequenza del disegno di un cervo o di una testa di cervo per proteggere una gamma di bevande, come viene dimostrato da otto registrazioni di marchi comunitari e da una ricerca presso il registro dei marchi del Regno Unito effettuata motu proprio dalla commissione di ricorso.

17      Per quanto riguarda i due sondaggi di opinione prodotti dalla ricorrente, la commissione di ricorso, nelle decisioni 19 dicembre 2002 (cause T‑81/03 e T‑82/03), ha in sostanza e per gli stessi motivi confermato i punti di vista delle divisioni di opposizione. Nella decisione 14 gennaio 2003 (causa T‑103/03), la commissione di ricorso ha altresì confermato la conclusione della divisione di opposizione circa l’assenza di pertinenza del sondaggio del 1994. Per quanto riguarda il sondaggio del 1999, la commissione di ricorso ha ritenuto che i suoi risultati non dessero una indicazione circa la percezione del consumatore tedesco di fronte all’immagine di una testa di cervo diversa dall’immagine della testa di cervo del marchio della ricorrente e accompagnata dalle parole straniere «venado especial». Secondo la commissione di ricorso, in questo caso è difficile credere che i consumatori continueranno ad associare l’immagine di cui trattasi ad un prodotto della ricorrente (Mast Jägermeister). Di conseguenza, anche se la commissione riconoscesse che il marchio anteriore possiede un carattere distintivo più forte in Germania, ciò non implicherebbe assolutamente che il pubblico tedesco confonderebbe il marchio richiesto con la testa di cervo che caratterizza i prodotti della ricorrente. Infine, nella stessa decisione, la commissione di ricorso ha convalidato il ragionamento della divisione di opposizione consistente nel tener conto ai fini della valutazione del rischio di confusione in detto caso soltanto del marchio anteriore menzionato qui sopra al punto 5, essendo questo più vicino al marchio richiesto. Infatti, in caso di rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, sarebbe inutile valutare il secondo marchio anteriore. Per contro, in caso di assenza di rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, il detto rischio tra il marchio richiesto e il secondo marchio anteriore sarebbe a fortiori escluso.

 Conclusioni delle parti

18      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni impugnate;

–        condannare il convenuto alle spese.

19      L’UAMI conclude che il Tribunale voglia:

–        a titolo principale:

–        annullare le decisioni impugnate;

–        condannare l’interveniente alle spese o condannare ciascuna parte rispettivamente alle proprie spese;

–        in subordine:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare la ricorrente alle spese.

20      L’interveniente conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare la ricorrente alle spese.

21      Nel corso dell’udienza, l’UAMI ha rinunciato alla sua conclusione intesa a che l’interveniente venga condannata alle spese qualora venisse accolto il ricorso, e ha precisato che, in questo caso, ciascuna delle parti dovrebbe essere condannata a sopportare le sue proprie spese. Il Tribunale ha preso atto di tale modifica nel verbale dell’udienza.

22      Nel corso dell’udienza l’interveniente ha aggiunto una conclusione in merito alle spese affinché l’UAMI fosse condannato a sostenere le spese dell’interveniente in caso di annullamento delle decisioni impugnate. L’interveniente ha motivato tale conclusione invocando il fatto che l’UAMI si è rifatto, nelle sue conclusioni principali, alla conclusione della ricorrente intesa a sentir dichiarare l’annullamento delle decisioni impugnate. Orbene, dalla sentenza della Corte 12 ottobre 2004, causa C‑106/03 P, Vedial/UAMI (Racc. pag. I‑9573, punto 26), risulterebbe che tale posizione dell’UAMI lederebbe il legittimo affidamento dell’interveniente, alla quale è lecito attendersi che l’UAMI difendesse, dinanzi al Tribunale, le decisioni delle proprie commissioni di ricorso. Il Tribunale ha preso atto di tale modifica nel verbale di udienza.

 Sulla ricevibilità delle conclusioni principali dell’UAMI

 Argomenti delle parti

23      L’UAMI considera che le sue conclusioni principali, dirette a sentir annullare le decisioni impugnate, sono ricevibili. Deduce a tal riguardo la giurisprudenza secondo la quale non è tenuto a difendere sistematicamente qualsiasi decisione di una commissione di ricorso, ma può rifarsi ad una conclusione della ricorrente o ancora rimettersi al prudente apprezzamento del Tribunale [sentenza del Tribunale 30 giugno 2004, causa T‑107/02, GE Betz/UAMI – Atofina Chemicals (BIOMATE), Racc. pag. II‑1845, punti 34 e 36].

 Giudizio del Tribunale

24      Si deve rilevare che, con le conclusioni principali, l’UAMI chiede al Tribunale di annullare le decisioni impugnate. A sostegno di tali conclusioni, l’UAMI presenta argomenti intesi a dimostrare che la commissione di ricorso è incorsa in errore negando l’esistenza di un rischio di confusione nella specie.

25      Si deve a questo proposito ricordare che, in un procedimento relativo ad un ricorso avverso una decisione di una commissione di ricorso che ha statuito nell’ambito di un procedimento di opposizione, l’UAMI non ha il potere di modificare, con la posizione che egli adotta dinanzi al Tribunale, i termini della controversia, quali risultano dalle rispettive domande del richiedente della registrazione e dell’opponente [v. sentenza Vedial/UAMI, punto 22 supra, punto 26; v. sentenza del Tribunale 1° febbraio 2006, cause riunite T‑466/04 e T‑467/04, Dami/UAMI – Stilton Cheese Makers (GERONIMO STILTON), Racc. pag. II‑183, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].

26      Tuttavia, da tale giurisprudenza non consegue che l’UAMI sia tenuto a concludere per il rigetto di un ricorso proposto contro una decisione di una delle sue commissioni di ricorso. Infatti, se è vero che l’UAMI non dispone della legittimazione attiva richiesta per proporre un ricorso avverso una decisione di una commissione di ricorso, non può, per contro, essere tenuto a difendere sistematicamente ogni decisione impugnata di una commissione di ricorso o a concludere obbligatoriamente per il rigetto di qualsiasi ricorso avverso una siffatta decisione (v. sentenze BIOMATE, punto 23 supra, punto 34, e GERONIMO STILTON, punto 25 supra, punto 30).

27      Nulla osta pertanto a che l’UAMI faccia propria una conclusione della ricorrente o ancora si limiti a rimettersi al prudente apprezzamento del Tribunale, pur presentando tutti gli argomenti che ritiene appropriati per illuminare il Tribunale [sentenze del Tribunale BIOMATE, punto 23 supra, punto 36; 25 ottobre 2005, T‑379/03, Peek & Cloppenburg/UAMI (Cloppenburg), Racc. pag. II‑4633, punto 22, e GERONIMO STILTON, punto 25 supra, punto 31].

28      Per contro, l’UAMI non può formulare conclusioni intese a sentire annullare o a modificare la decisione della commissione di ricorso su un punto non sollevato nel ricorso o presentare motivi non sollevati nel ricorso (v. sentenze Vedial/UAMI, punto 22 supra, punto 34; Cloppenburg, punto 27 supra, punto 22, e GERONIMO STILTON, punto 25 supra, punto 32).

29      Nella specie è giocoforza constatare che, nell’ambito delle conclusioni principali, l’UAMI ha dedotto esclusivamente argomenti a sostegno delle conclusioni della ricorrente, secondo la quale la commissione di ricorso è incorsa in errore considerando che non sussisteva rischio di confusione tra i marchi confliggenti, quantomeno in Spagna. Pertanto le conclusioni presentate in via principale dall’UAMI e gli argomenti avanzati a sostegno sono ricevibili nella misura in cui non esorbitano dal quadro delle conclusioni e dei motivi dedotti dalla ricorrente.

 Nel merito

30      In ciascuna delle cause la ricorrente invoca due motivi che deducono, in primo luogo, la violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e, in secondo luogo, la violazione dell’art. 73 del medesimo regolamento. Occorre in primo luogo esaminare il primo motivo.

 Argomenti delle parti

31      La ricorrente, richiamando la giurisprudenza relativa alla valutazione del rischio di confusione, rileva che, essendo il marchio anteriore un marchio comunitario, per valutare il detto rischio occorre porsi nell’ottica del pubblico interessato nell’insieme dell’Unione europea. Tuttavia, come risulta dall’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94, sarebbe sufficiente che il rischio di confusione esista quanto meno in una parte pertinente dell’Unione europea, come l’insieme del territorio di uno Stato membro.

32      La ricorrente considera che giustamente la commissione di ricorso ha constatato l’identità o la somiglianza dei prodotti di cui trattasi. Critica, per contro, il confronto tra i segni operato dalla commissione di ricorso.

33      A questo proposito la ricorrente in primo luogo sostiene che la commissione di ricorso ha attribuito importanza eccessiva al termine «venado» o, nella causa T‑103/03, alle parole «venado especial». Tenuto conto del significato del termine «venado» in spagnolo (cervo), questo, per il consumatore di lingua ispanica, non farebbe altro che descrivere l’immagine contenuta nei marchi richiesti. Questa immagine avrebbe, già solo per la sua dimensione, una posizione dominante nei marchi richiesti. Pertanto, per la sua funzione puramente descrittiva dell’elemento figurativo, alla parola «venado» non potrebbe essere attribuito carattere marcante per il pubblico di lingua ispanica. Il termine «especial», che comparirebbe unicamente nel marchio richiesto oggetto della causa T‑103/03, avrebbe unicamente il significato di «speciale» e, di conseguenza, verrebbe inteso dal pubblico interessato come una indicazione del fatto che il prodotto di cui trattasi sarebbe un prodotto migliorato o modificato dello stesso fabbricante. Analoghi concetti sarebbero di uso corrente e non avrebbero carattere distintivo.

34      Anche al di fuori del pubblico di lingua ispanica, non è possibile negare la somiglianza tra i segni confliggenti a causa della presenza nei marchi richiesti dell’elemento «venado». Secondo la ricorrente, qualora il marchio anteriore consista unicamente in un segno figurativo, è l’elemento figurativo di un marchio posteriore misto, cioè verbale e figurativo, a provocare confusioni. L’elemento verbale di questo ultimo marchio potrebbe, certamente, aggravare ulteriormente il rischio di confusione, come nella specie, dove tale elemento corrisponderebbe, concettualmente, all’elemento figurativo dei marchi richiesti. Per contro, la ricorrente considera che l’elemento verbale di un segno posteriore misto non può, in nessun caso, accentuare la differenza tra tale segno e il marchio anteriore non contenente elementi verbali, dal momento che un confronto di tale elemento verbale con il marchio figurativo anteriore è escluso di primo acchito. Infatti, secondo la ricorrente, il pubblico confronterà l’immagine che serba nella memoria del marchio figurativo anteriore con l’elemento figurativo del marchio posteriore. Una diversa valutazione di tale questione porterebbe sic et simpliciter a consentire di riprendere, in modo identico o pressoché identico, il segno figurativo anteriore in un segno posteriore qualora vi fosse aggiunta una qualsiasi parola, compresa quella corrispondente alla semplice descrizione verbale del segno figurativo.

35      Secondo la ricorrente, la presente fattispecie si distingue dal caso in cui tanto il marchio anteriore quanto il marchio richiesto consistono in una combinazione di elementi verbali e figurativi. In questo caso, potrebbe talvolta succedere che l’elemento verbale del marchio anteriore sia talmente marcante che il pubblico interessato conservi nella memoria tale marchio unicamente tramite il suo elemento verbale e che, confrontato con un segno verbale e figurativo posteriore, tenga in considerazione in modo determinante soltanto gli elementi verbali contenuti nei segni confliggenti.

36      Da ciò conseguirebbe che, per il confronto dei segni confliggenti, si deve tener conto dell’elemento figurativo dei marchi richiesti, come elemento determinante, e questo tanto più che i prodotti da essi considerati sono di uso quotidiano, essenzialmente acquistati a vista, cosa che conferirebbe all’elemento figurativo particolare importanza.

37      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha ingiustamente tenuto conto in questo contesto dell’arrangiamento dei colori nei marchi richiesti. Infatti, la registrazione del marchio anteriore in bianco e nero coprirebbe ogni arrangiamento a colori, compreso l’utilizzo del colore dorato per la bordatura sotto forma di cerchio e per i contorni della testa di cervo. Il fatto che il marchio richiesto nella causa T‑103/03 sia inserito in un quadro a linee nere e rosse e potrebbe così dare l’impressione di un’etichetta, sarebbe pure privo di pertinenza. Poiché tale quadro è una figura geometrica di base, il pubblico interessato non vi attribuirebbe alcuna importanza. Inoltre il secondo marchio anteriore consisterebbe, esso pure, in un’etichetta, mentre il marchio anteriore sarebbe pure frequentemente riprodotto su un’etichetta.

38      In terzo luogo, la ricorrente considera che la commissione di ricorso ha attribuito eccessiva importanza alle differenze di dettaglio tra i marchi richiesti e il marchio anteriore rispetto alle grandissime somiglianze tra essi esistenti. Orbene, il pubblico interessato serberebbe nella memoria soltanto un’impressione approssimativa dei segni figurativi, non dei loro dettagli, come il fatto che, nel marchio anteriore, la pelliccia del cervo sarebbe abbozzata e la sua testa disegnata alla stregua di una stampa mentre i marchi richiesti non presenterebbero siffatte caratteristiche. Sarebbe altrettanto per quanto riguarda i palchi del cervo, che sarebbero tagliati nei marchi richiesti mentre, nel marchio anteriore, essi sarebbero rappresentati nella loro integrità e l’assenza, nei marchi richiesti, di una croce inserita in una aureola che sarebbe presente nel marchio anteriore.

39      La ricorrente rileva che l’impressione complessiva del marchio anteriore è caratterizzata dalla rappresentazione, alla stregua di un ritratto, di una testa di cervo che, all’interno di un cerchio, si pone direttamente di fronte a chi la guarda. La linea immaginaria che va dalla fronte passando per il naso fino al muso del cervo sovrasterebbe verticalmente il collo dell’animale. Le orecchie si situerebbero a 45 gradi circa da tale linea verticale, mentre l’inizio dei palchi si collocherebbe direttamente dietro le orecchie.

40      I marchi richiesti si caratterizzerebbero altresì per una siffatta linea diritta immaginaria, che sovrasta il collo, e che va dalla fronte passando attraverso il naso fino al muso del cervo. Inoltre, le orecchie del cervo si collocherebbero pure a 45 gradi circa da tale linea verticale e l’inizio dei palchi si collocherebbe pure direttamente dietro le orecchie. Infine, sia nei marchi richiesti sia nel marchio anteriore, la testa del cervo sarebbe tagliata a livello del collo da un cerchio e i due disegni si caratterizzerebbero per la loro grande simmetria e mostrerebbero, entrambi, una rappresentazione stilizzata della testa di cervo, poiché il grado di astrazione è solo di poco maggiore nei marchi richiesti. Al contrario dell’opinione della commissione di ricorso, i cerchi nei quali sarebbero iscritte le due teste di cervo non sarebbero un semplice accessorio decorativo, ma delimiterebbero le due immagini e conferirebbero loro la forma. Questo elemento rafforzerebbe la rassomiglianza tra le impressioni di insieme dei segni confliggenti. Per contro, il quadro rettangolare contenuto in due dei marchi richiesti (cause T‑81/03 e T‑103/03) sarebbe effettivamente soltanto un accessorio decorativo non percepibile dal pubblico interessato.

41      Colpirebbe inoltre il fatto che la testa di cervo contenuta nei marchi richiesti apparirebbe come un’immagine leggermente ravvicinata della testa di cervo contenuta nei marchi anteriori. Infatti, se si procedesse a un ingrandimento dell’immagine della testa di cervo contenuta nel marchio anteriore, «zoomando» la testa del cervo, i palchi del cervo scomparirebbero pure essi dietro il cerchio. Questo effetto aggraverebbe il rischio di confusione tra i segni confliggenti, data l’immagine imperfetta che il pubblico interessato conserverebbe dei detti segni.

42      La ricorrente sostiene altresì che l’assenza, nei marchi richiesti, del motivo della croce circondato da un’aureola non può stare a fondamento di una differenziazione sufficiente dei segni. Da un lato, l’impressione di raggi sarebbe presente nei marchi richiesti, più particolarmente nel cerchio che fa parte dell’elemento figurativo di tali marchi. Dall’altro lato, i marchi richiesti potrebbero essere percepiti come una modernizzazione del marchio anteriore. La commissione di ricorso avrebbe ingiustamente respinto quest’ultimo argomento per il motivo che le differenze tra i segni sarebbero troppo marcate. Secondo la ricorrente, alla luce degli elementi da essa sviluppati, tali differenze hanno solo scarsa rilevanza rispetto alla rassomiglianza tra i segni. Inoltre, i marchi anteriori dell’interveniente dimostrerebbero che anch’essa avrebbe modernizzato il suo segno.

43      Inoltre, la presente causa si distinguerebbe da quella che ha dato luogo alla sentenza della Corte 11 novembre 1997, C‑251/95, SABEL (Racc. pag. I‑6191). In primo luogo, in quest’ultima causa, la Corte avrebbe dovuto risolvere una questione pregiudiziale e non avrebbe dovuto giudicare il rischio di confusione tra i segni opposti. In secondo luogo, contrariamente a quanto ricorrerebbe con il termine «sabèl» in tale causa, nella presente specie la parola «venado» sarebbe intesa nel mondo di lingua ispanica nel senso di «cervo» e di conseguenza non avrebbe un significato autonomo nell’ambito di un confronto tra i marchi di cui trattasi, poiché sarebbe descrittiva dell’immagine contenuta nei marchi richiesti. In terzo luogo, il termine «sabél» sarebbe integrato nell’elemento figurativo del marchio, mentre la parola «venado» apparirebbe separatamente dall’elemento figurativo nei marchi richiesti. In quarto luogo e soprattutto, la somiglianza dei marchi nella specie non si limiterebbe ad una rassomiglianza dei motivi di cui trattasi, ma esisterebbe una somiglianza molto forte nel modo in cui i detti motivi sarebbero rappresentati.

44      Del resto, il fatto che tre differenti divisioni di opposizione dell’UAMI, in composizioni diverse, sarebbero pervenute indipendentemente l’una dall’altra alla conclusione che esiste una somiglianza tra i marchi richiesti e il marchio anteriore, dimostrerebbe che gli argomenti migliori depongono a favore di un rischio di confusione. Inoltre, la decisione della terza divisione di opposizione 12 dicembre 2002, n. 3006/2000, sarebbe pervenuta ad una conclusione analoga.

45      In ultimo luogo, la ricorrente considera che, tenuto conto della somiglianza dei segni confliggenti, non è necessario dimostrare un carattere distintivo accresciuto del marchio anteriore.

46      Ad ogni modo, la ricorrente rileva che, se è vero che nelle cause T‑81/03 e T‑82/03 non ha prodotto nei termini il segno figurativo che era alla base del secondo sondaggio di opinione effettuato nel 1999, essa lo avrebbe tuttavia descritto nelle osservazioni del 27 settembre 2000 da essa presentate alle divisioni di opposizione, con la conseguenza che tra le parti non sussisterebbe alcuna ambiguità su tale questione. L’interveniente avrebbe del resto perfettamente inteso il contenuto e la base di tale sondaggio e non ne avrebbe contestato il risultato, limitandosi unicamente ad evocare il fatto che esso si limiterebbe alla Germania. Nella causa T‑103/03, nell’ambito della quale il segno oggetto del sondaggio è stato prodotto nei termini, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso è incorsa in erronea applicazione di legge rifiutando di prendere in considerazione il risultato del detto sondaggio per il motivo che non affronterebbe la questione della reazione del pubblico a un segno contenente l’elemento verbale «venado especial». La ricorrente rileva, infine, che il segno alla base del sondaggio, consistente in una testa di cervo senza croce, sarebbe registrato a suo favore come marchio nazionale in Germania nonché come marchio internazionale.

47      L’UAMI ritiene che, nelle presenti cause, sono le decisioni rese dalle divisioni di opposizione, nonché la decisione pronunciata dalla terza commissione di ricorso nel caso R 213/2001‑3, quelle che hanno correttamente interpretato i criteri giurisprudenziali applicabili per stabilire l’esistenza o l’assenza del rischio di confusione tra i marchi figurativi confliggenti.

48      L’UAMI rileva, in primo luogo, che il pubblico di riferimento nel caso di specie è il consumatore comunitario, tenendo conto del fatto che il marchio anteriore è una registrazione comunitaria. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, è sufficiente che esista un rischio di confusione in una parte della Comunità perché la domanda di registrazione venga respinta, in ragione del principio del carattere unitario del marchio comunitario. Di conseguenza, l’esistenza di un rischio di confusione nel territorio spagnolo sarebbe sufficiente per respingere, nella loro totalità, le domande di registrazione contestate.

49      L’UAMI procede, in secondo luogo, a un confronto dei prodotti considerati dai marchi confliggenti e si ricollega alla posizione adottata dalla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI, secondo la quale le differenze di applicazione poste in evidenza dall’interveniente non potrebbero essere prese in considerazione, dato che i prodotti considerati dai marchi richiesti e compresi nella classe 33, e cioè «rhum, liquori a base di rhum e acqueviti», sono inclusi nell’espressione generale «alcolici», per i quali il marchio anteriore è registrato. Parimenti, le «acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta» contemplati dai marchi richiesti, compresi nella classe 32, potrebbero rientrare nella più generale categoria coperta dal marchio anteriore «bevande analcoliche». Di conseguenza, si tratterebbe, in questo caso, di prodotti identici.

50      Per quanto riguarda gli «sciroppi e altri preparati per fare bevande», contemplati dai marchi richiesti e rientranti nella classe 32, questi presenterebbero un grado di somiglianza molto elevato con le bevande analcoliche coperte dal marchio precedente, poiché le due categorie di prodotti hanno una destinazione identica e sono in diretta concorrenza sul mercato. A questo proposito l’UAMI rileva che i produttori di bevande analcoliche possono vendere i loro prodotti sotto due forme, o come prodotti finiti pronti per il consumo, o in polvere o allo stato liquido (sciroppi e preparati per fare bevande), ai quali bisogna aggiungere acqua, gassosa o no. In quest’ultimo caso, il prodotto che ne risulta sarebbe una bevanda analcolica che, nella maggior parte dei casi, non presenterebbe alcuna differenza con il prodotto pronto per il consumo.

51      L’UAMI conclude che giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che esistesse un’identità tra taluni prodotti controversi e aggiunge che gli altri prodotti, che non sono stati considerati identici dalla commissione, presentano un grado elevato di somiglianza. Rileva, altresì, che i prodotti controversi sono articoli di consumo corrente.

52      Per quanto riguarda in terzo luogo il confronto dei segni confliggenti, l’UAMI rileva che, sul piano visivo, sia il marchio anteriore sia i marchi richiesti presentano elementi figurativi consistenti, essenzialmente, nella raffigurazione di una testa di cervo vista di fronte, inserita in un cerchio. Essi differirebbero nello stile delle rappresentazioni, nella porzione di testa che appare, nella presenza nel marchio anteriore di una croce circondata da un’aureola situata tra i palchi, nell’aggiunta nei marchi richiesti di un elemento verbale e cioè «venado» o «venado especial» e, nei marchi richiesti nella cause T‑81/03 e T‑103/03, nel quadro rettangolare nel quale sono inseriti i marchi richiesti.

53      L’UAMI considera che, nonostante la presenza dell’elemento verbale «venado» o «venado especial» nei marchi richiesti, sul piano visivo il loro elemento figurativo sarebbe percepito come dominante, in ragione della sua posizione, della sua apparenza molto vistosa e della sua dimensione. Inoltre, inserire il marchio in un rettangolo alla stregua di un’etichetta, come viene fatto nei marchi richiesti oggetto delle cause T‑81/03 e T‑103/03, sarebbe una pratica abituale nel settore delle bevande. Per quanto riguarda il marchio anteriore, l’UAMI è del parere che la croce circondata da un’aureola, per quanto chiaramente visibile, non occuperebbe una posizione dominante rispetto alla rappresentazione della testa dell’animale.

54      Sul piano fonetico, l’UAMI rileva che i marchi anteriori sono esclusivamente figurativi. Di conseguenza, la loro eventuale evocazione orale avverrebbe mediante descrizione del disegno all’interlocutore affinché quest’ultimo possa identificare il segno di cui trattasi. Pertanto, non si può escludere che il pubblico spagnolo vi faccia allusione facendo riferimento all’animale disegnato, e cioè «venado» (cervo). I marchi richiesti, dal canto loro, sarebbero evocati oralmente dalle parole che essi contengono e cioè, «venado» e, rispettivamente «venado especial».

55      Sul piano logico, l’UAMI osserva che la parola «venado» è considerata dal consumatore spagnolo come la definizione di un animale le cui caratteristiche corrispondono a quello rappresentato nell’elemento figurativo. Nell’impressione globale dei marchi richiesti, tale termine non verrebbe percepito dal pubblico spagnolo come un elemento autonomo, ma sarebbe considerato come chiaramente legato all’elemento figurativo che giocherebbe un ruolo importante, dato che l’unico elemento verbale dei marchi richiesti definirebbe l’animale rappresentato. Ne conseguirebbe che l’elemento figurativo dei marchi richiesti assumerebbe un’importanza decisiva nella percezione che ne avrebbe il consumatore spagnolo.

56      Tenuto conto di quanto considerato, l’UAMI ritiene che, nel quadro della valutazione globale del rischio di confusione nella presente fattispecie, si deve tener conto dei seguenti elementi: in primo luogo, dell’elemento figurativo dei marchi richiesti, che sarebbe percepito come un elemento che attira l’attenzione del consumatore, dato che la croce circondata da un’aureola del marchio anteriore non è un elemento dominante nell’impressione globale proiettata da tale marchio; in secondo luogo, dell’elemento verbale «venado» o «venado especial» dei marchi richiesti, che sarebbe percepito dal pubblico spagnolo come intimamente connesso con l’elemento figurativo di tali marchi, poiché si tratterebbe del termine con il quale l’animale raffigurato sarebbe identificato; in terzo luogo, del fatto che i segni controversi avrebbero in comune, in quanto elemento che attira l’attenzione del consumatore, l’idea proiettata dai loro elementi figurativi, e cioè una testa di cervo vista di fronte e inserita in un cerchio, che possederebbe, di per sé, un carattere distintivo normale; in quarto luogo, del fatto che i prodotti controversi sarebbero identici o molto simili e che, del resto, trattandosi di prodotti di consumo corrente, al momento del loro acquisto il consumatore medio non presterebbe una particolare attenzione.

57      In conclusione, l’UAMI considera, al pari delle divisioni di opposizione e al contrario della valutazione operata dalla commissione di ricorso nelle decisioni impugnate, che nel caso in cui il pubblico interessato non attribuisse, per quanto riguarda l’elemento figurativo dei marchi richiesti, un particolare significato alla parola «venado», esisterebbe un rischio di confusione tra i segni controversi dato che gli elementi che compongono i marchi richiesti sono chiaramente legati sul piano logico.

58      Solo in subordine l’UAMI conclude per il rigetto dei ricorsi qualora il Tribunale dovesse confermare il ragionamento della commissione di ricorso circa l’assenza di rischio di confusione tra i segni controversi.

59      Infine, per quanto riguarda la presa in considerazione dei due sondaggi di opinione prodotti dalla ricorrente al fine di dimostrare la notorietà dei marchi anteriori in Germania, l’UAMI si ricollega, nelle cause T‑81/03 e T‑82/03, alla posizione adottata dalla commissione di ricorso e dalle divisioni di opposizione, che hanno considerato che il primo documento non era pertinente e il secondo non valido in ragione della sua incompleta produzione entro il termine impartito. Per contro, nella causa T‑103/03, l’UAMI considera che il sondaggio realizzato in Germania nel 1999 (v. punto 12 supra), poiché è stato prodotto nella sua totalità entro il termine impartito deve essere preso in considerazione dal Tribunale nel caso in cui dovesse concludere per l’assenza di un rischio di confusione tra i marchi confliggenti nel territorio spagnolo.

60      L’interveniente respinge, in primo luogo, la tesi della ricorrente secondo la quale i marchi anteriori erano puramente figurativi per cui il confronto doveva essere operato facendo astrazione dall’elemento verbale dei marchi richiesti. Secondo l’interveniente un siffatto approccio, che ignorerebbe del tutto gli elementi verbali, violerebbe il confronto globale dei marchi, poiché tiene conto dei loro elementi distintivi e dominanti, richiesti dalla giurisprudenza.

61      L’interveniente non ritiene che la commissione di ricorso abbia attribuito importanza eccessiva alle parole «venado» o «venado especial». Da un lato, tali elementi, che occuperebbero un terzo dei marchi richiesti e comparirebbero in lettere maiuscole, in grassetto e, nei marchi richiesti oggetto delle cause T‑81/03 e T‑103/03, in colore rosso, sarebbero messi in evidenza così da attrarre l’attenzione del consumatore in modo determinante. D’altro lato, il carattere distintivo del marchio anteriore sarebbe sminuito in ragione dell’esistenza di più marchi contenenti raffigurazioni di teste o di corpi di cervi utilizzati per bevande. L’immagine del cervo dovrebbe pertanto essere considerata come elemento di utilizzo corrente, con la conseguenza che non potrebbe essere monopolizzato da una sola impresa che, in questo modo, si vedrebbe riconoscere un privilegio inusuale. Poiché questa immagine riceve, per questi motivi, una diminuita importanza ai fini del confronto, non può essere considerata elemento dominante dei marchi richiesti.

62      L’interveniente nega anche l’esistenza di una identità fonetica dei marchi confliggenti. Sostiene, a questo proposito, che il consumatore medio utilizzerà sempre i termini «venado» o «venado especial» per chiedere i suoi prodotti, a prescindere dalle immagini che figurano sulle bottiglie. Per quanto riguarda i prodotti della ricorrente, l’interveniente ritiene che il consumatore tedesco li richiederà usando sempre il nome «Mast‑Jägermeister», data la notorietà del marchio della ricorrente contenente una testa di cervo, quale risulterebbe dimostrata dal sondaggio prodotto dalla ricorrente dinanzi all’UAMI. L’interveniente ignora come i consumatori spagnoli chiameranno il marchio della ricorrente, ma ritiene che probabilmente anche essi useranno il nome «Mast‑Jägermeister», o, se lo chiamano facendo riferimento al disegno, utilizzeranno l’espressione «cabeza de ciervo» dal momento che il termine «ciervo» nella lingua spagnola è più comune che «venado».

63      Per quanto riguarda paesi diversi dalla Spagna, l’interveniente considera che i termini «venado» o «venado especial» non saranno compresi dal consumatore medio e non saranno associati all’immagine del cervo. Di conseguenza, i marchi richiesti sarebbero considerati, in tali paesi, marchi di fantasia. Inoltre, l’interveniente sostiene di aver registrato presso l’UAMI il marchio verbale VENADO, senza che la ricorrente vi si fosse opposta. Quest’ultima non si sarebbe neppure opposta a più marchi verbali e figurativi contenenti il medesimo termine nonché l’immagine della testa di cervo, registrati dall’interveniente in Spagna, come avrebbe dovuto essere stato il caso se l’eventuale rischio di confusione fosse limitato al territorio di tale Stato.

64      Sul piano visivo, l’interveniente considera che vi sono differenze indiscutibili tra il marchio anteriore e i marchi richiesti, rilevate nelle decisioni impugnate. Inoltre, l’interveniente sostiene che l’elemento verbale dei marchi richiesti assume importanza ai fini del confronto, tenuto conto del limitato carattere distintivo della rappresentazione della testa di cervo. L’elemento verbale «venado» o «venado especial» sarebbe messo in evidenza con l’aiuto di grandi lettere a colori in modo tale da attirare l’attenzione del consumatore più del disegno stesso.

65      Secondo l’interveniente, è escluso che i consumatori considerino i marchi richiesti come versioni moderne del marchio anteriore, dal momento che nei marchi richiesti non è contenuta la croce di sant’Uberto, che la ricorrente considera un elemento messo chiaramente in vista nel marchio anteriore, bensì un elemento nuovo e caratteristico, e cioè i termini «venado» o «venado especial». L’interveniente rileva che, in linea generale, le versioni modernizzate dei marchi includono i loro elementi più caratteristici e gli eventuali nuovi elementi introdotti non sono, di norma, particolarmente salienti. Infine, il fatto, invocato dalla ricorrente, che l’interveniente avrebbe essa stessa modernizzato i propri marchi sarebbe privo di ogni pertinenza ai fini della valutazione del rischio di confusione tra i marchi confliggenti.

66      Sul piano logico, l’interveniente condivide l’idea della commissione di ricorso, secondo la quale non esiste identità logica, tenuto conto, segnatamente, del fatto che il marchio anteriore contiene un elemento aggiuntivo, e cioè la croce di sant’Uberto, mentre i marchi richiesti comprendono, per contro, i termini «venado» o «venado especial».

67      L’interveniente rileva che, quand’anche esistesse una certa similitudine logica tra i marchi confliggenti, dalla sentenza SABEL, punto 43 supra, risulterebbe che siffatta similitudine potrebbe creare un rischio di confusione solo se il marchio opposto possedesse un particolare carattere distintivo, o intrinsecamente o in ragione della notorietà della quale godrebbe presso il pubblico. Orbene, il marchio anteriore non possederebbe un siffatto carattere. Da un lato, il suo carattere distintivo intrinseco sarebbe limitato dall’esistenza di altri marchi, aventi ad oggetto gli stessi prodotti, e nei quali figurano rappresentazioni di cervidi o di cervi, come sarebbe stato dimostrato dinanzi alla commissione di ricorso dall’interveniente senza che la ricorrente la contraddicesse. D’altro lato, la notorietà del marchio anteriore non sarebbe stata provata, poiché i sondaggi di opinione prodotti dalla ricorrente sono stati rifiutati.

68      Ad ogni modo, l’interveniente ricorda che il sondaggio realizzato nel 1999 sarebbe basato sulla rappresentazione di una testa di cervo senza la croce e non sul marchio anteriore. Sarebbe privo di pertinenza il fatto che la detta rappresentazione sarebbe stata egualmente registrata come marchio a nome della ricorrente, dal momento che tale marchio, che non sarebbe stato utilizzato a fondamento delle opposizioni della ricorrente o invocato dinanzi alla commissione di ricorso, non può, secondo la giurisprudenza, essere invocato per la prima volta dinanzi al Tribunale.

69      L’interveniente conclude che giustamente la commissione di ricorso ha giudicato che, tenuto conto delle differenze esistenti tra i marchi controversi e dell’assenza di un carattere distintivo particolare dei marchi anteriori, non sussisteva nella specie rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

 Giudizio del Tribunale

70      A tenore dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, la registrazione del marchio richiesto è rifiutata se, «a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore».

71      Secondo la costante giurisprudenza, costituisce un rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla medesima impresa o, se del caso, da imprese economicamente collegate [sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II‑4359, punto 25; v. altresì, per analogia, sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 29, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 17 ].

72      Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione nel pubblico dev’essere quindi valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v., per analogia, sentenze SABEL, punto 43 supra, punto 22; Canon, punto 71 supra, punto 16; Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 71 supra, punto 18, e Fifties, punto 71 supra, punto 26).

73      Questa valutazione globale, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica o logica dei marchi di cui trattasi, deve essere basata sull’impressione d’insieme prodotta dai marchi, tenendo conto, tra l’altro, dei loro elementi distintivi e dominanti. Non può escludersi, in tale contesto, che la somiglianza logica che deriva dal fatto che due marchi utilizzano immagini che concordano nel loro contenuto semantico possa creare un rischio di confusione nel caso in cui il marchio anteriore possieda un carattere distintivo particolare, o intrinsecamente, o grazie alla notorietà di cui gode presso il pubblico (v., per analogia, sentenza SABEL, punto 43 supra, punti 23 e 24).

74      Inoltre, la valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione, e in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un debole grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un grado elevato di somiglianza tra i marchi, e viceversa (v., per analogia sentenze Canon, punto 71 supra, punto 17; Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 71 supra, punto 19, e Fifties, punto 71 supra, punto 27).

75      Si deve altresì rilevare che la percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o dei servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi [sentenze del Tribunale Fifties, punto 71 supra, punto 28, e 3 marzo 2004, causa T‑355/02, Mülhens/UAMI – Zirh International (ZIRH), Racc. pag. II‑791, punto 41; v., per analogia, sentenze SABEL punto 43 supra, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 71 supra, punto 25]. Ai fini di tale valutazione globale, si ritiene che il consumatore medio dei prodotti interessati sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi (v., per analogia sentenze Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 71 supra, punto 26, e Fifties, punto 71 supra, punto 28).

76      Inoltre, dal carattere unitario del marchio comunitario, sancito dall’art. 1, n. 2, del regolamento n. 40/94, risulta che un marchio comunitario anteriore è protetto in modo identico in tutti gli Stati membri. I marchi comunitari anteriori sono pertanto opponibili a qualsiasi domanda di marchio successiva che leda la loro tutela, anche solo con riguardo alla percezione dei consumatori di una parte del territorio comunitario. Da ciò consegue che il principio sancito all’art. 7, n. 2, del regolamento n. 40/94, secondo il quale è sufficiente, per rifiutare la registrazione di un marchio, che un impedimento assoluto alla registrazione esista solo in una parte della Comunità, si applica, per analogia, anche al caso di un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 [sentenze del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II‑4335, punto 59; ZIRH, punto 75 supra, punti 35 e 36; 6 ottobre 2004, cause riunite da T‑117/03 a T‑119/03 e T‑171/03, New Look/UAMI – Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection), Racc. pag. II‑3471, punto 34, e 1° marzo 2005, causa T‑185/03, Fusco/UAMI – Fusco International (ENZO FUSCO), Racc. pag. II‑715, punto 33].

77      Si deve infine ricordare che la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dev’essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una eventuale precedente prassi decisionale dell’UAMI [sentenze del Tribunale 5 dicembre 2002, causa T‑130/01, SykesEnterprises/UAMI (REAL PEOPLE; REAL SOLUTIONS), Racc. pag. II‑5179, punto 31; 3 luglio 2003, T‑129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser‑Busch (BUDMEN), Racc. pag. II‑2251, punto 61, e 6 luglio 2004, T‑117/02, Grupo El Prado Cervera/UAMI – Héritiers Debuschewitz (CHUFAFIT), Racc. pag. II‑2073, punto 57].

78      Alla luce delle considerazioni che precedono si deve procedere al confronto, da un lato, dei prodotti di cui trattasi e, dall’altro lato, dei segni confliggenti. Si deve a questo proposito precisare che le decisioni della divisione di opposizione e della commissione di ricorso, invocate dalla ricorrente e dall’UAMI (v. punti 45 e, rispettivamente, 47 supra) e vertenti sul rischio di confusione tra altri marchi richiesti dall’interveniente e il marchio anteriore, non sono pertinenti ai fini di questa analisi, dal momento che potrebbero al massimo dimostrare una certa prassi decisionale dell’UAMI di cui il Tribunale non può tener conto secondo la giurisprudenza citata al punto precedente.

 Sui marchi anteriori nella causa T‑103/03

79      A sostegno dell’opposizione oggetto della causa T‑103/03, la ricorrente ha invocato i suoi due marchi comunitari evocati supra ai punti 5 e, rispettivamente, 9. Si deve tuttavia constatare che il secondo marchio anteriore rassomiglia ad una etichetta contenente, come elemento principale, la stessa raffigurazione di una testa di cervo che compare nel marchio anteriore. Vi si aggiungono altri elementi, in particolare la denominazione «jägermeister» del prodotto di cui trattasi, il nome e l’indirizzo della ricorrente nonché istruzioni in lingua inglese circa il consumo del suo prodotto («serve cold – keep on ice»).

80      Ciò considerato, giustamente tanto la divisione di opposizione quanto la commissione di ricorso hanno concentrato la loro analisi sul rischio di confusione tra il marchio richiesto in questa causa e il marchio anteriore. Infatti, se si conclude che esiste un rischio di confusione tra il marchio richiesto in questa stessa causa e il marchio anteriore, non sarà necessario tener conto del secondo marchio anteriore. Parimenti, se si conclude per l’assenza di siffatto rischio tale conclusione vale a maggior ragione per il secondo marchio anteriore, il quale contiene, oltre all’immagine della testa di cervo che figura pure nel marchio anteriore, gli elementi addizionali menzionati al punto precedente che lo distinguono ancora di più dal marchio richiesto in questa causa. A questo proposito, si deve altresì rilevare che la ricorrente ha essa stessa focalizzato la sua analisi, nel ricorso della causa T‑103/03, sulle somiglianze tra il marchio richiesto e il marchio anteriore.

81      Il Tribunale concentrerà pertanto la sua analisi, anche per quanto riguarda i segni opposti della causa T‑103/03, sul rischio di confusione tra il marchio richiesto in questa causa e il marchio anteriore.

 Sul pubblico di riferimento

82      Si deve rilevare che i marchi richiesti hanno ad oggetto bevande, alcoliche o analcoliche. Siffatti prodotti figurano anche tra i prodotti coperti dal marchio anteriore. Essendo le bevande alcoliche o analcoliche articoli di consumo corrente, le decisioni impugnate hanno giustamente considerato che il pubblico di riferimento era costituito dal grande pubblico, cioè dal consumatore medio.

83      Inoltre, poiché il marchio anteriore è un marchio comunitario, il territorio di riferimento ai fini dell’analisi del rischio di confusione è l’insieme del territorio dell’Unione europea. Tuttavia, è pacifico che i termini «venado» e «venado especial», che compongono i marchi richiesti, sono parole spagnole, il cui significato potrà essere inteso soltanto dal consumatore medio di lingua ispanica. La valutazione del rischio di confusione tra i marchi richiesti e il marchio anteriore in Spagna riveste, pertanto, un’importanza particolare ai fini delle presenti cause. Infatti, se risulta che non esistono rischi di confusione tra i marchi richiesti e il marchio anteriore in Spagna, tale conclusione sarà a maggior ragione valida per il consumatore medio degli altri Stati membri, il quale non capirà il significato dei suddetti elementi verbali dei marchi richiesti. Per contro, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 76, l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi confliggenti in Spagna sarebbe un motivo sufficiente per respingere le domande di registrazione di cui trattasi senza che occorra esaminare se un siffatto rischio esista anche nel resto dell’Unione europea.

84      Da ciò consegue che l’analisi del rischio di confusione deve iniziare con l’esame della percezione dei marchi confliggenti da parte del pubblico spagnolo.

 Sul confronto dei prodotti

85      La commissione di ricorso ha considerato, senza essere contraddetta dalle parti, che taluni prodotti contemplati dai marchi confliggenti sono identici. Tale è il caso delle «acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta», rientranti nella classe 32 e contemplate dai marchi richiesti, le quali sono bevande analcoliche e pertanto identiche alle «bevande analcoliche» della medesima classe, contemplate dal marchio anteriore. Parimenti i «rhum, liquori di rhum e acquaviti», rientranti nella classe 33 e contemplati dai marchi richiesti, sono identici agli «spiriti» della medesima classe contemplati nel marchio anteriore (decisioni impugnate nelle cause T‑81/03 e T‑103/03, punto 23; decisione impugnata nella causa T‑82/03, punto 20).

86      La commissione di ricorso non si è pronunciata espressamente sul confronto degli altri prodotti contemplati dai marchi richiesti rientranti nella classe 32, e cioè gli «sciroppi e altri preparati per fare bevande» con i prodotti coperti dal marchio anteriore. La commissione di ricorso non ha tuttavia rimesso in discussione la valutazione delle divisioni di opposizione, secondo la quale i detti prodotti contemplati dai marchi richiesti e le bevande analcoliche rientranti nella medesima classe 32 e coperte dal marchio anteriore sono simili. La ricorrente e l’UAMI concordano sul fatto che tali prodotti sono molto simili, mentre l’interveniente non ha preso posizione sulla questione nella sua replica. Tuttavia ha ammesso, nel corso dell’udienza, che i detti prodotti sono simili. Infatti, si deve constatare che i prodotti di cui trattasi presentano un elevato grado di somiglianza, dal momento che, come giustamente rilevato dall’UAMI, essendo sufficiente perché diventino bevande analcoliche pronte per il consumo, aggiungere ai prodotti contemplati dai marchi richiesti acqua, gassosa o no, tali prodotti hanno anche una destinazione identica e si trovano in un rapporto di concorrenza diretta sul mercato.

87      Si deve pertanto concludere che i prodotti considerati dai marchi confliggenti sono, in gran parte, identici e per il resto molto simili.

 Sul confronto dei segni

88      Nelle decisioni impugnate, la commissione di ricorso ha concluso per l’assenza di un rischio di confusione tra i marchi richiesti e il marchio anteriore in una qualsiasi parte della Comunità, malgrado l’identità di taluni prodotti contemplati dai marchi di cui trattasi e l’esistenza di «evidenti somiglianze» tra di essi. Questa conclusione è fondata su talune differenze «manifeste e appariscenti» tra i segni figurativi confliggenti, come la mancanza, nei marchi richiesti, della croce di sant’Uberto circondata da un’aureola che costeggerebbe la testa del cervo stesso e attirerebbe l’attenzione del consumatore, le differenze di rappresentazione delle rispettive teste di cervo nonché la presenza nei marchi richiesti di un elemento verbale («venado» o «venado especial») stilizzato e a colori. Tenuto conto di tali differenze, la commissione di ricorso ha ritenuto che i marchi confliggenti dovevano essere considerati distinti dal punto di vista visivo (decisione impugnata nella causa T‑81/03, punti 25, 26, 28 e 34; decisione impugnata nella causa T‑82/03, punti 22, 23, 25 e 30; decisione impugnata nella causa T‑103/03, punti 25, 26 e 31).

89      Dal punto di vista fonetico i marchi di cui trattasi sarebbero pure distinti, poiché soltanto i marchi richiesti contengono un elemento verbale. Nelle decisioni impugnate nelle cause T‑81/03 e T‑82/03, la commissione di ricorso ha inoltre ritenuto che le divisioni di opposizione avessero ingiustamente considerato che l’elemento verbale dei marchi richiesti sarebbe associato, in Spagna, all’elemento figurativo dei segni. A questo proposito la commissione di ricorso, fondandosi su un argomento che la ricorrente stessa avrebbe dedotto dinanzi alle divisioni di opposizione, ha considerato che era più probabile che il marchio anteriore sarebbe stato percepito foneticamente nel senso che rinvia al termine e, quindi, al marchio Jägermeister piuttosto che a un marchio «cervo» o «VENADO» (decisione impugnata nella causa T‑81/03, punti 28 e 34; decisione impugnata nella causa T‑82/03, punti 25 e 30; decisione impugnata nella causa T‑103/03, punti 26 e 31).

90      La commissione di ricorso ha altresì ritenuto che i marchi confliggenti non presentassero una grande somiglianza logica. Infatti, per quanto il concetto che li ravvicinerebbe potesse essere descritto come una testa di cervo, la presenza di altri elementi, come la croce di sant’Uberto nel marchio anteriore e l’elemento verbale «venado» o «venado especial» nei marchi richiesti, li distinguerebbe logicamente (decisione impugnata nella causa T‑81/03, punto 34; decisione impugnata nella causa T‑82/03, punto 30; decisione impugnata nella causa T‑103/03, punto 31).

91      Al di là di tali confronti, la commissione di ricorso ha considerato che il carattere distintivo del motivo di un cervo o di una testa di cervo era sminuito dato il suo uso frequente per designare una gamma di bevande, come sarebbe attestato dalle otto registrazioni comunitarie invocate dall’interveniente e dal risultato della ricerca effettuata dalla commissione di ricorso stessa nel registro dei marchi del Regno Unito (decisione impugnata nella causa T‑81/03, punti 27 e 34; decisione impugnata nella causa T‑82/03, punti 24 e 30; decisione impugnata nella causa 103/03, punto 32).

92      Per quanto riguarda il confronto visivo, il Tribunale rileva che sia i marchi richiesti sia il marchio anteriore presentano elementi figurativi consistenti, tra l’altro, nella rappresentazione di una testa di cervo, vista di fronte e inserita in un cerchio. Questo elemento figurativo comune occupa un posto dominante nei segni confliggenti, in ragione della sua vistosa apparenza e della sua dimensione. Tale constatazione non viene rimessa in discussione né dallo stile più astratto e colorato di tale elemento figurativo dei marchi richiesti, né dai contorni dentellati del cerchio nel quale il detto elemento è inserito. Gli elementi verbali dei marchi richiesti, l’inserimento di due di essi in un quadro rettangolare e la croce circondata da un’aureola del marchio anteriore certamente costituiscono elementi visibili che differenziano i segni confliggenti sul piano visivo. Tuttavia non si tratta di elementi dominanti a differenza dell’elemento figurativo comune a tali segni, cioè la rappresentazione di una testa di cervo vista si fronte e inserita in un cerchio. Tenuto conto dell’insieme di tali elementi, il Tribunale ritiene, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, che i marchi confliggenti presentano una significativa somiglianza visiva.

93      È altresì errata la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale i marchi di cui trattasi sono foneticamente distinti anche nei confronti dei consumatori spagnoli.

94      Si deve, infatti, rilevare che il marchio anteriore è puramente figurativo. Tutti e tre i marchi richiesti contengono la parola «venado» che, senza dubbio, sarà foneticamente associata, dal consumatore di lingua ispanica, alla parte figurativa di tali marchi. Per il suo significato, tale parola potrebbe essere parimenti associata, dallo stesso consumatore, al marchio anteriore, o essere utilizzata per designarlo, dal momento che non contiene elementi verbali. Le divisioni di opposizione avevano concluso, essenzialmente per questi stessi motivi, per un’identità o una somiglianza fonetica tra i segni confliggenti nel territorio spagnolo.

95      Nelle decisioni impugnate, la commissione di ricorso ha respinto questa conclusione, tenendo in particolare conto dell’assenza di un elemento verbale enfatico nel marchio anteriore, il quale è presente nei marchi richiesti («venado» e «venado especial»). Nelle decisioni impugnate nelle cause T‑81/03 e T‑82/03, la commissione di ricorso si è ugualmente basata su un argomento che la ricorrente stessa aveva prodotto dinanzi alle divisioni di opposizione, secondo il quale sarebbe più probabile che il marchio anteriore venga percepito, anche in Spagna, nel senso che rinvia al marchio Jägermeister piuttosto che al marchio «cervo o VENADO».

96      Queste considerazioni sono infondate. Si deve a questo proposito ricordare che il termine «jägermeister» non appare nel marchio anteriore, ma soltanto nel secondo marchio anteriore, il quale non viene invocato dalla ricorrente a sostegno delle sue opposizioni oggetto delle cause T‑81/03 e T‑82/03. Ciò considerato, non esiste alcuna valida ragione per la quale il consumatore di lingua ispanica assocerebbe foneticamente il marchio anteriore piuttosto al termine «jägermeister» che ai termini «cerf» o «VENADO», che corrispondono all’elemento figurativo dominante del marchio anteriore. Potrebbe eventualmente essere altrimenti solo se fosse provato che il marchio anteriore gode di una fama nel territorio spagnolo. La tesi della ricorrente dinanzi alle divisioni di opposizione, evocata dalla commissione di ricorso, era esattamente intesa a dimostrare una siffatta reputazione, in particolare in Germania e in altri paesi dell’Unione europea, ivi compresa la Spagna, e non a dimostrare una distinzione dei marchi confliggenti sul piano fonetico, come sostenuto a torto dalla commissione di ricorso. Orbene, è giocoforza constatare, in primo luogo, che la ricorrente non ha dedotto alcun elemento di prova per dimostrare la fama del marchio anteriore in un paese dell’Unione europea diverso dalla Germania. Inoltre la commissione di ricorso non ha riconosciuto l’esistenza di una reputazione del marchio anteriore in Spagna. Infine la ricorrente stessa nel frattempo ha abbandonato tale argomento, poiché nei suoi ricorsi invoca soltanto una notorietà del marchio anteriore in Germania e nel corso dell’udienza ha confermato che non faceva valere alcuna reputazione di tale marchio in Spagna.

97      Comunque, il solo fatto che un consumatore di lingua ispanica conosca la denominazione Jägermeister del prodotto della ricorrente non può esimerlo dal pensare a tale prodotto quando sente parlare di un liquore «venado», termine che egli potrebbe concepire come un riferimento all’immagine che figura nel marchio anteriore piuttosto che al nome di un prodotto distinto. E questo è tanto più attendibile dal momento che la pronuncia del termine «jägermeister» non è facile per un soggetto di lingua ispanica, cosa che rende più probabile in questo paese, un riferimento al prodotto della ricorrente mediante la descrizione del marchio anteriore.

98      Quanto qui sopra considerato non può essere rimesso in discussione dall’affermazione dell’interveniente secondo la quale il consumatore spagnolo, allorché fa riferimento all’animale raffigurato nel marchio anteriore, utilizzerà piuttosto il termine «ciervo», poiché tale termine viene ritenuto essere più corrente nella lingua spagnola del termine «venado». Quand’anche si dovesse supporre che così sia, l’interveniente non nega che il termine spagnolo «venado» descriva egualmente l’animale la cui immagine è raffigurata nel marchio anteriore. Pertanto questo termine può indurre il consumatore di cui trattasi a pensare a quest’ultimo marchio.

99      L’aggiunta dell’aggettivo «especial» al termine «venado» nel marchio richiesto nella causa T‑103/03 non può indurre ad una diversa conclusione in quest’ultima causa. È infatti certo che il consumatore spagnolo considererà tale qualificativo come un elemento secondario ed accessorio. Da un lato, esso appare al di sotto del termine «venado» e in caratteri molto più piccoli. Dall’altro lato, il suo significato in lingua spagnola (speciale) fa sì che il consumatore percepirà il prodotto che reca il marchio VENADO ESPECIAL come una variazione, in termini di carattere o di qualità, del prodotto di marca VENADO.

100    Sul piano logico, il concetto alla base dell’elemento figurativo dei marchi richiesti può riassumersi come quello di una testa di cervo vista di fronte, inserita in un cerchio o in una medaglia. L’elemento verbale dei detti marchi nulla muta a tale concetto per il consumatore spagnolo, il quale percepirà il termine «venado» o «venado especial» non già in modo autonomo ma come un riferimento diretto all’elemento figurativo. Lo stesso concetto è essenzialmente alla base del marchio anteriore. Di conseguenza, i marchi confliggenti devono essere considerati simili sul piano logico.

 Sulla valutazione globale del rischio di confusione

101    Per quanto riguarda la valutazione globale del rischio di confusione, il Tribunale, al contrario della soluzione accolta nelle decisioni impugnate, considera che, tenuto conto del fatto che i prodotti di cui trattasi sono in gran parte identici e per il resto molto simili e delle somiglianze visive, fonetiche e logiche dei marchi configgenti per quanto concerne i consumatori medi spagnoli, le differenze risultanti tra tali marchi non sono sufficienti per escludere l’esistenza di un rischio di confusione nella percezione del pubblico di riferimento di cui sopra.

102    In particolare, le differenze visive tra i segni non sono da sole sufficienti a evitare qualsiasi rischio di confusione nella mente del pubblico destinatario.

103    In primo luogo, poiché il consumatore medio serba nella memoria solo un’immagine imperfetta di un marchio, non si può considerare che egli possa ricordarsi di dettagli figurativi dei segni di cui trattasi, come lo stile più o meno realistico della testa di cervo, le dimensioni delle corna del cervo o il carattere semplice o dentellato del cerchio nel quale è inserita la testa dell’animale.

104    La presenza di colori nei marchi richiesti perde essenzialmente il suo significato ai fini del confronto con il marchio anteriore, in ragione del fatto che quest’ultimo è un’immagine in bianco e nero. Pertanto, di fronte ai marchi richiesti, il consumatore medio potrà ragionevolmente ritenere che essi siano soltanto la versione a colori del marchio anteriore.

105    La croce che appare tra le corna del cervo del marchio anteriore, per quanto chiaramente visibile, non sarà percepita, come è stato già rilevato (v. supra, punto 92) come l’elemento dominante dal consumatore medio di lingua ispanica.

106    Il quadro rettangolare dei marchi richiesti nelle cause T‑81/03 e T‑103/03 non può neppure essere considerato come un elemento distintivo sufficiente. Come la ricorrente e l’UAMI hanno giustamente sostenuto, tale riquadro è un elemento secondario che dà ai marchi di cui trattasi l’apparenza di un’etichetta. Inoltre, in ragione del fatto che le bevande sono sovente vendute in bottiglia, l’inserimento del marchio in un rettangolo alla stregua di un’etichetta costituisce una pratica molto corrente nel settore delle bevande.

107    Infine, come è stato qui sopra rilevato, gli elementi verbali («venado» e «venado especial») che appaiono soltanto nei marchi richiesti saranno intesi dal consumatore medio di lingua ispanica come un riferimento diretto alla parte figurativa di tali marchi. Pertanto, questi soli elementi non sono sufficienti a distinguere in Spagna i marchi richiesti dal marchio anteriore, dal momento che il consumatore spagnolo, ritroverà l’immagine dell’animale che egli chiama «venado» anche nel marchio anteriore.

108    In secondo luogo e soprattutto, le differenze visive tra i marchi di cui trattasi sono neutralizzate dall’identità di una gran parte dei prodotti considerati e dalla somiglianza degli altri nonché dalla somiglianza fonetica e logica dei detti marchi per quanto riguarda il pubblico di lingua ispanica di riferimento.

109    La conclusione circa l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi confliggenti in Spagna non può essere rimessa in discussione dall’argomento dell’interveniente (v. supra, punto 63) che deduce che avrebbe registrato il termine «venado» come marchio verbale comunitario senza che la ricorrente vi si sia opposta. A prescindere dalla questione della ricevibilità di tale elemento di fatto, invocato per la prima volta dinanzi al Tribunale, da un lato, basta osservare, che il solo fatto che la ricorrente non si sia opposta alla registrazione di un marchio non le impedisce di proporre un’opposizione nei confronti della registrazione di un altro marchio. D’altro lato e soprattutto, la somiglianza fonetica tra i marchi confliggenti è solo uno degli elementi da prendere in considerazione nell’ambito di una valutazione globale del rischio di confusione: il rischio di confusione tra i marchi richiesti e il marchio anteriore non è pertanto escluso quand’anche si ammettesse, nonostante la loro somiglianza fonetica, che non esista un siffatto rischio per quanto riguarda il marchio anteriore e il marchio verbale VENADO.

110    Va altresì essere respinto l’argomento dell’interveniente, accolto dalle decisioni impugnate, che deduce un carattere distintivo assertivamente debole delle immagini di un cervo o di una testa di cervo, per il motivo che siffatte immagini sarebbero frequentemente utilizzate per proteggere bevande. A prescindere dalla questione se le otto registrazioni invocate dall’interveniente e la ricerca effettuata spontaneamente dalla commissione di ricorso presso il registro dei marchi del Regno Unito siano sufficienti per giungere ad una siffatta conclusione, si deve constatare che, nella specie, non è il concetto più generale di un cervo o di una testa di cervo quello che avvicina i marchi confliggenti, ma un concetto più specifico, consistente in una rappresentazione, sotto forma di medaglia, di una testa di cervo vista di fronte e inserita in un cerchio. Orbene, soltanto tre delle otto registrazioni comunitarie invocate dall’interveniente si ravvicinano a questo più specifico concetto. Si tratta dei marchi registrati sotto i nn. 86439, 164392 e 163311. Questi due ultimi marchi sono manifestamente collegati, poiché designano entrambi lo stesso prodotto, e cioè la birra di marca ANTLER. Inoltre, il marchio registrato sotto il n. 86439 appare molto diverso dai segni confliggenti nella specie, poiché il cerchio che contiene la testa di cervo è inserito in un riquadro aggiuntivo, dal contorno irregolare e fantasioso, e il marchio contiene un elemento verbale dominante, e cioè la parola «contri», scritto in caratteri proporzionalmente molto più grandi senza alcun nesso semantico con la parte figurativa del marchio. Considerato tutto quanto sopra precede, e tenuto conto dell’assenza del nesso semantico evidente tra un cervo o una testa di cervo e le bevande, alcoliche o non, il Tribunale considera che al concetto di una testa di cervo vista di fronte e inserita in un cerchio non può negarsi carattere distintivo, almeno medio, per designare bevande.

111    Si deve infine disattendere l’argomento dell’interveniente circa l’assenza di carattere distintivo particolare dell’immagine di una testa di cervo, tratto dalla sentenza SABEL, punto 43 supra. In questa sentenza, la Corte ha giudicato che la semplice associazione tra due marchi che potrebbe fare il pubblico in base alla concordanza del loro contenuto semantico non era sufficiente, di per sé, per concludere per l’esistenza di un rischio di confusione, trattandosi di due marchi di cui l’uno consisteva nella combinazione di una parola e di un’immagine, mentre l’altro era costituito da un’immagine e non godeva di particolare notorietà presso il pubblico (sentenza SABEL, punto 43 supra, punti 11 e 25). La Corte ha dichiarato che un siffatto rischio può riconoscersi solo se il marchio anteriore possiede un particolare carattere distintivo, o intrinsecamente, o grazie alla notorietà di cui gode presso il pubblico (sentenza SABEL, punto 43 supra, punto 24). Orbene, è giocoforza costatare che, nella specie, l’elemento verbale compreso nei marchi richiesti («venado» e «venado especial») costituisce per il territorio della Spagna un riferimento diretto all’immagine figurante nei detti marchi, mentre nella causa che ha dato luogo alla sentenza SABEL, punto 43 supra, la parola «sabel», che faceva parte del marchio richiesto in questa causa, non presentava alcun nesso semantico con l’immagine di un ghepardo saltellante che ad esso si accompagnava. Per di più, nella causa che ha dato luogo alla sentenza SABEL, punto 43 supra, la concordanza semantica tra le parti figurative dei due marchi confliggenti si limitava al fatto che gli animali che figuravano nei marchi, un ghepardo e, rispettivamente, un puma, appartenevano entrambi alla famiglia dei felini ed erano raffigurati saltellanti, una posa tipica per questo genere di animali (conclusioni dell’avvocato generale Jacobs per la sentenza SABEL, punto 43 supra, Racc. pag. I‑6193, punti 3, 4 e 13). Per contro, come è stato qui sopra rilevato, le somiglianze tra i segni confliggenti nelle presenti cause sono numerose e vanno oltre la semplice concordanza di elementi tratti dalla natura e quindi poco immaginari. Si deve in particolare ricordare che i segni confliggenti contengono tutti l’immagine parziale del medesimo animale (un cervo) e che, in tutti i casi, è la stessa parte di tale animale ad essere mostrata, cioè la testa con le corna e il collo, vista di fronte e inserita in un cerchio.

112    Da tutto quanto sopra considerato consegue che il primo motivo della ricorrente va accolto e che, pertanto, le decisioni impugnate debbono essere annullate senza che si renda necessario esaminare né gli altri argomenti della ricorrente, che deducono che il pubblico di riferimento considererebbe i marchi richiesti una versione modernizzata del marchio anteriore e, rispettivamente, l’asserita notorietà di quest’ultimo in Germania, né il secondo motivo della ricorrente che deduce la violazione dell’art. 73 del regolamento n. 40/94.

 Sulle spese

113    A tenore dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a tenore del n. 3, primo comma, del medesimo articolo, il Tribunale può ripartire le spese per motivi eccezionali.

114    Nella specie, l’interveniente è rimasta soccombente in quanto le decisioni impugnate debbono essere annullate, conformemente alle conclusioni della ricorrente. Tuttavia quest’ultima non ha chiesto la condanna alle spese dell’interveniente, bensì dell’UAMI.

115    Si deve a questo proposito osservare che l’UAMI, anche se ha sostenuto il primo capo delle conclusioni presentate dalla ricorrente, va condannata alle spese da questa esposte, dal momento che le decisioni impugnate emanano dalla sua commissione di ricorso (v. sentenza BIOMATE, punto 23 supra, punto 97).

116    Per quanto riguarda la nuova conclusione dell’interveniente, presentata nel corso dell’udienza e intesa a che, in caso di annullamento delle decisioni impugnate, l’UAMI sia condannata alle spese dell’interveniente, va rilevato che, secondo la giurisprudenza, alle parti è senz’altro consentito presentare, nel corso dell’udienza, conclusioni in merito alle spese, anche se non lo hanno fatto in precedenza [v. sentenza della Corte 29 marzo 1979, causa 113/77, NTN Toyo Bearing e a./Consiglio, Racc. pag. 1185, e conclusioni dell’avvocato generale Warner relative a tale sentenza, Racc. pag. 1212, in particolare pag. 1274; sentenza del Tribunale 21 febbraio 2006, causa T‑214/04, Royal County of Berkshire Polo Club/UAMI – Polo/Lauren (ROYAL COUNTY OF BERKSHIRE POLO CLUB), Racc. pag. II‑239, punto 54]. La detta domanda è, pertanto, ricevibile.

117    Il Tribunale ritiene tuttavia che la posizione adottata dall’UAMI rispetto alle decisioni della propria commissione di ricorso non costituisca un motivo eccezionale, tale da giustificare la ripartizione delle spese a norma dell’art. 87, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura. Infatti, come rilevato ai punti da 24 a 29 supra, l’UAMI non è tenuto a difendere sistematicamente qualsiasi decisione impugnata delle sue commissioni di ricorso e ha la possibilità di rifarsi ad una conclusione del ricorrente. Una siffatta posizione dell’UAMI non è pertanto tale da ledere il legittimo affidamento dell’interveniente. La sentenza Vedial/UAMI, punto 22 supra, invocata a questo proposito dall’interveniente, non è pertinente. Al punto 36 di questa sentenza, la Corte ha fatto unicamente riferimento all’affidamento della parte che è risultata vittoriosa dinanzi alla commissione di ricorso nel fatto che il procedimento dinanzi al Tribunale è inteso a sindacare la legittimità della decisione della detta commissione, conformemente all’art. 63, n. 2, del regolamento n. 40/94. Tale legittimo affidamento non è stato leso nella specie, poiché il Tribunale ha proceduto ad un siffatto esame, indipendentemente dalla posizione assunta dall’UAMI. Si deve pertanto disporre che le spese sostenute dall’interveniente restano a carico di questa.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Le decisioni della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 19 dicembre 2002 (caso R 412/2002‑1 e caso R 382/2002‑1) e 14 gennaio 2003 (caso R 407/2002‑1) sono annullate.

2)      L’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) è condannato alle spese sostenute dalla ricorrente.

3)      Le spese sostenute dall’interveniente restano a carico di questa.

Vilaras

Martins Ribeiro

Jürimäe

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 dicembre 2006.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Vilaras


* Lingua processuale: lo spagnolo.