Language of document : ECLI:EU:T:2016:107

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

26 febbraio 2016 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Adesione della Croazia all’Unione – Abrogazione, anteriore all’adesione, di una normativa nazionale che prevede l’istituzione della professione di agente pubblico d’esecuzione – Danno subìto dalle persone anteriormente nominate agenti pubblici d’esecuzione – Mancata adozione da parte della Commissione di provvedimenti diretti all’osservanza degli impegni d’adesione – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Articolo 36 dell’Atto d’adesione»

Nelle cause riunite T‑546/13, T‑108/14 e T‑109/14,

Ante Šumelj, residente in Zagabria (Croazia), e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato, rappresentati da M. Krmek, avvocato,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da K. Ćutuk e G. Wils nonché, nelle cause T‑546/13 e T‑108/14, da S. Ječmenica, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno che i ricorrenti asseriscono di aver subìto a causa del comportamento illecito tenuto dalla Commissione all’atto del controllo da essa esercitato riguardo all’osservanza degli impegni d’adesione della Repubblica di Croazia,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M.E. Martins Ribeiro, presidente, S. Gervasoni (relatore) e L. Madise, giudici,

cancelliere: S. Bukšek Tomac, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 settembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’articolo 36 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione all’Unione europea della Repubblica di Croazia e agli adattamenti del trattato sull’Unione europea, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (GU 2012, L 112, pag. 21; in prosieguo: l’«Atto di adesione»), allegato al Trattato tra gli Stati membri dell’Unione europea e la Repubblica di Croazia relativo all’adesione della Repubblica di Croazia all’Unione europea (GU 2012, L 112, pag. 10; in prosieguo: il «Trattato di adesione»), sancisce quanto segue:

«1.      La Commissione segue attentamente tutti gli impegni assunti dalla Croazia nei negoziati di adesione, compresi quelli che devono essere portati a termine prima della data di adesione o entro la data di adesione. Il controllo della Commissione consiste in tabelle di controllo aggiornate periodicamente, nel dialogo nell’ambito dell’accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Croazia, dall’altra (...), in missioni di valutazione inter pares, nel programma economico preadesione, nelle notifiche in materia di bilancio e, ove necessario, in avvertimenti tempestivi indirizzati alle autorità croate. Nell’autunno del 2011 la Commissione presenta una relazione sui progressi compiuti al Parlamento europeo e al Consiglio; nell’autunno del 2012 presenta una relazione globale di controllo al Parlamento europeo e al Consiglio. Durante tutto il processo di controllo, la Commissione utilizza anche i contributi degli Stati membri e tiene presente quelli delle organizzazioni internazionali e della società civile laddove opportuno.

Il controllo della Commissione verte in particolare sugli impegni assunti dalla Croazia nel settore del sistema giudiziario e dei diritti fondamentali (allegato VII), compreso il conseguimento continuo di risultati in materia di riforma del sistema giudiziario e di efficienza, di trattamento imparziale dei casi di crimini di guerra e di lotta contro la corruzione.

(...)

Come parte integrante delle sue tabelle e relazioni di controllo periodiche, la Commissione pubblica valutazioni semestrali fino all’adesione della Croazia relative agli impegni assunti da tale paese in questi settori.

2.      Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, può prendere tutte le misure opportune qualora si riscontrino problemi durante il processo di controllo. Le misure sono mantenute per il tempo strettamente necessario e, in ogni caso, sono soppresse dal Consiglio secondo la stessa procedura una volta che i problemi in questione siano stati affrontati efficacemente».

2        In forza dell’allegato VII dell’Atto di adesione, intitolato «Impegni specifici assunti dalla Repubblica di Croazia nei negoziati di adesione (di cui all’articolo 36, paragrafo 1, secondo comma, dell’Atto di adesione)»:

«1.      Continuare ad assicurare un’efficace attuazione della strategia per la riforma del sistema giudiziario e del relativo piano d’azione.

2.      Continuare a rafforzare l’indipendenza, la responsabilità, l’imparzialità e la professionalità della magistratura.

3.      Continuare a migliorare l’efficienza della magistratura.

(...)

6.      Continuare a migliorare i risultati registrati nel rafforzamento delle misure di prevenzione della lotta alla corruzione e al conflitto di interessi.

(...)

9.      Continuare a migliorare la tutela dei diritti umani.

(...)».

3        L’articolo 36 dell’Atto di adesione si applica, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, del Trattato di adesione, dalla data della firma di tale Trattato, il 9 dicembre 2011.

 Fatti

4        In previsione della sua adesione all’Unione europea, la Repubblica di Croazia ha firmato, il 29 ottobre 2001, l’accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Croazia, dall’altra (GU 2005, L 26, pag. 3), con il quale essa si è, segnatamente, impegnata ad osservare i principi democratici, i diritti umani nonché i principi del diritto internazionale e dello Stato di diritto.

5        In seguito alla pronuncia di un parere favorevole da parte della Commissione europea sull’osservanza dei criteri richiesti per l’avvio dei negoziati di adesione, i negoziati relativi al capo 23 dei negoziati di adesione, intitolato «Potere giudiziario e diritti fondamentali» sono stati avviati alla conferenza intergovernativa del 30 giugno 2010.

6        Nella proroga del piano d’azione riveduto per la riforma giudiziaria del 20 maggio 2010 (in prosieguo: il «piano d’azione 2010»), che prevede in particolare l’istituzione di agenti pubblici d’esecuzione, il Parlamento croato ha adottato, in data 23 novembre 2010, l’Ovršni zakon (legge sull’esecuzione forzata) (NN 139/10; in prosieguo: la «legge sull’esecuzione forzata») e la Zakon o javnim ovršiteljima (legge sugli agenti pubblici d’esecuzione) (NN 139/10; in prosieguo: la «legge sugli agenti pubblici d’esecuzione»), che hanno istituito un nuovo regime dell’esecuzione delle decisioni giudiziarie. In forza dell’articolo 122 della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione, talune sue disposizioni dovevano entrare in vigore il 1° gennaio 2012, mentre altre disposizioni dovevano entrare in vigore il giorno dell’adesione della Repubblica di Croazia all’Unione. Il Parlamento croato ha adottato anche, il 15 dicembre 2010, la strategia di riforma della giustizia per il periodo 2011-2015 (in prosieguo: la «strategia di riforma della giustizia 2011-2015»), precisando che le autorità croate avevano deciso di risolvere il problema dell’inefficienza del sistema dell’esecuzione delle decisioni giurisdizionali con una riforma radicale del sistema, basata sul trasferimento dell’esecuzione forzata dai tribunali agli agenti pubblici d’esecuzione.

7        I negoziati relativi al capo 23 si sono chiusi con la conferenza intergovernativa del 30 giugno 2011, in seguito alla consegna da parte delle autorità croate alla Commissione della relazione del 12 maggio 2011, relativa all’osservanza degli obblighi previsti da tale capo.

8        In seguito alla pubblicazione, il 19 agosto 2011, di un bando pubblico a candidature ai fini della nomina di agenti pubblici di esecuzione da parte del Ministero della Giustizia croato, il sig. Ante Šumelj e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato, avendo superato il concorso in parola, sono stati nominati agenti pubblici d’esecuzione con le decisioni ministeriali del 24 ottobre 2011, hanno prestato giuramento il 12 dicembre 2011 e hanno ottenuto l’autorizzazione ad intraprendere la loro attività.

9        Nella tabella di controllo dei progressi compiuti negli impegni presi a titolo del capo 23, per il periodo che va dal 30 giugno al 1° settembre 2011, nonché nella sua relazione e nel suo parere del 12 ottobre 2011, la Commissione ha segnatamente indicato che la Repubblica di Croazia compiva progressi nell’osservanza dei suoi impegni e che la riforma giudiziaria proseguiva e richiedeva una costante attenzione, in particolare, riguardo all’efficienza del sistema giudiziario.

10      Il 9 dicembre 2011, è stato firmato, tra gli Stati membri dell’Unione e la Repubblica di Croazia, il Trattato di adesione. Il Trattato di adesione, ratificato nel gennaio 2012 dalla Repubblica di Croazia, è stato pubblicato il 24 aprile 2012 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’Atto di adesione, allegato al Trattato di adesione, prevede al suo articolo 36 il controllo da parte della Commissione degli impegni assunti dalla Repubblica di Croazia nel corso dei negoziati (v. i precedenti punti da 1 a 3).

11      Il 22 dicembre 2011, il Parlamento croato, nel corso della sua seduta inaugurale successiva alle elezioni legislative del 4 dicembre 2011, ha deciso di rinviare l’applicazione della legge sull’esecuzione forzata e della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione al 1° luglio 2012.

12      Nel corso di una riunione tra il rappresentante della delegazione dell’Unione presso la Repubblica di Croazia e le autorità croate, svoltasi il 25 gennaio 2012, il Ministro della Giustizia croato ha espresso un chiarimento in merito a tale rinvio e si è impegnato a consultare la Commissione riguardo alle nuove iniziative legislative, nonché sull’analisi e sulla visione del sistema d’esecuzione. In una lettera del 30 gennaio 2012 inviata a taluni agenti pubblici d’esecuzione, il capo di detta delegazione dell’Unione ha indicato che, nell’ambito della missione ad esso affidata consistente nel seguire attentamente gli impegni presi dalla Repubblica di Croazia, la Commissione controllava l’applicazione della riforma del sistema di esecuzione delle decisioni giurisdizionali ed avrebbe comunicato alle autorità croate, ove necessario, il suo parere nell’ambito di tale controllo.

13      Nella tabella di controllo per il periodo che va dal 1° settembre 2011 al 29 febbraio 2012 come, in sostanza, nella sua relazione del 24 aprile 2012, la Commissione ha sottolineato che la riforma del sistema d’esecuzione delle decisioni giurisdizionali doveva essere condotta a buon fine con priorità, tenendo conto in particolare del rinvio dell’entrata in vigore della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione.

14      Nel corso di due riunioni del 9 marzo 2012 e con la lettera del 16 maggio 2012, la Commissione ha domandato chiarimenti in merito a tale rinvio. Essa ha del pari espresso il suo malcontento a causa della mancata consultazione delle autorità dell’Unione prima di tale rinvio e ha sottolineato la necessità che le autorità croate definissero quanto prima una posizione chiara riguardo alla questione del sistema d’esecuzione delle decisioni giudiziarie, tenuto conto delle esigenze di efficienza.

15      Con lettere del 21 e 22 maggio 2012, le autorità croate hanno trasmesso alla Commissione taluni chiarimenti relativi alla riforma del sistema di esecuzione delle decisioni giurisdizionali, nonché ai corrispondenti progetti di legge.

16      Nel corso di una riunione del 5 giugno 2012, la Commissione ha segnalato alle autorità croate che le modifiche di misure convenute durante i negoziati di adesione dovevano essere giustificate da gravi motivi e consentire di raggiungere risultati equivalenti, e ha richiesto la comunicazione di informazioni relative a tali risultati.

17      Il 21 giugno 2012 è stata adottata la legge di modifica della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione, recante rinvio della sua entrata in vigore al 15 ottobre 2012.

18      Con lettera del 27 giugno 2012, inviata alle autorità croate, la Commissione ha precisato i criteri alla luce dei quali la riforma del sistema d’esecuzione delle decisioni giurisdizionali doveva essere valutata, ha chiesto la comunicazione di dati statistici relativi alle procedure d’esecuzione e ha proposto l’aiuto dei suoi servizi.

19      Nella tabella di controllo per il periodo che va dal 1° marzo al 1° settembre 2012, la Commissione ha in sostanza reiterato il parere emesso nella tabella di controllo precedente e ha sostenuto che, tenuto conto dell’osservanza da parte della Repubblica di Croazia degli impegni assunti nel loro complesso, essa avrebbe dovuto essere in grado di attuare l’acquis dell’Unione a partire dall’adesione.

20      Con lettera del 16 settembre 2012, uno dei ricorrenti ha inviato una denuncia alla Commissione attirandone l’attenzione sull’inosservanza, da parte della Repubblica di Croazia, degli impegni d’adesione e contestandole di non attivarsi per garantire tale osservanza.

21      Il 25 settembre 2012, in occasione di un incontro tra la Commissione e le autorità croate, è stato affrontato l’argomento delle soluzioni previste dalla nuova legge sull’esecuzione forzata in corso di adozione, nonché la possibilità di introdurre miglioramenti supplementari.

22      Con legge del 28 settembre 2012, la legge sugli agenti pubblici d’esecuzione è stata abrogata e tale professione soppressa a decorrere dal 15 ottobre 2012.

23      Nella sua relazione del 10 ottobre 2012, la Commissione ha espresso la sua preoccupazione dinanzi all’aumento del numero di cause irrisolte legate all’esecuzione delle decisioni giurisdizionali e ha indicato che una delle azioni alle quali le autorità croate avrebbero dovuto prestare particolare attenzione nei mesi successivi consisteva nell’adozione della nuova normativa in materia di esecuzione delle decisioni giurisdizionali, allo scopo di garantire l’applicazione di tali decisioni e ridurre l’arretrato del contenzioso relativo all’esecuzione delle sentenze.

24      Con lettere dell’8 e del 19 ottobre 2012, la Commissione ha risposto a diversi agenti pubblici d’esecuzione che avrebbe garantito il controllo dell’attuazione della nuova normativa in materia di esecuzione delle decisioni giurisdizionali, redigendo relazioni e vigilando segnatamente sul contributo fornito dal nuovo sistema alla riduzione dell’arretrato giudiziario.

25      Con lettera del 3 dicembre 2012, inviata in risposta alla lettera delle autorità croate del 10 ottobre 2012, che la informavano dell’adozione della nuova normativa in materia di esecuzione delle decisioni giurisdizionali, la Commissione ha ricordato quali sono i criteri che consentono di misurare i risultati di tale nuova normativa e ha sottolineato la necessità di provvedimenti d’urgenza affinché tale normativa produca risultati decisivi anteriormente al 1° luglio 2013.

26      Con decisione del 23 gennaio 2013, l’Ustavni sud (Corte costituzionale, Croazia) ha respinto la domanda di apertura di una procedura di controllo di costituzionalità della legge che rinvia l’applicazione della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione. Esso ha tuttavia ammesso l’esistenza di un pregiudizio alle legittime aspettative degli agenti pubblici d’esecuzione nominati di iniziare a esercitare la loro attività il 1° gennaio 2012 e ha disposto, per questo motivo, a titolo di risarcimento, il versamento di una somma forfettaria a tali agenti, fatto salvo il loro diritto di chiedere un risarcimento in forza delle regole generali del diritto delle obbligazioni.

27      Nella tabella di controllo per il periodo che va dal 1° settembre 2012 al 28 febbraio 2013, la Commissione ha sottolineato i progressi compiuti dalla Repubblica di Croazia, constatando la diminuzione delle cause civili non risolte in materia di esecuzione delle decisioni giurisdizionali tra il settembre e il dicembre 2012 (diminuzione compresa tra il 4,28% e il 28,85%).

28      Nella sua relazione del 26 marzo 2013, la Commissione ha indicato che la Repubblica di Croazia aveva condotto con successo l’azione prioritaria relativa all’adozione della nuova normativa in materia di esecuzione delle sentenze, allo scopo di garantire l’applicazione delle decisioni giurisdizionali e di ridurre l’arretrato del contenzioso relativo all’esecuzione delle sentenze.

29      Il 22 aprile 2013, il Consiglio dell’Unione europea ha accolto con soddisfazione tale relazione di controllo della Commissione, nonché le tabelle di controllo che l’accompagnavano, ed ha preso nota della conclusione che, in linea generale, la Repubblica di Croazia rispettava i suoi impegni e soddisfaceva i requisiti derivanti dai negoziati di adesione. Esso ha anche osservato che l’adesione della Repubblica di Croazia costituiva lo sbocco di un processo di negoziati condotti con rigore e di un attento controllo dei preparativi di preadesione.

30      Nella sua risposta del 23 aprile 2013 al presidente dell’associazione costituita allo scopo di rappresentare gli agenti pubblici d’esecuzione, la Commissione ha sottolineato di aver controllato attentamente la riforma del sistema d’esecuzione delle sentenze e ha precisato che avrebbe lasciato al paese candidato la possibilità di scegliere il suo modello di sistema d’esecuzione, a condizione che tale modello producesse i risultati richiesti e fosse conforme agli standard dell’Unione nonché alla sua miglior prassi.

31      Con decisione del 23 aprile 2013, l’Ustavni sud ha respinto la domanda di avvio di una procedura di controllo sulla costituzionalità della legge che abroga la legge sugli agenti pubblici di esecuzione. Esso ha, in particolare, indicato che non avrebbe esaminato l’asserto dell’associazione croata degli agenti pubblici d’esecuzione relativo al mancato rispetto del Trattato di adesione, in quanto la Commissione aveva accertato, nella sua relazione del 26 marzo 2013, l’osservanza da parte della Repubblica di Croazia dei suoi impegni di adesione.

32      La Repubblica di Croazia è diventata membro dell’Unione il 1° luglio 2013.

 Procedimento e conclusioni delle parti

33      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 20 settembre 2013 (causa T‑546/13) e il 17 febbraio 2014 (cause T‑108/14 a T‑109/14), i ricorrenti hanno presentato il ricorso in esame.

34      Con ordinanza del 5 maggio 2014, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha riunito le cause T‑546/13, T‑108/14 e T‑109/14 ai fini della fase scritta, dell’eventuale fase orale e della decisione finale.

35      Con ordinanza del 18 luglio 2014, esso ha riunito le tre eccezioni di irricevibilità sollevate nelle tre controversie di merito.

36      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere le eccezioni di irricevibilità e condannare la Commissione alle spese ad esse relative;

–        constatare con provvedimento interlocutorio che l’Unione è responsabile dei danni da essi subìti e sospendere l’istanza relativa alla fissazione dell’importo di tali danni fino al momento in cui il provvedimento interlocutorio avrà acquistato la forza del giudicato;

–        riservare le spese e, nell’ipotesi in cui il Tribunale non emetta un provvedimento interlocutorio, condannare la Commissione alle spese.

37      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, respingere i ricorsi in quanto irricevibili;

–        in subordine, respingere i ricorsi in quanto infondati;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

38      In risposta a taluni quesiti posti dal Tribunale all’udienza, la Commissione ha rinunciato alle sue eccezioni di irricevibilità e di ciò si è preso atto nel verbale d’udienza.

 In diritto

39      Secondo una giurisprudenza consolidata, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, per comportamento illecito dei suoi organi, presuppone il ricorrere di un insieme di condizioni, vale a dire l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato (v. sentenze del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione, C‑221/10 P, Racc., EU:C:2012:216, punto 80 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 maggio 2013, Gap granen & producten/Commissione, T‑437/10, EU:T:2013:248, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

40      Riguardo alla condizione relativa all’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni deriva del pari da costante giurisprudenza che soltanto una violazione sufficientemente caratterizzata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli consente il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione (v. sentenze del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, Racc., EU:C:2000:361, punti 42 e 43 e giurisprudenza ivi citata, e del 2 marzo 2010, Arcelor/Parlamento e Consiglio, T‑16/04, Racc., EU:T:2010:54, punto 141 e giurisprudenza ivi citata).

41      Occorre preliminarmente precisare che il comportamento asseritamente illegittimo contestato nel caso di specie alla Commissione consiste esclusivamente in una colpevole omissione, riguardante la mancata adozione dei provvedimenti che le avrebbero consentito di impedire l’abrogazione della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione. Infatti, in contrasto con quanto sostenuto dai ricorrenti all’udienza, il fatto di emettere un parere favorevole nell’ultima relazione di controllo sui preparativi dell’adesione della Repubblica di Croazia (v. punto 28 supra) si inscrive nell’insieme delle omissioni della Commissione che, come essi asseriscono, avrebbero viziato il controllo del processo di adesione effettuato da tale istituzione. La Commissione non ha fermato o sospeso tale processo emettendo parere negativo. Il parere che essa ha emesso nella relazione di cui sopra non può quindi essere considerato attività illecita autonoma, a maggior ragione in quanto i ricorrenti hanno per primi sottolineato nella replica che essi contestavano un’omissione colpevole alla Commissione.

42      Secondo una giurisprudenza costante, le omissioni delle istituzioni sono idonee a far sorgere la responsabilità dell’Unione solo in quanto tali istituzioni abbiano violato un obbligo legale di agire derivante da una disposizione del diritto dell’Unione (sentenze del 15 settembre 1994, KYDEP/Consiglio e Commissione, C‑146/91, Racc., EU:C:1994:329, punto 58, e del 13 novembre 2008, SPM/Consiglio e Commissione, T‑128/05, EU:T:2008:494, punto 128). Deriva peraltro dalla giurisprudenza che il requisito della violazione di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli deve ricorrere anche nell’ipotesi di colpevole omissione (v. sentenza del 29 gennaio 1998, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, T‑113/96, Racc., EU:T:1998:11, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

43      Nel caso di specie i ricorrenti sostengono, in sostanza, che l’obbligo di agire della Commissione derivava dall’articolo 36 dell’Atto di adesione. Essi fanno, del pari, menzione degli articoli 13 TUE e 17 TUE, nonché del principio di tutela del legittimo affidamento.

 Sulla violazione dell’articolo 36 dell’Atto di adesione

44      Occorre stabilire se la Commissione avesse l’obbligo, nelle circostanze di specie, di constatare nelle sue tabelle di controllo e relazioni la mancata osservanza da parte delle autorità croate dei loro impegni, a causa del rinvio e quindi dell’abrogazione della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione, inviando loro lettere di avviso preventivo che le avvertissero di tale inosservanza, in conformità all’articolo 36, paragrafo 1, dell’Atto di adesione, nonché proponendo misure appropriate corrispondenti al Consiglio, in forza dell’articolo 36, paragrafo 2, dello stesso Atto.

45      In primo luogo, i ricorrenti radicano l’esistenza di siffatto obbligo nell’obbligo incombente alle autorità croate di istituire la funzione di agenti pubblici d’esecuzione, che deriverebbe dal Trattato di adesione.

46      È pacifico che rivestono carattere obbligatorio per le autorità croate i principi posti dal capo 23 dei negoziati di adesione, relativo all’attuazione di un sistema giudiziario indipendente ed efficace e al rispetto dei diritti fondamentali. Tali principi sono riportati nell’allegato VII dell’Atto di adesione sotto forma di dieci impegni specifici assunti dalla Repubblica di Croazia. Oltre all’impegno relativo all’«assicurare un’efficace attuazione della strategia per la riforma del sistema giudiziario e del relativo piano d’azione» (impegno n. 1), la Repubblica di Croazia si è del pari impegnata a «continuare a rafforzare l’indipendenza, la responsabilità, l’imparzialità e la professionalità della magistratura» (impegno n. 2), a «continuare a migliorare l’efficienza della magistratura» (impegno n. 3), a «continuare a migliorare i risultati registrati nel rafforzamento delle misure di prevenzione della lotta alla corruzione e al conflitto di interessi» (impegno n. 6) e a «continuare a migliorare la tutela dei diritti umani» (impegno n. 9) (v. punto 2 supra). Pertanto, soltanto sul mancato rispetto di tali impegni avrebbe potuto basarsi l’obbligo di agire della Commissione nel caso di specie.

47      Per quanto riguarda l’impegno n. 1, si può osservare che dalla sua formulazione risulta che esso non prevede una strategia di riforma giudiziaria e un piano d’azione determinati. Infatti, come la Commissione osserva con pertinenza, tale impegno fa riferimento in via generale alla «strategia per la riforma del sistema giudiziario» e al «piano d’azione» delle autorità croate, senza altre precisazioni, sebbene la strategia e il piano di cui trattasi potessero essere individuati menzionando quelli in vigore alla data della firma del Trattato di adesione, cioè la strategia di riforma del sistema giudiziario 2011-2015 e il piano d’azione 2010, i quali prevedevano entrambi l’istituzione della funzione di agente pubblico d’esecuzione (v. punto 6 supra).

48      Siffatte menzioni generali si spiegano con il fatto che il periodo trascorso tra la data di firma dell’Atto di adesione e la data di adesione effettiva e, in particolare, il controllo degli impegni di adesione effettuato nel corso di tale periodo, sono caratterizzati da regolari scambi tra le autorità dell’Unione e quelle dello Stato aderente, come attestato dalla parte relativa ai fatti della presente controversia. Orbene, tali scambi, pur non potendo essere qualificati come scambi negoziali in senso stretto, in quanto i negoziati erano per definizione chiusi alla data dell’Atto di adesione che sanciva gli impegni in parola, si sono tradotti necessariamente, come sottolinea la Commissione, in adeguamenti da ambo i lati in funzione dei risultati ottenuti dallo Stato aderente e delle valutazioni emesse dall’autorità incaricata del controllo. È infatti frequente che, nel corso del periodo di controllo degli impegni d’adesione, siano adottate dallo Stato aderente misure complementari o correttive, segnatamente in caso di risultati deludenti constatati dalla Commissione.

49      Ne deriva che la strategia di riforma e il piano d’azione citati nell’allegato VII dell’Atto di adesione non rinviavano esclusivamente alla strategia di riforma del sistema giudiziario 2011-2015 e al piano d’azione 2010, in vigore alla data dell’Atto di adesione, a maggior ragione in quanto il piano d’azione 2010 fissava essenzialmente obiettivi a breve termine che dovevano essere realizzati nel 2010, con la conseguenza che esso doveva necessariamente essere seguito da una serie di diversi nuovi piani fino alla data di adesione effettiva. La strategia di riforma del sistema giudiziario 2011-2015 prevedeva del resto essa stessa che sarebbero stati elaborati provvedimenti di attuazione nell’ambito di diversi piani d’azione annuali. La Commissione ha del pari precisato in udienza, senza essere contestata al riguardo dai ricorrenti, che le autorità croate avevano adottato una nuova strategia di riforma del sistema giudiziario, accompagnata dal nuovo piano d’azione corrispondente, nel dicembre 2012.

50      Non permette di confutare tale analisi la circostanza, sottolineata dai ricorrenti, che la strategia di riforma del sistema giudiziario 2011-2015 e il piano d’azione 2010 siano menzionati in diversi atti adottati a margine dell’apertura e della chiusura dei negoziati relativi al capo 23, tra cui in particolare la relazione delle autorità croate del 12 maggio 2011 (v. punto 7 supra), nonché nelle relazioni e tabelle di controllo della Commissione. Infatti, tali riferimenti alla strategia di riforma del sistema giudiziario 2011-2015 e al piano d’azione 2010 si spiegano con il fatto che si trattava della strategia di riforma e del piano d’azione in vigore alla data dei documenti di cui trattasi, come attestato dalla menzione che di essi fanno diversi documenti successivi della Commissione, relativi ad un’altra strategia di riforma e ad un altro piano d’azione (v. in particolare la tabella di controllo per il periodo che va dal 1° settembre 2012 al 28 febbraio 2013, in cui è menzionata la strategia adottata nel dicembre 2012 e il piano d’azione la cui adozione era prevista per il marzo 2013).

51      Non risulta pertanto dall’impegno n. 1 alcun obbligo per le autorità croate d’istituire la funzione d’agente pubblico d’esecuzione.

52      Non se ne può tuttavia neanche dedurre che le autorità croate, incluse quelle risultanti dalla nuova maggioranza politica, come nel caso di quelle che hanno rinviato e poi abrogato la legge sugli agenti pubblici d’esecuzione, avessero pienezza di poteri per modificare la strategia di riforma del sistema giudiziario 2011-2015 e il piano d’azione 2010. Tenuto conto delle disposizioni dell’Atto di adesione e in particolare del suo articolo 36 e del suo allegato VII, tali autorità avevano l’obbligo di rispettare non soltanto l’impegno n. 1, ma anche l’insieme degli altri impegni previsti da detto allegato e, in particolare, gli impegni n. 2, n. 3, n. 6 e n. 9, fatti valere dai ricorrenti.

53      Con riferimento all’impegno n. 3, va osservato che esso riguarda soltanto l’efficienza del sistema giudiziario e non dispone affatto l’attribuzione della competenza di esecuzione delle decisioni giurisdizionali ad un organo specifico secondo procedure predefinite. Infatti, come giustamente sottolineato dalla Commissione, il sistema di esecuzione delle decisioni giurisdizionali degli Stati membri non è disciplinato dal diritto dell’Unione e, pertanto, non rientra nell’acquis dell’Unione che deve essere recepito dallo Stato aderente e ciò non è del resto contestato dai ricorrenti. I trattati, come la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sanciscono taluni principi che devono disciplinare la giustizia pronunciata negli Stati membri, come l’imparzialità dei tribunali, la presunzione di innocenza, nonché talune norme dirette a garantire la cooperazione giurisdizionale tra gli Stati membri, resa necessaria dal ravvicinamento delle normative nazionali. La Commissione ha quindi avuto occasione di intervenire nei confronti delle autorità croate, come del resto hanno osservato i ricorrenti allorché hanno ricordato il problema della cosiddetta «Lex Perković», a causa dei problemi di trasposizione di talune disposizioni armonizzate in materia di cooperazione giudiziaria. Per contro, nessuna disposizione del diritto primario o del diritto derivato definisce un sistema armonizzato di esecuzione delle decisioni giurisdizionali. I ricorrenti hanno del resto sottolineato che numerosi Stati membri dell’Unione avevano optato per un sistema d’esecuzione delle decisioni giurisdizionali equivalente a quello degli agenti pubblici d’esecuzione, ammettendo in tal modo che siffatto sistema non era condiviso dalla totalità degli Stati membri.

54      Non è quindi possibile dedurre dall’impegno n. 3 l’obbligo di affidare le procedure di esecuzione ad agenti pubblici d’esecuzione. L’unico obbligo imposto alle autorità croate è quello di garantire l’efficacia delle procedure di esecuzione indipendentemente dai mezzi istituiti per farlo.

55      Riguardo all’impegno n. 9 relativo alla tutela dei diritti umani, anche se i ricorrenti fanno valere la violazione dei diritti fondamentali dell’Unione e asseriscono anche di aver informato la Commissione di una loro violazione da parte delle autorità croate, essi non presentano alcun elemento concreto, oltre al travisamento del principio di tutela del legittimo affidamento (per l’esame di tale asserto, v. punti da 72 a 77 infra), idoneo a dimostrare che la soppressione della professione di agente pubblico di esecuzione pregiudicherebbe tali diritti.

56      Infine, riguardo agli impegni n. 2 e n. 6, relativi rispettivamente all’imparzialità e alla professionalità dell’autorità giudiziaria, nonché alla lotta contro la corruzione e il conflitto d’interessi, del pari menzionati dalle ricorrenti, non se ne può, in assenza di chiarimenti al riguardo, dedurre alcuna implicazione evidente in merito alla professione di agente pubblico d’esecuzione.

57      Non risulta conseguentemente da alcuno degli impegni dell’allegato VII dell’Atto di adesione, fatto valere dai ricorrenti, l’obbligo per la Repubblica di Croazia di istituire la professione di agente pubblico d’esecuzione e, quindi, neppure l’obbligo per la Commissione di avvalersi, su tale base, dei motivi d’azione previsti dall’articolo 36 dell’Atto di adesione allo scopo di impedire l’abrogazione della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione. Ne consegue anche che non si può contestare alla Commissione di avere approvato, non avendo fatto ricorso a tali motivi d’azione, la modifica degli impegni d’adesione travisando il Trattato di adesione e l’articolo 26 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969, intitolato «Pacta sunt servanda».

58      In secondo luogo, i ricorrenti basano l’esistenza di un obbligo incombente alla Commissione di attivarsi, nel caso di specie, al fine di impedire l’abrogazione della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione, sul fatto che il sistema d’esecuzione delle decisioni giurisdizionali da ultimo adottato, in seguito a tale abrogazione, non avrebbe presentato le stesse garanzie di efficacia. Essi asseriscono al riguardo di aver attirato l’attenzione della Commissione sui problemi presentati dal rinvio e dall’abrogazione della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione.

59      Anzitutto va osservato che i ricorrenti presentano a sostegno di tale asserto un unico documento, cioè la denuncia rivolta da uno dei ricorrenti alla Commissione con lettera del 16 settembre 2012 (v. punto 20 supra).

60      Occorre poi constatare che la campagna di denigrazione di cui gli agenti pubblici d’esecuzione sarebbero stati oggetto, menzionata in tale denuncia ed alla quale fa riferimento la replica, per quanto spiacevole possa essere, non è pertinente ai fini della valutazione dell’efficacia del sistema di esecuzione delle decisioni giurisdizionali in Croazia. Infatti, siffatta efficacia si misura essenzialmente alla luce del numero di controversie pendenti in materia di esecuzione delle decisioni, della durata e dei costi delle procedure di esecuzione, nonché del tasso di recupero, come indicato dalla Commissione nelle sue lettere del 27 giugno e del 3 dicembre 2012 (v. punti 18 e 25 supra), senza essere contestata in proposito. Orbene, la campagna di denigrazione degli agenti pubblici d’esecuzione nei media è chiaramente priva di rapporto con tali criteri di valutazione.

61      Quanto all’asserita situazione di conflitto di interessi in cui si sarebbe trovato il Ministro della Giustizia croato, del pari dedotta nella denuncia e nella replica, essa non è sufficiente di per sé a dimostrare l’inefficacia del sistema d’esecuzione delle decisioni giurisdizionali in Croazia alla luce dei criteri summenzionati. Infatti, essa potrebbe al massimo chiarire l’opzione accolta di un’esecuzione da parte dei tribunali con l’obbligo di rappresentanza delle parti, a detrimento di un’esecuzione da parte degli agenti pubblici d’esecuzione senza il ministero di un avvocato e, quindi, suggerire che i costi delle procedure d’esecuzione sarebbero superiori nel nuovo sistema d’esecuzione a quelli che risulterebbero dal sistema d’esecuzione basato sugli agenti pubblici, a causa dell’intervento degli avvocati. Orbene, i costi delle procedure d’esecuzione sono soltanto uno dei criteri di valutazione dell’efficacia di un sistema d’esecuzione, e non necessariamente il criterio essenziale in tale valutazione. La Commissione ha infatti considerato, elevando la riduzione dell’arretrato delle controversie aventi esito nell’esecuzione delle sentenze al rango di azione prioritaria che deve essere condotta dalle autorità croate, nella sua relazione del 10 ottobre 2012 (v. punto 23 supra), che il numero di cause pendenti in materia di esecuzione delle decisioni costituiva un criterio decisivo per valutare l’efficacia del sistema di esecuzione in Croazia. I costi delle procedure d’esecuzione non possono, pertanto, di per sé permettere di dimostrare l’inosservanza dell’impegno n. 3 dell’allegato VII dell’Atto di adesione quanto all’efficacia di tali procedure.

62      Infine, non è in alcun modo confortata l’allegazione contenuta nella denuncia, reiterata nella replica, secondo cui il nuovo sistema di esecuzione che deve sostituire quello basato sugli agenti pubblici d’esecuzione condurrebbe sostanzialmente all’aumento del numero di procedure d’esecuzione e di controversie pendenti in materia di esecuzione delle decisioni.

63      Di conseguenza, non si può dedurre dagli elementi presentati nella denuncia del 16 settembre 2012 l’inosservanza dell’impegno n. 3 dell’allegato VII dell’Atto di adesione e quindi un obbligo di agire della Commissione allo scopo di impedire l’abrogazione della legge sugli agenti pubblici di esecuzione. La Commissione non si è pertanto resa responsabile di una colpevole omissione astenendosi dall’avvalersi a tale scopo dei mezzi d’azione previsti dall’articolo 36 dell’Atto di adesione.

64      Va aggiunto, al riguardo, che non si può contestare alla Commissione neppure di essere venuta meno alla diligenza nel suo controllo dell’osservanza da parte delle autorità croate dell’impegno n. 3 quanto all’efficacia delle procedure d’esecuzione.

65      Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la Commissione non si è limitata, in particolare alla riunione del 5 giugno 2012 (v. punto 16 supra), a esigere dalle autorità croate che il loro nuovo sistema di esecuzione producesse risultati equivalenti a quelli che avrebbe raggiunto il sistema basato sugli agenti pubblici di esecuzione. Da una parte essa, durante tutta la procedura di adesione, e in particolare a decorrere dal secondo rinvio dell’entrata in vigore della legge sugli agenti pubblici d’esecuzione, ha chiesto regolarmente alle autorità croate precisazioni sullo stato di avanzamento della riforma del sistema di esecuzione delle decisioni giurisdizionali in assenza di agenti pubblici di esecuzione, segnatamente mediante la domanda di comunicazione di dati statistici, e ha insistito sul necessario ottenimento di risultati concludenti anteriormente alla data di adesione (v. le lettere del 27 giugno e del 3 dicembre 2012, nonché la relazione del 10 ottobre 2012, menzionate ai precedenti punti 18, 25 e 23). D’altra parte, la Commissione ha ottenuto comunicazione di tali dati statistici, relativi in particolare al decisivo criterio di efficacia del numero di controversie pendenti (v. punto 61 supra), e li ha regolarmente esaminati constatando, nella sua relazione del 26 marzo 2013, una diminuzione del numero di controversie irrisolte in materia di esecuzione (v. punto 28 supra). Non è pertanto possibile contestare alla Commissione di non aver condotto un’analisi diligente dell’efficacia del sistema di esecuzione delle decisioni giurisdizionali in Croazia.

66      Ne deriva che né l’obbligo di diligenza della Commissione nel suo esercizio del controllo degli impegni di adesione a norma dell’articolo 36 dell’Atto di adesione, né l’articolo 36 dello stesso Atto di adesione, supponendo che tale previsione abbia lo scopo di conferire diritti ai singoli, sono stati violati nel caso di specie.

 Sulla violazione degli articoli 13 TUE et 17 TUE

67      Secondo l’articolo 13 TUE, l’Unione dispone di un quadro istituzionale che comprende, segnatamente, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, diretto a promuoverne i valori, perseguirne gli obiettivi, servire i suoi interessi, quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati membri, nonché a garantire la coerenza, l’efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni.

68      Poiché i ricorrenti contestano alla sola Commissione di non aver rispettato gli obblighi ad essa incombenti in forza dei trattati, va considerato che detto articolo che definisce il quadro istituzionale dell’Unione non rileva nel caso di specie, a maggior ragione in quanto i ricorrenti hanno anche dedotto la violazione dell’articolo 17 TUE, precisamente dedicato al ruolo e alle attribuzioni della Commissione.

69      L’articolo 17 TUE dispone, infatti, che la Commissione promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine e che essa esercita le sue funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione alle condizioni stabilite dai trattati.

70      Secondo la giurisprudenza, deriva dall’articolo 17, paragrafo 1, TUE che la Commissione, in qualità di custode dei trattati e degli accordi conclusi in base ad essi, è tenuta ad assicurarsi della corretta applicazione da parte di uno Stato terzo degli obblighi da esso contratti in forza di un accordo previsto dai trattati con i mezzi previsti da tale accordo (v. ordinanza del 12 luglio 2012, Mugraby/Consiglio e Commissione, C‑581/11 P, EU:C:2012:466, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

71      Ne consegue che, poiché l’articolo 36 dell’Atto di adesione è diretto a precisare quali siano gli obblighi della Commissione a norma dell’articolo 17 TUE nel contesto dell’adesione all’Unione della Repubblica di Croazia e non è stato violato nel caso di specie (v. punto 66 supra), si può ritenere che neppure l’articolo 17 TUE sia stato violato.

 Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

72      Secondo una giurisprudenza costante, il principio di tutela del legittimo affidamento è un principio generale del diritto dell’Unione che conferisce diritti ai singoli (sentenze del 19 maggio 1992, Mulder e a./Consiglio e Commissione, C‑104/89 e C‑37/90, Racc., EU:C:1992:217, punto 15, e del 6 dicembre 2001, Emesa Sugar/Consiglio, T‑43/98, Racc., EU:T:2001:279, punto 64). La violazione del principio può conseguentemente determinare il sorgere della responsabilità dell’Unione (v. sentenza SPM/Consiglio e Commissione, punto 42 supra, EU:T:2008:494, punto 146 e giurisprudenza ivi citata).

73      Il diritto di reclamare la tutela del legittimo affidamento si estende ad ogni singolo che si trovi in una situazione in cui risulta che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli precise assicurazioni, ha fatto nascere in lui fondate speranze (v. sentenze del 13 luglio 1995, O’Dwyer e a./Consiglio, T‑466/93, T‑469/93, T‑473/93, T‑474/93 e T‑477/93, Racc., EU:T:1995:136, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 ottobre 1996, Efisol/Commissione, T‑336/94, Racc., EU:T:1996:148, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Per contro, nessuno può invocare una violazione del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione. Tali assicurazioni sono costituite da informazioni precise, incondizionate, concordanti e provenienti da fonti autorizzate ed affidabili (v. sentenza SPM/Consiglio e Commissione, punto 42 supra, EU:T:2008:494, punto 149 e giurisprudenza ivi citata).

74      Nel caso di specie, i ricorrenti hanno menzionato esclusivamente, in sostanza, assicurazioni precise che avrebbero fornito loro le autorità nazionali nominandoli agenti pubblici di esecuzione. Come essi hanno sottolineato, l’Ustavni sud, nella sua decisione del 23 gennaio 2013, ha peraltro riconosciuto la sussistenza del «pregiudizio [alle] legittime aspettative [degli agenti pubblici di esecuzione nominati] fondate su validi atti legislativi promulgati dallo Stato ed [alla] fiducia riposta dai singoli nelle istituzioni dello Stato e nel diritto che da esse promana» (v. punto 26 supra).

75      Per contro, i ricorrenti non hanno prodotto alcun elemento atto a dimostrare o a consentire di supporre che le istituzioni dell’Unione, tra le quali segnatamente la Commissione, hanno fatto nascere nei loro confronti fondate speranze che esse avrebbero vegliato al mantenimento della professione di agente pubblico di esecuzione. La circostanza, peraltro non confermata, che la Commissione avrebbe partecipato all’elaborazione della legge sugli agenti pubblici di esecuzione, l’avrebbe finanziata, ovvero ne sarebbe alla fonte, non può, di per sé, costituire una precisa assicurazione fornita dalla Commissione che essa avrebbe considerato l’istituzione degli agenti pubblici di esecuzione come unica idonea ai fini dell’osservanza degli impegni di adesione. Affinché tali assicurazioni siano da considerare certe, tali atti di sostegno iniziale alla legge sugli agenti pubblici di esecuzione dovrebbero, tenuto conto dell’insussistenza di un obbligo per la Repubblica di Croazia di istituire la professione di agente pubblico di esecuzione, essere completati da ulteriori atti concordanti ed espliciti in tal senso.

76      Orbene, nessuno degli elementi presentati dai ricorrenti può essere così qualificato. La relazione del 24 aprile 2012 invocata dai ricorrenti si limita infatti a prendere atto del rinvio della legge sugli agenti pubblici di esecuzione (v. punto 13 supra), senza affatto criticare tale rinvio, né a fortiori esigere l’attuazione della legge di cui trattasi. Proprio al contrario, la Commissione constata persino, dopo aver preso atto di tale rinvio, l’attuazione da parte delle autorità croate di diverse misure dirette a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e intese al miglioramento dell’esecuzione delle decisioni giurisdizionali. Del pari, nel corso della riunione del 5 giugno 2012 richiamata dai ricorrenti all’udienza, la Commissione si è limitata a chiedere alle autorità croate la comunicazione di dati relativi al sistema di esecuzione destinato a sostituire quello fondato sugli agenti pubblici di esecuzione, al fine di verificare se tale nuovo sistema avrebbe ottenuto risultati equivalenti (v. punto 16 supra). La legge sugli agenti pubblici di esecuzione è stata pertanto menzionata nel corso di tale riunione soltanto come un mezzo tra gli altri per raggiungere lo scopo dell’efficienza del sistema di esecuzione ricercato dalla Commissione e non come un obiettivo che la Commissione avrebbe assegnato alla Repubblica di Croazia.

77      I ricorrenti non hanno pertanto dimostrato che la Commissione avesse fatto sorgere a loro favore il legittimo affidamento ed avesse quindi, non attivandosi, violato il principio ad esso relativo.

78      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che non è possibile contestare alla Commissione alcuna colpevole omissione.

79      Ne consegue che uno dei tre presupposti cumulativi del sorgere della responsabilità dell’Unione non è soddisfatto e che i ricorsi in esame devono pertanto essere respinti senza che occorra procedere all’esame degli altri presupposti necessari al sorgere di detta responsabilità.

 Sulle spese

80      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, i ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere condannati a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      Il sig. Ante Šumelj e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sono condannati alle spese.

Martins Ribeiro

Gervasoni

Madise

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 febbraio 2016.

Firme

Allegato

Dubravka Bašljan, residente in Zagabria (Croazia),

Đurđica Crnčević, residente in Sv. Ivan Zeline (Croazia),

Miroslav Lovreković, residente in Križevaci (Croazia),

ricorrenti nella causa T‑546/13,

Drago Burazer, residente in Zagabria,

Nikolina Nežić, residente in Zagabria,

Blaženka Bošnjak, residente in Sv. Ivan (Croazia),

Bosiljka Grbašić, residente in Križevaci,

Tea Tončić, residente in Pola (Croazia),

Milica Bjelić, residente in Dubrovnik (Croazia),

Marijana Kruhoberec, residente in Varaždin (Croazia),

ricorrenti nella causa T‑108/14,

Davor Škugor, residente in Sisak (Croazia),

Ivan Gerometa, residente in Vrsar (Croazia),

Kristina Samardžić, residente in Spalato (Croazia),

Sandra Cindrić, residente in Karlovac (Croazia),

Sunčica Gložinić, residente in Varaždin,

Tomislav Polić, residente in Kaštel Novi (Croazia),

Vlatka Pižeta, residente in Varaždin,

ricorrenti nella causa T‑109/14.


* Lingua processuale: il croato.