Language of document : ECLI:EU:T:2022:404

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

29 giugno 2022 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio dell’Unione europea figurativo La Irlandesa 1943 – Motivi di nullità assoluta – Dichiarazione di nullità da parte della commissione di ricorso allargata dell’EUIPO – Elementi di prova presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale – Data rilevante ai fini dell’esame di un motivo di nullità assoluta – Marchio che può indurre in errore il pubblico – Articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento (UE) 2017/1001] – Malafede – Articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 59, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001]»

Nella causa T‑306/20,

Hijos de Moisés Rodríguez González, SA, con sede in Las Palmas de Gran Canaria (Spagna), rappresentata da J. García Domínguez, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da A. Folliard-Monguiral, D. Hanf e E. Markakis, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso allargata dell’EUIPO:

Irlanda,

e

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso allargata dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

Ornua Co-operative Ltd, con sede in Dublino (Irlanda), rappresentata da E. Armijo Chávarri e A. Sanz Cerralbo, avvocati,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata),

composto da A. Marcoulli, presidente, S. Frimodt Nielsen, J. Schwarcz (relatore), C. Iliopoulos e R. Norkus, giudici,

cancelliere: A. Juhász-Tóth, amministratrice,

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 3 febbraio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Hijos de Moisés Rodríguez González, SA, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della commissione di ricorso allargata dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 2 marzo 2020 (procedimento R 1499/2016-G; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Fatti

2        Il 6 agosto 2013 la ricorrente ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea, ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

3        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo:

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4        Il 3 gennaio 2014 il marchio richiesto è stato registrato per i seguenti prodotti rientranti nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato: «Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova; latte e prodotti lattiero-caseari; olii e grassi per alimenti».

5        Il 7 gennaio 2015 l’Irlanda e l’Ornua Co-operative (precedentemente denominata Irish Dairy Board Co-operative Ltd), interveniente, hanno depositato una domanda di dichiarazione di nullità del marchio contestato per tutti i prodotti menzionati al precedente punto 4.

6        Nella domanda di dichiarazione di nullità si affermava che il marchio aveva carattere ingannevole ai sensi del combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009 [divenuti articolo 59, paragrafo 1, lettera a), e articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento 2017/1001] e che la sua registrazione era stata chiesta in malafede ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento [divenuto articolo 59, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001].

7        Con decisione del 15 giugno 2016, la divisione di annullamento ha respinto integralmente la domanda di dichiarazione di nullità. Essa ha ritenuto che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009 non fosse applicabile, in quanto la natura ingannevole del marchio contestato doveva essere dimostrata con riferimento alla data del suo deposito. Nel caso di specie, ogni eventuale inganno sarebbe risultato dall’uso di tale marchio in seguito alla cessazione dell’accordo commerciale concluso tra la ricorrente e l’interveniente, in vigore dal 1967 al 2011. Orbene, una siffatta situazione sarebbe specificamente contemplata nel motivo di decadenza di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001]. La divisione di annullamento ha parimenti respinto l’argomento dedotto ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento, ritenendo che non si potesse trarre alcuna conclusione riguardo alla malafede dal fatto che il marchio contestato era stato depositato successivamente alla cessazione del rapporto commerciale con l’interveniente.

8        Il 12 agosto 2016 l’Irlanda e l’interveniente hanno proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione di annullamento.

9        Con decisione del 6 dicembre 2017, il presidium delle commissioni di ricorso ha rinviato il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso allargata.

10      Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso allargata dell’EUIPO ha ritenuto che, alla data del deposito della domanda di registrazione, il marchio contestato fosse utilizzato in modo ingannevole. Essa ha altresì constatato che la sua registrazione era stata chiesta in malafede. Di conseguenza, la medesima ha annullato la decisione della divisione di annullamento e ha dichiarato nullo il marchio contestato.

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare alle spese l’EUIPO e l’interveniente.

12      L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

13      L’Irlanda non ha depositato un controricorso e non ha quindi formulato conclusioni nella presente causa.

 In diritto

14      Tenuto conto della data in cui è stata presentata la domanda di registrazione di cui trattasi, ossia il 6 agosto 2013, che è determinante ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, i fatti del caso di specie sono disciplinati dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009 [v., in tal senso, sentenza del 29 settembre 2021, Univers Agro/EUIPO – Shandong Hengfeng Rubber & Plastic (AGATE), T‑592/20, non pubblicata, EU:T:2021:633, punto 19 e giurisprudenza ivi citata]. Peraltro, poiché, secondo costante giurisprudenza, le norme procedurali si considerano generalmente applicabili alla data in cui entrano in vigore [v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2021, Qx World/EUIPO – Mandelay (EDUCTOR), T‑84/20, non pubblicata, EU:T:2021:555, punto 17 e giurisprudenza ivi citata], la controversia in esame è disciplinata dalle disposizioni procedurali del regolamento 2017/1001.

15      Di conseguenza, nel caso di specie, per quanto riguarda le norme sostanziali, occorre intendere i riferimenti all’articolo 59, paragrafo 1, lettere a) e b), e all’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento 2017/1001 operati dalla commissione di ricorso allargata nella decisione impugnata e dalle parti del procedimento come riguardanti l’articolo 52, paragrafo 1, lettere a) e b), e all’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009, di identico tenore.

 Sui documenti presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale

16      L’EUIPO e l’interveniente fanno valere l’irricevibilità degli allegati da A.6 a A.8 del ricorso. Essi sostengono che tali allegati contengono documenti che non sono mai stati presentati nell’ambito del procedimento amministrativo dinanzi all’EUIPO e che pertanto, secondo costante giurisprudenza, devono essere dichiarati irricevibili.

17      Si deve constatare che, come sostenuto dall’EUIPO e dall’interveniente, gli allegati da A.6 a A.8 del ricorso sono stati presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale. Gli allegati A.6 e A.7 contengono documenti relativi a spese pubblicitarie nonché talune fatture e dati sulle vendite annuali con il marchio contestato. Essi mirano a dimostrare l’entità della quota di mercato e la notorietà di tale marchio nelle isole Canarie (Spagna) nonché il carattere distintivo da esso acquisito. L’allegato A.8 è costituito da una dichiarazione giurata rilasciata da uno dei rappresentanti della ricorrente, datata 15 maggio 2020, ossia successivamente alla decisione impugnata emessa il 2 marzo 2020.

18      Tali documenti, prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non possono essere presi in considerazione. Infatti, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 72 del regolamento 2017/1001, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. Detti documenti devono essere quindi respinti senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v., in tal senso, sentenze del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza ivi citata, e del 18 marzo 2016, Karl-May-Verlag/UAMI – Constantin Film Produktion (WINNETOU), T‑501/13, EU:T:2016:161, punto 17].

 Nel merito

 Osservazioni preliminari sui motivi dedotti dalla ricorrente e sulla struttura della decisione impugnata

19      La ricorrente deduce due motivi, vertenti, il primo, sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009, relativi ai marchi che possono indurre in errore il pubblico, e, il secondo, sulla violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento medesimo, che riguarda le domande di marchi depositate in malafede.

20      La decisione impugnata fonda la sua motivazione su due pilastri, che corrispondono al primo e al secondo motivo.

21      Dal momento che il dispositivo di una decisione si fonda su vari pilastri di ragionamento, ognuno dei quali sarebbe sufficiente da solo a dare fondamento a tale dispositivo, occorre annullare tale atto, in linea di principio, solo se ciascuno di tali pilastri è viziato da illegittimità. In tal caso, un vizio o un’altra illegittimità che infici solo uno dei pilastri del ragionamento non può essere sufficiente a giustificare l’annullamento della decisione controversa, dato che tale vizio non avrebbe potuto avere un’influenza determinante sul dispositivo adottato dall’istituzione che ha emanato detta decisione [sentenza del 20 gennaio 2021, Jareš Procházková e Jareš/EUIPO – Elton Hodinářská (MANUFACTURE PRIM 1949), T‑656/18, non pubblicata, EU:T:2021:17, punto 19 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 29 gennaio 2020, Vinos de Arganza/EUIPO – Nordbrand Nordhausen (ENCANTO), T‑239/19, non pubblicata, EU:T:2020:12, punto 49 e giurisprudenza ivi citata].

22      Di conseguenza, la decisione impugnata può essere annullata solo se entrambi i pilastri del ragionamento della commissione di ricorso allargata sono viziati da illegittimità.

23      Inoltre, occorre constatare che, prima di determinare se il marchio contestato fosse ingannevole e se esso fosse stato depositato in malafede, la commissione di ricorso allargata ne ha esaminato le caratteristiche intrinseche, che hanno fornito la base per il ragionamento enunciato nella decisione impugnata. Occorre quindi verificare, anzitutto, se tale esame sia stato correttamente effettuato, prima di pronunciarsi sui due motivi dedotti dalla ricorrente.

 Sulle qualità intrinseche del marchio contestato e sui prodotti da esso contrassegnati

24      La commissione di ricorso allargata ha constatato che il marchio contestato era un segno figurativo, costituito dai termini «la» e «irlandesa», in caratteri di colore bianco su un’etichetta verde con bordo giallo e recante, sotto tali termini, un disegno parimenti giallo e la menzione «1943» in caratteri di piccole dimensioni.

25      La commissione di ricorso allargata ha poi dedotto dal fatto che i termini contenuti nel marchio erano spagnoli che il pubblico di riferimento sarebbe stato il consumatore medio ispanofono al quale erano destinati i prodotti in questione, vale a dire i prodotti alimentari rientranti nella classe 29. A suo avviso, l’elemento denominativo del marchio contestato era l’elemento dominante e significava chiaramente, per tale consumatore, che qualcuno (una donna) o qualcosa era di origine irlandese.

26      La commissione di ricorso allargata ha aggiunto che era risaputo che il colore verde fosse utilizzato per rappresentare l’Irlanda, ad esempio durante le festività celebrate a livello internazionale come il giorno di San Patrizio. Essa ha osservato che l’Irlanda era nota come «l’isola di smeraldo», in riferimento al verde dei suoi paesaggi. Essa è giunta alla conclusione che tale colore avrebbe confermato la percezione del pubblico secondo la quale i prodotti recanti il marchio contestato sarebbero di origine irlandese, tanto più che questi ultimi erano prodotti alimentari che potevano essere fabbricati in Irlanda, alcuni dei quali, come la carne, il pesce e il burro, erano rinomati per la loro qualità se di origine irlandese.

27      Nessun elemento induce a rimettere in discussione l’analisi della commissione di ricorso allargata quanto alle caratteristiche intrinseche del marchio contestato e al suo significato per il pubblico di riferimento.

28      Infatti, per via delle sue dimensioni relative e della sua posizione centrale, l’elemento denominativo è dominante nel marchio contestato, in particolare rispetto alla menzione «1943», scritta invece in caratteri piccoli. Tale elemento è dominante anche rispetto al disegno giallo collocato immediatamente sotto di esso. A tale riguardo, occorre ricordare che, quando un marchio è composto di elementi denominativi e figurativi, come nel caso di specie, i primi sono, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento al prodotto in questione citando il nome che descrivendo l’elemento figurativo del marchio [v. sentenze del 7 maggio 2015, Cosmowell/UAMI – Haw Par (GELENKGOLD), T‑599/13, EU:T:2015:262, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 maggio 2021, Grangé e Van Strydonck/EUIPO – Nema (âme), T‑442/20, non pubblicata, EU:T:2021:237, punto 38].

29      La ricorrente ha ammesso, nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, di essere d’accordo con i richiedenti la dichiarazione di nullità almeno sui seguenti significati dell’elemento denominativo «la irlandesa» del marchio contestato: «persona originaria dell’Irlanda, del paese dell’Irlanda» o «donna irlandese», con l’aggiunta a queste parole dell’articolo determinativo femminile «la». Essa osserva che sia il dizionario della lingua spagnola dell’Accademia reale spagnola sia il dizionario Collins della lingua inglese contengono entrambi tali significati, i quali sono, a suo avviso, quelli pertinenti nel caso di specie.

30      Si deve quindi constatare che l’elemento denominativo dominante del marchio contestato ha un siffatto significato in spagnolo, il che corrobora la conclusione della commissione di ricorso allargata secondo la quale tale elemento indica chiaramente, per il consumatore medio ispanofono, un’origine irlandese.

31      Quanto al colore verde presente nel marchio contestato, occorre ricordare che i fatti notori sono definiti come fatti conoscibili da qualsiasi persona o che possono essere conosciuti tramite mezzi generalmente accessibili [v. sentenze del 13 dicembre 2018, Monolith Frost/EUIPO – Dovgan (PLOMBIR), T‑830/16, EU:T:2018:941, punto 32 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 giugno 2020, Louis Vuitton Malletier/EUIPO – Wisniewski (Raffigurazione di un motivo a scacchiera), T‑105/19, non pubblicata, EU:T:2020:258, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

32      La commissione di ricorso allargata ha giustamente constatato che l’utilizzo del colore verde per rappresentare l’Irlanda era notorio. Essa ha spiegato in modo convincente che detto colore svolgeva tale funzione durante la celebrazione della festa irlandese del giorno di San Patrizio e che l’Irlanda era nota con il nome di «isola di smeraldo», in riferimento al verde dei suoi paesaggi.

33      Tale funzione rappresentativa dell’Irlanda svolta dal colore verde, pur non essendo necessariamente conoscibile da qualsiasi persona, può nondimeno essere conosciuta tramite mezzi generalmente accessibili.

34      A tal riguardo, nell’ambito del ricorso, la ricorrente fa riferimento a un argomento da essa dedotto dinanzi alla divisione di annullamento, secondo cui il colore verde costituiva soltanto un elemento di un «gioco evocativo di freschezza (prati verdi) e sole (giallo) creato dal segno [contestato]». Tale argomento non può tuttavia essere accolto, in quanto, anche ammettendo una siffatta funzione del colore verde, esso non contraddirebbe il fatto notorio constatato dalla commissione di ricorso allargata secondo cui detto colore rappresentava l’Irlanda. La ricorrente non ha, del resto, fornito alcun elemento di prova dinanzi al Tribunale al fine di contestare l’esattezza di tale fatto notorio.

35      Peraltro, senza che occorra pronunciarsi sulla questione della qualità generale dei prodotti provenienti dall’Irlanda, si deve rilevare che la ricorrente non ha neppure contestato che tale paese producesse carne, pesce e prodotti lattiero-caseari, ossia i tre tipi di prodotti contrassegnati dal marchio contestato.

36      Di conseguenza, tenuto conto dell’elemento denominativo dominante «la irlandesa» e del suo significato per il pubblico di riferimento, confermato dal colore verde circostante, la commissione di ricorso allargata è correttamente pervenuta alla conclusione che, quando il marchio contestato fosse apposto sui prodotti ai quali si riferiva, senza fornire altre indicazioni, i consumatori ispanofoni avrebbero stabilito un nesso diretto tra il significato di tale elemento denominativo e una qualità di detti prodotti, ossia la loro origine geografica, e, nel vedere il marchio apposto su tali prodotti, avrebbero quindi creduto che questi ultimi provenissero dall’Irlanda.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009

37      Il primo motivo si articola in tre parti. Anzitutto, nell’ambito della prima parte, la ricorrente addebita alla commissione di ricorso allargata di aver applicato a un procedimento di dichiarazione di nullità le condizioni applicabili ai motivi di decadenza. Con la seconda parte, poi, essa sostiene che la decisione impugnata ha applicato erroneamente l’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009. Infine, per quanto riguarda la terza parte del primo motivo, essa ritiene che la commissione di ricorso allargata avrebbe dovuto tenere conto del carattere distintivo acquisito del marchio contestato.

38      Occorre, anzitutto, esaminare la terza parte del primo motivo e in seguito analizzare congiuntamente le parti prima e seconda di tale motivo.

–       Sulla terza parte del primo motivo, vertente sul fatto che la commissione di ricorso allargata avrebbe dovuto tener conto del carattere distintivo acquisito del marchio contestato

39      La ricorrente addebita alla commissione di ricorso allargata di non aver preso in considerazione taluni elementi indicanti che il marchio contestato aveva acquisito nel tempo un carattere distintivo. A tal riguardo, essa invoca la durata di utilizzo del marchio, ininterrotta dal 1967, il fatto che essa sarebbe la sola ad aver utilizzato tale marchio in Spagna e la quota significativa del mercato del burro che essa deterrebbe da tempo nelle isole Canarie con il medesimo marchio.

40      L’EUIPO e l’interveniente respingono tale argomento della ricorrente.

41      Occorre constatare, come giustamente rilevato dall’EUIPO, che le disposizioni del regolamento n. 207/2009 relative al carattere distintivo acquisito da un marchio a seguito del suo uso, in deroga a determinati impedimenti assoluti alla registrazione o motivi di nullità, non si applicano ai marchi considerati ingannevoli. Infatti, né l’articolo 7, paragrafo 3, né l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuti articolo 7, paragrafo 3, e articolo 59, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001) fanno riferimento all’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento medesimo. Le due citate disposizioni si riferiscono unicamente ai motivi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettere da b) a d), di tale regolamento [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento 2017/1001].

42      Pertanto, la terza parte del primo motivo deve essere respinta in quanto inoperante.

–       Sulla prima parte del primo motivo, vertente sul fatto che la commissione di ricorso allargata non avrebbe dovuto applicare a un procedimento di dichiarazione di nullità le condizioni applicabili ai motivi di decadenza, e sulla seconda parte del primo motivo, vertente su un’errata applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009

43      Nell’ambito della prima parte del primo motivo, la ricorrente rileva che la normativa dell’Unione europea in materia di marchi distingue tra motivi di nullità e motivi di decadenza. Orbene, nel caso di specie, la commissione di ricorso allargata avrebbe erroneamente applicato le norme sulla decadenza a un procedimento di dichiarazione di nullità, il che determinerebbe una situazione di incertezza giuridica.

44      La ricorrente osserva che un procedimento di dichiarazione di nullità richiede un’analisi alla data di deposito del marchio, relativa in particolare alla sua natura, agli elementi che lo compongono e ai prodotti che esso designa, mentre un procedimento di decadenza comporta l’esame dell’uso del marchio da parte del suo titolare successivamente alla sua registrazione. La commissione di ricorso allargata sarebbe incorsa nell’errore di giustificare la nullità del marchio contestato alla luce dell’uso successivo alla sua registrazione, invece di fare riferimento alla data di deposito.

45      Secondo la ricorrente, la divisione di annullamento ha correttamente ritenuto che i richiedenti la dichiarazione di nullità avessero cercato di dimostrare il carattere ingannevole del marchio contestato sulla base di atti di gran lunga successivi al suo deposito presso l’EUIPO, che tali atti avrebbero potuto essere pertinenti nell’ambito di un procedimento di decadenza, ma non in un procedimento di nullità, e che, alla data rilevante del deposito della domanda di registrazione, non sussisteva alcuna palese contraddizione tra il marchio contestato e i prodotti da esso designati, il che ne escludeva qualsiasi ingannevolezza.

46      La ricorrente osserva che l’uso leale del marchio contestato dovrebbe essere presunto, salvo prova contraria, la quale dovrebbe corrispondere alla data di deposito della domanda di registrazione del marchio e non al solo uso che ne ha fatto successivamente il titolare.

47      In risposta alla prima parte del primo motivo dedotto dalla ricorrente, l’EUIPO fa valere che, conformemente al diritto applicabile, la commissione di ricorso allargata ha esaminato la domanda di dichiarazione di nullità facendo riferimento alla data di deposito della domanda del marchio contestato. Secondo l’EUIPO, tale marchio sarebbe intrinsecamente ingannevole, tenuto conto in particolare dei suoi colori, dei suoi elementi figurativi e della rinomanza dell’Irlanda per i prodotti agricoli recanti il marchio contestato. In assenza di un’espressa limitazione dell’elenco di tali prodotti a quelli di origine irlandese, il marchio contestato indurrebbe in errore il pubblico di riferimento per quanto riguarda la loro provenienza geografica. Gli elementi probatori successivi alla domanda di marchio, come il catalogo del 2014, non farebbero che confermare la valutazione effettuata dalla commissione di ricorso allargata facendo riferimento, come dovuto, alla data di deposito del marchio contestato.

48      Per quanto riguarda la prima parte del primo motivo, gli argomenti dell’interveniente sono, in sostanza, in linea con quelli dell’EUIPO.

49      Nell’ambito della seconda parte del primo motivo, la ricorrente osserva che il collegamento del marchio contestato con l’Irlanda non è di per sé sufficiente a indurre in errore il consumatore circa la natura dei prodotti o la loro provenienza geografica, poiché il segno sarebbe percepito come evocativo, in particolare in quanto contenente elementi numerici e figurativi. Il segno sarebbe quindi percepito come un marchio e non come un’indicazione di origine geografica.

50      La ricorrente, peraltro, censura la decisione impugnata nella parte in cui essa trae fondamento da precedenti decisioni dell’Oficina Española de Patentes y Marcas (Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi), che avevano respinto domande di marchi simili recanti l’elemento «la irlandesa» depositato dalla ricorrente, nonché su una decisione della divisione di annullamento dell’EUIPO che dichiarava nullo un siffatto marchio. Secondo la ricorrente, tali decisioni riguardano marchi diversi e che si riferivano specificamente al burro, in taluni casi anche ai prodotti lattiero-caseari, mentre il marchio contestato nella specie si riferisce ai prodotti rientranti nella classe 29 nel suo complesso.

51      In risposta alla seconda parte del primo motivo, l’EUIPO ritiene che l’argomento della ricorrente vertente sull’asserito carattere evocativo del marchio contestato non sia convincente. Per quanto riguarda le decisioni precedenti citate nella decisione impugnata, l’EUIPO risponde alla ricorrente che esse erano pertinenti rispetto alla percezione del pubblico di riferimento e che la commissione di ricorso allargata poteva legittimamente farvi riferimento per confermare le proprie conclusioni.

52      Quanto all’interveniente, essa condivide, in sostanza, gli argomenti dell’EUIPO relativi alla seconda parte del primo motivo.

53      Occorre ricordare che, in forza del combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009, il marchio è dichiarato nullo qualora sia stato registrato nonostante possa indurre in errore il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio.

54      Secondo costante giurisprudenza, la sola data pertinente ai fini dell’esame di una domanda di dichiarazione di nullità è quella del deposito della domanda di marchio contestato (ordinanze del 24 settembre 2009, Bateaux mouches/UAMI, C‑78/09 P, non pubblicata, EU:C:2009:584, punto 18, e del 23 aprile 2010, UAMI/Frosch Touristik, C‑332/09 P, non pubblicata, EU:C:2010:225, punto 41). Tuttavia, la giurisprudenza ammette di prendere in considerazione elementi successivi a tale data, a condizione che essi riguardino la situazione alla data della presentazione della domanda di marchio [sentenza del 3 giugno 2009, Frosch Touristik/UAMI – DSR touristik (FLUGBÖRSE), T‑189/07, EU:T:2009:172, punti 19 e 28].

55      I casi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009 presuppongono l’accertamento di un inganno effettivo o di un rischio sufficientemente grave di inganno del consumatore [v. sentenza del 26 ottobre 2017, Alpirsbacher Klosterbräu Glauner/EUIPO (Klosterstoff), T‑844/16, EU:T:2017:759, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

56      La valutazione dell’impedimento menzionato all’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009 può essere esclusivamente effettuata, da un lato, in relazione ai prodotti o ai servizi di cui trattasi e, dall’altro, in relazione alla percezione del marchio da parte del pubblico di riferimento [v. sentenza del 22 marzo 2018, Safe Skies/EUIPO – Travel Sentry (TSA LOCK), T‑60/17, non pubblicata, EU:T:2018:164, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].

57      Inoltre, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009 implica una designazione sufficientemente specifica delle caratteristiche potenziali dei prodotti e dei servizi coperti dal marchio. Solo quando il consumatore interessato è indotto a credere che i prodotti e i servizi presentino determinate caratteristiche, che in realtà non possiedono, egli è ingannato dal marchio [v. sentenza del 29 novembre 2018, Khadi and Village Industries Commission/EUIPO – BNP Best Natural Products (Khadi Ayurveda), T‑683/17, non pubblicata, EU:T:2018:860, punto 53 e giurisprudenza ivi citata].

58      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 7, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), l’articolo 7, paragrafo 1, del medesimo regolamento si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.

59      Nel caso di specie, la commissione di ricorso allargata ha anzitutto esaminato le caratteristiche intrinseche del marchio contestato, al fine di stabilirne il significato per il pubblico di riferimento, tenendo conto dei prodotti designati nella domanda di marchio. Essa ha ritenuto che, vedendo il marchio contestato apposto sui prodotti di cui trattasi, i consumatori ispanofoni avrebbero creduto che detti prodotti provenissero dall’Irlanda.

60      Da tale analisi del marchio contestato la commissione di ricorso allargata ha dedotto che, «già al momento del suo deposito», esso era ingannevole per il pubblico di riferimento. Al fine di «confermare» tale conclusione, essa ha preso in considerazione le prove presentate dai richiedenti la nullità, in particolare una decisione della divisione di annullamento dell’EUIPO del 25 settembre 2002, che aveva dichiarato nullo un marchio contenente l’elemento «la irlandesa» simile al marchio contestato. Le prove erano parimenti costituite dai seguenti elementi, successivi alla data di deposito della domanda di marchio:

–        il catalogo online della ricorrente, risalente al 2014;

–        fotografie di prodotti alimentari recanti il marchio contestato, fabbricati nel 2016 e acquistati in Spagna lo stesso anno.

61      Secondo la commissione di ricorso allargata, da tali elementi di prova, in particolare dalle informazioni sulle confezioni e sulle etichette dei prodotti, in caratteri molto piccoli o sotto forma di codici identificativi del paese o di numeri relativi ad aspetti sanitari, risultava che tali prodotti erano stati fabbricati in paesi diversi dall’Irlanda. La ricorrente avrebbe d’altronde ammesso, nelle sue osservazioni dinanzi alla commissione di ricorso allargata, che il marchio contestato «non si limita[va] unicamente ai prodotti provenienti dall’Irlanda».

62      La commissione di ricorso allargata si è inoltre basata su decisioni giudiziarie spagnole e su una decisione dell’Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi, tutte anteriori alla data di deposito del marchio contestato, per «confermare» il carattere ingannevole di quest’ultimo.

63      Occorre rilevare che gli articoli da 52 a 54 del regolamento n. 207/2009 (gli articoli 53 e 54 sono divenuti gli articoli 60 e 61 del regolamento 2017/1001) disciplinano i motivi di nullità di un marchio dell’Unione europea, mentre una disposizione distinta, l’articolo 51 di detto regolamento, riguarda i motivi di decadenza.

64      Va inoltre rilevato che il carattere ingannevole di un marchio ne costituisce un motivo di nullità assoluta in forza del combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009 e, peraltro, un motivo di decadenza ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera c), di detto regolamento.

65      Orbene, l’articolo 51, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 dispone espressamente che il carattere ingannevole di un marchio registrato, che giustifica che il suo titolare sia dichiarato decaduto dai suoi diritti, deriva dall’uso che ne viene fatto, mentre il combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g) di detto regolamento, che prevedono la nullità di un marchio che sia stato registrato nonostante il suo carattere ingannevole, non contengono alcun riferimento a un siffatto uso.

66      Da quanto precede risulta che, in linea di principio, l’esame di una domanda di dichiarazione di decadenza ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009 richiede che si tenga conto dell’uso effettivo del marchio e, pertanto, di elementi successivi al deposito di quest’ultimo, mentre ciò non avviene ai fini dell’esame di una domanda di dichiarazione di nullità proposta ai sensi del combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009. L’esame di una siffatta domanda di dichiarazione di nullità richiede infatti che sia accertato che il segno depositato ai fini della registrazione in quanto marchio fosse di per sé atto a indurre in errore il consumatore al momento del deposito della domanda di registrazione, essendo irrilevante la successiva gestione di detto segno (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2017, W.F. Gözze Frottierweberei e Gözze, C‑689/15, EU:C:2017:434, punti 55 e 56).

67      Tale principio è confermato dalla giurisprudenza secondo la quale la sola data pertinente ai fini dell’esame di una domanda di dichiarazione di nullità è quella del deposito della domanda del marchio contestato (ordinanze del 24 settembre 2009, Bateaux mouches/UAMI, C‑78/09 P, non pubblicata, EU:C:2009:584, punto 18, e del 23 aprile 2010, UAMI/Frosch Touristik, C‑332/09 P, non pubblicata, EU:C:2010:225, punto 41) e secondo la quale elementi successivi alla data della domanda di marchio possono essere presi in considerazione solo a condizione che essi riguardino la situazione a tale data (sentenza del 3 giugno 2009, FLUGBÖRSE, T‑189/07, EU:T:2009:172, punti 19 e 28).

68      In altri termini, in materia di nullità, la questione che si pone è se il marchio non avrebbe dovuto essere registrato, ab initio, per motivi già esistenti alla data della domanda di marchio, mentre la presa in considerazione di elementi successivi può unicamente servire a far luce sulle circostanze quali si presentavano a tale data.

69      È alla luce di tali considerazioni che occorre stabilire se la commissione di ricorso allargata abbia giustamente deciso di dichiarare nullo il marchio contestato sulla base della motivazione che esso poteva indurre in errore il pubblico circa la provenienza geografica dei prodotti di cui trattasi.

70      Come constatato al precedente punto 36, la commissione di ricorso allargata ha correttamente ritenuto che il pubblico di riferimento avrebbe percepito il marchio contestato come indicante che i prodotti da esso contrassegnati avessero origine irlandese.

71      Per contro, come giustamente rilevato dalla ricorrente, ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009 la commissione di ricorso allargata doveva verificare se, alla data della domanda di registrazione, non vi fosse contraddizione tra l’informazione veicolata dal marchio contestato e le caratteristiche dei prodotti designati in detta domanda [v., in tal senso, sentenze del 27 ottobre 2016, Caffè Nero Group/EUIPO (CAFFÈ NERO), T‑29/16, non pubblicata, EU:T:2016:635, punti da 45 a 50, e del 13 maggio 2020, SolNova/EUIPO – Canina Pharma (BIO-INSECT Shocker), T‑86/19, EU:T:2020:199, punti da 70 a 87]. Orbene, occorre rilevare che l’elenco dei prodotti contraddistinti dal marchio contestato non conteneva alcuna indicazione circa la loro provenienza geografica e che esso poteva quindi designare prodotti provenienti dall’Irlanda. Pertanto, a differenza delle circostanze sulle quali il Tribunale si è pronunciato nelle citate sentenze CAFFÈ NERO (T‑29/16, non pubblicata, EU:T:2016:635) e BIO-INSECT Shocker (T‑86/19, EU:T:2020:199), nel caso di specie, alla data di deposito del marchio contestato, non vi era contraddizione tra tale marchio e i prodotti designati, ragion per cui era impossibile constatare che un siffatto marchio avesse un carattere ingannevole a tale data.

72      Poiché, alla data della domanda di registrazione, non sussistevano contraddizioni tra il marchio contestato e i prodotti da esso contrassegnati, la commissione di ricorso allargata ha erroneamente addebitato alla ricorrente di non aver limitato l’elenco di tali prodotti a quelli provenienti dall’Irlanda. L’inserimento di una siffatta limitazione in quest’ultimo non era infatti richiesta dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009, il quale è inteso a impedire la registrazione di marchi che possono indurre in errore il pubblico.

73      Inoltre, poiché il marchio contestato non poteva essere considerato ingannevole alla data della domanda di registrazione, nel 2013, gli elementi di prova successivi relativi al 2014 e al 2016 presi in considerazione dalla commissione di ricorso allargata non potevano confermare un siffatto carattere ingannevole. Tenuto conto degli atti di causa, non è stato accertato che tali prove successive riguardassero la situazione alla data di deposito della domanda di marchio e, di conseguenza, nel caso di specie non trovava applicazione la giurisprudenza illustrata nella sentenza del 3 giugno 2009, FLUGBÖRSE (T‑189/07, EU:T:2009:172), che avrebbe potuto autorizzare la presa in considerazione di simili elementi di prova.

74      Peraltro, la commissione di ricorso allargata ha rilevato che «[era] stato dimostrato, e la [ricorrente] non lo ha smentito, che il marchio era già utilizzato prima della data di deposito». Tuttavia, essa non spiega come tale utilizzo del marchio contestato, anteriore al deposito, «[sia] stato dimostrato» e in che modo tale uso anteriore dimostrerebbe il carattere ingannevole del marchio de quo.

75      Per quanto riguarda la decisione della divisione di annullamento dell’EUIPO del 25 settembre 2002, nonché le decisioni giudiziarie spagnole e una decisione dell’Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi menzionate nella decisione impugnata e precedenti alla data di deposito del marchio contestato, occorre ricordare che né la prassi decisionale dell’EUIPO né le decisioni delle autorità nazionali possono vincolare il Tribunale [v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 2012, Ella Valley Vineyards/UAMI – HFP (ELLA VALLEY VINEYARDS), T‑32/10, EU:T:2012:118, punto 54 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 ottobre 2020, Electrolux Home Products/EUIPO – D. Consult (FRIGIDAIRE), T‑583/19, non pubblicata, EU:T:2020:511, punto 31 e giurisprudenza ivi citata]. Tali decisioni non consentono di ignorare il quadro analitico stabilito dalla normativa dell’Unione e richiesto per l’esame di una domanda di dichiarazione di nullità, come quella di cui trattasi nel caso di specie, in quanto tale quadro non è lo stesso di quello applicabile all’esame di una domanda di dichiarazione di decadenza.

76      Da quanto precede risulta che il primo motivo è infondato nella sua terza parte, ma fondato nelle sue parti prima e seconda esaminate congiuntamente, in quanto la commissione di ricorso allargata è incorsa in un errore nell’applicazione del combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009.

77      Tale errore inficia la legittimità del primo pilastro della decisione impugnata. Tuttavia, esso può condurre all’annullamento della decisione impugnata solo se anche il secondo pilastro di detta decisione era viziato da illegittimità.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

78      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso allargata non ha dimostrato che essa aveva agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato. Essa fa osservare di aver utilizzato per oltre 40 anni marchi simili, recanti l’elemento «la irlandesa», tuttora validi, e che la sua malafede non può essere dedotta dalla cessazione del suo rapporto commerciale con l’interveniente nel 2011. La commissione di ricorso allargata si sarebbe indebitamente concentrata su esempi di controversie o di registrazioni rifiutate per marchi simili recanti l’elemento «la irlandesa» e avrebbe erroneamente considerato, quali indizi della malafede della ricorrente, talune caratteristiche del marchio contestato, in particolare i suoi elementi figurativi, il suo colore e il fatto che esso evocasse un’origine geografica.

79      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

80      Occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, il marchio è dichiarato nullo allorché al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente ha agito in malafede.

81      Discende da questa stessa disposizione che il momento pertinente ai fini della valutazione dell’esistenza della malafede del richiedente è quello del deposito della domanda di registrazione da parte dell’interessato (sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punto 35). Tuttavia, l’uso del marchio contestato può costituire un elemento da prendere in considerazione per qualificare l’intenzione che sussisteva al momento della domanda di registrazione, ivi compreso un uso successivo alla data di tale domanda [v., in tal senso, sentenze del 1° febbraio 2012, Carrols/UAMI – Gambettola (Pollo Tropical CHICKEN ON THE GRILL), T‑291/09, EU:T:2012:39, punto 76; dell’8 maggio 2014, Simca Europe/UAMI – PSA Peugeot Citroën (Simca), T‑327/12, EU:T:2014:240, punto 48, e del 23 maggio 2019, Holzer y Cia/EUIPO – Annco (ANN TAYLOR e AT ANN TAYLOR), T‑3/18 e T‑4/18, EU:T:2019:357, punto 126].

82      Il concetto di malafede, di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, non è né definito né delimitato e neppure descritto in alcun modo nella legislazione [dell’Unione] [v. sentenze dell’11 luglio 2013, SA.PAR./UAMI – Salini Costruttori (GRUPPO SALINI), T‑321/10, EU:T:2013:372, punto 19 e giurisprudenza ivi citata, e dell’8 marzo 2017, Biernacka-Hoba/EUIPO – Formata Bogusław Hoba (Formata), T‑23/16, non pubblicata, EU:T:2017:149, punto 41 e giurisprudenza ivi citata]. Secondo la giurisprudenza, tale nozione non può essere circoscritta a una categoria limitata di circostanze specifiche. L’obiettivo di interesse generale di tale disposizione, che consiste nel contrastare registrazioni di marchio abusive o contrarie alle leali pratiche industriali e commerciali, sarebbe infatti compromesso se la malafede potesse essere dimostrata soltanto in circostanze tassativamente elencate [v. sentenza del 21 aprile 2021, Hasbro/EUIPO – Kreativni Dogadaji (MONOPOLY), T‑663/19, EU:T:2021:211, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

83      Ogni allegazione di malafede deve esser valutata globalmente, tenendo conto dell’insieme delle circostanze di fatto pertinenti del caso di specie (sentenza del 12 settembre 2019, Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret/EUIPO, C‑104/18 P, EU:C:2019:724, punto 47).

84      Pertanto, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito dell’analisi complessiva effettuata ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, si può anche tener conto dell’origine del segno contestato e del suo utilizzo a partire dalla sua creazione, della logica commerciale nella quale si inserisce il deposito della domanda di registrazione del segno come marchio dell’Unione europea nonché della cronologia degli avvenimenti che hanno caratterizzato la sopravvenienza di detto deposito (v. sentenza del 21 aprile 2021, MONOPOLY, T‑663/19, EU:T:2021:211, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

85      Inoltre, si deve prendere in considerazione l’intenzione del richiedente al momento del deposito della domanda di registrazione, quale elemento soggettivo che deve essere determinato con riferimento alle circostanze oggettive del caso di specie (sentenze dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punti 41 e 42, e dell’8 marzo 2017, Formata, T‑23/16, non pubblicata, EU:T:2017:149, punto 44). A tale riguardo, occorre esaminare l’intenzione del richiedente il marchio che può essere dedotta dalle circostanze oggettive e dal suo operato concreto, dal ruolo o dalla posizione rivestita, dalla conoscenza che aveva dell’uso del segno anteriore, dalle relazioni di natura contrattuale, precontrattuale o post contrattuale che intratteneva con il richiedente la dichiarazione di nullità, dall’esistenza di doveri o obblighi reciproci e, più in generale, da tutte le situazioni oggettive di conflitto d’interessi in cui il richiedente il marchio si è trovato ad operare (sentenza dell’11 luglio 2013, GRUPPO SALINI, T‑321/10, EU:T:2013:372, punto 28).

86      Spetta al richiedente la dichiarazione di nullità che intende fondarsi su tale motivo dimostrare le circostanze che consentono di pervenire alla conclusione che il titolare di un marchio dell’Unione europea ha agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione di quest’ultimo [v. sentenza del 26 febbraio 2015, Pangyrus/UAMI – RSVP Design (COLOURBLIND), T‑257/11, non pubblicata, EU:T:2015:115, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].

87      Si presume la buona fede fino a prova contraria (v. sentenza dell’8 marzo 2017, Formata, T‑23/16, non pubblicata, EU:T:2017:149, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

88      Nel caso di specie, la commissione di ricorso allargata elenca diversi elementi che, a suo avviso, consentono di pervenire alla conclusione che la ricorrente ha agito in malafede quando ha chiesto la registrazione del marchio contestato.

89      In primo luogo, la commissione di ricorso allargata ribadisce la sua constatazione secondo la quale il marchio contestato induce in errore il consumatore ispanofono stabilendo un chiaro legame geografico con l’Irlanda sebbene i prodotti di cui trattasi non provengano da tale paese.

90      In secondo luogo, la commissione di ricorso allargata osserva che, a causa di tale carattere ingannevole, i marchi recanti l’elemento «la irlandesa» analoghi a quello di cui trattasi nel caso di specie e relativi a elenchi di prodotti più specifici sono stati annullati o rifiutati dall’EUIPO e dalle autorità giudiziarie e amministrative spagnole e che, poiché tali decisioni sfavorevoli alla ricorrente sono state emesse negli anni 2000, 2001 e 2002, ben prima della data di deposito del marchio contestato nel 2013, la ricorrente ne era necessariamente a conoscenza a detta data. Tale conoscenza sarebbe confermata dal fatto che la ricorrente ha successivamente ottenuto registrazioni spagnole di marchi simili includendo esplicitamente nella descrizione dei prodotti una restrizione geografica relativa all’Irlanda, cosa che essa non ha fatto per quanto riguarda il marchio contestato.

91      In terzo luogo, la commissione di ricorso allargata constata che, per molti anni, la ricorrente è stata la rappresentante esclusiva dell’interveniente dalla quale acquistava burro irlandese sfuso, lo confezionava e lo vendeva nelle isole Canarie. Essa ritiene che il marchio spagnolo La Irlandesa, depositato nel 1967 dalla ricorrente, fosse destinato a promuovere in Spagna la vendita di burro di origine irlandese, che tale marchio fosse nato dal rapporto contrattuale tra la ricorrente e l’interveniente e fosse connesso all’origine irlandese dei prodotti che la ricorrente era autorizzata a vendere nel contesto di tale rapporto. Secondo la commissione di ricorso allargata, in seguito alla conclusione di tale rapporto commerciale nel 2011, la ricorrente ha continuato a vendere prodotti contrassegnati da marchi recanti i termini «la» e «irlandesa», sebbene essi non fossero più di origine irlandese. La ricorrente non avrebbe dimostrato una logica commerciale legittima che spiegasse il deposito del marchio contestato né la logica economica del suo utilizzo successivamente alla cessazione del rapporto commerciale con l’interveniente nel 2011. La ricorrente avrebbe quindi cercato unicamente di ottenere un indebito vantaggio da un rapporto commerciale concluso, per continuare a beneficiare dell’immagine dei prodotti irlandesi.

92      In quarto luogo, la commissione di ricorso allargata ha ritenuto che, tenuto conto dell’uso ingannevole del marchio contestato, delle precedenti decisioni dell’EUIPO e delle autorità spagnole nonché del precedente rapporto commerciale ormai cessato con l’interveniente, la ricorrente, al momento del deposito del marchio contestato, avesse l’intenzione di continuare a indurre in errore il pubblico circa la provenienza geografica dei prodotti interessati e di trarre vantaggio dall’immagine positiva dei prodotti irlandesi. La ricorrente avrebbe quindi avuto un’intenzione disonesta, avendo deliberatamente depositato il marchio contestato allo scopo di creare un’associazione con l’Irlanda.

93      Alla luce di tutti questi elementi, la commissione di ricorso allargata ha dedotto che la ricorrente era in malafede quando ha depositato il marchio contestato. Di conseguenza, essa ha dichiarato che detto marchio doveva essere dichiarato nullo anche su tale base.

94      In via preliminare, occorre ricordare che dalla giurisprudenza citata al precedente punto 81 risulta che, per stabilire se la ricorrente avesse agito in malafede al momento della domanda di registrazione del marchio contestato, la commissione di ricorso allargata poteva validamente basarsi su elementi di prova successivi alla data di deposito del marchio contestato, in quanto tali elementi costituivano indizi sulla situazione alla data pertinente, e anche sull’uso del marchio contestato successivamente a detto deposito.

95      Nel caso di specie, in primo luogo, quanto all’uso ingannevole del marchio contestato, è pacifico tra le parti che la ricorrente, per decenni, ha venduto burro di origine irlandese con tale marchio nel contesto del suo rapporto contrattuale con l’interveniente, che, una volta cessato tale rapporto, essa ha continuato a vendere prodotti alimentari con detto marchio e che una parte significativa di tali prodotti, compresi i latticini e i salumi, non era di origine irlandese. In ogni caso, la ricorrente non ha sostenuto che tutti i prodotti da essa venduti con il marchio contestato provenissero dall’Irlanda.

96      In altri termini, la ricorrente vendeva prodotti con il marchio contestato anche se una parte non trascurabile di essi non era di origine irlandese e non corrispondeva quindi alla percezione che ne aveva il pubblico di riferimento.

97      Orbene, se è vero che tale circostanza è irrilevante ai fini dell’esame del primo motivo, vertente sul combinato disposto dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009, essa non lo è ai fini dell’esame del secondo motivo, vertente sulla malafede della ricorrente.

98      Infatti, in seguito all’estensione, da parte della ricorrente, dell’uso del marchio contestato a prodotti diversi dal burro di origine irlandese, i consumatori ispanofoni, che costituiscono il pubblico di riferimento, potevano essere indotti in errore circa la provenienza geografica di tali prodotti, poiché erano stati abituati da decenni all’apposizione del marchio contestato sul burro proveniente dall’Irlanda. Un siffatto comportamento costituisce un indizio di malafede in quanto rivela che, al momento del deposito della domanda di marchio contestato, la ricorrente ha indebitamente inteso trasferire il vantaggio derivante dall’associazione con l’Irlanda a prodotti che non avevano tale provenienza geografica, in particolare dopo la cessazione del suo rapporto commerciale con l’interveniente che le forniva burro irlandese.

99      A tale riguardo, le informazioni eventualmente presenti sulle confezioni e sulle etichette dei prodotti venduti dalla ricorrente non sono, in sé, atte a dissipare il rischio di indurre in errore il consumatore. Infatti, essendo riportate in caratteri molto piccoli o sotto forma di codici di identificazione del paese o di numeri relativi ad aspetti sanitari, non è certo che tali informazioni siano sistematicamente rilevate dal pubblico di riferimento.

100    In secondo luogo, per quanto riguarda i procedimenti in cui i marchi recanti l’elemento «la irlandesa» simili a quello di cui trattasi nel caso di specie sono stati annullati o rifiutati dall’EUIPO e dalle autorità giudiziarie e amministrative spagnole negli anni 2000, 2001 e 2002, è vero che essi non possono vincolare il Tribunale e che, in ogni caso, non consentono di determinare se il marchio contestato sia ingannevole ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 207/2009, ma confermano che il marchio contestato poteva essere percepito dal pubblico di riferimento come indicante che i prodotti sui quali era apposto erano di origine irlandese. Essi stanno del pari a indicare che l’uso del marchio contestato per prodotti non aventi origine irlandese è stato oggetto di controversie in merito al suo potenziale carattere ingannevole, circostanza di cui la ricorrente era necessariamente a conoscenza alla data della domanda di registrazione del marchio de quo e pertanto idonea a corroborare l’esistenza della sua malafede a tale data.

101    In terzo e ultimo luogo, la commissione di ricorso allargata ha potuto legittimamente basarsi sugli elementi di prova sottoposti alla sua attenzione, che consentono, in particolare, di stabilire la cronologia degli eventi che hanno caratterizzato il deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, al fine di pervenire alla conclusione che la ricorrente aveva adottato una strategia commerciale di associazione con i marchi recanti l’elemento «la irlandesa», i quali erano collegati al precedente rapporto commerciale della ricorrente con l’interveniente (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2014, Simca, T‑327/12, EU:T:2014:240, punto 63, e del 23 maggio 2019, ANN TAYLOR e AT ANN TAYLOR, T‑3/18 e T‑4/18, EU:T:2019:357, punto 164), al fine di continuare a trarre un vantaggio da tale rapporto cessato e dai marchi ad esso collegati [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2019, Moreira/EUIPO – Da Silva Santos Júnior (NEYMAR), T‑795/17, non pubblicata, EU:T:2019:329, punti da 49 a 51 e 55].

102    Dalle considerazioni che precedono si può dedurre che la registrazione del marchio contestato era contraria alle leali pratiche industriali e commerciali. La commissione di ricorso allargata ha quindi correttamente concluso che la ricorrente ha agito in malafede quando ha chiesto la registrazione del marchio contestato.

103    Nessuno degli argomenti addotti dalla ricorrente è idoneo a rimettere in discussione tale conclusione.

104    Per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente secondo i quali essa ha utilizzato per oltre 40 anni marchi simili registrati a livello europeo o nazionale, contenenti l’elemento «la irlandesa», che sarebbero tuttora validi, e secondo i quali la commissione di ricorso allargata non avrebbe dovuto concentrarsi unicamente su controversie o domande di registrazione respinte, è sufficiente ricordare ancora una volta che, nell’ambito del suo controllo di legittimità, il Tribunale non è vincolato né dalla prassi decisionale dell’EUIPO (v., in tal senso, sentenza del 28 ottobre 2020, FRIGIDAIRE, T‑583/19, non pubblicata, EU:T:2020:511, punto 31 e giurisprudenza ivi citata), né da una decisione adottata a livello di uno Stato membro che ammetta la registrabilità di un segno come marchio nazionale [v., in tal senso, sentenza del 17 novembre 2021, Jakober/EUIPO (Forma di una tazza), T‑658/20, non pubblicata, EU:T:2021:795, punto 41]. Tali argomenti devono pertanto essere respinti.

105    Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la sua malafede non potrebbe essere dedotta dalla cessazione del suo rapporto commerciale con l’interveniente nel 2011, esso deve essere respinto per il motivo che i marchi contenenti l’elemento «la irlandesa», al pari del marchio contestato, erano collegati a tale rapporto e che la cessazione di quest’ultimo costituiva una circostanza rilevante ai fini della valutazione dell’intenzione della ricorrente al momento del deposito del marchio contestato [v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2019, Kuota International/EUIPO – Sintema Sport (K), T‑136/18, non pubblicata, EU:T:2019:265, punto 45]. La ricorrente ha infatti continuato a utilizzare il marchio contestato dopo la cessazione di tale rapporto, per prodotti non provenienti dall’Irlanda, mentre l’origine irlandese dei prodotti costituiva un aspetto fondamentale di detto rapporto e dell’uso iniziale del marchio de quo.

106    Infine, in merito all’addebito rivolto alla commissione di ricorso allargata per aver considerato come indizi di malafede talune caratteristiche del marchio contestato, in particolare i suoi elementi figurativi, il suo colore e il fatto che esso evocasse un’origine geografica, da un lato, occorre ricordare che, come rammentato ai precedenti punti da 24 a 36, la commissione di ricorso allargata ha correttamente concluso che, vedendo il marchio contestato apposto sui prodotti di cui trattasi, i consumatori ispanofoni erano indotti a credere che tali prodotti provenissero dall’Irlanda, tenuto conto delle caratteristiche stesse di tale marchio. D’altro lato, conformemente alla giurisprudenza ricordata al precedente punto 83, la commissione di ricorso allargata doveva tener conto dell’insieme delle circostanze di fatto pertinenti nell’ambito di una valutazione globale del caso di specie e poteva quindi validamente prendere in considerazione, tra tutte queste circostanze, la percezione da parte del pubblico di riferimento del marchio contestato in relazione ai prodotti di cui trattasi.

107    In considerazione di quanto precede, il secondo motivo deve essere respinto.

108    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve concludere che il fatto che il primo motivo sia fondato non incide sulla legittimità della decisione impugnata, dal momento che il secondo motivo, diretto contro il secondo pilastro di tale decisione, è infondato e tale secondo pilastro è, da solo, idoneo a giustificare il dispositivo di detta decisione (v. sentenze del 29 gennaio 2020, ENCANTO, T‑239/19, non pubblicata, EU:T:2020:12, punto 49 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 gennaio 2021, MANUFACTURE PRIM 1949, T‑656/18, non pubblicata, EU:T:2021:17, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

109    Occorre pertanto respingere il ricorso.

 Sulle spese

110    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

111    La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Hijos de Moisés Rodríguez González, SA è condannata alle spese.

Marcoulli

Frimodt Nielsen

Schwarcz

Iliopoulos

 

Norkus

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 giugno 2022.

 

Firme      

 


*      Lingua processuale: l’inglese.