Language of document : ECLI:EU:T:2016:322

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

26 maggio 2016 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi ad una indagine dell’OLAF – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile – Obbligo di procedere a un esame concreto ed individuale – Categoria di documenti»

Nella causa T‑110/15,

International Management Group, con sede a Bruxelles (Belgio), rappresentata inizialmente da M. Burgstaller, solicitor, e E. Wright, barrister, successivamente da A. Tymen et L. Levi, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Baquero Cruz e S. Bartelt, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda, presentata ai sensi dell’articolo 263 TFUE, di annullamento della decisione THOR/C4/LL/el/(S) (2015) 4287 dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), del 6 febbraio 2015, recante il diniego di concedere alla ricorrente l’accesso ai documenti relativi all’indagine cui essa è stata sottoposta,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da D. Gratsias, presidente, M. Kancheva e C. Wetter (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 17 giugno 2014, la ricorrente, International Management Group, è stata informata che l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) conduceva un’indagine su «possibili irregolarità nell’attribuzione di fondi europei [a suo favore], in relazione con la sua natura giuridica, relativamente, tra l’altro, all’applicazione dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee [(GU 2002, L 248, pag. 1)]».

2        Nel contesto dell’indagine dell’OLAF, nella fase della sintesi dei fatti di cui all’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’[OLAF] e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1), ha avuto luogo un colloquio tra l’OLAF e un rappresentante della ricorrente, seguito da scambi di corrispondenza e da una domanda di accesso a certi documenti a cui si faceva riferimento nella detta sintesi dei fatti, accesso che l’OLAF ha negato a termini del regolamento summenzionato.

3        Il 30 ottobre 2014, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), la ricorrente ha chiesto l’accesso ai seguenti documenti:

«a)      tutti i documenti e le informazioni in possesso dell’OLAF collegati all’indagine;

b)      tutti gli altri documenti e informazioni in possesso dell’OLAF relativi [alla ricorrente];

c)      tutta la corrispondenza citata nella “Sintesi dei fatti” contenuta nell’allegato alla lettera [dell’OLAF] del 6 ottobre 2014 o ad essa collegata;

d)      tutta la corrispondenza tra l’OLAF e gli Stati membri coinvolti nell’indagine;

e)      tutti i documenti, rapporti ed informazioni collegati all’indagine forniti agli Stati membri e viceversa, che comprendono:

i)      le presunte “dichiarazioni ufficiali delle autorità (ivi incluse quelle dei ministeri degli Affari esteri) di alcuni Stati” (v. punto 22 del documento [dell’OLAF] intitolato “Sintesi dei fatti”);

ii)       le presunte “informazioni ricevute dalle Nazioni Unite e dalla [DG] ECHO” (v. punti da 23 a 25 del documento [dell’OLAF] intitolato “Sintesi dei fatti”);

f)      tutti i documenti, rapporti e informazioni legati all’indagine forniti alle istituzioni, organismi, uffici e agenzie dell’Unione, nonché alle autorità degli Stati non membri nel periodo che va dal 2008 al 2014».

4        Il 27 novembre 2014, l’OLAF ha rifiutato di accordare alla ricorrente l’accesso a tutti i documenti richiesti sulla base della motivazione che la loro divulgazione avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

5        L’11 dicembre 2014, la ricorrente ha presentato una domanda di conferma di accesso ai documenti richiesti (in prosieguo: la «domanda di conferma»), conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

6        L’indagine dell’OLAF, recante il numero di riferimento OF/2011/1002 e nell’ambito della quale rientrano i documenti menzionati al precedente punto 3 contenuti nella domanda iniziale della ricorrente, alle lettere a) e da c) a f), è stata conclusa il 12 dicembre 2014 e il rapporto finale è stato trasmesso alla Commissione europea dall’OLAF il 15 dicembre 2014.

7        Il 6 febbraio 2015, l’OLAF ha adottato la decisione THOR/C4/LL/el/(S) (2015) 4287 con la quale ha respinto la domanda di conferma (in prosieguo: la «decisione impugnata»), indicando che tutti i documenti richiesti riguardavano o un’indagine in corso o un’indagine conclusa, ma relativamente alla quale non era ancora scaduto il termine ragionevole entro il quale le autorità competenti dell’Unione europea o le autorità nazionali sono tenute a darle seguito, di modo che la loro divulgazione avrebbe potuto arrecare pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle dette indagini.

 Procedimento e conclusioni delle parti

8        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 marzo 2015, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

9        Con separato atto, depositato il medesimo giorno, la ricorrente ha chiesto che il ricorso sia deciso con procedimento accelerato, ai sensi dell’articolo 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.

10      Il 24 aprile 2015, la Commissione ha depositato presso la cancelleria del Tribunale il controricorso.

11      Con decisione del 5 maggio 2015, il Tribunale (Ottava Sezione) ha respinto la domanda di procedimento accelerato.

12      La replica è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 agosto 2015.

13      La controreplica è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 27 ottobre 2015.

14      Il 27 novembre 2015, la cancelleria del Tribunale ha comunicato alle parti la chiusura della fase scritta del procedimento. Le parti non hanno presentato domanda di udienza entro il termine previsto all’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

15      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

16      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

17      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi vertenti, il primo, sulla violazione da parte della Commissione dell’obbligo di motivazione, quando ha invocato una presunzione generale di applicabilità della tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, il secondo, sull’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti richiesti, il terzo, su un difetto di motivazione relativamente alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo e, il quarto, sulla violazione del principio di buona amministrazione.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione da parte della Commissione dell’obbligo di motivazione quando ha invocato una presunzione generale di applicabilità della tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile

18      Con il primo motivo, la ricorrente sostiene che, nell’invocare come fondamento una presunzione generale applicabile ai documenti richiesti, la Commissione non ha rispettato il suo obbligo di motivazione. A tal proposito, la ricorrente ricorda che la ragione che permette di applicare una presunzione generale è che le stesse considerazioni si applicano a documenti dello stesso tipo. Orbene, risulterebbe dalla motivazione esposta nella decisione impugnata che considerazioni diverse si applicherebbero a diversi tipi di documenti. Inoltre, l’indagine in questione sarebbe al momento conclusa. Per di più, l’approccio dell’OLAF che consiste nell’applicare una presunzione generale a tutti i documenti confliggerebbe con l’obiettivo del regolamento n. 1049/2001.

19      Peraltro, nel caso di specie non troverebbe applicazione nessuna presunzione generale, né sotto il profilo della legislazione né sotto quello della giurisprudenza esistente, e sarebbe inoperante l’analogia individuata dalla Commissione con altre presunzioni generali riconosciute dalla giurisprudenza.

20      La Commissione sostiene che gli argomenti della ricorrente sembrano comportare obiezioni di merito che non hanno nessun rapporto con l’obbligo di motivazione. La decisione impugnata sarebbe, infatti, sufficientemente motivata rispetto sia alla giurisprudenza costante in materia d’accesso ai fascicoli d’indagine dell’OLAF, sia all’applicabilità della giurisprudenza relativa alle presunzioni generali «regolamentari» ai documenti contenuti in tali fascicoli. La presunzione generale, applicata recentemente dall’OLAF, si fonderebbe su un’applicazione per analogia della giurisprudenza ormai costante in materia. Secondo la Commissione, i documenti dell’OLAF relativi alle sue indagini sarebbero riconducibili ad un’ipotesi di presunzione generale dello stesso tipo di quella dei casi per i quali una presunzione generale è già stata riconosciuta dalla giurisprudenza. Il riconoscimento di una tale presunzione si giustificherebbe per la necessità di preservare l’effetto utile di assetti normativi settoriali adottati dal legislatore dell’Unione, che escludono un diritto di accesso al fascicolo o proteggono la riservatezza dei documenti contenuti nel fascicolo, al fine di evitare che il regime di accesso pubblico ai documenti serva ad aggirare o a minare le norme settoriali.

21      La Commissione a tal riguardo sostiene che, alla stregua dei casi in materia di diritto della concorrenza, la presunzione generale di non accessibilità deriva dalle disposizioni della normativa settoriale (regolamento n. 883/2013), che prevede norme di riservatezza stringenti per il trattamento delle informazioni ottenute nell’ambito di un’indagine (articolo 10 e, più in generale, articoli da 3 a 16 del detto regolamento) ed esclude un diritto di accesso al fascicolo. Se il pubblico e, in particolare, le persone interessate potessero ottenere l’accesso al fascicolo sulla base del regolamento n. 1049/2001, ciò arrecherebbe immediato pregiudizio alla normativa settoriale e l’efficacia delle indagini ne risulterebbe gravemente compromessa. Inoltre, la riservatezza delle informazioni prevista dal regolamento n. 883/2013 risponderebbe ad un obiettivo molto specifico, vale a dire, da una parte, preservare il buono svolgimento di un’indagine nell’interesse pubblico e, dall’altra parte, proteggere gli interessi legittimi delle persone coinvolte, in modo tale che le informazioni che esse comunicano alla Commissione siano utilizzate esclusivamente ai fini dell’indagine. Infine, la Commissione ritiene che la presunzione generale dovrebbe applicarsi non solamente prima, ma anche dopo la conclusione definitiva dell’indagine e del suo seguito.

22      Occorre, innanzitutto, ricordare la normativa applicabile nel caso di specie, nonché i principi giurisprudenziali elaborati in materia di accesso ai documenti.

23      In primo luogo, in forza dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE e dell’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, secondo i principi e alle condizioni definiti conformemente al detto paragrafo. In particolare, in forza del secondo comma di tale paragrafo, detti principi e condizioni sono stabiliti mediante regolamenti dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea, che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria.

24      In secondo luogo, occorre sottolineare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’attività amministrativa della Commissione non richiede un accesso ai documenti tanto ampio quanto quello riguardante l’attività legislativa di un’istituzione dell’Unione (sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 91; v. anche, in tal senso, sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 60).

25      In terzo luogo, il regolamento n. 1049/2001 mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile (sentenza del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 61). Discende altresì da tale regolamento e in particolare dal suo articolo 4, che prevede un regime di eccezioni in merito, che il diritto di accesso è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato (sentenze del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 62; del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 51, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 61).

26      In quarto luogo, in forza dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni, a meno che un interesse pubblico prevalente giustifichi la divulgazione di un documento, negano l’accesso ad esso nel caso in cui la sua divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, d’indagine e di revisione contabile.

27      In quinto luogo, è vero che, secondo una giurisprudenza ben consolidata della Corte, per giustificare il diniego di accesso a un documento di cui è stata chiesta la divulgazione non basta, in linea di principio, che tale documento riguardi un’attività fra quelle menzionate all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001. L’istituzione interessata deve anche spiegare come l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista in tale articolo (sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 49, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 64).

28      Tuttavia la Corte ha riconosciuto che l’istituzione dell’Unione interessata può basarsi, al riguardo, su presunzioni di carattere generale che si applicano a determinate categorie di documenti, in quanto a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura possono applicarsi considerazioni di ordine generale analoghe (sentenza del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 50; v. anche sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

29      Così, la Corte ha riconosciuto l’esistenza di presunzioni generali di diniego di accesso a documenti in cinque ipotesi, ossia per quanto riguarda i documenti del fascicolo amministrativo attinenti a un procedimento di controllo degli aiuti di Stato (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 61), i documenti scambiati tra la Commissione e le parti notificanti o terzi nell’ambito di un procedimento di controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 123, e Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 64), le memorie depositate da un’istituzione nell’ambito di un procedimento giurisdizionale (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 94), i documenti afferenti a un procedimento per inadempimento nella sua fase precontenziosa (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 65), nonché i documenti contenuti in un fascicolo relativo a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE (sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 93).

30      Il Tribunale ha riconosciuto l’esistenza di presunzioni generali in quattro ipotesi supplementari, ossia per quanto riguarda le offerte dei partecipanti a una procedura di appalto pubblico in caso di domanda di accesso formulata da un altro offerente (sentenza del 29 gennaio 2013, Cosepuri/EFSA, T‑339/10 e T‑532/10, EU:T:2013:38, punto 101), i documenti relativi a un procedimento cosiddetto «EU Pilot» (sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑306/12, in fase di impugnazione, EU:T:2014:816, punto 63), i documenti trasmessi a norma dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), dalle autorità nazionali garanti della concorrenza alla Commissione (sentenza del 12 maggio 2015, Unión de Almacenistas de Hierros de España/Commissione, T‑623/13, EU:T:2015:268, punto 64), nonché i documenti predisposti nell’ambito della preparazione da parte della Commissione di una valutazione d’impatto finalizzata all’elaborazione di una proposta politica (sentenza del 13 novembre 2015, ClientEarth/Commissione, T‑424/14 e T‑425/14, in fase di impugnazione, EU:T:2015:848, punto 97).

31      Nonostante il fatto che, nella maggior parte delle cause menzionate al precedente punto 29, la Corte abbia esaminato i rapporti tra il regolamento n. 1049/2001 e un’altra normativa relativa ad un regime specifico di accessibilità e ne abbia concluso che si doveva garantire un’applicazione coerente di ciascuno di tali regolamenti, risulta nondimeno da tale giurisprudenza che il rapporto tra due regolamenti non è il solo criterio per giustificare l’applicazione di tali presunzioni generali.

32      Dalla giurisprudenza citata al precedente punto 29 emerge infatti che la ratio legis sottesa all’applicazione di tali presunzioni generali sarebbe collegata alla necessità imperativa di assicurare il corretto funzionamento delle procedure in questione e di garantire che i loro obiettivi non siano compromessi. Quindi, il riconoscimento di una presunzione generale può trovare fondamento nell’incompatibilità dell’accesso ai documenti di taluni procedimenti con il buono svolgimento degli stessi e nel rischio di un pregiudizio ai medesimi, posto che le presunzioni generali consentono di preservare l’integrità dello svolgimento del procedimento limitando l’ingerenza dei terzi (v., in tal senso, sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑306/12, in fase di impugnazione, EU:T:2014:816, punti 57 e 58 e conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nelle cause riunite LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:528, paragrafi 66, 68, 74 e 76). L’applicazione di norme ad hoc previste da un atto giuridico relativo a un procedimento svolto dinanzi a un’istituzione dell’Unione, per le cui esigenze sono stati prodotti i documenti richiesti, è uno dei criteri atti a giustificare il riconoscimento di una presunzione generale (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, McCullough/Cedefop, T‑496/13, non pubblicata, EU:T:2015:374, punto 91 e giurisprudenza ivi citata, e conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:325, paragrafo 75).

33      Orbene, il ragionamento seguito dalla Corte nelle cause citate deve trovare applicazione anche nelle attività d’indagine dell’OLAF. In altri termini, un accesso generalizzato, sulla base del regolamento n. 1049/2001, ai documenti contenuti nel fascicolo dell’OLAF, allorché la procedura d’indagine dell’OLAF è ancora in corso, arrecherebbe in linea di principio pregiudizio al buono svolgimento dell’indagine. Lo stesso vale se l’indagine è appena stata conclusa dall’OLAF (v. punto 35 infra).

34      Si deve constatare, a tal riguardo, che la procedura d’indagine dell’OLAF ricade anche nell’ambito di norme specifiche in materia di accesso alle informazioni ottenute o accertate nel quadro di una simile procedura e di trattamento di tali informazioni. Ai sensi del regolamento n. 883/2013 relativo alle indagini dell’OLAF, quest’ultimo è legalmente obbligato a trattare le informazioni che ottiene nel corso delle sue indagini come informazioni riservate e coperte dal segreto professionale, ai sensi dell’articolo 10 del suddetto regolamento. Si deve parimenti osservare che, per una persona sottoposta ad un’indagine dell’OLAF, fatto salvo il suo diritto di ricevere il resoconto del suo colloquio con l’OLAF (al fine di approvarlo o di apporvi osservazioni), conformemente all’articolo 9 del suddetto regolamento, non è previso alcun accesso ai documenti. Infatti, un accesso ai fascicoli dell’OLAF avviene effettivamente nel corso di una procedura che si svolge di seguito. La raccomandazione finale dell’OLAF sarà sottoposta alle competenti autorità dell’Unione o alle autorità nazionali. Se tali autorità hanno intenzione di adottare una sanzione nei confronti di una persona interessata dall’indagine, nel caso di specie la ricorrente, dovranno darle la possibilità di esercitare i suoi diritti della difesa in conformità alla procedura amministrativa o penale applicabile.

35      Inoltre, per quanto riguarda l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 sulla tutela delle attività ispettive, risulta dalla giurisprudenza che la tutela delle indagini dell’OLAF si estende al seguito di tale indagini se tali attività sono state proseguite entro un termine ragionevole (v., in tal senso, sentenza de 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punti da 108 a 113). Infatti, secondo tale giurisprudenza, se il termine ragionevole per decidere il seguito da dare alle informazioni trasmesse dall’OLAF alle autorità competenti non è ancora scaduto, accordare un accesso, anche parziale, al fascicolo dell’indagine dell’OLAF potrebbe compromettere l’utilizzazione effettiva di tali elementi da parte delle autorità nazionali, dato che le persone sospettate di irregolarità potrebbero agire in maniera tale da impedire il buono svolgimento dei diversi procedimenti o indagini che tali autorità potrebbero decidere di intraprendere. Allo stesso modo, è opportuno sottolineare che le indagini dell’OLAF, nonché le eventuali procedure successive, dipendono dalla disponibilità degli informatori e dei testimoni a fornire informazioni. La prospettiva di vedere le loro informazioni, spiegazioni o ipotesi divulgate potrebbe spingerli a censurare le informazioni che trasmettono o a trattenere informazioni sensibili, circostanza che pregiudicherebbe l’efficacia della politica dell’Unione in materia di lotta alla frode.

36      In sintesi, il quadro legislativo applicabile all’OLAF esclude, in via di principio, un diritto di accesso al fascicolo dell’OLAF da parte delle persone interessate. È soltanto se le autorità destinatarie del rapporto finale hanno intenzione di adottare atti che arrecano pregiudizio alle persone interessate che tali autorità dovrebbero, in conformità con le norme procedurali loro applicabili, dare accesso al rapporto finale dell’OLAF per permettere a tali persone di esercitare i loro diritti della difesa. Di conseguenza, concedere al pubblico l’accesso ai fascicoli dell’OLAF o ai rapporti finali dell’OLAF perturberebbe gravemente il regime istituito dal regolamento n. 883/2013.

37      Risulta dall’insieme delle precedenti considerazioni che, nell’interpretare l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, si deve riconoscere la sussistenza della presunzione generale in base alla quale la divulgazione dei documenti del fascicolo amministrativo pregiudicherebbe, in linea di principio, la tutela degli obiettivi delle attività di indagine dell’OLAF.

38      Tuttavia, tale presunzione generale non esclude il diritto per i detti interessati di dimostrare che un dato documento di cui viene chiesta la divulgazione non rientra nella detta presunzione o che sussiste un interesse pubblico prevalente atto a giustificare la divulgazione del documento in questione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 (sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 62, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 100).

39      Per contro, l’esigenza di verificare se la presunzione generale in questione sia realmente applicabile non può essere interpretata nel senso che l’istituzione interessata dovrebbe esaminare singolarmente tutti i documenti richiesti nel caso di specie. Una simile esigenza priverebbe detta presunzione generale del suo effetto utile, vale a dire consentire all’istituzione interessata di rispondere ad una domanda di accesso globale in modo altrettanto globale (sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 68, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 101).

40      È alla luce dei principi giurisprudenziali testé ricordati che si deve esaminare se l’OLAF sia incorso in un errore di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

41      Nel caso di specie, occorre indicare che è pacifico che la domanda di accesso presentata dalla ricorrente riguarda documenti relativi a indagini dell’OLAF.

42      Risulta dalla decisione impugnata, senza che ciò sia contestato dalla ricorrente, che i documenti menzionati al precedente punto 3 e contenuti nella domanda iniziale della ricorrente, alle lettere a) e da c) a f), fanno parte dell’indagine dell’OLAF OF/2011/1002 nei confronti della ricorrente, indagine conclusasi il 12 dicembre 2014, e che i documenti contenuti nella domanda iniziale della ricorrente, alla lettera b), riguardano numerose indagini ancora in corso.

43      L’OLAF ha desunto dal fatto che l’indagine OF/2011/1002 sia stata conclusa il 12 dicembre 2014 e sulla base della giurisprudenza secondo cui i documenti relativi alle indagini restano coperti dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, nel caso in cui indagini specifiche concluse abbiano condotto alla redazione di rapporti finali ma un termine ragionevole per il seguito della procedura non sia ancora scaduto, che tale termine per decidere il seguito da dare alle informazioni che esso aveva trasmesso all’autorità competente non fosse, nel caso di specie, ancora scaduto. L’OLAF ha anche spiegato che i documenti erano protetti da una presunzione generale, la quale si applicava sia prima sia dopo la conclusione di un’indagine, invocando la necessità di tutelare la riservatezza delle informazioni e di assicurarsi la cooperazione degli informatori. A tal riguardo, esso ha affermato che tanto le indagini quanto le procedure che danno seguito alle stesse dipendevano ampiamente dalle informazioni fornite da informatori terzi e da testimoni nonché dalla loro volontà di fornire tali informazioni e che, se tali informazioni non fossero state protette dalla riservatezza, la disponibilità delle dette parti a contribuire all’indagine sarebbe stata rimessa in questione. In questo stesso contesto, ha precisato le norme settoriali ad hoc esistenti che regolano le inchieste effettuate dall’OLAF e gli obblighi di riservatezza, come l’articolo 10 del regolamento n. 883/2013.

44      In virtù dei principi giurisprudenziali precedentemente richiamati, si deve considerare che l’OLAF ha applicato a giusto titolo una presunzione generale di riservatezza dei documenti relativi alle sue indagini.

45      Al riguardo, non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui una tale presunzione non potrebbe applicarsi ai documenti relativi ad un procedimento d’indagine concluso.

46      Come è stato già precedentemente rilevato, dopo che l’OLAF ha terminato la sua indagine e redatto il suo rapporto finale, l’autorità competente deve ancora decidere in ordine al seguito della procedura. Pertanto, la presunzione generale si applica anche ad una procedura che è già conclusa, visto che gli interessi pubblici tutelati possono essere lesi anche dopo la conclusione della procedura dell’OLAF.

47      Peraltro, occorre constatare che, dato che l’indagine era stata conclusa il 12 dicembre 2014 e il rapporto finale era stato trasmesso dall’OLAF alla Commissione il 15 dicembre 2014, conformemente all’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2013, un termine ragionevole per il seguito della procedura, come rilevato a giusto titolo dall’OLAF nella decisione impugnata, non era ancora scaduto al momento dell’adozione della detta decisione.

48      Allo stesso modo, la ricorrente non può trarre alcun argomento dalla causa che ha dato luogo alla sentenza del 21 maggio 2014, Catinis/Commissione (T‑447/11, EU:T:2014:267), per invocare il fatto che non è applicabile una presunzione generale e che, per questa ragione, l’OLAF non è dispensato dal suo obbligo di motivazione. Nella causa summenzionata, l’OLAF non aveva invocato la presunzione generale di non accessibilità, ma aveva effettuato un esame individuale e concreto dei documenti richiesti. Conseguentemente, il Tribunale non ha esaminato se una tale presunzione trovasse applicazione.

49      Infine, sono privi di pertinenza l’argomento secondo cui la proposta formulata nel 2008 dalla Commissione, relativa ad una revisione del regolamento n. 1049/2001, «era volta ad includere presunzioni generali di non accessibilità», senza alcun riferimento alle funzioni ispettive dell’OLAF, come anche l’argomento secondo cui la richiesta della Commissione al Tribunale di riconoscere una presunzione generale applicabile ai fascicoli dell’OLAF equivarrebbe, per la Commissione, a domandare al Tribunale di infrangere l’articolo 17, paragrafo 2, TUE, che attribuisce alla Commissione il potere di elaborare proposte legislative, e l’articolo 14 TUE, che conferisce al Parlamento e al Consiglio funzioni legislative. In materia di accesso ai documenti, l’applicazione di una presunzione generale è stata convalidata dalla giurisprudenza in numerosi ambiti senza che la legalità di una tale presunzione fosse rimessa in discussione alla luce dell’articolo 14 TUE e dell’articolo 17, paragrafo 2, TUE. Non vi è dunque ragione di affermare che applicare per estrapolazione tale presunzione ai fascicoli d’indagine dell’OLAF potrebbe creare difficoltà a tal riguardo. In ogni caso, la proposta della Commissione non è stata adottata.

50      Per concludere, per quanto riguarda la presunta violazione dell’obbligo di motivazione, come prevista dall’articolo 296 TFUE, e alla luce dei principi enunciati dalla giurisprudenza richiamati ai precedenti punti da 23 a 40, si deve concludere, come risulta parimenti dal precedente punto 43, che l’OLAF ha agito conformemente al suddetto obbligo.

 Sul secondo motivo, vertente sulla sussistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti

51      Nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente sostiene che esiste un interesse prevalente che giustifica la divulgazione dei documenti richiesti, dato che essi sono stati diffusi presso terzi, ivi inclusi terzi non autorizzati, come il giornale tedesco Der Spiegel. La sussistenza di un’indagine interna circa la divulgazione presso terzi non autorizzati non sarebbe sufficiente ad esonerare la Commissione dalla responsabilità per le fughe di notizie. Secondo la ricorrente, l’accesso ai documenti richiesti le sarebbe necessario per darle gli strumenti per confutare le accuse estremamente gravi che le sono state rivolte, in particolare da Der Spiegel. La ricorrente avrebbe un legittimo interesse a che le fosse permesso di difendersi, anche pubblicamente. Infatti, una tale difesa, che ristabilirebbe l’equilibrio nell’esercizio delle funzioni investigative dell’OLAF, sarebbe possibile soltanto attraverso i documenti che sono rimasti finora inaccessibili alla ricorrente.

52      Innanzitutto, la Commissione adduce che la divulgazione del rapporto finale dell’OLAF sarebbe dovuta ad una fuga di notizie non autorizzata, a proposito della quale è stata aperta un’indagine. Una tale fuga non autorizzata costituisce un elemento fattuale che non può influire sulla valutazione della sussistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti richiesti. Inoltre, la Commissione avanza la tesi che la ricorrente ha un interesse puramente privato a tale divulgazione, in qualità di persona sottoposta all’indagine dell’OLAF. Tale tipo di interesse personale, non condiviso da altri cittadini, non può costituire un interesse pubblico prevalente, ai sensi del regolamento n. 1049/2001. Infine, la Commissione ricorda che spetta alla ricorrente dimostrare che esiste un interesse superiore alla divulgazione dei documenti richiesti. Orbene, al di là di un riferimento vago e generale ai diritti della difesa della ricorrente, la domanda di conferma non conterrebbe quasi nulla a proposito della sussistenza di un interesse pubblico prevalente alla detta divulgazione che sia tale da neutralizzare la presunzione generale di non accessibilità. Nella controreplica, la Commissione aggiunge che la necessità di difendersi contro «accuse gravi» formulate dalla stampa costituisce anch’esso un interesse puramente privato e non un interesse pubblico prevalente.

53      Va rammentato che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’applicazione dell’eccezione da esso sancita è esclusa se la divulgazione del documento in questione è giustificata da un interesse pubblico prevalente.

54      Occorre notare che, per quanto riguarda la necessità di ottenere la divulgazione dei documenti richiesti a titolo dell’interesse superiore al fine di essere in grado di difendersi meglio contro le accuse formulate in seguito alla pubblicazione di un articolo nel giornale Der Spiegel, un siffatto argomento non dimostra di per sé la sussistenza di un interesse pubblico che giustifichi la divulgazione dei documenti richiesti e idoneo a prevalere sulla protezione della riservatezza, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. Tenuto conto del principio generale di accesso ai documenti sancito all’articolo 15 TFUE e ai considerando 1 e 2 del regolamento n. 1049/2001, tale interesse deve presentare un carattere oggettivo e generale e non può essere confuso con interessi individuali o privati.

55      Infatti, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, titolare del diritto di accesso ai documenti delle istituzioni è «qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro». Di conseguenza questo regolamento è volto a garantire l’accesso di tutti ai documenti pubblici e non solamente l’accesso del richiedente ai documenti che lo riguardano (sentenza del 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03, EU:T:2005:143, punto 50).

56      Pertanto, l’interesse individuale invocabile da un soggetto che chieda l’accesso a un documento che lo riguardi personalmente non può essere generalmente decisivo nell’ambito tanto della valutazione della sussistenza di un interesse pubblico prevalente quanto della ponderazione degli interessi di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenze del 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03, EU:T:2005:143, punto 52; del 20 marzo 2014, Reagens/Commissione, T‑181/10, EU:T:2014:139, punto 144, e del 21 maggio 2014, Catinis/Commissione, T‑447/11, EU:T:2014:267, punti da 61 a 64).

57      Quindi, anche volendo ipotizzare che i documenti richiesti si rivelino necessari alla difesa della ricorrente nell’ambito di un ricorso, questione che rientra nell’ambito dell’esame di tale ricorso, detta circostanza è irrilevante per valutare la ponderazione degli interessi pubblici. Lo stesso vale per l’argomento secondo cui l’accesso ai documenti richiesti sarebbe necessario per permettere alla ricorrente di difendersi meglio contro le accuse pubblicate dalla stampa tedesca.

58      Orbene, è giocoforza constatare che, a parte tali interessi privati, uno dei quali è invocato nell’ambito della domanda di conferma e riguarda il rispetto dei diritti della difesa nell’indagine dell’OLAF, mentre l’altro, invocato nel quadro della presente causa, riguarda l’interesse della ricorrente a meglio difendersi contro le accuse pubblicate nel Der Spiegel, la ricorrente non ha dedotto altri argomenti che giustifichino un interesse pubblico prevalente.

59      Del resto, il semplice fatto che una parte di un fascicolo riservato dell’OLAF possa esser stata divulgata in maniera illecita non giustifica, di per sé, una deroga a favore della persona interessata rispetto alle regole di riservatezza che si applicano al fascicolo d’indagine dell’OLAF (v., in tal senso, ordinanza del 18 dicembre 2003, Gómez-Reino/Commissione, T‑215/02, EU:T:2003:352, punto 65).

60      Pertanto, in base alle suesposte considerazioni, il secondo motivo non può essere accolto.

 Sul terzo motivo, vertente sul difetto di motivazione relativamente alla tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo

61      Con riguardo al terzo motivo, la ricorrente ritiene che sia poco probabile, considerata la natura dei documenti in questione, che la tutela della vita privata e dell’integrità dell’individuo sia minacciata. Inoltre, l’OLAF non avrebbe spiegato perché non potrebbe accordare un accesso parziale ai documenti richiesti, nel rispetto della vita privata e dell’integrità dei dati personali individuali.

62      La Commissione replica che il punto della decisione impugnata dedicato alla tutela dei dati personali è stato aggiunto per completezza, poiché i documenti richiesti contenevano anche dei dati che erano protetti in virtù di un’eccezione diversa. Ciononostante, dato che la decisione impugnata si basava principalmente sull’applicazione di una presunzione generale, come risulta dal punto della detta decisione che precede quello dedicato alla tutela dei dati personali, che permette di non divulgare l’insieme dei documenti richiesti e di non tentare di determinare se debba essere accordato un accesso parziale, questo motivo sarebbe inoperante.

63      Nel caso di specie, si deve constatare, alla stregua della Commissione, che, essendo la decisione impugnata già legalmente fondata sulla motivazione che essa contiene e che è relativa all’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, il presente motivo deve essere respinto, essendo in ogni caso inoperante.

 Sul quarto motivo, relativo alla violazione del principio di buona amministrazione

64      La ricorrente ritiene che l’OLAF, non avendo esaminato, in sede di adozione della decisione impugnata, tutti gli aspetti rilevanti del caso e avendo invocato l’asserita sussistenza di una presunzione generale al momento dell’adozione della decisione impugnata, abbia violato il principio di buona amministrazione sancito all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali. Il principio di buona amministrazione sarebbe stato violato anche a causa della divulgazione del rapporto finale dell’OLAF a varie persone, ivi compresi l’autore dell’articolo apparso in Der Spiegel e un deputato europeo. Il diniego di accesso ai documenti richiesti, che permetterebbe alla ricorrente di difendersi contro le accuse formulate da terzi sulla base dei documenti ottenuti attraverso le fughe di notizie, è parimenti ingiusto.

65      La Commissione replica che l’OLAF ha preso in considerazione tutti gli aspetti che doveva esaminare per emettere la sua decisione e ha fornito la motivazione necessaria a tal fine, sulla base della sussistenza di una presunzione generale riguardante i documenti relativi alle sue attività d’indagine. Conseguentemente, la Commissione non vede in quale modo il principio di buona amministrazione sarebbe stato violato. Essa ricorda ancora una volta che la presunta divulgazione del rapporto finale dell’OLAF a varie persone, ammesso che abbia avuto luogo, sarebbe dovuta ad una fuga di notizie non autorizzata e che un’indagine è in corso sulle circostanze di tale fuga.

66      Occorre rilevare che, applicando una presunzione generale, l’OLAF non ha violato il principio di buona amministrazione. Come è stato già constatato nell’ambito del primo motivo, l’OLAF ha spiegato, nella decisione impugnata, la ragione per cui sarebbe applicabile una presunzione, che si estenderebbe a tutti i documenti relativi all’inchiesta al fine di tutelare l’integrità delle norme settoriali specifiche adottate dal legislatore dell’Unione per quanto riguarda le sue attività.

67      Il fatto che vi sarebbe stata una fuga non autorizzata di notizie protette dall’articolo 10 del regolamento n. 883/2013 non implica che il rapporto finale dell’OLAF sia stato divulgato e sia divenuto di dominio pubblico ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

68      Inoltre, anche se è deplorevole che una fuga abbia permesso alla stampa tedesca di impossessarsi di informazioni riservate, questo non giustifica di per sé la divulgazione dei documenti richiesti nell’ambito di una procedura ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

69      Pertanto, anche il quarto motivo deve essere respinto, così come, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme.

 Sulle spese

70      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alle conclusioni della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La International Management Group è condannata alle spese.

Gratsias

Kancheva

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 maggio 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.