Language of document : ECLI:EU:T:2021:523

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

1o settembre 2021 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo the DoubleF – Marchio dell’Unione europea denominativo anteriore THE DOUBLE – Impedimento alla registrazione relativo – Rischio di confusione – Pubblico di riferimento – Somiglianza tra i prodotti – Somiglianza tra i segni – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T‑23/20,

FF IP Srl, con sede a Mantova (Italia), rappresentata da M. Locatelli, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M. Capostagno, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale:

Seven SpA, con sede a Leinì (Italia), rappresentata da D. Sindico e E. Tonello, avvocati,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 31 ottobre 2019 (procedimento R 2588/2018-1), relativa a un procedimento di opposizione tra la Seven e la FF IP,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, Z. Csehi (relatore) e G. Steinfatt, giudici,

cancelliere: A. Juhász-Tóth, amministratrice

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 gennaio 2020,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 aprile 2020,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 aprile 2020

in seguito all’udienza del 18 maggio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 25 agosto 2016 l’EFFEGI Srl ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo:

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3        I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano, segnatamente, nelle classi 18 e 35 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna delle suddette classi, alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni, bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria; abiti per animali; anelli per ombrelli; arcioni di selle; articoli da selleria; astucci per chiavi; attacchi per selle; bandoliere in cuoio; bardature; bastoni da montagna; bastoni da passeggio; bastoni per ombrelli; bauletti destinati a contenere articoli da toilette; bauli; bauli da viaggio; borse; borse a tracolla per portare bambini; borse da sport; borse lavorate a maglia; borse vuote per i ferri; borsellini; borsette; borsette da viaggio in pelle; briglie; carnieri; cartelle, buste di pelle; cartelle scolastiche; cartone-cuoio; casse in cuoio o in cartone cuoio; cavezze; cinghie di cuoio; collari per animali; collari per cavalli; coperte in pelle; coperte per cavalli; cordoni in cuoio; corregge in cuoio; corregge per finimenti; corregge per pattini; cuoio grezzo o semilavorato; ferri di cavallo; fili di cuoio; finta pelle; foderi per ombrelli; fruste; ginocchiere per cavalli; guaine per molle in cuoio; gualdrappe da selle per cavalli; guarnizioni in cuoio per mobili; guarnizioni per bardatura; guinzagli; imitazioni di cuoio; impugnature per bastoni da passeggio; impugnature per ombrelli; maniglie per valigie; marsupi per portare i bambini; marsupi porta bebé; morsi per cavalli in cuoio; museruole; ombrelli da sole; paraocchi per cavalli; parapioggia; pelli d’animali; pelli rifinite; pelli scamosciate diverse da quelle per pulire; pellicce (pelli di animali); pellicola d’intestini; pezzi di caucciù per staffe; portafogli; redini; reti per la spesa; rivestimenti in pelle per mobili; sacche; sacchetti; sacchi in cuoio per imballaggio; sacchi da campeggiatori; sacchi da spiaggia; sacchi da viaggio; sacchi per alpinisti; sacchi per provviste; scatole in cuoio o in cartone cuoio; scatole in fibre vulcanizzate; scatole per cappelli in cuoio; schiene di pelli conciate; sedili a bastone; selle per cavalli; staffe; staffili; stecche di balena per ombrelli o ombrelloni; telai di ombrelli o ombrelloni; telai per borse a mano; valigie, valigette, valigette per documenti; valigie-fodera per vestiti per il viaggio; valvole in cuoio; zaini».

–        classe 35: «Servizi di commercio elettronico tramite sito web di e-commerce di prodotti di pelletteria, borse, bauli, valigie, ombrelli, prodotti e accessori per animali e per il loro trasporto; servizi che comportano la selezione per la vendita, per conto terzi, di articoli di pelletteria, borse, bauli, valigie, ombrelli, prodotti e accessori per animali e per il loro trasporto; servizi di vendita tramite punti vendita al dettaglio e all’ingrosso di prodotti di pelletteria e borse; cataloghi di vendita per corrispondenza oppure tramite mezzi elettronici quali siti web di prodotti di pelletteria e borse».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea n. 18/2017, del 27 gennaio 2017.

5        Il 27 aprile 2017 la Seven SpA, interveniente, ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (divenuto articolo 46 del regolamento 2017/1001), alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e i servizi di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione si fondava sul marchio dell’Unione europea denominativo anteriore THE DOUBLE, depositato il 16 luglio 2008 e registrato il 28 gennaio 2009 con il numero 7070981 per i prodotti rientranti nella classe 18 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria; valigette per documenti; zaini; borse da sport; bandoliere in cuoio; sacchi da spiaggia; cartelle, buste in pelle; porta carte [portafogli]; borse lavorate a maglia; abiti per animali; collari per animali; coperte per cani; collari per cani; carnieri; telai per borse a mano; borsette; sacche; bandoliere in cuoio; bandoliere in cuoio; porta musica; museruole; reti per la spesa; portafogli; borsellini; zaini; cartelle scolastiche; cartelle scolastiche; borse per la spesa; bandoliere [corregge] in cuoio; imbracature a tracolla per portare neonati; corregge per pattini; maniglie per valigie; bauletti destinati a contenere articoli da toilette; borse della spesa con rotelle».

7        Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello previsto all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 come modificato [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001].

8        Il 19 luglio 2017 la domanda di marchio è stata trasferita alla ricorrente, la FF IP Srl.

9        Il 19 gennaio 2018 la ricorrente ha chiesto che l’interveniente fornisse la prova dell’uso del marchio anteriore ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001.

10      Il 26 marzo 2018 l’interveniente ha presentato prove dell’uso.

11      Il 29 ottobre 2018 la divisione di opposizione ha esaminato le prove dell’uso presentate e ha concluso che era stato dimostrato l’uso effettivo del marchio anteriore per i seguenti prodotti della classe 18: «zaini, cartelle scolastiche, borse, borse a tracolla». Essa ha quindi accolto parzialmente l’opposizione per taluni prodotti della classe 18 e per taluni servizi della classe 35 e ha accolto la domanda di registrazione del marchio richiesto per i restanti prodotti e servizi compresi nelle medesime classi.

12      Il 28 dicembre 2018 la ricorrente ha proposto ricorso presso l’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, avverso la decisione della divisione di opposizione.

13      Con decisione del 31 ottobre 2019 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso ha respinto il ricorso.

14      La commissione di ricorso ha, innanzi tutto, spiegato che il ricorso riguardava solo i prodotti e servizi per i quali l’opposizione era stata dichiarata fondata dalla divisione di opposizione, ossia i prodotti e i servizi delle classi 18 e 35 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Bauli e valigie, astucci per chiavi; bandoliere in cuoio; bauletti destinati a contenere articoli da toilette; bauli; bauli da viaggio; borse; borse da sport; borse lavorate a maglia; borse vuote per i ferri; borsellini; borsette; borsette da viaggio in pelle; carnieri; cartelle, buste di pelle; cartelle scolastiche; portafogli; sacche; sacchetti; sacchi in cuoio per imballaggio; sacchi da campeggiatori; sacchi da spiaggia; sacchi da viaggio; sacchi per alpinisti; sacchi per provviste; valigie; valigette; valigette per documenti; valigie fodera per vestiti per il viaggio; zaini»;

–        classe 35: «Servizi di commercio elettronico tramite sito web di e‑commerce di prodotti di pelletteria, borse; servizi che comportano la selezione per la vendita, per conto terzi, di articoli di pelletteria, borse; servizi di vendita tramite punti vendita al dettaglio e all’ingrosso di prodotti di pelletteria e borse; cataloghi di vendita per corrispondenza oppure tramite mezzi elettronici quali siti web di prodotti di pelletteria e borse».

15      Per quanto riguarda la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, la commissione di ricorso ha confermato la conclusione della divisione di opposizione secondo cui il marchio anteriore era stato utilizzato solo per una parte dei prodotti per i quali era stato registrato, vale a dire «zaini, cartelle scolastiche, borse e borse a tracolla», rientranti nella classe 18.

16      Per quel che riguarda la valutazione del rischio di confusione, la commissione di ricorso ha ritenuto, in primo luogo, che i servizi e i prodotti fossero destinati sia al grande pubblico avente un grado medio di attenzione sia, per quanto riguarda i servizi di commercializzazione all’ingrosso della classe 35, ai professionisti dotati di un grado di attenzione più elevato data la loro professionalità. Essa ha inoltre sottolineato che il territorio da prendere in considerazione era l’Unione europea, posto che il marchio anteriore era un marchio dell’Unione europea. In secondo luogo, i prodotti contestati sono stati considerati identici o altamente simili o simili in grado minore ai prodotti per i quali il marchio anteriore doveva ritenersi registrato. I servizi contestati sono stati considerati complementari ai prodotti per i quali il marchio anteriore doveva ritenersi registrato, e quindi simili a tali prodotti. In terzo luogo, i marchi in conflitto sono stati considerati simili in grado elevato sul piano visivo e simili in grado elevato, se non maggiore, sul piano fonetico. Sul piano concettuale, i marchi in conflitto sono stati considerati simili in grado molto elevato, giungendo quasi all’identità. In quarto luogo, al marchio anteriore è stato attribuito un grado di capacità distintiva «medio-basso» o medio. In quinto luogo, tenuto conto degli elementi sopra elencati, e di un grado di attenzione del pubblico di riferimento che poteva essere definito medio, la commissione di ricorso ha ritenuto che le differenze tra i segni, anche se notate dal pubblico di riferimento, non bastassero ad escludere la sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.

 Conclusioni delle parti

17      Nel ricorso, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        dichiarare il marchio richiesto registrabile come marchio dell’Unione europea per tutti i prodotti delle classi 18 e 35 come indicati nella domanda di registrazione n. 15780001;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

18      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

19      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        confermare la decisione impugnata e, di conseguenza, rifiutare la registrazione del marchio richiesto per i prodotti della classe 18 e i servizi della classe 35;

–        condannare la ricorrente alle spese.

20      In udienza, la ricorrente ha rinunciato al secondo capo delle sue conclusioni e agli allegati 9 e 10 del ricorso, circostanza di cui è stato preso atto nel verbale d’udienza.

 In diritto

 Sul secondo capo delle conclusioni dell’interveniente

21      Nel secondo capo delle sue conclusioni, l’interveniente chiede al Tribunale di confermare la decisione impugnata. Ora, occorre rilevare che il capo delle conclusioni diretto alla conferma della decisione impugnata equivale a chiedere il rigetto del ricorso e coincide con quest’ultimo capo delle conclusioni [v. sentenza del 17 gennaio 2018, Deichmann/EUIPO – Munich (Raffigurazione di una croce sul lato di una calzatura sportiva), T‑68/16, EU:T:2018:7, punto 21 e giurisprudenza ivi citata].

22      In tale secondo capo delle conclusioni, l’interveniente chiede altresì al Tribunale di rifiutare la registrazione del marchio richiesto per i prodotti della classe 18 e per i servizi della classe 35 indicati nella domanda di registrazione.

23      Occorre rilevare che, con tale domanda, l’interveniente chiede che il Tribunale riformi la decisione impugnata nel senso che il marchio richiesto non sia registrato.

24      A tal riguardo, è vero che il Tribunale è competente, in forza dell’articolo 72, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, a riformare la decisione della commissione di ricorso. Ciò premesso, tale potere di riforma ha ad oggetto l’adozione, da parte del Tribunale, della decisione che la commissione di ricorso, in conformità alle disposizioni del regolamento 2017/1001, avrebbe dovuto emettere, con la conseguenza che la ricevibilità di una domanda di riforma deve essere valutata alla luce delle competenze conferite alla predetta commissione di ricorso [v. sentenza del 18 ottobre 2016, Raimund Schmitt Verpachtungsgesellschaft/EUIPO (Brauwelt), T‑56/15, EU:T:2016:618, punto 12 e giurisprudenza ivi citata]. Ora, occorre rilevare che, in sede di ricorso contro decisioni dell’esaminatore o della divisione di opposizione, ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001, una commissione di ricorso può essere chiamata a pronunciarsi, alla luce delle competenze conferitele dall’articolo 71, paragrafo 1, dello stesso regolamento, solamente su talune delle condizioni di registrazione del marchio dell’Unione europea, vale a dire o sulla conformità della domanda di registrazione alle disposizioni di detto regolamento o sull’esito dell’opposizione di cui la domanda può costituire oggetto [ordinanza del 30 giugno 2009, Securvita/UAMI (Natur-Aktien-Index), T‑285/08, EU:T:2009:230, punto 21].

25      La commissione di ricorso, di conseguenza, non è competente a esaminare una domanda con cui si chiede che essa escluda dalla registrazione un marchio dell’Unione europea. Pertanto, non spetta nemmeno al Tribunale esaminare una domanda di riforma della decisione di una commissione di ricorso in tal senso (v., per analogia, in relazione a una domanda di registrazione, sentenza del 18 ottobre 2016, Brauwelt, T‑56/15, EU:T:2016:618, punto 13 e giurisprudenza ivi citata).

26      Dalle considerazioni che precedono risulta che occorre respingere tale domanda di riforma della decisione della commissione di ricorso in quanto proposta dinanzi a un giudice incompetente a conoscerne.

 Sulla determinazione del diritto applicabile

27      Occorre rilevare, in primo luogo, che la domanda di registrazione è stata presentata il 25 agosto 2016 in vigenza del regolamento n. 207/2009, nella versione modificata dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, che modifica il regolamento n. 207/2009 e il regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario, e che abroga il regolamento (CE) n. 2869/95 della Commissione relativo alle tasse da pagare all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (GU 2015, L 341, pag. 21).

28      In secondo luogo, la decisione della divisione di opposizione e la decisione impugnata, emesse rispettivamente il 29 ottobre 2018 e il 31 ottobre 2019, sono intervenute in vigenza del regolamento 2017/1001. La commissione di ricorso, nella parte in cui menziona il «RMUE», e la ricorrente fanno riferimento rispettivamente nella decisione impugnata e nel ricorso alle disposizioni del regolamento 2017/1001 e, in particolare, all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento.

29      Ora, da un lato, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le norme procedurali si applicano, come si ritiene in generale, alla data in cui esse entrano in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che sono solitamente interpretate nel senso che riguardano situazioni consolidatesi anteriormente alla loro entrata in vigore solo se emerga chiaramente dalla loro formulazione, ratio o impianto sistematico che ad esse vada attribuita un’efficacia del genere [v. sentenza del 6 giugno 2019, Torrefazione Caffe’ Michele Battista/EUIPO – Battista Nino Caffè (BATTISTINO), T‑221/18, non pubblicata, EU:T:2019:382, punto 19 e giurisprudenza ivi citata]. Dall’altro, la data rilevante ai fini della determinazione del diritto sostanziale applicabile è la data di presentazione della domanda di registrazione (v., in tal senso, sentenza del 4 marzo 2020, EUIPO/Equivalenza Manufactory, C‑328/18 P, EU:C:2020:156, punto 2).

30      Di conseguenza, poiché né dalla formulazione né dalla ratio né dall’impianto sistematico delle pertinenti norme sostanziali del regolamento 2017/1001 emerge che esse siano applicabili a situazioni consolidatesi anteriormente alla loro entrata in vigore, la presente controversia è disciplinata, nel merito, dalle disposizioni del regolamento n. 207/2009, nella versione modificata dal regolamento 2015/2424.

31      È vero che tanto la commissione di ricorso, nella decisione impugnata, nella parte in cui menziona il «RMUE», quanto la ricorrente, nelle sue memorie, sembrano riferirsi alle disposizioni del regolamento 2017/1001. Tuttavia, da un lato, i riferimenti al regolamento 2017/1001 possono essere intesi nel senso che rinviano alle corrispondenti disposizioni del regolamento n. 207/2009, senza che ciò incida sulla legittimità della decisione impugnata (v., per analogia, sentenza del 6 giugno 2019, BATTISTINO, T‑221/18, non pubblicata, EU:T:2019:382, punto 22), dato che l’entrata in vigore del regolamento 2017/1001 non ha influito sul contenuto di queste ultime disposizioni. Dall’altro, il Tribunale deve, secondo la giurisprudenza, interpretare le memorie delle parti in base alla loro sostanza piuttosto che alla loro qualificazione (v., per analogia, sentenza del 6 giugno 2019, BATTISTINO, T‑221/18, non pubblicata, EU:T:2019:382, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

32      Pertanto, occorre considerare che il motivo dedotto dalla ricorrente verte sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, nella versione modificata dal regolamento 2015/2424.

 Sul motivo unico di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009

33      In via preliminare, occorre sottolineare, al pari dell’EUIPO, che la ricorrente non mette in discussione la valutazione della prova dell’uso effettivo del marchio anteriore. Pertanto, il Tribunale esaminerà il presente ricorso basandosi su quanto rilevato dalla divisione di opposizione e dalla commissione di ricorso, ossia che il marchio anteriore è stato utilizzato per i seguenti prodotti della classe 18: «Zaini, cartelle scolastiche, borse, borse a tracolla».

34      La ricorrente deduce, in sostanza, un motivo unico di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 come modificato, che si suddivide in quattro parti. In primo luogo, essa sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione del pubblico di riferimento. In secondo luogo, sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore nel confrontare i prodotti e i servizi contraddistinti dai marchi in conflitto. In terzo luogo, afferma che la commissione di ricorso ha erroneamente rilevato un grado elevato di somiglianza visiva e fonetica e un grado molto elevato di somiglianza concettuale, se non addirittura una quasi identità, tra i marchi in conflitto. In quarto luogo, afferma che la commissione di ricorso avrebbe dovuto rilevare una bassa capacità distintiva del marchio anteriore ed escludere un rischio di confusione.

35      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, come modificato, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

36      Per giurisprudenza costante, costituisce rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi controversi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti nel caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

37      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 come modificato, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI — easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

38      Qualora la protezione del marchio anteriore si estenda a tutta l’Unione, occorre prendere in considerazione la percezione dei marchi in conflitto da parte del consumatore dei prodotti di cui trattasi in tale territorio. Tuttavia, occorre ricordare che, per escludere dalla registrazione un marchio dell’Unione europea, è sufficiente che un impedimento alla registrazione relativo ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 come modificato esista in una parte dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 76 e giurisprudenza ivi citata].

 Sul pubblico di riferimento e sul suo livello d’attenzione

39      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare a seconda della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza ivi citata]. Il pubblico di riferimento per la valutazione del rischio di confusione è costituito da consumatori che possono utilizzare sia i prodotti o servizi contraddistinti dal marchio anteriore sia quelli contraddistinti dal marchio richiesto [sentenza del 24 maggio 2011, ancotel/UAMI – Acotel (ancotel.), T‑408/09, non pubblicata, EU:T:2011:241, punto 38].

40      Ai punti da 60 a 64 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ricordato che il territorio da esaminare era costituito dall’Unione nel suo complesso, posto che il marchio anteriore era un marchio dell’Unione europea, e che il pubblico da considerare era quello al quale erano destinati i prodotti e i servizi contraddistinti dai marchi in conflitto. Essa ha altresì rilevato che i prodotti e i servizi contraddistinti dai marchi in conflitto erano, in generale, articoli per uso personale, destinati a contenere e trasportare oggetti, quali valigie, borse, cartelle, buste, nonché servizi legati alla commercializzazione degli stessi.

41      La commissione di ricorso ne ha concluso che, come affermato dalla divisione di opposizione, i servizi e i prodotti erano destinati sia al grande pubblico dotato di un livello medio di attenzione sia, per quanto riguarda i servizi di commercializzazione all’ingrosso della classe 35, a una clientela professionale dotata di un livello di attenzione più elevato in considerazione della sua professionalità.

42      La ricorrente sostiene che il pubblico di riferimento è quello relativo ai prodotti e servizi oggetto del marchio richiesto, costituito da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche nel settore dell’alta moda e dei marchi di lusso, per i quali il livello di attenzione deve essere considerato superiore a quello del consumatore medio.

43      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomento.

44      In primo luogo, per quanto riguarda i prodotti della classe 18, la ricorrente sostiene che il riferimento al grande pubblico non è corretto, in quanto, in realtà, non esisterebbe un pubblico comune in relazione ai prodotti oggetto dei marchi in conflitto. A tal riguardo, essa afferma che i prodotti contrassegnati dal marchio anteriore si rivolgono a bambini e a giovanissimi studenti, come attestato dalle prove dell’uso del marchio anteriore, e che il loro prezzo non è molto elevato. I prodotti contrassegnati dal marchio richiesto sarebbero, invece, destinati ad adulti che acquistano prodotti di lusso, dotati di conoscenze e competenze specifiche nel settore dell’alta moda e dei marchi di lusso, e quindi particolarmente attenti considerate dette conoscenze. Pur ritenendo poco probabile che tali acquirenti di prodotti di lusso acquistino anche i prodotti contrassegnati dal marchio anteriore, essa ritiene che tali consumatori siano le uniche persone in grado di acquistare sia i prodotti oggetto del marchio richiesto sia quelli per i quali il marchio anteriore è utilizzato, e costituiscano quindi il pubblico di riferimento da prendere in considerazione ai fini della valutazione del rischio di confusione.

45      Sotto un primo profilo, occorre respingere l’affermazione secondo cui i prodotti del marchio anteriore sarebbero destinati solo a bambini e a giovanissimi studenti. Infatti, nell’ambito del procedimento di opposizione, occorre prendere in considerazione la formulazione dei prodotti contraddistinti dai marchi in conflitto, e non i prodotti effettivamente commercializzati con tali marchi [v., in tal senso, sentenza del 7 aprile 2016, Industrias Tomás Morcillo/EUIPO – Aucar Trailer (Polycart A Whole Cart Full of Benefits), T‑613/14, non pubblicata, EU:T:2016:198, punto 27 e giurisprudenza ivi citata]. Infatti, poiché le modalità particolari di commercializzazione dei prodotti o dei servizi di cui trattasi possono variare nel tempo e in base alla volontà del richiedente, esse non possono essere prese in considerazione ai fini dell’analisi prospettica del rischio di confusione. Detto esame deve quindi essere effettuato, per quanto riguarda i prodotti o i servizi per i quali è chiesta la registrazione di un marchio, alla luce della formulazione dell’elenco dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione, quale figura nella domanda di registrazione o, eventualmente, come limitata nel prosieguo del procedimento (v. ordinanza del 14 aprile 2016, KS Sports/EUIPO, C‑480/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:266, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

46      In base all’analisi delle prove dell’uso, che non è contestata, il marchio anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti per i quali era stato registrato, vale a dire per «zaini, cartelle scolastiche, borse, borse a tracolla». Pertanto, il fatto che i prodotti siano commercializzati principalmente come articoli scolastici o che siano a buon mercato dipende dalle particolari modalità di commercializzazione che possono variare nel tempo e in base alla volontà dell’interveniente, e non deve essere preso in considerazione nell’analisi del rischio di confusione.

47      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda i prodotti oggetto della domanda di registrazione, quali menzionati al precedente punto 14, tenuto conto della loro ampia formulazione e in mancanza di altre precisazioni in detta formulazione quanto alla gamma o al prezzo, occorre rilevare che essi devono essere considerati come prodotti di largo consumo e destinati al grande pubblico, che non si presume dia prova di un livello di attenzione particolarmente elevato nei loro confronti [v. sentenza del 14 dicembre 2017, N & C Franchise//EUIPO – Eschenbach Optik (OJO sunglasses), T‑792/16, non pubblicata, EU:T:2017:908, punto 26 e giurisprudenza ivi citata]. Neppure dalla loro denominazione si evince che essi presentino caratteristiche oggettive che implichino che il consumatore medio li acquisti al termine di un esame particolarmente attento (v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2006, Ruiz-Picasso e a./UAMI, C‑361/04 P, EU:C:2006:25, punto 40).

48      L’argomento secondo il quale i prodotti oggetto del marchio richiesto si rivolgerebbero soltanto a amanti di prodotti di lusso rientra parimenti tra le particolari modalità di commercializzazione che possono variare nel tempo e in base alla volontà della ricorrente, e deve essere respinto in applicazione alla giurisprudenza citata al precedente punto 45.

49      Sotto un terzo profilo, da quanto precede risulta che deve essere respinto anche l’argomento secondo cui non esisterebbe un pubblico comune in relazione ai prodotti designati dai marchi in conflitto, dato che i prodotti designati dai marchi in conflitto si rivolgono tutti al grande pubblico dotato di un livello di attenzione medio, come rilevato dalla commissione di ricorso.

50      In secondo luogo, come rilevano giustamente l’EUIPO e l’interveniente, la ricorrente non contesta, nel ricorso, l’analisi svolta dalla commissione di ricorso riguardante il pubblico di riferimento dei servizi della classe 35 oggetto del marchio richiesto. In ogni caso, è sufficiente ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 45, una siffatta censura dovrebbe essere respinta, giacché dalla domanda di registrazione non si evince che i servizi di cui trattasi sono legati all’alta moda e ai beni di lusso.

51      In udienza, la ricorrente ha precisato di contestare la definizione del pubblico di riferimento dei servizi della classe 35, affermando che esso sarebbe costituito il più delle volte da professionisti con un elevato livello di attenzione.

52      Senza che sia necessario esaminare la ricevibilità di tale argomento, sollevato per la prima volta in udienza, occorre rilevare che esso è in ogni caso inoperante, dal momento che la commissione di ricorso ha ritenuto, al pari della divisione di opposizione, in sostanza, che i servizi in questione fossero destinati contemporaneamente al grande pubblico dotato di un grado di attenzione medio e, per quanto riguarda taluni servizi, ossia i servizi di commercializzazione all’ingrosso della classe 35, a una clientela professionale dotata di un livello di attenzione più elevato in considerazione della sua professionalità.

53      Per quanto riguarda i servizi di commercio elettronico tramite un sito web per il commercio elettronico di articoli in pelle, borse, bauli, valigie, ombrelli, prodotti e accessori per animali e per il loro trasporto; servizi di selezione per la vendita, per conto terzi, di articoli in pelle, borse, bauli, valigie, ombrelli, prodotti e accessori per animali e per il loro trasporto; servizi di vendita attraverso punti vendita al dettaglio di pelletteria e borse; cataloghi di vendita per corrispondenza o mezzi elettronici come i siti web di pelletteria e borse, è necessario ricordare la giurisprudenza secondo la quale i servizi di vendita al dettaglio sono rivolti sia al consumatore finale che al fabbricante del prodotto, nonché agli eventuali intermediari commerciali che agiscono a monte della vendita finale al dettaglio, in quanto servizi che assicurano a tali operatori economici la parte finale della commercializzazione di quel prodotto [sentenza del 26 giugno 2014, Basic/UAMI – Repsol YPF (basic), T‑372/11, EU:T:2014:585, punto 29; v. anche, in tal senso, sentenza del 7 marzo 2019, Laverana/EUIPO – Agroecopark (VERA GREEN), T‑106/18, non pubblicata, EU:T:2019:143, punto 30]. Ebbene, occorre ricordare che, secondo giurisprudenza, per quanto concerne la valutazione del rischio di confusione, deve essere preso in considerazione il pubblico avente il livello di attenzione meno elevato [v. sentenza del 20 maggio 2014, Argo Group International Holdings/UAMI – Arisa Assurances (ARIS), T‑247/12, EU:T:2014:258, punto 29 e giurisprudenza ivi citata]. Per quanto riguarda i servizi di vendita all’ingrosso, la commissione di ricorso ha espressamente rilevato che il pubblico di riferimento era costituito sia dal grande pubblico avente un grado di attenzione medio sia da un pubblico professionale avente un grado di attenzione elevato.

54      Non si può quindi contestare alla commissione di ricorso il fatto di aver preso in considerazione il grande pubblico dotato di un grado di attenzione medio per quanto riguarda i servizi della classe 35.

55      Occorre dunque respingere la prima parte del motivo unico, relativa al pubblico di riferimento.

 Sul confronto tra i prodotti

56      Secondo costante giurisprudenza, per valutare la somiglianza tra i prodotti o i servizi controversi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra di essi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità. Si può tenere conto anche di altri fattori quali i canali di distribuzione dei prodotti interessati [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, EU:T:2007:219, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

57      In base alla giurisprudenza, qualora i prodotti oggetto del marchio anteriore includano i prodotti oggetto della domanda di marchio, tali prodotti sono considerati identici [v. sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 34 e giurisprudenza ivi citata].

58      La ricorrente ritiene, in sostanza, che i prodotti e i servizi confrontati siano differenti.

59      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomento.

60      In primo luogo, occorre confermare la constatata identità per quanto riguarda le «cartelle scolastiche», gli «zaini» e le «borse» contraddistinti dai marchi in conflitto, coincidendo in modo testuale.

61      In secondo luogo, occorre rilevare che, al punto 66 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha applicato correttamente la giurisprudenza richiamata al precedente punto 57, in quanto sono stati considerati identici o altamente simili ai prodotti del marchio anteriore, in particolare, i seguenti articoli: «borse da sport, borse lavorate a maglia, borse vuote per i ferri, borsellini, borsette, bandoliere in cuoio, bauletti per articoli da toilette, borsette da viaggio in pelle, buste in pelle, carnieri, cartelle scolastiche, sacche, sacchetti, sacchi da campeggiatori, sacchi da spiaggia, sacchi da viaggio, sacchi per alpinisti, sacchi per provviste, valigette per documenti» oggetto del marchio richiesto. La commissione di ricorso ha ritenuto che questi ultimi prodotti corrispondessero a tipi di contenitori rientranti nelle categorie merceologiche più ampie corrispondenti a «zaini, cartelle scolastiche, borse e borse a tracolla» per i quali il marchio anteriore doveva essere considerato utilizzato. Va notato che la ricorrente non contesta specificamente questo ragionamento, peraltro corretto.

62      In terzo luogo, sempre al punto 66 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha aggiunto che i prodotti menzionati al punto precedente avevano la stessa natura (contenitori di oggetti vari), le stesse dimensioni approssimate (medie o piccole), la stessa funzione (trasportare oggetti), lo stesso metodo d’uso (essere tenuti in mano o fissati sul corpo), e che si trattava quindi di prodotti che potevano interessare le stesse persone. Al punto 67 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato un minore grado di somiglianza tra i prodotti per i quali il marchio anteriore doveva essere considerato utilizzato e i rimanenti prodotti oggetto del marchio richiesto, vale a dire «bauli, valigie, bauli da viaggio», «portafogli, astucci portachiavi», e «valigie-fodera per vestiti», in quanto, per le loro dimensioni grandi o piccole, o per la speciale destinazione, erano usati in maniera leggermente differente.

63      Nessuno degli argomenti della ricorrente è in grado di invalidare tali constatazioni, anch’esse corrette.

64      Sotto un primo profilo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la commissione di ricorso avrebbe erroneamente ridotto tutti i prodotti elencati ai punti 66 e 67 della decisione impugnata al solo denominatore comune costituito dal fatto che essi possono contenere oggetti, da detti punti risulta che la commissione di ricorso non si è limitata alla loro natura di contenitori di oggetti diversi, ma, al contrario, ha correttamente esaminato altri fattori pertinenti ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 56, ossia la loro destinazione, il loro utilizzo e i loro utilizzatori.

65      Sotto un secondo profilo, la ricorrente sostiene che la natura, la destinazione e la concorrenzialità o complementarità dei prodotti comparati sono state valutate erroneamente, in quanto i prodotti contraddistinti dal marchio anteriore avrebbero la funzione di trasportare articoli scolastici e sarebbero destinati ad un pubblico di giovanissimi, mentre, al contrario, la funzione naturale di «borsellini e portafogli» sarebbe contenere il denaro, quella di «valigie e bauli» trasportare vestiti e oggetti in trasferta, quella di «borsette da viaggio in pelle» e «buste in pelle» contenere piccoli oggetti strettamente necessari, e che tali articoli sarebbero rivolti ad un pubblico adulto pressoché esclusivamente femminile.

66      Anzitutto, è già stato ricordato sopra, nell’ambito dell’analisi del pubblico di riferimento, che potendo le particolari modalità di commercializzazione dei prodotti e dei servizi designati dai marchi variare nel tempo e in base alla volontà dei titolari di tali marchi, l’analisi prospettica del rischio di confusione tra due marchi non può dipendere dalle intenzioni commerciali, realizzate o meno, e per loro natura soggettive, dei titolari dei marchi e che è irrilevante in tale contesto l’utilizzo che intendono farne i titolari dei marchi in conflitto (v. supra, punti 45 e 48). Occorre, pertanto, respingere gli argomenti secondo i quali, da un lato, i prodotti del marchio richiesto sarebbero destinati solo ad un pubblico adulto quasi esclusivamente femminile e, dall’altro, i prodotti per i quali il marchio anteriore è stato utilizzato avrebbero la funzione di trasportare unicamente articoli scolastici e sarebbero destinati unicamente ad un pubblico di giovanissimi.

67      Occorre poi rilevare che un siffatto argomento relativo a differenze di natura e destinazione contesta un ragionamento svolto ad abundantiam, alla fine del punto 66 della decisione impugnata, ed è quindi inoperante, almeno per quanto riguarda i prodotti elencati al punto 66 della decisione impugnata. Infatti, occorre rilevare che, in ogni caso, giustamente la commissione di ricorso ha considerato, all’inizio di detto punto 66 della decisione impugnata, che, in particolare, i borsellini, le borsette da viaggio in pelle e le buste rientravano nelle categorie merceologiche più ampie dei prodotti contraddistinti dal marchio anteriore.

68      Infine, la commissione di ricorso ha precisamente ritenuto, al punto 67 della decisione impugnata, che i bauli, le valigie, i bauli da viaggio, i portafogli, i portachiavi e le valigie-fodera per vestiti presentassero un minor grado di somiglianza con i prodotti del marchio anteriore, in quanto, o per le grandi dimensioni o per le piccole dimensioni o per la speciale destinazione, sarebbero stati usati in maniera leggermente differente. La commissione di ricorso ha aggiunto, al punto 68 della decisione impugnata, che la differenza di dimensioni di detti prodotti, o negli oggetti trasportati, poteva incidere sul grado di somiglianza, giacché modificava, ad esempio, il metodo d’uso, ma, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente dinanzi ad essa, non generava dissomiglianza, perché i restanti fattori pertinenti, vale a dire la natura, la destinazione, i canali di distribuzione, restavano comuni. Pertanto, essa ha correttamente tenuto conto delle differenze nel tipo di oggetti trasportati, in particolare per i portafogli, le valigie, i bauli e i bauli da viaggio, nelle modalità di utilizzo, nonché delle caratteristiche specifiche di dimensioni, pur considerando a giusto titolo che tali leggere differenze non erano sufficienti ad inficiare la constatata somiglianza fondata sulla natura, sulla destinazione e sui canali di distribuzione. I due punti 67 e 68 della decisione impugnata si conciliano quindi pienamente.

69      Sotto un terzo profilo, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo cui, da un lato, la classificazione dei prodotti e dei servizi ai sensi dell’Accordo di Nizza è destinata unicamente a fini amministrativi e, dall’altro, prodotti appartenenti a classi differenti possono essere considerati simili e prodotti appartenenti alla medesima classe possono considerarsi dissimili, in quanto non è perché rientrano nella medesima classe che i prodotti sono stati considerati simili dalla commissione di ricorso. Tale argomento deriva quindi da una lettura erronea della decisione impugnata.

70      Sotto un quarto profilo, la ricorrente sottolinea che, nella sentenza del 4 ottobre 2018, Asolo/EUIPO – Red Bull (FLÜGEL) (T‑150/17, EU:T:2018:641, punto 81), il Tribunale ha affermato che non si può ritenere che una bevanda alcolica e una bevanda energetica siano simili per il solo fatto che possono essere mescolate, consumate o vendute insieme, dal momento che la natura, la destinazione e l’utilizzo di tali prodotti sono differenti. Tuttavia, si deve osservare che, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, si trattava di prodotti diversi dalla presente fattispecie e che la commissione di ricorso aveva basato la sua constatazione di somiglianza tra dette bevande sulla circostanza che esse erano spesso mescolate o consumate insieme, il che non è applicabile al presente caso di specie.

71      Sotto un quinto profilo, la ricorrente sostiene che i canali di distribuzione dei prodotti comparati sono diversi, in quanto i prodotti del marchio anteriore sono acquistabili nella grande distribuzione, mentre i prodotti oggetto del marchio richiesto sarebbero commercializzati in punti vendita specializzati nel settore dell’alta moda.

72      Va rilevato che tale argomento discende da quello relativo alle asserite differenze di pubblico di riferimento, che è già stato respinto ai precedenti punti da 45 a 49. Occorre quindi respingerlo per gli stessi motivi.

73      Sotto un sesto profilo, come sottolineato dall’EUIPO, il riferimento della ricorrente ad un presunto errore relativo alla complementarità dei prodotti elencati è privo di rilevanza, in quanto la commissione di ricorso ha applicato tale criterio, al punto 69 della decisione impugnata, solo in relazione alla comparazione tra i servizi designati dal marchio richiesto e i prodotti del marchio anteriore.

74      Pertanto, occorre respingere l’argomento della ricorrente e confermare la comparazione tra i prodotti effettuata dalla commissione di ricorso.

75      In quarto luogo, per quanto riguarda i servizi, occorre rilevare, al pari dell’EUIPO, che, argomentando sul confronto erroneo dei prodotti «e servizi», la ricorrente non sviluppa argomenti specifici per i servizi oggetto del marchio richiesto. Pertanto, anche nell’ipotesi in cui la ricorrente, con il suo argomento, si riferisse anche ai servizi, quest’ultimo andrebbe dichiarato irricevibile, in quanto non è sufficientemente chiaro e preciso da consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso [v., in tal senso, sentenza del 6 giugno 2019, Rietze/EUIPO – Volkswagen (Veicolo VW Caddy), T‑192/18, EU:T:2019:379, punto 53 e giurisprudenza ivi citata].

76      In ogni caso, anche se si dovesse intendere il punto 5.6 del ricorso come volto a contestare la complementarità tra i servizi del marchio richiesto e i prodotti del marchio anteriore in quanto destinati a pubblici diversi, tale argomento dovrebbe essere respinto. Infatti, dai precedenti punti 50, 52, 54 e 55 risulta che tale argomento è erroneo.

77      Occorre dunque respingere la seconda parte del motivo unico, relativa al confronto tra i prodotti e tra i servizi.

 Sul confronto tra i segni

78      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio solitamente percepisce un marchio come un tutt’uno senza dedicarsi a esaminarne i vari dettagli (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

79      Secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, sussiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti [sentenze del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, EU:T:2002:261, punto 30, e del 12 settembre 2007, Koipe/UAMI – Aceites del Sur (La Española), T‑363/04, EU:T:2007:264, punto 98].

80      Nella fattispecie, sono in conflitto, da un lato, il marchio dell’Unione europea denominativo anteriore THE DOUBLE e, dall’altro, il marchio dell’Unione europea figurativo richiesto raffigurato al precedente punto 2.

81      La ricorrente sostiene, in sostanza, che i segni in conflitto sarebbero differenti sul piano visivo, fonetico e concettuale.

82      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomento.

 Sul piano visivo

83      Nel caso di specie, sul piano visivo, la commissione di ricorso ha constatato che il marchio richiesto presentava un elevato grado di somiglianza con il marchio anteriore.

84      A tal riguardo, la ricorrente contesta, in particolare, alla commissione di ricorso di aver focalizzato il suo esame sull’elemento denominativo «double» o «the double» e ricorda che, secondo la giurisprudenza, ai fini della valutazione della somiglianza tra due segni, non è sufficiente porre a confronto unicamente una componente, seppur dominante, di un marchio complesso, poiché l’analisi deve vertere sul marchio nel suo insieme. Essa sostiene altresì che il marchio richiesto ha una connotazione grafica particolare, in quanto è costituito da una struttura a due livelli. Nella parte superiore, in carattere corsivo e di piccole dimensioni, vi è la parola «the» che sovrasta la lettera «o», e nella parte inferiore vi è la parola «doublef» scritta con le lettere «d» e «f» in maiuscolo. Il marchio richiesto è contraddistinto da un carattere tipografico elegante con grazie, mentre il marchio anteriore presenta, di fatto, una scritta lineare in carattere maiuscolo. L’impressione complessiva lasciata dal marchio richiesto nella memoria del pubblico di riferimento sarebbe quindi caratterizzata dall’eleganza e da una struttura a due livelli il cui cuore è «doublef», che apparirebbe come un unico elemento, non essendovi alcuno spazio tra la lettera «f» e il termine «double».

85      Sotto un primo profilo, occorre ricordare che la circostanza che un marchio sia composto esclusivamente dal marchio anteriore al quale è accostata un’altra parola costituisce un’indicazione della somiglianza tra tali due marchi [v. sentenza del 12 luglio 2019, Audimas/EUIPO – Audi (AUDIMAS), T‑467/18, non pubblicata, EU:T:2019:513, punto 50 e giurisprudenza ivi citata].

86      Pertanto, la commissione di ricorso non ha errato nel fondare la sua valutazione di somiglianza elevata sul piano visivo tra i marchi, al punto 70 della decisione impugnata, sul fatto che il marchio richiesto riproduceva integralmente il marchio anteriore, seppure con una grafica leggermente alterata e un elemento aggiuntivo costituito dalla lettera «f». La commissione di ricorso ha giustamente osservato, al punto 71 della decisione impugnata, che il fatto che il marchio richiesto riprendesse la scritta «the double», ossia l’unico elemento del marchio anteriore, era sufficiente a generare una forte somiglianza, soprattutto perché le modifiche apportate generavano un limitato impatto visivo.

87      Sotto un secondo profilo, è vero che la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi controversi, considerati ciascuno nel suo insieme, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 42). È quanto potrebbe verificarsi in particolare quando tale componente è atta a dominare da sola l’immagine del marchio che al pubblico di riferimento resta in mente, di modo che tutte le altre componenti del marchio siano trascurabili nell’impressione complessiva prodotta da quest’ultimo (sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

88      Tuttavia, occorre rilevare che la commissione di ricorso non si è limitata a prendere in considerazione unicamente l’elemento «double» o «the double», giacché ha preso in considerazione, al punto 71 della decisione impugnata, anche gli altri elementi di differenza citati dalla ricorrente. Ha tuttavia constatato che essi avevano solo un limitato impatto visivo.

89      Anzitutto, la commissione di ricorso ha osservato che la principale modifica era l’aggiunta della lettera «f», ma che il fatto che venisse scritta alla fine dell’elemento denominativo ne limitava l’effetto visivo. Ciò trova conferma alla luce della giurisprudenza costante secondo la quale, in generale, l’attenzione del consumatore è rivolta soprattutto all’inizio della parola [v., in tal senso, sentenze del 17 marzo 2004, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), T‑183/02 e T‑184/02, EU:T:2004:79, punto 83, e del 13 maggio 2020, Pontinova/EUIPO – Ponti & Partners (pontinova), T‑76/19, non pubblicata, EU:T:2020:198, punto 51].

90      La commissione di ricorso ha, poi, osservato che l’altra modifica consisteva nell’aver scritto l’elemento «the» in piccole lettere sopra la parola «double». Tuttavia, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che si trattasse di una differenza poco significativa, perché contribuiva a far risaltare la parola «double», che rappresentava, per le sue dimensioni, l’elemento dominante del marchio anteriore. Dopo aver specificato tali differenze, la commissione di ricorso ha correttamente concluso che ciò che attirava l’attenzione del pubblico di riferimento nei due marchi in conflitto era la parola «double» e che tale coincidenza determinava la presenza di un elevato grado di somiglianza visiva.

91      Pertanto, occorre constatare che sono state prese in considerazione anche la struttura a due livelli, il carattere tipografico e le dimensioni dei caratteri del marchio richiesto.

92      Sotto un terzo profilo, il fatto che l’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto trasmetta un’idea di eleganza non è tale da controbilanciare le somiglianze tra i marchi in conflitto costituite dall’elemento denominativo comune «the double».

93      A sostegno del suo argomento, la ricorrente cita due sentenze in cui è stato statuito che il fatto che i segni in conflitto contengano elementi denominativi simili non permetterebbe di concludere nel senso di una somiglianza visiva tra i segni quando, in uno di essi, siano presenti elementi figurativi che hanno una configurazione particolare e originale, cosicché l’impressione globale suscitata da ciascun segno sia differente. Essa cita, al riguardo, le sentenze del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO AIRE) (T‑156/01, EU:T:2003:198, punto 74), e del 24 novembre 2005, Simonds Farsons Cisk/UAMI – Spa Monopole (KINJI by SPA) (T‑3/04, EU:T:2005:418, punto 48). Tuttavia, il ragionamento svolto in tali sentenze non è applicabile alla presente fattispecie, in quanto gli elementi figurativi del marchio richiesto nel caso in esame sono diversi, la loro configurazione non può essere qualificata come «particolare e originale» e tale configurazione non è idonea a far sì che l’impressione visiva complessiva suscitata da ciascun segno sia differente.

94      Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’elemento denominativo «doublef» del marchio richiesto appare al centro di detto marchio come un unico elemento che consentirebbe al pubblico di riferimento di associare il marchio richiesto al titolare del marchio o alla ragione sociale «FOLLI FOLLIE», esso deve essere respinto in quanto privo di rilievo ai fini del confronto visivo dei segni.

95      Infine, poiché il marchio anteriore in esame è denominativo, esso può essere utilizzato dal suo titolare sotto differenti rappresentazioni grafiche. Nulla osta, in particolare, a che sia presentato con gli stessi caratteri di scrittura del marchio richiesto [v. sentenza del 29 gennaio 2013, Müller/UAMI) – Loncar (Sunless), T‑662/11, non pubblicata, EU:T:2013:43, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

96      Da quanto precede risulta che l’analisi della commissione di ricorso ha correttamente preso in considerazione il marchio richiesto nel suo insieme e ha giustamente concluso per un elevato grado di somiglianza visiva tra i segni in conflitto.

 Sul piano fonetico

97      Sul piano fonetico, la commissione di ricorso ha considerato che la somiglianza tra i segni in conflitto era altrettanto alta, se non maggiore, quanto la somiglianza sul piano visivo, poiché le differenze grafiche non potevano essere prese in considerazione. A suo avviso, l’unica variazione era costituita dalla presenza della lettera «f» nel marchio richiesto.

98      La ricorrente sostiene, sotto un primo profilo, che, indipendentemente dalle diverse pronunce all’interno dell’Unione, i marchi controversi saranno pronunciati in modo tale che, per quanto riguarda il marchio richiesto, sia marcata la desinenza «ɛf», a fine parola, facendo nettamente intendere la lettera «e», la quale sarebbe invece quasi impercettibile nella pronuncia del marchio anteriore, cosicché il marchio richiesto produrrà un’impressione completamente diversa da quella di quest’ultimo.

99      L’argomento che precede deve essere respinto, in quanto si tratta di un’affermazione non dimostrata. In ogni caso, una pronuncia del genere in fine di parola potrebbe, eventualmente, soltanto diminuire leggermente il grado di somiglianza fonetica tra i marchi in conflitto, ma in nessun caso renderli completamente differenti. Infatti, occorre anche tener conto del fatto che la parte restante dei marchi posti a confronto, e in particolare le loro prime sillabe, saranno pronunciate allo stesso modo.

100    La ricorrente ritiene, sotto un secondo profilo, che non si debba attribuire grande importanza alla somiglianza fonetica tra i due marchi, in quanto i prodotti cui essi si riferiscono sono commercializzati in modo tale che, al momento dell’acquisto, il pubblico di riferimento percepisca i marchi in modo visivo. La commissione di ricorso sarebbe quindi incorsa in errore, al punto 73 della decisione impugnata.

101    Al punto 73 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha soltanto fatto presente che, sul piano fonetico, la somiglianza era altrettanto alta, se non maggiore, rispetto a quella visiva, poiché non si doveva tener conto delle differenze di grafica ai fini del confronto fonetico. Con tale osservazione, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione.

102    In ogni caso, occorre ricordare che la Corte ha dichiarato che, al fine di valutare il grado di somiglianza esistente tra i segni in conflitto, occorre determinare il loro grado di somiglianza visiva, fonetica e concettuale nonché, eventualmente, valutare la rilevanza che occorre attribuire a questi diversi elementi, tenendo conto della categoria dei prodotti o servizi in questione o delle condizioni in cui essi sono messi in commercio (sentenze del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 27, e del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 36). Tuttavia, occorre precisare che, sebbene le condizioni di commercializzazione costituiscano un fattore rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, la loro considerazione rientra nella fase della valutazione globale del rischio di confusione e non in quella della valutazione della somiglianza dei segni in conflitto (sentenza del 4 marzo 2020, EUIPO/Equivalenza Manufactory, C‑328/18 P, EU:C:2020:156, punto 70). Si tratta quindi di una questione non pertinente nella fase della valutazione delle somiglianze tra i marchi.

103    Da quanto precede risulta che occorre confermare l’elevato grado di somiglianza fonetica tra i marchi.

 Sul piano concettuale

104    Sul piano concettuale, la commissione di ricorso ha ritenuto, al punto 74 della decisione impugnata, che la somiglianza fosse molto elevata, giungendo alla quasi identità, dal momento che il concetto di dualità espresso dalla parola inglese «double» era presente nei due marchi e, oltretutto, tale concetto diventava sostantivato nei due segni, grazie all’articolo inglese «the». A tal riguardo, essa ha considerato scontato che il termine «double» e l’articolo «the» appartenessero entrambi al vocabolario inglese di base e fossero quindi accessibili a larghe fasce del pubblico dell’Unione, anche non anglofono. La commissione di ricorso ha ritenuto che la presenza della lettera «f» nel marchio richiesto modificasse di poco il giudizio di quasi identità, perché non eliminava il concetto espresso dalle parole «double» e «the», vale a dire il doppio o la doppia.

105    Sotto un primo profilo, la ricorrente sostiene che i segni in conflitto hanno un significato completamente differente per il pubblico di riferimento: il marchio anteriore sarà inteso nel senso che designa una linea di zaini aventi la peculiarità di essere reversibili, di avere un tessuto «doppio» e di essere appunto «double-face», mentre il marchio richiesto rimanderà al concetto di «doppia f», quindi al gruppo di lettere «ff», che corrisponde, da un lato, alle iniziali della FOLLI FOLLIE, marchio depositato che contraddistingue la catena di negozi di proprietà del gruppo imprenditoriale di cui fa parte la ricorrente, e, dall’altro, alle iniziali del nome della società ricorrente titolare del marchio richiesto, vale a dire la FF IP s.r.l, e della società titolare del sito Internet, ossia la FF NET s.r.l.. A tale proposito, essa sostiene altresì che il fatto che la commissione di ricorso abbia escluso il nesso concettuale tra il marchio anteriore e la reversibilità dei prodotti dimostrerebbe che essa non ha correttamente esaminato la documentazione prodotta dall’interveniente a titolo di prova dell’uso.

106    Occorre ricordare che i marchi sono simili sul piano concettuale quando concordano nel loro contenuto semantico (v., per analogia, sentenza dell’11 novembre 1997, SABEL, C‑251/95, EU:C:1997:528, punto 24). Inoltre, percependo un segno denominativo, il pubblico di riferimento scomporrà quest’ultimo in elementi che, a suo avviso, suggeriscono un significato concreto o che somigliano a vocaboli a lui noti (sentenza del 13 febbraio 2007, RESPICUR, T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 57).

107    Come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso, il marchio richiesto evocherà automaticamente la nozione di dualità, o ancora di doppio, veicolata dall’elemento denominativo «the double». Dal momento che il medesimo elemento denominativo «the double» è comune ai due marchi, e costituisce persino la totalità del marchio anteriore, non si può che constatare una somiglianza concettuale elevata tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, salvo che sia dimostrato che l’aggiunta della lettera «f» alla fine di tale elemento denominativo, nel marchio richiesto, escluda di per sé qualsiasi nozione di dualità o di doppio. Ebbene, così non è nel caso di specie.

108    A tal riguardo, si deve osservare che il significato di «ff» o «doppia f» del marchio richiesto, attribuitogli dalla ricorrente, anche nell’ipotesi in cui fosse corretto, non è idoneo a escludere qualsiasi idea di dualità o di «doppio», come rilevato dalla commissione di ricorso.

109    Quanto all’idea di reversibilità trasmessa dal marchio anteriore, la commissione di ricorso ha spiegato, al punto 76 della decisione impugnata, che un nesso del genere non era evidente, perché il concetto di reversibilità non è abitualmente espresso con il concetto di dualità sostantivato come il doppio o «the double», bensì con espressioni meno ambigue quali «double-face», «inside out», «reverse» ecc.

110    A tale riguardo, da un lato, occorre rilevare che l’analisi concettuale del marchio anteriore deve limitarsi al marchio in quanto tale e non può derivare dall’analisi delle prove dell’uso; dall’altro, si deve osservare che la ricorrente si limita ad affermare che l’analisi della documentazione prodotta a sostegno della prova dell’uso non è stata corretta e che tale significato di reversibilità risulterebbe «in modo univoco» dalle prove dell’uso in cui il marchio anteriore sarebbe sempre associato all’aggettivo «reversibile». Tuttavia, si deve rilevare, in ogni caso, che quest’ultimo argomento non è suffragato e non riguarda prove di usi specifici. Ebbene, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, o addirittura nel fascicolo amministrativo dell’EUIPO, i motivi sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato. Requisiti analoghi sono richiesti allorché un argomento è dedotto a sostegno di un motivo [sentenza del 9 marzo 2018, Recordati Orphan Drugs/EUIPO – Laboratorios Normon (NORMOSANG), T‑103/17, non pubblicata, EU:T:2018:126, punto 24].

111    Sotto un secondo profilo, la ricorrente deduce un errore in quanto la commissione di ricorso ha affermato, al punto 76 della decisione impugnata, che «il significato di doppia F (...) non emerge dal segno in quanto tale e non sarà compreso dal grande pubblico». Essa ritiene, al contrario, che il pubblico di riferimento sia in grado di associare detto segno all’origine imprenditoriale «FOLLI FOLLIE», dato che tale significato del segno controverso è espressamente reso noto al pubblico nella homepage del sito Internet «www.thedoublef.it», di cui una copia di schermata è acclusa all’allegato 8 del ricorso.

112    A tal proposito, sebbene non sia escluso che il marchio richiesto possa anche evocare, nella mente del pubblico di riferimento, l’idea di «ff», evocatrice ad esempio di iniziali di un nome, si deve osservare che l’argomento secondo cui il pubblico assocerebbe «ff» specificamente al nome di «FOLLI FOLLIE» è solo un’affermazione non suffragata della ricorrente.

113    Inoltre, il confronto concettuale tra i marchi deve fondarsi sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi sul pubblico di riferimento e non su indicazioni aggiuntive quanto al significato del marchio quale interpretato dal suo solo titolare e contenute sul sito Internet o nel luogo in cui sono messi in commercio i prodotti interessati. Infatti, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 45 risulta che le modalità particolari di commercializzazione dei prodotti o dei servizi non possono essere prese in considerazione ai fini dell’analisi prospettica del rischio di confusione.

114    Pertanto, occorre confermare il grado molto elevato di somiglianza concettuale tra i marchi.

115    Occorre quindi respingere la terza parte del motivo unico di ricorso, relativa al confronto tra i marchi.

 Sul rischio di confusione

116    La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Ne consegue che un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, VENADO con riquadro e a., T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 74).

117    La commissione di ricorso ha dichiarato, ai punti da 77 a 90 della decisione impugnata, che esisteva un rischio di confusione tra i marchi in conflitto per il fatto, in sostanza, che al marchio anteriore doveva essere attribuita una capacità distintiva media o «medio-bassa», che alcuni dei prodotti interessati erano identici, che gli altri prodotti e servizi interessati erano simili, che i marchi in conflitto avevano complessivamente un elevato grado di somiglianza e che il livello di attenzione del pubblico di riferimento era medio.

118    La ricorrente contesta l’esistenza di un rischio di confusione elencando quattro argomenti relativi alla capacità distintiva del marchio anteriore, al pubblico di riferimento, al confronto dei prodotti e dei servizi interessati, e al confronto dei marchi.

119    L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomento.

120    In primo luogo, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso avrebbe dovuto considerare che la capacità distintiva del marchio anteriore è di grado basso e non «medio o medio-basso». Secondo la ricorrente, la parola «double» sarebbe una parola di uso comune alla quale non può essere ascritta una capacità distintiva media, e l’aggiunta dell’articolo «the», altrettanto di uso comune, non può aumentare la capacità distintiva del marchio anteriore. Il debole carattere distintivo del marchio anteriore sarebbe stato persino riconosciuto ai punti 82 e 87 della decisione impugnata.

121    Nel caso in esame, la commissione di ricorso, ai punti da 77 a 82 della decisione impugnata, ha respinto l’argomento della ricorrente secondo cui il marchio anteriore aveva una capacità distintiva limitata. Al punto 82 della decisione impugnata, ha ritenuto che si dovesse ascrivere al marchio anteriore un grado di capacità distintiva medio o «medio‑basso», perché la debolezza dell’elemento «double» era compensata dalla presenza dell’articolo determinato «the», che creava un’ambiguità concettuale sufficiente ad allontanare la valenza descrittiva del marchio nel suo complesso. È sulla base di tale capacità distintiva, quantomeno, «medio‑bassa», al punto 87 della decisione impugnata, che la commissione di ricorso ha proceduto alla sua analisi del rischio globale di confusione. Occorre dunque respingere l’argomento secondo cui la commissione di ricorso stessa avrebbe riconosciuto che la capacità distintiva del marchio anteriore sarebbe solo bassa. Ciò risulta da una lettura erronea della decisione impugnata.

122    Il ragionamento ricordato al precedente punto 121 non è viziato da errori. L’argomento della ricorrente secondo cui il termine «the» sarebbe di uso comune non è in grado di infirmare la constatazione secondo la quale tale termine era sufficiente a introdurre un’ambiguità concettuale e ad escludere un’eventuale capacità descrittiva del marchio anteriore nel suo complesso. Ad abundantiam, l’EUIPO sottolinea correttamente che non è perché un segno è composto da parole di uso comune che occorre automaticamente concludere per una debole capacità distintiva di detto marchio.

123    Pertanto, occorre confermare la capacità distintiva del marchio anteriore, quantomeno, come «medio-bassa».

124    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il pubblico di riferimento è costituito da soggetti dotati di conoscenze e di competenze specifiche nel settore dell’alta moda e dei marchi di lusso, il cui grado di attenzione deve essere considerato superiore a quello del consumatore medio.

125    Basterà ricordare che tale argomento è già stato respinto, segnatamente, al precedente punto 48.

126    In terzo e quarto luogo, la ricorrente sottolinea che non sussiste tra i prodotti e i servizi interessati identità o somiglianza tale da generare un rischio di confusione, e che i marchi in conflitto differiscono sul piano visivo, fonetico e concettuale. A quest’ultimo riguardo, essa insiste sul fatto che occorrerebbe riconoscere alla dimensione visiva dei segni una maggiore rilevanza posto che il marchio richiesto è figurativo e che i prodotti contraddistinti dai marchi in conflitto non saranno offerti in vendita oralmente. La commissione di ricorso non avrebbe tenuto conto del fatto che «l’importanza degli elementi di somiglianza o di diversità tra i segni può dipendere, in particolare, dalle caratteristiche intrinseche degli stessi o dalle condizioni di commercializzazione dei prodotti o dei servizi contrassegnati dai marchi in conflitto».

127    Gli argomenti fondati su un’asserita differenza dei prodotti e dei servizi sono già stati respinti ai precedenti punti 74 e 76. Quanto agli argomenti fondati su un’asserita differenza tra i marchi in conflitto, essi sono stati respinti ai precedenti punti 96,103 e 114.

128    Per quanto riguarda il fatto che occorrerebbe eventualmente riconoscere alla dimensione visiva dei segni una maggiore rilevanza date le condizioni di commercializzazione dei prodotti e dei servizi interessati, basti rilevare che un’eventualità del genere non può modificare la valutazione del rischio di confusione in quanto, nel caso di specie, la somiglianza visiva tra i marchi in conflitto è stata giustamente considerata elevata.

129    Da quanto precede risulta che la commissione di ricorso non è incorsa in errore nel concludere per l’esistenza di un rischio di confusione e che occorre respingere la quarta parte del motivo unico di ricorso, relativa al rischio di confusione.

130    Di conseguenza, occorre respingere il motivo unico di ricorso dedotto dalla ricorrente e, pertanto, l’intero ricorso.

 Sulle spese

131    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alle domande dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La domanda della Seven SpA volta ad escludere dalla registrazione il marchio dell’Unione europea figurativo the DoubleF per i prodotti appartenenti alla classe 18 e i servizi appartenenti alla classe 35 è respinta.

3)      La FF IP Srl è condannata alle spese.

Collins

Csehi

Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1° settembre 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.