Language of document : ECLI:EU:T:1997:101

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

9 luglio 1997(1)

«Agricoltura — Organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni ovine e caprine — Premio variabile per la macellazione degli ovini — Condizioni per il rimborso del clawback — Principio di certezza del diritto — Principio di tutela del legittimo affidamento — Principio di proporzionalità»

Nella causa T-455/93,

Hedley Lomas (Ireland) Ltd, società di diritto irlandese, con sede in Dublino,
Sharpbond Trading Ltd, società di diritto inglese, con sede in Stratford-sur-Avon (Regno Unito),
J. & S. A. Wood (Livestock Exports) Ltd, società di diritto inglese, con sede in Redditch (Regno Unito),
J. & S. A. Wood, con sede in Redditch,
Lesley Dorothy Joan Mills, domiciliata in Framlingham (Regno Unito),
Live Sheep Trades Ltd, società di diritto inglese, con sede in Framlingham,
Livestock Sales Transport Ltd, società di diritto inglese, con sede in Framlingham,
Peter Ziokowski, domiciliato in Folkestone (Regno Unito),
Brigstock Farms Ltd, società di diritto inglese, con sede in Londra,
K. A. & S. B. M. Feakins, con sede in Llancloudy (Regno Unito),
Deaconvale Ltd, società di diritto inglese, con sede in Gloucester (Regno Unito),
con il signor Conor Quigley, barrister, del foro d'Inghilterra e del Galles, su incarico del signor A.M. Burstow, solicitor in Crawley, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Jean-Marie Bauler, 42, Grand-rue,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Thomas Van Rijn e Christopher Docksey, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dalla signora Philippa Watson, barrister, del foro d'Inghilterra e del Galles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dal signor J.E. Collins, in qualità di agente, del Treasury Solicitor's Department, assistito dal signor Gerald Barling, QC, del foro d'Inghilterra e del Galles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata del Regno Unito, 14, boulevard Roosevelt,

interveniente,

avente ad oggetto il ricorso diretto ad ottenere l'annullamento dell'art. 2 del regolamento (CEE) della Commissione 13 luglio 1992, n. 1922, recante modificazione del regolamento (CEE) n. 1633/84 che stabilisce le modalità di applicazione del premio variabile alla macellazione degli ovini e che abroga il regolamento (CEE) n. 2661/80, e recante le modalità del rimborso dell'importo riscosso all'uscita dei prodotti, a seguito della sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C-38/90 e C-151/90 (GU L 195, pag. 10),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),



composto dal signor K. Lenaerts, presidente, dalla signora P. Lindh e dal signor J.D. Cooke, giudici,

cancelliere: signor J. Palacio Gonzáles, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 21 novembre 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Ambito normativo e fatti all'origine della controversia

  1. L'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni ovine e caprine è stata istituita dal regolamento (CEE) del Consiglio 27 giugno 1980, n. 1837 (GU L 183, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1837/80»).

  2. L'art. 9 di detto regolamento, nella versione di cui al regolamento (CEE) del Consiglio 31 marzo 1984, n. 871 (GU L 90, pag. 35), autorizzava il Regno Unito a concedere un premio variabile per la macellazione degli ovini.

  3. Per impedire che l'erogazione di detto premio perturbasse il commercio interstatale e falsasse la concorrenza tra i produttori delle varie regioni, l'art. 9, n. 3, prevedeva, in caso di erogazione del premio per tali prodotti, l'adozione di misure che consentissero la riscossione di un importo equivalente — denominato comunemente con il termine «clawback» — al momento dell'esportazione dei prodotti dallo Stato membro interessato.

  4. Il regolamento (CEE) della Commissione 8 giugno 1984, n. 1633, che stabilisce le modalità di applicazione del premio variabile alla macellazione degli ovini e che abroga il regolamento (CEE) n. 2661/80 (GU L 154, pag. 27; in prosieguo: il «regolamento n. 1633/84»), ha stabilito le modalità di calcolo e di riscossione del clawback.

  5. L'art. 4, nn. 1 e 2, di detto regolamento disponeva quanto segue:

    «1.    Per il Regno Unito, l'importo da riscuotere all'uscita dalla regione 5, in caso di concessione del premio, dei prodotti di cui all'articolo 1, lettere a) e c), del regolamento (CEE) n. 1837/80, in conformità dell'articolo 9, paragrafo 3, dello stesso regolamento, è fissato ogni settimana dalla Commissione. Tale importo è pari a quello del premio fissato in conformità dell'articolo 3, paragrafo 1, per la settimana nella quale ha luogo l'uscita dei prodotti in questione.

    2.    All'uscita dal territorio della regione 5 dei prodotti di cui all'articolo 1, lettere a) e c), del regolamento (CEE) n. 1837/80, viene costituita una cauzione. Tale cauzione è fissata dal Regno Unito ad un livello sufficiente per coprire l'importo dovuto, in conformità del paragrafo 1, e che dev'essere perlomeno uguale all'importo prevedibile del premio per la settimana che precede quella in cui ha luogo l'uscita. La cauzione è svincolata non appena è pagato l'importo di cui al paragrafo 1».

  6. Il regolamento (CEE) del Consiglio 25 settembre 1989, n. 3013, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni ovine e caprine (GU L 289, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 3013/89»), in vigore a decorrere dal 1° gennaio 1990, ha abrogato il regolamento n. 1837/80 e ha istituito una nuova organizzazione comune. Tale regolamento istituiva un mercato unico, con riserva di alcune disposizioni transitorie. In particolare, esse comportavano un'autorizzazione del Regno Unito a concedere un premio variabile di macellazione fino al termine della campagna di commercializzazione 1992. L'art. 9, n. 3, del regolamento n. 1837/80, nella versione modificata, veniva sostituito, in termini sostanzialmente identici, dall'art. 24, n. 5, del regolamento n. 3013/89. In caso di erogazione del premio, il clawback andava riscosso sulla carne che lasciava il Regno Unito.

  7. In precedenza, il regolamento (CEE) della Commissione 7 novembre 1991, n. 3246, che autorizza il Regno Unito a cessare la concessione di un premio variabile per la macellazione degli ovini in Gran Bretagna e che deroga al regolamento n. 1633/84 (GU L 307, pag. 16), aveva autorizzato la soppressione del premio a partire dalla campagna di commercializzazione del 1992.

  8. Nel 1990 la Corte è stata adita con questioni pregiudiziali vertenti sulla validità dell'art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1633/84.

  9. Nella sentenza 10 marzo 1992, cause riunite C-38/90 e C-151/90, Lomas e a. (Racc. pag. I-1781; in prosieguo: la «sentenza Lomas»), essa ha dichiarato quanto segue:

    «1)    L'art. 4, n. 1, del regolamento (CEE) della Commissione 8 giugno 1984, n. 1633, che stabilisce le modalità di applicazione del premio variabile alla macellazione degli ovini e che abroga il regolamento (CEE) n. 2661/80, è invalido in quanto la Commissione, avendo previsto la riscossione come clawback di un importo che generalmente non corrisponde in modo esatto a quello del premio alla macellazione effettivamente versato, ha ecceduto i poteri conferitile dall'art. 9, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio 27 giugno 1980, n. 1837, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni ovine e caprine, come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 31 marzo 1984, n. 871.

        L'art. 4, n. 2, del regolamento (CEE) n. 1633/84 è, conseguentemente, anch'esso invalido, in quanto prescrive la costituzione di una cauzione destinata a garantire la riscossione dell'importo dovuto in forza del n. 1 del suddetto articolo.

    2)    La declaratoria d'invalidità dell'art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento (CEE) n. 1633/84 non può essere invocata con effetto retroattivo ad una data anteriore a quella della presente sentenza, fatta eccezione per gli operatori economici o i loro aventi causa i quali, prima di tale data, abbiano esperito un ricorso giurisdizionale o presentato un reclamo equivalente ai sensi delle norme nazionali applicabili.

    3)    Al Regno Unito incombe l'obbligo, in forza del diritto comunitario, di esigere la produzione di documenti relativi alle operazioni di esportazione di ovini o di carni ovine soggette al pagamento del clawback e di applicare sanzioni effettive nei confronti degli operatori i quali rendano false dichiarazioni in tali documenti».

  10. A seguito della sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C-38/90 e C-151/90 la Commissione ha adottato il regolamento (CEE) 13 luglio 1992, n. 1922, che modifica il regolamento n. 1633/84 e stabilisce le modalità del rimborso dell'importo riscosso all'uscita dei prodotti (GU L 195, pag. 10; in prosieguo: il «regolamento n. 1992/92» o «regolamento controverso»).

  11. L'art. 1, punto 1, di detto regolamento ha sostituito l'art. 4, n. 1, del regolamento n. 1633/84 con il seguente testo:

    «1.    Per il Regno Unito, l'importo da riscuotere all'uscita dalla regione 1 dei prodotti di cui all'articolo 1, lettere a) e c) del regolamento (CEE) n. 3013/89, in conformità dell'articolo 24, paragrafo 5 dello stesso regolamento, è pari al premio stabilito conformemente all'articolo 3, paragrafo 1, del presente regolamento ed effettivamente versato per gli stessi prodotti soggetti alla riscossione del ”clawback".

    A richiesta degli operatori, l'importo del ”clawback" è fissato ad un livello equivalente all'importo medio del premio stabilito per la settimana di uscita dei prodotti e per le tre settimane precedenti.

    Entro 28 giorni dall'invio della notifica da parte delle competenti autorità del Regno Unito, gli operatori indicano di quale delle succitate alternative intendono avvalersi. L'alternativa scelta si applica a tutti i ”clawback" ai quali l'operatore è soggetto.

    Qualora scelga la prima alternativa, l'operatore fornisce contemporaneamente alle competenti autorità del Regno Unito le prove da queste ritenute soddisfacenti relative all'importo del premio effettivamente concesso per i prodotti per i quali è stato versato il ”clawback". Dette autorità possono prorogare il periodo per la presentazione delle prove di altri 60 giorni.

    Qualora gli operatori scelgano la seconda alternativa, le competenti autorità del Regno Unito notificano loro l'importo del ”clawback" calcolato in applicazione del secondo comma.

    Qualora l'operatore ometta di indicare l'alternativa prescelta entro 28 giorni o di fornire, qualora abbia scelto la prima alternativa, le prove previste entro un ulteriore termine di 60 giorni, la cauzione viene interamente incamerata».

  12. L'art. 2, che è la disposizione impugnata nel presente procedimento (in prosieguo: l'«articolo controverso»), recita quanto segue:

    «1.    Gli operatori o quanti da essi autorizzati i quali, anteriormente al 10 marzo 1992, data della sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C-38/90 e C-151/90, abbiano avviato gli opportuni procedimenti giudiziari o ricorsi equivalenti, conformemente al diritto nazionale vigente, in merito al metodo di calcolo dell'importo del ”clawback" a norma dell'articolo 4, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 1633/84, hanno diritto al rimborso, nei termini e secondo la procedura stabilita dalla normativa nazionale applicabile, della differenza tra il ”clawback" da essi versato e l'importo del premio stabilito conformemente all'articolo 3, paragrafo 1 del citato regolamento da essi effettivamente riscosso per gli stessi prodotti.

    A richiesta degli operatori il rimborso può altresì vertere sulla differenza tra il ”clawback" effettivamente versato e l'importo medio dei premi fissati per la settimana di uscita dei prodotti per le tre settimane precedenti.

    2.    Anteriormente al 30 novembre 1992 le persone di cui all'articolo 1 sono tenute a fornire alle competenti autorità del Regno Unito i dati seguenti:

    —    la data a partire dalla quale si riferisce la domanda di rimborso;

    —    l'importo del ”clawback" versato nel periodo compreso tra tale data e il 10 marzo 1992;

    —    il premio effettivamente riscosso per i prodotti per i quali abbiano pagato il ”clawback", a meno che prima del 10 marzo 1992 essi abbiano presentato una richiesta a norma del paragrafo 1, secondo comma,

    nonché le prove ritenute soddisfacenti dalle autorità del Regno Unito relative ai dati suelencati.

    3.    Le competenti autorità del Regno Unito informano la Commissione anteriormente al 31 dicembre 1992 del numero di domande di rimborso presentate a norma del paragrafo 1, specificando il periodo cui si riferisce la domanda e l'entità dei rimborsi richiesti».

  13. L'attività dei ricorrenti nella presente causa consiste nell'esportare carne ovina dal Regno Unito e, in particolare, bestiame vivo. In varie date fra il 1980 ed il 1992 essi hanno versato taluni importi all'autorità competente nel Regno Unito per la gestione del regime dei premi variabili per la macellazione, vale a dire l'Intervention Board for Agricultural Produce (ente d'intervento per i prodotti agricoli; in prosieguo: l'«ente d'intervento»). Tali versamenti sono stati compiuti in base a fatture relative agli importi del «clawback» calcolati dall'ente d'intervento e basati sulle dichiarazioni doganali dei ricorrenti relative ai quantitativi e alle categorie di ovini esportati. In considerazione della sentenza Lomas, le fatture ancora inevase al 10 marzo 1992 non sono state saldate dai ricorrenti. Essi avevano proposto un ricorso anteriormente al 10 marzo 1992, data della suddetta sentenza, con cui avevano chiesto il rimborso delle somme versate ai sensi dell'art. 4 del regolamento n. 1633/84.

  14. Nel 1994 la Corte è stata adita con una nuova serie di questioni pregiudiziali, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, per quanto riguarda la validità e l'interpretazione dell'art. 4, n. 1, del regolamento n. 1633/84, come modificato dal regolamento n. 1922/92.

  15. Con sentenza 8 febbraio 1996, causa C-212/94, FMC e a. (Racc. pag. I-389; inprosieguo: la «sentenza FMC»), essa ha dichiarato quanto segue:

    «1)    L'esame delle questioni non ha fatto emergere alcun elemento atto a incidere sulla validità dell'art. 4, n. 1, del regolamento (CEE) della Commissione 8 giugno 1984, n. 1633, che stabilisce le modalità di applicazione del premio variabile alla macellazione degli ovini e che abroga il regolamento (CEE) n. 2661/80, come modificato dall'art. 1 del regolamento (CEE) della Commissione 13 luglio 1992, n. 1922, recante modificazione del regolamento n. 1633/84 e recante le modalità di rimborso dell'importo riscosso all'uscita dei prodotti a seguito della sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C-38/90 e C-151/90, nonché dell'art. 2 del regolamento n. 1922/92.

    2)    L'esigenza probatoria enunciata all'art. 4, n. 1, del citato regolamento n. 1633/84, come modificato dall'art. 1 del citato regolamento n. 1922/92, e all'art. 2 di questo stesso regolamento, dev'essere interpretata nel senso che gli operatori sono tenuti a fornire la prova, in modo ritenuto soddisfacente dalle autorità competenti del Regno Unito, conformemente al diritto nazionale ed entro il termine espresso dal regolamento n. 1922/92, dell'importo del premio effettivamente concesso per i prodotti sottoposti al ”clawback", a condizione che le disposizioni nazionali applicabili non compromettano la portata e l'efficacia del diritto comunitario.

    3)    In relazione alle domande di rimborso del ”clawback" indebitamente versato prima del 10 marzo 1992, il punto 30 della sentenza 10 marzo 1992, cause riunite C-38/90 e C-151/90, Lomas e a., dev'essere interpretato nel senso che permette agli operatori o ai loro aventi causa i quali, prima di tale data, abbiano esperito un'azione giudiziaria o presentato un reclamo equivalente ai sensi delle norme nazionali applicabili, di far valere l'invalidità dell'art. 4, nn. 1 e 2, del citato regolamento n. 1633/84 sin dalla sua entrata in vigore, salva l'applicazione, nei limiti posti dal diritto comunitario, di eventuali disposizioni nazionali che limitino il periodo, anteriore alla presentazione della domanda, per il quale possa essere ottenuto il rimborso di quanto indebitamente versato.

    4)    Per quanto non disciplinato dall'art. 2 del citato regolamento n. 1922/92, i giudici nazionali chiamati a pronunciarsi su una domanda di rimborso del ”clawback" indebitamente versato devono applicare il proprio diritto nazionale, purché le modalità da questo previste non siano meno favorevoli di quelle relative a ricorsi analoghi di natura interna e non siano strutturate in modo tale da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti riconosciuti dall'ordinamento giuridico comunitario».

    Procedimento e conclusioni delle parti

  16. Il presente ricorso è stato registrato nella cancelleria della Corte l'11 settembre 1992 con il numero C-356/92 e la fase scritta si è svolta dinanzi alla Corte. Altri due ricorsi sono stati registrati nella cancelleria della Corte l'11 settembre 1992 con i numeri C-355/92 e C-357/92. Una quarta causa è stata registrata il 24 settembre 1992 con il numero C-370/92.

  17. Con ordinanza 3 novembre 1992 le quattro cause sono state riunite ai fini del procedimento e della sentenza.

  18. Con ordinanza del presidente della Corte 18 marzo 1993, il Regno Unito è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

  19. In seguito all'entrata in vigore, il 1° agosto 1993, della decisione del Consiglio 8 giugno 1993, 93/350/Euratom, CECA, CEE, recante modifica della decisione 88/591/CECA, CEE, Euratom, che istituisce il Tribunale di primo grado delle Comunità europee (GU L 144, pag. 21), le cause riunite sono state rinviate al Tribunale con ordinanza della Corte 27 settembre 1993. Esse sono state registrate nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, con i numeri T-455/93, T-454/93, T-456/93 e T-457/93.

  20. Con lettera 6 giugno 1994 i ricorrenti nelle cause T-455/93, T-456/93 e T-457/93 hanno chiesto che il procedimento fosse sospeso in attesa dell'emananda sentenza della Corte sulla domanda di pronuncia pregiudiziale C-212/94 (sentenza FMC). I procedimenti nelle quattro cause sono stati sospesi con ordinanza del Tribunale 25 ottobre 1994.

  21. In seguito alla pronuncia della sentenza FMC in data 8 febbraio 1996, con lettera 26 marzo 1996 il Tribunale ha chiesto che le parti presentassero le loro osservazioni sulla ripresa del procedimento.

  22. Il 24 aprile 1996 la Commissione ha presentato le sue osservazioni, facendo valere che i ricorrenti non avevano interesse a proseguire il procedimento, poiché i loro argomenti erano stati esaminati nella sentenza FMC. Con lettere 3 e 17 maggio 1996 i ricorrenti hanno sottolineato, nella presente causa, che la loro situazione era diversa in quanto esportavano ovini vivi e hanno fatto valere che la sentenza FMC riguardava soltanto gli interessi degli operatori che esportano carne.

  23. Con lettere 4 settembre, 8 luglio e 27 agosto 1996 i ricorrenti nelle cause T-454/93, T-456/93 e T-457/93 hanno comunicato al Tribunale che intendevano rinunciare agli atti. Tali cause sono state cancellate dal ruolo con ordinanza del presidente della Quarta Sezione 2 ottobre 1996.

  24. Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Tuttavia, esso ha deciso di sottoporre alcuni quesiti alla Commissione, la quale ha risposto il 30 agosto 1996. Sono state sentite le difese orali delle parti nel corso dell'udienza che si è svolta il 21 novembre 1996.

  25. I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

    • dichiarare il ricorso ricevibile;

    • annullare l'art. 2 del regolamento n. 1922/92;

    • condannare la convenuta alle spese.



  26. La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    • respingere il ricorso;

    • condannare i ricorrenti alle spese.



  27. Il Regno Unito chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

    In diritto

  28. Nella fattispecie non è contestato dalla convenuta e dall'interveniente e del resto è pacifico che i ricorrenti sono direttamente e individualmente interessati dall'articolo controverso, ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato CE. Pertanto, il ricorso è ricevibile.

    Sulla ricevibilità del motivo relativo all'invalidità dell'art. 2 del regolamento n. 1922/92 per quel che riguarda il commercio di bestiame vivo

    Argomenti delle parti

  29. Nelle lettere di cui al precedente punto 22 e, più precisamente, all'udienza i ricorrenti hanno cercato di tenere distinta la situazione del commercio di bestiame vivo da quella del commercio di carne ovina, asserendo che quest'ultimo era il solo in discussione nella sentenza FMC. Essi fanno valere che la sentenza FMC, benché dichiarasse la validità dell'articolo controverso, riguardava soltanto il commercio di carne ovina, in quanto, in base alle norme applicabili, i prodotti andavano esportati entro i 21 giorni successivi alla riscossione del premio da parte dell'operatore, che era di regola il produttore. Infatti, in tal caso il calcolo del clawback con riferimento al tasso medio del premio per un periodo di quattro settimane poteva produrre un risultato abbastanza vicino all'importo dei premi effettivamente erogati. Invece, per quanto riguarda il commercio di bestiame vivo, dovendo le pecore essere messe in quarantena nei trenta giorni precedenti l'esportazione, la data di messa in quarantena sarebbe considerata come una data di esportazione per applicazione della regola dei 21 giorni, ma il clawback verrebbe calcolato alla data effettiva dell'esportazione, per cui il suo importo sarebbe del tutto diverso da quello del premio effettivamente assegnato. Inoltre, poiché le pecore continuano ad ingrassare nel periodo di quarantena, il clawback riguarderebbe un peso superiore a quello per il quale è stato calcolato il premio. All'udienza i ricorrenti hanno chiesto di esibire la relazione della perizia da essi fatta effettuare in ordine a tale questione.

  30. Sia la Commissione, sia il Regno Unito hanno sollevato un'obiezione contro la presentazione della perizia dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, in quanto non avevano avuto la possibilità di esaminarla prima dell'udienza. In ogni caso, essi hanno fatto valere che questo motivo andava oltre l'oggetto del ricorso inizialmente definito ed era irricevibile ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

    Giudizio del Tribunale

  31. L'art. 38, n. 1, del regolamento di procedura della Corte, che si applica allorché il procedimento è stato avviato e il cui disposto corrisponde esattamente all'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, dispone che un ricorso deve contenere, in particolare, l'oggetto della controversia e l'esposizione sommaria dei motivi dedotti. L'art. 42, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, che corrisponde all'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, vieta la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

  32. Dato che le norme che regolano l'attuazione del regime del premio variabile per la macellazione erano applicabili, in ogni periodo pertinente, sia al commercio di bestiame vivo sia al commercio di carne ovina, la particolare situazione degli operatori che esercitano il commercio di bestiame vivo era necessariamente nota ai ricorrenti fin dall'inizio e avrebbe potuto essere fatta valere a sostegno di un distinto motivo nel ricorso. La pronuncia della sentenza FMC non costituisce un nuovo elemento di diritto né di fatto che consenta ai ricorrenti di far valere l'eccezione alla regola contenuta nel summenzionato art. 48, n. 2. Pertanto, questo motivo è irricevibile, ragione per cui all'udienza il Tribunale ha già negato l'ammissione quale prova della perizia che i ricorrenti intendevano esibire.

  33. In ogni caso, il procedimento avviato dai ricorrenti dinanzi al giudice nazionale è sempre pendente, per cui l'irricevibilità di questo ulteriore motivo non li priva della possibilità di farlo valere nell'ambito del suddetto procedimento nazionale. Infatti, il giudice nazionale rimane competente a verificare se la situazione dei ricorrenti dia loro diritto ad una soluzione diversa da quella di cui alla sentenza FMC e, qualora lo ritenga necessario, a deferire ogni questione pertinente di diritto comunitario alla Corte, ai termini dell'art. 177 del Trattato CE.

  34. I ricorrenti fanno valere altri due motivi a sostegno del loro ricorso di annullamento, relativi, rispettivamente, ad una violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento e ad una violazione del principio di proporzionalità.

    Sul primo motivo, relativo ad una violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento

    Argomenti dei ricorrenti

  35. Il primo motivo si suddivide in due parti. La prima è relativa alle norme del diritto inglese in materia di ripetizione di somme indebitamente riscosse da un'autorità pubblica. La seconda attiene alle condizioni di rimborso stabilite dall'articolo controverso.

    • Prima parte del motivo, relativa al diritto inglese in materia di ripetizione dell'indebito



  36. I ricorrenti fanno valere che la disposizione di cui trattasi viola i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, in quanto, nel periodo in cui hanno proposto i loro ricorsi, potevano legittimamente sperare di recuperare le somme loro dovute in conformità ai principi del diritto inglese. Essi osservano di aver sottoposto alla High Court inglese la loro domanda di rimborso degli importi versati come clawback prima della pronuncia della sentenza Lomas. Nell'ambito dei suddetti ricorsi essi fanno valere, in primo luogo, il diritto al rimborso dell'importo totale delle somme da essi versate, dato che le autorità nazionali non hanno legalmente il potere di imporre il clawback. In subordine essi fanno valere che, anche ammesso che l'ente d'intervento avesse il potere di imporre il «clawback», non è stata presentata alcuna richiesta legale di pagamento, poiché tutte le domande proposte erano fondate, per quanto riguarda il calcolo dell'importo dovuto, su una disposizione invalida, vale a dire l'art. 4 del regolamento n. 1633/84. In ulteriore subordine i ricorrenti asseriscono di avere il diritto di recuperare la differenza fra il «clawback» che è stato loro imposto e gli importi che avrebbero versato se fosse stato applicato un sistema legale di calcolo.

  37. A loro parere, nella sentenza Lomas la Corte ha espressamente riconosciuto che spetta al giudice nazionale stabilire il diritto al rimborso. Essi riconoscono che la Corte sembrava ritenere che il rimborso potesse riguardare solo la differenza fra il «clawback» ed il premio. Tuttavia, essi ritengono che la Corte non si sia pronunciata in modo definitivo su questo punto, in quanto non ha mai stabilito le norme che andavano applicate al rimborso. Sembrerebbe invece che essa abbia rimesso ai giudici nazionali il compito di stabilire le norme applicabili, poiché il punto 30 della sentenza riguarda tutti coloro i quali hanno avviato procedimenti «ai sensi delle norme nazionali applicabili». Di conseguenza, spetterebbe al giudice nazionale stabilire se il diritto al rimborso sia limitato soltanto alla differenza tra il «clawback» ed il premio effettivamente assegnato, ovvero se i ricorrenti abbiano, prima facie, il diritto di recuperare tutti gli importi versati, con riserva di validi argomenti in senso contrario dell'ente d'intervento, come quello basato sull'arricchimento indebito.

  38. A giudizio dei ricorrenti, dai principi esposti dalla House of Lords nella causa Woolwich Equitable Building Society/Inland Revenue Commissioners (1993, AC 70; in prosieguo: la «causa Woolwich E B S») discenderebbe che essi hanno, prima facie, il diritto al rimborso di tutto il «clawback» versato, con riserva di validi argomenti eventualmente addotti in senso contrario dalla convenuta. L'articolo controverso, che sostituisce le norme nazionali in materia di ripetizione dell'indebito, lederebbe il legittimo affidamento dei ricorrenti in materia ed il principio della certezza del diritto, in quanto renderebbe più difficile il procedimento di recupero delle somme di cui trattasi. Mentre nel diritto inglese gli importi versati sarebbero, in via di principio, rimborsabili integralmente, fatto salvo qualsiasi fondato argomento in senso contrario, l'articolo controverso dispenserebbe l'ente d'intervento dall'addurre argomenti in senso contrario e obbligherebbe i ricorrenti a limitare le loro pretese alla differenza tra l'importo versato e quello che avrebbe dovuto essere corrisposto.

  39. Infine, i ricorrenti ritengono che la Commissione non fosse tenuta, ai sensi dell'art. 176 del Trattato CE, ad emanare la disposizione di cui trattasi.

    • Seconda parte del motivo, relativa alle condizioni di rimborso stabilite dall'articolo controverso



  40. I ricorrenti fanno valere che il metodo di rimborso di cui al secondo comma del n. 1 dell'articolo controverso risulta viziato come il metodo di calcolo di cui all'art.4, n. 1, del regolamento n. 1633/84, che la Corte ha dichiarato invalido nella sentenza Lomas. Infatti, i due metodi sarebbero molto simili, poiché il metodo controverso prevede il rimborso della differenza tra il «clawback» effettivamente versato e l'importo medio dei premi fissati per la settimana di partenza dei prodotti e le tre settimane precedenti, mentre l'art. 4, n. 1, fissava come clawback l'importo del premio per la settimana nella quale i prodotti interessati erano usciti dal Regno Unito.

  41. Quanto al metodo alternativo di cui al primo comma del n. 1 dell'articolo controverso, che consente agli operatori di ottenere il rimborso della differenza tra l'importo versato come clawback ed il premio effettivamente assegnato per gli stessi prodotti, i ricorrenti ritengono che esso imponga loro l'onere di una prova impossibile da fornire, per il semplice fatto che i premi di cui trattasi sono stati erogati agli allevatori e non agli esportatori e questi ultimi non possono pertanto stabilire con la minima precisione l'importo dei premi assegnati.

    Argomenti della Commissione e del Regno Unito

  42. In risposta alla prima parte del motivo la Commissione dichiara che numerose ragioni escludono che i ricorrenti potessero legittimamente sperare di recuperare l'importo complessivo del clawback versato. In primo luogo, dalla sentenza Lomas risulterebbe che i ricorrenti non avevano diritto al rimborso dell'intero importo del clawback versato, ma soltanto alla differenza tra il premio erogato e l'importo del clawback versato, nel caso in cui quest'ultimo fosse stato superiore al suddetto premio. In secondo luogo, nel momento in cui i ricorrenti hanno avviato il procedimento dinanzi alla High Court, non sarebbe stato chiaro neppure che il metodo di calcolo del clawback non era valido, poiché la Corte di giustizia non aveva pronunciato la sentenza Lomas. Analogamente, dato che la sentenza della House of the Lords sulla quale si basano i ricorrenti è stata pronunciata soltanto il 20 luglio 1992, dopo l'emanazione dell'articolo controverso, la Commissione non riesce a capire come essa possa generare qualsiasi legittima aspettativa nei ricorrenti. Sarebbe evidente che prima della pronuncia della sentenza non esisteva un diritto al recupero ai sensi del common law in situazioni come quelle in esame. Per di più, i ricorrenti avrebbero dovuto prevedere che, qualora nella sentenza Lomas la Corte avesse annullato il metodo di calcolo di cui all'art. 4 del regolamento n. 1633/84, la Commissione non avrebbe potuto far altro che emanare una disposizione come quella di cui trattasi per adempiere l'obbligo ad essa incombente in forza dell'art. 176 del Trattato CE. Infine, l'interpretazione data dai ricorrenti all'espressione contenuta nel punto 30 della sentenza Lomas per quanto riguarda i procedimenti avviati «ai sensi delle norme nazionali applicabili», sarebbe completamente errata.

  43. Alla seconda parte del motivo la Commissione ribatte che ad un esportatore non dovrebbe essere impossibile stabilire l'importo del premio erogato per prodotti per i quali è stato poi versato il clawback. Tuttavia, essa ammette che ciò potrebbe presentare difficoltà e che, per questo motivo, l'articolo controverso prevede un secondo metodo di rimborso. Questo secondo metodo rappresenterebbe una soluzione equa per le persone che hanno subito un danno a causa dell'illegittimità del metodo di cui all'art. 4 del regolamento n. 1633/84.

  44. Il Regno Unito ritiene che il primo motivo sia basato su una premessa errata, in quanto parte dall'ipotesi che i ricorrenti abbiano il diritto di recuperare tutte le somme versate come clawback, mentre dalla sentenza Lomas risulterebbe che il loro diritto al rimborso è rigorosamente limitato a tutti i pagamenti in eccesso. Sarebbe palese che, anche se non fosse stato emanato l'articolo controverso, i ricorrenti avrebbero dovuto comprovare, ai sensi delle norme nazionali relative all'onere della prova, l'importo dei versamenti che asseriscono di aver effettuato in eccesso. La sentenza della House of Lords invocata dai ricorrenti non conterrebbe alcun elemento in grado di modificare questo onere della prova. La sola conseguenza derivante dall'emanazione dell'articolo controverso sarebbe l'esistenza di un secondo metodo di recupero inteso a mitigare le difficoltà che i ricorrenti potrebbero incontrare assolvendo l'onere della prova.

    Giudizio del Tribunale

    • Sulla prima parte del motivo, relativa al diritto inglese in materia di ripetizione dell'indebito



  45. Prima della sentenza Lomas le domande di pagamento del clawback non erano totalmente prive di fondamento giuridico, nonostante in quella sentenza fosse stato dichiarato invalido l'art. 4, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1633/84 (v. precedente punto 9).

  46. Dichiarando invalido l'art. 4, nn. 1 e 2, la Corte ha precisato che, qualsiasi riscossione di una somma di denaro all'esportazione verso un altro Stato membro, pur costituendo in via di principio un ostacolo alla libera circolazione dei prodotti nel mercato comune, può nondimeno trovare giustificazione nell'ambito di un'organizzazione di mercato non ancora pienamente unificata, allorché è destinata a compensare delle ineguaglianze derivanti dall'imperfetta realizzazione della suddetta organizzazione, allo scopo di permettere ai prodotti in essa rientranti di circolare a parità di condizioni, senza che la concorrenza tra i produttori delle varie regioni venga artificialmente alterata (punto 15 della sentenza Lomas). Ne conseguiva che le modalità di riscossione del clawback dovevano essere predisposte in maniera tale che esso valesse a neutralizzare l'effetto del premio al momento dell'uscita dalla regione interessata dei prodotti che avevano fruito di questa misura di sostegno, senza che il sistema in parola potesse risolversi in un vantaggio per i produttori di questa regione, come sarebbe avvenuto nel caso in cui l'importo riscosso come clawback fosse stato meno elevato di quello del premio concesso, né potesse pregiudicare la loro posizione concorrenziale, ipotesi che ricorrerebbe qualora il clawback fosse superiore al premio (punto 17 della sentenza Lomas).

  47. Così, la decisione della Corte non riguardava il principio dell'imposizione del clawback in quanto tale, ma il fatto che l'art. 4, n. 1, non garantiva che il metodo di calcolo del clawback avrebbe conseguito il suo scopo, vale a dire neutralizzare il premio all'atto dell'esportazione dei prodotti. Ciò ha ribadito la Corte nella sentenza FMC, in cui ha dichiarato che la riscossione del clawback è valida quanto al principio (punto 28). La mancanza assoluta di riscossione del clawback avrebbe comportato del resto una distorsione di concorrenza ancora più evidente tra i produttori e sarebbe stata in contrasto con il principio su cui si basa la riscossione del clawback. Uno Stato membro che si avvalesse della facoltà di erogare un premio variabile per la macellazione era tenuto pertanto, in base al diritto comunitario, a garantire l'applicazione di questo sistema in modo da non violare tale principio.

  48. Si deve altresì osservare che l'obbligo dell'autorità nazionale competente nel Regno Unito di richiedere il versamento del clawback al momento dell'esportazione dei prodotti che avevano fruito di un premio discendeva non dall'art. 4 del regolamento n. 1633/84, ma dall'art. 9, n. 3, del regolamento n. 1837/80, modificato in seguito dal regolamento n. 871/84, poi dall'art. 24, n. 5, del regolamento n. 3013/89, il quale precisava che un importo equivalente al premio sarebbe stato riscosso al momento dell'uscita dei prodotti dallo Stato membro interessato. Nonostante la sentenza Lomas, uno Stato membro che si fosse avvalso della facoltà di erogare un premio variabile per la macellazione ai sensi dell'art. 9, n. 1, del regolamento n. 1837/80, come in seguito modificato, era tenuto ad accertarsi che un importo equivalente al premio erogato fosse stato riscosso per i prodotti che lasciavano il suo territorio. Ne consegue che il fatto che un'autorità nazionale richiedesse il clawback in base all'art. 4 del regolamento n. 1633/84 non era del tutto privo di fondamento giuridico, nonostante la successiva declaratoria di invalidità dei nn. 1 e 2 di detto articolo.

  49. Inoltre, i premi erogati agli operatori prima della sentenza Lomas sono stati da essi riscossi nella piena consapevolezza delle condizioni stabilite dal diritto comunitario per tale regime. Si deve partire dalla premessa che gli operatori acconsentivano a che un importo equivalente al premio fosse riscosso sui prodotti in caso di esportazione. Quest'obbligo di rimborso del premio costituiva parte integrante dell'applicazione del regime dei premi variabili in diritto comunitario. Ne consegue che gli operatori che avevano fruito di un premio per taluni prodotti non potevano nutrire un legittimo affidamento in ordine al loro diritto di conservare il beneficio di questo premio qualora avessero esportato i suddetti prodotti. Nelle loro memorie i ricorrenti ammettono di aver versato prima della sentenza Lomas gli importi ad essi richiesti come clawback, credendo di essere legalmente obbligati a pagarli. In altri termini, nel periodo in cui hanno acquistato i prodotti dagli operatori che avevano goduto del premio, essi si aspettavano che il premio sarebbe stato recuperato qualora i prodotti fossero stati esportati.

  50. In quanto essi fanno valere principi di diritto inglese a sostegno del loro motivo, si deve sottolineare che l'applicazione del regime ai sensi della legge inglese deriva a sua volta dai provvedimenti introdotti ai fini del diritto comunitario. In considerazione dell'esigenza fondamentale di funzionamento del regime del premio variabile, vale a dire la necessità di eliminare qualsiasi distorsione artificiosa di concorrenza tra i produttori di varie regioni, i ricorrenti non potevano sperare di evitare il versamento del clawback. Contrariamente a quanto da essi sostenuto, le domande di rimborso non potevano quindi avere come esito, ai sensi del diritto nazionale, in seguito alla sentenza Lomas, un rimborso agli operatori dell'importo complessivo del clawback riscosso e non soltanto della differenza tra il clawback versato in eccesso e l'importo del premio effettivamente assegnato.

  51. Se è vero che l'interpretazione e l'applicazione del diritto nazionale competono esclusivamente ai giudici nazionali, una parte che fa valere il principio di tutela del legittimo affidamento dinanzi a questo Tribunale, in base ad un diritto specifico conferito da norme nazionali, deve addurre una prova sufficiente dell'esistenza di questo diritto. Orbene, nel caso di specie i ricorrenti, i quali asseriscono che il loro diritto ad ottenere il rimborso del clawback illegittimamente riscosso anteriormente al 10 marzo 1992 va determinato facendo riferimento al diritto inglese, non hanno comprovato che il diritto inglese consentiva effettivamente, a decorrere da tale data, di nutrire legittime aspettative come quelle da essi dedotte.

  52. E' evidente che la decisione della House of Lords nella causa Woolwich E B S (v. il precedente punto 38), allorché è stata pronunciata il 20 luglio 1992, rappresentava un cambiamento importante nel diritto vigente in ordine alle domande di recupero di somme versate con riserva ad un'autorità pubblica in base ad una tassazione in seguito ritenuta abusiva. Ciò emerge chiaramente dalla lettura dei discorsi di tutti i membri della House of Lords, compreso ad esempio quello di Lord Browne-Wilkinson il quale, aderendo alla tesi maggioritaria, ha dichiarato che tutti i membri convenivano sul fatto che «allo stato attuale del diritto, tributi versati con riserva in seguito ad una tassazione abusiva non potevano essere rimborsati ai sensi del common law (...). Il punto sul quale non vi è unanimità è quello relativo alla questione se si debba fornire una nuova interpretazione dei principi sui quali è basata tale soluzione, in modo da attribuire un diritto al rimborso allorché ricorrono tali circostanze. Al riguardo, condivido il parere di (...) Lord Goff nel senso che, per i motivi da lui illustrati, questo è quanto occorre fare».

  53. Per quel che riguarda le condizioni per l'acquisto di un diritto al rimborso e, in particolare, la possibilità di invocare l'arricchimento indebito di un ricorrente onde non consentirgli di recuperare somme indebitamente richieste da un'autorità pubblica e ad essa versate, la House of Lords si è richiamata alla sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio (Racc. pag. 3595). In quella sentenza la Corte ha ritenuto che il diritto comunitario non ostava a che un sistema giuridico nazionale vietasse il rimborso di imposte, allorché tale rimborso avrebbe comportato un arricchimento indebito del beneficiario, anche se i tributi di cui trattasi erano stati applicati da un'autorità nazionale in violazione del diritto comunitario. Come hanno riconosciuto gli stessi ricorrenti nelle loro memorie, spetta al giudice nazionale adito con le loro domande ancora pendenti stabilire se considerazioni relative all'arricchimento indebito potrebbero impedire il recupero in tutto o in parte degli importi da essi rivendicati.

  54. Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorrenti non hanno dimostrato di poter legittimamente nutrire alcuna speranza, basata su fatti o sul diritto nazionale, di recuperare integralmente il clawback versato prima della pronuncia della sentenza Lomas. Essi non hanno neppure comprovato che è stato violato il principio della certezza del diritto (del pari preso in esame dalla Corte nella sentenza FMC — v. il punto 26 di quella sentenza, in cui viene citata la prima questione del giudice nazionale).

  55. Pertanto, si deve disattendere la prima parte del motivo.

    • Sulla seconda parte del motivo, relativa alle condizioni di rimborso stabilite dall'articolo controverso



  56. Occorre osservare che il n. 1 dell'articolo controverso dà per l'appunto effetto alla declaratoria di invalidità di cui alla sentenza Lomas, ribadendo il diritto degli operatori al rimborso della differenza tra il clawback da essi versato e l'importo del premio effettivamente assegnato per gli stessi prodotti, metodo di calcolo che è stato considerato valido dalla Corte nella sentenza FMC (punti 34-36 e 45).

  57. Il metodo alternativo di calcolo dell'importo da rimborsare è basato sull'importo medio dei premi durante un periodo di quattro settimane. Questa alternativa è stata offerta per tener conto delle difficoltà in cui si sono imbattuti quanto meno alcuni operatori per addurre la prova dei premi effettivamente assegnati agli operatori presso i quali avevano acquistato i prodotti di cui trattasi. Il fatto che essa sia stata offerta non incide sulla validità di una norma emanata ai sensi dell'art. 9, n. 3, del regolamento n. 1837/80 e dell'art. 24, n. 5, del regolamento n. 3013/89, norma dichiarata dalla Corte valida nella sentenza FMC (punti 37-45).

  58. Pertanto, va disatteso il primo motivo dei ricorrenti.

    Sul secondo motivo, relativo ad una violazione del principio di proporzionalità

    Argomenti delle parti

  59. I ricorrenti ritengono che l'art. 2 del regolamento n. 1922/92 sia contrario al principio di proporzionalità, in quanto impone loro l'onere, per ottenere il rimborso cui hanno diritto, di una prova impossibile da addurre. Questo articolo avrebbe anche l'effetto di negare loro mezzi d'impugnazione efficaci che offrirebbe loro il diritto comunitario (v. sentenze della Corte San Giorgio, dianzi citata, e 19novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a., Racc. pag. I-5357) e configurerebbe una violazione, da parte della Commissione, del dovere di collaborazione ad essa incombente in forza dell'art. 5 del Trattato CE.

  60. La Commissione e il Regno Unito ribattono che i metodi di rimborso di cui all'articolo controverso sono compatibili con il suo scopo, che consiste nel garantire l'applicazione del principio del clawback di cui all'art. 9, n. 3, del regolamento n. 1837/80 e nel dare pieno effetto alla sentenza Lomas, e che questi metodi sono del pari necessari per raggiungere questo scopo.

  61. A giudizio della Commissione, il fatto di ingiungere il rimborso dell'importo complessivo del clawback versato dai ricorrenti sarebbe anche contrario al principio di proporzionalità. Tale misura avrebbe l'effetto di prelevare sui fondi comunitari, a favore dei ricorrenti, importi rilevanti ai quali essi non avrebbero legalmente alcun diritto, il che offrirebbe loro un vantaggio ingiustificato sui loro concorrenti.

  62. Il Regno Unito osserva che la misura di cui trattasi è conforme alla sentenza Lomas e non può dunque configurare una violazione del principio di proporzionalità. A suo giudizio, sarebbe del tutto normale che un individuo che chiede il rimborso di talune somme indebitamente versate sia tenuto a dimostrare l'esistenza e l'ammontare del pagamento in eccesso.

    Giudizio del Tribunale

  63. Va ricordato che l'articolo controverso si applica ad operatori o ai loro aventi causa che avevano già promosso in ambito nazionale, anteriormente al 10 marzo 1992, adeguati procedimenti per chiedere il rimborso del clawback versato prima di tale data. Avviando tali procedimenti, questi operatori si erano già impegnati ad assolvere l'onere della prova che incombe su chiunque chieda di recuperare denaro dovutogli nell'ambito di un procedimento civile, vale a dire a comprovare, con riguardo alla legge nazionale, l'importo preciso del versamento che asserisce di aver effettuato in eccesso. L'articolo controverso non incide affatto su questa situazione, ma si limita a ribadire il diritto di tali operatori al rimborso della differenza tra il clawback da essi versato e l'importo del premio effettivamente assegnato per i prodotti di cui trattasi. I termini stabiliti per proporre tali domande, fatte salve talune disposizioni dell'articolo controverso, nonché il livello di prova richiesto per stabilire l'ammontare di questa differenza in ciascun caso concreto continuano ad essere disciplinati dalle norme procedurali nazionali pertinenti (v., al riguardo, sentenza FMC, punti 46-77).

  64. Le difficoltà di prova addotte dai ricorrenti non risultano dall'articolo controverso in quanto tale, ma dal modo in cui essi hanno effettuato la loro attività economica nel periodo in esame e, in particolare, dal fatto che non hanno chiesto agli operatori presso i quali hanno acquistato il bestiame di fornire loro documenti adeguati per quanto riguarda tutti i premi ad essi assegnati. Come ha statuito la Corte nella sentenza FMC, far ricadere l'onere della prova sugli esportatori non sembrava palesemente inadeguato, e sia l'art. 9, n. 3, del regolamento n. 1837/80, sia l'art. 24, n. 5, del regolamento n. 3013/89 hanno previsto che l'importo del clawback dovesse essere equivalente a quello del premio. Così, un operatore avveduto, che sapeva di dover versare il clawback al momento dell'esportazione dei prodotti, avrebbe dovuto adottare le disposizioni idonee a procurarsi le prove necessarie in una determinata fase per stabilire gli importi di cui trattasi (punto 36).

  65. Pertanto, il secondo motivo dei ricorrenti non può essere accolto.

  66. Da tutte le considerazioni che precedono emerge che il ricorso dev'essere respinto.

    Sulle spese

  67. Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono soccombenti e la Commissione ha fatto domanda in tal senso, essi vanno condannati alle spese. Ai sensi dell'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, il Regno Unito, che è intervenuto a sostegno della Commissione, dovrà sopportare le proprie spese.

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1. Il ricorso è respinto.

    2. I ricorrenti sono condannati in solido alle spese.

    3. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporterà le proprie spese.



Lenaerts                    Lindh                    Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 luglio 1997.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

K. Lenaerts


1: Lingua processuale: l'inglese.

Racc.