Language of document : ECLI:EU:T:2005:29

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
1° febbraio 2005 (1)

«Marchio comunitario – Procedimento di opposizione – Domanda di marchio denominativo comunitario HOOLIGAN – Marchi denominativi precedenti OLLY GAN – Elementi di fatto o di diritto non presentati all'UAMI – Ricevibilità – Rischio di confusione»

Nel procedimento T‑57/03,

Société provençale d'achat et de gestion (SPAG) SA, con sede in Marsiglia (Francia), rappresentata dall'avv. K. Manhaeve, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. U. Pfleghar e G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

altre parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell'UAMI, intervenienti dinanzi al Tribunale,

Frank Dann e Andreas Backer, residenti in Francoforte sul Meno (Germania), rappresentati dall'avv. P. Baronikians,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell'UAMI 5 dicembre 2002 (procedimento R 1072/2000‑2), relativa al procedimento di opposizione concernente i marchi HOOLIGAN e OLLY GAN,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dal sig. J. Pirrung, presidente, dai sigg. N.J. Forwood e S. Papasavvas, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

visto il ricorso presentato nella cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2003,

visto il controricorso dell'UAMI presentato nella cancelleria del Tribunale il 12 settembre 2003,

visto il controricorso degli intervenienti presentato nella cancelleria del Tribunale il 12 settembre 2003,

in seguito all'udienza del 28 settembre 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti della controversia

1
Il 1° aprile 1996 i sigg. Frank Dann e Andreas Backer (in prosieguo: gli «intervenienti») hanno presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), in forza del regolamento del Consiglio 20 dicembre 1993 sul marchio comunitario, n. 40/94 (GU 1994, L 11, pag. 1 ), come modificato.

2
Il marchio la cui registrazione è stata richiesta è il segno denominativo HOOLIGAN.

3
I prodotti per i quali la registrazione è stata richiesta appartengono alla classe 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, che corrispondono alla seguente descrizione: «articoli di abbigliamento e cappelleria».

4
Il 31 agosto 1998 tale domanda è stata pubblicata nel Bollettino del marchio comunitario n. 65/98.

5
Il 30 novembre 1998 la Société provençale d’achat et de gestion (SPAG) SA (in prosieguo: la «ricorrente») ha presentato un’opposizione, in forza dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, contro il marchio richiesto, per tutti i prodotti oggetto di quest’ultimo, basandosi su due marchi precedenti di cui essa è titolare, vale a dire:

il marchio denominativo internazionale OLLY GAN n. 575552 avente effetto, in particolare, in Germania, in Spagna, in Italia e in Portogallo, concernente in particolare vestiti appartenenti alla classe 25;

il marchio denominativo francese OLLY GAN n. 1655245, concernente in particolare vestiti appartenenti alla classe 25.

6
Il 26 maggio 1999 gli intervenienti hanno chiesto alla ricorrente la prova dell'effettiva utilizzazione dei marchi precedenti invocati.

7
Con decisione 15 settembre 2000, la divisione di opposizione dell’UAMI ha accolto l’opposizione in quanto, in Francia e in Portogallo, vi era un rischio di confusione a causa dell’identità dei prodotti considerati dai marchi in conflitto e della somiglianza fonetica e, di conseguenza, concettuale fra i segni denominativi di cui trattasi.

8
Il 9 novembre 2000 gli intervenienti hanno presentato un ricorso presso l’UAMI contro la decisione della divisione di opposizione.

9
Con decisione 5 dicembre 2002 (procedimento R 1072/2000‑2; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI ha annullato la decisione della divisione di opposizione.

10
La commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che il consumatore medio francese o portoghese conoscesse il significato corrente della parola inglese «hooligan» e la sua ortografia, e pronunciava i marchi in conflitto in modo diverso. La commissione di ricorso ne ha concluso che non vi era una somiglianza visiva, fonetica o concettuale tra i segni in conflitto e, pertanto, che non vi era alcun rischio di confusione fra i marchi in conflitto.


Conclusioni delle parti

11
La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’UAMI alle spese.

12
L’UAMI e gli intervenienti concludono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


Sulla ricevibilità degli elementi di fatto e di diritto presentati dinanzi al Tribunale

Argomenti delle parti

13
L’UAMI fa valere, in limine, che non è compito del Tribunale, in sede di esame della legittimità della decisione impugnata, riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove presentate per la prima volta dinanzi ad esso. Del pari, non avendo la ricorrente contestato dinanzi alla commissione di ricorso l’identità dei prodotti di cui trattasi, l’uso dei marchi, la pertinenza dei soli territori francesi e portoghesi, nonché la mancanza di somiglianza visiva tra i segni in conflitto, e avendo fatto valere per la prima volta dinanzi al Tribunale l’elevato carattere distintivo dei marchi precedenti di cui trattasi, tali questioni non potrebbero più essere esaminate dinanzi al Tribunale, salvo modificare l’oggetto della lite in violazione dell’art. 135, n. 4, del regolamento di procedura del Tribunale.

14
La ricorrente ritiene che l’argomento relativo al significato concettuale del marchio OLLY GAN era già stato presentato dinanzi all’UAMI. Essa si rimette al prudente apprezzamento del Tribunale per quanto concerne la ricevibilità dei documenti nuovi presentati dinanzi ad esso, ma chiede che lo stesso regime sia applicato agli atti nuovi presentati dagli intervenienti.

Giudizio del Tribunale

15
L’art. 63 del regolamento n. 40/94 dispone:

«Avverso le decisioni delle commissioni di ricorso può essere proposto ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee.

Il ricorso può essere proposto per incompetenza, per violazione di norme che prescrivono una determinata forma, per violazione del trattato, del presente regolamento o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione o per sviamento di potere.

La Corte di giustizia è competente sia ad annullare che a riformare la decisione impugnata.

Il ricorso può essere proposto da una qualsiasi delle parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, se nella sua decisione questa non ne ha accolto le richieste.

(...)».

16
L’art. 74 del regolamento n. 40/94 dispone:

«Nel corso della procedura l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, in procedure concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, prove ed argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.

L’Ufficio può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno presentato in tempo utile».

17
Occorre ricordare che un ricorso proposto dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 63, n. 2, del regolamento n. 40/94 mira al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T‑247/01, eCopy/UAMI (ECOPY), Racc. pag. II‑5301, punto 46, e 22 ottobre 2003, causa T‑311/01, Éditions Albert René/UAMI‑Trucco (Starix), Racc. pag. II‑4625, punto 70, e la giurisprudenza ivi citata]. Nell’ambito del regolamento n. 40/94, in applicazione dell’art. 74 del detto regolamento, tale controllo deve effettuarsi in base all’ambito fattuale e giuridico della lite quale è stato presentato dinanzi alla commissione di ricorso [v., per analogia, sentenza del Tribunale 5 marzo 2003, causa T-194/01, Unilever/UAMI (pasticca ovoidale), Racc. pag. II‑383, punto 16].

18
Occorre del pari ricordare come dalla continuità funzionale tra le varie istanze dell’UAMI discenda che, nell'ambito di applicazione dell’art. 74 del regolamento n. 40/94, la commissione di ricorso è tenuta a fondare la sua decisione riguarda tutti gli elementi di fatto e di diritto presentati nella decisione impugnata dinanzi ad essa e riguardo a quelli presentati dalla parte o dalle parti nel procedimento dinanzi all’unità che ha statuito in prima istanza, o, con la sola riserva del n. 2 di tale disposizione, nella procedura di ricorso. In particolare, la portata dell’esame che la commissione di ricorso è tenuta ad effettuare per quanto riguarda la decisione che costituisce oggetto del ricorso non è, in via di principio, determinata esclusivamente dai motivi invocati dalla parte o dalle parti nel procedimento dinanzi ad essa [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 23 settembre 2003, causa T‑308/01, Henkel/UAMI – LHS (UK) (KLEENCARE), Racc. pag. II‑3253, punti 29 e 32].

19
Per quanto attiene all’ambito fattuale, dall’art. 74, n. 2, del regolamento n. 40/94 discende che spetta alle parti fornire in tempo utile dinanzi all’UAMI gli elementi di fatto di cui esse intendono avvalersi. Ne consegue che nessuna illegittimità può essere rimproverata all’UAMI in base ad elementi di fatto che non sono stati ad esso presentati.

20
Pertanto, elementi di fatto invocati dinanzi al Tribunale senza essere stati prima presentati dinanzi ad una delle istanze dell’UAMI devono essere respinti [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 5 marzo 2003, causa T‑237/01, Alcon/UAMI‑Dr. Robert Winzer Pharma (BSS), Racc. pag. II‑411, punti 61 e 62, confermata in seguito ad impugnazione con ordinanza della Corte 5 ottobre 2004, causa C‑192/03 P, Alcon/UAMI, Racc. pag. I‑0000; sentenze del Tribunale 6 marzo 2003, causa T‑128/01, DaimlerChrysler/UAMI (Calandra), Racc. pag. II‑701, punto 18; 3 luglio 2003, causa T‑129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser-Busch (BUDMEN), Racc. pag. II‑2251, punto 67; 4 novembre 2003, causa T‑85/02, Díaz/UAMI – Granjas Castelló (CASTILLO), Racc. pag. II‑4835, punto 46, e 13 luglio 2004, causa T‑115/03, Samar/UAMI – Grotto (GAS STATION), Racc. pag. II‑2939, punto 13].

21
Per quanto attiene all’ambito giuridico, va osservato che, in un procedimento relativo agli impedimenti relativi di rifiuto, secondo il tenore stesso dell’art. 74, n. 1, in fine, del regolamento n. 40/94 l’esame dell’UAMI è limitato ai motivi invocati e alle domande presentate dalle parti. Infatti la commissione di ricorso, nel pronunciarsi su un ricorso contro una decisione che conclude un procedimento di opposizione, può fondare la propria decisione solo sugli impedimenti relativi alla registrazione che la parte interessata ha invocato nonché sui fatti e sulle prove ad essi afferenti presentati dalle parti [v. sentenza del Tribunale 22 giugno 2004, causa T‑185/02, Ruiz‑Picasso e a./UAMI – DaimlerChrysler (PICARO), Racc. pag. I‑0000, punto 28, e la giurisprudenza ivi citata]. I criteri di applicazione di un impedimento relativo di rifiuto o di qualsiasi altra disposizione addotti a sostegno delle domande presentate dalle parti costituiscono naturalmente parte degli elementi di diritto presentati all’esame dell’UAMI. Va precisato, al riguardo, che può verificarsi che una questione di diritto debba essere risolta dall’UAMI anche quando non è stata sollevata dalle parti, se la soluzione di tale questione è necessaria per garantire una corretta applicazione del regolamento n. 40/94 riguardo ai motivi e alle domande presentati dalle parti. Fa quindi parte degli elementi di diritto presentati dinanzi alla commissione di ricorso anche una questione di diritto che deve necessariamente essere esaminata per la valutazione dei motivi addotti dalle parti e per l’accoglimento o il rigetto delle domande, anche se queste ultime non si sono espresse su tale questione e anche se l’UAMI ha omesso di pronunciarsi su tale aspetto. Del pari, se si sostiene che l’UAMI ha commesso un’irregolarità nell’esame delle domande delle parti, quale, ad esempio, la violazione del principio del contraddittorio, anche tale asserita irregolarità costituisce parte dell’ambito giuridico della causa.

22
Ne consegue che elementi di diritto invocati dinanzi al Tribunale senza essere stati precedentemente addotti dinanzi agli organi dell’UAMI, qualora si riferiscano ad una questione di diritto che non era necessaria per garantire una corretta applicazione del regolamento n. 40/94 riguardo ai motivi e alle domande presentati dalle parti, non possono incidere sulla legittimità di una decisione della commissione di ricorso relativa all’applicazione di un impedimento relativo alla registrazione, in quanto non appartengono all’ambito giuridico della lite quale è stato presentato dinanzi alla commissione di ricorso. Pertanto, essi sono irricevibili. Per contro, quando deve essere rispettata una norma di diritto o deve essere risolta una questione di diritto per garantire una corretta applicazione del regolamento n. 40/94 riguardo ai motivi e alle domande presentati dalle parti, può essere invocato per la prima volta dinanzi al Tribunale un elemento di diritto connesso a tale questione.

23
Si deve infine precisare che siffatte norme di ricevibilità quanto agli elementi di fatto si impongono anche all’UAMI o alle parti intervenienti che agiscono dinanzi al Tribunale ex art. 134 del regolamento di procedura [v., per quanto riguarda elementi di prova presentati da un interveniente, sentenza del Tribunale 18 febbraio 2004, causa T‑10/03, Koubi/UAMI – Flabesa (CONFORFLEX), Racc. pag. II‑0000, punto 52]. Per quanto concerne gli elementi di diritto, gli intervenienti sono soggetti alle stesse norme di ricevibilità dei ricorrenti. Infatti, «il principio di parità delle armi» richiede che i ricorrenti e gli intervenienti dinanzi al Tribunale dispongano degli stessi mezzi.

24
Nella specie, si può rilevare che la ricorrente non ha presentato osservazioni dinanzi alla commissione di ricorso. L’UAMI sostiene che il Tribunale non può più esaminare le questioni non soggette all’esame della commissione di ricorso, relative all’identità dei prodotti di cui trattasi, ai territori per i quali la prova di una effettiva utilizzazione dei marchi precedenti è stata fornita, alla pertinenza dei territori considerati per l’analisi e alla mancanza di somiglianza visiva tra i segni in conflitto. Per le ragioni esposte sopra al punto 18, tale argomento deve essere respinto.

25
Occorre infatti osservare che tali questioni facevano parte dell’ambito fattuale e giuridico dinanzi alla commissione di ricorso. Tutte queste questioni sono state esaminate dalla divisione di opposizione nella sua decisione, replicando agli argomenti delle parti o di propria iniziativa, poiché tali questioni dovevano essere obbligatoriamente risolte per statuire sull’opposizione. Pertanto, la commissione di ricorso ha necessariamente basato, o avrebbe potuto basare, la sua decisione alla luce di tutti gli elementi di fatto e di diritto che hanno portato alla decisione impugnata dinanzi ad essa. Siffatte questioni possono quindi essere discusse nel merito dinanzi al Tribunale.

26
Per contro, per quanto concerne l’accentuato carattere distintivo dei marchi precedenti, tanto intrinseco quanto a causa della loro notorietà, invocato dalla ricorrente, si deve constatare che, alla luce del fascicolo di procedura dinanzi all’UAMI, la ricorrente non ha mai fatto valere tale accentuato carattere distintivo dinanzi all’UAMI stesso, dinanzi alla divisione di opposizione oppure, a fortiori, dinanzi alla commissione di ricorso, poiché la ricorrente non era presente dinanzi a quest’ultima.

27
A questo proposito, la Corte ha considerato che quando si valuta il rischio di confusione deve essere considerato il carattere distintivo del marchio precedente, in particolare la sua notorietà (sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 24 e dispositivo). In detta sentenza la Corte ha fornito l’interpretazione esatta dell’art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui testo è ampiamente analogo a quello dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Peraltro, nel settimo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94 si afferma che la valutazione del rischio di confusione dipende, in particolare, dalla «notorietà del marchio di impresa sul mercato».

28
Tuttavia, a differenza di detta direttiva, il legislatore ha inserito nel regolamento n. 40/94 le norme sull’attività dell’amministrazione competente in materia di marchi, nonché sui diritti e sugli obblighi delle persone intervenienti dinanzi a tale amministrazione. Quindi, conformemente all’art. 74, n. 1, in fine, dello stesso regolamento, l’esame in materia di impedimenti relativi di rifiuto è limitato ai motivi e alle domande delle parti. Conformemente all’art. 74, n. 2, dello stesso regolamento, l’UAMI può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove da esse non prodotte tempestivamente. Poiché il richiamo all’accentuato carattere distintivo costituisce un motivo al contempo di fatto e di diritto, deve essere effettuata una distinzione a seconda che l’UAMI sia in grado o meno di statuire sulle domande delle parti alla luce dei documenti da esse presentati.

29
Per quanto attiene, in primo luogo, al carattere distintivo risultante dalla notorietà dei marchi precedenti, va rilevato che tale carattere è esclusivamente invocato dalla ricorrente in occasione della valutazione del rischio di confusione in forza dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

30
Riguardo all’art. 74 del regolamento n. 40/94, è compito dell’UAMI esaminare qualsiasi motivo relativo al carattere distintivo di un marchio a causa della sua notorietà. Per contro, in mancanza di qualsiasi richiamo ad opera di una parte tanto alla notorietà dei marchi precedenti quanto alle prove addotte a sostegno di tale notorietà, non si può rimproverare all’UAMI di non essersi pronunciato, d’ufficio, su tale aspetto. Infatti, da un lato, essendo la notorietà di un marchio a priori puramente congetturale, tocca alle parti precisare sufficientemente la loro domanda per consentire all’UAMI di statuire pienamente sulle loro pretese. D’altro lato, la valutazione della notorietà si basa in linea di principio su elementi di fatto che spetta alle parti fornire. Quando la parte che ha presentato l’opposizione intende avvalersi del fatto che il suo marchio è molto noto, essa è tenuta ad addurre gli elementi di fatto e, se occorre, di prova che consentano all’UAMI di verificare la validità in concreto di tale affermazione [sentenza del Tribunale 22 giugno 2004, causa T‑66/03, «Drie Mollen sinds 1818»/UAMI – Nabeiro Silveira (Galáxia), Racc. pag. II‑1765, punto 32].

31
Si deve quindi considerare che l’UAMI non era tenuto ad esaminare la notorietà dei marchi precedenti di cui trattasi. Infatti, tale notorietà non faceva parte della domanda di opposizione che gli era stata presentata. Il motivo della ricorrente relativo alla notorietà dei suoi marchi precedenti e gli atti ivi relativi devono quindi essere dichiarati irricevibili.

32
Per quanto concerne, in secondo luogo, il carattere distintivo intrinseco di un marchio precedente, occorre invece constatare che l’UAMI era tenuto ad esaminare, eventualmente d’ufficio, tale elemento a seguito di una domanda di opposizione. Infatti, a differenza della notorietà, la valutazione del carattere distintivo intrinseco non implica alcun elemento di fatto che le parti debbano presentare. Inoltre, tale valutazione non è subordinata alla presentazione ad opera delle parti di motivi o di argomenti volti a provare tale carattere distintivo intrinseco, in quanto l’UAMI è in grado, da solo, di individuarne e di valutarne la sussistenza tenuto conto del marchio precedente su cui si basa l’opposizione.

33
Nella specie, ne consegue che il carattere distintivo intrinseco dei marchi precedenti della ricorrente all’atto dell’analisi del rischio di confusione faceva parte degli elementi di diritto necessari per garantire una corretta applicazione del regolamento n. 40/94 tenuto conto della domanda e dei motivi presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente ivi relativo deve essere esaminato nel merito.

34
Per quanto concerne, infine, gli elementi di fatto presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale, l’UAMI non ha individuato allegati del ricorso relativi ad un aspetto diverso dalla notorietà dei marchi precedenti già sopra respinto. Tuttavia, dal fascicolo risulta che gli allegati A 7 e A 8, miranti a provare che il richiamo al concetto di houligan da parte dei marchi precedenti OLLY GAN era già stato rilevato, sono volti in particolare a dimostrare l’erroneità della valutazione della commissione di ricorso secondo cui i marchi di cui trattasi sono concettualmente diversi. Anche se tali allegati sostengono la critica degli elementi di fatto e di diritto contenuti nella decisione impugnata, essi non sono stati presentati all’UAMI. Pertanto, tali allegati non fanno parte dell’ambito fattuale portato all’esame della commissione di ricorso e sono quindi irricevibili.

35
Del pari, va respinto l’elemento di fatto nuovo addotto dagli intervenienti, cioè il risultato di una ricerca sul sito Internet Google, poiché tale elemento non è stato presentato durante la procedura amministrativa dinanzi all’UAMI. Va del pari respinta l’affermazione degli intervenienti secondo la quale il marchio richiesto usufruirebbe di un carattere distintivo elevato a causa del suo uso intensivo, poiché tale argomento non è stato addotto dinanzi all’UAMI.


Nel merito

Argomenti delle parti

36
Secondo la ricorrente, è pacifico che i prodotti interessati dai marchi in conflitto sono identici.

37
Essa osserva che i segni in conflitto presentano una certa somiglianza visiva, poiché entrambi contengono le lettere «ol» e terminano con la sillaba «gan».

38
Essa fa valere che tali segni sono foneticamente identici o molto simili. Contesta la pertinenza delle pronunce fornite dai dizionari francese e spagnolo citati dalla commissione di ricorso in quanto, da un lato, la parola francese è «houligan» e, dall'altro, il carattere accademico di tali pronunce è inadeguato per una parola comune, persino familiare. Il pubblico pertinente, vale a dire i consumatori medi, in particolare francesi, spagnoli e portoghesi, non sarebbe, in buona parte, anglofono. Di conseguenza, non sarebbe evidente che egli sappia pronunciare correttamente la parola «hooligan» e ne conosca l’ortografia. Inoltre, coloro che fra tali consumatori parlano inglese lo farebbero con un accento latino assai pronunciato che cancella le differenze tra la pronuncia dei segni verbali in conflitto concernenti l’«h» aspirata, la doppia «o» o la pausa tra le parole «Olly» e «Gan». I due segni in conflitto avrebbero quindi una pronuncia assai simile.

39
Essa adduce che i segni in conflitto sono concettualmente identici o molto simili. A causa della loro somiglianza fonetica, i segni farebbero riferimento necessariamente allo stesso concetto di houligan.

40
Essa osserva che, conformemente alla giurisprudenza e ai testi normativi, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più il carattere distintivo intrinseco del marchio precedente risulti accentuato. Orbene, i marchi precedenti in esame avrebbero un forte carattere distintivo intrinseco.

41
Tenuto conto del fatto che il consumatore medio ha soltanto raramente l’occasione di procedere ad un confronto diretto dei marchi in conflitto, il rischio di confusione sarebbe provato [sentenza del Tribunale 15 gennaio 2003, causa T‑99/01, Mystery Drinks/UAMI – Karlsberg Brauerei (MYSTERY), Racc. pag. II‑43].

42
L’UAMI osserva, ad abundantiam tenuto conto dell’eccezione di irricevibilità opposta all’argomento relativo alla somiglianza visiva dei segni in conflitto, che tali segni sono diversi, a parte i soli elementi «ol» e «gan».

43
Gli intervenienti deducono che non vi è somiglianza visiva tra i segni di cui trattasi. Il marchio richiesto sarebbe composto di un’unica parola e possiederebbe la doppia «o» come elemento dominante, mentre i marchi precedenti sarebbero composti di due parole e possiederebbero l’elemento «oll» come elemento dominante.

44
L’UAMI adduce che i segni in conflitto sono foneticamente diversi. La parola inglese «hooligan» sarebbe compresa in tutta la Comunità, in particolare in Francia, paese nel quale è entrata nella lingua, principalmente a causa del suo impiego nel settore calcistico. Tale parola sarebbe caratterizzata dalla pronuncia inglese o, quantomeno, da una pronuncia poco diversa. Così, evidenti differenze uditive esisterebbero tra i segni in conflitto, in particolare quanto alla pronuncia della prima sillaba e alla pausa tra le due parole che costituiscono i marchi precedenti.

45
Gli intervenienti affermano che non vi è nemmeno una somiglianza fonetica. La parola «hooligan» sarebbe nota e corrente in Francia, anche con una grafia leggermente diversa, nonché in Spagna e sarebbe pronunciata correttamente all’inglese. Così, i termini «hooligan» e «Olly Gan» sarebbero costituiti da serie vocaliche diverse, vale a dire rispettivamente [u‑i‑ä] e [o‑i‑a], e avrebbero l'accento tonico in un punto diverso, vale a dire, rispettivamente, sulla prima sillaba e sulla seconda parola. Inoltre, la pausa tra le due parole che compongono i marchi precedenti costituirebbe una differenza fonetica sufficiente.

46
Secondo l’UAMI, essendo i marchi precedenti privi di significato, qualsiasi somiglianza concettuale tra i segni in conflitto sarebbe esclusa. Infatti, a causa della conoscenza della parola «hooligan», anzi «houligan», e delle differenze visive e fonetiche tra i marchi di cui trattasi, il pubblico pertinente non potrebbe confondere la parola «hooligan» con i termini «Olly Gan» [sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑0000].

47
Secondo gli intervenienti, non vi è somiglianza concettuale tra i marchi di cui trattasi. OLLY GAN sarebbe percepito come un nome e un cognome maschile e sarebbe inteso come il nome di un «designer», prassi corrente nel settore della moda, il che escluderebbe altre associazioni. Per contro, la parola «hooligan» sarebbe largamente usata nei testi francese, italiano, portoghese e spagnolo. Pertanto, sarebbe esclusa qualsiasi confusione concettuale.

48
L’UAMI sostiene che, dato che si deve tener conto soltanto di un carattere distintivo medio dei marchi precedenti, le differenze fra i segni in conflitto escluderebbero qualsiasi rischio di confusione (sentenza MYSTERY, supra, punto 41).

49
Gli intervenienti negano il fatto che i marchi precedenti siano particolarmente noti.

Giudizio del Tribunale

50
Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con il marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.

51
Per giurisprudenza costante, il rischio di confusione quanto all’origine commerciale dei prodotti o dei servizi deve essere valutato complessivamente secondo la percezione che il pubblico pertinente ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi e tenendo conto di tutti i fattori caratterizzanti il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa, T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 29‑33, e la giurisprudenza ivi citata].

52
Quanto alla definizione del pubblico pertinente nel caso di specie, tutte le parti concordano nel considerare che esso è costituito, quanto meno, dai consumatori medi francesi e portoghesi.

53
Va constatato inoltre che l’identità dei prodotti considerati dai marchi di cui trattasi non è contestata dinanzi al Tribunale.

54
Quanto alla somiglianza dei segni in conflitto, dalla giurisprudenza risulta che la valutazione globale del rischio di confusione, per quanto concerne la somiglianza visiva, uditiva o concettuale dei segni di cui trattasi, deve essere basata sull’impressione complessiva prodotta da questi, tenuto conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 23, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 25). Si deve del pari, all’atto della determinazione del loro grado di somiglianza visiva, uditiva e concettuale, valutare, se del caso, l’importanza che va attribuita a questi vari elementi, tenendo conto della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi e delle condizioni nelle quali essi sono messi in commercio (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 27).

55
Nel caso di specie, per quanto concerne anzitutto la somiglianza visiva dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha confermato la valutazione della divisione di opposizione secondo la quale tali segni erano visualmente diversi (punto 20 della decisione impugnata). La ricorrente si limita a sostenere che i segni in conflitto hanno in comune le lettere «ol» e la sillaba finale «gan».

56
Occorre osservare che la somiglianza visiva si limita agli elementi comuni addotti dalla ricorrente. Per contro, i segni in conflitto presentano differenze visive significative. I marchi precedenti sono costituiti da due parole, cominciano con una «o» e contengono una doppia «l» e una «y». Il marchio richiesto è costituito da una sola parola, comincia con una «h» e contiene una doppia «o» e una «i». Si deve quindi concludere che la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che i segni in conflitto siano visualmente diversi.

57
Per quanto concerne inoltre la somiglianza fonetica dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha ritenuto che la loro pronuncia sia diversa secondo i dizionari spagnolo e francese. All’udienza, l’UAMI ha sostenuto che le commissioni di ricorso avevano una conoscenza «interna» della pronuncia in varie lingue a causa delle varie cittadinanze dei suoi membri. La commissione di ricorso ha rilevato del pari che, poiché i consumatori medi francesi e portoghesi conoscevano il significato della parola «hooligan», in relazione al football, essi ne conoscevano anche la pronuncia. La pausa fra le parole, presente nella pronuncia dei marchi precedenti e mancante in quella del marchio richiesto, costituirebbe anche una differenza fonetica (punti 21 e 22 della decisione impugnata).

58
Si deve osservare che la pronuncia da parte del consumatore medio di una parola di una lingua straniera nella sua lingua materna difficilmente può essere stabilita con sicurezza. In primo luogo, non è certo che tale parola sia riconosciuta come straniera, soprattutto quando, come nel caso di specie del consumatore francese, essa è stata trasformata secondo la grafia della lingua di arrivo. Infatti, la parola inglese «hooligan» compare in francese nella forma «houligan». In secondo luogo, anche se viene riconosciuta l’origine straniera della parola di cui trattasi, la sua pronuncia non è necessariamente quella della lingua di origine. Infatti, una pronuncia corretta secondo la lingua di origine implica non solo la conoscenza di tale pronuncia, ma anche la capacità di pronunciare la parola in questione con l’accento corretto. In terzo luogo, al momento di valutare un rischio di confusione, occorrerebbe anche accertare che gran parte del pubblico pertinente ha tale capacità.

59
A questo proposito i dizionari della lingua del pubblico pertinente possono, in linea di principio, essere considerati tanto dalla prima istanza dell’UAMI quanto dalle commissioni di ricorso, anche senza essere stati presentatati alle parti, poiché costituiscono, a priori, elementi notori. Tali dizionari forniscono una pertinente indicazione della pronuncia corretta della parola di cui trattasi nella lingua di arrivo, anche se nulla garantisce che tale pronuncia corretta sia quella realmente praticata nella lingua corrente. Peraltro, la conoscenza che possiedono le varie istanze dell’UAMI grazie alle varie cittadinanze dei suoi agenti o membri può, eventualmente, servire a confermare gli elementi utili per definire la pronuncia del consumatore medio.

60
Per quanto concerne la conoscenza fonetica della parola «hooligan» da parte del pubblico pertinente, la commissione di ricorso ha giustamente potuto considerare che tale pubblico conosceva tale parola a causa del suo uso corrente nel settore calcistico. Essa ha del pari giustamente ritenuto che la prima sillaba di tale parola sarebbe a priori pronunciata in francese «u». La commissione di ricorso poteva validamente considerare che il consumatore francese conoscesse o il termine inglese «hooligan» e la pronuncia di base ad esso associata, o il termine francese «houligan» quale figura nel dizionario francese cui si fa riferimento nella decisione impugnata. Infatti, la parte del pubblico pertinente francese che non conosce la parola francese e che pronuncia la parola inglese alla francese malgrado la sua origine manifestamente straniera è, per contro, probabilmente ridotta. Pertanto, anche se le vocali «u» e «o» sono simili, esse costituiscono una differenza fonetica fra i marchi in conflitto. Quanto invece al consumatore portoghese, la validità della tesi della commissione di ricorso è sminuita dal fatto che essa si è basata, a torto, su un dizionario spagnolo, senza pertinenza rispetto alla lingua parlata da detto consumatore. Peraltro, la commissione di ricorso ha sottolineato, giustamente, che il fatto che i marchi precedenti fossero costituiti da due parole, mentre il marchio richiesto era formato da una sola parola, costituiva del pari una differenza fonetica pertinente fra i marchi in conflitto.

61
Tuttavia, va rilevato che nulla indica che le sillabe «li» del marchio richiesto e «ly» dei marchi precedenti siano pronunciate diversamente dal pubblico pertinente. Del pari, quale che sia la maniera di pronunciarla, la sillaba «gan», comune ai marchi in conflitto, sarà percepita identica dal pubblico pertinente. Nulla indica nemmeno che l’iniziale «h» del marchio richiesto e la differenza oggettiva di accento tonico quando i marchi in conflitto sono pronunciati in inglese consentano al pubblico pertinente, francese e portoghese, di differenziare foneticamente i marchi in conflitto quali pronunciati da detto pubblico.

62
In conclusione, prevalendo le somiglianze fonetiche sulle differenze, i marchi HOOLIGAN e OLLY GAN presentano una somiglianza fonetica per il pubblico pertinente. La commissione di ricorso ha quindi commesso un errore di valutazione considerando che i segni in conflitto siano, per i consumatori medi francesi e portoghesi, foneticamente diversi.

63
Per quanto concerne, infine, la somiglianza concettuale dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha considerato che, essendo tale somiglianza basata, nella decisione della divisione di opposizione, soltanto sulla somiglianza fonetica, la mancanza di quest’ultima somiglianza comportasse il rigetto di qualsiasi somiglianza concettuale.

64
Dato che tale ragionamento parte da una premessa che sopra è stata considerata erronea, si deve constatare del pari che la decisione impugnata è errata su tale punto.

65
Tuttavia, la conclusione della commissione di ricorso secondo la quale i marchi in conflitto sono concettualmente diversi è giusta.

66
È evidente, da un lato, che il marchio richiesto è intrinsecamente basato sul concetto di «houligan». Peraltro, è pacifico che tale concetto è conosciuto dai consumatori medi francesi e portoghesi, in particolare a causa del suo uso nel settore calcistico. Pertanto, il marchio richiesto sarà compreso e assimilato in tal senso dal pubblico pertinente. D’altro lato, i termini dei marchi precedenti non hanno a priori alcun significato e fanno riferimento in primo luogo a un nome e a un cognome. Quest’ultimo concetto è largamente diffuso nel settore dell’abbigliamento e sarà quindi pienamente assimilato dal pubblico pertinente, per cui che i marchi precedenti saranno memorizzati in tal senso. È solo indirettamente, e da un punto di vista strettamente fonetico, che un’associazione può eventualmente instaurarsi nella percezione del pubblico pertinente, fra i marchi precedenti e il concetto di «houligan». Tale associazione si baserebbe tuttavia su una confusione preliminare dei marchi in conflitto a causa della loro somiglianza fonetica. Orbene, la percezione visiva dei marchi precedenti stabilirà immediatamente una distanza tra il concetto di «houligan» e tali marchi. A questo proposito, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che, in genere, l’acquisto di un articolo di abbigliamento implichi l’esame visivo dei marchi (punto 23 della decisione impugnata). Il consumatore medio memorizzerà quindi i marchi precedenti secondo il concetto del nome e del cognome.

67
A questo stadio dell’iter logico seguito, va esaminato l’argomento della ricorrente secondo il quale i marchi precedenti sono dotati di un accentuato carattere distintivo intrinseco. Come si è sopra rilevato, i marchi precedenti sono congegnati secondo un sistema che sarà compreso dal pubblico pertinente come l’associazione di un nome e di un cognome. Tale concetto è comune nel settore dell’abbigliamento. Inoltre, nulla indica che il nome e il cognome scelti possano essere considerati particolarmente significativi agli occhi del pubblico pertinente. Non si può quindi affermare che i marchi precedenti abbiano un intrinseco carattere distintivo accentuato.

68
Pertanto, nell’ambito della valutazione globale della somiglianza dei segni in conflitto, va considerato che la commissione di ricorso a giusto titolo ha concluso, malgrado l’errore di valutazione per quanto concerne la mancanza di somiglianza fonetica, che la differenza visiva tra questi e la mancanza di somiglianza concettuale comportano una mancanza di somiglianza fra detti segni.

69
Nell’ambito della valutazione complessiva dei marchi in conflitto, la commissione di ricorso ha quindi correttamente concluso, al punto 23 della decisione impugnata, che il pubblico pertinente non sarà indotto a confondere il marchio richiesto con i marchi precedenti, in particolare nel settore dell’abbigliamento.

70
Alla luce di quanto precede, si deve respingere il ricorso.


Sulle spese

71
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, va condannata alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI e degli intervenienti.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata alle spese.

Pirrung

Forwood

Papasavvas

Così deciso e pronunciato in Lussemburgo il 1° febbraio 2005.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: il tedesco.