Language of document : ECLI:EU:T:2014:608

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

3 luglio 2014 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti dell’Iran al fine di impedire la proliferazione nucleare – Congelamento dei capitali – Obbligo di motivazione – Errore di valutazione – Modulazione nel tempo degli effetti di un annullamento»

Nella causa T‑565/12,

National Iranian Tanker Company, con sede in Teheran (Iran), rappresentata da R. Chandrasekera, S. Ashley, C. Murphy, solicitors, M. Lester, barrister, e D. Wyatt, QC,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Boelaert e M. Bishop, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda di annullamento, da un lato, della decisione 2012/635/PESC del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 282, pag. 58), nella parte in cui il nome della ricorrente è stato iscritto nell’elenco riportato nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) n. 945/2012 del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 282, pag. 16), nella parte in cui tale regolamento coinvolge la ricorrente,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto da M. van der Woude (relatore), presidente, I. Wiszniewska-Białecka, M. Kancheva, C. Wetter e I. Ulloa Rubio, giudici,

cancelliere: N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 31 gennaio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, la National Iranian Tanker Company, è una società iraniana specializzata nel trasporto di carichi di petrolio greggio e di gas. Essa impiega una delle più grandi flotte al mondo di petroliere a doppio scafo.

2        La presente causa si colloca nel contesto delle misure restrittive istituite per fare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e alla messa a punto di vettori per armi nucleari.

3        Il 9 giugno 2010, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione UNSCR 1929 (2010) (in prosieguo: la «risoluzione 1929»), che ha ampliato la portata delle misure restrittive imposte dalle risoluzioni UNSCR 1737 (2006), UNSCR 1747 (2007) e UNSCR 1803 (2008) e ha introdotto misure restrittive aggiuntive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran.

4        Il 17 giugno 2010, il Consiglio europeo ha sottolineato le sue crescenti preoccupazioni riguardo al programma nucleare iraniano e si è compiaciuto dell’adozione della risoluzione 1929. Il Consiglio europeo, rammentando la sua dichiarazione dell’11 dicembre 2009, ha invitato il Consiglio dell’Unione europea ad adottare misure di attuazione di quelle contenute nella risoluzione 1929 nonché misure di accompagnamento, al fine di contribuire a rispondere in via negoziale a tutte le preoccupazioni suscitate dallo sviluppo, da parte della Repubblica islamica dell’Iran, di tecnologie sensibili a sostegno dei suoi programmi nucleare e missilistico. Tali misure avrebbero dovuto essere incentrate sul settore commerciale, sul settore finanziario, sul settore dei trasporti iraniani e sui settori chiave dell’industria del gas naturale e del petrolio nonché su ulteriori obiettivi, in particolare il Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica.

5        Il 26 luglio 2010, il Consiglio ha adottato la decisione 2010/413/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39), il cui allegato II elenca le persone e le entità – diverse da quelle indicate dal Consiglio di sicurezza o dal comitato delle sanzioni istituito dalla risoluzione UNSCR 1737 (2006), menzionate nell’allegato I – assoggettate ad un congelamento dei beni. Il considerando 22 della suddetta decisione richiama la risoluzione 1929 e osserva che quest’ultima rileva il potenziale collegamento tra le entrate dell’Iran risultanti dal suo settore dell’energia e il finanziamento delle sue attività nucleari sensibili in termini di proliferazione.

6        Il 23 gennaio 2012, il Consiglio ha adottato la decisione 2012/35/PESC che modifica la decisione 2010/413 (GU L 19, pag. 22). Il suo considerando 8 ricorda il potenziale collegamento tra le entrate dell’Iran risultanti dal suo settore dell’energia e il finanziamento delle sue attività nucleari sensibili in termini di proliferazione e il fatto che le apparecchiature e i materiali per processi chimici necessari all’industria petrolchimica hanno molti elementi in comune con quelli necessari per alcune attività sensibili del ciclo del combustibile nucleare, come sottolineato nella risoluzione 1929.

7        L’articolo 1, paragrafo 7, lettera a), ii), della decisione 2012/35 ha aggiunto il seguente passaggio all’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413, prevedendo il congelamento dei fondi appartenenti alle seguenti persone ed entità:

«c)      altre persone ed entità non menzionate dall’allegato I che danno il loro sostegno al governo dell’Iran, nonché persone ed entità ad esse associate, elencate nell’allegato II».

8        Di conseguenza, ai sensi del Trattato FUE, il 23 marzo 2012 il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010 (GU L 88, pag. 1). Al fine di attuare l’articolo 1, paragrafo 7, lettera a), ii), della decisione 2012/35, l’articolo 23, paragrafo 2, di tale regolamento prevede il congelamento dei fondi delle persone, entità e organismi di cui al suo allegato IX, i quali sono stati riconosciuti come:

«d)      altre persone, entità o organismi che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale, al governo iraniano e persone e entità ad essi associate».

9        Con lettere del 10 agosto, del 14 settembre e del 10 ottobre 2010 all’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la ricorrente ha in particolare espresso le proprie preoccupazioni in merito alle ripercussioni sulla sua flotta del divieto di fornitura di servizi di assicurazione o riassicurazione al governo iraniano, previsto dall’articolo 12 della decisione 2010/413. Nella citata lettera del 10 agosto 2010, essa ha precisato di essere stata privatizzata nel 2000.

10      Inoltre, in una lettera del 19 gennaio 2012 all’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la ricorrente ha contestato gli elementi riferiti in un articolo del quotidiano specializzato nel settore dell’industria marittima, il Lloyd’s List, pubblicato in Internet il giorno precedente, intitolato «NITC to be targeted by sanctions» (National Iranian Tanker Company sta per essere oggetto di sanzioni). A tal riguardo, la ricorrente ha negato qualsiasi legame con il programma nucleare iraniano. Le sue petroliere non sarebbero state utilizzate per il trasporto di materiali proibiti in relazione a tale programma. Inoltre, né la ricorrente né il suo presidente né i suoi azionisti avrebbero mantenuto legami con il Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica.

11      Il 15 ottobre 2012 il Consiglio ha adottato la decisione 2012/635/PESC che modifica la decisione 2010/413 (GU L 282, pag. 58; in prosieguo: la «decisione impugnata»). Secondo il considerando 16 di tale decisione, i nomi di altre persone ed entità dovrebbero essere inseriti nell’elenco dei nomi delle persone e delle entità soggette a misure restrittive riportato nell’allegato II della decisione 2010/413, in particolare gli enti statali iraniani attivi nel settore del petrolio e del gas, dal momento che forniscono un’importante fonte di reddito al governo iraniano.

12      L’articolo 1, paragrafo 8, lettera a), della decisione 2012/635 ha modificato l’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413, che assoggetta quindi a misure restrittive:

«c)      altre persone e entità non menzionate dall’allegato I che forniscono sostegno al governo dell’Iran e entità da ess[e] possedute o controllate o persone ed entità a ess[e] associate, di cui all’elenco nell’allegato II».

13      L’articolo 2 della decisione 2012/635 ha iscritto il nome della ricorrente nella tabella dell’allegato II della decisione 2010/413 recante l’elenco dei nomi delle «Persone ed entità coinvolte in attività relative a missili nucleari o balistici e [delle] persone e entità che forniscono sostegno al governo dell’Iran».

14      Di conseguenza, lo stesso giorno, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 945/2012, che attua il regolamento n. 267/2012 (GU L 282, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). L’articolo 1 di tale regolamento ha iscritto il nome della ricorrente nella tabella di cui all’allegato IX, recante l’elenco dei nomi delle «Persone ed entità coinvolte in attività relative a missili nucleari o balistici e [delle] persone e entità che forniscono sostegno al governo dell’Iran».

15      Il nome della ricorrente è stato iscritto nei suddetti elenchi con la seguente motivazione: «Controllata di fatto dal governo iraniano. Fornisce sostegno finanziario al governo iraniano attraverso i suoi azionisti che mantengono legami con esso».

16      La decisione e il regolamento impugnati sono stati notificati alla ricorrente con lettera del 16 ottobre 2012, nella quale il Consiglio ha portato alla sua attenzione la possibilità di presentare osservazioni e di chiedere allo stesso di riesaminare la propria posizione.

17      Con lettera del 13 dicembre 2012, la ricorrente ha contestato l’iscrizione del suo nome nei suddetti elenchi operata dalla decisione e dal regolamento impugnati e ha chiesto al Consiglio di trasmetterle informazioni più precise sui motivi di tale iscrizione, nonché le prove su cui lo stesso si era fondato.

18      Il Consiglio ha risposto con una lettera del 12 marzo 2013, allegandovi copie dei documenti presenti nel suo fascicolo. In tale lettera, il Consiglio ha precisato di non detenere altri documenti o informazioni relativi alla ricorrente.

 Procedimento e conclusioni delle parti

19      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 dicembre 2012, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

20      A seguito della modifica della composizione delle Sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Settima Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa. Su proposta della Settima Sezione, il Tribunale ha deciso di sottoporre la causa a una formazione ampliata.

21      La ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione e il regolamento impugnati con effetto immediato, nella parte in cui la riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

22      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

23      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 luglio 2013, la ricorrente ha presentato una domanda di misure di organizzazione del procedimento o di misure istruttorie. Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 settembre 2013, il Consiglio ha presentato le proprie osservazioni su tale domanda.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

24      Il Consiglio, pur senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, deduce l’irricevibilità del presente ricorso. Esso sostiene che, poiché la ricorrente è interamente controllata dallo Stato iraniano, dev’essere considerata come un’entità pubblica. In quanto emanazione dello Stato iraniano, la ricorrente non avrebbe dunque titolo per esperire un ricorso allo scopo di far valere una violazione del diritto di proprietà o di altri diritti fondamentali. A tal riguardo, il Consiglio distingue tra, da un lato, alcuni diritti procedurali riconosciuti agli Stati e, dall’altro, i diritti fondamentali, di cui gli Stati non potrebbero beneficiare.

25      Tale eccezione di irricevibilità varrebbe per l’insieme dei motivi dedotti, dato che il presente ricorso mira in realtà ad ottenere l’annullamento del congelamento dei fondi, che costituirebbe una limitazione – giustificata – del diritto di proprietà. Pertanto, sarebbe irrilevante il fatto che non tutti i motivi siano specificamente riferiti a tale diritto.

26      A sostegno della suddetta eccezione di irricevibilità, il Consiglio si richiama in particolare all’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), che indica i soggetti legittimati a presentare un ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo e che esclude le organizzazioni governative dall’accesso a tale giudice. Secondo il Consiglio, la ratio legis dell’articolo 34 della CEDU risiede nella natura stessa dei diritti fondamentali, il cui rispetto dev’essere garantito dallo Stato a beneficio delle persone fisiche e giuridiche sottoposte alla sua giurisdizione ai sensi della CEDU. Uno Stato o un’emanazione di uno Stato non potrebbe dunque beneficiare dei diritti fondamentali, dato che uno Stato sovrano non ricade nella giurisdizione di un altro Stato.

27      La ricorrente sostiene che il suo ricorso e l’insieme dei motivi da essa dedotti sono ricevibili.

28      A tal riguardo, basti osservare che l’argomento del Consiglio secondo cui la ricorrente, in quanto emanazione dello Stato iraniano, non potrebbe avvalersi del diritto di proprietà, ricade nell’ambito dell’esame della fondatezza del quarto motivo, vertente in particolare sulla violazione del diritto di proprietà, e non in quello della ricevibilità del presente ricorso oppure della ricevibilità del suddetto motivo (v., in tal senso, sentenza della Corte del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, punto 51).

29      Conseguentemente, il presente ricorso dev’essere dichiarato ricevibile.

 Nel merito

30      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo riguarda un errore manifesto di valutazione. Il secondo verte su una violazione dell’obbligo di motivazione. Il terzo attiene ad una violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Il quarto riguarda la violazione del principio di proporzionalità nonché dei diritti fondamentali della ricorrente, tra i quali i diritti alla tutela della sua proprietà, della sua attività d’impresa e della sua reputazione.

31      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare innanzitutto il secondo motivo.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

32      La ricorrente afferma che la sua iscrizione non è adeguatamente motivata. Essa deduce che i motivi enunciati nella decisione e nel regolamento impugnati sono vaghi e non rispondono all’esigenza di una motivazione specifica e concreta. Inoltre, la ricorrente lamenta che nel controricorso il Consiglio ha indicato nuovi motivi di iscrizione che sarebbero privi di collegamento con il criterio giuridico relativo alla fornitura di un sostegno finanziario.

33      Dal canto suo, il Consiglio fa valere che, nel contesto generale ben noto alla ricorrente, i motivi enunciati nella decisione e nel regolamento impugnato consentivano a quest’ultima di comprendere le ragioni specifiche e concrete della sua iscrizione e soddisfacevano quindi i requisiti dell’obbligo di motivazione. Dal 1° luglio 2012 costituiva un fatto notorio che le autorità dell’Unione europea sorvegliavano le attività della ricorrente, in seguito al divieto di importare petrolio iraniano negli Stati membri dell’Unione e di fornire servizi di assicurazione marittima, segnatamente relativi al trasporto di petrolio greggio iraniano, introdotto dalla decisione 2012/35. Nel corso del mese precedente l’iscrizione del nome della ricorrente, una serie di articoli di stampa avrebbero messo in risalto i legami tra il governo iraniano e la ricorrente, nonché le attività della ricorrente tese ad aggirare le misure restrittive, in particolare ottenendo, presso società di paesi terzi, servizi di assicurazione grazie alla registrazione delle sue petroliere sotto bandiere di paesi terzi.

34      Le lettere che la ricorrente ha trasmesso, prima dell’iscrizione del suo nome nei suddetti elenchi, all’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, in particolare quella del 19 gennaio 2012 (v. punto 10 supra), confermerebbero che l’interessata era a conoscenza di siffatto contesto generale.

35      Innanzitutto, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare un atto pregiudizievole, che costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo di legittimità dell’atto stesso (v. sentenza della Corte del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, punto 49, e la giurisprudenza ivi citata).

36      La motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui l’atto promana, in modo da consentire all’interessato di conoscere le ragioni dei provvedimenti adottati e al giudice competente di esercitare il suo controllo (sentenza Consiglio/Bamba, cit., punto 50).

37      Inoltre, in materia di misure restrittive adottate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, si deve sottolineare che, poiché l’interessato non dispone di un diritto di audizione prima dell’adozione di una decisione iniziale di iscrizione, il rispetto dell’obbligo di motivazione è tanto più importante in quanto costituisce l’unica garanzia che consenta all’interessato, almeno dopo l’adozione di tale decisione, di avvalersi proficuamente dei mezzi di ricorso a sua disposizione per contestare la legittimità di detta decisione (sentenza Consiglio/Bamba, cit., punto 51, e sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, detta «OMPI I», T‑228/02, Racc. pag. II‑4665, punto 140).

38      Pertanto, la motivazione di un atto del Consiglio che impone una misura restrittiva deve identificare non soltanto la base giuridica di tale misura, ma anche i motivi specifici e concreti per i quali il Consiglio considera, nell’esercizio del suo potere discrezionale, che l’interessato debba essere assoggettato a una misura di questo tipo (v., in tal senso, sentenze Consiglio/Bamba, cit., punto 52; OMPI I, cit., punto 146, e del Tribunale del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, Racc. pag. II‑3967, punto 83).

39      Tuttavia, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale è stato adottato. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. Non è necessario che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, considerato che la sufficienza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso di norme giuridiche che disciplinano la materia interessata. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consenta di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenza Consiglio/Bamba, cit., punti 53 e 54; OMPI I, cit., punto 141, e Bank Melli Iran/Consiglio, cit., punto 82).

40      Nel caso di specie, l’iscrizione del nome della ricorrente negli elenchi si fonda sui due seguenti motivi. La ricorrente sarebbe «controllata di fatto dal governo iraniano». Essa «[fornirebbe] sostegno finanziario al governo iraniano attraverso i suoi azionisti che mantengono legami con esso».

41      Per quanto riguarda la questione se tale motivazione identifichi la base giuridica della misura adottata dal Consiglio nei confronti della ricorrente, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 38, dal secondo dei due motivi dedotti dal Consiglio risulta che quest’ultimo si è basato sul criterio giuridico relativo alla fornitura di un sostegno finanziario al governo iraniano, definito all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413, e precisato all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012 (v. punti 7 e 8 supra). Inoltre, tale motivo indica chiaramente che, secondo il Consiglio, un tale sostegno finanziario risulta dai legami che gli azionisti della ricorrente intratterrebbero con il governo iraniano.

42      Di contro, come rileva la ricorrente, il primo motivo, secondo cui essa sarebbe di fatto controllata dal governo iraniano, non consente, preso isolatamente, di identificare il criterio giuridico su cui esso si fonda. Detto motivo deve quindi essere esaminato congiuntamente al secondo motivo.

43      Per quanto riguarda la questione se dall’esame congiunto dei due motivi emerga in modo sufficiente l’iter logico seguito dal Consiglio, occorre in primo luogo osservare che detti motivi devono essere valutati nel contesto generale delle misure adottate dal Consiglio nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran (v. punto 39 supra). A tal riguardo, il considerando 22 della decisione 2010/413 (punto 5 supra) nonché il considerando 16 della decisione 2012/635 (punto 11 supra) mostrano che il Consiglio ha stabilito un collegamento tra le entrate risultanti dal settore del gas e del petrolio, da un lato, e il finanziamento delle attività di proliferazione nucleare, dall’altro. Dato che la ricorrente è attiva in tale settore in quanto trasportatore di petrolio e di gas, essa poteva comprendere che il sostegno finanziario citato nella motivazione della decisione e del regolamento impugnati concernesse detto particolare collegamento.

44      Come giustamente fa rilevare il Consiglio, la ricorrente era assolutamente consapevole dell’intenzione del Consiglio di iscrivere il nome della stessa nell’elenco delle persone e delle entità sanzionate. Infatti, già prima dell’adozione della decisione e del regolamento impugnati, la ricorrente si è rivolta al Consiglio al fine di esprimere le proprie preoccupazioni riguardo alle ripercussioni di un’eventuale iscrizione (v. punti 9 e 10 supra). Se ne evince che la ricorrente seguiva da vicino la politica attuata dal Consiglio nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran e che, pertanto, essa era necessariamente informata del collegamento che Consiglio aveva stabilito tra le entrate risultanti dal settore del gas e del petrolio, da un lato, e il finanziamento del programma nucleare iraniano, dall’altro.

45      In secondo luogo, benché le ragioni specifiche fornite dal Consiglio per giustificare l’iscrizione del nome della ricorrente siano lapidarie, in quanto non precisano né il tipo di sostegno finanziario che la ricorrente avrebbe fornito al governo iraniano né la natura dei legami che esisterebbero fra quest’ultimo e gli azionisti della prima, resta il fatto che siffatte spiegazioni consentivano alla ricorrente di comprendere che si trattava di un sostegno operato mediante i suoi azionisti.

46      È vero che la ricorrente fa valere che, a motivo della sua privatizzazione nel 2000, i suoi azionisti non mantenevano più alcun legame con il governo iraniano. Tuttavia, questo argomento concerne la valutazione della fondatezza dei motivi addotti dal Consiglio e non la questione se tali motivi rispondessero ai requisiti di cui all’articolo 296 TFUE. In effetti, la questione della motivazione, che costituisce una forma sostanziale, è distinta da quella della prova del comportamento contestato, la quale concerne la legalità sostanziale dell’atto di cui trattasi e implica l’accertamento della veridicità dei fatti indicati in tale atto nonché della qualificazione dei medesimi fatti quali elementi che giustificano l’applicazione di misure restrittive nei confronti della persona interessata (sentenza Consiglio/Bamba, cit., punto 60).

47      Si deve pertanto concludere che, considerato il contesto generale in cui sono stati adottati la decisione e il regolamento impugnati, i motivi addotti dal Consiglio per giustificare l’iscrizione del nome della ricorrente negli elenchi delle persone e delle entità sanzionate sono conformi alle esigenze dell’articolo 296 TFUE e che, pertanto, il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul primo motivo, vertente sull’errore manifesto di valutazione

48      La ricorrente afferma di non essere controllata dal governo iraniano e di non fornire a quest’ultimo sostegno finanziario. Essa deduce che i suoi azionisti, alcuni fondi pensionistici privati, i cui nomi, peraltro, non sono stati iscritti negli elenchi al momento della sua iscrizione, non hanno, per quanto a sua conoscenza, alcun legame con il governo iraniano. La ricorrente sarebbe stata privatizzata nel 2000 e i suoi proprietari effettivi (beneficial owners) sarebbero cinque milioni di pensionati iraniani. In ogni caso, essa sarebbe in perdita e non avrebbe distribuito dividendi ai suoi azionisti a partire dal 2010.

49      Per quanto riguarda gli articoli di stampa cui il Consiglio fa riferimento quali «informazioni provenienti da fonti pubbliche», essi non potrebbero essere presi in considerazione dal Tribunale, dato che, ad avviso della ricorrente, dalla lettera del Consiglio del 12 marzo 2013 risulta che lo stesso non ne ha tenuto conto quando ha iscritto il suo nome negli elenchi.

50      Dal canto suo, il Consiglio ritiene che la ricorrente soddisfi il criterio relativo alla fornitura di un sostegno al governo iraniano. Innanzitutto, esso ricorda che la decisione dell’Unione di vietare l’importazione di petrolio iraniano mira a privare la Repubblica islamica dell’Iran di entrate derivanti dal settore petrolifero, che rappresentano il 70% delle entrate di detto Stato, allo scopo di fare pressione su quest’ultimo perché freni il suo programma nucleare. Orbene, la ricorrente avrebbe trasportato quasi la metà del petrolio greggio prodotto in Iran nel 2011, come attesterebbero, in particolare, un articolo dell’Institute for the Study of War (Istituto per lo studio della guerra) del 16 aprile 2012 e una relazione del 10 gennaio 2013 redatta dal servizio di ricerca del Congresso degli Stati Uniti d’America (allegati 3 e 18 al controricorso).

51      Inoltre, riguardo alla struttura del capitale della ricorrente, il Consiglio chiarisce di essersi basato su informazioni fornite dagli Stati membri, corroborate da dati provenienti da fonti pubbliche, secondo cui il 33% di tale capitale sarebbe detenuto dallo State Pension Fund, il 33% dal Social Security Retirement Fund, e il 33% dalla NIOC Pension and Savings Fund. Le spiegazioni fornite dalla ricorrente, in particolare nella perizia allegata al ricorso (allegato 3), non sarebbero tali da confutare che la ricorrente sia effettivamente controllata dallo Stato iraniano. In effetti, tale nota si limiterebbe ad indicare che il 66% del capitale della ricorrente è stato trasferito a due entità private nel 2000, e che, da allora, la ricorrente è stata interamente privatizzata, senza menzionare i nomi degli acquirenti. La vera struttura proprietaria della ricorrente sarebbe quindi deliberatamente opaca. In ogni caso, gli azionisti della ricorrente sarebbero fondi pensionistici dello Stato, che in tal modo controllerebbe la ricorrente e trarrebbe profitti da quest’ultima società per il tramite dei suoi azionisti.

52      Oltre a ciò, nel gennaio 2012 il presidente della ricorrente, sig. S., sarebbe stato improvvisamente rimpiazzato dal sig. B., ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti iraniano, il quale manterrebbe legami stretti con il presidente iraniano. Peraltro, la ricorrente avrebbe cercato di dissimulare la proprietà delle navi della sua flotta cambiandone il nome e la bandiera.

53      Riguardo agli elementi di prova, il Consiglio sottolinea che le sue affermazioni sono debitamente dimostrate dai documenti del suo fascicolo trasmessi alla ricorrente dietro sua richiesta, e dalle informazioni, note alla ricorrente, provenienti da fonti pubbliche, costituite dalle relazioni e dagli articoli di stampa allegati al controricorso.

54      A tal riguardo, in primo luogo, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, il Consiglio dispone di un certo potere discrezionale per determinare caso per caso se i criteri giuridici sui quali si fondano le misure restrittive di cui trattasi siano soddisfatti (v., in tal senso, sentenza della Corte del 13 marzo 2012, Melli Bank/Consiglio, C‑380/09 P, punto 41, e sentenza del Tribunale del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio, T‑42/12 e T‑181/12, punto 45).

55      Ciò nondimeno, i giudici dell’Unione devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti dell’Unione con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione, anche quando tali atti mirano ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite (sentenza della Corte del 18 luglio 2013, Commissione/Kadi, detta «Kadi II», C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, punto 97).

56       L’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea postula in particolare che, nello svolgere il controllo della legittimità dei motivi su cui si basa la decisione di inserire o mantenere il nominativo di una determinata persona negli elenchi, il giudice dell’Unione si assicuri che tale decisione si fondi su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione della motivazione sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limita alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consiste invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la decisione medesima, siano fondati (sentenza Kadi II, cit., punto 119).

57      È all’autorità competente dell’Unione che incombe, in caso di contestazione, il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi. Occorre che le informazioni e gli elementi prodotti suffraghino i motivi posti a carico della persona interessata (sentenza Kadi II, cit., punti 121 e 122).

58      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento svolto dal Consiglio nel corso dell’udienza, secondo cui il fatto che la ricorrente sia attiva nel settore iraniano del petrolio e del gas attraverso la sua attività di trasporto di petrolio greggio e di gas prodotti in Iran consentirebbe, di per sé, di dimostrare che la ricorrente fornisce un sostegno finanziario al governo iraniano, è sufficiente ricordare che l’iscrizione del nome della ricorrente negli elenchi si basa sulla fornitura di un sostegno finanziario al governo iraniano in virtù dei legami che gli azionisti della ricorrente intratterrebbero con detto governo. Orbene, il trasporto di petrolio non implica alcun nesso con la dedotta esistenza di legami tra gli azionisti della ricorrente e il governo. Secondo la giurisprudenza, la legittimità degli atti impugnati può essere valutata esclusivamente alla luce degli elementi di fatto e di diritto sulla base dei quali sono stati adottati. Infatti, il Tribunale non può accogliere l’invito rivolto dal Consiglio a procedere, in definitiva, a una sostituzione della motivazione su cui si basano gli atti impugnati (v. sentenza del Tribunale del 12 novembre 2013, North Drilling/Consiglio, T‑552/12, punto 25, e la giurisprudenza ivi citata).

59      Si devono altresì respingere le spiegazioni fornite dal Consiglio in sede di udienza, secondo cui la ricorrente, che è una ex controllata della National Iranian Oil Company (in prosieguo: la «NIOC»), successivamente alla sua privatizzazione sarebbe rimasta sotto il controllo di tale impresa pubblica, interamente detenuta dallo Stato iraniano ed il cui nome è iscritto nell’elenco delle entità sanzionate a motivo del sostegno finanziario fornito al governo iraniano. Infatti, tale ragionamento, che consiste nell’affermare che il sostegno finanziario al governo iraniano da parte della ricorrente sarebbe effettuato per mezzo di una società terza, segnatamente la NIOC, non può essere ammesso. I motivi di iscrizione del nome della ricorrente non si riferiscono a un sostegno finanziario indiretto risultante dai legami tra la ricorrente a la NIOC, bensì a un sostegno finanziario della ricorrente al governo iraniano attraverso i legami tra gli azionisti della ricorrente e il governo iraniano.

60      Inoltre, ed in ogni caso, atteso che i suindicati argomenti del Consiglio sono volti a dimostrare che la ricorrente fornisce un sostegno finanziario indiretto al governo iraniano grazie alla sua attività di trasporto marittimo di gas e di petrolio, si deve rilevare che la normativa applicabile prevede il criterio della fornitura di un sostegno finanziario al governo iraniano e non quello della fornitura di un sostegno finanziario indiretto. Orbene, contrariamente alle allegazioni del Consiglio, il mero fatto che, per via della sua attività di trasporto, la ricorrente sia implicata nel settore del petrolio e del gas iraniano, il quale rappresenta una delle principali fonti di reddito per il governo iraniano, non può essere considerato come coperto dal criterio giuridico relativo alla fornitura di un sostegno finanziario a tale governo.

61      In terzo luogo, riguardo alla struttura del suo capitale, la ricorrente giustamente rileva che il fascicolo del Consiglio non contiene alcun elemento di prova. In particolare, né le proposte di iscrivere il suo nome nell’elenco presentate da tre Stati membri, in data 19, 24 e 28 settembre 2012, né gli altri documenti contenuti in tale fascicolo identificano gli azionisti della ricorrente, né includono il benché minimo indizio tale da dimostrare le affermazioni secondo cui la ricorrente sarebbe controllata dal governo iraniano o fornirebbe un sostegno finanziario a quest’ultimo attraverso i suoi azionisti, che intratterrebbero legami con lo stesso governo. I soli elementi del fascicolo che riguardano la ricorrente sono costituiti dalle allegazioni sostanzialmente riprese nella decisione e nel regolamento impugnati.

62      Di conseguenza, per poter suffragare simili affermazioni, riprese nella motivazione dell’iscrizione del nome della ricorrente, il Consiglio non può utilmente far valere dinanzi al Tribunale gli elementi di fatto riassunti ai punti 51 e 52 supra, dato che tali elementi non comparivano nel suo fascicolo e che, pertanto, non sono stati neppure comunicati alla ricorrente, dietro sua richiesta, nella risposta del Consiglio del 12 marzo 2013. Infatti, la presa in considerazione di argomenti simili violerebbe, da un lato, il principio secondo cui la legittimità degli atti impugnati può essere valutata esclusivamente alla luce degli elementi di fatto e di diritto sulla base dei quali sono stati adottati, e, dall’altro, i diritti della difesa della ricorrente (sentenza Bateni/Consiglio, cit., punto 57). In effetti, dato che la ricorrente non ha ricevuto la comunicazione dei nuovi motivi in tempo utile, essa sarebbe, da un lato, privata della possibilità di far utilmente valere il suo punto di vista al riguardo, nell’ambito del procedimento amministrativo. Dall’altro lato, la ricorrente non sarebbe in grado di valutare la fondatezza dell’iscrizione del suo nome nonché l’opportunità di proporre ricorso. Sarebbe perciò violato il principio dell’eguaglianza delle parti dinanzi al giudice dell’Unione (v. sentenza North Drilling/Consiglio, cit., punto 26, e la giurisprudenza ivi citata).

63      Analogamente, l’argomentazione del Consiglio secondo cui la nuova sostituzione, nel marzo 2013, del presidente della ricorrente confermerebbe gli stretti legami tra gli azionisti di quest’ultima e il governo iraniano è inoperante, in quanto si basa su fatti successivi all’adozione della decisione e del regolamento impugnati.

64      Di conseguenza, gli elementi dei quali il Tribunale può tenere conto non contengono alcun indizio tale da dimostrare le affermazioni del Consiglio secondo cui la ricorrente sarebbe controllata dal governo iraniano e fornirebbe un sostegno finanziario al medesimo.

65      Ne deriva che l’iscrizione del nome della ricorrente nei suddetti elenchi è ingiustificata.

66      Il primo motivo deve essere pertanto accolto.

67      In ragione di quanto precede, occorre annullare la decisione e il regolamento impugnati nella parte in cui gli stessi riguardano la ricorrente, senza che occorra esaminare il terzo e il quarto motivo.

 Sugli effetti nel tempo dell’annullamento della decisione e del regolamento impugnati

68      La ricorrente chiede che l’annullamento della decisione e del regolamento impugnati sia pronunciato con effetto immediato. Essa sostiene che la decisione del Consiglio di iscrivere il suo nome negli elenchi ha natura di decisione individuale, e non di regolamento, come confermerebbe l’obbligo del Consiglio di comunicare individualmente le misure restrittive alle persone o alle entità interessate. La ricorrente invoca la citata sentenza Bank Melli Iran/Consiglio (punti 86 e 87), dove il Tribunale ha affermato che una decisione che attua l’articolo 7 del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1), non aveva un carattere esclusivamente generale, bensì quello di un atto individuale nei confronti delle persone e delle entità il cui nomi erano iscritti da tale decisione nell’allegato V del suddetto regolamento.

69      Secondo la ricorrente, l’articolo 60, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea prevede soltanto per il regolamento – e non per la decisione – il mantenimento in vigore, in seguito al suo annullamento da parte del Tribunale, fino alla scadenza del termine di impugnazione oppure, se entro tale termine è stata proposta impugnazione, fino al relativo rigetto da parte della Corte, al fine di limitare l’effetto sovvertitore dell’annullamento da parte del Tribunale di norme generali applicabili nell’insieme dell’Unione laddove tali norme siano tali da essere infine dichiarate valide nell’ambito del giudizio di impugnazione.

70      Il Consiglio sostiene che l’articolo 60 dello Statuto della Corte osta all’annullamento con effetto immediato del regolamento impugnato. Esso ritiene dunque che il Tribunale debba altresì ordinare che gli effetti dell’eventuale annullamento della decisione impugnata siano sospesi durante lo stesso periodo.

71      Il Consiglio si basa, in tal senso, su una giurisprudenza costante secondo cui l’articolo 60, secondo comma, dello Statuto della Corte è applicabile in relazione agli effetti nel tempo dell’annullamento da parte del Tribunale di un regolamento che, come il regolamento n. 267/2012, imponga misure restrittive. Infatti, sino ad oggi, il giudice dell’Unione ha ritenuto che il regolamento n. 267/2012, incluso il suo allegato IX, abbia il carattere di un regolamento, dato che il suo articolo 51, secondo comma, prevede che esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, ossia dispiega gli effetti di un regolamento quali previsti all’articolo 288 TFUE (sentenze del Tribunale Bateni/Consiglio, cit., punto 83, e del 6 settembre 2013, Iranian Offshore Engineering & Constructions/Consiglio, T‑110/12, punto 74; v. anche, per analogia, sentenza della Corte del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C‑548/09 P, Racc. pag. I‑11381, punto 45).

72      L’argomento della ricorrente non può essere accolto.

73      Infatti, senza che occorra esaminare la questione se la decisione di iscrivere il nome della ricorrente negli elenchi controversi abbia natura di regolamento ai fini dell’articolo 60, secondo comma, dello Statuto, è sufficiente rilevare che, in ogni caso, l’articolo 264, secondo comma, TFUE consente al giudice dell’Unione di precisare, ove lo reputi necessario, gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi. A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che il Tribunale può decidere, sulla base di tale disposizione, la data a partire dalla quale le sue sentenze di annullamento hanno effetto (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 dicembre 2013, Nabipour e a./Consiglio, T‑58/12, punti 250 e 251).

74      Nelle circostanze del caso di specie, il Tribunale ritiene, per le ragioni di seguito esposte, che sia necessario sospendere gli effetti della presente sentenza fino alla scadenza del termine di impugnazione di cui all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte oppure, in caso di proposizione di impugnazione entro detto termine, fino al rigetto di quest’ultima.

75      Il programma nucleare attuato dalla Repubblica islamica dell’Iran suscita vive preoccupazioni a livello sia internazionale sia europeo. È in tale contesto che il Consiglio ha gradualmente esteso il numero di misure restrittive adottate nei confronti di tale Stato, al fine di ostacolare lo sviluppo di attività tali da mettere a repentaglio la pace e la sicurezza internazionale, nell’ambito dell’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.

76      Pertanto, l’interesse della ricorrente ad ottenere che la presente sentenza di annullamento abbia effetto immediato dev’essere bilanciata con l’obiettivo di interesse generale perseguito dalla politica dell’Unione in materia di misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran. La modulazione nel tempo degli effetti dell’annullamento di una misura restrittiva può dunque essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia delle misure restrittive e, in definitiva, da considerazioni prioritarie attinenti alla sicurezza o allo svolgimento delle relazioni internazionali dell’Unione e dei suoi Stati membri (v., per analogia con l’assenza di obbligo di preliminare comunicazione all’interessato dei motivi della sua iscrizione iniziale negli elenchi, sentenza della Corte del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, Racc. I‑13427, punto 67).

77      Orbene, l’annullamento con effetto immediato degli atti impugnati nella parte in cui riguardano la ricorrente consentirebbe a quest’ultima di trasferire in tutto o in parte i suoi beni al di fuori dell’Unione, senza che il Consiglio possa eventualmente applicare in tempo utile l’articolo 266 TFUE al fine di rimediare alle irregolarità constatate nella presente sentenza, e in tal modo potrebbe verificarsi un danno grave e irreparabile all’efficacia di qualsiasi congelamento di beni che dovesse essere adottato, in futuro, dal Consiglio nei confronti della ricorrente. Infatti, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 266 TFUE al caso di specie, si deve rilevare che l’annullamento mediante la presente sentenza dell’iscrizione del nome della ricorrente negli elenchi deriva dal fatto che i motivi di tale iscrizione non sono corroborati da prove sufficienti (v. punto 65 supra). Benché spetti al Consiglio decidere sulle misure di esecuzione di tale sentenza, non si può escludere a priori una nuova iscrizione del nome della ricorrente. Infatti, nell’ambito di un siffatto nuovo esame, il Consiglio ha la possibilità di iscrivere nuovamente il nome della ricorrente sulla base di motivi debitamente dimostrati.

78      Ne consegue che gli effetti della decisione e del regolamento impugnati devono essere mantenuti, per quanto riguarda la ricorrente, fino alla scadenza del termine per proporre impugnazione ovvero, in caso di impugnazione entro detto termine, fino al rigetto dell’impugnazione.

 Sulle spese

79      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Consiglio, poiché è rimasto soccombente per l’essenziale, dev’essere condannato a sopportare le spese del presente giudizio, come richiesto dalla ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione 2012/635/PESC del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, è annullata nella parte in cui ha iscritto il nome della National Iranian Tanker Company nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC.

2)      Il regolamento di esecuzione (UE) n. 945/2012 del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, è annullato nella parte in cui ha iscritto il nome della National Iranian Tanker Company nell’allegato IX del regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010.

3)      Gli effetti della decisione 2012/635 e del regolamento di esecuzione n. 945/2012 sono mantenuti, per quanto riguarda la National Iranian Tanker Company, fino alla scadenza del termine di impugnazione di cui all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea oppure, nel caso sia proposta impugnazione entro detto termine, fino al rigetto della stessa.

4)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla National Iranian Tanker Company.

van der Woude

Wiszniewska-Białecka

Kancheva

Wetter

 

      Ulloa Rubio

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 luglio 2014.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.