Language of document : ECLI:EU:T:2002:214

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

12 settembre 2002 (1)

«Ricorso di annullamento - Sistema di preferenze tariffarie generalizzate (SPG) - Rigetto di una domanda di apertura di un procedimento di indagine - Atto impugnabile - Errata interpretazione del regolamento (CE) n. 2820/98 - Difetto di motivazione»

Nella causa T-113/00,

DuPont Teijin Films Luxembourg SA, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo),

Mitsubishi Polyester Film GmbH, con sede in Wiesbaden (Germania),

Toray Plastics Europe SA, con sede in Saint-Maurice-de-Beynost (Francia),

rappresentate dai sigg. I. Forrester, QC, e J. Killick, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C. Bury e dal sig. R. Vidal, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 28 febbraio 2002, relativa alla domanda di apertura di una procedura di esame presentata dalle ricorrenti per la revoca del beneficio del sistema di preferenze tariffarie generalizzate per i fogli in polietilene tereftalato originari dell'India,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. J.D. Cooke, presidente, R. García-Valdecasas e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

cancelliere: H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell'11 dicembre 2001,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

1.
    Il sistema delle preferenze tariffarie generalizzate della Comunità (in prosieguo: l'«SPG»), è applicabile per un ciclo di dieci anni. Il ciclo attuale è stato stabilito con il regolamento (CE) del Consiglio 19 dicembre 1994, n. 3281, recante applicazione di uno schema pluriennale di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo 1995-1998 a taluni prodotti industriali originari di paesi in via di sviluppo (GU L 348, pag. 1). Secondo la schema introdotto da tale regolamento, i prodotti specifici elencati all'allegato I, provenienti dai paesi menzionati all'allegato III, possono beneficiare di dazi preferenziali. Il regolamento n. 3281/94 è stato sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 21 dicembre 1998, n. 2820, relativo all'applicazione di uno schema pluriennale di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo 1° luglio 1999 - 31 dicembre 2001 (GU L 357, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento SPG»).

Disposizioni previste dal regolamento SPG

2.
    Il titolo III del regolamento SPG disciplina «casi e procedure di ripristino dei dazi della Tariffa doganale comune». Gli artt. 22-26 riguardano la revoca temporanea del sistema dei dazi preferenziali e l'art. 27 contiene una clausola relativa alla concessione del beneficio preferenziale a prodotti oggetto di misure antidumping o antisovvenzioni.

3.
    L'art. 22 del regolamento SPG stabilisce che il regime previsto da tale regolamento può, in qualsiasi momento, essere revocato temporaneamente, del tutto o in parte, nei casi seguenti:

«a)    pratica di qualsiasi forma di schiavitù o di lavoro forzato, quale definita dalle Convenzioni di Ginevra del 25 settembre 1926 e del 7 settembre 1956 e dalle Convenzioni dell'OIL n. 29 e n. 105;

b)    esportazione di prodotti realizzati nelle carceri;

c)    palesi insufficienze dei controlli doganali in materia di esportazione e di transito di droga (prodotti illeciti e precursori) e inosservanza delle convenzioni internazionali in materia di riciclaggio del denaro;

d)    frode e mancanza di cooperazione amministrativa prevista per il controllo dei certificati di origine modulo A;

e)    la revoca avverrà in piena conformità con le norme dell'OMC di pratiche commerciali palesemente sleali da parte di un paese beneficiario;

f)    palese contrasto con gli obiettivi delle convenzioni internazionali, quali l'Organizzazione della pesca dell'Atlantico nord-occidentale (NAFO), la Convenzione per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC), la Commissione internazionale per la conservazione di tonnidi dell'Atlantico (ICCAT) e l'Organizzazione per la conservazione del salmone nell'Atlantico (NASCO), relative alla difesa e alla gestione delle risorse alieutiche».

La revoca temporanea del beneficio non è automatica, ma scatta al termine della procedura di cui agli artt. 23-26 del regolamento SPG.

4.
    L'art. 23, n. 1, di tale regolamento prevede:

«I casi di cui all'articolo 22, paragrafo 1 che potrebbero rendere necessario il ricorso a misure di revoca temporanea possono, con riguardo alle lettere d) ed f), essere individuati dalla Commissione e, con riguardo alle lettere da a) ad f), esserle comunicati da uno Stato membro nonché da qualsiasi persona fisica o giuridica e a qualsiasi associazione priva di personalità giuridica che possano dimostrare un interesse alla misura di revoca temporanea. La Commissione trasmette senza indugio tali informazioni a tutti gli Stati membri».

5.
    A sensi dell'art. 23, nn. 2-4, del regolamento SPG, possono essere avviate consultazione nell'ambito del comitato delle preferenze generalizzate, su richiesta di uno Stato membro o della Commissione, riguardanti, in particolare, l'analisi delle condizioni di cui all'art. 22 e le misure da adottare. Tali consultazioni debbono svolgersi entro gli otto giorni lavorativi successivi al ricevimento, da parte della Commissione, delle informazioni di cui all'art. 23, n. 1, e comunque prima che venga istituita qualsiasi misura comunitaria di revoca.

6.
    L'art. 25, n. 1, del regolamento SPG, stabilisce che, qualora, al termine delle consultazioni menzionate, risulti alla Commissione l'esistenza di elementi di prova sufficienti a giustificare l'apertura di un'inchiesta, essa pubblica un avviso nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e apre un'inchiesta, per la durata di un anno al massimo, in collaborazione con gli Stati membri e sentito il comitato delle preferenze generalizzate. Nell'ambito dell'inchiesta la Commissione procede alla raccolta di qualsiasi informazione ritenuta utile e può inviare sul posto i propri esperti «allo scopo di verificare le affermazioni sostenute dalle persone di cui all'articolo 23, paragrafo 1» (art. 25, n. 2, del regolamento SPG). Essa offre «ogni opportunità alle autorità competenti del paese beneficiario interessato affinché queste non facciano mancare la cooperazione necessaria al corretto svolgimento di tali indagini» (idem). Secondo l'art. 25, n. 4, del regolamento SPG, le parti interessate devono essere ascoltate qualora l'abbiano chiesto per iscritto entro i termini fissati nell'avviso menzionato «dimostrando che potrebbero essere effettivamente interessate dal risultato dell'inchiesta e che esistono motivi particolari per essere sentite oralmente».

7.
    Al termine dell'inchiesta, la Commissione sottopone al comitato delle preferenze generalizzate una relazione sui risultati dell'inchiesta (art. 26, n. 1, del regolamento SPG). Qualora ritenga che sia necessaria una misura di revoca, la Commissione fa una «proposta adeguata» al Consiglio, il quale delibera in merito entro 30 giorni a maggioranza qualificata (art. 26, n. 3, del regolamento SPG).

8.
    L'art. 27 del regolamento SPG è del seguente tenore:

«Il beneficio preferenziale è generalmente concesso a prodotti che costituiscono oggetto di dazi antidumping o antisovvenzioni a norma del regolamento (CE) [del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 384/96, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 56, del 6 marzo 1996, pag. 1)] e del regolamento (CE) [del Consiglio 6 ottobre 1997, n. 2026, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 288, pag. 1)], a meno che venga stabilito che le misure in questione si basano sul danno causato e su prezzi che non tengono conto del regime tariffario preferenziale accordato al paese interessato. A tal fine, in una comunicazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee la Commissione fornisce l'elenco dei prodotti e dei paesi per i quali la preferenza non è concessa».

Fatti all'origine della controversia

9.
    Le ricorrenti sono i tre maggiori produttori in Europa di fogli in polietilene tereftalato (in prosieguo: i «fogli PET»). Tale prodotto è una materia plastica sofisticata che trova numerose applicazioni quali quelle di fogli ultrasottili, ad alta tecnologia, utilizzati per i condensatori (per l'elettronica) e fogli per il consumo usuale utilizzati nel materiale di confezionamento. La sua fabbricazione richiede costose linee di produzione e pertanto notevoli capitali.

10.
    Le importazioni di fogli PET classificati con il codice doganale NC 3920 6219 e NC 3920 e 6290 provenienti dall'India beneficiano dei dazi preferenziali. Tali prodotti compaiono nell'elenco contenuto nell'allegato I del regolamento n. 3281/94 e la Repubblica d'India fa parte dei paesi menzionati nell'allegato dello stesso regolamento.

11.
    Nel 1998 i produttori comunitari di fogli PET si sono trovati in difficoltà in seguito, principalmente, al consistente aumento del volume delle importazioni provenienti dall'India, del calo dei prezzi e della consistente sottoquotazione dei prezzi attribuibili a tali importazioni. Con lettera 17 settembre 1998, alcuni produttori comunitari di fogli PET, tra cui le ricorrenti e la società Nuroll SpA, hanno chiesto alla Commissione di avviare un procedimento d'esame al fine di valutare la necessità di revocare il beneficio dell'SPG per i fogli PET. Tale lettera era formulata nei termini seguenti:

«Scriviamo per invitare la Commissione a revocare il beneficio dell'SPG, attualmente accordato ai produttori indiani [di fogli PET] in conformità del regolamento n. 3281/94. Tali produttori hanno ricevuto e continuano a ricevere sovvenzioni all'esportazione, il che costituisce un caso manifesto di pratiche commerciali sleali da parte del paese beneficiario; è quindi necessario che, ai sensi dell'art. 9 del regolamento n. 3281/94, venga considerata la revoca del beneficio dell'SPG».

12.
    In tale lettera le ricorrenti osservavano che la prassi della concessione di sovvenzioni era endemica in India e allegavano diversi elementi di prova a tal riguardo, tra cui un annuncio commerciale che utilizzava l'esistenza di sovvenzioni quale elemento di commercializzazione, nonché altri documenti provenienti da produttori indiani. Inoltre, esse fornivano informazioni riguardo ai regimi di sovvenzioni, che compaiono sui siti Internet del Ministero dell'Industria indiano e di un'agenzia governativa.

13.
    Nella stessa lettera le ricorrenti precisavano anche che la sottoquotazione dei prodotti comunitari dovuta all'afflusso di fogli PET indiani le aveva danneggiate e sostenevano che, in tali circostanze, la Repubblica d'India non avrebbe dovuto più beneficiare del regime SPG. Esse rilevavano che i sei principali esportatori indiani avevano beneficiato di sovvenzioni in violazione delle norme dell'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1994 e del regolamento n. 2026/97. Esse concludevano nei termini seguenti:

«Continuare a permettere a questi produttori, che (grazie alle sovvenzioni) sono aggressivamente competitivi sul mercato europeo, di beneficiare del regime SPG è contrario a qualunque logica economica; sarebbe assurdo per la Comunità continuare ad accordare il beneficio dell'SPG a produttori indiani sovvenzionati che danneggiano gravemente produttori comunitari di fogli PET vendendo prodotti meno cari per raggiungere obiettivi di esportazione cui sono subordinate le sovvenzioni.

Per tali ragioni vi invitiamo caldamente ad avviare un procedimento per la revoca del beneficio dell'SPG ai produttori indiani di fogli PET».

14.
    Il 5 ottobre 1999 le ricorrenti partecipavano ad una riunione con i servizi della Commissione nel corso della quale esponevano le loro censure. In tale occasione la Commissione indicava loro di non potersi pronunciare sulla loro denuncia del 17 settembre 1998 prima che l'esistenza delle sovvenzioni allegate non fosse definitivamente stabilita mediante un regolamento che istituisse un dazio compensativo definitivo.

15.
    A seguito della denuncia presentata dall'industria comunitaria, tra cui le ricorrenti, nell'ambito del regolamento n. 2026/97, è stato avviato un procedimento antisovvenzioni relativo alle importazioni nella Comunità di fogli PET originari dell'India. Il 17 agosto 1999 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 1810, che istituisce un dazio compensativo provvisorio sulle importazioni di fogli di polietilene tereftalato (PET) originari dell'India (GU L 219, pag. 14), e il 6 dicembre 1999 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 2597, che istituisce un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di fogli di polietilene tereftalato (PET) originari dell'India e decide la riscossione definita del dazio provvisorio istituito (GU L 316, pag. 1).

16.
    Con lettera 28 febbraio 2000 la Commissione ha respinto la denuncia presentata dalle ricorrenti il 17 settembre 1998 (v. supra, punti 11-13) nei seguenti termini:

«In data 17 settembre 1998 avete presentato una denuncia ai sensi dell'art. 9, n. 1, quinto trattino, del regolamento (CE) n. 3281/94, relativa alla revoca del beneficio del sistema di preferenze generalizzate (SPG) per le importazioni di fogli PET provenienti dall'India. Nel frattempo tale regolamento è stato sostituito dal regolamento (CE) n. 2820/98, il cui art. 22 offre un analogo fondamento per la vostra denuncia.

A seguito dell'esame di tutti gli aspetti giuridici, emerge che tale denuncia è irricevibile. Infatti la lett. e) dell'art. 22 invocata nella denuncia non riguarda i casi di importazioni colpite da dazi antidumping o antisovvenzioni, i quali sono considerati espressamente all'art. 27 (art. 13 del regolamento n. 3281/94).

L'art. 27 disciplina esaurientemente le circostanze nelle quali il beneficio dell'SPG può essere revocato agli importatori colpiti da dazi antidumping o antisovvenzioni. Esso costituisce la lex specialis rispetto all'art. 22 e ne esclude l'applicazione allorché la “pratica sleale” consiste in misure che sono state oggetto di dazi antidumping o antisovvenzioni. Infatti, se l'art. 22 fosse applicabile alle stesse pratiche di quelle di cui all'art. 27, quest'ultimo diverrebbe privo d'oggetto.

Secondo il principio enunciato all'art. 27, il beneficio dell'SPG deve essere normalmente conservato a meno che il calcolo dei dazi antidumping o antisovvenzioni non abbia tenuto conto del trattamento preferenziale. Ciò non è avvenuto per quanto riguarda le importazioni di fogli PET provenienti dall'India. Si deve dunque seguire quanto enunciato dall'art. 27 come regola, vale a dire conservare il beneficio dell'SPG per le importazioni di cui trattasi».

17.
    E' tale lettera ad essere impugnata nella fattispecie (in prosieguo: la «lettera in data 28 febbraio 2000» o l'«atto impugnato»).

Procedimento e conclusioni delle parti

18.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 2 maggio 2000 le ricorrenti hanno proposto il ricorso in esame, diretto all'annullamento della decisione contenuta nella lettera in data 28 febbraio 2000.

19.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare alla trattazione orale e di porre alla Commissione alcuni quesiti, ai quali avrebbe dovuto rispondere all'udienza, diretti a stabilire se le informazioni contenute nella lettera delle ricorrenti datata 17 settembre 1998 fossero state comunicate agli Stati membri a norma dell'art. 23, n. 1, del regolamento SPG o dell'art. 10, n. 1, del regolamento n. 3281/94 e, in caso affermativo, se uno Stato membro avesse chiesto l'avvio delle consultazioni ai sensi dell'art. 23, n. 2, o dell'art. 10, n. 2, di tali regolamenti.

20.
    Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti del Tribunale all'udienza svoltasi l'11 dicembre 2001.

21.
    In risposta ai quesiti postile dal Tribunale la Commissione ha comunicato a quest'ultimo all'udienza che l'informazione fornitale dalle ricorrenti era stata comunicata agli Stati membri con lettera in data 10 ottobre 1998, che aveva in seguito avviato le consultazioni previste all'art. 10, n. 2, del regolamento n. 3281/94, all'epoca applicabile (cui corrisponde l'art. 23, n. 2, del regolamento SPG) e che tali consultazioni hanno avuto luogo nell'ambito del comitato delle preferenze generalizzate (v. art. 17 del regolamento n. 3281/94 e art. 31 del regolamento SPG) il 10 novembre 1998.

22.
    Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione della Commissione contenuta nella lettera 28 febbraio 2000;

-    condannare la Commissione alle spese.

23.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    dichiarare il ricorso irricevibile o, in ogni caso, infondato;

-    condannare le ricorrenti alle spese.

Sulla ricevibilità

24.
    La Commissione eccepisce l'irricevibilità del ricorso per due motivi: da un lato, l'assenza di una decisione impugnabile e, d'altro lato, la mancanza di un interesse ad agire per le ricorrenti.

Argomenti della Commissione

25.
    Il primo motivo di irricevibilità si fonda su tre argomenti.

26.
    In primo luogo, la Commissione sostiene che le ricorrenti non sono legittimate a chiederle la revoca del beneficio dell'SPG o ad aprire un'inchiesta a norma del regolamento SPG, cosicché la lettera del 28 febbraio 2000 non può avere effetti giuridici nei loro confronti.

27.
    Essa ritiene che tale lettera non contenga una decisione impugnabile ai sensi dell'art. 230, quarto comma, CE. Secondo costante giurisprudenza, solo una misura che produce effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi di un ricorrente, modificandone in maniera rilevante la situazione giuridica, costituisce un atto o una decisione che può essere oggetto di un ricorso d'annullamento ai sensi di tale disposizione.

28.
    Secondo la Commissione, tale lettera non può essere qualificata come decisione impugnabile in quanto il regolamento SPG non conferisce ai ricorrenti il diritto di chiedere l'avvio di un procedimento teso alla revoca del beneficio dell'SPG, ma solo la possibilità di portarle a conoscenza informazioni nell'ambito di tale procedimento. Essa sostiene di non aver respinto i documenti presentati dalle ricorrenti per il fatto che esse non avevano il diritto di presentarglieli, ma in quanto i dazi compensativi applicati tenevano già conto del trattamento preferenziale dell'SPG. La Commissione considera che, in base al regolamento SPG, non poteva avviare un'inchiesta che avrebbe potuto eventualmente concludersi con la revoca delle preferenze tariffarie.

29.
    Essa sostiene che una decisione di revocare il beneficio dell'SPG a un paese che ne gode non è adottata allo scopo di tutelare gli interessi economici dei soggetti interessati, quali le ricorrenti, in quanto tali interessi sono garantiti da altri strumenti di politica commerciale comunitaria. Qualsiasi decisione in materia di revoca delle preferenze avrebbe essenzialmente carattere politico.

30.
    Il diritto delle interessate di portare elementi di prova a conoscenza della Commissione e di rendere nota la loro opinione nell'ambito di un procedimento che potrebbe concludersi con la revoca del beneficio dell'SPG sarebbe limitato e non potrebbe essere assimilato al diritto di un «denunciante». Secondo la Commissione, la necessità di provare l'interesse, prevista all'art. 23, n. 1, del regolamento SPG, è diretta ad evitare che un numero indeterminato e spropositato di singoli o di associazioni le trasmetta informazioni. Essa compara le disposizioni del regolamento SPG ad altre misure di politica commerciale per le quali è previsto a favore dei denunciati un diritto di ricorso. Al riguardo menziona il regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3286, che stabilisce le procedure comunitarie nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l'esercizio dei diritti della Comunità nell'ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (GU L 349, pag. 71), del regolamento n. 384/96 e del regolamento n. 2026/97.

31.
    La Commissione contesta inoltre l'analogia stabilita dalle ricorrenti tra i diritti dei denuncianti nell'ambito del diritto della concorrenza e i diritti delle parti interessate nell'ambito dell'art. 23 del regolamento SPG. Essa rileva che l'art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), menziona una «domanda», mentre il regolamento SPG prevede semplicemente che le parti interessate possano «portar[le] a conoscenza elementi di prova».

32.
    La Commissione afferma che l'assenza nel regolamento SPG di regole sostanziali e procedurali riguardo al deposito di denunce da parte degli interessati nell'ambito del regolamento SPG dimostra chiaramente che il legislatore comunitario non intendeva accordare a tali parti il diritto di chiedere l'avvio di un'inchiesta. Secondo la Commissione, la situazione di tali soggetti sarebbe più simile a quella di «utenti e consumatori» ai sensi del regolamento n. 384/96, che godono di taluni diritti procedurali di comunicazione delle informazioni, ma non possono contestare le misure adottate dalla Commissione a seguito dell'inchiesta antidumping.

33.
    In secondo luogo, la Commissione ricorda che il regolamento SPG accorda alle istituzioni comunitarie un ampio potere discrezionale per decidere tanto di accordare regimi speciali quanto di revocare il beneficio delle preferenze qualora lo ritengano necessario, come dimostra, in particolare, il dettato degli artt. 22, 24 e 25 di tale regolamento. Le ricorrenti non potrebbero pretendere che essa adotti una particolare linea di condotta e non sarebbero direttamente e individualmente interessate dalla sua decisione o da quella del Consiglio.

34.
    Essa aggiunge inoltre che la formulazione di tali articoli, oltre al carattere politico della decisione finale, che richiede una prudente ponderazione degli interessi della Comunità, conferma che una decisione di dare inizio ad una procedura e di revocare il beneficio dell'SPG riguarda la relazione tra la Comunità e i paesi terzi beneficiari e che l'impatto sugli operatori economici è, tutt'al più, indiretto. La Commissione fa riferimento, per analogia, ad una decisione adottata nell'ambito dell'art. 226 CE riguardo all'avvio di una procedura per inadempimento. I denuncianti non avrebbero il diritto di chiedere alla Commissione di prendere una specifica posizione. Essi sarebbero solo informati per lettera della decisione della Commissione in quanto tale decisione riguarderebbe unicamente la relazione tra la Commissione e lo Stato membro di cui trattasi.

35.
    In terzo luogo, la Commissione sostiene che la lettera in data 28 febbraio 2000 non può essere considerata una decisione, poiché essa è stata firmata da un funzionario che non era titolare di una delega di poteri effettuata in conformità delle regole procedurali della Commissione e che autorizzasse tale funzionario ad adottare una decisione a nome del collegio dei membri della Commissione o di uno del membro della Commissione competente. A sostegno del proprio argomento essa cita l'ordinanza 27 gennaio 1993, causa C-25/92, Miethke/Parlamento (Racc. pag. I-473, punto 10), e la sentenza del Tribunale 22 maggio 1996, causa T-277/94, AITEC/Commissione (Racc. pag. II-351, punto 50). Essa considera che tale lettera aveva un carattere meramente informativo e che non può quindi essere considerata una «decisione» di rigetto di una «denuncia».

36.
    Riguardo al secondo motivo di irricevibilità, la Commissione ricorda che un ricorrente deve dimostrare un interesse legittimo al ricorso. Essa cita al riguardo la sentenza della Corte 31 marzo 1977, causa 88/76, Exportation des Sucres/Commissione (Racc. pag. 709, punto 19). Fa valere che, essendo la lettera in data 28 febbraio 2000 meramente informativa, il suo annullamento è privo di oggetto. Le ricorrenti non avrebbero alcun interesse a sollecitare il provvedimento richiesto in quanto la loro situazione giuridica non sarebbe influenzata dall'annullamento di tale lettera.

Argomenti delle ricorrenti

37.
    Le ricorrenti affermano che il presente ricorso è ricevibile. La lettera in data 28 febbraio 2000, con la quale la Commissione rifiutava di prendere in considerazione la loro denuncia del 17 settembre 1998, avrebbe avuto influenza sulla loro situazione giuridica. Esse osservano che erano in concorrenza con esportatori indiani che godevano del regime istituito dal regolamento SPG e che avevano dettagliatamente esposto in tale denuncia l'esistenza di pratiche commerciali manifestamente sleali. La Commissione avrebbe respinto la loro denuncia in quanto irricevibile senza averla esaminata nel merito e in violazione delle disposizioni specifiche del regolamento SPG, in particolare dell'art. 23 di questo che conferisce agli interessati il diritto di rendere note alla Commissione le circostanze che possono giustificare la revoca del regime preferenziale. Esse sostengono di essere nella situazione di un denunciante, e invocano in particolare il fatto che tale articolo impone agli interessati di «dimostrare un interesse alla misura di revoca». Le ricorrenti contestano l'argomento della Commissione secondo il quale tale disposizione consente di evitare che un numero indeterminato e spropositato di singoli o di associazioni abbia la possibilità di trasmetterle informazioni in forza del regolamento SPG. Esse ammettono che la Commissione goda di un ampio potere discrezionale per respingere la loro denuncia a seguito dell'esame di tutti gli elementi di prova apportati, ma considerano che una decisione della Commissione in cui si rifiuta di esaminare tali elementi di prova per il fatto che la denuncia sarebbe irricevibile è qualcosa di ben diverso. Le ricorrenti considerano che la decisione della Commissione, contenuta nella lettera in data 28 febbraio 2000, con la quale la Commissione ha rifiutato, per ragioni giuridiche, di esaminare la loro denuncia è errata e manifestamente idonea ad essere impugnata in un ricorso d'annullamento in quanto è inficiata da un errore di diritto.

38.
    A tale riguardo le ricorrenti ritengono che la distinzione operata dalla Commissione tra il diritto degli interessati di «portar[le] a conoscenza elementi di prova» e il diritto di «chiedere la revoca del beneficio dell'SPG» sia artificiosa, illogica e contraria alla sua prassi precedente in materia di SPG. Esse considerano che il fatto di portare a conoscenza della Commissione elementi di prova, indicando nel contempo che è necessario revocare il beneficio dell'SPG, implica una domanda di revoca di tale beneficio. A loro parere, se, come ammesso dalla Commissione, un interessato può contestare una decisione che non prende in considerazione il suo diritto di comunicare elementi di prova, tale interessato deve necessariamente poter impugnare il rifiuto da parte della Commissione di esaminare gli elementi di prova trasmessile.

39.
    Le ricorrenti fanno osservare che, nell'unico regolamento riguardante una revoca del beneficio dell'SPG, vale a dire il regolamento (CE) del Consiglio 24 marzo 1997, n. 552, che revoca temporaneamente i benefici derivanti dalle preferenze tariffarie generalizzate all'Unione di Myanmar (GU L 85, pag. 8), le informazioni portate a conoscenza della Commissione da un interessato erano descritte come una denuncia.

40.
    Le ricorrenti ritengono priva di pertinenza la comparazione effettuata dalla Commissione tra il regime SPG e i regolamenti n. 3286/94 e n. 2026/97. Nell'ambito di tali regolamenti, la Commissione disporrebbe di un potere limitato riguardo all'avvio di una procedura e sarebbe soggetta a rigidi termini procedurali. Per contro, nell'ambito del regolamento SPG, la Commissione disporrebbe di un ampio potere discrezionale e non sarebbe soggetta a termini rigidi. Nell'ambito del regolamento SPG non si giustificherebbe quindi la stessa necessità di formalità, e ciò tanto per quel che riguarda le norme procedurali quanto per quel che riguarda l'identità del denunciante e il contenuto della denuncia. Le ricorrenti contestano del pari la comparazione operata dalla Commissione tra i diritti dell'interessato in un caso di antidumping e quelli di un denunciante nell'ambito di un regolamento SPG. Esse fanno inoltre rilevare che le informazioni fornite dagli utenti e dai consumatori costituiscono soltanto uno degli elementi che intervengono nella decisione per identificare l'interesse comunitario. La situazione delle ricorrenti, che avrebbero depositato una denuncia dettagliata con elementi di prova, si avvicinerebbe a quella di un denunciante nell'ambito del regolamento antidumping, e non a quella di un utente o di un consumatore. Infine, le ricorrenti contestano la pertinenza dell'analogia con l'art. 226 CE.

41.
    Le ricorrenti fanno rilevare che, dovendo ragionare per analogia, sono i diritti di un denunciante nell'ambito del diritto della concorrenza a costituire l'elemento adeguato di comparazione. Ai sensi dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, la Commissione ha il potere, ma non l'obbligo, di adottare una decisione con la quale si ingiunge di porre fine alla violazione del diritto della concorrenza. Essa sarebbe nondimeno tenuta a prendere seriamente in considerazione le denunce presentate ai sensi di tale regolamento. A sostegno di tale argomento, le ricorrenti menzionano le sentenze della Corte 18 ottobre 1979, causa 125/78, GEMA/Commissione (Racc. pag. 3173); 11 ottobre 1983, causa 210/81, Demo-Studio Schmidt (Racc. pag. 3045), e del Tribunale 18 settembre 1992, causa T-24/90, Automec/Commissione (Racc. pag. II-2223).

42.
    Le ricorrenti ammettono che le istituzioni comunitarie dispongano di un ampio potere discrezionale nell'ambito dell'SPG allorché si tratti di decidere dell'eventuale revoca del beneficio dell'SPG. Tuttavia, tale potere discrezionale dovrebbe essere esercitato in conformità del diritto applicabile e non può essere esteso a tal punto che un errore di diritto non potrebbe essere censurato dal giudice comunitario. Al riguardo esse citano la sentenza della Corte 23 aprile 1986, causa 294/83, Les Verts/Parlamento (Racc. pag. 1339, punto 23).

43.
    Secondo le ricorrenti, l'argomento della Commissione riguardante l'assenza di una lettera formale firmata da un funzionario autorizzato ad agire per conto della Commissione si fonda su un'errata interpretazione del regolamento SPG, secondo la quale esse non avrebbero la qualità di denuncianti e secondo la quale non sarebbe pertanto necessaria una decisione formale. Aggiungono poi che il fatto che l'atto impugnato non fosse firmato da un membro della Commissione è ininfluente dal momento che tale atto le informava adeguatamente sulla posizione della Commissione. A sostegno dei loro argomenti, esse menzionano l'ordinanza del Tribunale 4 maggio 1998, causa T-84/97, BEUC/Commissione (Racc. pag. II-795, punto 48).

44.
    Riguardo, infine, al loro interesse ad agire, le ricorrenti osservano che, se la decisione contenuta nella lettera 28 febbraio 2000 fosse annullata, la Commissione dovrebbe esaminare la fondatezza della denuncia depositata il 17 settembre 1998 e decidere se si debba avviare una procedura per l'eventuale revoca nei confronti della Repubblica d'India del beneficio dell'SPG. Tutto ciò avrebbe effetti rilevanti per i produttori comunitari che sono diretti concorrenti dei produttori indiani beneficianti dell'SPG. Ne conseguirebbe che la situazione giuridica delle ricorrenti può essere influenzata dall'annullamento della decisione di cui trattasi.

Giudizio del Tribunale

45.
    Va anzitutto respinto l'argomento della Commissione secondo il quale la lettera 28 febbraio 2000 non è «una decisione» per il fatto che essa è firmata da un funzionario e non è un atto formale autorizzato dal collegio dei membri della Commissione. Occorre ricordare al riguardo che, secondo una giurisprudenza costante, la forma in cui gli atti o le decisioni sono adottati è, in linea di massima, irrilevante ai fini della possibilità di impugnarli con un'azione di annullamento. Per stabilire se i provvedimenti impugnati siano atti ai sensi dell'art. 230 CE occorre tenere conto della loro sostanza (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 9; ordinanza BEUC/Commissione, cit., punto 48).

46.
    La Commissione afferma, in sostanza, che il presente ricorso è irricevibile poiché la lettera 28 febbraio 2000 non costituisce un atto impugnabile ai sensi dell'art. 230 CE in quanto le ricorrenti, pur avendo il diritto di fornire informazioni alla Commissione ai sensi dell'art. 23, n. 1, del regolamento SPG, non hanno il diritto di chiederle la revoca del beneficio dell'SPG nei confronti di uno Stato beneficiario o di avviare un'inchiesta a tal fine. L'atto impugnato sarebbe quindi di natura meramente informativa e non produrrebbe effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi delle ricorrenti.

47.
    Risulta da costante giurisprudenza solo i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi di chi li impugna, modificando in misura rilevante la situazione giuridica di questo, costituiscono atti impugnabili con ricorso d'annullamento ai sensi dell'art. 230 CE. In particolare, quando si tratta di atti o decisioni la cui elaborazione ha luogo in varie fasi, e in particolare al termine di un procedimento interno, costituiscono atti impugnabili solamente quei provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione di un'istituzione al termine di tale procedura, con esclusione dei provvedimenti provvisori destinati a preparare la decisione finale (sentenza IBM/Commissione, cit., punti 8-10; sentenza del Tribunale 10 luglio 1990, causa T-64/89, Automec/Commissione, Racc. pag. II-367, punto 42).

48.
    L'art. 23, n. 1, del regolamento SPG offre agli Stati membri, nonché ad alcuni terzi, la possibilità di attirare l'attenzione della Commissione sull'esistenza di circostanze che potrebbero rendere necessario il ricorso a misure di revoca temporanea. Tali circostanze sono esposte all'art. 22, n. 1, dello stesso regolamento. Riguardo ai terzi, tuttavia, tale possibilità non è concessa al pubblico in generale, ma a «qualsiasi persona fisica o giuridica e a qualsiasi associazione priva di personalità giuridica che possano dimostrare un interesse» a tale misura.

49.
    Si deve del pari rilevare che l'art. 23, n. 1, del regolamento SPG impone alla Commissione di trasmettere senza indugio tali informazioni a tutti gli Stati membri. Tale obbligo ha chiaramente lo scopo di consentire agli Stati membri di valutare, alla luce di tale informazione, se occorra domandare di avviare le consultazioni ai sensi dell'art. 23, nn. 2-4, dello stesso regolamento.

50.
    Ne consegue che, pur se la Commissione gode di un ampio potere discrezionale nel valutare le informazioni fornitele e nel decidere di avviare le consultazioni, nondimeno essa non è svincolata da qualsiasi obbligo di rispondere al terzo che, ai sensi dell'art. 23, n. 1, del regolamento SPG, le abbia comunicato tale informazione. Una volta che il terzo le abbia apportato la prova di un interesse al provvedimento di revoca temporanea del beneficio dell'SPG e che l'informazione fornita riguardi un caso previsto dall'art. 22, n. 1, del regolamento SPG, la Commissione ha l'obbligo di trasmettere tale informazione a tutti gli Stati membri per consentire loro di chiedere eventualmente l'avvio delle consultazioni.

51.
    Un terzo che dimostri un interesse al provvedimento di revoca temporanea ha pertanto il diritto di aspettarsi che la Commissione esamini l'informazione da lui trasmessa, al fine di stabilire se tale informazione si riferisca ad uno dei casi sopra menzionati e, in caso affermativo, per trasmetterla agli Stati membri. Il diritto così creato dall'art. 23, n. 1, del regolamento SPG in favore di un terzo che dimostri tale interesse, benché limitato, verrebbe palesemente negato se la Commissione dovesse rifiutare, ad esempio, di esaminare l'informazione o si astenesse erroneamente o illegittimamente di trasmetterla agli Stati membri, impedendo in tal modo ad uno di essi di chiedere l'avvio delle consultazioni.

52.
    Va rilevato che la Commissione, nell'atto impugnato, ha qualificato come denuncia la lettera delle ricorrenti in data 17 settembre 1998 e ha riconosciuto che essa aveva come base regolamentare l'art. 9, n. 1, del regolamento n. 3281/94 e l'art. 22 del regolamento SPG. La Commissione ha poi espressamente respinto la denuncia in quanto irricevibile, prima di esporre la sua interpretazione degli artt. 22 e 27 del regolamento SPG come giustificazione di tale constatazione di irricevibilità. L'atto impugnato non indica che l'informazione fornita dalle ricorrenti non riguardava uno dei casi di cui all'art. 22, n. 1, né mette in dubbio il fatto che esse avessero dimostrato un interesse alla revoca del beneficio dell'SPG per i fogli PET originari dell'India. Inoltre, tale atto non menziona che l'informazione è stata trasmessa agli Stati membri o che sono state adottate ulteriori misure ai sensi dell'art. 23 del regolamento SPG.

53.
    In tali circostanze la Commissione, con lettera 28 febbraio 2000, ha fatto chiaramente capire alle ricorrenti che, in base alla sua interpretazione degli art. 22 e 27 del regolamento SPG, non si considerava obbligata ad esaminare le informazioni ricevute né ad adottare, alla luce di tali informazioni, le misure relative alla trasmissione di tali informazioni agli Stati membri o all'avvio delle consultazioni, ai sensi dell'art. 23, nn. 1 o 2, del regolamento SPG.

54.
    Si può pertanto unicamente considerare che la lettera 18 febbraio 2000 contiene la risposta definitiva della Commissione all'informazione ricevuta ai sensi dell'art. 23 del regolamento SPG e che essa mette fine, fin dalla prima fase, ad una procedura che, in ogni caso, avrebbe potuto portare all'avvio di consultazioni all'interno del comitato delle preferenze generalizzate di cui agli artt. 23, n. 3, e 31 del regolamento e, di conseguenza, dell'inchiesta domandata dalle ricorrenti.

55.
    Risulta dalle considerazioni che precedono che, tenuto conto della suo contenuto e delle circostanze nelle quali è stata redatta, la lettera 28 febbraio 2000 ha prodotto effetti giuridici idonei ad influire sugli interessi delle ricorrenti dal momento che, con tale lettera, la Commissione ha definitivamente respinto, senza esaminarle, le informazioni trasmesse dalle ricorrenti, modificando così la loro situazione giuridica di persone aventi un interesse al provvedimento di revoca temporanea dell'SPG e aventi reso noto a tale istituzione un caso del tipo menzionato all'art. 22, n. 1, lett. e), del regolamento SPG.

56.
    Il ricorso è pertanto ricevibile.

Nel merito

57.
    Le ricorrenti adducono due motivi a sostegno del loro ricorso riguardanti, rispettivamente, un errore di diritto nell'interpretazione degli artt. 22 e 27 del regolamento SPG e una violazione dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 253 CE.

58.
    Poiché lo scopo dell'obbligo di motivazione di una decisione di un'istituzione comunitaria, previsto all'art. 253 CE, è quello di consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni alla base del provvedimento adottato al fine di difendere i loro diritti e, d'altro lato, al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato (sentenza 6 febbraio 1998, causa T-124/96, Interporc/Commissione, Racc. pag. II-231, punto 53), si deve esaminare anzitutto il secondo motivo. Qualora infatti tale motivo si rivelasse fondato, il Tribunale non sarebbe in grado di esaminare la sostanza dell'atto impugnato.

Sul secondo motivo, relativo ad un vizio di motivazione

Argomenti delle parti

59.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha fornito adeguate motivazioni per il rigetto della denuncia, tenuto conto, in particolare, delle prove dettagliate che le sono state fornite. Esse sostengono che l'assenza di motivazioni adeguate costituisce una violazione di una forma sostanziale ai sensi dell'art. 230 CE.

60.
    La Commissione controbatte che la lettera 28 febbraio 2000 precisa che le pratiche portate alla sua attenzione non rientravano nell'ambito di applicazione dell'art. 22, n. 1, lett. e), del regolamento SPG, cosicché non era necessario esaminare gli argomenti e gli elementi di prova presentati dalle ricorrenti e riguardanti tali pratiche. In ogni caso, a parere della Commissione, tale lettera contiene un'esposizione sufficientemente chiara ed esauriente delle ragioni per le quali non era applicabile l'art. 22, n. 1, lett. e), di tale regolamento. Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che le ricorrenti avrebbero correttamente anticipato, nel loro ricorso, la tesi esposta più dettagliatamente dalla Commissione nel suo controricorso.

Giudizio del Tribunale

61.
    Come già sottolineato supra al punto 52, la lettera 28 febbraio 2000 contiene un'esplicita dichiarazione della Commissione in cui considerava irricevibile la denuncia in base alla sua interpretazione degli artt. 22 e 27 del regolamento SPG. Risulta chiaramente dalle memorie delle ricorrenti nella presente causa che tale spiegazione era sufficientemente chiara da consentire loro di comprendere i motivi in base ai quali la Commissione aveva respinto la loro domanda. La questione se il motivo addotto è valido è una questione attinente al merito della causa che deve essere esaminata separatamente (sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C-367/95, Commissione/Sytraval e Brink's France, Racc. pag. I-1719, punto 67).

62.
    Il secondo motivo dev'essere pertanto respinto.

Sul primo motivo, relativo ad un'errata interpretazione del regolamento SPG

Argomenti delle parti

63.
    A sostegno del loro primo motivo le ricorrenti adducono errori di interpretazione commessi dalla Commissione in relazione all'avverbio «generalmente» presente nell'art. 27 del regolamento SPG e i rapporti tra gli artt. 22 e 27 dello stesso regolamento.

64.
    In primo luogo, esse sottolineano che la lettera 28 febbraio 2000 è redatta come se l'avverbio «sempre» avesse sostituito l'avverbio «generalmente». In tal modo la Commissione non terrebbe conto del fatto che si potrebbero verificare circostanze, ad esempio qualora le sovvenzioni siano manifeste, nelle quali il beneficio dell'SPG potrebbe essere revocato nonostante l'esistenza di misure antisovvenzione più o meno destinate a controbilanciare le sovvenzioni. Così, dall'interpretazione della Commissione sembrerebbe inferirsi che, dal momento in cui siano applicate misure antisovvenzioni che abbiano tenuto conto del trattamento preferenziale, non vi siano più circostanze nelle quali il beneficio dell'SPG possa essere revocato. Ciò sarebbe semplicemente falso. Se tale fosse stata l'intenzione del legislatore comunitario, avrebbe utilizzato l'avverbio «sempre» e non l'avverbio «generalmente».

65.
    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha tenuto conto della relazione tra gli artt. 22 e 27 del regolamento SPG. L'art. 27 non sarebbe una lex specialis rispetto all'art. 22. Esso non diverrebbe neppure privo d'oggetto qualora l'art. 22, n. 1, lett. e), fosse applicabile alle sovvenzioni o al dumping. Al contrario, l'art. 27 confermerebbe il principio generale contenuto nell'art. 22, n. 1, lett. e), secondo il quale il beneficio dell'SPG non dovrebbe essere revocato nella maggior parte dei casi, ma solo in casi manifesti. Non vi sarebbe quindi alcuna contraddizione tra le due disposizioni. Il beneficio dell'SPG potrebbe essere ritirato qualora esistano dazi antisovvenzioni purché le sovvenzioni siano palesi.

66.
    Le ricorrenti considerano che l'interpretazione offerta dalla Commissione circa la relazione tra gli artt. 27 e 22, n. 1, lett. e), del regolamento SPG fornisce un significato limitato del termine «palesemente» ed è incompatibile con l'effetto utile del regolamento SPG. Esse riconoscono che l'esistenza di sovvenzioni non costituisca di per sé un caso di pratiche commerciali palesemente sleali. Tuttavia sovvenzioni all'esportazione che abbiano conseguenze più serie del normale per la Comunità e che provochino «effetti negativi» costituirebbero un caso «di pratiche commerciali palesemente sleali». Le ricorrenti sostengono, di conseguenza, che la posizione della Commissione secondo la quale le misure antisovvenzione eliminano qualsiasi effetto negativo delle sovvenzioni è chiaramente errata.

67.
    La Commissione contesta la fondatezza dell'interpretazione offerta dalle ricorrenti dell'avverbio «generalmente». Tale avverbio servirebbe solo a sottolineare che, ai sensi dell'art. 27 del regolamento SPG, la concessione del beneficio dell'SPG ad importazioni che sono oggetto di provvedimenti antisovvenzione è la regola, mentre la mancata concessione del beneficio dell'SPG, nel caso in cui le misure di cui trattasi siano basate sul danno provocato e su prezzi che non tengano conto del regime tariffario preferenziale accordato al paese considerato, è l'eccezione.

68.
    La Commissione afferma che la concessione del beneficio dell'SPG ad importazioni oggetto di misure compensative è regolata in maniera specifica dall'art. 27 del regolamento SPG. Tale articolo fisserebbe la regola generale secondo la quale il beneficio dell'SPG è accordato ai prodotti importati che sono oggetto di misure antisovvenzione. A titolo eccezionale, il beneficio dell'SPG non verrebbe accordato allorché, in conformità della cosiddetta regola «dei dazi inferiori», le misure antisovvenzione sono basate sulla consistenza del danno provocato all'industria comunitaria, piuttosto che sulla consistenza del livello delle sovvenzioni, e tale danno è esso stesso determinato in base al prezzo di prodotti importati che non rispecchino il beneficio dell'SPG. In pratica, quest'ultimo caso potrebbe presentarsi solo qualora il beneficio dell'SPG non sia accordato durante il periodo considerato da un'inchiesta antisovvenzioni, ad esempio perché il paese esportatore è stato aggiunto nell'elenco dei beneficiari dell'SPG dopo tale periodo. La portata dell'eccezione prevista dalla clausola «a meno che...» contenuta nell'art. 27 sarebbe pertanto limitatissima.

69.
    La Commissione afferma che l'interpretazione offerta dalle ricorrenti delle relazioni tra gli artt. 22, n. 1, lett. e), e 27 del regolamento SPG aggiunge una condizione supplementare alla revoca del beneficio dell'SPG nel primo di tali articoli. Il vero significato del termine «palesemente» sarebbe «chiaramente», «evidentemente», «certamente» e non «gravemente» e «persistentemente», come sostengono le ricorrenti. Così, l'affermazione di queste ultime che l'art. 27 non riguarda casi di pratiche commerciali «palesemente sleali» ai sensi dell'art. 22, n. 1, lett. e), avrebbe come conseguenza che, a seguito dell'adozione di misure antisovvenzione in base al regolamento n. 2026/97, le istituzioni comunitarie potrebbero ipso iure revocare il beneficio dell'SPG poiché, per accertare l'esistenza di una sovvenzione che può essere oggetto di misure compensative, occorre che tale sovvenzione sia «palese». L'art. 27 sarebbe pertanto superfluo e privo d'oggetto.

70.
    La Commissione sostiene poi che la sua interpretazione dell'art. 22, n. 1, lett. e), del regolamento SPG è confermata dalle garanzie procedurali previste da tale regolamento. Essa cita l'art. 25 di tale regolamento che prevede che il beneficio dell'SPG possa essere revocato solo a seguito di un'inchiesta diretta ad accertare l'esistenza della pratica allegata. Ora, tale inchiesta sarebbe superflua qualora le istituzioni avessero già svolto indagini allo stesso scopo a norma del regolamento n. 2026/97.

71.
    Infine, a sostegno della sua interpretazione la Commissione ricorda che gli effetti negativi, per l'industria comunitaria, delle importazioni di fogli PET originari dell'India sono stati eliminati a seguito dell'imposizione di misure antisovvenzione basate sull'importo delle sovvenzioni e sui prezzi che rispecchiano i dazi preferenziali. Perciò la revoca del beneficio dell'SPG ai sensi dell'art. 22, n. 1, lett. e), del regolamento SPG non si giustificherebbe e comporterebbe una doppia sanzione per lo stesso danno, il che sarebbe ingiusto e sproporzionato.

72.
    La Commissione aggiunge che solo sovvenzioni che arrechino pregiudizio all'industria comunitaria possono essere considerate «sleali». Ne conseguirebbe che, qualora gli effetti sfavorevoli delle sovvenzioni fossero stati eliminati grazie all'imposizione di misure compensative, le sovvenzioni di cui trattasi non potrebbero costituire «pratiche commerciali (...) sleali» ai sensi dell'art. 22, n. 1, lett. e), del regolamento SPG.

Giudizio del Tribunale

73.
    Le ricorrenti ammettono che, nell'applicare il regolamento SPG, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale per decidere se debbano essere o meno avviate le procedure previste dagli artt. 23-26 di tale regolamento, che potrebbero portare alla revoca del beneficio dell'SPG. Esse riconoscono inoltre che un'eventuale decisione (nel merito) della Commissione di non aprire l'inchiesta prevista dall'art. 25, n. 1, dello stesso regolamento solo difficilmente potrebbe essere messa in discussione. Esse sostengono nondimeno che il rifiuto, opposto dalla Commissione, di esercitare tale potere discrezionale prendendo in considerazione il valore delle informazioni trasmesse da terzi potrebbe essere impugnato e dovrebbe essere annullato dal Tribunale qualora fosse dimostrato che tale rifiuto era basato su un'interpretazione errata del diritto comunitario.

74.
    La Commissione nega di non aver esaminato il valore dell'informazione trasmessa dalle ricorrenti. Il Tribunale considera nondimeno che, contrariamente alla constatazione fatta dalla Commissione al punto 15 del suo controricorso secondo la quale essa aveva ritenuto tutti gli elementi di prova comunicati «insufficienti, in particolare tenuto conto dell'art. 27 del regolamento SPG, per giustificare l'apertura di un procedimento che poteva concludersi con la revoca del beneficio dell'SPG a favore dell'India», non è stato provato che l'informazione comunicata dalle ricorrenti sia stata oggetto di una valutazione da parte della Commissione nell'adozione dell'atto impugnato.

75.
    Nell'atto impugnato si espone solo che la Commissione ha considerato il complesso degli aspetti giuridici della «denuncia» e, in particolare, l'interpretazione e l'effetto degli artt. 22 e 27 del regolamento SPG. La Commissione nella sua controreplica sottolinea che gli elementi di prova comunicatile sono stati respinti per il fatto che, poiché le misure imposte già tenevano conto del trattamento SPG, essa non poteva, a norma del regolamento SPG, aprire un'inchiesta che avrebbe potuto eventualmente concludersi con la revoca delle preferenze tariffarie.

76.
    La decisione adottata dalla Commissione nell'atto impugnato si basava pertanto sulla sua opinione che gli artt. 22 e 27 del regolamento SPG le impedivano di aprire un'inchiesta e non sull'opinione che gli elementi di prova comunicati fossero insufficienti.

77.
    E' dunque necessario esaminare se sia corretta l'interpretazione dell'art. 27 del regolamento SPG offerta dalla Commissione.

78.
    Tale articolo è composto di due parti: la prima enuncia una regola generale e la seconda definisce un'eccezione a tale regola. Nella presente causa è pacifico che tale eccezione non sia applicabile. Le ricorrenti ammettono che, allorché sono state applicate ai fogli PET provenienti dall'India misure antisovvenzione, ricordate supra al punto 15, tali misure non sono state adottate in ragione del danno provocato all'industria comunitaria, ma sulla base dell'importo delle sovvenzioni e del prezzo che prendeva in considerazione l'esistenza dei benefici dell'SPG concessi alla Repubblica d'India.

79.
    La divergenza tra le parti riguardo all'interpretazione dell'art. 27 del regolamento SPG riposa sull'interpretazione da dare all'avverbio «generalmente» che compare nella prima parte di tale articolo. Il Tribunale considera che tale articolo non possa essere interpretato nel senso suggerito dalla Commissione.

80.
    In primo luogo, l'avverbio «generalmente» ha chiaramente l'effetto di qualificare l'applicabilità della regola di cui all'art. 27 relativa ai casi in cui sono state imposte misure antidumping o antisovvenzione e in cui non si verifichi la situazione delineata da tale articolo dopo l'espressione «a meno che». L'avverbio «generalmente» significa che tale norma deve allora essere di regola applicata. Laddove tale norma dovesse essere applicata non solo di regola, ma in tutti i casi, l'inserzione dell'avverbio «generalmente» sarebbe superflua, se non contraddittoria.

81.
    Nei casi in cui è inapplicabile l'eccezione, l'impiego del termine «generalmente» ha pertanto l'effetto di riservare alla Commissione il potere discrezionale di decidere, in un caso determinato, di concedere o di continuare a concedere il beneficio dell'SPG nonostante l'adozione delle misure antidumping o antisovvenzioni. In altri termini, la Commissione ha diritto, ma non è obbligata a concedere o a continuare a concedere il beneficio dell'SPG in tali circostanze.

82.
    L'art. 22 del regolamento SPG conferma che tale interpretazione è corretta.

83.
    Va notato che il beneficio dell'SPG previsto dal regolamento SPG potrebbe essere revocato, parzialmente o completamente, in presenza di uno o più dei sei casi di cui all'art. 22, n. 1, lett. a)-f), di tale regolamento. Così, ad esempio, in un caso in cui siano state adottate misure antisovvenzione su taluni prodotti e qualora sia inapplicabile l'eccezione prevista all'art. 27, il beneficio dell'SPG potrebbe essere revocato sia a norma dell'art. 22, n. 1, lett. b), del regolamento SPG, qualora si constatasse che tali prodotti sono stati fabbricati nelle prigioni, sia a norma del n. 1, lett. a), di tale disposizione, qualora risultasse che il paese beneficiario ha praticato forme di schiavitù o di lavoro forzato. La revoca sarebbe totale o si applicherebbe a taluni prodotti.

84.
    Inoltre, stante il fatto che le circostanze previste all'art. 22, n. 1, lett. e), del regolamento SPG riguardano casi di pratiche commerciali palesemente sleali da parte del paese beneficiario, tali circostanze non si limitano necessariamente a pratiche commerciali riguardanti prodotti particolari, ma possono comprendere pratiche commerciali più generali, riguardanti il commercio nel suo complesso, di tale paese o di un settore della sua industria. In tal caso, prodotti che sono oggetto di misure antidumping o antisovvenzioni esistenti non sfuggirebbero agli effetti della revoca totale del beneficio dell'SPG nei confronti di uno Stato beneficiario per il solo fatto che tali misure presentino i requisiti previsti all'art. 27 del regolamento SPG e non rientrino nell'eccezione, menzionata supra al punto 78, alla regola generale fissata in tale art. 27.

85.
    Come ha sottolineato la Commissione, la decisione di ritirare il beneficio dell'SPG è anzitutto una questione di natura politica che riguarda la Comunità e i paesi beneficiari. Non esiste necessariamente un nesso tra i prodotti che possono perdere il beneficio dell'SPG e il fondamento giuridico in base al quale può essere effettuata la revoca. Di conseguenza l'uso dell'avverbio «generalmente» presente nell'art. 27 del regolamento SPG è diretto a garantire che, pur se l'esistenza di misure antidumping o antisovvenzioni non impedisce la concessione, o il proseguimento della concessione, del beneficio dell'SPG, nondimeno la Comunità conserva il diritto di revocare tale beneficio in casi appropriati, in presenza di una o più delle ipotesi previste all'art. 22, n. 1, del regolamento SPG.

86.
    A tale proposito, non può essere tracciata alcuna distinzione di principio tra le diverse ipotesi di revoca di cui all'art. 22, n. 1, del regolamento SPG, in particolare tra l'ipotesi relativa alle pratiche commerciali sleali da parte di uno Stato beneficiario e le altre ipotesi previste da tale disposizione. Può verificarsi che, qualora l'esistenza di sovvenzioni a favore di prodotti specifici sia la sola pratica commerciale addotta, non vi sia motivo per revocare il beneficio dell'SPG nei confronti di tali prodotti allorché tutti gli effetti negativi per il commercio di tali prodotti siano stati eliminati mediante l'imposizione di misure antisovvenzione. Nondimeno, pur se ciò può costituire la situazione «generale», non può escludersi che sussistano ipotesi diverse, nelle quali la concessione di sovvenzioni da parte del paese beneficiario abbia conseguenze anomali che superino gli effetti meramente economici compensati dalle misure antisovvenzione.

87.
    In definitiva, l'avverbio «generalmente» utilizzato nell'art. 27 del regolamento SPG riguarda almeno due possibili situazioni, nelle quali il beneficio dell'SPG può essere revocato per i prodotti che sono oggetto di misure antidumping o antisovvenzioni. La prima situazione è quella in cui il beneficio dell'SPG è revocato per un prodotto in applicazione di una revoca globale del beneficio dell'SPG nei confronti di un paese per una o più delle ipotesi enumerate all'art. 22, n. 1, lett. a)-f), del regolamento SPG. La seconda situazione è quella in cui l'ipotesi di pratiche commerciali palesemente sleali di cui all'art. 22, n. 1, lett. e), del regolamento SPG, pur riguardando prodotti particolari, produca effetti negativi che superino gli effetti economici eliminabili mediante l'adozione di misure antidumping o antisovvenzioni.

88.
    Risulta da quel che precede che l'art. 27 del regolamento SPG non può essere interpretato nel senso che esso impedisce alla Commissione di chiedere l'avvio di consultazioni nell'ambito dell'art. 23 del regolamento SPG, e quindi, eventualmente, di aprire un'inchiesta ai sensi dell'art. 25 dello stesso regolamento, a motivo dell'ipotesi prevista all'art. 22, n. 1, lett. e), di tale regolamento, per il solo fatto che i prodotti oggetto della denuncia sono colpiti da misure antisovvenzioni e che l'eccezione prevista in tale art. 27 è inapplicabile.

89.
    Ne consegue che l'interpretazione dell'art. 27 del regolamento SPG data dalla Commissione è errata e che la decisione contenuta nella sua lettera 28 febbraio 2000 deve essere annullata, in quanto essa è basata su tale interpretazione.

Sulle spese

90.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, poiché è rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese, in conformità alla domanda delle ricorrenti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    La decisione della Commissione 28 febbraio 2000 è annullata.

2)    La Commissione sopporterà, oltre alle proprie spese, le spese delle ricorrenti.

Cooke                García-Valdecasas                Lindh

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 settembre 2002.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J.D. Cooke


1: Lingua processuale: l'inglese.