Language of document : ECLI:EU:T:2019:669

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

24 settembre 2019 (*)

«Aiuti di Stato – Aiuti posti in esecuzione dai Paesi bassi – Decisione che dichiara gli aiuti illegittimi ed incompatibili con il mercato interno disponendone la restituzione – Decisione tributaria anticipata (tax ruling) – Prezzo di trasferimento – Determinazione della base imponibile – Principio di libera concorrenza – Vantaggi – Sistema di riferimento – Autonomia in materia tributaria e procedurale degli Stati membri»

Nelle cause T‑760/15 e T‑636/16,

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato inizialmente da M. Bultermann, B. Koopman, M. de Ree e M. Noort, successivamente da M. Bultermann, M. de Ree e M. Noort, in qualità di agenti,

ricorrente nella causa T‑760/15,

sostenuto da

Irlanda, rappresentata inizialmente da E. Creedon, G. Hodge, K. Duggan e A. Joyce, successivamente da G. Hodge, A. Joyce, K. Duggan, M. Browne e J. Quaney, in qualità di agenti, assistiti da M. Collins, P. Gallagher, SC, nonché da B. Doherty e S. Kingston, barristers,

interveniente,

Starbucks Corp., con sede a Seattle, Washington (Stati Uniti),

Starbucks Manufacturing Emea BV, con sede ad Amsterdam (Paesi Bassi),

rappresentate da S. Verschuur, M. Petite e M. Stroungi, avvocati,

ricorrenti nella causa T‑636/16,

contro

Commissione europea, rappresentata, nella causa T‑760/15, inizialmente da P‑J. Loewenthal e B. Stromsky, successivamente da P‑J. Loewenthal e F. Tomat, in qualità di agenti, e, nella causa T‑636/16, da P‑J. Loewenthal e F. Tomat, in qualità di agenti,

convenuta,

aventi ad oggetto le domande ex articolo 263 TFUE dirette all’annullamento della decisione (UE) 2017/502 della Commissione, del 21 ottobre 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.38374 (2014/C ex 2014/NN) al quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione a favore di Starbucks (GU 2017, L 83, pag. 38),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto da M. van der Woude, presidente, V. Tomljenović (relatore), E. Bieliūnas, A. Marcoulli e A. Kornezov, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti e contesto normativo

1        La Starbucks Manufacturing Emea BV (in prosieguo: la «SMBV») è una controllata del gruppo Starbucks (in prosieguo: il «gruppo Starbucks»), con sede nei Paesi Bassi. Il Gruppo Starbucks è costituito dalla Starbucks Corp. e da tutte le società da essa controllate. La Starbucks Corp. ha la propria sede principale a Seattle, Washington (Stati Uniti). La Alki LP (in prosieguo: la «Alki») è una controllata del gruppo Starbucks, con sede nel Regno Unito, che controlla indirettamente la SMBV. La Alki e la SMBV hanno concluso un accordo di torrefazione (in prosieguo: l’«accordo di torrefazione»), il quale prevede, in particolare, la corresponsione di royalties da parte della SMBV alla Alki per l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale della stessa Alki, compresi, segnatamente, i metodi di torrefazione e altre conoscenze tecniche in materia di torrefazione (in prosieguo: le «royalties»).

2        La decisione (UE) 2017/502 della Commissione, 21 ottobre 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.38374 (2014/C ex 2014/NN) al quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione a favore di Starbucks (GU 2017, L 83, pag. 38; in prosieguo: la «decisione impugnata»), riguarda una misura relativa all’applicazione del regime dei Paesi Bassi di imposta sulle società al caso specifico della SMBV.

A.      Sul contesto normativo nazionale

3        In base al regime generale dei Paesi Bassi d’imposta sulle società, l’imposta stessa dev’essere versata dalle società stabilite nei Paesi Bassi, contribuenti nazionali, nonché dalle società non stabilite, contribuenti stranieri, esercenti un’attività economica nei Paesi Bassi. Infatti, ai sensi dell’articolo 2 della Wet op de vennootschapsbelasting (legge relativa all’imposta sulle società; in prosieguo: la «LIS»), del 1969, le società stabilite – comprese necessariamente le società costituite secondo il diritto dei Paesi Bassi – sono soggette all’imposta sulle società con riguardo ai loro redditi mondiali. Ai sensi dell’articolo 3 della LIS, le società non stabilite sono tassate, a loro volta, sui loro redditi di origine olandese.

4        In tale contesto, la base imponibile dell’imposta sulle società è costituita dagli utili realizzati dalla società contribuente. Infatti, dall’articolo 8 della LIS, in combinato disposto con l’articolo 3.8 della Wet inkomstenbelasting (legge relativa all’imposte sui redditi), del 2001, risulta che tutti i contribuenti devono essere tassati secondo il principio dell’utile complessivo. In base a tale principio, tutti gli utili delle società sono soggetti a imposizione, a condizione che provengano da un’attività economica o commerciale. L’articolo 3.8 della legge relativa alle imposte sui redditi stabilisce che «[l]’utile di una società (utile) è costituito dalla somma dei vantaggi comuni ricavati da una società, indipendentemente dalla sua denominazione e forma». Ai sensi dell’articolo 3.25 della legge medesima, applicabile, per effetto dell’articolo 8 della LIS, anche alle persone soggette all’imposta sulle società, l’utile annuo imponibile dev’essere determinato secondo le buone pratiche commerciali e tenendo conto di un modello coerente di comportamento.

5        L’utile imponibile corrisponde, in linea di massima, all’utile contabile risultante dal conto economico della società. Tuttavia, possono essere apportati adeguamenti sulla base di specifiche clausole tributarie, quali incentivi fiscali applicabili, l’esenzione dalla partecipazione, rettifiche del reddito imponibile derivante da operazioni non conformi al principio di libera concorrenza e l’applicazione di regole di ammortamento diverse in base a disposizioni tributarie o contabili.

6        L’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS dispone che «se un organismo partecipa, direttamente o indirettamente, alla gestione, al controllo o al capitale di un’altra entità e se, in conseguenza di tali rapporti giuridici reciproci, vengono concordate o imposte condizioni (prezzi di trasferimento) che si discostano dalle condizioni che sarebbero normalmente concordate da parti indipendenti nel circuito economico, l’utile realizzato da tali entità è determinato come se queste ultime condizioni fossero state concordate».

7        Il decreto IFZ2001/295M del Segretario di Stato olandese per le finanze, del 30 marzo 2001, intitolato «Prezzo di trasferimento, applicazione del principio di libera concorrenza e linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento per le società multinazionali e le amministrazioni finanziarie (le linee guida dell’OCSE)» (in prosieguo: il «decreto sui prezzi di trasferimento)», descrive come l’amministrazione finanziaria dei Paesi Bassi interpreti il principio di libera concorrenza in base all’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS. Il preambolo del decreto sui prezzi di trasferimento dispone quanto segue:

«La politica dei Paesi Bassi in materia di diritto tributario internazionale si fonda, riguardo al principio di libera concorrenza, sul presupposto che tale principio rientri nell’ordinamento giuridico tributario dei Paesi Bassi, incluso nell’ampia nozione di reddito di cui all’articolo 3.8 della [legge relativa all’imposte sui redditi]. In teoria, le [linee guida sui prezzi di trasferimento per le società multinazionali e le amministrazioni finanziarie, adottate dal Comitato per gli affari fiscali dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il 27 giugno 1995] sono quindi direttamente applicabili nei Paesi Bassi in base all’articolo 3.8 della [legge relativa alle imposte sui redditi]. Gli orientamenti dell’OCSE lasciano un margine di interpretazione su una serie di punti. Su una serie di altri punti, la pratica richiede un chiarimento sugli orientamenti dell’OCSE. Il presente decreto chiarisce la posizione delle autorità olandesi su tali punti ed elimina le eventuali incertezze esistenti».

8        Il decreto sui prezzi di trasferimento è suddiviso in dodici capi, vertenti sul principio di libera concorrenza, sui metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento, sugli approcci amministrativi per prevenire e risolvere le controversie sui prezzi di trasferimento, sugli adeguamenti secondari, sulla determinazione del prezzo di libera concorrenza quando la valutazione è altamente incerta al momento dell’operazione, sulla prestazione di servizi all’interno di un gruppo, sui contributi a un accordo di ripartizione dei costi con margine di profitto, sulla remunerazione conforme al principio di libera concorrenza per i servizi finanziari, sulle sovvenzioni, sugli incentivi fiscali e sui costi parzialmente deducibili, sull’attribuzione degli utili ad una società madre e ad una stabile organizzazione, sull’entrata in vigore del presente decreto e sull’applicazione della politica attuale.

9        Più in particolare, il punto 1 del decreto sui prezzi di trasferimento stabilisce, segnatamente, che il principio di libera concorrenza nel diritto dei Paesi Bassi si basa, in generale, sul confronto tra le condizioni di un’operazione tra società collegate e le condizioni di un’operazione tra società indipendenti. L’amministrazione è legittimata ad attendersi che il contribuente dimostri che i prezzi di trasferimento dallo stesso applicati siano conformi al principio di libera concorrenza. In tale contesto, la premessa dev’essere che ciascuna delle società interessate riceva una remunerazione che rifletta le funzioni svolte, tenendo conto delle attività sottostanti e dei rischi connessi. Inoltre, la remunerazione conforme al principio di libera concorrenza dev’essere determinata, teoricamente, in base alle operazioni. Orbene, in caso di difficoltà, le operazioni possono essere valutate congiuntamente per determinare la conformità al principio di libera concorrenza. Inoltre, nel contesto di una revisione pluriennale dei dati, l’amministrazione finanziaria non può avvalersi di conoscenze acquisite a posteriori.

10      Al punto 2, il decreto sui prezzi di trasferimento fa riferimento a cinque metodi, esposti nelle linee guida sui prezzi di trasferimento per le società multinazionali e le amministrazioni finanziarie, adottate dal Comitato per gli affari fiscali dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il 27 giugno 1995 e riveduti il 22 luglio 2010 (in prosieguo: gli «orientamenti dell’OCSE»), riguardanti la determinazione dei prezzi di trasferimento. Tali metodi comprendono, in particolare, il metodo del confronto del prezzo sul libero mercato (in prosieguo: il «metodo CUP») nonché il metodo basato sul margine netto della transazione (in prosieguo: il «TNMM»). Secondo detto decreto, gli orientamenti dell’OCSE implicano una certa gerarchia tra i metodi, privilegiando i metodi transazionali tradizionali. L’amministrazione finanziaria olandese deve sempre avviare l’esame dei prezzi di trasferimento partendo dal metodo prescelto dal contribuente alla data dell’operazione. Il decreto precisa che tale norma è conforme al punto 1.68 degli orientamenti dell’OCSE, nel testo del 1995. Ne deriva che il contribuente, in linea di principio, è libero di optare per un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, purché il metodo selezionato produca un risultato conforme al principio di libera concorrenza per l’operazione stessa. Sebbene ci si attenda che il contribuente tenga conto, nella scelta di un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, dell’affidabilità del metodo medesimo nella fattispecie de qua, tale approccio non è proprio inteso a incoraggiare il contribuente a valutare tutti i metodi e ad indicare, successivamente, le ragioni per cui il metodo prescelto fornirebbe il miglior risultato alla luce delle condizioni in questione.

11      Il punto 5 del decreto sui prezzi di trasferimento prevede, in particolare, che, in caso di trasferimento di beni immateriali quali, ad esempio, i brevetti, possa essere difficile stimare il valore di tali beni al momento del trasferimento a causa di insufficiente conoscenza dei benefici e dei rischi futuri. Nel caso in cui società indipendenti abbiano optato per una clausola di revisione dei prezzi, in circostanze analoghe, l’amministrazione finanziaria deve disporre della possibilità di determinare il prezzo in base a tale clausola. L’obiettivo è quello di pervenire a un regime in cui la remunerazione sia coerente con i benefici che il bene immateriale genererà in futuro.

B.      Sull’accordo preventivo in materia di prezzi

12      Il 28 aprile 2008 l'amministrazione finanziaria dei Paesi Bassi concludeva con la SMBV un accordo preventivo in materia di prezzi (in prosieguo: l’«APP»), volto a determinare la remunerazione della SMBV per le sue attività di produzione e distribuzione, quali descritte nell’APP, nell’ambito del gruppo Starbucks (in prosieguo: la «remunerazione della SMBV»). La remunerazione della SMBV veniva successivamente utilizzata per determinare annualmente l’utile imponibile della SMBV ai fini dell’imposta sulle società nei Paesi Bassi. Infatti, secondo il suo preambolo, l’APP è un accordo tributario riguardante la conformità al principio di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento da utilizzare nel calcolo degli utili all’interno di un gruppo internazionale. Dall’APP risulta [riservato] (1) che uno dei suoi obiettivi era quello di essere utilizzato ai fini delle dichiarazioni annuali relative all’imposta sulle società nei Paesi Bassi. L’APP era valido per il periodo compreso fra il 1° ottobre 2007 e il 31 dicembre 2017.

13      L’APP prevedeva un metodo di determinazione della remunerazione della SMBV in base alla libera concorrenza per le sue attività di produzione e distribuzione all’interno del gruppo Starbucks. Inoltre, l’APP approvava l’importo delle royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki per l’utilizzo delle tecnologie di torrefazione, delle miscele di caffè e delle curve di tostatura del caffè (in prosieguo: la «proprietà intellettuale relativa alla torrefazione») nel processo di produzione e fornitura di caffè ai gestori dei negozi.

14      Più in particolare, per quanto riguarda l’ambito di applicazione dell’APP, [riservato]. Quanto alle funzioni della SMBV, [riservato] quest’ultima era principalmente responsabile della produzione di chicchi di caffè tostati nonché della fornitura di chicchi di caffè tostati e di prodotti correlati ai negozi Starbucks della regione Europa, Medio Oriente e Africa (in prosieguo: la «regione EMEA») e possedeva un impianto di torrefazione nei Paesi Bassi. Inoltre, l’APP specificava che la SMBV gestiva su licenza taluni diritti di proprietà intellettuale appartenenti alla Alki e che tali diritti erano necessari nel processo di produzione e nella fornitura di caffè ai gestori dei negozi. Veniva precisato che, a tal fine, la SMBV versava le royalties alla Alki. [riservato] Inoltre, secondo [riservato] l’APP, la SMBV esercitava una funzione di distributore di diversi altri prodotti connessi al caffè e, oltre alle funzioni logistiche legate alle proprie attività di produzione, forniva anche un supporto logistico per altri prodotti in taluni mercati.

15      Quanto al metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento per le attività di produzione e di distribuzione della SMBV, [riservato] dell’APP stabiliva, in particolare, che la remunerazione della SMBV doveva essere determinata in base al metodo del costo maggiorato (cost plus method) (v. infra, punto 187, riguardante il significato di tale termine), e che questa era conforme alla libera concorrenza laddove il «margine operativo» fosse stato pari al [riservato]% della base di costo pertinente (in prosieguo: la «base di costo della SMBV»). Inoltre, secondo l’APP, non facevano parte della base di costo della SMBV:

–        le spese per le tazze Starbucks, per i tovaglioli di carta Starbucks, ecc.;

–        il costo dei chicchi di caffè verde;

–        le spese logistiche e di distribuzione relative a servizi forniti da terzi e la remunerazione per le attività esercitate da terzi nell’ambito di contratti di produzione in conto deposito (consignment manufacturing);

–        il pagamento di royalties.

16      Per quanto riguarda la royalties che SMBV doveva versare annualmente alla Alki [riservato], l’APP prevedeva che quest’ultima fosse fissata in base alla differenza tra l’utile operativo realizzato per la funzione di produzione e di distribuzione, al lordo delle spese relative alle royalties, e la remunerazione della SMBV. Il pagamento delle royalties era deducibile ai fini dell’imposta sulle società e non era soggetto all’imposta olandese sui dividendi.

C.      Fatti

1.      Sul procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

17      Il 30 luglio 2013 la Commissione europea inviava al Regno dei Paesi Bassi una prima richiesta di informazioni sulle pratiche nazionali relative alle decisioni anticipate in materia di imposizione fiscale sulle società. In tale contesto, la Commissione chiedeva che le fossero comunicate tutte le decisioni anticipate a favore della SMBV e della Starbucks Coffee Emea BV, due controllate del gruppo Starbucks stabilite nei Paesi Bassi. In risposta a tale richiesta, il Regno dei Paesi Bassi trasmetteva, in particolare, l’APP.

18      L’11 giugno 2014 la Commissione avviava il procedimento di indagine formale di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (in prosieguo: la «decisione di avvio del procedimento»), riguardante l’APP, sulla base del rilievo che quest’ultimo avrebbe potuto costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

19      A seguito della decisione di avvio del procedimento, avevano luogo vari scambi tra la Commissione ed il Regno dei Paesi Bassi nonché le entità del gruppo Starbucks che costituivano i corrispondenti della Commissione nel corso del procedimento amministrativo (in prosieguo: i «corrispondenti della Starbucks»), in particolare per quanto riguarda l’APP.

2.      Sulla decisione impugnata

20      Il 21 ottobre 2015 la Commissione adottava la decisione impugnata. In tale decisione, la Commissione, da un lato, riteneva che l’APP costituisse un aiuto incompatibile con il mercato interno e, dall’altro, ordinava il recupero dell’aiuto medesimo. La decisione impugnata si articola in undici sezioni.

a)      Sulla descrizione della misura controversa

21      Nella sezione 2 della decisione impugnata, intitolata «Descrizione della misura controversa», la Commissione ha individuato nell’APP la misura controversa. L’Istituzione ha precisato che l’APP era stato concluso in base alla relazione sui prezzi di trasferimento redatta dal consulente fiscale del gruppo Starbucks (in prosieguo: la «relazione sui prezzi di trasferimento»), rilevando che tale documento costituiva parte integrante dell’APP (punti 40 e 46 della decisione impugnata).

22      In primo luogo, la Commissione ha osservato che, adottando l’APP, l’amministrazione finanziaria olandese aveva riconosciuto che la remunerazione per le attività della SMBV nei Paesi Bassi, come determinata dal consulente fiscale del gruppo Starbucks, costituisce una remunerazione di libera concorrenza. La Commissione ha poi precisato che l’amministrazione olandese aveva altresì riconosciuto che l’importo delle royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki corrisponde alla differenza tra l’utile operativo realizzato prima del pagamento delle royalties e la remunerazione della SMBV, quale prevista dall’APP. Essa ha rilevato che l’APP prevedeva che l’importo delle royalties sarebbe stato deducibile dall’utile imponibile della SMBV e non sarebbe stato soggetto ad imposta nei Paesi Bassi (punti da 40 a 44 della decisione impugnata).

23      In secondo luogo, la Commissione ha illustrato il contenuto della relazione sui prezzi di trasferimento. L’Istituzione ha anzitutto rilevato che la relazione sui prezzi di trasferimento presentava la Starbucks Coffee Emea come il principale stabilimento del gruppo Starbucks nella regione EMEA. Questa è stata descritta come avente funzione di sub-concessione di licenza dei diritti di proprietà intellettuale del gruppo Starbucks (marchio, tecnologia e know‑how) – per i quali essa versava royalties alla Alki – a terzi che gestivano i marchi Starbucks. Questi ultimi corrispondevano, quindi, diritti di proprietà intellettuale alla Starbucks Coffee Emea corrispondenti a una percentuale del proprio fatturato. A tal riguardo, la Commissione ha osservato che il consulente tributario del gruppo Starbucks riteneva che il metodo CUP potesse essere utilizzato per determinare il prezzo di libera concorrenza dei pagamenti infragruppo di diritti di proprietà intellettuale alla Starbucks Coffee Emea.

24      Inoltre, quanto alla SMBV, da un lato, la Commissione ha rilevato che la relazione sui prezzi di trasferimento si limitava a descriverla come un’entità avente la funzione primaria di tostare i chicchi di caffè verde e di rivendere il caffè tostato a entità affiliate e non affiliate. Nell’ambito di tali attività, la SMBV era tenuta a rispettare le specifiche fornite dalle società del gruppo Starbucks stabilite nel territorio degli Stati Uniti (in prosieguo: la «Starbucks US») e aveva la responsabilità di garantire che la sua produzione fosse conforme agli standard di qualità della Starbucks US. La SMBV agiva altresì come intermediario per la distribuzione di vari prodotti non derivati dal caffè e forniva servizi di «supporto alla catena di approvvigionamento». D’altro lato, la Commissione ha precisato che, per esercitare tale attività, la SMBV si riforniva di chicchi di caffè verde da una controllata del gruppo Starbucks con sede in Svizzera, la Starbucks Coffee Trading SARL (in prosieguo: la «SCTC»). La SMBV versava inoltre royalties alla Alki per l’utilizzo dei processi di torrefazione e per il diritto di fornire le marche Starbucks di caffè. A tal riguardo, la Commissione ha rilevato che la relazione sui prezzi di trasferimento non descriveva, tra le operazioni più importanti, l’accordo di licenza per effetto del quale la SMBV corrispondeva royalties alla Alki. I rapporti tra la SMBV e le varie entità del gruppo Starbucks sono stati riportati nel grafico n. 1 della decisione impugnata, riportato di seguito:

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25      Infine, la Commissione ha rilevato che, per quanto riguarda la scelta del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, la relazione sui prezzi di trasferimento adottava il TNMM, metodo secondo il quale occorreva tener conto dei margini netti ottenuti in transazioni analoghe da società non collegate. Secondo la relazione sui prezzi di trasferimento, tale metodo era appropriato nel caso di specie, per il fatto che le differenze tra le operazioni e le funzioni delle entità da confrontare nel determinare il margine netto erano meno soggette a errori rispetto ai metodi tradizionali (punto 55 della decisione impugnata).

26      La Commissione ha precisato che, per applicare il TNMM, il consulente tributario aveva scelto come indicatore del livello di utile i costi operativi relativi alle attività per le quali la SMBV apportava valore aggiunto. Dopo una verifica di comparabilità, il consulente fiscale aveva ritenuto che l’utile netto delle entità paragonabili alla SMBV corrispondesse a un ricarico dei costi totali. Inoltre, il consulente tributario del gruppo Starbucks aveva effettuato due rettifiche per tener conto delle differenze tra le entità confrontate e la SMBV, come i rischi sostenuti o le funzioni svolte. La prima rettifica era volta a tener conto del fatto che la base di costo della SMBV, alla quale era applicato il ricarico, non comprendeva il costo dei chicchi di caffè verde. La seconda rettifica mirava a tener conto del fatto che le società comparabili sostenevano il costo delle materie prime e che il loro rendimento veniva calcolato su una base di costo comprendente le materie prime. In base a queste due rettifiche, il ricarico era stato quindi portato al [riservato]% della base di costo della SMBV (punti da 56 a 61 della decisione impugnata).

27      In terzo luogo, la Commissione ha esposto il contenuto delle linee guida dell’OCSE nelle versioni del 1995 e del 2010. A suo avviso, le linee guida dell’OCSE elencavano cinque metodi per avvicinarsi a una determinazione dei prezzi di libera concorrenza nell’ambito delle operazioni e dell’imputazione dell’utile tra società dello stesso gruppo. Secondo la Commissione, esse classificavano questi cinque metodi, distinguendo tra i metodi tradizionali basati sulla transazione e i metodi basati sull’utile delle transazioni. Secondo la decisione impugnata, dovevano essere privilegiati i metodi tradizionali basati sulla transazione. Tra i cinque metodi elencati nelle linee guida dell’OCSE figuravano, in particolare, il metodo CUP e il TNMM (punti da 67 a 70 della decisione impugnata).

28      Il primo metodo, il metodo CUP, quale descritto dalla Commissione, costituisce un metodo tradizionale basato sulla transazione, consistente nel confrontare il prezzo fatturato per il trasferimento di beni o servizi in un’operazione tra due società collegate con il prezzo fatturato per il trasferimento di beni o servizi in un’operazione analoga effettuata in circostanze analoghe tra due società indipendenti (punti 67 e 71 della decisione impugnata).

29      Il secondo metodo, il TNMM, come descritto dalla Commissione, è un metodo basato sull’utile delle transazioni, consistente nello stimare l’importo potenziale dell’utile in base al principio di libera concorrenza per un’attività considerata nel suo complesso, piuttosto che per transazioni specifiche. In tale contesto, occorreva scegliere un indicatore del livello di utile, quali i costi, il fatturato o investimenti fissi, e applicare ad esso una percentuale di utile corrispondente a quella osservata in operazioni analoghe effettuate sul mercato (punti 67 e da 72 a 74 della decisione impugnata).

b)      Sulla valutazione della misura controversa

30      Nella sezione 9 della decisione impugnata, intitolata «Valutazione della misura controversa», la Commissione ha affermato, in conclusione, l’esistenza di un aiuto di Stato. Essa ha ritenuto che ricorressero le quattro condizioni ai fini della sussistenza di un aiuto di Stato.

31      Dopo aver ricordato le condizioni per l’esistenza di un aiuto di Stato, previste all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha ritenuto che fosse soddisfatta la prima di esse, che postula un intervento statale o effettuato mediante risorse statali. A tal riguardo, da un lato, la Commissione ha rilevato che l’APP comprendeva l’accettazione, da parte dell’amministrazione finanziaria olandese, di un metodo di attribuzione degli utili alla SMBV nell’ambito del gruppo Starbucks, come proposto dal consulente fiscale del gruppo Starbucks. La SMBV avrebbe quindi calcolato su tale base l’importo annuo dell’imposta sulle società da assolvere nei Paesi Bassi. Secondo la Commissione, l’APP era quindi imputabile al Regno dei Paesi Bassi. D’altro lato, la Commissione ha rilevato che tale APP comprendeva una riduzione dell’imposta dovuta dalla SMBV nei Paesi Bassi, discostandosi dall’imposta che la SMBV sarebbe stata tenuta a versare, in mancanza dell’APP, in base al regime generale dei Paesi Bassi dell’imposta sulle società. La Commissione ha quindi ritenuto che l’APP desse luogo a una riduzione del gettito fiscale del Regno dei Paesi Bassi (punti da 223 a 226 della decisione impugnata).

32      Per quanto riguarda la seconda e la quarta condizione per l’esistenza di un aiuto di Stato, da un lato, la Commissione ha ritenuto che l’APP potesse incidere sugli scambi all’interno dell’Unione europea, in quanto la SMBV faceva parte del gruppo Starbucks, entità attiva a livello internazionale operante in tutti gli Stati membri dell’Unione. D’altro lato, a parere della Commissione, l’APP, riducendo l’onere fiscale che la SMBV avrebbe altrimenti dovuto sostenere in forza del regime generale dell’imposta sulle società, falsava o minacciava di falsare la concorrenza rafforzando la posizione finanziaria della SMBV (punto 227 della decisione impugnata).

33      Per quanto riguarda la terza condizione ai fini dell’esistenza di un aiuto di Stato, la Commissione ha ritenuto che l’APP conferisse un vantaggio selettivo alla SMBV, in quanto implicava una riduzione dell’imposta dovuta dalla SMBV ai Paesi Bassi rispetto a quanto avrebbe dovuto pagare in forza del regime generale dell’imposta sulle società nonché rispetto alle società autonome (punto 228 della decisione impugnata).

34      In limine, la Commissione ha precisato che, secondo la giurisprudenza, è necessaria un’analisi in tre fasi per stabilire se la misura sia selettiva. Anzitutto, si tratta di determinare il «regime di riferimento», ossia il regime fiscale normalmente applicabile al beneficiario della misura fiscale. Si deve poi esaminare se la misura fiscale deroghi a tale regime di riferimento, in quanto introduce differenziazioni tra operatori economici che, alla luce degli obiettivi intrinseci del regime di riferimento, si trovano in una situazione di fatto e di diritto analoga. Infine, se la misura costituisce una deroga al sistema di riferimento, spetta allo Stato membro stabilire che la deroga è giustificata dalla natura o dalla struttura generale del regime di riferimento.

35      Per quanto riguarda la prima fase, ossia l’individuazione del regime di riferimento, la Commissione ha ritenuto che il regime di riferimento fosse il regime generale olandese dell’imposta sulle società, il cui obiettivo era quello della tassazione degli utili di tutte le società soggette ad imposta nei Paesi Bassi. Essa ha precisato,, che le società stabilite nei Paesi Bassi sono contribuenti nazionali e sono soggette all’imposta sulle società relativamente al loro reddito mondiale. Le società non stabilite nei Paesi Bassi sono contribuenti stranieri e sono soggette all’imposte sui redditi provenienti da fonti olandesi. Secondo la Commissione, le società integrate e le società autonome si trovavano in una situazione di diritto e di fatto analoga con riferimento a tale obiettivo ed erano quindi soggette all’imposta sulle società senza alcuna distinzione. A tal riguardo, la differenza nelle modalità di calcolo degli utili imponibili delle società integrate non incideva affatto sull’obiettivo del regime di riferimento, ossia la tassazione di tutte le società soggette ad imposta nei Paesi Bassi (punti da 231 a 244 della decisione impugnata).

36      Per quanto riguarda la seconda fase, menzionata al precedente punto 34, ossia la dimostrazione di una deroga al regime di riferimento, la Commissione ha precisato, anzitutto, che la questione se una misura fiscale costituisca una deroga al regime di riferimento coincide generalmente con l’accertamento di un vantaggio conferito al beneficiario attraverso la misura medesima. Infatti, a suo avviso, quando una misura fiscale implica una riduzione dell’imposta dovuta dal beneficiario rispetto all’imposta che questi dovrebbe normalmente versare in assenza della misura stessa, tale riduzione costituisce il vantaggio conferito dalla misura fiscale contemporaneamente alla deroga al regime di riferimento (punto 253 della decisione impugnata).

37      Inoltre, la Commissione ha richiamato la giurisprudenza secondo cui, nel caso di una misura individuale, l’individuazione del vantaggio economico consente, in linea di principio, di presumere la selettività di detta misura. La Commissione ha precisato che, nel caso di specie, l’APP concesso alla SMBV costituiva una misura di aiuto individuale (punto 254 della decisione impugnata).

38      Infine, la Commissione ha affermato che, come dichiarato dalla Corte nella sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416), una misura fiscale per effetto della quale una società integrata applichi prezzi di trasferimento che non riflettano i prezzi che sarebbero applicati in un contesto di libera concorrenza, vale a dire prezzi che sarebbero stati concordati da società autonome operanti in base al principio di libera concorrenza in condizioni analoghe, conferiva a detta società integrata un vantaggio, comportando una riduzione della base imponibile e, quindi, dell’imposta dovuta in base al regime ordinario dell’imposta sulle società. La Commissione ha ricordato che, per effetto del principio di libera concorrenza, le operazioni effettuate all’interno di un gruppo di società devono essere remunerate come se concluse tra società autonome operanti in condizioni di libera concorrenza. La Commissione ha pertanto precisato che doveva verificare se il metodo accettato dall’amministrazione finanziaria olandese attraverso l’APP per determinare gli utili imponibili della SMBV nei Paesi Bassi si discostasse da un metodo che sfociava in un’approssimazione attendibile di un risultato basato sul mercato e, di conseguenza, dal principio di libera concorrenza, nel qual caso l’APP sarebbe considerata come fonte di un vantaggio selettivo alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (punti da 259 a 263 della decisione impugnata).

39      Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto che il principio di libera concorrenza costituisse necessariamente parte integrante della propria valutazione, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, delle misure fiscali concesse alle società integrate, indipendentemente dalla questione se uno Stato membro avesse incorporato o meno tale principio nel proprio ordinamento giuridico nazionale. L’Istituzione ha quindi precisato, in risposta agli argomenti dedotti dal Regno dei Paesi Bassi nel procedimento amministrativo, di non aver esaminato se l’APP rispettasse il principio di libera concorrenza, come definito all’articolo 8 ter della LIS nonché dal decreto sui prezzi di trasferimento, bensì di aver cercato di stabilire se l’amministrazione finanziaria dei Paesi Bassi avesse procurato un vantaggio selettivo alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (punti da 264 a 265 della decisione impugnata).

40      Alla luce di tali elementi, la Commissione ha esposto una serie di linee di ragionamento volte a dimostrare che l’APP conferisse un vantaggio selettivo alla SMBV. Secondo il ragionamento in via principale, la Commissione ha sviluppato più linee di ragionamento, alcune delle quali subordinate le une alle altre, volte a dimostrare che l’APP derogava al regime generale olandese dell’imposta sulle società. In un ragionamento esposto in subordine, la Commissione ha sostenuto che l’APP derogava all’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS nonché al decreto sui prezzi di trasferimento.

41      In particolare, in primo luogo, nel proprio ragionamento principale volto a dimostrare come l’APP derogasse al regime generale olandese dell’imposta sulle società, la Commissione ha rilevato che il consulente tributario del gruppo Starbucks, per determinare gli utili imponibili della SMBV, aveva optato per il TNMM. L’Istituzione ha ritenuto che varie scelte metodologiche, proposte dal consulente tributario del gruppo Starbucks e convalidate dal Regno dei Paesi Bassi, portassero ad una riduzione dell’imposta sulle società, versata dalla SMBV, rispetto alle società autonome i cui utili imponibili venivano determinati alle condizioni di mercato (punti da 268 a 274 della decisione impugnata).

42      Sotto un primo profilo, la Commissione ha ritenuto che la relazione sui prezzi di trasferimento non avesse esaminato se l’operazione infragruppo per la quale l’APP era stato effettivamente richiesto e concesso, vale a dire la royalties che la SMBV pagava alla Alki per la licenza d’uso della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, fosse conforme al principio di libera concorrenza. Di conseguenza, la relazione sui prezzi di trasferimento non individuava e non analizzava le operazioni controllate e non controllate pertinenti, sebbene si trattasse di una prima fase indispensabile nella valutazione della natura di libera concorrenza delle condizioni commerciali applicabili ai fini della determinazione dei prezzi di trasferimento tra parti collegate (punti da 275 a 285 della decisione impugnata).

43      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda il livello delle royalties, la Commissione ha ritenuto che, se la relazione sui prezzi di trasferimento avesse correttamente individuato ed esaminato le royalties, avrebbe dovuto giungere a un valore di libera concorrenza pari a zero. L’Istituzione ha rilevato, in particolare, che la SMBV non avrebbe tratto alcun profitto dall’uso dei diritti di proprietà intellettuale oggetto delle royalties, in quanto non li sfruttava nel mercato. La Commissione ha quindi ritenuto che gli utili versati alla Alki attraverso le royalties avrebbero dovuto essere interamente tassati nei Paesi Bassi (punti da 286 a 341 della decisione impugnata).

44      Per esaminare il carattere di libera concorrenza delle royalties, la Commissione ha applicato il metodo CUP individuando diversi accordi di produzione tra il gruppo Starbucks e terzi, o tra terzi del gruppo Starbucks, come operazioni analoghe.

45      Inoltre, la Commissione ha respinto gli argomenti dedotti dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks per giustificare l’importo delle royalties. Da un lato, essa ha ritenuto che il versamento delle royalties non potesse avere come contropartita l’assunzione dei rischi imprenditoriali della SMBV da parte della Alki, col rischio di consentire alle società integrate di riassegnare contrattualmente i rischi e, quindi, escludere qualsiasi applicazione del principio di libera concorrenza. D’altro lato, la Commissione ha aggiunto che il pagamento delle royalties non poteva essere giustificato dall’entità delle somme versate dalla Alki alla Starbucks US.

46      Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda il livello del prezzo di acquisto dei chicchi di caffè verde, la Commissione ha rilevato che tale operazione non era stata esaminata nella relazione sui prezzi di trasferimento, sebbene detta relazione la identificasse come una delle principali operazioni effettuate dalla SMBV. Basandosi sui dati finanziari della SCTC, la Commissione ha calcolato il margine lordo medio sui costi dei chicchi di caffè verde per il periodo di validità dell’APP. La Commissione ha ritenuto che il margine lordo tra il 2011 e il 2014, che rifletteva un aumento significativo del prezzo dei chicchi di caffè a carico della SMBV rispetto ai costi sostenuti dalla SCTC, non riflettesse un’approssimazione attendibile del risultato di mercato. L’Istituzione ha concluso che il sovrapprezzo pagato dalla SMBV, riducendo gli utili registrati e quindi la base imponibile di quest’ultima, costituiva un vantaggio selettivo (punti da 342 a 361 della decisione impugnata).

47      In secondo luogo, sempre nell’ambito del proprio ragionamento principale volto a dimostrare che l’APP derogava al regime generale olandese dell’imposta sulle società, ma in subordine alle critiche esposte ai precedenti punti da 42 a 46, la Commissione ha ritenuto che, in ogni caso e anche supponendo che il TNMM fosse adeguato per individuare gli utili realizzati dalla SMBV, la relazione sui prezzi di trasferimento avesse applicato il TNMM in modo non corretto. Essa ha concluso che, poiché tale metodo non portava a un risultato di libera concorrenza, l’amministrazione finanziaria olandese non poteva approvarlo nell’APP (punti da 362 a 408 della decisione impugnata).

48      Sotto un primo profilo, la Commissione ha ritenuto che la relazione sui prezzi di trasferimento avesse erroneamente identificato la SMBV come l’entità meno complessa e, quindi, come la «parte da sottoporre a test», ai fini dell’applicazione del TNMM. Essa ha aggiunto, per contro, che la SMBV avrebbe dovuto essere identificata come l’entità più complessa, poiché, da un lato, la Alki esercitava solo funzioni limitate e, dall’altro, oltre al fatto che la SMBV esercitasse funzioni diverse dalla torrefazione, tale funzione non consisteva in attività di routine, ma era essenziale (punti da 362 a 377 della decisione impugnata).

49      Sotto un secondo profilo, la Commissione ha ritenuto inadeguato il livello di utile considerato nella relazione sui prezzi di trasferimento, ossia i costi operativi. Secondo la Commissione, il consulente fiscale del gruppo Starbucks aveva erroneamente ritenuto che la torrefazione costituisse la funzione principale della SMBV anziché la rivendita e la distribuzione. La Commissione ha quindi concluso che l’utilizzo delle vendite registrate dalla SMBV come indicatore del livello di utile era più appropriato e avrebbe comportato una remunerazione più elevata per l’attività della SMBV. A sostegno di tale conclusione, la Commissione ha calcolato un indice di redditività di un gruppo di entità indipendenti che esercitavano le stesse attività di rivendita e torrefazione della SMBV. Dopo un confronto con la Starbucks Manufacturing Corporation (in prosieguo: la «SMC») – l’unica altra entità del gruppo a esercitare attività di torrefazione per il gruppo – essa ha concluso che la SMC era [riservato] volte più redditizia della SMBV in base all’APP (punti da 379 a 400 della decisione impugnata).

50      Sotto un terzo profilo, la Commissione ha ritenuto che, in ogni caso e anche supponendo che i costi operativi costituiscano un indicatore adeguato del livello di utile per il calcolo dei prezzi di trasferimento della SMBV, le due rettifiche apportate dal consulente tributario nella relazione sui prezzi di trasferimento non consentissero un’approssimazione attendibile del risultato di mercato. La Commissione ha censurato, da un lato, l’uso di una «rettifica del capitale circolante» e, dall’altro, l’esclusione dei costi della società definita, al punto 300 della decisione impugnata come pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, con il termine «società produttrice non affiliata 1» (in prosieguo: la «società produttrice non affiliata 1») dalla base di costo utilizzata come indicatore del livello di utile (punti da 401 a 408 della decisione impugnata).

51      La Commissione ha quindi concluso che il metodo accettato dall’amministrazione finanziaria olandese, secondo cui gli utili generati dalla SMBV e superiori al margine del [riservato]% dei costi operativi dovevano essere versati come royalties alla Alki, non era conforme al principio di libera concorrenza e portava a una riduzione dell’onere fiscale gravante sulla SMBV.

52      Dalle suesposte considerazioni risulta quindi che, nell’ambito dell’esame del regime generale olandese dell’imposta sulle società, la Commissione ha rilevato sei errori che consentivano di concludere che, nel caso di specie, sussisteva un vantaggio selettivo. In tale esame i primi tre errori si collocano in una tesi principale, mentre gli altri tre errori si inseriscono in una tesi sussidiaria e sono subordinati l’uno all’altro.

53      Più in particolare, per quanto riguarda la tesi principale, la Commissione ha ritenuto che il metodo accettato dall’APP derogasse a un metodo che consentiva un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato conformemente al principio di libera concorrenza, in quanto:

–        la scelta del TNMM era errata e la relazione sui prezzi di trasferimento non esaminava l’operazione infragruppo per la quale l’APP era stato effettivamente richiesto e concesso (in prosieguo: la «prima linea di ragionamento»);

–        da un lato, l’APP non stabiliva una metodologia volta a garantire la conformità al principio di libera concorrenza delle royalties versate dalla SMBV alla Alki; ovvero, ai fini della determinazione dell’importo delle royalties versate dalla SMBV alla Alki avrebbe dovuto essere applicato il metodo CUP; secondo tale metodo, le royalties avrebbero dovuto essere pari a zero (in prosieguo: la «seconda linea di ragionamento»);

–        d’altro lato, l’APP non esaminava se il livello del prezzo di acquisto del caffè verde fosse conforme al principio di libera concorrenza, oppure, quest’ultimo fosse sopravvalutato (in prosieguo: la «terza linea di ragionamento»).

54      Per quanto riguarda la tesi sussidiaria, la Commissione ha ritenuto che, anche ammesso che il TNMM avesse rappresentato il metodo adeguato per determinare gli utili realizzati dalla SMBV, la relazione sui prezzi di trasferimento avrebbe applicato il TNMM in modo erroneo. A tal riguardo, la Commissione ha osservato che:

–        il metodo accolto dall’APP derogava a un metodo che consentiva un’approssimazione attendibile del risultato sul mercato conformemente al principio di libera concorrenza, in quanto la SMBV era stata erroneamente identificata come l’entità meno complessa e quindi come l’entità da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM (in prosieguo: la «quarta linea di ragionamento»);

–        in subordine, il metodo accolto dall’APP non consentiva un’approssimazione attendibile del risultato sul mercato conformemente al principio di libera concorrenza, in quanto le funzioni della SMBV erano state analizzate in modo errato e la scelta dei costi operativi come indicatore del livello di utile non era corretta (in prosieguo: la «quinta linea di ragionamento»);

–        in subordine, il metodo accettato dall’APP non consentiva un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato, conformemente al principio di libera concorrenza, in quanto le rettifiche applicate al ricarico erano inadeguate (in prosieguo: la «sesta linea di ragionamento»).

55      In terzo luogo, nel proprio ragionamento esposto in subordine, volto a dimostrare che l’APP derogava all’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS nonché al decreto sui prezzi di trasferimento, la Commissione ha ritenuto che, anche ammesso che il sistema di riferimento pertinente non fosse costituito dalle regole ordinarie in materia di imposta sulle società, ma, come sostenuto dalle autorità olandesi, unicamente dalle disposizioni che sanciscono nel diritto dei Paesi Bassi il principio di libera concorrenza, ossia l’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS nonché il decreto sui prezzi di trasferimento, l’APP, approvando un metodo di determinazione degli utili della SMBV che non portava a un risultato di libera concorrenza, derogava anche a tale regime di riferimento. A tal fine, la Commissione ha rinviato alla propria analisi effettuata con riferimento al regime generale olandese dell’imposta sulle società e alle sei linee di ragionamento esposte supra ai punti da 52 a 54 (in prosieguo: il «ragionamento relativo sistema di riferimento limitato») (punti da 409 a 412 della decisione impugnata).

56      Per quanto riguarda la terza fase dell’analisi della selettività delle misure fiscali, come individuata supra al punto 34, la Commissione ha ritenuto che la deroga al regime di riferimento non fosse giustificata. A tal riguardo, essa ha rilevato che né le autorità olandesi né la Starbucks avevano fornito alcuna giustificazione possibile per il trattamento selettivo della SMBV, sebbene l’onere della prova incombesse loro al tal riguardo. La Commissione ha inoltre aggiunto di non aver individuato alcuna possibile giustificazione (punti da 413 a 414 della decisione impugnata).

57      La Commissione ha concluso che l’APP della SMBV conferiva un vantaggio selettivo alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, avendo convalidato un metodo di assegnazione degli utili alla SMBV che non poteva essere considerato tale da portare a un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato, conformemente al principio di libera concorrenza. Secondo la Commissione, tale metodo aveva comportato una riduzione dell’onere fiscale della SMBV, in via principale, con riferimento al regime generale dei Paesi Bassi dell’imposta sulle società, rispetto alle società autonome e, in subordine, con riferimento all’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS e al decreto sui prezzi di trasferimento, rispetto alle altre società integrate (punti da 415 a 416 della decisione impugnata).

58      Di conseguenza, la Commissione ha affermato, in conclusione, che l’APP costituiva un aiuto di Stato (punti 422 e 423 della decisione impugnata).

59      La Commissione ha quindi ritenuto che l’aiuto concesso alla SMBV fosse incompatibile con il mercato interno. Infatti, il Regno dei Paesi Bassi non avrebbe invocato nessuno dei motivi di compatibilità previsti all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE. Orbene, l’aiuto in questione, che doveva essere considerato come aiuto al funzionamento, non avrebbe potuto essere considerato, di norma, compatibile con il mercato interno (punti da 431 a 434 della decisione impugnata).

60      Inoltre, la Commissione ha rilevato che il Regno dei Paesi Bassi non le aveva notificato, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, alcun progetto corrispondente all’APP e non aveva rispettato l’obbligo di sospensione previsto da tale articolo. Poteva quindi trattarsi solo di un aiuto di Stato illegittimo cui è stata data esecuzione in violazione di tale disposizione (punti 435 e 436 della decisione impugnata).

61      Inoltre, la Commissione ha precisato che le informazioni sulle quali aveva basato la propria decisione erano a disposizione dell’amministrazione finanziaria olandese al momento dell’adozione dell’APP. Essa ha aggiunto, per quanto riguarda il costo dei chicchi di caffè verde, che la relazione sui prezzi di trasferimento non esaminava i prezzi fatturati dalla SCTC alla SMBV in forza del loro accordo di approvvigionamento relativo ai chicchi di caffè verde e che, se tale operazione fosse stata esaminata nell’APP nel 2008 per determinare il prezzo di libera concorrenza, l’APP non avrebbe potuto lasciare alcun margine per gli aumenti di prezzo osservati nel 2011 (punti da 424 a 427 della decisione impugnata).

62      Infine, la Commissione ha identificato la SMBV nonché l’intero gruppo Starbucks come beneficiari dell’aiuto, per il fatto che costituivano un’unica entità economica (punti da 417 a 419 della decisione impugnata).

c)      Sul recupero dellaiuto di Stato

63      Nella sezione 10 della decisione impugnata, intitolata «Recupero», in primo luogo, la Commissione ha ritenuto, in particolare, di non essere tenuta a fissare l’importo esatto dell’aiuto da recuperare, ma di dover solo di fornire al destinatario della decisione informazioni sufficienti per consentirgli di determinare egli stesso il quantum del recupero. Nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto che, poiché l’importo delle royalties doveva essere pari a zero, gli utili contabili della SMBV avrebbero dovuto essere utilizzati per calcolare gli utili imponibili della SMBV. Inoltre, tali utili avrebbero dovuto essere aumentati della differenza tra il prezzo pagato per i chicchi di caffè verde e il prezzo che avrebbe dovuto essere pagato. A tal riguardo, la Commissione ha ritenuto che un margine lordo del [riservato]% per la SCTC costituisse un prezzo di libera concorrenza per l’acquisto dei chicchi di caffè. Essa ha quindi precisato che la somma da recuperare corrispondeva alla differenza tra le imposte che avrebbero dovuto essere assolte in base a tale prezzo e l’importo effettivamente pagato in virtù dell’APP (punti da 442 a 448 della decisione impugnata).

64      In secondo luogo, la Commissione ha ritenuto che il Regno dei Paesi Bassi dovesse anzitutto recuperare l’aiuto presso la SMBV e che, qualora quest’ultima non fosse stata in grado di procedere al pagamento, il Regno dei Paesi Bassi avrebbe dovuto recuperarlo presso la Starbucks Corp., dato che tale entità aveva il controllo del gruppo Starbucks (punto 449 della decisione impugnata).

d)      Conclusione

65      In conclusione, la Commissione ha ritenuto che il Regno dei Paesi Bassi, per effetto dell’APP, avesse concesso illegittimamente un aiuto di Stato alla SMBV e al gruppo Starbucks, in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, e che il Regno dei Paesi Bassi fosse tenuto a recuperarlo, ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9) presso la SMBV e, in difetto di restituzione dell’intero importo, presso la Starbucks Corp. per le somme non restituite (punto 450 della decisione impugnata).

66      Il dispositivo della decisione impugnata così recita:

«Articolo 1

L’[APP] stipulato da[l Regno dei] Paesi Bassi con [la SMBV] il 28 aprile 2008, che consente a quest’ultima di determinare il suo debito fiscale in relazione all’imposta sulle società nei Paesi Bassi su base annua per un periodo di dieci anni, costituisce un aiuto di Stato, ai sensi articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che è incompatibile con il mercato interno ed è stato illegalmente messo in atto da[l Regno dei] Paesi Bassi in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.

Articolo 2

I[l Regno dei] Paesi Bassi [è tenuto a recuperare] l’aiuto incompatibile e illegale di cui all’articolo 1 presso [la SMBV].

Gli importi che rimangono irrecuperabili presso[la SMBV], a seguito del recupero di cui al paragrafo precedente, sono recuperati presso Starbucks [Corp.].

Gli importi da recuperare producono interessi a decorrere dalla data in cui sono stati messi a disposizione del beneficiario fino al loro recupero effettivo.

Gli interessi sono calcolati su base composta a norma del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004.

Articolo 3

Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 è immediato ed effettivo.

I[l Regno dei] Paesi Bassi garantisc[e] l’attuazione della presente decisione entro quattro mesi dalla data della notifica.

Articolo 4

Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, i[l Regno dei] Paesi Bassi presen[ta] informazioni riguardanti la metodologia utilizzata per calcolare l’importo esatto dell’aiuto.

I[l Regno dei] Paesi Bassi [tiene] informata la Commissione in merito ai progressi delle misure nazionali adottate per attuare la presente decisione fino al completamento del recupero dell’aiuto concesso di cui all’articolo 1. [Esso presenta] immediatamente, su semplice richiesta della Commissione, informazioni sulle misure già adottate e pianificate per conformarsi alla presente decisione.

(…)».

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

A.      Sulla fase scritta del procedimento nella causa T760/15

67      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 dicembre 2015, il Regno dei Paesi Bassi ha proposto ricorso nella causa T‑760/15. La Commissione ha depositato controricorso il 30 marzo 2016. La replica e la controreplica sono state depositate, rispettivamente, il 14 giugno 2016 e il 9 settembre 2016.

1.      Sulla composizione del collegio giudicante e sul trattamento prioritario

68      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 giugno 2016, il Regno dei Paesi Bassi ha chiesto che la causa T‑760/15 fosse decisa da un collegio giudicante ampliato. Il Tribunale ha preso atto, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 5, del proprio regolamento di procedura, del fatto che la causa T‑760/15 fosse stata rinviata alla Quinta Sezione ampliata.

69      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata il 26 settembre 2016, il giudice relatore è stato assegnato, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, alla Settima Sezione ampliata, alla quale è stata pertanto assegnata la causa T‑760/15.

70      A causa dell’impedimento di un membro della Settima Sezione ampliata del Tribunale a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale, con decisione del 26 aprile 2017, ha nominato il vicepresidente del Tribunale per completare la sezione.

71      Con decisione 12 dicembre 2017, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha accolto la proposta del giudice relatore di far decidere la causa T‑760/15 con priorità ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

2.      Sugli interventi

72      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 aprile 2016, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di essere ammesso a intervenire nella causa T‑760/15 a sostegno della Commissione.

73      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 aprile 2016, l’Irlanda ha chiesto di essere ammessa a intervenire nella causa T‑760/15 a sostegno del Regno dei Paesi Bassi.

74      Con ordinanza del 13 giugno 2016, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha accolto le istanze d’intervento del Regno Unito e dell’Irlanda.

75      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 novembre 2016, il Regno Unito ha desistito dal proprio intervento. Con ordinanza del 12 dicembre 2016, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha quindi disposto la cancellazione del Regno Unito dalla causa T‑760/15 in qualità di interveniente.

3.      Sulle domande di trattamento riservato

76      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 febbraio 2016, il Regno dei Paesi Bassi ha chiesto che parte del ricorso e taluni documenti ad esso allegati siano trattati in via riservata nei confronti del pubblico.

77      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 maggio 2016, il Regno dei Paesi Bassi ha chiesto che parte del ricorso e taluni documenti ad esso allegati, la decisione impugnata e parte del controricorso siano trattati in via riservata nei confronti dell’Irlanda.

78      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 17 maggio 2016, la Commissione ha chiesto che parte del controricorso sia trattata in via riservata nei confronti dell’Irlanda.

79      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° luglio 2016, il Regno dei Paesi Bassi ha chiesto che parte della replica e taluni documenti ad essa allegati siano trattati in via riservata nei confronti dell’Irlanda.

80      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 luglio 2016, il Regno dei Paesi Bassi ha informato il Tribunale di aver raggiunto un accordo con la Commissione sulla versione non riservata della decisione impugnata ai fini della sua pubblicazione e di voler modificare le richieste di trattamento riservato formulate nella causa T‑760/15 in relazione alla decisione impugnata, conformemente all’accordo medesimo.

81      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 11 ottobre 2016, il Regno dei Paesi Bassi ha chiesto che parte della controreplica e taluni documenti ad essa allegati siano trattati in via riservata nei confronti dell’Irlanda.

82      In seguito alla sua ammissione come interveniente, l’Irlanda ha ricevuto solo versioni non riservate degli atti processuali e non ha sollevato obiezioni alle domande di trattamento riservato nei propri confronti.

83      Su proposta del giudice relatore, la Settima Sezione ampliata del Tribunale ha adottato una misura di organizzazione del procedimento prevista dall’articolo 89 del regolamento di procedura, con cui il Regno dei Paesi Bassi è stato invitato a rivedere le proprie domande di trattamento riservato riguardanti l’APP, l’accordo per la torrefazione tra la SMBV e la Alki, menzionato al punto 142 della decisione impugnata, e la relazione sui prezzi di trasferimento al fine di eliminare talune incongruenze in tali domande. Il Regno dei Paesi Bassi ha fornito nuove versioni non riservate di tali documenti entro il termine impartito.

4.      Sulle conclusioni delle parti

84      Il Regno dei Paesi Bassi chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese nella causa T‑760/15.

85      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso nella causa T‑760/15 in quanto infondato;

–        condannare il Regno dei Paesi Bassi alle spese nella causa T‑760/15.

86      L’Irlanda chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata conformemente alla domanda del Regno dei Paesi Bassi.

B.      Sulla fase scritta del procedimento nella causa T636/16

87      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 settembre 2016, la Starbucks Corp. e la Starbucks Manufacturing Emea (in prosieguo, denominate congiuntamente: la «Starbucks») hanno proposto ricorso nella causa T‑636/16. La Commissione ha depositato controricorso il 16 marzo 2017. La replica e la controreplica sono state depositate, rispettivamente, il 26 giugno e il 20 ottobre 2017.

1.      Sulla composizione del collegio giudicante e sul trattamento prioritario

88      Su proposta della Settima Sezione del Tribunale, il Tribunale ha deciso, il 12 luglio 2017, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rinviare la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

89      A causa dell’impedimento di un membro della Settima Sezione ampliata del Tribunale a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale, con decisione del 1° agosto 2017, ha nominato il vicepresidente del Tribunale per completare la sezione.

90      Con decisione 12 dicembre 2017, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha accolto la proposta del giudice relatore di far decidere la causa T‑636/16 con priorità ai sensi dell’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

2.      Sulle domande di trattamento riservato

91      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 aprile 2017 e regolarizzato da atti depositati il 23 aprile 2018, la Starbucks ha chiesto che talune informazioni contenute nel ricorso, nel controricorso, nella replica, nella controreplica e in taluni allegati a tali memorie fossero trattate in via riservata nei confronti dell’Irlanda.

3.      Sulle conclusioni delle parti

92      La Starbucks chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli articoli da 1 a 4 della decisione impugnata;

–        in subordine, annullare l’articolo 2, paragrafo 1, della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese nella causa T‑636/16.

93      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso nella causa T‑636/16 in quanto infondato;

–        condannare la Starbucks alle spese nella causa T‑636/16.

C.      Sulla riunione ai fini della fase orale del procedimento e sulla fase orale del procedimento

94      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 febbraio 2017, la Starbucks ha chiesto la riunione delle cause T‑760/15 e T‑636/16 ai fini della fase orale del procedimento.

95      Con decisione del 7 giugno 2017, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha deciso di procedere alla riunione, in tale fase del procedimento, delle cause T‑760/15 e T‑636/16.

96      Con decisione del presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale, dell’8 maggio 2018, le cause T‑760/15 e T‑636/16 sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 68 del regolamento di procedura.

97      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha chiesto alle parti di rispondere a taluni quesiti scritti. Le parti hanno ottemperato a tale misura di organizzazione del procedimento entro il termine impartito.

98      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 7 e il 15 giugno 2018, la Starbucks ha chiesto il trattamento riservato di talune informazioni contenute nella propria risposta alle misure di organizzazione del procedimento e nella risposta della Commissione.

99      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 giugno 2018, la Starbucks ha presentato osservazioni sulla relazione d’udienza.

100    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 giugno 2018, la Commissione ha chiesto il ritiro dagli atti delle osservazioni della Starbucks relative alla relazione d’udienza.

101    Dopo aver ricevuto soltanto le versioni non riservate dei documenti menzionati ai precedenti punti 91, 98 e 99, l’Irlanda non ha sollevato obiezioni alle domande di trattamento riservato nei propri confronti.

102    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 giugno 2018, la Starbucks ha chiesto l’autorizzazione all’uso di mezzi tecnici in udienza e ha proposto di ricorrere, durante l’udienza, ad un perito. All’udienza la Commissione è stata invitata a presentare osservazioni orali in merito a tale richiesta e ha chiesto, a sua volta, l’autorizzazione all’uso di mezzi tecnici in udienza.

103    Le parti hanno svolto le proprie difese orali, mediante l’uso dei mezzi tecnici richiesti, e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 2 luglio 2018.

104    All’udienza le parti sono state sentite su un’eventuale riunione delle cause T‑760/15 e T‑636/16 ai fini della decisione di conclusione del procedimento, circostanza di cui il Tribunale ha preso atto nel verbale d’udienza.

III. In diritto

105    Ai fini dell’esame dei presenti ricorsi, è necessario, anzitutto, decidere talune questioni procedurali sollevate dalle parti, prima di analizzare i motivi di merito da esse dedotti.

A.      Questioni procedurali

106    Per quanto riguarda le questioni procedurali che sorgono nel caso di specie, è innanzitutto necessario esaminare l’eventuale riunione delle presenti cause ai fini della decisione conclusiva del procedimento. È poi opportuno esaminare la domanda della Commissione di rimuovere dagli atti le osservazioni della Starbucks dell’8 giugno 2018 sulla relazione d’udienza. Infine, occorre esaminare la questione della ricevibilità dell’allegato A.7 dell’atto introduttivo del ricorso nella causa T‑760/15, contestato dalla Commissione.

1.      Sulla riunione delle presenti cause ai fini della decisione di conclusione del procedimento

107    Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha deferito la decisione di riunione delle cause T‑760/15 e T‑636/16, ai fini della decisione di conclusione del procedimento, di sua competenza, alla Settima Sezione ampliata del Tribunale.

108    Poiché le parti sono state sentite all’udienza riguardo ad un’eventuale riunione, le cause T‑760/15 e T‑636/16 devono essere riunite ai fini della decisione conclusiva del procedimento, per motivi di connessione.

2.      Sulla domanda di rimuovere dagli atti di causa le osservazioni della Starbucks sulla relazione dudienza 

109    Con lettera del 14 giugno 2018, la Commissione ha chiesto al Tribunale di rimuovere dagli atti delle cause T‑760/15 e T‑636/16 la lettera della Starbucks dell’8 giugno 2018 (v. supra, punto 100), nella parte contenente osservazioni sulla relazione d’udienza, in base al rilievo che tali osservazioni non sarebbero previste né dal regolamento di procedura né dalle disposizioni pratiche di esecuzione di quest’ultimo.

110    Da un lato, occorre ricordare che, con decisione del 13 giugno 2018, il presidente della Settima Sezione ampliata del Tribunale ha deciso di inserire negli atti di causa la lettera della Starbucks dell’8 giugno 2018. D’altro lato, va ricordato che il Tribunale è l’unico giudice della necessità di inserire negli atti di causa atti non previsti dal regolamento di procedura. Pertanto, la domanda della Commissione di rimuovere dagli atti di causa la lettera dell’8 giugno 2018 dev’essere respinta.

111    Tuttavia, a norma dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

112    Poiché la Starbucks non ha fornito alcuna giustificazione per la tardiva presentazione degli argomenti dedotti nella propria lettera dell’8 giugno 2018, questi, come sostenuto dalla Commissione, devono essere respinti in quanto irricevibili, considerato che vanno al di là di semplici osservazioni sulla riservatezza e sull’accuratezza della relazione d’udienza, modificando i motivi dedotti nel ricorso.

3.      Sulla ricevibilità dellallegato A.7 del ricorso nella causa T760/15

113    La Commissione contesta la ricevibilità dell’allegato A.7 del ricorso nella causa T‑760/15, che contiene un raffronto schematico di taluni aspetti del funzionamento dei contratti conclusi tra il gruppo Starbucks e taluni terzi. Secondo la Commissione, gli elementi essenziali di fatto e di diritto su cui si basa il ricorso devono essere esposti, a pena di irricevibilità, quantomeno in modo sommario, ma coerente e comprensibile, nel testo stesso del ricorso. Tale condizione non sarebbe soddisfatta nel caso di specie.

114    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve indicare l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti dedotti e la loro esposizione sommaria. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto. Affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso stesso. Sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme summenzionate, devono figurare nel ricorso. Gli allegati possono essere presi in considerazione solo in quanto diretti a suffragare o a completare motivi o argomenti espressamente invocati dai ricorrenti nel testo dei loro atti e solo se sia possibile stabilire con precisione quali sono gli elementi in essi contenuti destinati a suffragare o a integrare i suddetti motivi o argomenti. Inoltre non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenza del 14 marzo 2013, Fresh Del Monte Produce/Commissione, T‑587/08, EU:T:2013:129, punti da 268 a 271 e giurisprudenza ivi citata).

115    Nella specie, occorre osservare che, per quanto riguarda i contratti conclusi tra il gruppo Starbucks e torrefattori esterni e produttori di prodotti derivati dal caffè, il Regno dei Paesi Bassi dichiara che l’allegato A.7 contiene una «sintesi schematica dei punti di raffronto dei contratti presentati dalla Commissione (...) che riproduce le tre differenze citate» nel ricorso presentato nella causa T‑760/15. Tuttavia, il Regno dei Paesi Bassi espone, ai punti da 140 a 155 del ricorso nella causa T‑760/15, le ragioni che dimostrano, a suo avviso, che i contratti che la Commissione invoca nella decisione impugnata non sarebbero paragonabili al rapporto contrattuale fra la Alki e la SMBV.

116    A tal riguardo, si deve rilevare che tutti gli argomenti contenuti nell’allegato A.7 del ricorso nella causa T‑760/15 derivano in modo sufficientemente chiaro e preciso dai punti da 140 a 155 del ricorso nella causa T‑760/15. Pertanto, in mancanza dell’allegato A.7 del ricorso nella causa T‑760/15, la Commissione sarebbe stata in grado di preparare la sua difesa e il Tribunale di pronunciarsi sul ricorso. L’unico valore aggiunto dell’allegato A.7 del ricorso nella causa T‑760/15 consiste quindi nell’indicare quali contratti specifici sono interessati dai rispettivi argomenti del Regno dei Paesi Bassi quando fa riferimento, ai punti da 140 a 155 del ricorso, alla «maggior parte» o alla «maggioranza» di detti contratti.

117    Dev’essere quindi respinto l’argomento della Commissione secondo cui l’allegato A.7 del ricorso nella causa T‑760/15 dovrebbe essere rigettato in quanto irricevibile.

B.      Sui motivi dedotti e sulla struttura dell’esame dei presenti ricorsi

118    I ricorsi proposti nelle cause T‑760/15 e T‑636/16 sono diretti all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui qualifica l’APP come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e ordina il recupero delle somme che non sarebbero state riscosse dal Regno dei Paesi Bassi presso la SMBV ai fini dell’imposta sulle società.

119    A sostegno del loro ricorso, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks deducono rispettivamente cinque e due motivi, la maggior parte dei quali si sovrappongono.

120    Con il primo motivo nella causa T‑760/15 e con il primo capo del primo motivo nella causa T‑636/16, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks contestano l’esame, da parte della Commissione, del carattere selettivo dell’APP. Più in particolare, essi sostengono che la Commissione avrebbe adottato un sistema di riferimento errato per l’esame della selettività dell’APP.

121    Nel secondo, terzo e quarto motivo nella causa T‑760/15 e nel secondo capo del primo motivo e nel secondo motivo nella causa T‑636/16, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks sostengono che l’analisi della Commissione, secondo cui l’APP conferirebbe un vantaggio alla SMBV, è errata.

122    Più in particolare, nel secondo motivo nella causa T‑760/15 e nel secondo capo del primo motivo nella causa T‑636/16, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks deducono, in sostanza, una violazione dell’articolo 107 TFUE, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente esaminato l’esistenza di un vantaggio alla luce di un principio di libera concorrenza specifico del diritto dell’Unione e avrebbe così violato l’autonomia fiscale degli Stati membri.

123    Nel terzo motivo nella causa T‑760/15 e nel terzo capo del primo motivo e nel primo, secondo, quarto e quinto capo del secondo motivo nella causa T‑636/16, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks deducono, in sostanza, la violazione dell’articolo 107 TFUE, per aver la Commissione erroneamente ritenuto che la scelta del TNMM ai fini della determinazione dei prezzi di trasferimento costituisse un vantaggio. Il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks contestano, in sostanza, la linea di ragionamento principale della Commissione circa l’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della SMBV, esposto ai punti da 255 a 361 della decisione impugnata. Questi motivi riguardano le linee di ragionamento, dalla prima alla terza, menzionate supra al punto 53.

124    Nel quarto motivo nella causa T‑760/15 e nel terzo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks fanno valere la violazione dell’articolo 107 TFUE, per aver la Commissione erroneamente ritenuto che le modalità di applicazione del TNMM, come convalidate nell’APP, conferissero un vantaggio alla SMBV. Questi motivi riguardano le linee di ragionamento, dalla quarta alla sesta, menzionate supra al punto 54.

125    Nel quinto motivo nella causa T‑760/15, il Regno dei Paesi Bassi deduce la violazione del principio di diligenza.

126    Per quanto riguarda l’analisi dei motivi dedotti dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks, si deve esaminare, anzitutto, il motivo con cui si contesta l’esistenza del principio di libera concorrenza, quale descritto dalla Commissione nella decisione impugnata. Occorre poi esaminare i motivi con cui si contesta il fatto che, nelle sue linee di ragionamento, dalla prima e alla sesta, esposte supra ai punti 53 e 54, la Commissione avrebbe dimostrato che l’APP avrebbe derogato al regime generale olandese dell’imposta sulle società e conferiva un vantaggio alla SMBV ai sensi dell’articolo 107 TFUE. Inoltre, si deve analizzare il motivo con cui si contesta che, nel suo ragionamento in relazione al sistema di riferimento limitato, esposto supra al punto 55, la Commissione ha dimostrato che l’APP derogava al sistema di riferimento limitato costituito dall’articolo 8 ter della LIS e dal decreto sui prezzi di trasferimento e conferiva un vantaggio alla SMBV ai sensi dell’articolo 107 TFUE. Infine, a condizione che l’esame dell’esistenza di un vantaggio comporti il rigetto di detti motivi, sarà necessario esaminare i motivi vertenti sulla mancanza di selettività della misura controversa e sulla violazione dell’obbligo di diligenza.

127    A tal riguardo, va del resto ricordato che, secondo la giurisprudenza, la qualificazione di aiuto di Stato richiede che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. È così stabilito che, affinché una misura possa essere qualificata come aiuto di Stato ai sensi di tale disposizione, in primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali, in secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri, in terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario, in quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (v. sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck, C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

128    Orbene, nella specie, come risulta dall’esposizione dei motivi, di cui ai precedenti punti da 118 a 125, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks non contestano la valutazione della Commissione delle prime due condizioni e della quarta condizione, che devono essere soddisfatte affinché una misura sia qualificata come aiuto di Stato. Infatti, essi non contestano il fatto che, anche ammesso che la Commissione abbia dimostrato che l’APP conferisse un vantaggio fiscale, quest’ultimo costituisse un intervento dello Stato o mediante risorse statali, idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri e a falsare o minacciare di falsare la concorrenza. I primi quattro motivi dedotti nella causa T‑760/15 tendono, in sostanza, a rimettere in discussione la constatazione della Commissione secondo cui l’APP avrebbe conferito un vantaggio selettivo alla SMBV.

129    Inoltre, per quanto riguarda la dimostrazione del vantaggio selettivo, si deve rilevare che l’approccio della Commissione, consistente nell’esaminare contemporaneamente i criteri del vantaggio e della selettività non è di per sé erroneo, in quanto vengono esaminati sia il vantaggio sia il suo carattere selettivo. Tuttavia, il Tribunale ritiene opportuno esaminare, anzitutto, se la Commissione potesse giustamente affermare l’esistenza di un vantaggio prima di procedere, eventualmente, all’esame della questione se tale vantaggio dovesse essere considerato selettivo.

130    Successivamente, sarà necessario analizzare gli argomenti del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks relativi all’assenza di un vantaggio, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, conferito alla SMBV dall’APP.

C.      Sull’esistenza di un principio di libera concorrenza nel settore del controllo degli aiuti di Stato e sul rispetto del principio dell’autonomia fiscale degli Stati membri

131    Con il secondo motivo, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che la Commissione sarebbe incorsa in errore nell’individuare un principio di libera concorrenza specifico del diritto dell’Unione e nell’individuarlo come criterio di valutazione dell’esistenza di un aiuto di Stato. La Starbucks deduce, in sostanza, le stesse censure nel secondo capo del suo primo motivo.

132    In primo luogo, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che la sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416), richiamata dalla Commissione per individuare un principio di libera concorrenza specifico del diritto dell’Unione, non consente di dedurre l’esistenza di un principio del genere. Inoltre, la Commissione non avrebbe né indicato il fondamento in base al quale aveva individuato l’esistenza di un principio di libera concorrenza nel diritto dell’Unione né precisato il contenuto di tale principio. La Starbucks aggiunge che, nonostante il fatto che il rispetto dell’articolo 107 TFUE costituisca effettivamente un limite all’autonomia fiscale degli Stati membri, la Commissione avrebbe ecceduto i poteri ad essa conferiti dall’articolo 107 TFUE. La Starbucks contesta alla Commissione di aver sostituito, col pretesto del principio della parità di trattamento, le norme di diritto tributario olandese con un principio in materia di prezzi di trasferimento sviluppato in modo autonomo e di aver imposto così norme di diritto tributario sostanziale.

133    In secondo luogo, ad avviso del Regno dei Paesi Bassi, la Commissione non poteva esaminare l’APP alla luce di un principio di libera concorrenza specifico del diritto dell’Unione, poiché solo le leggi e i regolamenti nazionali dello Stato membro interessato sarebbero pertinenti ai fini del controllo degli aiuti di Stato. Più specificamente, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che l’esistenza di un vantaggio poteva essere esaminata solo alla luce degli oneri che normalmente gravano sul bilancio della società in base al diritto nazionale e non alla luce di un principio di libera concorrenza specifico del diritto dell’Unione. La Starbucks aggiunge, inoltre, che la Commissione non ha tenuto conto del diritto olandese e avrebbe anche basato il suo ragionamento su considerazioni divergenti, se non addirittura opposte, rispetto alle norme olandesi in materia di prezzi di trasferimento.

134    L’Irlanda aggiunge, in limine, che la Commissione, che era tenuta a individuare una deroga, non ha confrontato la situazione della Starbucks con quella di altri contribuenti e ha cercato di applicare solo il principio di libera concorrenza. A suo parere, inoltre, l’Istituzione non può imporre l’applicazione di norme che non sono mai state incorporate nel sistema nazionale. Pertanto, riconoscere un principio di parità di trattamento in materia fiscale pregiudicherebbe l’autonomia e la sovranità degli Stati membri. Infine, l’Irlanda afferma che la sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416) non ha individuato un principio di libera concorrenza specifico del diritto dell’Unione, poiché, nel caso ivi in esame, da un lato, il principio di libera concorrenza era stato incorporato nel diritto nazionale belga e, dall’altro, la sentenza fa riferimento alle linee guida dell’OCSE, che sono state integrate nel diritto nazionale belga.

135    La Commissione contesta tali argomenti. Essa sostiene, in particolare, di aver esaminato l’esistenza di un vantaggio selettivo alla luce del sistema di riferimento del diritto nazionale e non alla luce del principio di libera concorrenza. Dalla decisione impugnata risulterebbe, infatti, chiaramente che l’esistenza di un vantaggio sarebbe stata analizzata rispetto all’onere fiscale che avrebbe dovuto essere normalmente imposto alla SMBV in forza del regime ordinario olandese dell’imposta sulle società.

136    Con il presente motivo, in sostanza, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks contestano quindi alla Commissione di aver individuato un principio di libera concorrenza specifico del diritto dell’Unione in violazione dell’autonomia fiscale degli Stati membri e di aver esaminato l’APP unicamente alla luce di tale principio senza tener conto del diritto olandese.

137    Si deve rilevare, in limine, che, come risulta in particolare dai punti 252, 267 e 408 della decisione impugnata, l’esame alla luce del principio di libera concorrenza, quale descritto dalla Commissione nella decisione impugnata, rientra nella sua analisi del vantaggio selettivo, effettuata in via principale. Come esposto supra al punto 35, tale analisi in via principale consiste nell’esaminare se l’APP deroghi al regime generale olandese dell’imposta sulle società. A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione ha preventivamente specificato, ai punti da 232 a 244 della decisione impugnata, che l’obiettivo del regime generale olandese dell’imposta sulle società era quello di sottoporre a imposizione fiscale gli utili di tutte le società stabilite nei Paesi Bassi, integrate o meno, e che questi due tipi di società si trovano in una situazione di fatto e di diritto simile alla luce di tale obiettivo.

138    Per quanto riguarda la definizione del principio di libera concorrenza, la Commissione ha affermato, ai punti 258 e 261 della decisione impugnata, che, in base a tale principio, le operazioni infragruppo dovrebbero essere remunerate come se fossero state negoziate tra società indipendenti. L’Istituzione ha aggiunto, al successivo punto 262, che l’obiettivo di detto principio era quello di garantire che le operazioni infragruppo fossero trattate, ai fini fiscali, in relazione all’importo dell’utile che sarebbe stato realizzato se l’operazione fosse stata conclusa da società autonome. All’udienza la Commissione ha del resto sostenuto che il principio di libera concorrenza costituiva, a suo avviso, uno strumento per valutare il livello dei prezzi delle operazioni infragruppo, circostanza di cui il Tribunale ha preso atto nel verbale d’udienza.

139    Per quanto riguarda la natura giuridica del principio di libera concorrenza, la Commissione ha ritenuto, al punto 264 della decisione impugnata, che il principio di libera concorrenza rientrasse necessariamente nell’esame, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, delle misure fiscali concesse alle società di un gruppo, indipendentemente dalla questione se lo Stato membro avesse incorporato o meno tale principio nel proprio ordinamento giuridico nazionale. L’Istituzione ha precisato che il principio di libera concorrenza dalla stessa applicato costituisce un principio generale di parità di trattamento in materia fiscale, rientrante nella sfera d’applicazione dell’articolo 107 TFUE. La versione francese della decisione impugnata fa riferimento, in tale contesto, a un «principe de traitement équitable» (principio di equo trattamento), che costituisce un errore di traduzione dell’espressione «principio della parità di trattamento». La Commissione ha basato tale rilievo sulla sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416), riguardante il regime fiscale dei centri di coordinamento in Belgio, in cui la Corte avrebbe dichiarato che il metodo di determinazione del reddito imponibile previsto da detto regime conferiva un vantaggio selettivo ai centri medesimi. Più in particolare, la Commissione si richiama al punto 96 della sentenza de qua, in cui la Corte ha affermato che il metodo di determinazione del reddito imponibile di tali centri «non consent[iva] di definire prezzi di trasferimento prossimi a quelli che [erano] praticati in un regime di libera concorrenza».

140    Per quanto riguarda l’applicazione del principio di libera concorrenza, al punto 263 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che, per valutare se il Regno dei Paesi Bassi avesse concesso un vantaggio selettivo alla SMBV, essa doveva quindi verificare se il metodo approvato dall’amministrazione finanziaria olandese mediante l’APP per determinare gli utili imponibili della SMBV nei Paesi Bassi si discostasse da un metodo che portava ad un’approssimazione attendibile di un risultato basato sul mercato e, di conseguenza, dal principio di libera concorrenza. Essa ha aggiunto, al successivo punto 264, che il principio di libera concorrenza era applicato per stabilire se gli utili imponibili di una società appartenente a un gruppo ai fini del calcolo dell’imposta sulle società fossero stati calcolati applicando un metodo che si avvicinava alle condizioni di mercato, cosicché tale società non beneficiava di un trattamento più favorevole, nell’ambito del regime generale dell’imposta sulle società, rispetto a quello riservato alle società non integrate i cui utili imponibili erano determinati dal mercato.

141    Occorre quindi esaminare se la Commissione potesse analizzare la misura in questione alla luce del principio di libera concorrenza come descritto nella decisione impugnata, e come sintetizzato ai precedenti punti da 138 a 140, che consiste nel verificare se operazioni infragruppo siano remunerate come se fossero state negoziate a condizioni di mercato.

142    Secondo costante giurisprudenza, anche se la materia delle imposte dirette rientra, allo stato attuale dello sviluppo del diritto dell’Unione, nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v. sentenza del 12 luglio 2012, Commissione/Spagna, C‑269/09, EU:C:2012:439, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, gli interventi degli Stati membri in materia di imposte dirette, quand’anche riguardino questioni che non sono state oggetto di armonizzazione nell’Unione, non sono esclusi dall’ambito di applicazione della normativa sul controllo degli aiuti di Stato.

143    Ne deriva che la Commissione può qualificare una misura fiscale come aiuto di Stato purché sussistano le condizioni di tale qualificazione (v., in tal senso, sentenze del 2 luglio 1974, Italia/Commissione, 173/73, EU:C:1974:71, punto 28, e del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 81). Gli Stati membri devono, infatti, esercitare la loro competenza in materia fiscale conformemente al diritto dell’Unione (sentenza del 3 giugno 2010, Commissione/Spagna, C‑487/08, EU:C:2010:310, punto 37). Pertanto, essi devono astenersi dall’adottare, in tale contesto, qualsiasi misura che possa costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.

144    Orbene, per quanto riguarda la condizione secondo cui la misura in questione deve concedere un vantaggio economico, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, sono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese, o che devono essere considerati come un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (v. sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Deutsche Post, C‑399/08 P, EU:C:2010:481, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia, C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 21).

145    Più in particolare, un provvedimento mediante il quale le pubbliche autorità accordino a determinate società un trattamento fiscale vantaggioso che, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri contribuenti costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenza del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España, C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 14; v. anche sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos e a., da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

146    In caso di misure fiscali, l’esistenza stessa di un vantaggio può essere accertata solo rispetto a un livello di tassazione definito «normale» (sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 56). Pertanto, una misura del genere conferisce un vantaggio economico al suo beneficiario in quanto allevia gli oneri che di regola gravano sul bilancio di una società e che, di conseguenza, pur senza costituire una sovvenzione in senso stretto, ha la stessa natura e produce identici effetti (sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia, C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 22).

147    Di conseguenza, per accertare l’esistenza di un vantaggio fiscale, occorre confrontare la situazione del beneficiario derivante dall’applicazione della misura in questione con quella dello stesso beneficiario in mancanza della misura stessa (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2018, Cellnex Telecom e Telecom Castilla‑La Mancha/Commissione, C‑91/17 P e C‑92/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:284, punto 114) e in applicazione delle regole ordinarie in materia di imposizione fiscale.

148    Nel contesto della determinazione della situazione fiscale di una società integrata facente parte di un gruppo di società, si deve rilevare anzitutto che i prezzi delle operazioni infragruppo effettuate da quest’ultima non sono stati determinati alle condizioni di mercato. Infatti, tali prezzi sono concordati tra società appartenenti allo stesso gruppo, in modo che non siano soggetti alle forze di mercato.

149    Orbene, il diritto tributario nazionale, qualora non distingua tra società integrate e società autonome ai fini del loro assoggettamento all’imposta sulle società, intende tassare l’utile derivante dall’attività economica della società integrata come se fosse il risultato di operazioni effettuate a prezzi di mercato. In tali circostanze, si deve rilevare che la Commissione, quando esamina, nell’esercizio della competenza conferitale dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, una misura fiscale concessa a tale società integrata, può porre a raffronto l’onere fiscale della società integrata derivante dall’applicazione della misura fiscale de qua con l’onere fiscale derivante dall’applicazione delle norme fiscali ordinarie del diritto nazionale di una società, posta in una situazione di fatto analoga, che eserciti le proprie attività alle condizioni di mercato.

150    Del resto, come giustamente rilevato dalla Commissione nella decisione impugnata, tali conclusioni sono avvalorate dalla sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C-‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416), riguardante il diritto tributario belga, secondo cui le società integrate e le società autonome erano trattate alle stesse condizioni. Infatti, al punto 95 di tale sentenza, la Corte ha riconosciuto la necessità confrontare un regime di aiuti derogatorio rispetto a quello «di applicazione generale, basato sulla differenza tra ricavi e costi, per una società che svolge le proprie attività in condizioni di libera concorrenza».

151    In tale contesto, se le autorità nazionali hanno accettato, con la misura fiscale concessa ad una società integrata, un determinato livello di prezzo per un’operazione infragruppo, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE consente alla Commissione di controllare se tale livello di prezzo corrisponda a quello che sarebbe stato applicato alle condizioni di mercato, al fine di verificare se ciò comporti una riduzione degli oneri normalmente gravanti sul bilancio della società in questione, conferendole così un vantaggio ai sensi di detto articolo. Il principio di libera concorrenza, come descritto dalla Commissione nella decisione impugnata, costituisce quindi uno strumento che consente di effettuare tale verifica nell’esercizio delle sue competenze ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. La Commissione ha, del resto, correttamente precisato, al punto 261 della decisione impugnata, che il principio di libera concorrenza viene applicato come un «parametro [di riferimento]» per stabilire se una società integrata benefici di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE in forza di una misura fiscale che ne determini i prezzi di trasferimento.

152    Occorre inoltre precisare che la Commissione, quando applica tale strumento per verificare se l’utile imponibile di una società integrata in virtù di una misura fiscale corrisponda ad un’approssimazione attendibile di un utile imponibile generato alle condizioni di mercato, può accertare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE solo a condizione che la differenza tra i due elementi di confronto vada al di là delle imprecisioni inerenti al metodo applicato per ottenere tale approssimazione.

153    Nel caso di specie, l’APP riguarda la determinazione dell’utile imponibile della SMBV ai sensi della LIS, che, indipendentemente dalla questione se le norme fiscali normali debbano essere definite in senso lato o stretto, tende a garantire che le società integrate e le società autonome dei Paesi Bassi siano tassate allo stesso modo con riguardo all’imposta sulle società. La Commissione era quindi in grado di verificare se l’utile imponibile della SMBV ai sensi dell’APP fosse inferiore all’onere fiscale della SMBV in mancanza dell’APP e in conformità alle norme fiscali normali del diritto olandese. Poiché la SMBV è una società integrata e la LIS mira a tassare l’utile derivante dall’attività economica di tale società integrata come se fosse il risultato di operazioni effettuate a prezzi di mercato, è necessario, nell’ambito dell’esame dell’APP, porre a raffronto l’utile imponibile della SMBV, derivante dall’applicazione dell’APP, con la situazione, derivante dall’applicazione delle norme fiscali ordinarie del diritto olandese, di una società, in una situazione di fatto analoga, che eserciti le proprie attività in condizioni di libera concorrenza. In tale ambito, laddove l’APP abbia accettato un certo livello di prezzo di un’operazione infragruppo, occorre controllare se tale livello di prezzo corrisponda a quello che sarebbe stato applicato alle condizioni di mercato.

154    In tale contesto, si deve precisare che, per quanto riguarda l’esame della questione se una società integrata abbia ottenuto un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, non si può contestare alla Commissione di aver utilizzato un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che essa ritiene appropriato nel caso di specie per esaminare il livello dei prezzi di trasferimento per una o più operazioni strettamente collegate che fanno parte della misura controversa. Spetta tuttavia all’Istituzione giustificare la propria scelta metodologica.

155    Anche se la Commissione ha correttamente osservato che tale scelta non può essere formalmente vincolata dalle linee guida dell’OCSE, resta il fatto che queste ultime si basano su lavori svolti da gruppi di esperti, che riflettono il consenso raggiunto a livello internazionale per quanto riguarda i prezzi di trasferimento e che rivestono quindi un’importanza pratica certa nell’interpretazione delle questioni relative ai prezzi di trasferimento, come riconosciuto dalla Commissione stessa al punto 66 della decisione impugnata.

156    Pertanto, la Commissione ha correttamente ritenuto di poter esaminare, nell’ambito della propria analisi ex articolo 107, paragrafo 1, TFUE, se le operazioni infragruppo fossero remunerate come se negoziate a condizioni di mercato. Tale rilievo non è rimesso in discussione dagli altri argomenti del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks.

157    In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento dei Paesi Bassi secondo cui la Commissione non avrebbe specificato il contenuto del principio di libera concorrenza come descritto nella decisione impugnata, è sufficiente ricordare che dalla decisione impugnata risulta che si tratta di uno strumento che consente di controllare se le operazioni infragruppo siano remunerate come se fossero state negoziate tra società indipendenti (v. supra, punto 138). Tale argomento dev’essere, pertanto, respinto.

158    In secondo luogo, nella parte in cui il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks sostengono che il principio di libera concorrenza, come descritto dalla Commissione nella decisione impugnata, le consentirebbe di per sé di prescrivere l’utile imponibile di una società e che ciò comporterebbe un’armonizzazione dissimulata in materia di imposte dirette contraria all’autonomia fiscale degli Stati membri, tale argomento dev’essere respinto.

159    Infatti, sebbene, a fronte dell’assenza di regolamentazione dell’Unione in materia, rientri nella competenza degli Stati membri determinare i criteri d’imposizione e la ripartizione della pressione fiscale sui diversi fattori di produzione e settori economici (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 97), ciò non implica che qualsiasi misura fiscale, che incida in particolare sui criteri d’imposizione assunti dalle amministrazione finanziaria, esuli dall’applicazione dell’articolo 107 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito, C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 104). Ne consegue che la Commissione non dispone, in questa fase dello sviluppo del diritto dell’Unione, di una competenza che le consenta di definire autonomamente la tassazione cosiddetta «normale» di una società integrata, prescindendo dalle norme fiscali nazionali. Tuttavia, sebbene la tassazione cosiddetta «normale» sia definita dalle norme fiscali nazionali e sebbene l’esistenza stessa di un vantaggio debba essere dimostrata in relazione ad esse, resta il fatto che, sebbene tali norme nazionali prevedano che le società autonome e le società integrate siano tassate alle stesse condizioni, l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE consente alla Commissione di controllare se il livello dei prezzi delle operazioni infragruppo, accettato dalle autorità nazionali per la determinazione della base imponibile di una società integrata, corrisponda al livello di prezzo di un’operazione negoziata a condizioni di mercato.

160    Pertanto, la Commissione, laddove esamini se il metodo convalidato in una misura fiscale nazionale conduca ad un risultato stabilito conformemente al principio di libera concorrenza, quale definito supra al punto 137, non eccede le proprie competenze.

161    In terzo luogo, nella parte in cui il Regno dei Paesi Bassi sostiene che la Commissione non ha indicato alcun fondamento normativo con riguardo al principio di libera concorrenza da essa dedotto, si deve rilevare che, ai punti 264 e 265 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che il principio di libera concorrenza, come descritto nella decisione impugnata, esiste indipendentemente dall’incorporazione di tale principio nell’ordinamento giuridico nazionale. Essa ha inoltre precisato di non aver esaminato se l’APP fosse conforme al principio di libera concorrenza previsto all’articolo 8 ter della LIS o nel decreto sui prezzi di trasferimento, che inseriscono il principio di libera concorrenza nel diritto olandese. Analogamente, l’Istituzione ha affermato che il principio di libera concorrenza da essa applicato si distingue da quello sancito all’articolo 9 del modello di convenzione dell’OCSE sul reddito e sul patrimonio.

162    Tuttavia, la Commissione ha altresì precisato, al punto 264 della decisione impugnata, che il principio di libera concorrenza costituisce necessariamente parte integrante dell’esame, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, delle misure fiscali concesse alle società di un gruppo e che il principio di libera concorrenza costituisce un principio generale di parità di trattamento in materia fiscale, che ricade nella sfera d’applicazione dell’articolo 107 TFUE.

163    Dalla decisione impugnata risulta, quindi, che il principio di libera concorrenza, quale descritto dalla Commissione, è uno strumento utilizzato, giustamente, nell’ambito dell’esame effettuato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

164    È ben vero che, all’udienza, la Commissione ha sostenuto, in particolare, che il principio di libera concorrenza, quale descritto nella decisione impugnata, non rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione né del diritto internazionale, ma era inerente al regime fiscale ordinario quale previsto dal diritto nazionale. Pertanto, secondo la Commissione, se uno Stato membro sceglie, nell’ambito del proprio sistema fiscale nazionale, l’approccio dell’entità giuridica distinta, secondo il quale il diritto tributario si applica alle entità giuridiche e non alle entità economiche, il principio di libera concorrenza è necessariamente un corollario di tale approccio, che ha forza vincolante nello Stato membro medesimo, indipendentemente dalla questione se il principio di libera concorrenza sia stato esplicitamente o implicitamente incorporato nel diritto nazionale.

165    A tal riguardo, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks hanno precisato all’udienza che, con tali affermazioni, la Commissione sembra voler modificare la propria posizione riguardo al principio di libera concorrenza, quale descritto nella decisione impugnata. Tuttavia, anche ammettendo che l’interpretazione proposta dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks sia provata, si deve in ogni caso rilevare che la Commissione non può modificare, nella fase dell’udienza, il fondamento normativo del principio di libera concorrenza, quale esposto nella decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 1998, British Airways e a./Commissione, T‑371/94 e T‑394/94, EU:T:1998:140, punto 116).

166    In ogni caso, si deve rilevare che la precisazione fornita all’udienza non rimette in discussione la conclusione esposta supra al punto 156, secondo cui dalla decisione impugnata risulta che il principio di libera concorrenza si applica nell’ambito dell’esame ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Del resto, da tutte le memorie del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks risulta che essi hanno correttamente interpretato la decisione impugnata, nel senso che il principio di libera concorrenza, quale descritto dalla Commissione nella decisione impugnata, è applicato nell’ambito dell’esame di una misura fiscale nazionale ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

167    In quarto luogo, il Regno dei Paesi Bassi e l’Irlanda deducono, in sostanza, che la Commissione avrebbe indebitamente affermato, nella decisione impugnata, l’esistenza di un principio generale di parità di trattamento ai fini dell’imposta sugli utili di società integrate e non integrate.

168    È ben vero che la Commissione ha precisato, al punto 264 della decisione impugnata, che il principio di libera concorrenza è un principio generale di parità di trattamento in materia fiscale, rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia, tale formulazione non dev’essere isolata dal suo contesto e non può essere interpretata nel senso che la Commissione avrebbe affermato l’esistenza di un principio generale di parità di trattamento riguardo all’imposta inerente all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, il che darebbe una portata troppo ampia a tale articolo.

169    In ogni caso, dai punti da 258 a 267 della decisione impugnata, e in particolare dai punti 262 e 265 della decisione medesima, risulta implicitamente, ma necessariamente, che il principio di libera concorrenza, quale descritto dalla Commissione nella decisione impugnata, è stato inteso da quest’ultima esclusivamente come uno strumento che le consente di controllare che le operazioni infragruppo siano remunerate come se fossero state negoziate tra società indipendenti. L’argomento del Regno dei Paesi Bassi e dell’Irlanda non può rimettere in discussione il rilievo di cui ai precedenti punti da 147 a 156 secondo cui la Commissione poteva esaminare, nell’ambito della sua analisi ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, se le operazioni infragruppo fossero remunerate come se fossero state negoziate a condizioni di mercato.

170    Pertanto, l’argomento dedotto a tal riguardo dal Regno dei Paesi Bassi e dall’Irlanda dev’essere respinto.

171    In quinto luogo, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks sostengono che la Commissione ha effettuato una valutazione alla luce del principio di libera concorrenza, senza peraltro esaminare l’esistenza di un vantaggio in base al diritto tributario nazionale. A tal riguardo, va osservato che dai punti 267, 341, 415 e 416 della decisione impugnata risulta chiaramente che la Commissione ha effettuato l’esame dell’esistenza di un vantaggio alla luce del regime generale olandese dell’imposta sulle società. Sarà necessario verificare se tale esame sia viziato da errori nel contesto dell’esame specifico delle sei linee di ragionamento e, se del caso, del ragionamento alla luce del sistema di riferimento limitato.

172    Alla luce dei suesposti motivi, il secondo motivo nella causa T‑760/15 e il secondo capo del primo motivo nella causa T‑636/16, secondo cui la Commissione sarebbe incorsa in un errore nell’individuare un principio di libera concorrenza quale criterio di valutazione dell’esistenza di un aiuto di Stato, devono essere respinti. È quindi alla luce delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 137 a 170 che dev’essere analizzata la fondatezza di ogni linea di ragionamento esposta nella decisione impugnata (v. supra, punti 53 e 54).

D.      Sulla contestazione del ragionamento principale relativo all’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della SMBV (punti da 275 a 361 della decisione impugnata)

1.      Sulla scelta del TNMM nel caso di specie e sul mancato esame delloperazione infragruppo per la quale lAPP era stato effettivamente richiesto (prima linea di ragionamento)

173    Il primo capo del terzo motivo nella causa T‑760/15 nonché il terzo capo del primo motivo e i capi primo e secondo del secondo motivo nella causa T‑636/16 riguardano l’analisi della Commissione, effettuata nella decisione impugnata, secondo la quale, da un lato, la relazione sui prezzi di trasferimento non avrebbe individuato né analizzato l’operazione per la quale era stato effettivamente determinato un prezzo nell’APP, ossia le royalties, e, dall’altro, il metodo CUP avrebbe dovuto essere privilegiato per determinare il livello delle royalties, rispetto al TNMM, per determinare l’utile netto delle attività di produzione e di distribuzione della SMBV. Queste due censure formulate contro l’APP, in linea di principio, precedono l’analisi concreta della Commissione secondo cui il livello delle royalties pagata dalla SMBV alla Alki avrebbe dovuto essere pari a zero e il livello del prezzo dei chicchi di caffè verde dal 2011 in poi sarebbe stato eccessivo, questioni che saranno esaminate nei successivi punti da 217 a 404.

174    Con il primo capo del terzo motivo nella causa T‑760/15, il Regno dei Paesi Bassi contesta l’argomento della Commissione secondo cui il TNMM non consente di esaminare e di valutare separatamente la conformità delle royalties alla libera concorrenza. A suo parere, tale argomento sarebbe errato e non potrebbe mettere in dubbio la pertinenza della scelta del TNMM nel caso di specie.

175    In primo luogo, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che dalla decisione impugnata sembra risultare che la Commissione ha fatto del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento un fine in sé, mentre si tratterebbe solo di un mezzo per determinare se le condizioni delle operazioni infragruppo siano conformi alla libera concorrenza. Orbene, se il metodo scelto dovesse condurre a un risultato conforme alla libera concorrenza, la Commissione non potrebbe metterlo in dubbio per il fatto che le royalties e la percentuale di margine applicata al prezzo di costo dei chicchi di caffè verde non siano state esaminate singolarmente. Inoltre, secondo il Regno dei Paesi Bassi, la Commissione non poteva ritenere che le linee guida dell’OCSE privilegiassero l’uso dei metodi tradizionali, come il metodo CUP, rispetto ai metodi basati sulle transazioni, come il TNMM. Per contro, dal punto 2 del decreto sui prezzi di trasferimento e dal paragrafo 4.9 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 1995 risulterebbe che il soggetto passivo è libero di scegliere un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, a condizione che il metodo scelto dia luogo a un risultato di libera concorrenza.

176    In secondo luogo, il Regno dei Paesi Bassi ritiene che, diversamente da quanto sostiene la Commissione nella decisione impugnata, le uniche operazioni contemplate dall’APP siano la torrefazione dei chicchi di caffè e la prestazione di servizi logistici e amministrativi per conto della Alki. L’APP non avrebbe lo scopo di stabilire se le royalties siano conformi alla libera concorrenza. Il Regno dei Paesi Bassi osserva inoltre che, nella decisione impugnata, la Commissione non spiegherebbe le ragioni che l’hanno indotta a presumere che l’APP fosse stato richiesto e concluso per un contratto di licenza e per le royalties.

177    In terzo luogo, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che il TNMM era il metodo più appropriato nel caso di specie. Secondo il Regno dei Paesi Bassi, la ragione principale della scelta di tale metodo era la mancanza di analoghe operazioni non collegate, esterne o interne, necessarie ai fini dell’applicazione del metodo CUP, alle quali sarebbe stato possibile raffrontare le operazioni tra la Alki e la SMBV e, di conseguenza, la relativa remunerazione. Per contro, secondo il Regno dei Paesi Bassi, il TNMM poteva essere applicato nel caso della SMBV, essendo effettivamente disponibili informazioni sull’utile operativo di società ad essa paragonabili in termini di funzione, ossia la torrefazione dei chicchi di caffè.

178    Con il terzo capo del primo motivo e con il secondo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16, la Starbucks sostiene che il TNMM era il metodo più appropriato ai fini del calcolo dei prezzi di trasferimento nel caso di specie e che la Commissione non avrebbe potuto respingere il TNMM per le ragioni esposte nella decisione impugnata. Secondo la Starbucks, poiché il TNMM è stato correttamente applicato per calcolare la remunerazione di libera concorrenza della SMBV, non è necessario esaminare separatamente le royalties corrisposte dalla SMBV, dato che tali pagamenti non hanno potuto incidere sulla sua remunerazione come calcolata in base al TNMM.

179    Più specificamente, in primo luogo, la Starbucks sostiene che l’affermazione della Commissione, secondo cui esisterebbe una norma rigorosa a favore dell’uso del metodo CUP, è priva di fondamento nel diritto tributario olandese o nelle linee guida dell’OCSE. Inoltre, la Starbucks ritiene che l’uso di un diverso metodo in materia di prezzi di trasferimento non implichi di per sé una riduzione del quantum dell’imposta dovuta, in quanto tutti i metodi cercano di ottenere una destinazione degli utili che rifletta prezzi di trasferimento di libera concorrenza. Sostenere un errore metodologico non sarebbe sufficiente a dimostrare l’esistenza di un vantaggio.

180    In secondo luogo, secondo la Starbucks, la Commissione ha posto a raffronto il prezzo del caffè verde e le royalties con operazioni «controllate» (infragruppo) in violazione del diritto tributario olandese. Orbene, la Starbucks avrebbe scelto il TNMM in quanto il contratto per la torrefazione combinava varie operazioni infragruppo con le quali alla SMBV erano affidate attività di routine a basso rischio, ossia attività di torrefazione e di confezionamento del caffè, nonché attività di sostegno amministrativo e di supporto logistico.

181    In terzo luogo, la Starbucks sostiene che la decisione impugnata non contiene alcun argomento secondo cui la mera assenza di individuazione e di analisi delle operazioni infragruppo della SMBV è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un vantaggio e che tale argomento è stato dedotto per la prima volta nel controricorso nella causa T‑636/16 ed è pertanto irricevibile.

182    La Commissione contesta tali argomenti.

183    In primo luogo, la Commissione chiarisce di non voler imporre in nessun punto della decisione impugnata una norma rigorosa sull’applicazione del metodo CUP rispetto ad un altro metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, ma che il metodo più affidabile dovrebbe essere scelto in funzione delle circostanze del caso di specie. Essa avrebbe anzitutto dimostrato che l’APP era stato richiesto e concesso per fissare il prezzo del contratto di licenza di proprietà intellettuale tra la SMBV e la Alki e avrebbe poi concluso che, poiché era possibile determinare un prezzo analogo per il prezzo di tale operazione, l’uso del metodo CUP era, nel caso specie, preferibile a quello del TNMM. La Commissione sostiene di essersi basata, a tal fine, sugli orientamenti esposti nelle linee guida dell’OCSE.

184    In secondo luogo, la Commissione sostiene che il metodo approvato nell’APP per determinare il quantum delle royalties, con cui la SMBV corrisponde alla Alki l’utile residuo derivante dalla vendita dei chicchi tostati e dei prodotti non a base di caffè, non può condurre ad un risultato conforme al principio di libera concorrenza. Infatti, secondo la Commissione, poiché esistevano operazioni analoghe che consentivano di stimare l’entità delle royalties, il consulente tributario avrebbe dovuto utilizzare il metodo CUP per definire le royalties dovute dalla SMBV alla Alki, che sarebbe l’operazione per la quale l’APP sarebbe stato effettivamente richiesto e concesso. Inoltre, anche i prezzi fatturati dalla SCTC alla SMBV per i chicchi di caffè verde avrebbero dovuto essere oggetto di un’analisi dei prezzi di trasferimento. La Commissione deduce che, contrariamente a quanto sostengono il Regno dei Paesi Bassi e Starbucks, la fissazione del prezzo delle singole operazioni costituisce l’essenza stessa di tale principio. Pertanto, l’accertamento e l’analisi delle operazioni controllate e delle operazioni sul libero mercato costituirebbero una prima fase indispensabile per valutare la natura di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento.

185    In terzo luogo, la Commissione sostiene che il Regno dei Paesi Bassi non ha fornito la prova che il TNMM fosse più appropriato, nel caso di specie, rispetto al metodo CUP. Infatti, la Commissione sostiene, anzitutto, che le linee guida dell’OCSE nel testo del 1995, in vigore al momento della conclusione dell’APP, e nel testo del 2010 privilegiano i metodi tradizionali basati sulle operazioni, come il metodo CUP, rispetto ai metodi basati sull’utile delle transazioni. Orbene, secondo la Commissione, le circostanze particolari che giustificano la preferenza per il TNMM rispetto al metodo CUP non ricorrono nel caso di specie.

a)      Osservazioni preliminari

186    In limine, si deve osservare che il tenore dell’APP, quale richiamato supra ai punti da 12 a 16, richiede due importanti precisazioni.

187    In primo luogo, è pacifico inter partes che il metodo applicato nell’APP è effettivamente il TNMM. A tal riguardo, il Regno dei Paesi Bassi ha precisato, nel ricorso nella causa T‑760/15 e all’udienza, che il riferimento al metodo del costo maggiorato nell’APP costituiva un uso non tecnico di tale espressione.

188    In secondo luogo, nelle proprie risposte alle misure di organizzazione del procedimento e all’udienza, le parti hanno precisato che, in realtà e contrariamente a quanto dichiarato nell’APP, le royalties da versare alla Alki non erano fissate in base alla differenza tra l’utile operativo realizzato per la funzione di produzione e distribuzione, al lordo delle spese connesse alle royalties stesse, e la remunerazione della SMBV, ma in base alla differenza tra il reddito totale della SMBV, da un lato, e la base di costo della SMBV, maggiorata della remunerazione della SMBV, dall’altro.

189    Inoltre, occorre ricordare che la Commissione ha esposto la sua prima linea di ragionamento sull’esistenza di un vantaggio selettivo ai punti 272 e da 275 a 285 della decisione impugnata, principalmente nella sezione 9.2.3.2, intitolata «La relazione sui prezzi di trasferimento non esamina l’operazione infragruppo per la quale è stato effettivamente chiesto (...) l’APP SMBV».

190    Da un lato, ai punti 272, da 276 a 279 e 285 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto, in sostanza, che la relazione sui prezzi di trasferimento, accettata dall’amministrazione finanziaria dei Paesi Bassi in sede di conclusione dell’APP con la SMBV, non abbia acclarato o analizzato le operazioni controllate e le operazioni sul libero mercato della SMBV, il che costituiva una prima fase indispensabile nella valutazione della natura di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento. Più in particolare, essa ha ritenuto che il versamento delle royalties per la licenza di proprietà intellettuale relativa alla torrefazione tra la Alki e la SMBV costituisse l’operazione per la quale l’APP era stato effettivamente richiesto.

191    D’altro lato, ai punti da 280 a 284 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato, in sostanza, che un approccio consistente nella determinazione dei prezzi di trasferimento per ogni operazione singolarmente considerata doveva essere preferito a un approccio consistente nella determinazione dei prezzi di trasferimento per una funzione nel suo complesso. In altri termini, la Commissione ha ritenuto che il metodo CUP dovesse essere privilegiato rispetto ai metodi basati sull’utile delle transazioni, come il TNMM. Al punto 285 della decisione impugnata, la Commissione ha sostenuto che, poiché l’analisi della remunerazione della SMBV in condizioni di libera concorrenza era stata effettuata, nella relazione sui prezzi di trasferimento, partendo da una base erronea, tale remunerazione sarebbe stata necessariamente calcolata in modo improprio, utilizzando il TNMM. Inoltre, essa ha ritenuto che la relazione sui prezzi di trasferimento avrebbe dovuto procedere, per fissare prezzi di trasferimento nel caso di specie, a confronti più affidabili utilizzando le informazioni disponibili su operazioni tra parti non affiliate, informazioni che erano in possesso della Starbucks al momento della presentazione della richiesta di APP.

192    La Commissione ha del resto confermato, nelle proprie memorie, che la sua prima linea di ragionamento consisteva nel censurare l’uso del TNMM ai fini della determinazione dell’utile netto delle attività di produzione e di distribuzione della SMBV anziché del metodo CUP per determinare l’entità delle royalties. Infatti, essa ha sostenuto che la validità della sua prima linea di ragionamento non dipendeva dalla conclusione secondo cui il valore di libera concorrenza delle royalties era pari a zero. Il fatto che la relazione sui prezzi di trasferimento non abbia stabilito o analizzato le operazioni controllate e le operazioni sul libero mercato della SMBV implica che non è stata svolta una prima fase indispensabile per valutare la natura di libera concorrenza delle condizioni commerciali applicabili ai prezzi di trasferimento tra parti correlate.

193    Senza che sia necessario, in questa fase, analizzare la censura della Starbucks secondo cui la decisione impugnata non conterrebbe alcun argomento in cui si afferma che la semplice mancanza di individuazione e di analisi delle operazioni infragruppo della SMBV sarebbe sufficiente a dimostrare l’esistenza di un vantaggio, argomento che sarebbe stato dedotto per la prima volta nel controricorso nella causa T‑636/16 e sarebbe pertanto irricevibile, occorre esaminare se le censure mosse dalla Commissione nella sua prima linea di ragionamento abbiano fornito una base per constatare che l’APP avrebbe conferito un vantaggio alla SMBV per il fatto che la scelta, di per sé, del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, proposto nella relazione sui prezzi di trasferimento, non conducesse ad un’approssimazione attendibile di un risultato basato sul mercato, conformemente al principio di libera concorrenza.

b)      Sullonere della prova

194    Occorre ricordare che, nell’ambito del controllo degli aiuti di Stato, spetta in linea di principio alla Commissione fornire la prova, nella decisione impugnata, dell’esistenza di un tale aiuto (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2007, Olympiaki Aeroporia Ypiresies/Commissione, T‑68/03, EU:T:2007:253, punto 34, e del 25 giugno 2015, SACE e Sace BT/Commissione, T‑305/13, EU:T:2015:435, punto 95). In tale contesto, la Commissione è tenuta a condurre il procedimento di indagine sulle misure sotto inchiesta in modo diligente ed imparziale, per poter disporre, all’atto dell’adozione della decisione finale sull’esistenza e, se del caso, sull’incompatibilità o sull’illegittimità dell’aiuto, degli elementi il più possibile completi e affidabili (v., in tal senso, sentenze del 2 settembre 2010, Commissione/Scott, C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punto 90, e del 3 aprile 2014, Francia/Commissione, C‑559/12 P, EU:C:2014:217, punto 63).

195    Per contro, spetta allo Stato membro che ha introdotto una differenziazione tra società dimostrare che quest’ultima è giustificata dalla natura e dall’economia del sistema di cui trattasi. Infatti, la nozione di aiuto di Stato non riguarda i provvedimenti statali che introducono una differenziazione tra le società e, pertanto, selettivi a priori, qualora tale differenziazione risulti dalla natura o dall’economia del sistema in cui tali provvedimenti si inseriscono (v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 2012, BNP Paribas e BNL/Commissione, C‑452/10 P, EU:C:2012:366, punti 120 e 121 e giurisprudenza ivi citata).

196    Ne consegue che, nella decisione impugnata, spettava alla Commissione dimostrare la sussistenza delle condizioni per l’esistenza di un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. A tal riguardo, si deve rilevare che, sebbene sia pacifico che lo Stato membro disponga di un potere discrezionale nell’approvazione dei prezzi di trasferimento, tale potere non può avere tuttavia come effetto di privare la Commissione della sua competenza a controllare che i prezzi di trasferimento in questione non comportino la concessione di un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. In tale contesto, la Commissione deve tener conto del fatto che il principio di libera concorrenza le consente di verificare se un prezzo di trasferimento approvato da uno Stato membro corrisponda ad un’approssimazione attendibile di un risultato basato sul mercato e se l’eventuale differenza riscontrata nel corso di tale esame non vada al di là delle imprecisioni inerenti al metodo applicato per ottenere detta approssimazione.

c)      Sul livello del controllo che devessere esercitato dal Tribunale

197    Per quanto riguarda il livello del controllo che dev’essere esercitato dal Tribunale nel caso di specie, occorre rilevare che, come risulta dall’articolo 263 TFUE, l’oggetto del ricorso di annullamento è il controllo della legittimità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione ivi elencate. Pertanto, l’analisi dei motivi dedotti nell’ambito di un tale ricorso non ha né per oggetto né per effetto di sostituire un’istruzione completa della causa nell’ambito di un procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2010, Commissione/Deutsche Post, C‑399/08 P, EU:C:2010:481, punto 84).

198    Per quanto riguarda il settore degli aiuti di Stato, va ricordato che la nozione di aiuto di Stato, quale definita nel Trattato FUE, ha carattere giuridico e dev’essere interpretata sulla base di elementi obiettivi. Per tale ragione, il giudice dell’Unione deve esercitare, in linea di principio e tenuto conto sia degli elementi concreti della causa sottopostagli che del carattere tecnico o complesso delle valutazioni effettuate dalla Commissione, un controllo completo per quanto riguarda la questione se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenze del 4 settembre 2014, SNCM e Francia/Corsica Ferries France, C‑533/12 P e C‑536/12 P, EU:C:2014:2142, punto 15, e del 30 novembre 2016, Commissione/Francia e Orange, C‑486/15 P, EU:C:2016:912, punto 87).

199    Per quanto riguarda la questione se un metodo di determinazione di un prezzo di trasferimento di una società integrata sia conforme al principio di libera concorrenza, va ricordato, come già menzionato in precedenza, che, quando utilizza tale strumento nella sua valutazione ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione deve tener conto della sua natura approssimativa. Il controllo del Tribunale tende quindi a verificare se gli errori individuati nella decisione impugnata, in base ai quali la Commissione ha fondato l’accertamento di un vantaggio, vadano al di là delle imprecisioni inerenti all’applicazione di un metodo destinato ad ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato basato sul mercato.

d)      Sulla mancata individuazione e analisi nellAPP delle royalties dovute dalla SMBV alla Alki 

200    Per quanto riguarda l’affermazione della Commissione secondo cui la relazione sui prezzi di trasferimento non avrebbe individuato né analizzato l’operazione per la quale era effettivamente determinato un prezzo nell’APP, va osservato che, al punto 276 della decisione impugnata, la Commissione ha spiegato che l’utile imponibile della SMBV era inferiore all’utile effettivamente registrato a causa dell’accettazione, da parte dell’amministrazione finanziaria olandese, del fatto che l’importo effettivo dell’utile generato dalla SMBV nei Paesi Bassi fosse ridotto, ai fini dell’imposta sulle società, in misura pari all’importo delle royalties per la proprietà intellettuale relative alla torrefazione. Ai punti 277 e 278 della decisione impugnata, la Commissione ne trae la conclusione che le royalties per la proprietà intellettuale relative alla torrefazione era l’operazione per la quale l’APP era stato effettivamente richiesto e che il metodo che permetteva di determinare il livello delle royalties medesime, come variabile di rettifica, era l’operazione per la quale il prezzo di trasferimento era effettivamente determinato nell’APP. L’Istituzione ha ritenuto che anche il prezzo dei chicchi di caffè avrebbe dovuto essere analizzato.

201    A tal riguardo, da un lato, è sufficiente rilevare che la semplice inosservanza di requisiti metodologici non comporta necessariamente una riduzione dell’onere fiscale. È altresì necessario che la Commissione dimostri che gli errori metodologici da essa individuati nell’APP non consentono di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di libera concorrenza e che essi hanno determinato una riduzione dell’utile imponibile rispetto all’onere fiscale derivante dall’applicazione delle norme fiscali normali del diritto nazionale ad una società posta in una situazione di fatto analoga a quella della SMBV e operante alle condizioni di mercato. Pertanto, il semplice accertamento di un errore metodologico non è sufficiente, in linea di principio, a dimostrare di per sé che l’APP abbia conferito un vantaggio alla SMBV e, pertanto, a dimostrare l’esistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE.

202    D’altro lato, va ricordato che i diversi metodi di fissazione dei prezzi di trasferimento, che si tratti del CUP o del TNMM, cercano di raggiungere livelli di utile che riflettono i prezzi di trasferimento di libera concorrenza e non si può concludere, in linea di principio, che un metodo non consente di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato.

203    Ne consegue che il semplice fatto che, secondo la Commissione, né la relazione sui prezzi di trasferimento né l’APP abbiano individuato le royalties come l’operazione per la quale un prezzo di trasferimento era effettivamente determinato nell’APP e non abbiano analizzato se le royalties fossero conformi al principio di libera concorrenza non è sufficiente a dimostrare che le royalties non fossero effettivamente conformi al principio di libera concorrenza. Questo solo rilievo non consentiva quindi di dimostrare che l’APP avesse conferito un vantaggio alla SMBV.

204    Inoltre, va osservato che l’argomento della Commissione secondo cui la relazione sui prezzi di trasferimento non avrebbe individuato né analizzato le royalties come l’operazione per la quale un prezzo era effettivamente determinato nell’APP si basa sull’affermazione secondo cui, nella relazione sui prezzi di trasferimento, il versamento di royalties non è considerato quale variabile di rettifica della struttura della remunerazione proposta. A tal riguardo, va osservato che la relazione sui prezzi di trasferimento non prescinde affatto dall’accordo di licenza concluso tra la SMBV e la Alki. Infatti, tale accordo è menzionato sia nella descrizione delle attività del gruppo Starbucks nella regione EMEA e nei Paesi Bassi sia nella rappresentazione grafica delle operazioni della regione EMEA. Il consulente tributario del gruppo Starbucks ha quindi tenuto effettivamente conto di tali operazioni nel proporre la remunerazione della SMBV.

205    Si deve quindi accogliere la censura del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks secondo cui la Commissione ha erroneamente ritenuto che la mancanza di un’analisi separata delle royalties nella relazione sui prezzi di trasferimento e nell’APP conferisse un vantaggio alla SMBV.

e)      Sulla necessità di privilegiare il metodo CUP rispetto al TNMM

206    Per quanto riguarda la tesi della Commissione secondo cui il metodo CUP avrebbe dovuto essere preferito al TNMM, essendo il primo metodo applicabile nel caso di specie, va osservato, in primo luogo, che, nella specie, l’APP ha accettato l’uso del TNMM per determinare il margine operativo per le attività di produzione e di distribuzione della SMBV. Orbene, l’APP ha accettato che le royalties fossero determinate, in sostanza, come la differenza tra l’utile operativo realizzato con riferimento alla funzione di produzione e di distribuzione e il margine operativo. Ne consegue che l’APP non prevede direttamente l’uso di un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento ai fini del calcolo dell’entità delle royalties, che vengono definite come valore puramente residuale.

207    È pur vero che dalle considerazioni esposte supra ai punti da 148 a 156 risulta che, costituendo le royalties un’operazione infragruppo la cui entità era determinato nell’APP, la Commissione poteva legittimamente esaminare, nella propria analisi ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, utilizzando un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che essa riteneva appropriato nella specie, se il quantum delle royalties fosse stato determinato come se queste fossero state negoziate a condizioni di mercato.

208    Tuttavia, la Commissione, sebbene sostenga, nella decisione impugnata, che il metodo CUP avrebbe dovuto essere preferito al TNMM per poter determinare il livello di libera concorrenza delle royalties, non considera che, di fatto, nell’APP, l’entità delle royalties non è stata calcolata in base ad un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento e, in particolare, in base al TNMM. Per contro, il TNMM è stato utilizzato nell’APP per determinare la remunerazione della SMBV per le attività di produzione e di distribuzione. Pertanto, la tesi della Commissione equivale, in sostanza, a censurare il fatto che il TNMM sia stato utilizzato per determinare la remunerazione della SMBV per le attività di produzione e di distribuzione invece del metodo CUP, che avrebbe dovuto essere utilizzato, secondo la Commissione, per calcolare l’entità delle royalties.

209    A tal riguardo, è giocoforza rilevare che entrambi i metodi sono applicati per il calcolo del livello dei prezzi di diverse operazioni infragruppo. Tuttavia, la Commissione, se sostiene che le linee guida dell’OCSE hanno espresso una certa preferenza per l’uso di metodi tradizionali, quale il metodo CUP, non può richiedere l’esame di un’operazione diversa da quella per la quale l’APP ha determinato un prezzo di trasferimento basato sul TNMM solo perché, per quest’altra operazione, un prezzo di trasferimento avrebbe dovuto essere determinato in base al metodo CUP. La regola invocata dall’Istituzione consente solo di scegliere il metodo appropriato di determinazione dei prezzi di trasferimento per lo stesso tipo di operazione o di operazioni strettamente collegate. Infatti, la scelta del metodo dei prezzi di trasferimento non è fine a se stessa, ma viene effettuata con riferimento all’operazione infragruppo per la quale dev’essere determinato il livello di libera concorrenza e non viceversa.

210    In secondo luogo, occorre ricordare che, come già osservato supra ai punti 146 e 147, una misura fiscale conferisce un vantaggio economico quando comporta una riduzione dell’onere fiscale rispetto a quello che, di norma, avrebbe dovuto essere sostenuto dal beneficiario in mancanza di detta misura.

211    Orbene, come già rilevato al punto 201 supra, la semplice inosservanza di requisiti metodologici non comporta necessariamente una riduzione dell’onere fiscale. Ne consegue che il mero accertamento, da parte della Commissione, di errori nella scelta o nell’applicazione del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento non è sufficiente, in linea di principio, a dimostrare l’esistenza di un vantaggio.

212    Tuttavia, ai punti da 275 a 285 della decisione impugnata, la Commissione non deduce alcun elemento che consenta di concludere, senza fare un confronto con il risultato che sarebbe stato ottenuto applicando il metodo CUP, che la scelta del TNMM conduca necessariamente ad un risultato troppo basso. Infatti, in tale contesto, l’Istituzione si limita ad sostenere, al punto 284 della decisione stessa, che il contribuente aveva l’obbligo di verificare se il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento dal medesimo scelto conducesse ad un’approssimazione attendibile di un prezzo di libera concorrenza, prima che l’amministrazione finanziaria potesse accettare una domanda di APP basata su tale metodo.

213    Inoltre, è giocoforza constatare che l’obbligo cui fa riferimento la Commissione rientra nel diritto tributario e, sebbene la sua violazione possa comportare conseguenze fiscali, sul piano degli aiuti di Stato, tale violazione non consente di presumere che il metodo scelto dal contribuente non fornisca un’approssimazione attendibile di un risultato basato sul mercato conformemente al principio di libera concorrenza.

214    A fini di completezza, occorre ricordare (v. supra, punto 10) che il punto 2 del decreto sui prezzi di trasferimento prevede che l’amministrazione finanziaria olandese debba sempre avviare l’esame dei prezzi di trasferimento dal punto di vista del metodo scelto dal contribuente alla data dell’operazione. Tale regola sarebbe conforme al paragrafo 1.68 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 1995. Ne deriverebbe che il contribuente è libero, in linea di principio, di scegliere un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, purché il metodo selezionato produca un risultato conforme al principio di libera concorrenza per l’operazione in questione. Sebbene sia lecito attendersi che il contribuente tenga conto, nella scelta di un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, dell’affidabilità del metodo medesimo nella situazione considerata, tale approccio non sarebbe specificamente inteso a incoraggiare il contribuente a valutare tutti i metodi e a giustificare, successivamente, in che modo il metodo prescelto produca il miglior risultato nelle condizioni in questione.

215    Ne consegue che, nel caso di specie, la Commissione non poteva ritenere che il metodo CUP dovesse essere, in linea di principio, preferito al metodo TNMM.

216    Si deve quindi accogliere la censura del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks secondo cui la Commissione ha erroneamente ritenuto che la semplice scelta del TNMM nel caso di specie conferisse un vantaggio alla SMBV, senza dover esaminare l’argomento della Starbucks che contesta la ricevibilità di taluni argomenti dedotti dalla Commissione.

2.      Sulla questione se le royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki avrebbero dovuto essere pari a zero (seconda linea di ragionamento)

217    Nel secondo capo del terzo motivo nella causa T‑760/15, il Regno dei Paesi Bassi deduce che la Commissione sostiene erroneamente che la remunerazione versata dalla SMBV alla Alki avrebbe dovuto essere pari a zero e che ne deriverebbe un vantaggio ai sensi dell’articolo. 107, paragrafo 1, TFUE. Infatti, i contratti conclusi tra il gruppo Starbucks e torrefattori esterni e produttori di prodotti derivati dal caffè su cui si fonda il confronto effettuato dalla Commissione non sarebbero utilizzabili per un confronto degli accordi contrattuali tra la Alki e la SMBV, basati sul metodo CUP. Il Regno dei Paesi Bassi ritiene che la Commissione non abbia dimostrato che il TNMM non aveva condotto ad un risultato di piena concorrenza.

218    Nel quarto capo del secondo motivo nella causa T‑636/16, la Starbucks afferma, in sostanza, che l’analisi della royalties compiuta dalla Commissione si basa quasi esclusivamente su elementi di prova non disponibili nell’aprile 2008. Inoltre, contrariamente al diritto tributario olandese e alle linee guida dell’OCSE, la Commissione non avrebbe stabilito un intervallo di valori di libera concorrenza in cui collocare le royalties, bensì avrebbe concluso che esse dovrebbero essere uguali a zero. Al pari del Regno dei Paesi Bassi, la Starbucks ritiene che tutti i produttori terzi, menzionati nella decisione impugnata, che, come la SMBV, forniscano prodotti di caffè recanti il marchio Starbucks a negozi o a rivenditori, versano royalties consistenti come corrispettivo dell’uso della proprietà intellettuale della Starbucks relativa alla torrefazione. Non verrebbero corrisposte royalties dai subappaltatori che, contrariamente alla SMBV, non forniscono tali prodotti ai clienti, ma garantiscono soltanto un servizio di torrefazione al gruppo Starbucks. Contrariamente a quanto rilevato nella decisione impugnata, il valore della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione si genererebbe quando i prodotti di caffè recanti il marchio Starbucks siano venduti ai negozi e ai rivenditori, che sarebbero disposti a pagare prezzi superiori per tali prodotti. Inoltre, la Starbucks sostiene che, contrariamente a quanto sostenuto nella decisione impugnata, le attività di torrefazione della SMBV sono sempre state redditizie nel periodo in esame.

219    La Commissione contesta tali argomenti.

220    Da un lato, la Commissione afferma, in sostanza, di aver posto a raffronto l’importo delle royalties previste in sette contratti menzionati al punto 300 della decisione impugnata con quello delle royalties previste nei rapporti contrattuali tra la SMBV e la Alki. Inoltre, l’Istituzione dichiara, nella causa T‑760/15, di essersi parimenti basata sui contratti menzionati al punto 303 della decisione de qua e, nella causa T‑636/16, che ciò non è invece avvenuto, in linea di principio, nel caso di specie. La Commissione aggiunge di essersi basata, del resto, sugli accordi tra concorrenti del gruppo Starbucks e società terze di torrefazione del caffè, menzionati ai punti da 305 a 308 della decisione impugnata, per giungere alla conclusione che il valore di libera concorrenza delle royalties corrisposte nell’ambito del rapporto tra la SMBV e la Alki doveva essere pari a zero. Essa aggiunge che, ai punti da 292 a 298 della decisione medesima, ha illustrato le ragioni per cui aveva ritenuto che tali operazioni costituissero un termine di paragone diretto che consentisse di determinare l’entità delle royalties dovute dalla SMBV alla Alki in cambio della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

221    D’altro lato, la Commissione afferma di non contestare il fatto che la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione possa rappresentare un valore. Tuttavia, il valore di tale proprietà intellettuale non sarebbe sfruttato fino a quando i prodotti di caffè recanti il marchio Starbucks non fossero venduti dai negozi Starbucks ai clienti finali. Secondo l’Istituzione, la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione non può quindi essere considerata come un vantaggio per la SMBV, per il quale siano dovute royalties.

a)      Osservazioni preliminari

222    Va ricordato che la Commissione ha esposto la sua seconda linea di ragionamento ai punti da 286 a 341 della decisione impugnata, alla sezione 9.2.3.3, intitolata «Il pagamento di royalties ad Alki (...) fissato nell’APP (...) non è conforme al principio di libera concorrenza».

223    In limine, occorre formulare due osservazioni.

224    In primo luogo, va rilevato che inter partes è pacifico che le royalties costituissero, in linea di principio, un onere deducibile ai sensi del diritto tributario olandese. Inoltre, non viene contestato il fatto che, trattandosi di un’operazione all’interno del gruppo Starbucks, le royalties costituiscono un’operazione infragruppo. Dai precedenti punti da 147 a 156 risulta che, ai fini della determinazione dell’imposta sulle società della SMBV, il livello di tale operazione dev’essere valutato come se fosse stato determinato a condizioni di mercato.

225    In secondo luogo, va osservato che la Commissione, pur ritenendo che il livello delle royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki avrebbe dovuto essere pari a zero, ha riconosciuto, al punto 310 della decisione impugnata, che il know‑how relativo alla torrefazione del caffè e le curve di tostatura del caffè potevano rappresentare un valore. Analogamente, al punto 126 del suo controricorso nella causa T‑636/16, la Commissione afferma di non negare che la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione possa rappresentare un valore.

226    Ne consegue che l’unica questione sulla quale le parti dissentono è quella del quantum del prezzo di trasferimento per le royalties se questo fosse stato fissato a condizioni di mercato.

227    A tal riguardo, occorre ricordare che, ai punti da 286 a 341 della decisione impugnata, la Commissione sostiene che le royalties versate dalla SMBV alla Alki avrebbero dovuto essere pari a zero. Infatti, come espressamente affermato nella decisione medesima, l’Istituzione non sostiene che l’entità delle royalties de quibus avrebbe dovuto essere inferiore all’entità delle royalties accettato dall’APP, ma che non avrebbe dovuto essere versata alcuna royalty. La Commissione stessa sostiene di non aver effettuato alcuna stima di un intervallo di valori in cui collocare l’entità delle royalties in quanto quest’ultima avrebbe dovuto essere esattamente pari a zero (punto 340 della decisione impugnata).

228    Nella decisione medesima la Commissione ha fondato la dimostrazione che le royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki avrebbero dovuto essere pari a zero (punto 318 della decisione impugnata), sostanzialmente, su tre elementi.

229    Per quanto riguarda il primo elemento, la Commissione ha sostenuto che la natura variabile delle royalties, nel periodo compreso tra il 2006 e il 2014, dava una «prima indicazione» del fatto che il suo livello non era in relazione con il valore della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione (punto 289 della decisione impugnata). Per quanto riguarda il secondo elemento, l’Istituzione ha sostenuto che, nell’ambito del rapporto con la Alki, la SMBV non beneficiava del valore della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione (punti da 310 a 313 della decisione impugnata). Per quanto riguarda il terzo elemento, la Commissione ha fatto presente che gli accordi di produzione conclusi dalla Starbucks con terzi non richiedevano royalties per l’uso della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione (punti da 291 a 309 della decisione impugnata).

230    Inoltre, nella decisione impugnata, la Commissione ha respinto gli argomenti dedotti dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks nel corso del procedimento amministrativo. Più specificamente, la Commissione ha ritenuto che le royalties non rappresentassero una remunerazione per il trasferimento dei rischi aziendali (punti da 319 a 332 della decisione impugnata) e che l’entità delle royalties stesse non fosse giustificata dalle somme versate dalla Alki alla Starbucks US per la tecnologia ai sensi dell’accordo di ripartizione dei costi (punti da 333 a 338 della decisione impugnata).

231    È quindi necessario, in primo luogo, esporre brevemente la tesi sostenuta dalla Commissione nella decisione impugnata riguardo alle funzioni della SMBV in ordine alle royalties ed alle norme tributarie ordinarie pertinenti. Infatti, questi elementi costituiscono il fondamento dell’analisi dell’entità delle royalties effettuata dalla Commissione nella decisione de qua. In secondo luogo, occorre esaminare l’argomento della Starbucks secondo cui l’analisi delle royalties, da parte della Commissione, non avrebbe potuto basarsi su elementi di prova non disponibili nell’aprile 2008. In terzo luogo, occorre analizzare gli argomenti del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks sulla questione relativa all’individuazione di colui che abbia sfruttato la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione. In quarto luogo, si deve esaminare se la Commissione avesse fondati motivi per affermare, sulla base di un raffronto con le royalties previste in contratti con i terzi, che le royalties avrebbero dovuto essere pari a zero. In quinto luogo, occorre esaminare l’argomento della Commissione, dedotto all’udienza, secondo cui nella decisione impugnata essa avrebbe, in realtà, sostenuto che il livello delle royalties avrebbe dovuto essere inferiore a quello approvato dall’APP.

b)      Sulle funzioni della SMBV relative alle royalties

232    Per quanto riguarda le funzioni della SMBV rilevanti ai fini dell’analisi delle royalties, anzitutto, è pacifico il fatto che essa provveda alla torrefazione dei chicchi di caffè verde che acquista dalla SCTC.

233    Inoltre, la Commissione sostiene nella decisione impugnata, in particolare ai punti 49, 96, 137, 313 e 330, nonché nelle proprie memorie, che i negozi Starbucks, affiliati e non affiliati, sono tenuti ad acquistare il caffè tostato preso la SMBV e, pertanto, che la SMBV è anche il venditore del caffè tostato.

234    Inoltre, nella decisione impugnata, la Commissione ritiene che le scorte acquistate e vendute dalla SMBV debbano figurare, conformemente alle norme contabili, nel suo bilancio, essendo questa il soggetto incaricato della conclusione dei contratti e della fatturazione con i negozi.

235    Infine, dalla decisione impugnata, considerata nel suo complesso, risulta che la Commissione ritiene che la SMBV sia erroneamente presentata, nella relazione sui prezzi di trasferimento, come produttore di caffè a basso rischio. A tal riguardo, ai punti da 319 a 332 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto, in particolare, gli argomenti del Regno dei Paesi Bassi e quelli corrispondenti della Starbucks secondo cui i termini contrattuali tra la SMBV e la Alki, sui quali si basava la relazione del consulente fiscale, avrebbero implicato un trasferimento effettivo dei rischi aziendali dalla SMBV alla Alki. Inoltre, la Commissione ha fatto presente che la SMBV assumeva rischi commerciali nei rapporti con la SCTC e i negozi Starbucks.

236    Ne consegue che, secondo la Commissione, la SMBV non è, per quanto riguarda le vendite di caffè tostato ai negozi Starbucks, un produttore per conto terzi o un subappaltatore, ma provvede alla torrefazione del caffè per proprio conto e agisce come venditore. Infatti, secondo la decisione impugnata, il termine «produzione per conto terzi» è solitamente inteso nel senso di un regime nell’ambito del quale una società trasforma materie prime o prodotti semilavorati per conto di un’altra società.

c)      Sul regime fiscale generale del diritto dei Paesi Bassi

237    Come già rilevato supra al punto 146, l’esame ex articolo 107, paragrafo 1, TFUE di una misura fiscale concessa ad una società integrata implica, anzitutto, l’individuazione delle norme fiscali normali applicabili al beneficiario della misura medesima.

238    Al punto 232 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che le norme dei Paesi Bassi sulla base delle quali dev’essere esaminato l’APP sono costituite dalle norme del regime generale olandese dell’imposta sulle società. Tali norme sono sintetizzate ai precedenti punti da 3 a 11 e 35.

239    Infatti, nel caso di specie, è pacifico che l’APP sia stato concluso per consentire alla SMBV di anticipare l’applicazione delle norme relative all’imposta sulle società determinandone l’utile imponibile. Ne deriva che l’APP s’inserisce nel regime generale olandese dell’imposta sulle società, il cui obiettivo è quello di tassare le società – integrate o autonome – soggette all’imposta sulle società.

240    Pertanto, è alla luce delle funzioni della SMBV, quali individuate supra ai punti da 232 a 236, e delle norme tributarie ordinarie, quali individuate in precedenza, che occorre esaminare se il livello delle royalties corrispondesse a un livello che sarebbe stato applicato a condizioni di mercato.

d)      Sullutilizzazione da parte della Commissione di elementi che non erano disponibili al momento della conclusione dellAPP

241    La Starbucks sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione si è basata principalmente su informazioni che non erano disponibili al momento della conclusione dell’APP, ossia nell’aprile 2008. Più in particolare, la Starbucks si richiama alla giurisprudenza del giudice dell’Unione relativa al criterio dell’investitore privato secondo cui, per valutare la razionalità economica di una determinata misura, è necessario porsi nel contesto dell’epoca in cui sono state adottate le misure di sostegno finanziario e, pertanto, astenersi da qualsiasi valutazione fondata su una situazione successiva. Secondo la Starbucks, lo stesso principio è stabilito anche nel diritto tributario olandese e nelle linee guida dell’OCSE.

242    La Commissione non contesta il fatto che tale principio sia applicabile nel caso di specie e si limita a sostenere che un numero considerevole di argomenti a sostegno della sua conclusione secondo cui l’APP non rispettava il principio di libera concorrenza si basavano su informazioni e dati a disposizione dell’amministrazione finanziaria olandese al momento della conclusione dell’APP.

243    Anzitutto, va rilevato che il fatto che il diritto tributario dei Paesi Bassi e le linee guida dell’OCSE prevedano, secondo la Starbucks, la necessità di astenersi da qualsiasi valutazione basata su una situazione successiva all’adozione di un accordo preventivo sui prezzi al fine di esaminarne la conformità con il principio di libera concorrenza non ha alcuna incidenza sull’esame, nella specie, dell’APP alla luce dei requisiti stabiliti dall’articolo 107 TFUE.

244    La Starbucks fonda il proprio argomento sull’applicazione per analogia della giurisprudenza del giudice dell’Unione secondo la quale, per stabilire se lo Stato membro o l’ente pubblico interessato si sia comportato come un operatore privato avveduto in un’economia di mercato, occorre porsi nel contesto dell’epoca in cui sono state adottate le misure di cui trattasi, al fine di valutare la razionalità economica del comportamento dello Stato membro o dell’ente pubblico e quindi astenersi da qualsiasi valutazione fondata su una situazione successiva (sentenza del 25 giugno 2015, SACE e Sace BT/Commissione, T‑305/13, EU:T:2015:435, punto 93; v. anche, in tal senso, sentenze del 16 maggio 2002, Francia/Commissione, C‑482/99, EU:C:2002:294, punti 69 e 71, e del 5 giugno 2012, Commissione/EDF, C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punto 105).

245    A tal riguardo, è sufficiente osservare che la determinazione di un prezzo di trasferimento conformemente alle condizioni di mercato non si basa sul principio della parità di trattamento tra le società pubbliche e private, bensì, come riconosciuto dalla Commissione, sulla legittimità dell’obiettivo di un accordo fiscale preventivo, quale l’APP, consistente nel fissare anticipatamente, per ragioni di certezza del diritto, l’applicazione di una disposizione tributaria.

246    Va rilevato che, laddove la Commissione ritiene che l’adozione di un accordo fiscale preventivo, quale l’APP, abbia dato luogo a un nuovo aiuto, quest’ultimo avrebbe dovuto esserle notificato prima della sua attuazione, conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Orbene, se la Commissione si fosse pronunciata su tale notifica, non avrebbe potuto tener conto d’informazioni che non erano note o ragionevolmente prevedibili al momento della sua decisione. Essa non può quindi contestare allo Stato membro interessato di non aver tenuto conto di elementi non noti o ragionevolmente prevedibili al momento dell’adozione dell’accordo medesimo.

247    In tale contesto, in primo luogo, occorre ricordare che dall’articolo 1 e dal punto 40 della decisione impugnata risulta che la misura controversa dalla Commissione è solo l’APP.

248    In secondo luogo, se è ben vero che l’APP poteva essere revocato o modificato durante il suo periodo di validità, dal 2007 al 2017, occorre osservare che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha ritenuto che il fatto che le autorità dei Paesi Bassi non avessero revocato o modificato l’APP durante il suo periodo di validità avesse conferito un vantaggio alla SMBV. Infatti, il punto 6, secondo trattino, dell’APP, in combinato disposto con il suo punto 4, primo trattino, stabilisce che l’accordo cessa di essere valido quando si verifica un cambiamento sostanziale dei fatti e delle circostanze approvate dall’APP stesso, salvo che le parti non abbiano concordato amichevolmente una revisione dell’accordo. Orbene, nulla avrebbe quindi impedito alla Commissione di accertare che era intervenuto un cambiamento sostanziale dei fatti e delle circostanze approvati dall’APP e che, di conseguenza, l’applicazione continuativa dell’APP conferiva un vantaggio selettivo alla SMBV.

249    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Commissione secondo cui l’APP sarebbe stato oggetto di una verifica intermedia dopo il sesto esercizio contabile conclusosi il 31 dicembre 2013 e l’APP non sarebbe stato modificato in tale circostanza, è sufficiente rilevare che, in nessun punto della decisione impugnata, la Commissione ha sostenuto che la mancanza di modifica o di revoca dell’APP, a seguito di tale verifica intermedia, avrebbe conferito un vantaggio alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

250    Ciò detto, ne consegue che l’esame dell’esistenza di un vantaggio conferito da un accordo preventivo, quale l’APP, dovrebbe essere effettuato con riferimento al contesto dell’epoca in cui è stato concluso. Tale rilievo implica che la Commissione è tenuta ad astenersi dall’effettuare valutazioni fondate su una situazione successiva all’adozione dell’APP.

251    Pertanto, dev’essere accolto l’argomento della Starbucks secondo cui, nelle circostanze della specie, la Commissione non poteva fondare la propria analisi su informazioni che non erano disponibili o ragionevolmente prevedibili al momento della conclusione dell’APP, nell’aprile 2008.

e)      Sulla questione se la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione rappresentasse un valore per la SMBV

252    Con il secondo argomento esposto ai punti da 310 a 332 della decisione impugnata (v. supra, punto 230), la Commissione ha cercato, in sostanza, di dimostrare che la corresponsione di royalties dalla SMBV alla Alki non fosse, in linea di principio, giustificata, in quanto, secondo l’Istituzione, la SMBV non beneficiava del valore della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione. Tale argomento si articoli su due capi. In sostanza, da un lato, la Commissione ha ritenuto che la SMBV non sfruttasse direttamente sul mercato la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione. D’altro lato, essa ha ritenuto che l’attività di torrefazione del caffè non generasse utili sufficienti per consentire il pagamento delle royalties.

1)      Sulla questione se la SMBV sfruttasse direttamente sul mercato la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione

253    Per quanto riguarda l’argomento secondo cui la SMBV non avrebbe sfruttato direttamente sul mercato la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, la Commissione ha dichiarato, ai punti da 310 a 313 della decisione impugnata, che, anzitutto, nel rapporto specifico tra la Alki e la SMBV, il valore della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione non era «sfruttato» dal torrefattore, ossia la SMBV. Secondo l’Istituzione, l’interesse insito nel know‑how relativo alla torrefazione e delle curve di tostatura consiste nel garantire un gusto uniforme associato al marchio e ai suoi vari prodotti. Essa ne ha dedotto che il valore del know‑how relativo alla torrefazione di caffè e delle curve di tostatura del caffè della Starbucks veniva «sfruttato» solo con la vendita dei prodotti Starbucks nei negozi con il marchio Starbucks. Inoltre, la Commissione ha sostenuto che il know‑how relativo alla torrefazione di caffè e le curve di tostatura non generavano, di per sé, un valore costante per il torrefattore se non potevano essere sfruttati sul mercato. A suo avviso, nel caso della SMBV, il know‑how relativo alla torrefazione di caffè e le curve di tostatura «sembra[va]no» costituire una tecnica specifica da rispettare per la torrefazione secondo le preferenze o la scelta della società che ordinava la torrefazione. Il fatto che la SMBV, grazie alle specifiche stabilite dalla Alki riguardo al processo di torrefazione, e in particolare alle curve di tostatura, fosse in grado di tostare il caffè venduto con il marchio Starbucks non attribuiva, secondo la Commissione, alcun vantaggio alla SMBV sotto forma di un aumento del volume delle vendite o di un prezzo di vendita più elevato, in quanto la SMBV, in linea di principio, non vendeva la propria produzione a clienti finali che apprezzavano il marchio Starbucks. Infine, la Commissione ha aggiunto che la SMBV vendeva quasi tutta la sua produzione ai negozi in franchising della Starbucks e non sfruttava, quindi, direttamente sul mercato la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

254    Nelle proprie memorie la Commissione aggiunge che il valore della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione viene sfruttato solo con la vendita ai clienti finali che ne apprezzano l’aroma costante associato al marchio medesimo. Da un punto di vista economico, sarebbe irragionevole per il torrefattore/produttore di caffè corrispondere royalties per l’uso della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione senza commercializzare direttamente il prodotto finito. Ciò è dovuto al fatto che, in tale scenario, il torrefattore/produttore di caffè utilizzerebbe tale proprietà intellettuale per tostare i chicchi di caffè su richiesta del committente.

255    In limine, da un lato, [riservato]. Ne consegue che, in base all’accordo per la torrefazione, la SMBV era tenuta a corrispondere royalties a titolo di corrispettivo per l’utilizzazione della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

256    D’altro lato, va rilevato che la Commissione non ha sostenuto, nella decisione impugnata, che la sua tesi, secondo cui lo sfruttamento della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione avverrebbe presso i consumatori finali, costituiva un criterio prescritto dal diritto tributario dei Paesi Bassi. Per contro, dai punti da 310 a 313 della decisione impugnata, in combinato disposto con i punti introduttivi che illustrano la posizione dell’Istituzione a seguito della decisione di avvio del procedimento, risulta che la Commissione ha effettuato un esame puramente economico che è stato basato sulle linee guida dell’OCSE nel testo del 1995 e del 2010.

257    Alla luce di tali considerazioni, è necessario esaminare la fondatezza della tesi della Commissione, esposta ai punti 298, 300 e da 310 a 313 della decisione impugnata, secondo cui la SMBV, non vendendo i prodotti a clienti finali, non sfrutterebbe direttamente la proprietà intellettuale sul mercato.

258    A tal riguardo, si deve necessariamente rilevare che le spiegazioni esposte ai punti da 310 a 313 della decisione impugnata non sono plausibili. Infatti, il ragionamento seguito dalla Commissione ai punti da 310 a 313 della decisione de qua e nelle proprie osservazioni dinanzi al Tribunale si basa, in sostanza, sulla premessa secondo cui il valore della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione verrebbe sfruttato solo con la vendita ai clienti finali che ne apprezzano l’aroma costante associato al marchio medesimo e che, dal punto di vista economico, non sarebbe ragionevole per il torrefattore/produttore di caffè corrispondere royalties per l’utilizzazione della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione senza commercializzare direttamente il prodotto finito. Tuttavia, tale premessa non è dimostrata dai fatti accertati nella decisione impugnata.

259    Infatti, in primo luogo, è pacifico inter partes che la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione potesse rappresentare, in linea di principio, un valore economico. In secondo luogo, inter partes è altresì pacifico che la SMBV è un torrefattore tenuto ad utilizzare la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione ai fini della torrefazione del proprio caffè. In terzo luogo, la Commissione sostiene che i negozi Starbucks, affiliati e non affiliati, sono tenuti ad acquistare caffè tostato presso la SMBV e che quest’ultima è quindi anche il venditore del caffè tostato.

260    In tale contesto, va rilevato che la Commissione ha erroneamente incentrato la propria analisi sulla premessa secondo cui il valore della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione verrebbe sfruttato solo con la vendita ai clienti finali. La questione relativa all’individuazione di colui che sostenga, in definitiva, i costi di compensazione del valore della proprietà intellettuale utilizzata per la produzione del caffè è del tutto distinta dalla questione se la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione fosse necessaria per consentire alla SMBV di produrre caffè tostato secondo i criteri richiesti dai negozi Starbucks, ai quali essa vende il caffè per proprio conto.

261    Nel caso in cui la SMBV venda il caffè dalla stessa tostato a negozi Starbucks che richiedono che il caffè sia tostato secondo le specifiche della stessa Starbucks, è plausibile che, in mancanza del diritto di utilizzare, o – per riprendere la terminologia della decisione impugnata – di sfruttare la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, la SMBV non sarebbe stata in grado di produrre e di fornire caffè tostato secondo le specifiche della Starbucks ai negozi recanti lo stesso nome.

262    Si deve concludere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la corresponsione di royalties da parte della SMBV per l’utilizzo della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione non è del tutto privo di razionalità economica. La proprietà intellettuale è effettivamente necessaria per l’esercizio dell’attività economica della SMBV, ossia di produzione del caffè tostato secondo le specifiche della Starbucks. Ne deriva che la SMBV trae certamente un plusvalore dall’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, senza la quale non potrebbe poi rivendere il caffè tostato ai negozi Starbucks.

263    Inoltre, dev’essere respinto l’argomento della Commissione secondo cui sarebbero i negozi Starbucks a corrispondere alla Starbucks Coffee Emea royalties che includerebbero già una remunerazione [riservato]. Da un lato, gli sviluppi nell’ambito della presente linea di ragionamento nella decisione impugnata non contengono alcun elemento di prova a sostegno di tale argomento. D’altro lato, la circostanza che i negozi Starbucks versino royalties alla Starbucks Coffee Emea non esclude che la SMBV possa trasferire [riservato] sul prezzo fatturato ai negozi. Inoltre, il fatto che, secondo la Commissione, i negozi Starbucks corrisponderebbero una seconda royalty [riservato] alla Starbucks Coffee Emea, [riservato], potrebbe conferire un vantaggio, tutt’al più, a quest’ultima ma non alla SMBV.

264    Dalle suesposte considerazioni deriva che la Commissione ha erroneamente ritenuto, ai punti 298 e 300 della decisione impugnata, che una società di produzione non affiliata sfrutti la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione solo nel caso in cui venda i propri prodotti a clienti finali. Infatti, lo sfruttamento della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione non si limita alle fattispecie in cui un torrefattore venda il proprio caffè nel mercato al dettaglio ai consumatori finali, ma comprende parimenti le situazioni come quella della SMBV, in cui un torrefattore è attivo come venditore nel mercato all’ingrosso. Per contro, la semplice lavorazione del caffè per conto di un committente che fornisca le specifiche tecniche di produzione non è sufficiente a dimostrare lo sfruttamento di tale proprietà intellettuale.

265    Si deve pertanto rilevare che la Commissione è incorsa in un errore laddove ha affermato che la SMBV, come descritta nella decisione impugnata, non sfruttando direttamente sul mercato la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, non era tenuta a corrispondere royalties.

2)      Sulla questione se la SMBV abbia subito una perdita sulle sue attività di torrefazione

266    Il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks contestano l’argomento della Commissione, esposto ai punti da 314 a 317 della decisione impugnata, secondo cui la SMBV, dal 2010, avrebbe subito una perdita sulle sue attività di torrefazione, situazione che non le avrebbe consentito di corrispondere royalties per la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione. Secondo il Regno dei Paesi Bassi, la Commissione non avrebbe tenuto sufficientemente conto, in particolare, del fatto che i chicchi acquistati dalla SMBV fossero utilizzati anche per la produzione del caffè da parte di terzi. La Commissione ha quindi ritenuto che ciò dimostrasse che il metodo utilizzato per determinare le royalties intese come variabile di correzione, come approvata dall’APP, non fosse conforme al principio di libera concorrenza.

267    La Commissione replica che, secondo le informazioni ricevute dalla Starbucks durante il procedimento amministrativo, solo una parte limitata del caffè tostato veniva trasformata da produttori esterni. Essa avrebbe quindi correttamente ritenuto che quasi tutti i chicchi acquistati dalla SMBV venissero trasformati nell’ambito delle proprie attività di produzione di caffè.

268    Nella decisione impugnata la Commissione ha rilevato, in sostanza, che dal 2010 la SMBV ha subito perdite sulle proprie attività di torrefazione e che le royalties versate dalla SMBV alla Alki erano finanziate in parte dalle altre attività della SMBV, senza che vi fosse alcuna prospettiva di utili futuri derivanti dalla torrefazione. Secondo la Commissione, l’attività di torrefazione del caffè non generava utili sufficienti per consentire il versamento di royalties. Inoltre, la Commissione sostiene che le royalties versate all’interno del gruppo SMBV alla Alki per la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione «sembra[va]» avere come unico scopo quello di trasferire alla Alki gli utili generati dall’attività di rivendita della SMBV.

269    Anzitutto, va rilevato che il ragionamento della Commissione si basa sulla premessa secondo cui sarebbe necessario realizzare utili sulle attività di torrefazione per poter corrispondere royalties per la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione. Orbene, la Commissione non dimostra che la normativa tributaria dei Paesi Bassi subordini l’obbligo di corrispondere royalties alla redditività dell’attività medesima. Inoltre, la questione della redditività delle attività di torrefazione della SMBV non è collegata alla questione se un obbligo di versamento di royalties come quella del caso di specie possa essere economicamente giustificato.

270    A tal proposito, anzitutto, occorre osservare che la Commissione sostiene che l’attività di torrefazione non ha prodotto utili sufficienti per il periodo avente inizio nel 2010. Tale rilievo non riguarda, pertanto, l’intero periodo di validità dell’APP (iniziato nel 2007).

271    Inoltre, va rilevato che, come precisato supra ai punti da 243 a 251, nelle circostanze della specie, la Commissione era tenuta ad astenersi da qualsiasi valutazione fondata su una situazione successiva alla conclusione dell’APP. Orbene, la Commissione non spiega, nella decisione impugnata, come le perdite, cui essa fa riferimento ai punti da 314 a 317 della decisione stessa, sarebbero state prevedibili al momento dell’adozione dell’APP, allorché sono inerenti alla situazione della SMBV successiva al 2010. La Commissione non ha quindi dimostrato di potersi basare sul fatto che, dal 2010, la SMBV avesse subito perdite dalle proprie attività di torrefazione.

272    Infine, in ogni caso, laddove la Starbucks sostiene che le attività di torrefazione della SMBV sono sempre state redditizie, va ricordato che la Commissione ha effettuato la propria analisi fondandosi su un raffronto tra gli introiti dei negozi Starbucks e il valore di acquisto dei chicchi di caffè verde, da parte della SMBV, presso la SCTC. Tuttavia, nella terza linea di ragionamento, la Commissione sostiene specificamente che l’aumento dei prezzi dei chicchi di caffè verde a partire dal 2010 era troppo elevato. Già dagli argomenti della Commissione esposti nella decisione impugnata risulta quindi che i costi del caffè verde erano notevolmente sopravvalutati e che, pertanto, le perdite da essa menzionate nella decisione impugnata non esistevano, almeno nella misura indicata ai punti da 314 a 317 della decisione impugnata.

273    Tali rilievi sono sufficienti per respingere l’argomento della Commissione secondo cui la SMBV, avendo subito perdite nelle proprie attività di torrefazione, non sarebbe stata in grado di corrispondere royalties per la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

274    In ogni caso, a parere della Starbucks, il calcolo della Commissione sarebbe errato in quanto l’Istituzione non avrebbe tenuto conto del fatto che un volume consistente degli acquisti totali di caffè verde non sarebbe stato tostato dalla SMBV. La Commissione fa valere l’irricevibilità di tale argomento, in base al rilievo che si tratterebbe di informazioni nuove e contraddittorie rispetto a quelle fornite nel corso del procedimento amministrativo.

275    A tal riguardo, va rilevato che la Commissione riconosce, sia nella nota 155 della decisione impugnata sia nelle proprie memorie, che le informazioni fornite dalla Starbucks durante il procedimento amministrativo conducevano alla conclusione che praticamente tutto il caffè verde acquistato dalla SMBV, ad eccezione di un «volume limitato» fornito a terzi, era stato ugualmente tostato dalla SMBV. In tale contesto, la Commissione fa riferimento alla lettera dei corrispondenti Starbucks inviatale il 23 settembre 2015. Tuttavia, da detta lettera risulta che il terzo in questione aveva un contratto di produzione per conto terzi con il gruppo Starbucks riguardante «prevalentemente» (predominantly) la produzione di prodotti diversi dal caffè torrefatto, «ma anche la torrefazione del caffè verde in quanto tale (sebbene si trattasse di volumi limitati)». Il riferimento ai «volumi limitati» indica che il terzo in questione produceva una quantità limitata di caffè tostato rispetto alla sua produzione di prodotti diversi dal caffè in polvere, ma non indica che esso produceva quantità trascurabili di caffè tostato. La Commissione è stata pertanto informata nel corso del procedimento amministrativo quanto al fatto che una parte del caffè verde acquistato dalla SMBV non veniva tostata dalla SMBV. L’obiezione sollevata dalla Commissione in merito alla ricevibilità dell’argomento della Starbucks e relativa al fatto che tale argomento sarebbe basato su informazioni che non sarebbero state portate alla sua conoscenza durante il procedimento amministrativo è carente in punto di fatto e dev’essere respinta.

276    Per quanto riguarda la fondatezza dell’argomento della Starbucks, secondo cui la Commissione avrebbe tenuto conto di tutti gli importi corrispondenti agli acquisti di caffè verde della SMBV quali costi ai fini del proprio calcolo, laddove un volume consistente degli acquisti totali di caffè verde non sarebbe stato tostato dalla SMBV, va rilevato che la Commissione sostiene che la Starbucks, nei documenti trasmessi il 29 maggio 2015, non ha specificato che una parte significativa dei chicchi di caffè verde era tostata da terzi. Tuttavia, come correttamente sostenuto dalla Starbucks, la risposta al secondo quesito contenuto nella lettera dei corrispondenti Starbucks, del 29 maggio 2015, che la Commissione invoca nelle proprie memorie, riguardava la destinazione delle entrate della SMBV alle sue diverse funzioni e non la destinazione dei suoi costi a tali funzioni. Ne consegue che le risposte dei corrispondenti Starbucks sulle quali la Commissione ha basato, secondo quanto esposto nelle sue memorie, l’affermazione che la funzione di torrefazione della SMBV avrebbe generato perdite successivamente al 2010 non erano sufficienti per consentire alla Commissione di giungere a tale conclusione.

277    Inoltre, come rilevato supra al punto 275, al momento dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione disponeva già di indicazioni per ritenere errato il proprio calcolo, esposto al punto 314 della decisione impugnata, consistente nel sottrarre il prezzo pagato dalla SMBV alla SCTC per i chicchi di caffè verde dai proventi derivanti dalla torrefazione del caffè.

278    Ne deriva che la Commissione non ha dimostrato che la SMBV, dal 2010, avrebbe subito perdite nelle proprie attività di torrefazione, situazione che non le avrebbe consentito di corrispondere royalties per la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

f)      Sul raffronto tra i contratti di torrefazione del caffè conclusi dalla Starbucks con terzi ed analoghi accordi di licenza «sul mercato»

279    Con il terzo argomento esposto nella decisione impugnata (v. supra, punto 229), la Commissione ha tentato di spiegare, in sostanza, che gli accordi di produzione conclusi dalla Starbucks con terzi e taluni accordi conclusi tra i concorrenti della Starbucks e i torrefattori terzi non prevedevano royalties per l’uso della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione (punti da 291 a 309 della decisione impugnata).

280    In tale contesto, la Commissione ha spiegato, al punto 309 della decisione impugnata, che un’analisi dei prezzi di trasferimento in relazione al valore sul mercato delle royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki per la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione induceva a concludere che, nel quadro di tali accordi specifici, non fossero dovute royalties per la proprietà intellettuale. L’Istituzione ha fondato tale rilievo, da un lato, su un esame degli accordi di produzione della Starbucks con terzi e, dall’altro, su un raffronto con gli accordi conclusi tra i concorrenti della Starbucks e torrefattori terzi. In particolare, dai punti 291 e 299 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha cercato di determinare il livello di royalties conforme alla libera concorrenza tra la SMBV e la Alki.

281    Il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks dissentono dalla Commissione, in sostanza, sulla questione se i contratti conclusi dalla Starbucks con torrefattori esterni nonché con produttori di prodotti derivati dal caffè, sui quali si fonda il raffronto effettuato dalla Commissione, fossero rilevanti ai fini di un raffronto tra gli accordi contrattuali conclusi dalla Alki e la SMBV, secondo il metodo CUP.

282    In sostanza, per quanto riguarda la questione se gli accordi di produzione conclusi dalla Starbucks con terzi implichino che le royalties avrebbero dovuto essere pari a zero, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks sostengono che:

–        i contratti conclusi tra la Starbucks e torrefattori esterni nonché produttori di prodotti derivati dal caffè su cui si fonda la decisione impugnata non potevano essere utilizzati ai fini di un confronto con gli accordi contrattuali tra la Alki e la SMBV, basato sul metodo CUP;

–        l’analisi della Commissione relativa alle royalties si basa quasi esclusivamente su elementi di prova non disponibili nell’aprile 2008;

–        la maggior parte dei contratti utilizzati dalla Commissione per il confronto delle transazioni riguardava prodotti specifici, derivati dal caffè, diversi dai chicchi di caffè torrefatti;

–        la remunerazione della Alki era indissolubilmente legata all’acquisto di chicchi di caffè verde presso la SCTC, ma nessuna delle operazioni derivanti dai contratti utilizzati dalla Commissione per il confronto era indissolubilmente legata ad un’altra operazione in questo modo;

–        tutti i produttori terzi, menzionati nella decisione impugnata, che, al pari della SMBV, fornivano prodotti di caffè recanti il marchio Starbucks a negozi o a rivenditori, versavano royalties significative a titolo di corrispettivo per l’utilizzazione della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione del caffè Starbucks.

283    Per quanto riguarda gli accordi di produzione conclusi dalla Starbucks con terzi, la Commissione ha esaminato, in una prima fase, ai punti ai punti da 291 a 298 della decisione impugnata, se i contratti di torrefazione del caffè conclusi dal gruppo Starbucks con dieci società terze offrissero un termine di paragone diretto che consentisse di determinare l’importo delle royalties dovute dalla SMBV alla Alki. A tal riguardo, la Commissione ha fondato il proprio esame sul paragrafo 1.36 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 2010, che, ai fini dell’esame comparativo tra le operazioni controllate della società contribuente e le operazioni analoghe sul libero mercato, definisce cinque fattori di comparabilità, comprendenti le caratteristiche dei beni o dei servizi trasferiti, le funzioni svolte dalle parti, le clausole contrattuali, le circostanze economiche delle parti e le strategie commerciali adottate dalle parti in causa. L’Istituzione ha inoltre rinviato, nella nota 147 della decisione impugnata, al paragrafo 1.17 degli orientamenti dell’OCSE nel testo del 1995. Secondo quest’ultimo, ai fini dell’esame comparativo, le caratteristiche che possono essere rilevanti sono quelle relative ai beni o ai servizi trasferiti, alle funzioni svolte dalle parti, alle clausole contrattuali, alla rispettiva situazione economica delle parti e alle strategie industriali e commerciali da esse adottate.

284    In una seconda fase, ai punti da 299 a 304 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, sulla base di queste dieci operazioni non controllate, l’entità di royalties conformi alla libera concorrenza tra la SMBV e la Alki poteva essere determinato utilizzando il metodo CUP.

285    Più specificamente, in primo luogo, ai fini della determinazione dell’entità delle royalties applicando il metodo CUP, l’Istituzione ha posto a raffronto le royalties corrisposte alla SMBV alla Alki con le somme versate da terzi ad altre società del gruppo Starbucks, nell’ambito di operazioni analoghe concluse a condizioni simili sul mercato libero. In secondo luogo, la Commissione ha analizzato i contratti conclusi dal gruppo Starbucks con la società produttrice non affiliata 1 nonché con le società indicate, al punto 300 della versione della decisione impugnata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, con il termine «società produttrici non affiliate 2, 3, 4, 8, 9 e 10» (in prosieguo, rispettivamente: la «società produttrice non affiliata 2», la «società produttrice non affiliata 3», la «società produttrice non affiliata 4», la «società produttrice non affiliata 8», la «società produttrice non affiliata 9» e la «società produttrice non affiliata 10»). La Commissione ha poi rilevato che detti terzi non versavano royalties in base ai loro accordi di licenza con il gruppo Starbucks se non sfruttavano la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione direttamente sul mercato. In terzo luogo, per quanto riguarda i rapporti tra il gruppo Starbucks e le società designate, al punto 303 della versione della decisione impugnata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, con il termine «società produttrici non affiliate 5, 6 e 7» (in prosieguo, rispettivamente: la «società produttrice non affiliata 5», la «società produttrice non affiliata 6» e la «società produttrice non affiliata 7»), la Commissione ha rilevato che solo gli accordi di licenza relativi ai marchi commerciali e alla tecnologia, conclusi dalla Starbucks con i terzi medesimi, prevedevano la corresponsione di royalties.

286    In una terza fase, la Commissione ha osservato, al punto 309 della decisione impugnata, che i contratti di torrefazione del caffè conclusi dal gruppo Starbucks con dieci società terze non richiedevano royalties per l’utilizzazione della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione. La Commissione ha pertanto concluso che, nell’ambito del rapporto specifico tra la SMBV e la Alki, non erano dovute royalties per la proprietà intellettuale.

287    Senza necessità di esaminare, in questa fase, se fosse viziata da errori la scelta, da parte della Commissione, degli elementi rilevanti ai fini dell’analisi comparativa, vale a dire le caratteristiche relative ai beni o ai servizi trasferiti, alle funzioni svolte dalle parti, alle clausole contrattuali, alla rispettiva situazione economica delle parti e alle strategie industriali e commerciali da esse adottate, va rilevato che, nel contesto di tale analisi, si riscontrano vari elementi che ostano alla comparabilità tra i rapporti tra il gruppo Starbucks e i terzi, da un lato, e i rapporti tra la SMBV e la Alki, dall’altro. Tali elementi sono esposti infra ai punti da 288 a 345.

1)      Sui contratti conclusi successivamente all’APP

288    Va osservato che sette dei dieci contratti esaminati dalla Commissione, ossia quelli conclusi con le società produttrici non affiliate 1, 3, 4, 7, 8, 9 e 10, sono stati stipulati dopo la conclusione dell’APP. L’Istituzione, non avendo spiegato in qual modo tali contratti fossero disponibili o ragionevolmente prevedibili al momento della conclusione dell’APP, non poteva legittimamente fondare, per le ragioni esposte supra ai punti da 243 a 251, la propria analisi dell’APP su elementi successivi alla sua conclusione. Questi sette contratti devono essere pertanto esclusi dall’analisi comparativa.

2)      Sui contratti conclusi con società che non tostano il caffè

289    Come già esposto supra ai punti da 232 a 236, la SMBV è un torrefattore di caffè verde che corrisponde alla Alki royalties per l’utilizzazione della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

290    Al punto 295 della decisione impugnata, la Commissione ha riconosciuto che, tra le dieci società terze che avevano concluso un contratto con il gruppo Starbucks, alcune non tostavano il caffè. Orbene, è notorio che una società che non tosta caffè non versa royalties al gruppo Starbucks per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione ai fini della produzione di caffè tostato.

291    Inoltre, nella decisione impugnata, la Commissione non ha fornito elementi di prova indicativi del fatto che i contratti nell’ambito dei quali il terzo non produceva caffè tostato sarebbero paragonabili al contratto concluso tra la SMBV e la Alki. È pur vero che tale rilievo non esclude che la Commissione potesse fondare la propria analisi sulle operazioni di una società non esercente esattamente le stesse funzioni della SMBV o che si trovasse in una situazione di fatto diversa. In tal caso, era suo compito giustificare tale scelta e spiegare gli adeguamenti operati nella sua analisi per tener conto delle differenze tra le società.

292    Pertanto, un contratto concluso con una società che non fosse un torrefattore non poteva essere utilizzato, nella specie, in mancanza di adeguamenti o adattamenti, ai fini dell’analisi comparativa per dimostrare che l’entità delle royalties versate dalla SMBV alla Alki avrebbe dovuto essere pari a zero.

293    A tal riguardo, i contratti conclusi con le società produttrici non affiliate 5, 6 e 7 non riguardavano, secondo la descrizione contenuta nella decisione impugnata, la tostatura di caffè verde. Poiché, nell’ambito dei contratti in questione, le società produttrici non affiliate 5, 6 e 7 non operavano come torrefattori di caffè, si deve ritenere, in conclusione, che i contratti stipulati con le società medesime non potessero essere utilizzati, nella specie, ai fini dell’analisi comparativa.

3)      Sui contratti con società non esercenti vendita di caffè tostato ai negozi o ai consumatori

294    Come già esposto supra al punto 235, le scorte che la SMBV ha acquistato dalla SCTC e venduto ai negozi figurano nel bilancio del SMBV essendo quest’ultima il soggetto incaricato della conclusione dei contratti e della fatturazione con i negozi. Ne consegue che la SMBV è divenuta proprietaria delle scorte di caffè verde che ha tostato e venduto ai negozi. Orbene, è giocoforza rilevare che, se la SMBV fosse una società autonoma, non sarebbe stata in grado di produrre il proprio caffè secondo le specifiche del gruppo Starbucks senza aver ottenuto il diritto di utilizzare la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione. Pertanto, essa non avrebbe potuto produrre il suo caffè tostato senza corrispondere royalties.

295    Per contro, come già esposto supra al punto 236, un produttore per conto terzi o un subappaltatore lavora materie prime o prodotti semilavorati per conto del committente. Di conseguenza, la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione rappresenta per il medesimo una specifica tecnica per la quale non versa royalties al committente.

296    A tal riguardo, in primo luogo, va osservato che, nel controricorso nella causa T‑636/16, la Commissione sostiene che, per quanto attiene al loro rapporto contrattuale con il gruppo Starbucks, le società produttrici non affiliate 1, 8 e 9 hanno operato nell’ambito di accordi di produzione per conto terzi fabbricando principalmente prodotti come il caffè aromatizzato, la polvere per un prodotto a base di caffè con marchio registrato o il caffè solubile. Secondo la Commissione, le società produttrici non affiliate 1, 8 e 9 non sono divenute proprietarie dei componenti Starbucks. Inoltre, la Commissione riconosce che gli accordi con le società produttrici non affiliate 1, 8 e 9 differiscono dall’accordo sulla torrefazione del caffè tra la SMBV e la Alki.

297    In secondo luogo, per quanto riguarda il contratto concluso tra il gruppo Starbucks e la società produttrice non affiliata 4, la Commissione ha precisato, al punto 148, terzo trattino, della decisione impugnata, che tale società tendeva a subappaltare la torrefazione del caffè. A tal proposito, la Starbucks sostiene che la società produttrice non affiliata 4 acquista il caffè verde dal gruppo Starbucks e lo tosta secondo le curve di tostatura e le ricette di miscelazione dei chicchi fornite da quest’ultimo. Essa vende successivamente tutto il suo caffè tostato a una controllata interamente detenuta dal gruppo Starbucks, che rivende il caffè tostato ai negozi.

298    Da questa descrizione emerge che la società produttrice non affiliata 4 non ha venduto ai negozi il caffè da essa tostato. Essa ha solo fornito il caffè tostato, in qualità di subappaltatore, ad una società del gruppo Starbucks responsabile della vendita di tale caffè. In tali circostanze, la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione costituiva soltanto una specifica tecnica della produzione. Pertanto, il fatto che la società produttrice non affiliata 4 non abbia versato royalties al gruppo Starbucks per l’uso della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione non implica che la SMBV non dovesse corrispondere royalties alla Alki.

299    In terzo luogo, per quanto riguarda la società produttrice non affiliata 10, la Commissione spiega, nelle proprie memorie nella causa T‑636/16, che tale società produceva e tostava i chicchi di caffè verde, acquistati direttamente dai fornitori di caffè verde, e vendeva tutti i prodotti di caffè recanti il marchio Starbucks ad un’unica entità del gruppo Starbucks, responsabile della loro vendita.

300    Da questa descrizione risulta che la società produttrice non affiliata 10 non ha quindi venduto il proprio caffè tostato ai negozi, bensì ad una società del gruppo Starbucks responsabile della sua vendita. Ciò premesso, la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione costituiva soltanto una specifica tecnica della produzione. Non sorprende quindi che tale società non abbia versato royalties al gruppo Starbucks per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

301    La Commissione replica che sia le società produttrici non affiliate 4 e 10 sia la SMBV fabbricano prodotti di caffè di cui non sono fornitori indipendenti sul mercato e che, pertanto, si trovano in situazioni analoghe. Tuttavia, tale argomento non è convincente. Occorre, infatti, ricordare che, per accertare se la SMBV abbia beneficiato di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la situazione di SMBV dev’essere paragonata, applicando la misura medesima, alla situazione di un’impresa analoga che eserciti le proprie attività in modo autonomo in condizioni di libera concorrenza (v. supra, punti 148 e 149). L’oggetto del confronto in tale analisi è quindi un’impresa autonoma che si trovi nella situazione della SMBV, ossia un’impresa che tosti il caffè e lo venda ai negozi sul mercato.

302    Tenuto conto di tali differenze tra la situazione della SMBV e quella delle società produttrici non affiliate 1, 4, 8, 9 e 10 e in assenza di elementi supplementari da cui risulti comunque l’esistenza di un’analogia tra i contratti in questione, i contratti conclusi tra il gruppo Starbucks e le società stesse dovevano essere esclusi dall’analisi comparativa.

4)      Sui contratti relativi a prodotti diversi dal caffè tostato

303    Al punto 295 della decisione impugnata, la Commissione ha riconosciuto che, tra le dieci società terze che avevano concluso un contratto con il gruppo Starbucks, alcune di esse producevano bevande pronte da bere o altri prodotti e ingredienti per la preparazione di bevande e che, pertanto, non tutte e dieci le società terze producevano caffè tostato. Secondo lo stesso punto, i contratti relativi alla torrefazione del caffè verde erano quelli conclusi con le società produttrici non affiliate 2, 3, 4 e 10.

304    Come già esposto supra al punto 296, la Commissione ha riconosciuto che, per quanto riguarda il loro rapporto contrattuale con il gruppo Starbucks, le società produttrici non affiliate 1, 8 e 9 producono principalmente prodotti come il caffè aromatizzato, la polvere per un prodotto a base di caffè con marchio registrato o il caffè solubile. Inoltre, l’Istituzione riconosce che gli accordi con le società produttrici non affiliate 1, 8 e 9 differiscono, sotto questo profilo, dall’accordo per la torrefazione del caffè tra la SMBV e la Alki.

305    Inoltre, va ricordato che, nel controricorso nella causa T‑636/16, la Commissione sostiene che la propria valutazione dei contratti con i terzi non si basa, in linea di principio, sugli accordi conclusi con le società produttrici 5, 6 e 7, a fronte delle differenze nel know‑how oggetto della licenza – vale a dire la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione, rispetto al know‑how relativo alla produzione di bevande pronte da bere – e della posizione occupata da tali società nella catena di approvvigionamento – ossia il fatto che la SMBV tosti i chicchi di caffè e li rivenda successivamente a distributori o a produttori terzi, laddove le società produttrici non affiliate 5, 6 e 7 producono prodotti connessi al caffè che vendono direttamente ai loro clienti, nella specie principalmente ai supermercati.

306    Orbene, per quanto riguarda i rapporti contrattuali tra il gruppo Starbucks e le società produttrici non affiliate 1, 5, 6, 7, 8 e 9, va osservato che, nella decisione impugnata, la Commissione non fornisce elementi prova indicativi del fatto che i contratti in base ai quali i terzi non producono caffè tostato per la vendita a negozi affiliati o non affiliati del gruppo Starbucks siano analoghi a quello concluso tra la SMBV e la Alki. Infatti, dai punti 298 e 300 della decisione impugnata risulta in particolare che, nell’ambito dell’analisi comparativa tra le royalties versate dalla SMBV alla Alki e le eventuali royalties contemplate nei dieci contratti conclusi tra il gruppo Starbucks e terzi, la Commissione ha ritenuto che l’elemento rilevante ai fini della comparabilità fosse la questione se i terzi, vendendo i prodotti ai clienti finali, sfruttassero direttamente la proprietà intellettuale sul mercato.

307    Tuttavia, secondo la Commissione, le società produttrici non affiliate 1, 5, 6, 7, 8 e 9 non effettuavano una torrefazione riguardante lo stesso prodotto della torrefazione di caffè compiuta dalla SMBV. La Commissione non ha potuto pertanto dimostrare che tali contratti fossero sufficientemente paragonabili al contratto di torrefazione concluso tra la SMBV e la Alki.

308    Per tale ragione, pertanto, nella specie anche i contratti tra il gruppo Starbucks e le società produttrici non affiliate 1, 5, 6, 7, 8 e 9 devono essere esclusi dall’analisi comparativa.

5)      Sul contratto che prevede la corresponsione di royalties per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione

309    Per quanto riguarda il contratto tra il gruppo Starbucks e la società produttrice non affiliata 3, la Commissione ha sostenuto, al punto148, secondo trattino, della decisione impugnata, che la società produttrice non affiliata 3 forniva, in base ad un contratto di licenza per la torrefazione, servizi nel settore della torrefazione del caffè. Il caffè sarebbe stato venduto al gruppo Starbucks e a una joint venture, di proprietà della società produttrice non affiliata 3 e del gruppo Starbucks (in prosieguo: la «joint venture»), gestrice di negozi Starbucks in un paese al di fuori dell’Unione. La società produttrice non affiliata 3 avrebbe versato al gruppo Starbucks royalties per la torrefazione del caffè, di importo fisso, per un quantitativo determinato di caffè verde prodotto e venduto alla joint venture.

310    Al punto 301 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che la società produttrice non affiliata 3 versava royalties al gruppo Starbucks solo quando vendeva la sua produzione alla joint venture. In tal caso, secondo la Commissione, la società produttrice non affiliata 3 «sfrutta[va] la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione direttamente sul mercato attraverso una parte correlata» e il versamento di royalties «sembra» quindi coprire la distribuzione a terzi, ad opera della joint venture, dei prodotti recanti il marchio Starbucks. Questa conclusione risulterebbe confermata dal fatto che, quando la società produttrice non affiliata 3 rivendeva il caffè torrefatto al gruppo Starbucks, e non alla joint venture, e la distribuzione e lo sfruttamento sul mercato del marchio erano garantiti dal gruppo Starbucks, la società produttrice non affiliata 3 non avrebbe versato alcuna royalty alla Starbucks per la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

311    A tal riguardo, è giocoforza rilevare che è pacifico tra la Commissione e Starbucks che, quando la società produttrice non affiliata 3 vende i suoi chicchi tostati alla joint venture per un determinato territorio, essa versa al gruppo Starbucks royalties per la licenza di torrefazione a un importo fisso per quantità di caffè tostato e confezionato e che, quando vende i suoi chicchi tostati a Starbucks [riservato], non viene invece versata alcuna royalty per la licenza di torrefazione.

312    Tale rilievo contraddice chiaramente la teoria della Commissione secondo cui la società produttrice non affiliata 3 non versava royalties in base al proprio accordo di licenza con il gruppo Starbucks se non sfruttava la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione direttamente presso i consumatori finali sul mercato. Come correttamente sostenuto dalla Starbucks, l’obbligo per la società produttrice non affiliata 3 di versare royalties si basa esclusivamente sulle sue vendite di caffè tostato ai negozi del territorio in questione, indipendentemente dal fatto che i negozi distribuiscano o meno caffè tostato al cliente finale.

313    In tale contesto, la Commissione sostiene che esiste una differenza tra la situazione della società produttrice non affiliata 3 e quella della SMBV, consistente nel fatto che la società produttrice non affiliata 3 e i negozi Starbucks nel territorio in questione sono controllati dalla stessa entità, ossia la società controllante della società produttrice non affiliata 3. La Commissione aggiunge che il versamento di royalties da parte della società produttrice non affiliata 3 «sembra» essere effettuato per conto della joint venture, piuttosto che a titolo di remunerazione per l’utilizzazione, da parte della società produttrice non affiliata 3, della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

314    Orbene, va anzitutto rilevato che, come già esposto supra ai punti da 194 a 196, spetta in linea di principio alla Commissione fornire la prova, nella decisione impugnata, dell’esistenza di un aiuto.

315    Tale obbligo non è soddisfatto laddove la Commissione si limiti a formulare conclusioni prima facie limitandosi, come nel caso di specie, a rilevare che il versamento di royalties «sembra» coprire la distribuzione a terzi di prodotti con il marchio Starbucks da parte della joint venture o «sembra» essere effettuato per conto della joint venture.

316    Inoltre, va osservato che la differenza tra la situazione della SMBV e quella della società produttrice non affiliata 3 menzionata dalla Commissione, ossia il fatto che la società produttrice non affiliata 3 abbia venduto il suo caffè tostato tramite la joint venture ai negozi Starbucks presenti nel territorio in questione, non rimette in discussione il fatto che la società produttrice non affiliata 3 abbia corrisposto al gruppo Starbucks royalties per la licenza di torrefazione, ad un importo fisso per quantità di caffè tostato e confezionato. [riservato]

317    Infine, la Commissione stessa sostiene, nelle proprie memorie, che, essendo la società produttrice non affiliata 3 e la joint venture parti collegate, non è possibile operare un confronto diretto con il rapporto tra la SMBV e i negozi Starbucks nella regione EMEA. Tale rilievo indebolisce ulteriormente la teoria della Commissione secondo cui i rapporti contrattuali tra la società produttrice non affiliata 3 e il gruppo Starbucks sarebbero paragonabili a quelli esistenti tra la SMBV e la Alki e consentirebbero di concludere che le royalties dovrebbero essere pari a zero.

318    In sintesi, dalle suesposte considerazioni emerge che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione nella decisione impugnata, la società produttrice non affiliata 3 era un torrefattore che corrispondeva royalties al gruppo Starbucks per l’utilizzazione della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

319    Pertanto, per le ragioni esposte supra ai punti da 289 a 318, va rilevato che la Commissione non è stata in grado di dimostrare che un confronto tra, da un lato, i rapporti contrattuali tra la Alki e la SMBV, e, dall’altro, i rapporti contrattuali tra il gruppo Starbucks e le società produttrici non affiliate 1 e da 3 a 10 consentisse di affermare che l’entità delle royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki avrebbe dovuto essere pari a zero.

6)      Sul contratto concluso con la società produttrice non affiliata 2

320    Dal punto 148, primo trattino, della decisione impugnata risulta che, per subappaltare la torrefazione del caffè, il gruppo Starbucks ha concluso due tipi di accordi con la società produttrice non affiliata 2, che sono stati modificati in diverse occasioni. Da un lato, in base a un accordo di licenza relativo alla tecnologia, stipulato prima del 2008, una società del gruppo Starbucks ha concesso una licenza non esclusiva alla società produttrice non affiliata 2 per utilizzare, in particolare, la tecnologia e il know‑how della Starbucks per produrre e vendere caffè tostato a terzi selezionati con i quali la Starbucks ha stipulato accordi di approvvigionamento ossia, in sostanza, la società produttrice non affiliata 5. A titolo di contropartita, la società produttrice non affiliata 2 doveva svolgere i servizi in modo tale da garantire che il caffè tostato fosse di alta qualità. A tal fine, la società produttrice non affiliata 2 doveva rispettare, in particolare, determinati standard di controllo della qualità stabiliti da Starbucks. Il contratto di licenza per la tecnologia prevedeva che la società produttrice non affiliata 2 non dovesse versare royalties per la licenza. D’altro lato, un accordo di approvvigionamento di caffè verde stabiliva che la società produttrice non affiliata 2 era tenuta ad acquistare il caffè verde esclusivamente dalla Starbucks a fronte di una commissione fissa per una determinata quantità. Il contratto di licenza per la tecnologia e l’accordo di approvvigionamento sono stati conclusi con due entità diverse all’interno del gruppo Starbucks.

321    Ai punti 300 e 302 della decisione medesima, la Commissione ha aggiunto che la società produttrice non affiliata 2 non versava royalties in base al suo accordo di licenza concluso con il gruppo Starbucks se non sfruttava direttamente sul mercato la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione vendendo i prodotti a clienti finali. Tuttavia, va rilevato che dalla descrizione esposta al punto 148 della decisione impugnata risulta che la società produttrice non affiliata 2 non ha venduto il proprio caffè tostato a consumatori finali.

322    Per quanto riguarda la questione se la società produttrice non affiliata 2 si trovasse in una situazione analoga a quella della SMBV, è giocoforza constatare che l’accordo contrattuale tra la società produttrice non affiliata 2 e il gruppo Starbucks è strettamente collegato a quello concluso tra la società produttrice non affiliata 5 e il gruppo Starbucks. Infatti, diversi anni prima della conclusione dell’APP, la società produttrice non affiliata 5 e la SMBV hanno concluso un accordo di approvvigionamento in cui il gruppo Starbucks si è impegnato a fornire chicchi di caffè tostato, concentrato e altri ingredienti del caffè alla società produttrice non affiliata 5.

323    In un momento successivo, ma precedente alla conclusione dell’APP, la società produttrice non affiliata 5 e la SMBV hanno stipulato un contratto di delega [riservato] al quale la società produttrice non affiliata 2 ha aderito lo stesso giorno. [riservato]

324    [riservato]

325    [riservato]

326    Da tali disposizioni risulta che il ruolo della società produttrice non affiliata 2 era diverso da quello della SMBV, che, secondo la Commissione, era un torrefattore che garantiva parimenti la vendita del caffè tostato ai negozi Starbucks. Infatti, secondo il contratto di delega, la società produttrice non affiliata 2 riforniva la società produttrice non affiliata 5, per consentire al gruppo Starbucks di adempiere i propri obblighi contrattuali nei confronti di quest’ultima, quali risultanti dall’accordo di approvvigionamento.

327    In tale contesto, occorre ricordare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha qualificato la natura dell’accordo contrattuale tra il gruppo Starbucks e la società produttrice non affiliata 2 come contratto di subappalto (v. supra, punto 320). Tuttavia, come già esposto supra al punto 236, tale subappaltatore si limita ad eseguire la tostatura secondo le istruzioni del committente per adempiere l’obbligo contrattuale di fornitura del caffè tostato ad esso incombente. In tali circostanze, il torrefattore segue solo le istruzioni tecniche del committente.

328    Orbene, è giocoforza constatare che la Commissione non fornisce, nella decisione impugnata, elementi di prova sufficienti da cui risulti che tale contratto di subappalto sia analogo a quello concluso tra la SMBV e la Alki ai fini della determinazione del livello delle royalties.

329    In ogni caso, anche ammettendo che, ai fini della determinazione del livello delle royalties, gli accordi contrattuali tra il gruppo Starbucks e la società produttrice non affiliata 2 siano analoghi a quelli conclusi tra la SMBV e la Alki, la Commissione si è limitata, al punto 302 della decisione impugnata, a respingere l’argomento della Starbucks secondo cui un ricarico più elevato sui costi dei chicchi di caffè verde che la società produttrice non affiliata 2 ha pagato al gruppo Starbucks costituirebbe una remunerazione «dissimulata» della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione. In tale contesto, da un lato, l’Istituzione ha affermato che il ricarico «sembra» essere stato trasferito interamente alla società produttrice non affiliata 5. D’altro lato, ha sostenuto che «[non vi erano] indicazioni che un ricarico sul prezzo di acquisto non sarebbe trasferito direttamente [alla società produttrice non affiliata 5] o non inciderebbe sulle condizioni commerciali tra [la società produttrice non affiliata 5] e [la società produttrice non affiliata 2], dato che questo accordo contrattuale non è stato stipulato in modo indipendente dall’accordo contrattuale tra [il gruppo] Starbucks e [la società produttrice non affiliata 5]».

330    Tuttavia, le considerazioni esposte al punto 302 della decisione de qua non modificano il rilievo secondo cui la posizione di «subappaltatore» della società produttrice non affiliata 2 non è sufficiente per concludere che la SMBV, in quanto venditore del suo caffè tostato, non avrebbe dovuto pagare royalties per l’uso della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

331    Inoltre, per quanto riguarda la questione se il ricarico più elevato sui costi dei chicchi di caffè verde pagato dalla società produttrice non affiliata 2 al gruppo Starbucks costituisse la remunerazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione del caffè, va osservato che l’argomento della Commissione secondo cui il ricarico più elevato sui costi dei chicchi di caffè pagato dalla società produttrice non collegata 2 «sembra» essere trasferito alla società produttrice non affiliata 5 è speculativo e non esclude, di per sé, che la remunerazione per l’uso della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione sia stata effettivamente versata al gruppo Starbucks dalla società produttrice non affiliata 2.

332    Per contro, diversi elementi fanno sorgere dubbi in ordine all’argomento della Commissione secondo cui, nel caso di specie, la società produttrice non affiliata 2 non avrebbe corrisposto al gruppo Starbucks alcuna remunerazione per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

333    In primo luogo, va rilevato che, prima facie, il livello del prezzo dei chicchi di caffè verde forniti dalla SMBV, pagato dalla società produttrice non affiliata 2 al gruppo Starbucks, sembra elevato alla luce delle cifre fatte valere dalla Starbucks nella nota 189 del ricorso nella causa T‑636/16. La Commissione non contesta tali cifre. Del resto, al punto 302 della decisione impugnata, la Commissione non ha contestato l’affermazione dei corrispondenti della Starbucks secondo cui detto prezzo era elevato.

334    In secondo luogo, la Commissione sostiene di aver rilevato, nella decisione impugnata, che il contratto di licenza per la tecnologia specificava che la società produttrice non affiliata 2 non avrebbe dovuto pagare royalties per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione. Essa ritiene, pertanto, che spettasse al Regno dei Paesi Bassi e alla Starbucks dimostrare che la differenza di prezzo del caffè verde rappresentasse una remunerazione «dissimulata» per la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, prova che essi non sarebbero stati in grado di fornire.

335    Orbene, va ricordato che le linee guida dell’OCSE nel testo del 1995 e del 2010, sulle quali la Commissione fonda la propria analisi comparativa, prevedono espressamente, al paragrafo 6.17, che il corrispettivo per l’uso di un bene immateriale può essere incluso nel prezzo fatturato per la vendita di prodotti, quando, ad esempio, una società vende prodotti non finiti ad un’altra società mettendo a disposizione di quest’ultima la sua esperienza per successive operazioni di lavorazione. In tale contesto, va rilevato che la Commissione sostiene, correttamente, che una differenza di prezzo è, in linea di principio, distinta da royalties, che comporta potenzialmente conseguenze fiscali diverse, circostanza che viene del resto riportata, in sostanza, al paragrafo 6.19 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 2010.

336    Nel caso di specie, dalla decisione impugnata risulta chiaramente che la Starbucks aveva sostenuto, nel corso del procedimento amministrativo, che il ricarico più elevato sui costi dei chicchi di caffè verde che la società produttrice non affiliata 2 ha pagato al gruppo Starbucks costituiva una remunerazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

337    In tali circostanze, gli argomenti dei corrispondenti della Starbucks, dedotti nel corso del procedimento amministrativo, non potevano essere respinti in base alla semplice constatazione che il contratto di licenza per la tecnologia prevedeva che la società produttrice non affiliata 2 non avrebbe dovuto pagare royalties per l’utilizzazione della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

338    In terzo luogo, per quanto la Commissione sostenga, correttamente, che la fornitura di chicchi di caffè verde e la concessione di subsidenze di proprietà intellettuale rappresentino operazioni distinte sulla base di due contratti conclusi con controparti diverse all’interno del gruppo Starbucks, resta il fatto che il contratto di licenza per la tecnologica tra il gruppo Starbucks e la società produttrice non affiliata 2 indica, [riservato].

339    In quarto luogo, la Commissione aggiunge, in sostanza, che la differenza di prezzo tra i chicchi di caffè verde acquistati dalla società produttrice non affiliata 2 e quelli acquistati dalla SMBV può trovare diverse altre spiegazioni, quali, anzitutto, il forte potere contrattuale della Starbucks [riservato], inoltre, il fatto che la società produttrice non affiliata 2 non acquista i suoi chicchi di caffè verde direttamente dalla SCTC, ma dalla Starbucks [riservato], che li acquista dalla SCTC e li rivende a detta società, il che potrebbe anche comportare un ricarico supplementare sul costo per coprire il valore aggiunto dalla Starbucks [riservato], o, infine, la differenza nelle condizioni di consegna.

340    Innanzitutto, occorre osservare che l’argomento della Commissione secondo cui la Starbucks [riservato] avrebbe avuto un potere contrattuale così rilevante, rispetto alla società produttrice non affiliata 2, da consentirle di chiedere un prezzo assai più elevato di quello che poteva ottenere dalla [riservato] SMBV non è convincente.

341    Inoltre, sebbene la Commissione sostenga che il fatto che la società produttrice non affiliata 2 non acquista i suoi chicchi di caffè verde direttamente dalla SCTC, ma dalla Starbucks [riservato], che li acquista dalla SCTC e li rivende a detta società, potrebbe anche comportare un ricarico supplementare sul costo per coprire [riservato], non spiega tuttavia [riservato]. Orbene, la Starbucks replica, a tal riguardo, che la SCTC si assume la piena responsabilità del processo di fornitura, che comprende il trasporto dei chicchi di caffè dal porto di origine al porto di destinazione, dove vengono consegnati alla società produttrice non affiliata 2, senza alcuna trasformazione. Inoltre, secondo la Starbucks, per ragioni di efficienza amministrativa, [riservato]. Anche questo argomento della Commissione dev’essere pertanto respinto.

342    Infine, a parere della Commissione, esiste una differenza tra le condizioni di fornitura dei chicchi di caffè verde di cui beneficiano la società produttrice non affiliata 2 e la SMBV. Essa afferma che la Starbucks [riservato] vende i chicchi di caffè verde alla società produttrice non affiliata 2 al prezzo CIF (costo, assicurazione e nolo) nel porto di entrata del territorio in cui la stessa esercita la sua attività economica, mentre i chicchi di caffè verde che la SMBV ottiene dalla SCTC sono consegnati al prezzo FOB (franco a bordo) nel porto di Amsterdam (Paesi Bassi). Tuttavia, è giocoforza rilevare, da un lato, che la Commissione non quantifica la propria affermazione secondo cui la differenza tra i costi di consegna a un prezzo FOB e a un prezzo CIF potrebbe essere considerevole. D’altro lato, la Starbucks sostiene, a sua volta, che la differenza di costo tra una consegna a un prezzo FOB e una consegna a un prezzo CIF è troppo esigua per spiegare il «ricarico più elevato». La Commissione non è stata quindi in grado di provare la propria affermazione secondo cui il «ricarico più elevato» non avrebbe potuto rappresentare, sia pure parzialmente, una remunerazione per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, essendo interamente dovuto alla differenza dei termini di fornitura tra i contratti in questione.

343    Ciò detto, né la motivazione sintetica contenuta al punto 302 della decisione impugnata, né le altre spiegazioni fornite dalla Commissione, contestate dalla Starbucks, hanno consentito alla Commissione di concludere che i contratti conclusi tra il gruppo Starbucks e la società produttrice non affiliata 2 costituissero prova sufficientemente valida che tale società non versasse alcuna remunerazione al gruppo Starbucks per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

344    Ne consegue che, alla luce di quanto esposto nella decisione impugnata, la Commissione non è stata in grado di dimostrare, in termini sufficientemente validi, che il contratto concluso tra il gruppo Starbucks e la società produttrice non affiliata 2 consentirebbe di ritenere che le royalties versata dalla SMBV alla Alki avrebbero dovuto essere pari a zero.

345    In sintesi, ne consegue che la Commissione non è stata in grado di dimostrare, in base al confronto con i contratti conclusi con le dieci società produttrici non affiliate, che le royalties avrebbero dovuto essere pari a zero. Infatti, i contratti conclusi con le società produttrici non affiliate 1, 3, 4, 7, 8, 9 e 10 sono stati conclusi successivamente all’adozione dell’APP. I contratti conclusi con le società produttrici non affiliate 5, 6 e 7 riguardano, a loro volta, società che non tostano caffè. I contratti conclusi con le società produttrici non affiliate 1, 4, 8, 9 e 10 non sono contratti di rivendita. I contratti conclusi con le società produttrici non affiliate 1, 5, 6, 7, 8 e 9 riguardano prodotti diversi dal caffè tostato e il contratto concluso con la società produttrice non affiliata 3 indica la possibilità di versamento di royalties. Per quanto riguarda l’analisi del contratto concluso con la società produttrice non affiliata 2, gli argomenti sintetici e speculativi della Commissione non sono sufficienti a dimostrare che tale società non versasse royalties al gruppo Starbucks per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

346    Pertanto, dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 288 a 345 risulta che la Commissione non ha dimostrato che l’applicazione del metodo CUP, in base a un confronto con i contratti conclusi tra il gruppo Starbucks e le dieci società produttrici non affiliate, conducesse alla conclusione che le royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki per la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, se fissate alle condizioni di mercato, avrebbero dovuto essere pari a zero.

g)      Sugli accordi conclusi tra i concorrenti della Starbucks e torrefattori terzi

347    La Commissione ha inoltre confrontato le royalties versate dalla SMBV alla Alki con quanto previsto in vari accordi conclusi tra i concorrenti della Starbucks e torrefattori terzi. La Commissione ha ritenuto che da tale analisi comparativa risultasse che la SMBV non avrebbe dovuto versare royalties alla Alki per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione.

348    Infatti, dal punto 309 della decisione impugnata risulta che, per stabilire se la SMBV abbia versato alla Alki royalties conformi al principio di libera concorrenza per la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione, la Commissione ha posto a raffronto l’accordo concluso tra la Alki e la SMBV con diversi accordi conclusi tra i concorrenti della Starbucks e torrefattori terzi. In tale contesto, la Commissione si è richiamata alle risposte della Melitta, della Dallmayr e della società Y.

349    La Starbucks contesta l’esame compiuto dalla Commissione. A suo avviso, gli accordi riguardanti la Melitta e la società X sono «accordi per mezzo dei quali il produttore per conto terzi o a contratto, a differenza della SMBV, fornisce i prodotti finiti al proprio committente e non direttamente ai clienti del committente». Ciò renderebbe tali accordi fondamentalmente diversi dal contratto di torrefazione e, di conseguenza, il loro esame sarebbe irrilevante nel caso di specie. Occorre quindi esaminare se questi tre rapporti contrattuali fossero paragonabili al contratto di torrefazione tra la SMBV e la Alki.

350    In primo luogo, per quanto riguarda la Melitta, la Commissione ha precisato, al punto 306 della decisione impugnata, che tale società concorrente della Starbucks le avrebbe dichiarato di non ricevere royalties da parte di terzi ai quali esternalizzava la torrefazione del caffè, nonostante mettesse a loro disposizione le sue curve di tostatura.

351    A tal riguardo, va osservato che dai punti 207 e 208 della decisione impugnata risulta che, in talune situazioni in cui le capacità di torrefazione fossero esaurite, la Melitta avrebbe esternalizzato la torrefazione del caffè (outsourcing). Tuttavia, da questa descrizione non risulta che il torrefattore terzo abbia effettivamente venduto il caffè tostato ai negozi o ad altri consumatori.

352    Si deve pertanto rilevare che, secondo le conclusioni esposte nella decisione impugnata, la situazione della Melitta non è paragonabile a quella della SMBV.

353    In secondo luogo, per quanto riguarda la società Y, che appartiene a un gruppo di società, la Commissione ha precisato, ai punti 211 e 307 della decisione impugnata, che tale società faceva tostare il caffè da una società del gruppo designata come produttore per conto terzi e che tale torrefattore non versava royalties al gruppo.

354    Si deve necessariamente rilevare che da questa descrizione risulta che il torrefattore del gruppo di appartenenza della società Y ha operato come produttore per conto terzi. Il torrefattore trasformava il caffè verde per conto di un’altra società all’interno del gruppo cui apparteneva la società Y. Ciò significa che il torrefattore non ha venduto il caffè tostato ai negozi o ad altri consumatori.

355    Dai rilievi compiuti nella decisione impugnata emerge che la situazione della società Y non è paragonabile a quella della SMBV.

356    In terzo luogo, per quanto riguarda la Dallmayr, al punto 308 della decisione impugnata si afferma che tale concorrente considerava insolito il versamento di royalties da parte di una società che forniva torrefazione, essendo lecito attendersi piuttosto che sia il cliente a pagare il torrefattore e non il contrario. Infatti, dai punti 204 e 205 della decisione impugnata risulta che la Dallmayr ha sostenuto che la torrefazione del caffè veniva effettuata sia come attività distinta sia come attività integrata verticalmente in una società. Essa ha precisato che la funzione di approvvigionamento era «generalmente» integrata nella torrefazione. La Dallmayr riteneva quindi che il versamento di royalties da parte di un terzo che forniva servizi di torrefazione fosse piuttosto insolito. Secondo la Dallmayr, sarebbe lecito attendersi che fosse il cliente a pagare il torrefattore, non il contrario.

357    A tal proposito, va osservato che la Dallmayr ha solo dichiarato di considerare «piuttosto insolito» il versamento di royalties nel settore della torrefazione. Tale affermazione non esclude che la corresponsione di royalties possa essere comunque prevista. Le dichiarazioni della Dallmayr non contraddicono quindi l’esistenza di royalties come quelle versate dalla SMBV.

358    Dalle considerazioni esposte ai precedenti punti da 347 a 357 risulta pertanto che la Commissione non ha dimostrato che gli accordi conclusi tra i concorrenti della Starbucks e i torrefattori terzi, individuati nella decisione impugnata, fossero rilevanti ai fini dell’analisi della situazione della SMBV. Infatti, i rilievi effettuati al riguardo nella decisione impugnata non consentono di concludere che tali accordi erano paragonabili all’accordo per la torrefazione. Pertanto, anche ammesso che sia dimostrato che non siano state versate royalties nell’ambito degli accordi conclusi tra i concorrenti della Starbucks e torrefattori terzi, tale circostanza non sarebbe sufficiente a dimostrare che la SMBV non avrebbe dovuto versare royalties alla Alki per la proprietà intellettuale inerente alla torrefazione.

359    Per le ragioni esposte ai precedenti punti da 279 a 358, si deve quindi rilevare che la Commissione non ha dimostrato, come richiesto dalla giurisprudenza richiamata supra ai punti da 194 a 196, che le royalties avrebbero dovuto essere pari a zero. Pertanto, i ricorsi del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks devono essere conseguentemente accolti, nella parte riguardante la seconda linea di ragionamento della decisione impugnata. Pertanto, non è necessario esaminare gli argomenti del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks con i quali viene contestato il rigetto dei loro argomenti dedotti, nel corso del procedimento amministrativo, al fine di giustificare l’esistenza delle royalties (v. supra, punto 230).

h)      Sullargomento secondo cui lentità delle royalties avrebbe dovuto essere inferiore a quella approvata dallAPP

360    Come già esposto supra al punto 229, la Commissione ha precisato, nella decisione impugnata, che la natura variabile delle royalties nel periodo compreso tra il 2006 e il 2014 dava una «prima indicazione» del fatto che il suo livello non fosse in relazione con il valore della proprietà intellettuale inerente alla torrefazione. A tal riguardo, la Commissione ha spiegato, all’udienza, che dai punti da 287 a 289 e dalla nota 146 della decisione impugnata risulta che le royalties avrebbero dovuto essere fissate ad un livello inferiore a quello approvato dall’APP.

361    Orbene, va anzitutto rilevato che, al punto 287 della decisione impugnata, la Commissione si è limitata a riportare taluni rilievi effettuati nella decisione di avvio del procedimento, senza tuttavia trarre alcuna conclusione per la decisione impugnata. Inoltre, al successivo punto 288, la Commissione ha spiegato di aver calcolato, per il periodo compreso tra il 2006 e il 2014, l’importo delle royalties versate su base annua dalla SMBV alla Alki come percentuale delle vendite annue di caffè tostato effettuate dalla SMBV ai negozi, il che avrebbe confermato i suoi dubbi riguardo alle fluttuazioni delle royalties stesse. Infine, al successivo punto 289, la Commissione ha aggiunto che la natura variabile delle royalties dava una «prima indicazione» del fatto che il suo livello non fosse in relazione con il valore della proprietà intellettuale per la quale le royalties stesse erano state corrisposte. Nella nota 146 della decisione impugnata si afferma, in sostanza, che «[p]er fini illustrativi, (...) [t]ra tutti i contratti [esaminati dalla Commissione] non è stato identificato nessun contratto ai sensi del quale la remunerazione veniva pagata a fronte di tecnologia di torrefazione del caffè concessa su licenza nel libero mercato».

362    Pertanto, è giocoforza rilevare che né i punti da 287 a 289 della decisione impugnata né la nota 146 di tale decisione contengono un qualsiasi argomento secondo cui il livello delle royalties avrebbe dovuto essere inferiore al livello approvato dall’APP. Infatti, tali punti si limitano a constatare, da un lato, che la variabilità delle royalties indica che essa non era in relazione con il valore della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione e, dall’altro, che le royalties stesse non avrebbero dovuto essere assolutamente versate.

363    Per contro, va rilevato che dai punti 290, 318, 339 e 445 della decisione impugnata risulta, in particolare, che la Commissione ha rilevato che le royalties avrebbero dovuto essere esattamente pari a zero. A fortiori, al punto 340 della decisione medesima, la Commissione ha precisato che non era utile procedere a una stima del livello delle royalties e che, in altri termini, gli utili corrisposti a titolo di royalties dalla SMBV alla Alki per la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione avrebbero dovuto essere tassati al 100% nei Paesi Bassi.

364    Da tali considerazioni deriva che la decisione impugnata non contiene alcuna considerazione, individuabile dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks, secondo cui le royalties avrebbero dovuto essere fissate a un livello inferiore a quello approvato dall’APP.

365    In ogni caso, anche ammettendo che dalla decisione impugnata risulti in termini sufficientemente chiari che le royalties avrebbero dovuto essere fissate a un livello inferiore a quello approvato dall’APP, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks contestano, in sostanza, l’argomento della Commissione secondo cui il livello delle royalties non sarebbe correlato al suo valore economico.

366    In tale contesto, va osservato che, ovviamente, non si può negare che la natura variabile delle royalties faccia sorgere dubbi riguardo alla loro razionalità economica. Infatti, nel caso di specie, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks non hanno fornito spiegazioni convincenti che giustifichino la scelta di un metodo insolito per determinare l’entità delle royalties.

367    Tuttavia, la natura residuale delle royalties de quibus implica semplicemente che essa è stata calcolata, in linea di principio, sulla base della determinazione del livello degli altri oneri e redditi pertinenti, nonché da una stima del livello dell’utile imponibile della SMBV. Se tali parametri fossero correttamente individuati, la semplice natura residuale delle royalties non escluderebbe che il livello delle royalties residue possa corrispondere al loro valore economico.

368    È giocoforza constatare che le conclusioni di cui ai punti da 287 a 289 della decisione impugnata non sono sufficienti a dimostrare che le royalties avrebbero dovuto essere fissate ad un livello inferiore a quello approvato dall’APP per tutto il periodo compreso tra il 2006 e il 2014, considerato, in particolare, che la decisione impugnata non specifica quale livello delle royalties l’Istituzione avrebbe ritenuto adeguato.

369    Inoltre, va rilevato che, nell’ambito del rilievo effettuato al punto 289 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto riferimento alla nota 146 della decisione impugnata, che così recita:

«[U]n’analisi utilizzando RoyaltyStat, al 2° trimestre 2015, mostra che dei 168 accordi resi disponibili dalla banca dati [in tutti i settori nell’ambito dei quali] è stata concessa in licenza solo tecnologia, il valore della mediana della royalty si attestava al 5% delle vendite (in base a 143 di questi accordi nell’ambito dei quali la commissione era determinata come percentuale del valore delle vendite, piuttosto che come importo pagato per unità venduta). Tra tutti i contratti disponibili attraverso la banca dati RoyaltyStat, non è stato identificato nessun contratto ai sensi del quale la remunerazione veniva pagata a fronte di tecnologia di torrefazione del caffè concessa su licenza nel libero mercato. Tale tecnologia è stata concessa in licenza solo in alcuni casi in combinazione con marchi di fabbrica».

370    A tal proposito, va rilevato, in primo luogo, che tali considerazioni sono state formulate solo «[p]er fini illustrativi», in secondo luogo, che sebbene la Commissione sostenga che siano state versate royalties «in [tutti i settori nell’ambito dei quali sia] stata concessa in licenza solo tecnologia» e che esistevano alcuni esempi di «tecnologia (...) concessa in licenza (...) in combinazione con marchi di fabbrica», essa non spiega, tuttavia, quale sarebbe il livello adeguato di tali royalties e, in terzo luogo, che la Commissione non ha spiegato le ragioni per cui riteneva che i dati relativi al 2015 fossero ragionevolmente prevedibili al momento della conclusione dell’APP nel 2008.

371    La Commissione non ha quindi dimostrato in termini sufficientemente validi la propria affermazione secondo cui, per tutto il periodo compreso tra il 2006 e il 2014, il livello delle royalties non sarebbe stato in relazione con il valore della proprietà intellettuale per la quale erano state versate e in base alla quale era stato quindi conferito un vantaggio economico alla SMBV.

372    Ne consegue che dev’essere respinto l’argomento della Commissione secondo cui, nella decisione impugnata, essa avrebbe dimostrato che le royalties avrebbero dovuto essere fissata ad un livello inferiore a quello approvato dall’APP.

373    Pertanto, il secondo capo del terzo motivo nella causa T‑760/15 ed il quarto capo del secondo motivo nella causa T‑636/16 devono essere accolti, nella parte in cui il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks contestano alla Commissione di aver dimostrato, nell’ambito della propria seconda linea di ragionamento, che le royalties versate dalla SMBV alla Alki avrebbero dovuto essere pari a zero e che ciò implicasse un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, senza dover esaminare l’argomento della Starbucks secondo cui la Commissione sarebbe stata obbligata a determinare un intervallo di valori di libera concorrenza in cui collocare le royalties in questione.

3.      Sulla determinazione annua dei costi dei chicchi di caffè verde (terza linea di ragionamento)

374    Il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks deducono, in sostanza, due censure contro l’analisi effettuata dalla Commissione nella terza linea di ragionamento della decisione impugnata, secondo la quale il livello del prezzo dei chicchi di caffè verde sarebbe stato sopravvalutato, mentre la questione della sua conformità al principio di libera concorrenza non sarebbe stata esaminata nell’APP. Con la prima censura, la Starbucks sostiene che la terza linea di ragionamento riguarda un elemento dei costi della SMBV che non rientrava nell’ambito di applicazione della misura controversa come definita nella decisione impugnata. Con la seconda, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks contestano l’affermazione secondo cui il livello della percentuale di margine applicata ai costi dei chicchi di caffè verde venduti dalla SCTC alla SMBV non sarebbe conforme a un livello di libera concorrenza.

a)      Sulla questione se il prezzo dei chicchi di caffè verde non rientrasse nellambito di applicazione della misura controversa

375    Per quanto riguarda la prima censura, la Starbucks afferma, in sostanza, che la terza linea di ragionamento della Commissione, relativa al prezzo dei chicchi di caffè verde, riguarda un elemento dei costi della SMBV non ricompreso nell’ambito di applicazione della misura controversa come definita nella decisione impugnata. La Starbucks osserva, infatti, che la Commissione non ha esaminato la questione del prezzo del caffè verde alla luce del momento della conclusione dell’APP, nell’aprile 2008. Essa aggiunge, nella replica, che taluni argomenti dedotti nel controricorso nella causa T‑636/16 indicano che i vantaggi fiscali individuati dalla Commissione, derivanti dal prezzo dei chicchi di caffè verde per il periodo dal 2011 al 2014, non possono essere attribuiti all’APP. Infatti, i presunti vantaggi fiscali derivanti dal prezzo dei chicchi di caffè verde non potrebbero essere attribuiti all’APP, ma alle dichiarazioni annuali che approvano tali prezzi e non rientrerebbero quindi nell’ambito di applicazione della «decisione impugnata».

376    La Commissione sostiene che dalla decisione impugnata e dal controricorso nella causa T‑636/16 risulta chiaramente che il prezzo dei chicchi di caffè verde avrebbe dovuto essere esaminato al fine di stabilire se il livello di tale prezzo fosse eccessivamente elevato e comportasse una riduzione dell’utile imponibile della SMBV.

377    Per quanto riguarda la portata della misura controversa quale stabilita dalla decisione impugnata, va rilevato che, ai sensi dell’articolo 1 della decisione impugnata, la misura che costituisce un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e che era stata illegalmente messa in atto dal Regno dei Paesi Bassi in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE è l’APP, «stipulato dai Paesi Bassi con [la SMBV] il 28 aprile 2008». Da tale disposizione e dalla definizione esposta al punto 40 della decisione impugnata risulta che la misura controversa è pertanto costituita esclusivamente dall’APP.

378    A tal riguardo, è giocoforza constatare che dalle disposizioni dell’APP (v. supra, punti da 12 a 16) risulta che quest’ultimo determina il metodo di calcolo della remunerazione della SMBV per le sue attività di produzione e di distribuzione, che serve a stabilire la base imponibile ai fini del pagamento, da parte della SMBV, dell’imposta olandese sulle società. In tale contesto, sebbene l’APP si riferisca al prezzo dei chicchi di caffè verde pagato dalla SMBV alla SCTC constatando che tali costi sono esclusi dalla base di costo della SMBV, esso non affronta la questione del livello al quale dovrebbe essere fissati i prezzi di trasferimento per l’acquisto dei chicchi di caffè verde. Infatti, è necessario distinguere tra la questione se il costo dei chicchi di caffè verde rientri nella base di costo per il calcolo della base imponibile e la questione dell’importo del prezzo di trasferimento di tali operazioni effettivamente determinato per un determinato anno. Orbene, l’APP non contiene alcun elemento che consenta di determinare tale importo, cosicché le autorità dei Paesi Bassi non hanno convalidato, nell’ambito dell’APP, alcun metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, né alcun livello dei prezzi, relativo ai chicchi di caffè verde.

379    Va precisato che, in mancanza di una determinazione, nell’APP, del livello del prezzo per l’acquisto dei chicchi di caffè verde, la fissazione annua del il prezzo dei chicchi di caffè, in particolare per il periodo compreso tra il 2011 e il 2014, avrebbe dovuto essere effettuata, se del caso, nel contesto degli avvisi annuali di accertamento fiscale.

380    Ne consegue che la determinazione annua del livello dei costi dei chicchi di caffè verde non è stata contemplata dall’APP e non rientrava, pertanto, nell’ambito di applicazione della misura controversa. Tale constatazione non è rimessa in discussione dagli argomenti della Commissione.

381    In primo luogo, la Commissione ritiene che l’APP, che costituisce la misura controversa, avrebbe dovuto predeterminare il prezzo di trasferimento dei chicchi di caffè verde a partire dall’esercizio fiscale 2011. Infatti, secondo il punto 447 della decisione impugnata, l’utile contabile della SMBV derivante dai costi dei chicchi di caffè verde per gli esercizi fiscali a decorrere dal 2011 avrebbe dovuto essere determinato a un livello superiore. Infatti, dai punti 360 e 361 della decisione medesima emerge che, secondo la Commissione, la relazione sui prezzi di trasferimento non ha esaminato se il prezzo dei chicchi di caffè verde, pagato dalla SMBV alla SCTC, fosse conforme al principio di libera concorrenza. Secondo la Commissione, ciò «significa» che la metodologia proposta in tale relazione per determinare gli utili imponibili della SMBV conferisce a quest’ultima un vantaggio selettivo. Inoltre, al punto 348 della decisione impugnata, la Commissione ha sostenuto che l’APP avrebbe dovuto prescrivere un prezzo di libera concorrenza nel 2008, rispetto al quale non sarebbe stata possibile alcuna deviazione nel 2011, ad esempio mediante un aumento del ricarico, salvo sostituire o modificare l’APP.

382    Tuttavia, va rilevato che la relazione sui prezzi di trasferimento non contiene alcun esame dei prezzi di trasferimento applicabili a operazioni specifiche, come il prezzo dei chicchi di caffè verde richiesto dalla SCTC alla SMBV. Per contro, essa espone il metodo di calcolo della remunerazione della SMBV per le sue attività di produzione e di distribuzione, che costituisce la base imponibile ai fini dell’imposta olandese sulle società.

383    L’APP consiste unicamente nell’ottenere a monte la conferma del trattamento fiscale di un contribuente. Orbene, una decisione anticipata come l’APP non copre necessariamente tutti gli aspetti del trattamento fiscale di un contribuente, ma può limitarsi a trattare talune questioni specifiche. Del resto, dalla pagina 28 della relazione sui prezzi di trasferimento risulta che il consulente tributario del gruppo Starbucks ha ritenuto che le operazioni relative al caffè verde costituissero operazioni diverse da quelle per le quali era stato richiesto l’APP.

384    Orbene, da un lato, la Commissione non ha fornito alcuna prova del fatto che, nel diritto olandese, che è la legge applicabile al riguardo, la questione se il livello del prezzo dei chicchi di caffè verde pagato dalla SMBV alla SCTC fosse un prezzo di libera concorrenza avrebbe dovuto essere esaminata nell’APP.

385    D’altro lato, il semplice fatto che l’APP non predetermini un livello del prezzo di trasferimento dei chicchi di caffè verde non significa di per sé che l’APP, fissando il metodo di determinazione della remunerazione della SMBV, avrebbe conferito un vantaggio alla SMBV per le sue attività di produzione e di distribuzione.

386    In secondo luogo, la Commissione osserva, nelle proprie memorie, che anche l’attuazione tecnica dell’APP, attraverso gli avvisi annuali di accertamento fiscale, costituisce la concessione di un aiuto. Tuttavia, tale constatazione non risulta dalla decisione impugnata. La Commissione fa riferimento, a tal proposito, all’articolo 1 della decisione impugnata, che fa riferimento al fatto che, in base all’APP, la SMBV può «determinare il suo debito fiscale in relazione all’imposta sulle società [nel Regno dei] Paesi Bassi su base annua per un periodo di dieci anni». La Commissione aggiunge che la decisione impugnata fa numerosi riferimenti all’utile imponibile della SMBV come determinato dall’APP. A suo avviso, l’APP non avrebbe alcun valore se non fosse utilizzato per la «redazione delle dichiarazioni fiscali». A tal riguardo, essa invoca il punto 225 della decisione impugnata, in cui si afferma che l’APP implica che l’amministrazione finanziaria olandese accetti la ripartizione degli utili proposta dalla Starbucks in base alla quale la SMBV determina l’importo dell’imposta sulle società che essa dovrà versare ai Paesi Bassi su base annua.

387    A differenza delle dichiarazioni della Commissione riportate supra, va rilevato che gli avvisi annuali di accertamento fiscale relativi alla SMBV non attuano l’APP in modo puramente tecnico. Se è pur vero che l’APP e la relazione sui prezzi di trasferimento su cui esso si basa predeterminano il metodo di calcolo dell’utile imponibile della SMBV ai fini dell’imposta olandese sulle società, gli stessi non permettevano assolutamente di prevedere i redditi e gli oneri annui dichiarati dalla SMBV per le operazioni effettive verificatesi durante l’anno in questione.

388    Inoltre, è errata l’affermazione della Commissione secondo cui anche l’attuazione tecnica dell’APP mediante gli avvisi annuali di accertamento fiscale costituirebbe la concessione di un aiuto. Infatti, gli avvisi annuali che danno attuazione all’APP non rientrano nella misura in questione, quale definita dalla Commissione, vale a dire l’APP, come risulta dall’articolo 1 della decisione impugnata. Più in particolare, l’APP non ha determinato l’utile imponibile della SMBV in base ai costi dei chicchi di caffè verde e non ha neppure affrontato la questione della determinazione annua dei costi dei chicchi di caffè verde. Inoltre, in nessun punto della decisione impugnata, la Commissione ha contestato alle autorità dei Paesi Bassi il fatto di aver conferito un vantaggio alla SMBV a causa dell’esclusione dei costi dei chicchi di caffè verde dalla base imponibile, ma si è limitata a contestare il fatto che il livello del loro prezzo non era stato controllato dall’amministrazione finanziaria olandese.

389    In ogni caso, si deve rilevare che nulla avrebbe impedito alla Commissione di definire la misura controversa in termini più ampio cosicché gli avvisi annuali di accertamento fiscale relativi alla SMBV sarebbero stati compresi in tale misura. Orbene, essa ha limitato la portata della misura controversa solo all’APP.

390    Inoltre, come indicato supra al punto 248, l’APP poteva essere revocato o modificato durante il suo periodo di validità, dal 2007 al 2017. Va osservato che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha ritenuto che il fatto che le autorità olandesi non avessero revocato o modificato l’APP durante il suo periodo di validità, a causa del costo eccessivo dei chicchi di caffè verde, avesse conferito un vantaggio alla SMBV.

391    Pertanto, la censura secondo cui la terza linea di ragionamento riguarderebbe un elemento dei costi della SMBV non ricompreso nell’ambito di applicazione della misura controversa dev’essere accolta. Poiché il livello dei costi dei chicchi di caffè verde per gli esercizi fiscali a partire dal 2011 non rientrava nella misura controversa, la Commissione non poteva chiedere al Regno dei Paesi Bassi, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, della decisione impugnata, in combinato disposto con i punti 447 e 448 della stessa, di procedere al recupero della differenza tra l’importo effettivamente pagato a titolo dell’imposta sulle società e l’importo che sarebbe stato dovuto se l’utile contabile della SMBV, derivante dai costi dei chicchi di caffè verde per gli esercizi fiscali a partire dal 2011, fosse stato determinato ad un livello superiore.

b)      Sulla questione se il livello del ricarico applicato ai costi dei chicchi di caffè verde venduti dalla SCTC alla SMBV non fosse conforme a un livello di libera concorrenza

392    In ogni caso, anche ammettendo che la terza linea di ragionamento riguardi un elemento dei costi della SMBV contemplato dalla misura controversa, si deve necessariamente rilevare che dovrebbe essere accolta anche la seconda censura esposta al precedente punto 374. Infatti, occorre ricordare, anzitutto, che il costo dei chicchi di caffè verde acquistati dalla SMBV è escluso dalla base di costo della SMBV determinata nell’APP. In sostanza, il prezzo dei chicchi di caffè verde che la SMBV deve pagare alla SCTC è costituito dai costi della merce della SCTC e da un ricarico su tali costi.

393    La decisione impugnata afferma che, per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010, il ricarico medio sui costi dei chicchi di caffè verde consegnati dalla SCTC era del [riservato]%, contro il [riservato]% per il periodo compreso tra il 2011 e il 2014. Il corrispondente margine lordo medio sul costo delle vendite per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010 sarebbe stato pari al [riservato]%, mentre il margine lordo medio sul costo delle vendite per il periodo compreso tra il 2011 e il 2014 sarebbe stato pari al [riservato]%. Secondo la decisione impugnata, la Starbucks ha sostenuto che il ricarico del [riservato]% applicato in media per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010 era conforme al principio di libera concorrenza. La Commissione ha poi supposto che l’aumento del ricarico a partire dal 2011 avrebbe potuto costituire una remunerazione contabilizzata dalla SMBV sulle attività di torrefazione del caffè. Poiché il ricarico del [riservato]% si colloca anche nell’intervallo delle remunerazioni per la funzione di consegna dichiarata dalla Starbucks nel procedimento amministrativo, la Commissione ha concluso che il ricarico del [riservato]% sui costi dei chicchi di caffè verde nel periodo compreso tra il 2005 e il 2010 era conforme al principio di libera concorrenza. Dato che la Starbucks non aveva fornito, secondo la decisione impugnata, una «valida» ragione a giustificazione dell’aumento del ricarico medio al [riservato]% a partire dal 2011, la Commissione ha ritenuto che, a partire da quel momento, non potesse essere ammessa alcuna deduzione corrispondente dall’utile contabile della SMBV dovuto a tale aumento.

394    Tuttavia, per giungere a un’approssimazione attendibile del ricarico conforme al principio di libera concorrenza per il periodo che avuto inizio nel 2011, la Commissione ha accettato di aggiungere al ricarico medio del [riservato]% per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010 i costi del programma «C.A.F..E. Practices» fino all’importo dei costi del [riservato]. Secondo la Commissione, alla fine del 2014, tali costi rappresentavano il [riservato]% del costo dei chicchi di caffè verde acquistati dalla SCTC e il [riservato]% del prezzo fatturato alla SMBV. Un ricarico di libera concorrenza contabilizzato dalla SCTC per il periodo che ha avuto inizio nel 2011 sarebbe stato quindi pari al [riservato]% del costo dei chicchi di caffè verde acquistati da SCTC, il che corrisponderebbe a un margine lordo del [riservato]% sul prezzo di vendita dei chicchi di caffè verde fatturati dalla SCTC alla SMBV.

395    La Commissione ha concluso che il ricarico medio del [riservato]% effettivamente applicato dal 2011 al 2014 sul costo dei chicchi di caffè verde venduti dalla SCTC alla SMBV non riflette quindi un’approssimazione attendibile di un risultato conforme al principio di libera concorrenza.

396    Da un lato, va rilevato che, come osservato supra ai punti da 243 a 251, nelle circostanze della specie, la Commissione era tenuta ad astenersi da qualsiasi valutazione basata su situazioni successive alla conclusione dell’APP. Tuttavia, la Commissione non spiega, nella decisione impugnata, come il livello elevato dei costi dei chicchi di caffè verde per gli esercizi fiscali a partire dal 2011, cui essa fa riferimento ai punti da 342 a 359 di tale decisione, sarebbe stato prevedibile al momento dell’adozione dell’APP, sebbene si tratti della situazione della SMBV a partire dal 2011. La Commissione non ha quindi dimostrato di essersi potuta legittimamente basare sul fatto che la SCTC avesse applicato un ricarico più elevato sui costi dei chicchi di caffè verde per gli esercizi fiscali a partire dal 2011.

397    D’altro lato, anche ammettendo che l’evoluzione del ricarico a partire dal 2011 fosse prevedibile al momento della conclusione dell’APP, va rilevato che l’approccio della Commissione non appare convincente. Infatti, come correttamente sostenuto dalla Starbucks, la Commissione suggerisce che il ricarico della SCTC avrebbe dovuto essere fissato al livello dell’utile medio al lordo delle imposte, realizzato dalla SCTC sulle vendite infragruppo nel corso degli esercizi precedenti al 2008, sebbene tali precedenti operazioni «controllate» (infragruppo) non possano essere utilizzate ai fini di un’analisi comparativa dei prezzi di trasferimento «basata sul mercato».

398    A tal riguardo, va osservato che la Commissione sostiene che il prezzo pagato dalla SMBV alla SCTC era troppo elevato a partire dal 2011. Va ricordato che si tratta di un prezzo pagato all’interno del gruppo Starbucks. Orbene, per determinare un prezzo di trasferimento, la Commissione avrebbe dovuto confrontare il prezzo pagato dalla SMBV alla SCTC con un prezzo dei chicchi di caffè verde che una società indipendente avrebbe pagato sul mercato. Essa avrebbe dovuto stabilire una fascia di prezzo per i chicchi di caffè verde che avrebbe pagato sul mercato un torrefattore indipendente in una situazione analoga a quella della SMBV. Tuttavia, anziché individuare ed esaminare tale operazione non controllata, la Commissione ha limitato la propria analisi all’operazione controllata de qua, semplicemente verificando la plausibilità della struttura dei costi e dei ricarichi dell’altra parte (integrata) dell’operazione controllata in questione, ossia la SCTC.

399    A titolo esemplificativo, va ricordato che le linee guida dell’OCSE nel testo del 2010, cui la Commissione si richiama ripetutamente nella decisione impugnata, ai paragrafi 3.24 e 3.25, così recitano:

«3.24       Una transazione comparabile sul mercato libero è una transazione tra due parti indipendenti che è comparabile alla transazione controllata in esame. Può trattarsi di una transazione comparabile tra un partecipante alla transazione controllata e una parte indipendente («elemento comparabile interno») o tra due società indipendenti nessuna delle quali partecipa alla transazione controllata («elemento comparabile esterno»).

3.25            I confronti tra le transazioni controllate di un contribuente con altre transazioni controllate eseguite dallo stesso gruppo multinazionale o da un altro gruppo multinazionale non sono pertinenti ai fini dell’applicazione del principio di libera concorrenza e non dovrebbero quindi essere utilizzati da un’amministrazione finanziaria come base per effettuare un aggiustamento dei prezzi di trasferimento o da un contribuente per giustificare la sua politica in materia di prezzi di trasferimento».

400    In tale contesto, la Commissione riconosce che, ai punti da 342 a 361 della decisione impugnata, essa non intendeva effettuare un’analisi rigorosa della fissazione dei prezzi di trasferimento per determinare il prezzo di libera concorrenza del caffè verde al momento in cui l’APP era stato richiesto. Tuttavia, come già rilevato supra al punto 154, la Commissione avrebbe dovuto giustificare la scelta del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che essa riteneva adeguato nel caso di specie al fine di esaminare il livello dei prezzi di trasferimento per un’operazione infragruppo.

401    L’affermazione della Commissione secondo cui, ai fini della sua valutazione, non avrebbe avuto affatto necessità di individuare le operazioni esterne paragonabili per i chicchi di caffè verde avendo «compreso» che il ricarico medio del [riservato]% per il periodo dal 2005 e al 2010 corrispondeva ad un ricarico di libera concorrenza nel 2008 non costituisce una giustificazione sufficiente al riguardo. Infatti, il confronto dell’operazione controllata con analoghe operazioni esterne, per il periodo successivo al 2011, è inteso a stabilire se tale operazione fosse conforme alla libera concorrenza e il fatto che si presuma che un’altra operazione controllata sia conforme alla libera concorrenza, per il periodo compreso tra il 2005 e il 2010, non impedisce l’esame di operazioni esterne analoghe per il periodo successivo al 2011. Il semplice fatto che, secondo la Commissione, i corrispondenti della Starbucks non abbiano fornito alcuna giustificazione valida per l’aumento del ricarico a partire dal 2011 non dimostra che il prezzo dei chicchi di caffè verde pagato dalla SMBV alla SCTC per gli esercizi fiscali a partire dal 2011 fosse fissato a un livello superiore a quello dei prezzi che avrebbero dovuto versare altri operatori analoghi sul mercato.

402    Tali considerazioni sono sufficienti per concludere che occorre accogliere anche la seconda censura, esposta supra al punto 374.

403    Pertanto, come già osservato supra da punti 391 e 402, deve trovare accoglimento la censura secondo cui la terza linea di ragionamento riguarderebbe un elemento dei costi della SMBV non ricompreso nell’ambito di applicazione della misura controversa e secondo cui, ad abundantiam, la Commissione non avrebbe dimostrato, con tale linea di ragionamento, l’esistenza di un vantaggio a favore di SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

404    Pertanto, il motivo secondo cui, nelle linee di ragionamento prima, seconda e terza, la Commissione non avrebbe dimostrato che l’APP avesse conferito un vantaggio alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE dev’essere accolto.

E.      Sulla contestazione del ragionamento dedotto in subordine, relativo all’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della SMBV (punti da 362 a 408 della decisione impugnata)

405    Il quarto motivo nella causa T‑760/15 e il terzo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16 attengono al ragionamento dedotto in subordine dalla Commissione sull’esistenza di un vantaggio, consistente nel dimostrare che, quand’anche il TNMM potesse essere utilizzato per determinare l’utile imponibile della SMBV, le modalità di applicazione di tale metodo alla SMBV, come convalidate nell’APP, sarebbero errate.

406    Tale ragionamento, esposto in subordine, è suddiviso in due parti. Nel primo capo la Commissione ha ritenuto che la scelta della SMBV quale «parte sottoposta a test» ai fini dell’applicazione del TNMM, anziché della Alki, fosse errata (quarta linea di ragionamento). Nel secondo capo la Commissione ha ritenuto che, quand’anche la parte da sottoporre a test fosse effettivamente la SMBV, il margine di profitto della SMBV ottenuto dopo l’applicazione del TNMM non è conforme al principio di libera concorrenza. Da un lato, la Commissione ha ritenuto che la scelta dei costi operativi quale indicatore del livello di utile non fosse corretta (quinta linea di ragionamento). D’altro lato, essa ha ritenuto che, in ogni caso, le rettifiche applicate al margine di profitto per aumentare la comparabilità della SMBV alle società comparabili non fossero adeguate (sesta linea di ragionamento).

407    Il TNMM, cui la Commissione fa riferimento ai punti da 72 a 74 della decisione impugnata, è un metodo indiretto di determinazione dei prezzi di trasferimento. Esso consiste nel determinare, su una base idonea, l’utile netto realizzato da un contribuente per un’operazione controllata o per operazioni controllate strettamente connesse o continuative. Per determinare questa base appropriata, si deve scegliere un indicatore del livello di utile, come i costi, le vendite o l’attivo. L’indicatore dell’utile netto ottenuto dal contribuente per un’operazione controllata dev’essere determinato con riferimento all’indicatore dell’utile netto che lo stesso contribuente o una società indipendente realizza per operazioni analoghe sul libero mercato. Il TNMM comporta l’individuazione di una parte dell’operazione per la quale un indicatore è sottoposto a test.

408    Il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks, secondo cui il TNMM sarebbe stato applicato correttamente, contestano tutte le censure formulate dalla Commissione nell’ambito del proprio ragionamento dedotto in subordine, relativo all’esistenza di un vantaggio.

409    In primo luogo, il primo capo del quarto motivo nella causa T‑760/15 e la prima censura del terzo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16 riguardano l’identificazione della SMBV come entità meno complessa.

410    In secondo luogo, il secondo e il terzo capo del quarto motivo nella causa T‑760/15 e la seconda censura del terzo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16 riguardano l’individuazione delle funzioni principali della SMBV e la determinazione dell’utile della SMBV in base ai costi operativi.

411    In terzo luogo, il quarto capo del quarto motivo nella causa T‑760/15 e la terza censura contenuta nel terzo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16 attengono alla scelta delle rettifiche destinate ad aumentare la comparabilità della SMBV con le società comparabili. Ciascuna di tali censure dovrà essere esaminata in ordine successivo.

412    Inoltre, la Starbucks sostiene che il ragionamento sussidiario della Commissione sull’esistenza di un vantaggio (punti da 362 a 408 della decisione impugnata) è viziato da un difetto di motivazione. Essa contesta alla Commissione di aver criticato il modo in cui il TNMM è stato applicato senza dimostrare che una migliore applicazione di tale metodo avrebbe condotto a un utile più elevato per la SMBV.

1.      Sullidentificazione della SMBV come entità più complessa (quarta linea di ragionamento)

413    Con il primo capo del quarto motivo nella causa T‑760/15, il Regno dei Paesi Bassi sostiene l’erroneità dell’argomento della Commissione secondo cui, essendo la SMBV l’entità più complessa, non avrebbe potuto essere identificata come parte da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM. A suo avviso, infatti, sarebbe stato corretto scegliere la SMBV per applicare il TNMM. Da un lato, la semplice circostanza che la Alki sia titolare della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione nonché del marchio Starbucks per la regione EMEA avrebbe giustificato il fatto di non designarla come parte da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM. D’altro lato, le funzioni della SMBV sarebbero meno complesse di quelle della Alki. Nessuno degli argomenti dedotti dalla Commissione nella decisione impugnata riguardo alle funzioni e ai rischi assunti dalla SMBV sarebbe tale da rimettere in discussione tale affermazione. Inoltre, a parere del Regno dei Paesi Bassi, la Commissione non avrebbe calcolato l’utile da imputare alla Alki se le fosse stato applicato il TNMM e, di conseguenza, non avrebbe dimostrato che l’applicazione del TNMM, che essa raccomanda, avrebbe portato ad un utile superiore per la SMBV.

414    Nella prima censura del terzo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16, la Starbucks sostiene che la SMBV è stata correttamente qualificata, nella relazione sui prezzi di trasferimento, come entità meno complessa rispetto alla Alki. Da un lato, essa sostiene che la SMBV svolge attività di routine a basso rischio di torrefazione e di confezionamento del caffè, nonché di supporto amministrativo e logistico. D’altro lato, la Starbucks ritiene che la Alki sia necessariamente l’entità più complessa, in quanto sfrutta i diritti di proprietà intellettuale relativa alla torrefazione, circostanza che la Commissione non contesterebbe, e che si assuma i rischi relativi alle attività della SMBV, conformemente alle clausole del contratto di torrefazione. La Starbucks contesta alla Commissione di non aver svolto un’analisi adeguata delle funzioni della SMBV, né di quelle della Alki.

415    Inoltre, a parere della Starbucks, la decisione impugnata sarebbe viziata da difetto di motivazione. Essa sostiene che la Commissione non ha dimostrato che il fatto di aver erroneamente identificato la SMBV come entità meno complessa le avrebbe conferito un vantaggio. Essa deduce che la decisione impugnata non precisa quale sarebbe stato l’utile imponibile della SMBV se la Alki fosse stata designata come entità meno complessa, né le modalità con cui il TNMM avrebbe dovuto essere applicato alla Alki.

416    La Commissione contesta tali argomenti. Essa sostiene di aver dimostrato in termini sufficientemente validi, nella decisione impugnata, che la scelta della SMBV quale entità da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM fosse errata e non consentisse di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di libera concorrenza.

417    In primo luogo, la Commissione sostiene che il fatto che la relazione sui prezzi di trasferimento non contenga un’analisi funzionale completa della SMBV e della Alki è sufficiente per ritenere che il metodo adottato nell’APP non consenta di ottenere un risultato di libera concorrenza. In secondo luogo, a parere dell’Istituzione, le linee guida dell’OCSE non consentono di sostenere la posizione del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks sulla scelta della parte da sottoporre a test. In terzo luogo, la Commissione afferma che la complessità della parte da sottoporre a test è collegata a quella dell’altra entità che partecipa all’operazione da sottoporre a test e che, da questo punto di vista, la Alki è meno complessa della SMBV. In quarto luogo, ad avviso della Commissione, l’argomento secondo cui essa non avrebbe svolto un’adeguata analisi funzionale della SMBV e della Alki è irricevibile, trattandosi di un argomento nuovo, dedotto per la prima volta in fase di replica. L’Istituzione sottolinea, in ogni caso, l’infondatezza di tale argomento.

418    In quinto luogo, per quanto riguarda il difetto di motivazione eccepito dalla Starbucks, la Commissione replica di aver concluso, al punto 377 della decisione impugnata, che l’applicazione del TNMM, basandosi su una premessa erronea, non consentiva di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato conferendo pertanto un vantaggio alla SMBV. A suo parere, se la Alki fosse stata considerata l’entità più complessa, l’analisi delle sue funzioni avrebbe dimostrato che essa non avrebbe avuto diritto a una remunerazione, cosicché tutti gli utili avrebbero dovuto essere attribuiti alla SMBV.

419    In sostanza, le parti non concordano, da un lato, sulla questione se la relazione sui prezzi di trasferimento, quale convalidata nell’APP, abbia correttamente identificato la SMBV quale entità da sottoporre a test ai fini del TNMM e, dall’altro, sulla questione se la Commissione abbia sufficientemente motivato le ragioni per cui ha ritenuto che l’errore nell’identificazione dell’entità da sottoporre a test abbia determinato una riduzione dell’utile imponibile della SMBV.

420    In primo luogo occorre esaminare, indipendentemente dal fatto che l’entità da sottoporre a verifica sia SMBV o Alki, se la Commissione abbia adempiuto l’obbligo di motivazione.

421    A tal proposito, secondo costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296, paragrafo 2, TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto cui si riferisce e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze concrete, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi addotti e dell’interesse che i destinatari o altre persone che l’atto riguarda direttamente ed eventualmente possono avere alle relative spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto, per valutare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296, paragrafo 2, TFUE, occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenze del 15 luglio 2004, Spagna/Commissione, C‑501/00, EU:C:2004:438, punto 73 e giurisprudenza ivi citata, e del 22 gennaio 2013, Salzgitter/Commissione, T‑308/00 RENV, EU:T:2013:30, punti 112 e 113 e giurisprudenza ivi citata).

422    Nel caso di specie, la Commissione ha spiegato, nella sezione 9.2.3.4 della decisione impugnata, che la scelta della SMBV come entità da sottoporre a verifica, ai fini dell’applicazione del TNMM, ha conferito un vantaggio alla SMBV.

423    Anzitutto, l’Istituzione ha rilevato, al punto 364 della decisione medesima, che la relazione sui prezzi di trasferimento avrebbe dovuto includere un confronto tra le funzioni di ciascuna parte nelle operazioni correlate.

424    Inoltre, la Commissione ha ritenuto, ai successivi punti da 365 a 368, che la scelta della SMBV, come parte sottoposta a test, non sarebbe stata conforme ai requisiti delle linee guida dell’OCSE nelle versioni del 1995 e del 2010, secondo cui la parte da sottoporre a test sarebbe quella con le funzioni meno complesse tra le entità coinvolte nell’operazione controllata.

425    Infine, in esito ad un’analisi delle funzioni della SMBV e della Alki, l’Istituzione ha concluso che la relazione sui prezzi di trasferimento aveva erroneamente designato la SMBV come avente la funzione meno complessa rispetto alla Alki (punti da 369 a 376 della decisione impugnata).

426    Al successivo punto 377, la Commissione ha concluso che la metodologia utilizzata nella relazione sui prezzi di trasferimento ai fini della determinazione della base imponibile della SMBV, essendo fondata sull’errato presupposto che la SMBV dovesse essere la parte sottoposta a test per l’applicazione del TNMM, non conduce, di conseguenza, a un’approssimazione attendibile di un risultato conforme alle condizioni di mercato in linea con il principio di libera concorrenza. La Commissione aggiunge che, dal momento che l’approvazione di questa metodologia nell’ambito dell’APP porta a una riduzione del debito fiscale della SMBV in base al regime generale olandese dell’imposta sulle società rispetto alle aziende autonome il cui utile imponibile, nel quadro di tale regime, è determinato dal mercato, si deve ritenere che l’APP conferisca un vantaggio selettivo alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

427    Orbene, come già rilevato supra al punto 201, la mera constatazione dell’inosservanza dei requisiti metodologici ai fini della determinazione dei prezzi di trasferimento non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE. La Commissione deve inoltre dimostrare che gli errori metodologici da essa individuati non consentono di ottenere un’approssimazione di un risultato di piena concorrenza e che essi hanno implicato una riduzione dell’utile imponibile rispetto ad un utile che sarebbe stato calcolato secondo il principio di libera concorrenza.

428    Pertanto, nell’ambito dell’esame del vantaggio ai sensi dell’articolo 107 TFUE, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione quale esposto al precedente punto 421, la Commissione era tenuta ad indicare le ragioni per cui aveva ritenuto che l’errore nella scelta dell’entità da sottoporre a test avesse prodotto l’effetto di ridurre il livello dell’utile imponibile della SMBV in misura tale da non corrispondere ad un’approssimazione attendibile di un risultato di libera concorrenza, determinando in tal modo una riduzione dell’onere fiscale della SMBV.

429    Orbene, va rilevato che correttamente la Starbucks sostiene che la decisione impugnata non contiene alcun elemento che consenta di comprendere le ragioni per cui la Commissione ha ritenuto che l’errore nell’individuazione dell’entità da sottoporre a test ai fini del TNMM avrebbe conferito un vantaggio alla SMBV.

430    Da un lato, sebbene la Commissione abbia precisato al punto 377 della decisione impugnata che l’errore relativo all’entità da sottoporre a test aveva conferito un vantaggio alla SMBV, tale punto non contiene una motivazione sufficiente. Infatti, come indicato supra al punto 422, la Commissione si è limitata ad affermare che l’errore nella determinazione dell’entità da sottoporre a test conduceva ad una riduzione dell’utile imponibile. Essa non fornisce alcun elemento che possa dimostrare che l’applicazione del TNMM alla Alki e l’assegnazione degli utili residui alla SMBV avrebbero portato a un utile imponibile più elevato per la SMBV.

431    D’altro lato, gli altri punti della decisione impugnata non contengono alcun elemento che consenta di comprendere le ragioni per cui la Commissione ha ritenuto che l’utile imponibile della SMBV sarebbe stato più elevato se il TNMM fosse stato applicato alla Alki e non alla SMBV.

432    Alla luce di tali considerazioni, va rilevato che la Commissione non ha esposto le ragioni per cui ha ritenuto che la scelta della SMBV come parte da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM avesse determinato una riduzione dell’utile imponibile della SMBV. Pertanto, la Commissione non ha dimostrato come tale errore conferisca un vantaggio alla SMBV, e ciò in violazione dell’obbligo di motivazione quale dettato dall’articolo 296, paragrafo 2, TFUE.

433    In ogni caso, va altresì rilevato che il ragionamento della Commissione in merito alla scelta dell’entità da sottoporre a test non è corretto. Infatti, anche supponendo che la Commissione abbia potuto controllare l’APP alla luce delle linee guida dell’OCSE nel testo del 1995, disponibili nell’aprile 2008, e che abbia potuto dedurre l’esistenza di un vantaggio dall’inosservanza dei requisiti contenuti in tali linee guida, queste ultime non prevedono una norma rigorosa riguardo all’individuazione della parte da sottoporre a test.

434    Più in particolare, come sostengono giustamente il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks, il paragrafo 3.43 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 1995 indica che la società collegata, cui si applica il TNMM, dev’essere la società per la quale si possono individuare dati affidabili sulle operazioni più strettamente paragonabili. Viene inoltre precisato che ciò implica spesso la scelta della società collegata meno complessa tra le società coinvolte nell’operazione e priva di beni immateriali di valore o di singoli beni. Ne deriva che le linee guida non impongono necessariamente la scelta dell’entità meno complessa, ma si limitano a consigliare la scelta dell’entità per la quale sono disponibili più dati affidabili.

435    Orbene, la Commissione non dimostra che fossero disponibili dati più affidabili per applicare il TNMM alla Alki. Va rilevato, in particolare, che, da un lato, lo scopo dell’APP è quello di determinare il livello dell’utile imponibile della SMBV e non quello della Alki e che, dall’altro, la Alki era un terzo nella procedura volta a determinare la situazione fiscale della SMBV nei Paesi Bassi.

436    Inoltre, l’esistenza di tale raccomandazione non significa affatto che la scelta dell’una o dell’altra entità quale entità da sottoporre a test incida necessariamente sul prezzo di trasferimento ottenuto e che la scelta dell’entità più complessa quale entità da sottoporre a test non consenta di ottenere un risultato di libera concorrenza.

437    Infatti, sebbene la scelta dell’entità meno complessa come parte da sottoporre a test tende a limitare gli errori, non è affatto escluso che l’applicazione del TNMM all’entità più complessa possa portare ad un risultato di libera concorrenza. Inoltre, nella misura in cui gli utili residui sono attribuiti all’altra parte, il risultato dovrebbe essere in teoria lo stesso indipendentemente dal fatto che sia sottoposta a test l’una o l’altra entità.

438    Pertanto, il primo capo del quarto motivo nella causa T‑760/15 e la prima censura contenuta nel terzo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16 devono essere accolti, senza che sia necessario esaminare l’argomento della Starbucks volto a contestare la ricevibilità di taluni argomenti dedotti dalla Commissione.

2.      Sullanalisi delle funzioni della SMBV e sulla determinazione dellutile della SMBV in base ai costi operativi (quinta linea di ragionamento)

439    Con il secondo ed il terzo capo del quarto motivo nella causa T‑760/15, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che la Commissione ha erroneamente ritenuto, da un lato, che le principali funzioni della SMBV fossero la rivendita di prodotti derivati dal caffè e non connessi al caffè anziché la torrefazione, dall’altro, che i costi operativi non fossero l’indicatore adeguato del livello di utile.

440    In primo luogo, il Regno dei Paesi Bassi afferma, in sostanza, che la Commissione ha erroneamente ritenuto che la funzione principale della SMBV fosse la rivendita anziché la torrefazione. In secondo luogo, il Regno dei Paesi Bassi sostiene che, avendo la Commissione erroneamente ritenuto che la funzione principale della SMBV fosse la rivendita, è errata anche la sua conclusione secondo cui l’indicatore adeguato del livello di utile sarebbe stato la rivendita. In terzo luogo, ad avviso del Regno dei Paesi Bassi, l’analisi comparativa alternativa proposta dalla Commissione ai punti da 395 a 398 della decisione impugnata non dimostra che la determinazione dell’utile della SMBV sulla base del fatturato implicasse un utile imponibile più elevato per la SMBV.

441    Nella seconda censura contenuta nel terzo capo del secondo motivo, la Starbucks contesta altresì alla Commissione di aver erroneamente ritenuto che la funzione principale della SMBV fosse la rivendita di prodotti non connessi al caffè anziché la torrefazione del caffè e di averne dedotto che le vendite, e non i costi operativi, fossero l’indicatore adeguato del livello di utile. A tal riguardo, essa sostiene che i costi operativi costituirebbero l’indicatore adeguato del livello di utile della SMBV. Inoltre, ad avviso della Starbucks, la Commissione non ha dimostrato che l’errore nella determinazione delle funzioni della SMBV le avesse conferito un vantaggio, essendo l’analisi comparativa della Commissione viziata da errori significativi.

442    La Commissione sostiene di aver correttamente dimostrato che la funzione principale della SMBV fosse la rivendita e che, pertanto, l’indicatore rilevante del livello di utile per la SMBV fosse costituito dalle vendite e non dai costi operativi.

443    In primo luogo, la Commissione sostiene che la SMBV opera principalmente come rivenditore.

444    In secondo luogo, la Commissione contesta gli argomenti del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks diretti a dimostrare l’erroneità dell’affermazione secondo cui le vendite sarebbero state l’indicatore rilevante del livello di utile. A suo avviso, avendo dimostrato che la funzione principale della SMBV era la rivendita, avrebbe giustamente contestato alle autorità dei Paesi Bassi di aver convalidato l’uso dei costi operativi come indicatore del livello di utile e ha potuto ritenere che l’indicatore rilevante del livello di utile fosse costituito dalle vendite.

445    Inoltre, la Commissione osserva che l’utile derivante dalle vendite di prodotti non connessi al caffè dev’essere imputato alla SMBV e non può essere versato, per mezzo di royalties, alla Alki, che non sarebbe in grado di realizzare utili dalla rivendita dei prodotti non connessi al caffè.

446    In terzo luogo, la Commissione contesta gli argomenti del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks secondo cui la sua analisi degli elementi di confronto sarebbe viziata da vari errori.

447    In quarto luogo, la Commissione contesta le censure formulate dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks secondo cui essa non avrebbe dimostrato che una migliore applicazione del TNMM avrebbe condotto ad un utile imponibile più elevato per la SMBV.

448    Da un lato, la Commissione sostiene che tali censure sono irrilevanti ai fini della valutazione della validità della decisione impugnata. Infatti, essa non ha ritenuto necessario proporre un metodo di recupero per il suo ragionamento sussidiario, in quanto non era d’accordo con l’uso del TNMM nel caso della SMBV.

449    D’altro lato, la Commissione fa valere l’infondatezza di tali osservazioni, avendo effettuato un’analisi in base alla funzione di rivenditore della SMBV ed avendo calcolato una remunerazione per la SMBV in base a un margine sulle vendite. Il punto 400 della decisione impugnata, nel quale essa ha riconosciuto che tale calcolo non era inteso a determinare la remunerazione di libera concorrenza della SMBV, non rimetterebbe in discussione il fatto che la sua analisi comparativa sarebbe stata compiuta per dimostrare che una migliore applicazione del TNMM avrebbe portato a un utile imponibile più elevato per la SMBV.

450    In sostanza, le parti non concordano sulla questione se la Commissione abbia dimostrato che gli errori da essa individuati nell’analisi delle funzioni della SMBV e nella scelta dell’indicatore del livello di utile abbiano conferito un vantaggio alla SMBV.

451    In limine, si deve rilevare che, sebbene, nel ricorso nella causa T‑760/15, tali questioni siano oggetto di due censure distinte trattate in sezioni separate, le questioni dell’individuazione delle funzioni della SMBV e della scelta dell’indicatore del livello di utile sono inscindibili. Dai punti 386 e 400 della decisione impugnata risulta che queste due questioni rientrano in un’unica dimostrazione secondo cui l’APP avrebbe conferito un vantaggio alla SMBV.

452    Infatti, in una prima fase, la Commissione ha rilevato che la funzione principale della SMBV era la rivendita di prodotti non connessi al caffè, e non la torrefazione del caffè (punti da 380 a 386 della decisione impugnata).

453    In una seconda fase, sulla base di tale rilievo, la Commissione ha affermato che le vendite erano un indicatore più adeguato del livello di utile rispetto ai costi operativi (punti da 387 a 391 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto, in sostanza, che, per il periodo compreso tra il 2008 e il 2014, la scelta dei costi operativi quale indicatore del livello di utile non avrebbe rispecchiato il forte aumento delle vendite e quindi dell’utile della SMBV per la sua attività di rivendita. La Commissione ne ha dedotto che gli utili derivanti dalle vendite erano stati indebitamente trasferiti alla Alki per mezzo delle royalties, laddove tale società non sarebbe stata in grado di generare tali profitti.

454    L’inscindibilità delle due fasi esposte ai precedenti punti 452 e 453 risulta, da un lato, dal fatto che la Commissione non trae alcuna conclusione circa l’esistenza di un vantaggio selettivo solo dalla constatazione dell’errore nell’individuazione delle funzioni della SMBV e, dall’altro, dal fatto che la Commissione deduce l’errore nella scelta dell’indicatore del livello di utile della SMBV dall’errore nell’individuazione delle funzioni della SMBV.

455    In una terza fase, la Commissione ha anche cercato di «illustrare» l’incidenza dell’errore nella determinazione delle principali funzioni della SMBV e nella scelta dell’indicatore del livello di utile sul livello di utile della SMBV. A tal fine, l’Istituzione ha condotto la propria analisi funzionale partendo dal presupposto che la funzione principale della SMBV fosse la rivendita (punti da 392 a 400 della decisione impugnata).

456    A fini di chiarezza, va osservato che, per questo ragionamento, da un lato, la Commissione non rimette in discussione la scelta del TNMM nel caso di specie e, d’altro lato, non sostiene che l’indicatore del livello di utile adottato nell’APP, ossia i costi operativi, avrebbe dovuto includere altri elementi di costo, ma sostiene che nell’APP avrebbe dovuto essere utilizzato un indicatore del livello di utile completamente separato dai costi.

457    Per verificare se la Commissione abbia potuto dimostrare che la scelta dell’indicatore del livello di utile avesse condotto ad un risultato non conforme al principio di libera concorrenza, occorre quindi esaminare, anzitutto, la dimostrazione effettuata dalla Commissione nella prima e nella seconda fase (punti da 380 a 391 della decisione impugnata), e successivamente la sua analisi comparativa, effettuata nell’ambito della terza fase del suo ragionamento (punti da 392 a 400 della decisione impugnata).

a)      Sulla scelta dellindicatore del livello di utile

458    Nella decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che la funzione principale della SMBV fosse la rivendita di prodotti non a base di caffè. La Commissione ha basato tale ragionamento principalmente sul fatto che, nel 2007, solo il [riservato]% degli introiti della SMBV sarebbe stato ricavato dalla vendita del caffè torrefatto. In confronto, il [riservato]% degli introiti della SMBV sarebbe stato ricavato dalla vendita di prodotti non a base di caffè, corrispondente a ciò che la Starbucks identificherebbe come l’attività di prestazione di servizi logistici e amministrativi, e una parte sostanziale del personale della SMBV era assegnata a tale attività.

459    Sulla base di tale rilievo, la Commissione ha ritenuto che le vendite costituissero l’indicatore adeguato del livello di utile. Al punto 387 della decisione impugnata, anzitutto, la Commissione ha rilevato che, secondo il paragrafo 2.87 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 2010, le vendite o i costi operativi di distribuzione potevano costituire un indicatore adeguato del livello di utile. Inoltre, al successivo punto 388, la Commissione ha rilevato che, nel caso di specie, le vendite sarebbero state un indicatore più adeguato della redditività della funzione di rivendita della SMBV, in quanto gli utili di quest’ultima sono generati e registrati attraverso un margine sui prodotti distribuiti. Inoltre, secondo la Commissione, tra il 2008 e il 2014, le vendite totali della SMBV sarebbero praticamente triplicate, mentre il «margine lordo» sarebbe più che raddoppiato nello stesso periodo e, in confronto, i costi operativi della SMBV sarebbero aumentati solo del 6%. La Commissione ne ha pertanto dedotto che i costi operativi non potevano costituire un indicatore adeguato del livello di utile. Sulla base di tale rilievo, al successivo punto 389, l’Istituzione ha affermato che il versamento di royalties alla Alki, corrispondente all’utile residuo, aveva l’effetto di trasferire parte dell’utile della SMBV legato alla rivendita alla Alki, mentre quest’ultima, a causa della sua limitata capacità operativa, non era in grado di generare utili per tale attività. La Commissione ha quindi concluso che tutti gli utili avrebbero dovuto essere attribuiti a SMBV.

460    Tuttavia, va rilevato che, anche ammesso che la Commissione non sia incorsa in alcun errore nel ritenere che la funzione principale della SMBV fosse la rivendita di prodotti non a base di caffè, la sua analisi non è sufficiente a dimostrare che un indicatore del livello di utile basato sui costi operativi non poteva portare a un risultato di libera concorrenza.

461    In primo luogo, va osservato che, come rilevato dalla stessa Commissione al punto 387 della decisione impugnata, dal paragrafo 2.87 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 2010 risulta che le vendite o i costi operativi legati alla distribuzione potevano costituire un indicatore adeguato del livello di utile. Ne deriva che, anche ammettendo che la premessa della Commissione secondo cui la funzione principale della SMBV sarebbe stata la rivendita di prodotti non a base di caffè sia corretta, non è escluso, in linea di principio, che i costi operativi abbiano potuto costituire un indicatore adeguato del livello di utile.

462    Laddove il Regno dei Paesi Bassi contesta la valutazione della Commissione secondo cui la rivendita di prodotti non a base di caffè avrebbe costituito una base adeguata per determinare l’utile netto della SMBV, va ricordato che dalle linee guida dell’OCSE, sulle quali la Commissione ha basato la sua analisi, e in particolare dai paragrafi 1.42, 3.2 e 3.26 nel testo del 1995, che corrisponde, in sostanza, ai paragrafi 2.57, 2.58 e 3.9 del testo del 2010, risulta che il TNMM consiste nel determinare, a partire da una base adeguata, l’utile netto realizzato da un contribuente per un’operazione controllata o per operazioni controllate strettamente connesse o continuative. Ne consegue che il TNMM serve a determinare il livello di un prezzo di trasferimento per un tipo di operazione o per operazioni strettamente connesse o continuative sulla base di un’analisi delle principali funzioni connesse a tale operazione o a tali operazioni. Tuttavia, esso non ha come obiettivo di determinare il livello di utile per l’attività complessiva di una società, consistente in vari tipi di operazioni, in base all’individuazione di un’unica funzione principale, ignorando le altre funzioni svolte da tale società. Tale processo non sarebbe conforme al paragrafo 3.4 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 1995, che corrisponde al paragrafo 2.7 delle linee guida dell’OCSE nel testo del 2010,che così recita:

«In nessun caso si dovrebbe utilizzare un metodo basato sull’utile della transazione in modo tale da comportare un’imposizione eccessiva delle società, soprattutto in quanto esse realizzano un utile più basso della media, oppure un’imposizione in difetto per le società che realizzano utili più elevati della media. Non esiste alcuna giustificazione, in virtù del principio di libera concorrenza, per applicare un’imposta supplementare alle società che hanno una redditività meno elevata della media o, viceversa, un’imposizione in difetto per le società che realizzano utili più elevati della media, quando la ragione del loro successo o mancato successo è attribuibile a fattori commerciali».

463    In tale contesto, da un lato, va rilevato che, nella decisione impugnata, la Commissione ha sostenuto che le funzioni della SMBV relative alla vendita di prodotti a base di caffè e quelle relative alla torrefazione non erano di importanza trascurabile. Pertanto, queste due funzioni, e non l’una o l’altra, dovevano essere prese in considerazione nel determinare la remunerazione della SMBV.

464    D’altro lato, in ogni caso, nella decisione impugnata, la Commissione non ha dimostrato che, nelle circostanze del caso di specie, tutte le operazioni infragruppo della SMBV rilevanti per la determinazione del suo utile imponibile fossero strettamente connesse o continuative, cosicché per la loro remunerazione potesse essere determinato un solo livello di prezzo.

465    Tale rilievo è sufficiente per respingere la tesi della Commissione secondo cui le vendite di prodotti non a base di caffè sarebbero state un indicatore del livello di utile utilizzabile per l’intera attività della SMBV.

466    In secondo luogo, in ogni caso, gli argomenti della Commissione diretti a escludere, nel caso di specie, l’uso dei costi operativi quale indicatore del livello di utile non appaiono convincenti.

467    Da un lato, va rilevato che l’analisi della Commissione, effettuata ai punti 388 e 389 della decisione impugnata, si basa su dati successivi alla conclusione dell’APP. Orbene, come già rilevato supra al punto 251, nelle circostanze della specie, la Commissione non poteva basare la propria analisi su informazioni che non erano disponibili o ragionevolmente prevedibili al momento della conclusione dell’APP, ossia nell’aprile 2008. Nel caso di specie, la Commissione non ha dimostrato che i dati relativi alle vendite della SMBV nonché ai suoi costi per il periodo compreso tra il 2008 e il 2014 fossero ragionevolmente prevedibili, non potendo conseguentemente basare la propria analisi su tali dati.

468    D’altro lato, anche ammettendo che i dati relativi all’attività della SMBV tra il 2008 e il 2014 abbiano potuto essere utilizzati dalla Commissione, va rilevato che l’affermazione secondo cui le vendite realizzate dalla SMBV sarebbero triplicate mentre i costi operativi sarebbero aumentati solo del 6% nello stesso periodo non è sufficiente a rimettere in discussione la scelta dei costi operativi come indicatore del livello di utile.

469    Infatti, va ricordato che, come già rilevato al precedente punto 458, l’argomento della Commissione si basa sul presupposto che la funzione principale della SMBV sarebbe la vendita di prodotti non a base di caffè. Orbene, da un lato, le cifre su cui si basa la Commissione si riferiscono, come essa stessa precisa, alle vendite totali e al «margine lordo» della SMBV, il che include necessariamente le vendite di caffè e di prodotti a base di caffè. Inoltre, per quanto riguarda il «margine lordo», quest’ultimo è pari all’utile lordo, vale a dire alla differenza tra il fatturato delle vendite e i costi delle merci vendute, diviso per le vendite (v. nota 70 della decisione impugnata) e non costituisce, quindi, una percentuale indicativa della la redditività delle vendite al lordo dei costi fissi deducibili. Orbene, la Commissione non spiega in qual modo queste cifre sarebbero utilizzabili o pertinenti nel caso di specie. Inoltre, essa non deduce alcun elemento di prova a sostegno delle cifre medesime, né alcuna indicazione della loro provenienza.

470    In terzo luogo, neppure l’indicatore del livello di utile proposto dalla Commissione, ossia le vendite totali, sembra adeguato per determinare la remunerazione di SMBV.

471    Infatti, come già esposto al precedente punto 458, la Commissione ha basato il proprio argomento sul presupposto che il [riservato]% degli introiti della SMBV deriverebbe dalla funzione di vendita dei prodotti non a base di caffè. Essa ne ha dedotto che tale funzione fosse quella principale della SMBV.

472    Tuttavia, occorre rilevare che tale cifra su cui la Commissione ha basato il proprio ragionamento riguarda gli introiti della SMBV e non i suoi utili. Orbene, si deve necessariamente rilevare che un’elevata percentuale di introiti non si traduce necessariamente in un’elevata percentuale di utili, cosicché questa semplice constatazione non è sufficiente a dimostrare che la funzione principale della SMBV sia la vendita di prodotti non a base di caffè.

473    Inoltre, il valore probatorio di tale cifra è tanto più discutibile in quanto, come rilevato supra ai punti da 275 a 277, la Commissione avrebbe dovuto tener conto del fatto che una parte degli introiti e degli utili derivava dalla vendita di caffè torrefatto da parte di terzi.

474    Alla luce delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 458 a 473, va rilevato che la Commissione non ha dimostrato in termini sufficientemente validi che la scelta dei costi operativi come indicatore del livello di utile non consentisse di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato.

475    La Commissione, non avendo dimostrato che la scelta dell’indicatore del livello di utile fosse errata, non poteva ritenere, al punto 389 della decisione impugnata, che una parte dell’utile della SMBV, relativo alla sua attività di vendita, venisse indebitamente trasferita alla Alki per mezzo delle royalties. Infatti, essa non ha dimostrato che l’utile della SMBV avrebbe dovuto essere superiore al livello di utile determinato ai sensi dell’APP.

b)      Sullanalisi comparativa della Commissione

476    Come già esposto supra al punto 455, va osservato che, ai punti da 392 a 399 della decisione impugnata, la Commissione ha effettuato la propria analisi comparativa partendo dal presupposto che la funzione principale della SMBV fosse la vendita di prodotti non a base di caffè.

477    La Commissione ha cercato, infatti, di determinare l’intervallo di libera concorrenza per la SMBV, confrontandolo con società la cui funzione principale era la vendita all’ingrosso di prodotti derivati dal caffè e utilizzando le vendite come indicatore del livello di utile.

478    A tal fine, la Commissione ha ripetuto l’analisi del consulente fiscale con un gruppo di società comparabili rettificato, cui ha fatto riferimento con il termine «gruppo di pari rettificato», individuato in base alle funzioni di vendita della SMBV, e ha quindi calcolato, a partire dal gruppo di pari rettificato, l’intervallo di rendimento delle vendite corrispondente, secondo la propria analisi, ad un risultato di libera concorrenza. L’intervallo interquartile ottenuto per il rendimento delle vendite corrispondeva a un intervallo di valori compreso tra l’1,5 e il 5,5%. La Commissione l’ha quindi applicato ai risultati della SMBV ottenuti tra il 2007 e il 2014. La Commissione ha rilevato che, per ogni anno coperto dall’APP, la base imponibile della SMBV calcolata in base all’APP era inferiore al quartile inferiore della base imponibile della SMBV, come sarebbe risultato dall’applicazione del metodo da essa adottato.

479    L’approccio dell’Istituzione consistente, da un lato, nell’effettuare la propria analisi e, dall’altro, nel confrontare la situazione della SMBV con riferimento all’APP con i risultati della propria analisi è tale da soddisfare gli obblighi gravanti sulla Commissione riguardo alla dimostrazione dell’esistenza di un vantaggio. Infatti, i risultati dell’analisi della Commissione dimostrano che l’utile imponibile della SMBV, quale ottenuto in base all’APP per il periodo compreso tra il 2007 e il 2014, è inferiore all’utile imponibile della SMBV, quale calcolato per il periodo compreso tra il 2007 e il 2014, in base all’intervallo di libera concorrenza ottenuto dalla Commissione, a partire dal gruppo di pari rettificato.

480    Tuttavia, in primo luogo, va rilevato che, come sostenuto dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks, l’analisi comparativa della Commissione non è affidabile.

481    Sotto un primo profilo, si deve rilevare che, al punto 400 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che l’analisi da essa effettuata «non [aveva] l’ambizione di calcolare la remunerazione di libera concorrenza per le funzioni esercitate da[lla] SMBV all’interno del gruppo Starbucks». Essa ha così «riconosc[iuto] che l’intervallo proposto sopra non si basa[va] su una analisi di comparabilità sufficiente». Orbene, tale precisazione, formulata dalla stessa Commissione, indebolisce il valore probatorio della sua analisi volta a dimostrare che gli errori individuati in relazione alle funzioni della SMBV e alla scelta dell’indicatore del livello di utile abbiano condotto a conferire un vantaggio alla SMBV.

482    Sotto un secondo profilo, l’impossibilità, asserita dalla Starbucks, di ripetere la ricerca del gruppo di pari rettificato, effettuata dalla Commissione, e di ottenere gli stessi risultati dell’Istituzione è tale da confermare l’inattendibilità dell’analisi comparativa della Commissione stessa. Infatti, quando il consulente tributario della Starbucks ha cercato di ripetere l’analisi comparativa della Commissione utilizzando i suoi stessi criteri, ha ottenuto un elenco di 87 società. Orbene, delle 12 società individuate dalla Commissione ai fini dell’analisi comparativa, solo tre erano presenti nell’elenco delle 87 società.

483    È ben vero che la Commissione ha tentato di ripetere, in sede di controricorso nella causa T‑636/16, la ricerca del gruppo di pari rettificato, per dimostrare l’affidabilità della propria analisi comparativa. Tuttavia, e anche ammettendo che l’utilizzo della banca dati «Orbis» anziché della banca dati «Amadeus» non abbia alcuna rilevanza, considerato che la prima banca dati contiene gli stessi dati della seconda, va rilevato che cinque delle società individuate al punto 394 della decisione impugnata non comparivano quando l’Istituzione ha reiterato la ricerca delle società comparabili. La Commissione lo ha del resto riconosciuto al punto 179 del controricorso nella causa T‑636/16.

484    Orbene, gli argomenti dedotti dalla Commissione per giustificare questa differenza di risultato tra la propria analisi comparativa e la sua ripetizione non consentono quindi di contestare l’asserita mancanza di credibilità e di affidabilità della sua analisi comparativa. Infatti, secondo l’Istituzione, tale differenza di risultato si spiegherebbe in quanto la classificazione di queste cinque società nella banca dati sarebbe cambiata successivamente alla sua analisi comparativa.

485    Orbene, da un lato, dalla replica della Starbucks, senza che sia contraddetta al riguardo dalla Commissione nella controreplica nella causa T‑636/16, risulta che è possibile consultare le versioni storiche delle banche dati «Orbis» e «Amadeus», in modo che l’evoluzione della situazione delle società non debba influire sulla ripetibilità dell’analisi comparativa della Commissione. Pertanto, poiché tali versioni storiche della banca dati «Amadeus» non possono essere aggiornate retroattivamente, i risultati non avrebbero potuto essere diversi da quelli ottenuti nell’analisi comparativa della Commissione.

486    D’altro lato, la Starbucks precisa che la Commissione ha utilizzato, sia per la propria analisi comparativa che per la reiterazione dell’analisi comparativa, versioni delle banche dati «Amadeus» e «Orbis» risalenti, rispettivamente, al 2015 e al 2017, circostanza non contestata dall’Istituzione. Ne deriva che l’analisi della Commissione si basa su versioni delle banche dati successive al 2008. Orbene, poiché, come sostiene la stessa Commissione, la classificazione delle società può variare a seconda delle versioni delle banche dati, i risultati dell’analisi comparativa potevano essere falsati dall’uso di una versione più recente. Inoltre, come esposto supra ai punti da 243 a 251, l’Istituzione poteva prendere in considerazione solo le informazioni disponibili il giorno dell’adozione della misura controversa.

487    Pertanto, il fatto, da un lato, che la Commissione non sia stata in grado di ripetere la propria analisi comparativa e, dall’altro, che queste cinque società rappresentassero una parte sostanziale del gruppo di pari rettificato, utilizzato ai fini dell’analisi comparativa, nonché la conseguente impossibilità per il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks o per il Tribunale di conoscere il metodo esatto utilizzato dalla Commissione nel suo ragionamento e di ripetere tale analisi al fine di verificare se essa abbia correttamente individuato le società comparabili, possono rimettere in discussione l’affidabilità e la credibilità di quest’ultima.

488    In secondo luogo, in ogni caso, va rilevato che, come sostenuto dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks, l’analisi della Commissione è viziata da diversi errori.

489    Sotto un primo profilo, va osservato che il gruppo di pari rettificato, utilizzato dalla Commissione per la sua analisi comparativa, non è coerente alla luce delle constatazioni dalla medesima effettuate in merito alle funzioni della SMBV e non consente di dimostrare che gli errori da essa individuati abbiano determinato una riduzione dell’utile imponibile della SMBV.

490    Infatti, da un lato, va rilevato che la Commissione ha ritenuto, nella decisione impugnata, che la funzione principale della SMBV fosse la rivendita di prodotti non a base di caffè. Infatti, al punto 382 della decisione impugnata, la Commissione ha chiaramente affermato che la funzione principale della SMBV era la rivendita, essendo il [riservato]% degli introiti della società nel 2007 derivato da tale attività. Al successivo punto 384, la Commissione ha precisato la propria posizione secondo cui la parte sostanziale delle attività della SMBV riguardava la vendita o la rivendita di prodotti non a base di caffè, come tazze e tovaglioli di carta. Tale rilievo risulta peraltro avvalorato dalle memorie della Commissione stessa, in cui si afferma che la funzione principale della SMBV è la rivendita di prodotti non a base di caffè e che questa è la ragione principale per cui ha contestato al consulente fiscale del gruppo Starbucks di aver scelto i costi operativi come indicatore del livello di utile.

491    D’altro lato, la Commissione ha spiegato ai punti 393 e 394 della decisione impugnata che, poiché le funzioni della SMBV erano state erroneamente individuate nella relazione sui prezzi di trasferimento, il gruppo di pari utilizzato per applicare il TNMM, identificato in base al codice della classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE) «lavorazione del tè e del caffè», era inadeguato. La Commissione ha quindi ripetuto l’analisi effettuata nella relazione sui prezzi di trasferimento utilizzando il gruppo di pari rettificato, identificato a partire dal codice NACE «commercio all’ingrosso di caffè, tè, cacao e spezie». Essa ha poi escluso dal gruppo di pari rettificato le società che distribuiscono principalmente prodotti diversi da tè e dal caffè. Ne è risultato un gruppo di pari rettificato composto da dodici società, che esercitano tutte un’attività di torrefazione, come rilevato dalla Commissione al successivo punto 394.

492    Orbene, è giocoforza constatare che le società costituenti il gruppo di pari rettificato hanno funzioni diverse dalla funzione principale della SMBV, come individuata dalla Commissione, vale a dire la rivendita di prodotti non a base di caffè. Ciò implica che tali società non si trovano in una situazione analoga a quella della SMBV. Tali società non possono essere quindi considerate rilevanti ai fini del calcolo dell’utile che la SMBV realizzerebbe a condizioni di mercato. Pertanto, l’analisi comparativa alternativa, consistente nel ripetere l’analisi del consulente tributario prendendo in considerazione un gruppo di pari rettificato impegnato nella vendita di caffè e nella torrefazione, è necessariamente errata.

493    Sotto un secondo profilo, va rilevato, come sostiene la Starbucks, che, anche ammettendo che il gruppo di pari rettificato abbia potuto essere utilizzato dalla Commissione, i risultati dell’analisi comparativa effettuata dalla Commissione sono necessariamente falsati, avendo l’Istituzione confrontato dati non comparabili, ossia gli utili operativi delle società comparabili con l’utile imponibile della SMBV.

494    A tal riguardo, da un lato, va rilevato, che è pacifico inter partes che l’intervallo interquartile calcolato dalla Commissione per il periodo dal 2005 al 2007, corrispondente ad un intervallo di valori compreso tra l’1,5 e il 5,5% delle vendite, è stato calcolato in base agli utili operativi delle società che formavano il gruppo di pari rettificato. Tale affermazione è del resto avvalorata dalla tabella 12 della decisione impugnata. D’altro lato, è pacifico che è l’utile imponibile della SMBV, determinato in base all’APP, e non il suo utile operativo, che l’Istituzione ha posto a raffronto con l’utile operativo delle società comparabili del gruppo di pari rettificato. Ciò risulta del resto dalla tabella 13 della decisione impugnata.

495    Orbene, la Commissione non contesta il fatto che gli utili operativi non siano paragonabili agli utili al lordo delle imposte, ma si limita ad affermare di aver ripetuto l’analisi del consulente tributario del gruppo Starbucks. Inoltre, va rilevato che gli utili operativi e gli utili imponibili sono due concetti distinti che, in linea di principio, comportano l’iscrizione di importi diversi nelle corrispondenti voci contabili, come risulta dal punto 82 della decisione impugnata e dalla tabella 1 di tale decisione.

496    Il fatto che la Commissione abbia dichiarato, al punto 397 della decisione medesima, di aver posto a raffronto l’utile imponibile della SMBV calcolato in base all’APP con l’utile imponibile calcolato in base all’intervallo determinato dalla Commissione non può rimettere in discussione il rilievo effettuato al precedente punto 493. Infatti, poiché l’intervallo interquartile è stato calcolato in base agli utili operativi delle società comparabili, il risultato ottenuto per la SMBV in base a tale intervallo non corrisponde al suo utile imponibile, ma piuttosto al suo utile operativo.

497    Ne deriva che il raffronto tra l’utile imponibile della SMBV e l’intervallo interquartile ottenuto a partire dall’utile operativo delle società del gruppo di pari rettificato è necessariamente falsato.

498    Inoltre, per l’anno 2007‑2008, la cifra dell’1,2% appare alquanto prossima alla fascia bassa dell’intervallo calcolato dalla Commissione. Alla luce delle numerose approssimazioni contenute nell’analisi della Commissione, tale risultato non dimostra una situazione chiaramente contraria alle condizioni di mercato. Infatti, va rilevato che la Commissione, nel verificare se l’utile imponibile di una società integrata in virtù di una misura fiscale corrisponda a un’approssimazione attendibile di un utile imponibile generato alle condizioni di mercato, può accertare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE solo a condizione che la differenza tra i due elementi di confronto vada al di là delle imprecisioni inerenti al metodo applicato per ottenere tale approssimazione.

499    Inoltre, anche ammesso che l’errore consistente nel porre a raffronto l’utile imponibile della SMBV con l’utile operativo di società comparabili fosse effettivamente contenuto nella relazione sui prezzi di trasferimento della Starbucks, circostanza che la Starbucks contesta, l’esistenza di tale errore nella relazione sui prezzi di trasferimento non osta a che il Tribunale verifichi che la decisione impugnata non sia viziata da errore. Inoltre, spettava alla Commissione, laddove ritenesse problematico il fatto che gli utili operativi venissero paragonati agli utili imponibili, esaminare tale questione nella decisione impugnata.

500    Alla luce dei rilievi effettuati ai precedenti punti da 480 a 499, si deve pertanto concludere che l’analisi comparativa effettuata dalla Commissione ai punti da 392 a 399 della decisione impugnata è, da un lato, inattendibile e, dall’alto, viziata da svariati errori.

501    Pertanto, alla luce delle considerazioni esposte supra ai punti da 457 a 500, devono essere accolte le censure dedotte dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks secondo cui la Commissione non avrebbe dimostrato che la convalida, da parte dell’APP, dell’individuazione delle funzioni della SMBV e della scelta dell’indicatore del livello di utile, proposte nella relazione sui prezzi di trasferimento, avesse conferito un vantaggio a SMBV. Pertanto, può soprassedersi all’esame se la Commissione abbia correttamente ritenuto che l’individuazione delle funzioni della SMBV e la scelta dell’indicatore del livello di utile adottati nell’APP fossero errate. Di conseguenza, non è necessario esaminare l’argomento della Starbucks che contesta la ricevibilità di taluni argomenti dedotti dalla Commissione.

3.      Sulla scelta delle rettifiche (sesta linea di ragionamento)

502    Nel quarto capo del quarto motivo nella causa T‑760/15 e nella terza censura contenuta nel terzo capo del secondo motivo nella causa T‑636/16, il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks affermano, in sostanza, che la Commissione non ha dimostrato che le rettifiche proposte nella relazione sui prezzi di trasferimento per aumentare la comparabilità tra la SMBV e le società comparabili fossero tali da conferire un vantaggio alla SMBV.

503    Il Regno dei Paesi Bassi sostiene che la Commissione ha erroneamente affermato che due delle rettifiche proposte nella relazione sui prezzi di trasferimento per aumentare la comparabilità tra la SMBV e le 20 società non collegate comparabili non consentivano di ottenere un’approssimazione di un risultato di libera concorrenza. Da un lato, l’esclusione, dalla base di costo pertinente, dei costi dei prodotti a base e non a base di caffè sarebbe giustificata, in particolare, dal fatto che la SMBV opererebbe come fornitore di servizi, non svolgerebbe alcuna funzione di acquisto e non si assumerebbe i rischi connessi alle scorte, contrariamente alle società comparabili. D’altro lato, l’adeguamento del ricarico risulterebbe giustificato dal fatto che il ricarico prima della rettifica riguarderebbe gli utili operativi, mentre lo scopo dell’APP sarebbe quello di determinare gli utili imponibili. Tale rettifica avrebbe avuto l’effetto di aumentare il ricarico.

504    Da un lato, la Starbucks aggiunge che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha rimesso in discussione le rettifiche applicate alla base di costo, scelta come indicatore del livello di utile. Pertanto, l’argomento della Commissione, sviluppato al punto 183 del controricorso nella causa T‑636/16, secondo cui la rettifica della base di costo sarebbe inadeguata a causa della mancanza di trasferimento dei rischi dalla SMBV alla Alki sarebbe irricevibile per il fatto che non figurerebbe nella decisione impugnata. D’altro lato, essa ritiene che le cifre, presentate dalla Commissione ai punti 184 e 185 del controricorso nella causa T‑636/16, volte a dimostrare che il reddito imponibile della SMBV sarebbe stato più elevato se fosse stato applicato un ricarico sui costi totali, sono anch’esse irricevibili, non figurando nella decisione impugnata.

505    Per quanto riguarda le rettifiche in questione, la Starbucks deduce il difetto di motivazione. La Commissione si sarebbe limitata ad affermare che le rettifiche non erano adeguate, senza dimostrare come l’utile imponibile della SMBV sarebbe stato più elevato con le opportune rettifiche.

506    La Commissione contesta tali argomenti. A suo parere, le due rettifiche proposte nella relazione sui prezzi di trasferimento non sono adeguate e comportano una riduzione dell’utile imponibile della SMBV. Essa sostiene che il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks non hanno dimostrato che essa sia incorsa in un errore di valutazione.

507    In primo luogo, per quanto riguarda le rettifiche applicate alla base di costo, la Commissione deduce di aver proprio contestato tale aspetto ai punti da 319 a 332 della decisione impugnata, affermando che la Alki non poteva assumere alcun rischio aziendale per la SMBV. L’Istituzione rinvia, inoltre, ai punti 59 e 159 della decisione impugnata, nei quali si affermerebbe che la rettifica della base di costo sarebbe giustificata, secondo la relazione sui prezzi di trasferimento, dalla qualità della di SMBV di produttore per conto terzi, che non assume alcun rischio. Inoltre, la Commissione contesta gli argomenti del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks secondo cui l’utile della SMBV poteva essere calcolato in base ai costi operativi e non ai costi totali.

508    In secondo luogo, la Commissione osserva che, sebbene il ricarico rettificato abbia condotto ad una percentuale più elevata, tale percentuale è stata applicata ad una base di costi nettamente inferiore. Essa aggiunge che, poiché il costo dei chicchi di caffè verde, le remunerazioni versate a terzi e i prodotti non a base di caffè avrebbero dovuto essere inclusi nella base di costo, non era necessario applicare la «rettifica del capitale circolante». Anche ammettendo che il consulente tributario del gruppo Starbucks che ha redatto la relazione sui prezzi di trasferimento non abbia commesso errori nell’escludere questi diversi costi dalla base di costo, nemmeno la «rettifica del capitale circolante» sarebbe adeguata. Inoltre, la Commissione sostiene di aver sufficientemente illustrato, ai punti da 402 a 406 della decisione impugnata, come la «rettifica del capitale circolante», combinata con la rettifica sulla base di costo, avrebbe ridotto l’imposta sulle società normalmente dovuta dalla SMBV.

a)      Osservazioni preliminari

509    Si deve anzitutto rilevare che, ai punti 407 e 408 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, anche ammettendo che le funzioni della SMBV e l’indicatore del livello di utile siano stati correttamente individuati, due rettifiche proposte nella relazione sui prezzi di trasferimento hanno avuto come conseguenza che il metodo proposto nella relazione sui prezzi di trasferimento non consentisse di ottenere un risultato di libera concorrenza.

510    Sulla base della constatazione che le due rettifiche sarebbero errate, la Commissione ha concluso che, accogliendo tale metodo, che comportava una riduzione dell’imposta dovuta dalla SMBV in base al regime generale dei Paesi Bassi dell’imposta sulle società rispetto alle società autonome i cui utili sono determinati alle condizioni di mercato in base al regime medesimo, l’APP conferiva un vantaggio selettivo alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

511    Va osservato che dai punti 407 e 408 della decisione impugnata risulta quindi che l’approccio della Commissione, consistente nel porre a raffronto l’utile imponibile della SMBV in base all’APP con quello di una società autonoma il cui utile sia determinato a condizioni di mercato in base al regime generale dei Paesi Bassi dell’imposta sulle società, sembra, a prima vista, soddisfare gli obblighi gravanti sulla Commissione riguardo alla prova dell’esistenza di un vantaggio.

512    Tuttavia, va ricordato che dalle considerazioni esposte supra ai punti 151 e 152 risulta che, per determinare se l’APP abbia conferito un vantaggio alla SMBV nel caso di specie, spetta alla Commissione dimostrare che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato nell’APP ha comportato una riduzione dell’onere fiscale della SMBV e, più in particolare, dimostrare che il livello di utile della SMBV, calcolato secondo il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento, è diminuito in misura tale da non poter essere considerato un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato. Infatti, come rilevato al precedente punto 498, quando la Commissione verifica se l’utile imponibile di una società integrata in virtù di una misura fiscale corrisponda a un’approssimazione attendibile di un utile imponibile generato alle condizioni di mercato, essa può accertare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE solo a condizione che la differenza tra i due elementi di confronto vada al di là delle imprecisioni inerenti al metodo applicato per ottenere tale approssimazione.

513    Occorre pertanto esaminare se la Commissione abbia dimostrato in termini sufficientemente validi che le due rettifiche apportate dal consulente fiscale del gruppo Starbucks avessero conferito un vantaggio alla SMBV.

b)      Sulla rettifica vertente sulla base di costo

514    La prima rettifica proposta nella relazione sui prezzi di trasferimento riguarda la base di costo (in prosieguo: la «rettifica della base di costo»). Essa consiste nell’esclusione di taluni costi dalla base di costo utilizzata come indicatore del livello di utile ai fini dell’applicazione del TNMM. Tuttavia, va osservato che dai punti 406 e 407 della decisione impugnata risulta che le critiche individuate dalla Commissione si limitano esplicitamente all’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 dalla base di costo utilizzata per l’applicazione del TNMM. In sostanza, l’Istituzione ha rilevato che non vi era alcuna spiegazione per l’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1, mentre erano stati presi in considerazione nel precedente APP.

515    In primo luogo, va rammentato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la conclusione esposta al punto 407 della decisione impugnata, secondo cui le rettifiche proposte nella relazione sui prezzi di trasferimento e convalidate nell’APP conferirebbero un vantaggio alla SMBV, si limita esplicitamente all’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 dalla base di costo della SMBV. Infatti, dal tenore della decisione impugnata non risulta che la Commissione abbia basato l’accertamento del vantaggio sull’esclusione di altri costi dalla base di costo utilizzata come indicatore del livello di utile della SMBV.

516    La circostanza, cui si è richiamata la Commissione, secondo cui essa avrebbe rimesso in discussione, ai punti da 319 a 332 della decisione impugnata, il fatto che i rischi aziendali della SMBV siano stati trasferiti alla Alki non le consente di constatare che, per tali motivi, essa ha ritenuto che taluni costi fossero stati erroneamente esclusi dalla base di costo utilizzata come indicatore del livello di utile. Tale rilievo è avvalorato dalla circostanza che la questione delle rettifiche viene presentata dalla stessa Commissione come una linea di ragionamento sussidiario (v. punto 407 della decisione impugnata) rispetto alla linea di ragionamento esaminata nei punti da 319 a 332 della decisione impugnata.

517    Inoltre, contrariamente a quanto affermato, in sostanza, dalla Commissione, dai punti 59 e 159 della decisione impugnata non risulta che l’Istituzione stessa abbia fondato l’affermazione secondo cui l’APP avrebbe conferito un vantaggio alla SMBV sulle rettifiche della base di costo. Per quanto riguarda il punto 59 della decisione impugnata, va rilevato che, sebbene faccia effettivamente riferimento a tali rettifiche, si tratta solo di una presentazione del contenuto della relazione sui prezzi di trasferimento. Per quanto riguarda il punto 159 della decisione impugnata, quest’ultimo – collocato nella sezione di presentazione del procedimento amministrativo – si limita a precisare che la Commissione aveva espresso dubbi sulle rettifiche proposte nella relazione sui prezzi di trasferimento, senza che sia possibile dedurne la posizione della Commissione stessa nell’ambito della decisione impugnata.

518    Alla luce dei rilievi effettuati ai precedenti punti da 515 a 517, si deve quindi rilevare che la Commissione non ha affermato, né ha a fortiori dimostrato, nella decisione impugnata, che la rettifica della base di costo, diversa dall’esclusione dei costi della società produttrice affiliata 1, avesse conferito un vantaggio alla SMBV. Pertanto, devono essere respinti gli argomenti dell’Istituzione, dedotti in sede di controricorso, secondo cui l’utilizzo dei costi operativi anziché dei costi totali (compresi il costo dei chicchi di caffè, le remunerazioni pagate a terzi e i costi dei prodotti non a base di caffè) avrebbe portato a una riduzione della base imponibile della SMBV.

519    In secondo luogo, per quanto riguarda l’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1, la Commissione ha ritenuto, al punto 406 della decisione impugnata, che la relazione sui prezzi di trasferimento avesse accettato una notevole riduzione della base di costo, escludendo tali costi.

520    Orbene, al punto 406 della decisione impugnata, la Commissione si è limitata ad affermare che tali costi erano stati presi in considerazione nel vecchio metodo di determinazione della base imponibile della SMBV, utilizzato prima della conclusione dell’APP, e che l’esclusione di tali costi non era stata motivata, senza ulteriori precisazioni. Dal tenore della decisione impugnata non risulta chiaramente a cosa si riferisca la Commissione laddove invoca il difetto di motivazione dell’esclusione dei costi e, in particolare, se tali spiegazioni avrebbero dovuto essere contenute, a suo avviso, nell’APP o essere fornite nell’ambito del procedimento amministrativo.

521    A tal riguardo, sotto un primo profilo, occorre osservare che la constatazione che la rettifica non era sufficientemente giustificata, da parte dei corrispondenti della Starbucks o delle autorità olandesi, non è, di per sé, sufficiente a dimostrare l’erroneità della rettifica stessa né che essa avrebbe determinato una riduzione dell’onere fiscale della SMBV.

522    Sotto un secondo profilo, in ogni caso, va rilevato che dal punto 407 della decisione impugnata risulta che l’esame dell’erroneità dell’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1, effettuato dalla Commissione, costituisce un’analisi sussidiaria, che rientra nell’ipotesi in cui la funzione principale della SMBV sia effettivamente la torrefazione del caffè.

523    Orbene, da un lato, dal controricorso della Commissione nella causa T‑636/16 risulta che la società produttrice non affiliata 1 fabbricava principalmente prodotti come il caffè aromatizzato, la polvere per un prodotto a base di caffè con marchio registrato o il caffè solubile e tostava chicchi di caffè verde solo in «volumi limitati». La Commissione non ha tuttavia spiegato come i costi della società produttrice non affiliata 1 fossero rilevanti ai fini del calcolo dell’utile imponibile della SMBV, come torrefattore.

524    D’altro lato, va rilevato che gli argomenti dedotti dalla Commissione nelle proprie memorie riguardo all’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 si basano sul presupposto che l’attività principale della SMBV sia la rivendita. Pertanto, questi argomenti devono essere respinti.

525    Sotto un terzo profilo, dalla relazione sui prezzi di trasferimento risulta che il consulente tributario ha escluso dalla base di costo, utilizzata per l’applicazione del TNMM, i costi relativi ad attività per le quali la SMBV non fornisce alcun valore aggiunto. Il Regno dei Paesi Bassi e la Starbucks sostengono, del resto, nelle rispettive memorie, che l’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 è giustificata dal fatto che la SMBV non fornisce alcun valore aggiunto. A loro avviso, i costi connessi all’operazione tra la SMBV e la società produttrice non affiliata 1 transitano unicamente attraverso i conti della SMBV, ma non sono imputabili all’attività della SMBV. L’acquisto dei prodotti della società produttrice non affiliata 1 costituirebbe, quindi, un’operazione neutra ai fini della determinazione dell’utile imponibile della società medesima.

526    A tal riguardo, va rilevato che non è escluso che gli introiti derivanti dai prodotti forniti dalla società produttrice non affiliata 1 siano equivalenti ai costi della società produttrice non affiliata 1, cosicché la SMBV non genera alcun utile dai prodotti di tale società. Orbene, la Commissione non ha dimostrato che la SMBV avesse aggiunto un plusvalore ai prodotti della società produttrice non affiliata 1 e che avesse effettivamente generato un utile dalla gestione di tali prodotti, cosicché i costi della società produttrice non affiliata 1 avrebbero dovuto essere presi necessariamente in considerazione ai fini dell’applicazione del TNMM.

527    La Commissione non dimostra neppure che le differenze invocate nella relazione sui prezzi di trasferimento, tra le funzioni della SMBV e delle 20 società in base alle quali è stata effettuata l’analisi comparativa, non giustifichino l’applicazione della rettifica riguardante l’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1.

528    Considerato che la Commissione non fornisce elementi che consentano di ritenere che la SMBV abbia generato un utile dall’operazione con la società produttrice non affiliata 1 o che il ricarico debba essere applicato a una base di costo comprendente i costi della società produttrice non affiliata 1, va rilevato che essa non poteva ritenere che l’esclusione dei costi medesimi fosse errata ed avesse determinato una riduzione dell’utile della SMBV.

529    In terzo luogo, va rilevato che, come sostiene la Starbucks, le cifre contenute nella tabella prodotta al punto 184 del controricorso della Commissione nella causa T‑636/16, che costituiscono calcoli basati su cifre contenute nella tabella 3 della decisione impugnata, non possono essere prese in considerazione a sostegno della posizione della Commissione. Da un lato, tali dati riguardano i costi totali (spese di gestione e costi delle merci vendute) della SMBV e non soltanto i costi di gestione ai quali sarebbero stati aggiunti i costi della società produttrice non affiliata 1. D’altro lato, tali dati dimostrano unicamente che il livello di utile sarebbe stato più elevato se la base di costo fosse stata più consistente e non consentono di suffragare la tesi secondo cui la SMBV avrebbe generato un utile dallo sfruttamento dei prodotti della società produttrice non affiliata 1.

530    In quarto luogo, va osservato che l’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 è stata combinata con la rettifica, al rialzo, del margine di rendimento. Non si può quindi necessariamente concludere che le rettifiche applicate nell’APP, considerate nel loro insieme, comportassero necessariamente una riduzione della base imponibile della SMBV. Orbene, la Commissione non ha quantificato i costi della società produttrice non affiliata 1 o, quantomeno, la quota da essi rappresentata tra i costi della SMBV. Pertanto, dalla decisione impugnata non risulta che i costi della società produttrice non affiliata 1 rappresentano una parte così ampia dei costi della SMBV che la loro semplice esclusione inciderebbe sugli utili della SMBV in misura tale che il loro livello non sarebbe più rappresentativo di un utile derivante da una situazione di libera concorrenza.

531    Alla luce di tali osservazioni, va rilevato che la Commissione non è stata in grado di dimostrare che l’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 abbia conferito un vantaggio alla SMBV, senza che sia necessario esaminare se la decisione della Commissione fosse viziata da un difetto di motivazione.

c)      Sulla «rettifica del capitale circolante»

1)      Sulla portata della rettifica in questione

532    Per quanto riguarda la portata della seconda rettifica in questione, va rilevato che, al punto 407 della decisione impugnata, la Commissione ha sostenuto che l’applicazione della «rettifica del capitale circolante» (working capital adjustment) ha fatto sì che il metodo proposto nella relazione sui prezzi di trasferimento non consentisse un’approssimazione attendibile di un risultato di mercato conformemente al principio di libera concorrenza. A tal riguardo, va osservato che né la relazione sui prezzi di trasferimento né l’APP utilizzano il termine «rettifica del capitale circolante».

533    Anzitutto, nella decisione impugnata, la Commissione ha sostenuto che, nella relazione sui prezzi di trasferimento, il consulente tributario del gruppo Starbucks aveva proposto una rettifica per il ricarico di conversione, descritto dalle autorità dei Paesi Bassi come una «rettifica del capitale circolante» (punto 401 della decisione impugnata). Da tale rilievo deriva che il termine «rettifica del capitale circolante», quale utilizzata nella decisione impugnata, dev’essere inteso nel senso in cui è stato utilizzato dalle autorità dei Paesi Bassi nel procedimento amministrativo.

534    Inoltre, dal punto 403 della decisione impugnata risulta che la Commissione aveva espresso dubbi riguardo alla «rettifica del capitale circolante» di cui ai punti da 101 a 113 della decisione di avvio del procedimento. Da un lato, va osservato che, ai punti 101 e 102 della decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha discusso della «rettifica relativa ai costi delle materie prime» (raw material cost markup), mentre la rettifica relativa all’esclusione dei costi del caffè verde dalla base di costo è stata discussa ai punti 99 e 100 della stessa decisione di avvio. La decisione impugnata non fa pertanto riferimento, al punto 403, a quest’ultima rettifica. Tale constatazione è del resto confermata dal punto 269, iii), e dalla nota 130 della decisione impugnata.

535    È pur vero che i punti da 103 a 113 della decisione di avvio del procedimento riguardano anche, in parte, la rettifica relativa all’esclusione dei costi del caffè verde dalla base di costo. Tuttavia, secondo il punto 107 della decisione medesima, gli argomenti delle autorità olandesi riguardo alle «rettifiche del capitale circolante» sono esposte al punto 59 della decisione stessa. Orbene, secondo il punto 59 della decisione di avvio del procedimento, le autorità olandesi hanno dichiarato che «[l]a rettifica nella fattispecie [era] una combinazione di due rettifiche di comparabilità: combina[va] una rettifica del capitale circolante per l’inventario delle materie prime sulle prestazioni di società comparabili con una rettifica per i costi delle materie prime nella base di costo di società comparabili». Dalla descrizione degli argomenti del Regno dei Paesi Bassi nel procedimento amministrativo risulta che, per quest’ultimo, l’espressione «rettifica del capitale circolante» riguardava soltanto la «rettifica relativa ai costi delle materie prime», individuata nella relazione sui prezzi di trasferimento.

536    Infine, va rilevato che, al punto 407 della decisione impugnata, la Commissione stessa opera una distinzione tra la «rettifica del capitale circolante» e l’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 dalla base imponibile della SMBV.

537    Si deve pertanto concludere che il termine «rettifica del capitale circolante», utilizzato al punto 407 della decisione impugnata, si riferisce alla «rettifica relativa ai costi delle materie prime», individuata nella relazione sui prezzi di trasferimento.

538    In ogni caso, anche supponendo che il termine «rettifica del capitale circolante», utilizzata al punto 407 della decisione impugnata, debba essere parimenti inteso nel senso che si riferisca alla rettifica per i costi delle materie prime nella base di costo della SMBV, è giocoforza constatare che i punti da 401 a 406 della decisione impugnata non contengono argomenti relativi alla base di costo diversi da quello riguardante l’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1. Orbene, ai precedenti punti da 514 a 531 è già stato rilevato che la Commissione non è stata in grado di dimostrare che dall’esclusione di tali costi fosse derivato un vantaggio per la SMBV. Ai punti 404 e 405 della decisione impugnata, la Commissione respinge semplicemente gli argomenti del Regno dei Paesi Bassi circa la pertinenza di uno studio comparativo sulla base dei costi totali e di un articolo scientifico. Inoltre, i punti da 401 a 403 della decisione impugnata non contengono alcun riferimento alla base di costo della SMBV.

2)      Sulla censura relativa all’assenza di una riduzione dell’onere fiscale della SMBV

539    In primo luogo, si deve rilevare che, poiché, da un lato, la «rettifica del capitale circolante» corrisponde alla rettifica per i costi delle materie prime nella base di costo, individuata nella relazione sui prezzi di trasferimento (v. supra, punto 537) e che, dall’altro, l’argomento vertente sull’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 è stato respinto (v. supra, punti da 514 a 531), tale rettifica si è tradotta in un aumento della percentuale di ricarico della base di costo dal [riservato]% al [riservato]%. Orbene, l’applicazione di una percentuale di ricarico più elevata per determinare l’utile imponibile della SMBV non può comportare una riduzione dell’utile imponibile della SMBV. Questa sola rettifica, considerata isolatamente, non è quindi tale da conferire un vantaggio alla SMBV.

540    Ne consegue che la Commissione non è stata in grado di dimostrare che la «rettifica del capitale circolante» avesse l’effetto di ridurre il livello degli utili della SMBV né, di conseguenza, che tale rettifica le avesse attribuito un vantaggio.

541    In secondo luogo, va rilevato che il ragionamento della Commissione relativo alla «rettifica del capitale circolante», esposto ai punti da 401 a 405 della decisione impugnata, non è atto a dimostrare che la «rettifica del capitale circolante» avesse l’effetto di ridurre il livello degli utili della SMBV e che pertanto le avesse conferito un vantaggio.

542    Anzitutto, laddove la Commissione ha basato il proprio ragionamento sul rilievo secondo cui il metodo utilizzato per determinare la «rettifica del capitale circolante» non avrebbe tenuto conto dell’importo del capitale circolante società comparabili, né di quello della SMBV, è sufficiente osservare che la Commissione non spiega come questa circostanza possa dimostrare una riduzione del livello degli utili della SMBV.

543    Inoltre, sebbene la Commissione abbia ritenuto che non esistesse alcun nesso costante tra i costi delle vendite utilizzati nella rettifica e il fabbisogno di capitale circolante, va rilevato che la Commissione non ha spiegato come questa circostanza sia idonea a dimostrare, concretamente, una riduzione del livello degli utili della SMBV.

544    Inoltre, con le sue affermazioni secondo cui la «rettifica del capitale circolante», effettuata dal consulente fiscale del gruppo Starbucks, non sarebbe adeguata all’obiettivo dichiarato di rettifica delle differenze nell’utilizzo del capitale circolante, la Commissione si limita a considerazioni generali e approssimative, come quelle secondo cui la rettifica «mal si adatterebbe» o ancora che «una società con un importo elevato per il costo delle materie prime potrebbe avere ridotte esigenze di capitale circolante se gestisce in modo efficiente le sue scorte».

545    Infine, per quanto riguarda l’affermazione, contenuta ai punti da 402 a 405 della decisione impugnata, secondo cui nessuno dei fatti presentati nella relazione sui prezzi di trasferimento e nessuno degli argomenti dedotti dal Regno dei Paesi Bassi nel procedimento amministrativo avrebbe fornito una qualsiasi giustificazione per la «rettifica del capitale circolante», va osservato che neppure la semplice constatazione della mancanza di tale giustificazione dimostra che la «rettifica del capitale circolante» abbia determinato una riduzione dell’utile imponibile della SMBV.

546    Ne consegue che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al punto 407 della decisione impugnata, quest’ultima non ha dimostrato che la «rettifica del capitale circolante» abbia comportato una riduzione dell’utile imponibile della SMBV.

547    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti della Commissione. Infatti, si deve rilevare che dal punto 407 della decisione impugnata risulta che l’esame della «rettifica del capitale circolante», effettuato dalla Commissione, costituisce un’analisi sussidiaria che rientra nell’ipotesi in cui la funzione principale della SMBV sia effettivamente la torrefazione del caffè. Orbene, gli argomenti dedotti dalla Commissione nelle proprie memorie, relative alla «rettifica del capitale circolante», si basano sul presupposto che l’attività principale della SMBV sia la rivendita. Tali argomenti devono essere pertanto respinti.

548    Alla luce delle considerazioni esposte supra ai punti da 502 a 547, devono essere accolte le censure del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks secondo cui la Commissione non avrebbe dimostrato che dalla convalida, da parte dell’APP, delle rettifiche del capitale circolante e dell’esclusione dei costi della società produttrice non affiliata 1 sarebbe derivato un vantaggio per la SMBV.

549    Pertanto, il motivo attinente al fatto che la Commissione, nell’ambito delle proprie linee di ragionamento quarta, quinta e sesta, non avrebbe dimostrato che l’APP avesse conferito un vantaggio alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, dev’essere accolto.

F.      Sulla questione se l’APP abbia derogato all’articolo 8 ter della LIS e al decreto sui prezzi di trasferimento (ragionamento relativo sistema di riferimento limitato, punti da 409 a 412 della decisione impugnata)

550    Il Regno dei Paesi Bassi deduce che i motivi da esso formulati in merito all’assenza di un vantaggio, nel caso di specie, sono diretti sia contro la tesi principale della Commissione, vale a dire le prime sei linee di ragionamento, sia contro il ragionamento dell’Istituzione relativo al sistema di riferimento limitato, in cui la Commissione ha affermato l’esistenza di un vantaggio, nel caso di specie, alla luce dell’articolo 8 ter della LIS e del decreto sui prezzi di trasferimento. La Starbucks sostiene, dal canto suo, che la Commissione avrebbe dovuto esaminare l’APP alla luce dell’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS e del decreto sui prezzi di trasferimento, cosa che non avrebbe fatto.

551    La Commissione sostiene di aver esaminato l’APP, ai punti da 409 a 412 della decisione impugnata, alla luce dell’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS e di aver rilevato, in esito a tale esame, che l’APP attribuiva un vantaggio selettivo alla SMBV.

552    A tal riguardo, va rilevato che, in ulteriore subordine, nella sezione 9.2.4 della decisione impugnata, intitolata «Linea di ragionamento sussidiaria: vantaggio selettivo dovuto a deroga dal decreto» (punti da 409 a 412 della decisione impugnata), l’Istituzione ha ritenuto che l’APP conferisse un vantaggio alla SMBV alla luce di una valutazione basata sul sistema più limitato dell’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS e del decreto sui prezzi di trasferimento (punto 412 della decisione impugnata).

553    Infatti, al punto 410 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto presente che, «[a] titolo sussidiario, (...) l’APP SMBV concede[va] un vantaggio selettivo a[lla] SMBV anche nel contesto del sistema di riferimento più limitato costituito da società appartenenti a un gruppo che fa[ceva] uso di prezzi di trasferimento e alle quali si applica[va]no l’articolo 8 ter, paragrafo 1, della [LIS] e il decreto [sui prezzi di trasferimento]». Al punto 411 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato che l’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS e il decreto sui prezzi di trasferimento avevano recepito «il principio di libera concorrenza nel diritto fiscale dei Paesi Bassi[, secondo il quale] le operazioni tra società infragruppo dovrebbero essere remunerate come se fossero concordate tra società indipendenti». Nel medesimo punto la Commissione ha rilevato che il preambolo del decreto sui prezzi di trasferimento precisava che le linee guida dell’OCSE erano direttamente applicabili nei Paesi Bassi. Al punto 412 della decisione impugnata, la Commissione ha rinviato al ragionamento esposto ai punti da 268 a 274 della decisione impugnata, sintetizzando le linee di ragionamento dalla prima ala sesta, per concludere che l’APP conferiva un vantaggio selettivo anche sulla base del sistema di riferimento più limitato costituito dall’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS e dal decreto sui prezzi di trasferimento.

554    Da tali constatazioni risulta che la Commissione ha concluso che l’APP in questione conferiva un vantaggio selettivo alla SMBV in quanto comportava una riduzione dell’imposta dovuta rispetto alla situazione in cui il principio di libera concorrenza di cui all’articolo 8 ter della LIS e al decreto sui prezzi di trasferimento sarebbe stato correttamente applicato.

555    Orbene, è giocoforza constatare che la Commissione ha fondato tale conclusione relativa al proprio esame dell’APP effettuato nell’ambito della propria analisi in via principale. L’Istituzione ha quindi affermato di aver già dimostrato, nella sezione 9.2.3.1 della decisione impugnata, che l’APP non consentisse di ottenere un’approssimazione attendibile di un risultato di libera concorrenza.

556    È ben vero che il ragionamento esposto ai punti da 409 a 412 della decisione impugnata riguarda, anzitutto, l’argomento del Regno dei Paesi Bassi e della Starbucks relativo alla scelta del sistema di riferimento, che rientra nell’analisi della selettività della misura in questione.

557    Tuttavia, va osservato che il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione ritengono che il punto 412 della decisione impugnata debba essere interpretato nel senso che la Commissione abbia ritenuto, in base a un esame alla luce della normativa nazionale pertinente, vale a dire l’articolo 8 ter, paragrafo 1, della LIS e il decreto sui prezzi di trasferimento, che l’APP conferisse un vantaggio alla SMBV, essendo l’analisi effettuata dalla Commissione nelle linee di ragionamento dalla prima alla sesta applicabile mutatis mutandis. Tale rilievo appare ulteriormente avvalorato dalla formulazione del punto 416 della decisione impugnata.

558    Senza che sia necessario, nel caso di specie, pronunciarsi sull’esatta natura e sull’esatta portata del ragionamento alla luce del sistema di riferimento limitato della Commissione, esposto ai punti da 409 a 412 della decisione impugnata, è sufficiente rilevare che, anche ammettendo che, con tale ragionamento, la Commissione abbia esaminato gli errori da essa individuati nelle linee di ragionamento dalla prima alla sesta alla luce dell’articolo 8 ter della LIS e del decreto sui prezzi di trasferimento, con cui è stato recepito il principio di libera concorrenza nell’ordinamento dei Paesi Bassi, la Commissione non ha dimostrato, per le stesse ragioni esposte supra ai punti da 173 a 549, che si applicano mutatis mutandis a tale esame, che l’APP avesse conferito un vantaggio alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

G.      Conclusione

559    Da un lato, dai precedenti punti 404 e 549 risulta che le sei linee di ragionamento della decisione impugnata non sono sufficienti a dimostrare che l’APP avesse attribuito un vantaggio alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

560    D’altro lato, dai precedenti punti da 550 a 558 emerge che la Commissione non ha dimostrato che l’APP derogasse all’articolo 8 ter della LIS e al decreto sui prezzi di trasferimento attribuendo quindi un vantaggio alla SMBV ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

561    Dai suesposti rilievi consegue pertanto che, con nessuna delle linee di ragionamento esposte nella decisione impugnata, la Commissione è stata in grado di dimostrare sufficientemente l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, la decisione impugnata dev’essere annullata in toto, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks.

IV.    Sulle spese

562    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Starbucks, conformemente alla loro domanda in tal senso.

563    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, l’Irlanda sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T760/15 e T636/16 sono riunite ai fini della presente sentenza.

2)      La decisione (UE) 2017/502 della Commissione, del 21 ottobre 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.38374 (2014/C ex 2014/NN), alla quale i Paesi Bassi hanno dato esecuzione a favore di Starbucks, è annullata.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese nonché quelle del Regno dei Paesi Bassi, della Starbucks Corp. e della Starbucks Manufacturing Emea BV.

4)      L’Irlanda sopporterà le proprie spese.

Van der Woude

Tomljenović

Bieliūnas

Marcoulli

 

      Kornezov

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 settembre 2019.

Firme


Indice


I. Fatti e contesto normativo

A. Sul contesto normativo nazionale

B. Sull’accordo preventivo in materia di prezzi

C. Fatti

1. Sul procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

2. Sulla decisione impugnata

a) Sulla descrizione della misura controversa

b) Sulla valutazione della misura controversa

c) Sul recupero dell’aiuto di Stato

d) Conclusione

II. Procedimento e conclusioni delle parti

A. Sulla fase scritta del procedimento nella causa T760/15

1. Sulla composizione del collegio giudicante e sul trattamento prioritario

2. Sugli interventi

3. Sulle domande di trattamento riservato

4. Sulle conclusioni delle parti

B. Sulla fase scritta del procedimento nella causa T636/16

1. Sulla composizione del collegio giudicante e sul trattamento prioritario

2. Sulle domande di trattamento riservato

3. Sulle conclusioni delle parti

C. Sulla riunione ai fini della fase orale del procedimento e sulla fase orale del procedimento

III. In diritto

A. Questioni procedurali

1. Sulla riunione delle presenti cause ai fini della decisione di conclusione del procedimento

2. Sulla domanda di rimuovere dagli atti di causa le osservazioni della Starbucks sulla relazione d’udienza

3. Sulla ricevibilità dell’allegato A.7 del ricorso nella causa T760/15

B. Sui motivi dedotti e sulla struttura dell’esame dei presenti ricorsi

C. Sull’esistenza di un principio di libera concorrenza nel settore del controllo degli aiuti di Stato e sul rispetto del principio dell’autonomia fiscale degli Stati membri

D. Sulla contestazione del ragionamento principale relativo all’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della SMBV (punti da 275 a 361 della decisione impugnata)

1. Sulla scelta del TNMM nel caso di specie e sul mancato esame dell’operazione infragruppo per la quale l’APP era stato effettivamente richiesto (prima linea di ragionamento)

a) Osservazioni preliminari

b) Sull’onere della prova

c) Sul livello del controllo che dev’essere esercitato dal Tribunale

d) Sulla mancata individuazione e analisi nell’APP delle royalties dovute dalla SMBV alla Alki

e) Sulla necessità di privilegiare il metodo CUP rispetto al TNMM

2. Sulla questione se le royalties corrisposte dalla SMBV alla Alki avrebbero dovuto essere pari a zero (seconda linea di ragionamento)

a) Osservazioni preliminari

b) Sulle funzioni della SMBV relative alle royalties

c) Sul regime fiscale generale del diritto dei Paesi Bassi

d) Sull’utilizzazione da parte della Commissione di elementi che non erano disponibili al momento della conclusione dell’APP

e) Sulla questione se la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione rappresentasse un valore per la SMBV

1) Sulla questione se la SMBV sfruttasse direttamente sul mercato la proprietà intellettuale relativa alla torrefazione

2) Sulla questione se la SMBV abbia subito una perdita sulle sue attività di torrefazione

f) Sul raffronto tra i contratti di torrefazione del caffè conclusi dalla Starbucks con terzi ed analoghi accordi di licenza «sul mercato»

1) Sui contratti conclusi successivamente all’APP

2) Sui contratti conclusi con società che non tostano il caffè

3) Sui contratti con società non esercenti vendita di caffè tostato ai negozi o ai consumatori

4) Sui contratti relativi a prodotti diversi dal caffè tostato

5) Sul contratto che prevede la corresponsione di royalties per l’utilizzazione della proprietà intellettuale relativa alla torrefazione

6) Sul contratto concluso con la società produttrice non affiliata 2

g) Sugli accordi conclusi tra i concorrenti della Starbucks e torrefattori terzi

h) Sull’argomento secondo cui l’entità delle royalties avrebbe dovuto essere inferiore a quella approvata dall’APP

3. Sulla determinazione annua dei costi dei chicchi di caffè verde (terza linea di ragionamento)

a) Sulla questione se il prezzo dei chicchi di caffè verde non rientrasse nell’ambito di applicazione della misura controversa

b) Sulla questione se il livello del ricarico applicato ai costi dei chicchi di caffè verde venduti dalla SCTC alla SMBV non fosse conforme a un livello di libera concorrenza

E. Sulla contestazione del ragionamento dedotto in subordine, relativo all’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della SMBV (punti da 362 a 408 della decisione impugnata)

1. Sull’identificazione della SMBV come entità più complessa (quarta linea di ragionamento)

2. Sull’analisi delle funzioni della SMBV e sulla determinazione dell’utile della SMBV in base ai costi operativi (quinta linea di ragionamento)

a) Sulla scelta dell’indicatore del livello di utile

b) Sull’analisi comparativa della Commissione

3. Sulla scelta delle rettifiche (sesta linea di ragionamento)

a) Osservazioni preliminari

b) Sulla rettifica vertente sulla base di costo

c) Sulla «rettifica del capitale circolante»

1) Sulla portata della rettifica in questione

2) Sulla censura relativa all’assenza di una riduzione dell’onere fiscale della SMBV

F. Sulla questione se l’APP abbia derogato all’articolo 8 ter della LIS e al decreto sui prezzi di trasferimento (ragionamento relativo sistema di riferimento limitato, punti da 409 a 412 della decisione impugnata)

G. Conclusione

IV. Sulle spese



*      Lingue processuali: il neerlandese e l’inglese.


1      Dati riservati omessi.