Language of document : ECLI:EU:C:2024:433

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

30 maggio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) 2019/1150 – Articoli 1, 15, 16 e 18 – Obiettivo – Applicazione – Controllo – Revisione – Misure adottate da uno Stato membro – Obbligo di fornire informazioni relative alla situazione economica di un fornitore di servizi di intermediazione online»

Nella causa C‑663/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con ordinanza del 10 ottobre 2022, pervenuta in cancelleria il 19 ottobre 2022, nel procedimento

Expedia Inc.

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, F. Biltgen, N. Wahl (relatore), J. Passer e M.L. Arastey Sahún, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Expedia Inc., da P. Actis Perinetto, F. Brunetti, C. Osti e A. Vitale, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. Delbono e R. Guizzi, avvocati dello Stato;

–        per il governo ceco, da M. Smolek, T. Suchá e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, da M. Browne, Chief State Solicitor, A. Joyce e M. Tierney, in qualità di agenti, assistiti da D. Fennelly, BL;

–        per la Commissione europea, da L. Armati, S.L. Kalėda e L. Malferrari, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 gennaio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online (GU 2019, L 186, pag. 57).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Expedia Inc., società con sede negli Stati Uniti, e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Italia) (in prosieguo: l’«AGCOM»), in merito a misure adottate da quest’ultima nei confronti dei fornitori di servizi di intermediazione online.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        I considerando 7, 46 e 51 del regolamento 2019/1150 enunciano quanto segue:

«(7)      Dovrebbe essere fissata a livello dell’Unione [europea] una serie mirata di norme vincolanti in materia al fine di garantire un contesto commerciale online equo, prevedibile, sostenibile e sicuro nell’ambito del mercato interno. In particolare, gli utenti commerciali di servizi di intermediazione online dovrebbero poter beneficiare di un’adeguata trasparenza e di efficaci possibilità di ricorso in tutta l’Unione, al fine di facilitare le attività economiche a livello transfrontaliero all’interno dell’Unione e così migliorare il corretto funzionamento del mercato interno e rispondere a un’eventuale frammentazione emergente negli specifici settori disciplinati dal presente regolamento.

(...)

(46)      Gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a garantire l’adeguata ed efficace applicazione del presente regolamento. Esistono già sistemi diversi di esecuzione negli Stati membri e questi ultimi non dovrebbero essere obbligati a istituire nuovi organismi nazionali di esecuzione. Gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di incaricare le autorità esistenti, compresi gli organi giurisdizionali, dell’esecuzione del presente regolamento. Il presente regolamento non dovrebbe obbligare gli Stati membri a prevedere l’esecuzione d’ufficio o a infliggere ammende.

(...)

(51)      Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire garantire un contesto commerciale online equo, prevedibile, sostenibile e sicuro nell’ambito del mercato interno, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 [TUE]. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo».

4        Ai sensi dell’articolo 1 di tale regolamento:

«1.      La finalità del presente regolamento è contribuire al corretto funzionamento del mercato interno stabilendo norme intese a garantire che gli utenti commerciali di servizi di intermediazione online e gli utenti titolari di siti web aziendali che siano in relazione con motori di ricerca online dispongano di un’adeguata trasparenza, di equità e di efficaci possibilità di ricorso.

2.      Il presente regolamento si applica ai servizi di intermediazione online e ai motori di ricerca online, a prescindere dal luogo di stabilimento o di residenza del fornitore di tali servizi e dal diritto altrimenti applicabile, forniti o proposti per essere forniti, rispettivamente, agli utenti commerciali e agli utenti titolari di siti web aziendali, che hanno il luogo di stabilimento o di residenza nell’Unione e che, tramite i servizi di intermediazione online o i motori di ricerca online, offrono beni o servizi a consumatori nell’Unione.

(...)

5.      Il presente regolamento non pregiudica il diritto dell’Unione, in particolare il diritto dell’Unione applicabile nei settori della cooperazione giudiziaria in materia civile, della concorrenza, della protezione dei dati, della protezione dei segreti commerciali, della protezione dei consumatori, del commercio elettronico e dei servizi finanziari».

5        L’articolo 2, punto 1, di detto regolamento dispone quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:

1)      “utente commerciale”: un privato che agisce nell’ambito delle proprie attività commerciali o professionali o una persona giuridica che offre beni o servizi ai consumatori tramite servizi di intermediazione online per fini legati alla sua attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale».

6        L’articolo 15 del medesimo regolamento così recita:

«1.      Ogni Stato membro garantisce l’adeguata ed efficace applicazione del presente regolamento.

2.      Gli Stati membri adottano le norme che stabiliscono le misure applicabili alle violazioni del presente regolamento e ne garantiscono l’attuazione. Le misure previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive».

7        L’articolo 16 del regolamento 2019/1150 prevede quanto segue:

«La Commissione [europea], in stretta cooperazione con gli Stati membri, monitora attentamente l’impatto del presente regolamento sulle relazioni tra i servizi di intermediazione online e i loro utenti commerciali e tra i motori di ricerca online e titolari di siti web aziendali. A tale fine la Commissione raccoglie informazioni pertinenti per monitorare l’evoluzione di tali relazioni, anche mediante la realizzazione di studi adeguati. Gli Stati membri assistono la Commissione fornendo, su richiesta, tutte le informazioni pertinenti raccolte, anche riguardo a casi specifici. Ai fini del presente articolo e dell’articolo 18, la Commissione può chiedere informazioni ai fornitori di servizi di intermediazione online».

8        A norma dell’articolo 18, paragrafi 1 e 3, di tale regolamento:

«1.      Entro il 13 gennaio 2022, e successivamente ogni tre anni, la Commissione procede a una valutazione del presente regolamento e presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio [dell’Unione europea] e al Comitato economico e sociale europeo.

(...)

3.      Gli Stati membri forniscono tutte le informazioni pertinenti in loro possesso che la Commissione può chiedere per elaborare la relazione di cui al paragrafo 1».

 Diritto italiano

 Legge del 31 luglio 1997, n. 249

9        L’articolo 1 della legge del 31 luglio 1997, n. 249 – Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (supplemento ordinario alla GURI n. 177, del 31 luglio 1997) recita:

«(...)

29.      I soggetti che nelle comunicazioni richieste dall’[AGCOM] espongono dati contabili o fatti concernenti l’esercizio della propria attività non rispondenti al vero, sono puniti con le pene previste dall’articolo 2621 del codice civile.

30.      I soggetti che non provvedono, nei termini e con le modalità prescritti, alla comunicazione dei documenti, dei dati e delle notizie richiesti dall’[AGCOM] sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione [(circa EUR 516)] a lire duecento milioni [(circa EUR 103 000)] irrogata dalla stessa Autorità.

(...)».

10      La legge del 31 luglio 1997, n. 249, come modificata dalla legge del 30 dicembre 2020, n. 178 – Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023 (supplemento ordinario alla GURI n. 322, del 30 dicembre 2020), all’articolo 1, comma 6, lettera c), numero 14-bis, prevede quanto segue:

«Le competenze dell’[AGCOM] sono così individuate:

(...)

c)      il consiglio:

(...)

14-bis) garantisce l’adeguata ed efficace applicazione del regolamento [2019/1150], anche mediante l’adozione di linee guida, la promozione di codici di condotta e la raccolta di informazioni pertinenti».

 Delibera n. 397/13

11      Il 25 giugno 2013 l’AGCOM ha adottato la delibera n. 397/13/CONS – Informativa economica di sistema (in prosieguo: la «delibera n. 397/13»).

12      L’articolo 2, comma 1, della delibera n. 397/13 elenca le categorie di soggetti tenuti a trasmettere all’AGCOM un documento denominato «Informativa economica di sistema» (in prosieguo: l’«IES»).

13      L’articolo 6 di tale delibera prevede quanto segue:

«1.      I soggetti che, ai fini dell’obbligo di cui all’art. 2 della presente delibera, comunicano dati non rispondenti al vero sono puniti ai sensi dell’articolo 1, comma 29, della legge [del 31 luglio 1997, n. 249].

2.      I soggetti che non adempiono, nei termini e secondo le modalità prescritte, all’obbligo di cui all’art. 2 sono puniti ai sensi dell’articolo 1, comma 30, della legge [del 31 luglio 1997, n. 249]».

 Delibera n. 161/21

14      Il 12 maggio 2021 l’AGCOM ha adottato la delibera n. 161/21/CONS – Modifiche alla delibera n. 397/13 del 25 giugno 2013 «Informativa Economica di Sistema» (in prosieguo: la «delibera n. 161/21»).

15      Secondo il preambolo della delibera n. 161/21:

«(...)

[Visto] il Regolamento [2019/1150] (…)

[Vista] la legge 30 dicembre 2020, n. 178 (…)

(...)

[Considerato] che l’[IES] è una dichiarazione annuale cui sono obbligati gli operatori delle comunicazioni e riguarda i dati anagrafici ed economici sull’attività svolta dai soggetti interessati, al fine di raccogliere gli elementi necessari per adempiere a precisi obblighi di legge, tra i quali la valorizzazione del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) e la verifica dei limiti anti concentrativi nell’ambito dello stesso; le analisi di mercato e delle eventuali posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo; la Relazione Annuale e le indagini (…), nonché per consentire l’aggiornamento della base statistica degli operatori di comunicazione;

[Considerato] che la legge 30 dicembre 2020, n. 178 attribuisce nuove competenze all’[AGCOM], affidando alla stessa la funzione di garantire “l’adeguata ed efficace applicazione del Regolamento [2019/1150] […] anche mediante l’adozione di linee guida, la promozione di codici di condotta e la raccolta di informazioni pertinenti”;

[Ravvisata], pertanto, l’esigenza di estendere [determinati] obblighi di comunicazione della IES in capo ai fornitori di servizi di intermediazione online e di motori di ricerca online allo scopo di raccogliere annualmente informazioni pertinenti e svolgere le attività tese ad assicurare l’adeguata ed efficace applicazione del Regolamento [2019/1150] e l’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178 all’[AGCOM];

(...)».

16      L’articolo 1, comma 1, di tale delibera ha modificato l’elenco di cui all’articolo 2 della delibera n. 397/13 al fine di estendere l’obbligo di trasmettere l’IES all’AGCOM alle due seguenti categorie di soggetti:

«(...)

h)      I fornitori di servizi di intermediazione online: persone fisiche o giuridiche che, anche se non stabilite o residenti nel territorio nazionale, forniscono, od offrono di fornire, servizi di intermediazione online, come definiti dal Regolamento [2019/1150], agli utenti commerciali stabiliti o residenti in Italia;

i)      I fornitori di motori di ricerca online: persone fisiche o giuridiche che, anche se non stabilite o residenti nel territorio nazionale, forniscono, od offrono di fornire, un motore di ricerca online, come definito dal Regolamento [2019/1150], in lingua italiana o agli utenti stabiliti o residenti in Italia.

(...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17      La Expedia è una società con sede a Seattle (Stati Uniti) che gestisce piattaforme informatiche, attraverso le quali vengono forniti servizi di prenotazione di alloggi e di viaggi online.

18      A seguito delle modifiche del quadro normativo nazionale derivanti dalla legge del 30 dicembre 2020, n. 178 e dalla delibera n. 161/21, adottate dalle autorità italiane segnatamente al fine di garantire l’applicazione del regolamento 2019/1150, la Expedia, in quanto fornitrice di servizi di intermediazione online, è attualmente soggetta all’obbligo di trasmettere all’AGCOM l’IES, un documento in cui devono essere inserite informazioni relative alla situazione economica del fornitore.

19      La Expedia ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), giudice del rinvio, volto ad ottenere l’annullamento della delibera n. 161/21.

20      Dinanzi a detto giudice, la Expedia sostiene che tale delibera, imponendole l’obbligo di trasmettere l’IES all’AGCOM, viola il regolamento 2019/1150, il quale sarebbe una misura di armonizzazione ispirata dal principio di proporzionalità e che non consentirebbe quindi un aggravamento degli obblighi procedurali imposti ai fornitori di servizi di intermediazione online, a prescindere dal fatto che essi siano stabiliti nell’Unione o in un paese terzo.

21      Al riguardo, detto giudice ricorda, in primo luogo, che, a seguito dell’adozione del regolamento 2019/1150, il legislatore italiano, con la legge del 30 dicembre 2020, n. 178, ha modificato la legge del 31 luglio 1997, n. 249.

22      Pertanto, l’AGCOM ha il compito di garantire l’applicazione del regolamento 2019/1150, in particolare mediante la raccolta di informazioni [articolo 1, comma 6, lettera c), numero 14-bis, della legge del 31 luglio 1997, n. 249, come modificata dalla legge del 30 dicembre 2020, n. 178].

23      In secondo luogo, il giudice del rinvio riferisce che, con la delibera n. 161/21, l’AGCOM ha modificato la delibera n. 397/13 al fine di tenere conto delle misure adottate dal legislatore italiano per l’applicazione del regolamento 2019/1150. Di conseguenza, l’obbligo di trasmettere l’IES all’AGCOM è stato esteso ai fornitori di servizi di intermediazione online e di motori di ricerca online (in prosieguo: i «fornitori dei servizi in questione») che offrono servizi in Italia.

24      Tale giudice precisa che la trasmissione dell’IES è stata inizialmente prevista per le esigenze del Garante per la radiodiffusione e l’editoria (Italia), in forza di disposizioni legislative che gli attribuivano il potere di adottare misure volte a stabilire i dati contabili e le altre informazioni che determinati enti dovevano comunicargli, e che le competenze di tale Garante sono state trasferite all’AGCOM.

25      Secondo detto giudice, con la delibera n. 161/21 l’AGCOM ha imposto ai fornitori dei servizi in questione l’obbligo di trasmetterle informazioni rilevanti e specifiche relative alla loro situazione economica. Così, ad esempio, tali fornitori sarebbero tenuti a comunicare i ricavi totali provenienti da siti di e-commerce, gli importi riscossi per canoni di abbonamento e per quote di registrazione, affiliazione o sottoscrizione ai fini dell’utilizzo della piattaforma di e-commerce di tali fornitori da parte di utenti stabiliti in Italia per offrire beni o servizi ai consumatori, le commissioni fisse e variabili trattenute sulle vendite, realizzate attraverso la piattaforma di e-commerce, di beni o di servizi offerti ai consumatori da utenti commerciali di servizi di intermediazione online, ai sensi dell’articolo 2, punto 1, del regolamento 2019/1150 (in prosieguo: gli «utenti commerciali»), stabiliti in Italia, le commissioni fisse e variabili corrisposte da utenti commerciali stabiliti in Italia per le vendite di beni o servizi offerti ai consumatori attraverso la piattaforma di e-commerce, gli altri ricavi provenienti da servizi di intermediazione diversi dalla pubblicità, forniti a utenti commerciali o ad utenti diversi da questi ultimi, stabiliti in Italia, che offrono beni o servizi ai consumatori attraverso la piattaforma di e-commerce.

26      Il giudice del rinvio evidenzia che la mancata trasmissione dell’IES all’AGCOM o la comunicazione di dati non veritieri sono puniti con le sanzioni previste dall’articolo 1, commi 29 e 30, della legge del 31 luglio 1997, n. 249.

27      Alla luce di tali elementi, detto giudice ritiene che l’obbligo di trasmettere l’IES all’AGCOM possa essere incompatibile con il regolamento 2019/1150.

28      Tale giudice osserva che detto regolamento contiene disposizioni dirette ad assicurare la sua applicazione e i suoi effetti. Da un lato, esso ricorda che, ai sensi dell’articolo 15 del medesimo regolamento, gli Stati membri garantiscono l’adeguata ed efficace applicazione dello stesso e stabiliscono le misure applicabili alle violazioni di quest’ultimo, che devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

29      Dall’altro lato, il giudice del rinvio cita l’articolo 16 del regolamento 2019/1150, secondo il quale la Commissione, anzitutto, in stretta cooperazione con gli Stati membri, monitora attentamente l’impatto di detto regolamento sulle relazioni, in particolare, tra i servizi di intermediazione online e i loro utenti commerciali, inoltre, raccoglie a tal fine informazioni pertinenti per monitorare l’evoluzione di tali relazioni con l’assistenza degli Stati membri che le forniscono, su richiesta, tutte le informazioni pertinenti raccolte, anche riguardo a casi specifici, e infine può chiedere informazioni ai fornitori dei servizi in questione.

30      Tale giudice ritiene, di conseguenza, che non vi sia alcun legame tra il rispetto degli obblighi previsti dal regolamento 2019/1150 e le informazioni richieste ai fini dell’IES, le quali riguardano principalmente i ricavi dei fornitori dei servizi in questione e non sono pertinenti allo scopo di garantire la trasparenza e l’equità dei rapporti tra tali fornitori e gli utenti commerciali. Pertanto, secondo detto giudice, con le misure nazionali in forza delle quali i fornitori dei servizi di intermediazione online sono attualmente tenuti a trasmettere l’IES all’AGCOM (in prosieguo: le «misure nazionali controverse»), le autorità italiane hanno introdotto nel loro ordinamento giuridico disposizioni che prevedono un controllo relativo a elementi soggettivi inerenti a tali fornitori, il quale sarebbe del tutto diverso dal controllo previsto da tale regolamento, concernente il rispetto da parte di questi ultimi degli obblighi stabiliti da detto regolamento.

31      Lo stesso giudice precisa che, qualora l’obbligo di trasmettere l’IES all’AGCOM fosse incompatibile con il regolamento 2019/1150, la delibera n. 161/21 sarebbe invalida, in quanto la legge del 30 dicembre 2020, n. 178 attribuisce all’AGCOM solo la funzione di garantire l’adeguata ed efficace applicazione di tale regolamento.

32      Ciò premesso, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il regolamento [2019/1150] e, in particolare, l’articolo 15, nonché il principio di proporzionalità ostino a una normativa di uno Stato membro o ad una misura adottata da un’Autorità indipendente nazionale (…) che obblighi i fornitori di servizi di intermediazione online esteri a fornire un’informativa che contenga informazioni estranee alle finalità del regolamento stesso.

2)      Se in ogni caso, le informazioni richieste tramite la trasmissione dell’IES possono ritenersi pertinenti e strumentali ai fini della adeguata ed efficace [applicazione] del regolamento [2019/1150]».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

33      Il governo italiano nutre dubbi sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, per il motivo che le due questioni sollevate sarebbero contraddittorie, in quanto il giudice del rinvio, da un lato, affermerebbe, senza spiegarne le ragioni, che l’obbligo di trasmettere l’IES all’AGCOM è estraneo all’applicazione del regolamento 2019/1150 e, dall’altro, chiederebbe alla Corte di esaminare la pertinenza e l’utilità delle informazioni da inserire nell’IES ai fini della corretta applicazione di detto regolamento, ancorché tale esame rientri nella competenza del giudice del rinvio, comportando segnatamente lo svolgimento di valutazioni di ordine fattuale.

34      In primo luogo, si deve ricordare che, nell’ambito di un procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, fondato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale. Tuttavia, al fine di dare a quest’ultimo una risposta utile, la Corte può, in uno spirito di cooperazione con i giudici nazionali, fornirgli tutte le indicazioni che reputa necessarie (sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

35      Inoltre, sebbene non spetti alla Corte interpretare le norme del diritto interno di uno Stato membro, la stessa può tuttavia fornire al giudice del rinvio i chiarimenti richiesti sulle disposizioni di diritto dell’Unione che possono ostare a tali norme (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 64 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’8 maggio 2019, Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti, C‑494/17, EU:C:2019:387, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

36      In secondo luogo, occorre rilevare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 80 delle sue conclusioni, che la contraddizione eccepita dal governo italiano, menzionata al punto 33 della presente sentenza, deriva dal fatto che il giudice del rinvio, nella prima questione, indica esso stesso che le informazioni da fornire ai fini dell’IES sono, secondo la sua valutazione, estranee alle finalità del regolamento 2019/1150, pur chiedendo, con la seconda questione, se tali informazioni possano essere pertinenti e strumentali ai fini dell’adeguata ed efficace applicazione di detto regolamento.

37      Orbene, i dubbi del governo italiano, che riguardano sia i limiti della competenza della Corte sia l’asserita contraddittorietà delle questioni sollevate, possono essere dissipati mediante un esame congiunto di queste ultime, vertente sulla questione se il regolamento 2019/1150 osti a misure nazionali come le misure nazionali controverse.

38      Ne consegue che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Sulle questioni pregiudiziali

39      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il regolamento 2019/1150 debba essere interpretato nel senso che esso giustifica l’adozione da parte di uno Stato membro di misure in forza delle quali, a pena di sanzioni, i fornitori di servizi di intermediazione online sono obbligati, al fine di prestare i loro servizi in tale Stato membro, a trasmettere periodicamente a un’autorità di quest’ultimo un documento relativo alla loro situazione economica, nel quale devono essere precisate numerose informazioni concernenti, in particolare, i ricavi di tali fornitori.

40      In via preliminare, si deve ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, ai sensi dell’articolo 288 TFUE e in ragione della natura stessa dei regolamenti e della loro funzione nel sistema delle fonti del diritto dell’Unione, le disposizioni dei regolamenti producono generalmente effetti immediati negli ordinamenti giuridici nazionali, senza che le autorità nazionali debbano adottare misure di applicazione. Tuttavia, talune di tali disposizioni possono richiedere, per la loro attuazione, l’adozione di misure di applicazione da parte degli Stati membri (sentenza del 15 giugno 2021, Facebook Ireland e a., C‑645/19, EU:C:2021:483, punto 110 nonché giurisprudenza ivi citata).

41      Laddove l’attuazione di alcune disposizioni di un regolamento lo richieda, gli Stati membri possono adottare misure di applicazione del regolamento stesso, se essi non ostacolano la sua diretta applicabilità, se non dissimulano la sua natura di atto di diritto dell’Unione e se precisano l’esercizio del margine discrezionale ad essi conferito da tale regolamento rimanendo nei limiti delle sue disposizioni (sentenza del 22 gennaio 2020, Ursa Major Services, C‑814/18, EU:C:2020:27, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

42      A tal proposito, deve farsi riferimento alle disposizioni pertinenti del regolamento in questione, interpretate alla luce degli obiettivi del medesimo, al fine di stabilire se queste ultime vietino, impongano o consentano agli Stati membri di emanare talune misure di applicazione e, in particolare, in quest’ultima ipotesi, se la misura di cui trattasi rientri nel margine di discrezionalità riconosciuto a ciascuno Stato membro (sentenza del 22 gennaio 2020, Ursa Major Services, C‑814/18, EU:C:2020:27, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

43      Dalla giurisprudenza risulta inoltre che, nell’adottare siffatte misure, gli Stati membri sono tenuti a rispettare il principio di proporzionalità, il quale vincola le loro autorità legislative e di regolamentazione in sede di applicazione del diritto dell’Unione ed esige che i mezzi approntati da una disposizione siano idonei a realizzare l’obiettivo perseguito dalla normativa dell’Unione di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2018, Commissione/Danimarca, C‑541/16, EU:C:2018:251, punti 49 e 50 nonché giurisprudenza ivi citata).

44      Pertanto, al fine di rispondere alle questioni sollevate, occorre determinare quale sia l’obiettivo perseguito dal regolamento 2019/1150 e quali siano le disposizioni di quest’ultimo che attribuiscono un ruolo agli Stati membri ai fini della sua applicazione.

45      Per quanto riguarda, da un lato, tale obiettivo, dai suoi considerando 7 e 51 risulta che detto regolamento si prefigge di fissare una serie mirata di norme vincolanti a livello dell’Unione al fine di garantire un contesto commerciale online equo, prevedibile, sostenibile e sicuro nell’ambito del mercato interno. In particolare, gli utenti commerciali dovrebbero poter beneficiare di un’adeguata trasparenza e di efficaci possibilità di ricorso in tutta l’Unione, al fine di facilitare le attività economiche a livello transfrontaliero all’interno dell’Unione e così migliorare il corretto funzionamento del mercato interno.

46      L’articolo 1, paragrafo 1, di tale regolamento precisa che quest’ultimo contribuisce al corretto funzionamento di detto mercato stabilendo norme intese a garantire che gli utenti commerciali e gli utenti titolari di siti web aziendali che siano in relazione con motori di ricerca online dispongano di un’adeguata trasparenza, di equità e di efficaci possibilità di ricorso.

47      In tale contesto, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 100 delle sue conclusioni, il regolamento 2019/1150 impone ai fornitori dei servizi in questione obblighi specifici riguardanti la trasparenza e l’equità delle condizioni applicate agli utenti commerciali e prevede disposizioni sulla risoluzione extragiudiziale e giudiziale delle controversie tra tali fornitori e gli utenti commerciali.

48      Per quanto riguarda, dall’altro lato, le disposizioni del regolamento 2019/1150 che attribuiscono un ruolo agli Stati membri ai fini della sua applicazione, occorre ricordare, in primo luogo, che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, di tale regolamento, ogni «Stato membro garantisce l’adeguata ed efficace applicazione» di detto regolamento. Il paragrafo 2 dello stesso articolo 15 precisa che gli «Stati membri adottano le norme che stabiliscono le misure applicabili alle violazioni [di detto] regolamento e ne garantiscono l’attuazione» e che tali misure «sono efficaci, proporzionate e dissuasive».

49      Detto articolo 15 deve essere letto alla luce del considerando 46 del regolamento 2019/1150, ai sensi del quale, in particolare, gli «Stati membri dovrebbero avere la possibilità di incaricare le autorità esistenti, compresi gli organi giurisdizionali, dell’esecuzione del presente regolamento», fermo restando, tuttavia, che tale «regolamento non dovrebbe obbligare gli Stati membri a prevedere l’esecuzione d’ufficio o a infliggere ammende».

50      In secondo luogo, l’articolo 16 del regolamento 2019/1150 dispone in particolare che la «Commissione, in stretta cooperazione con gli Stati membri, monitora attentamente l’impatto del presente regolamento sulle relazioni tra i servizi di intermediazione online e i loro utenti commerciali». A tal fine, «la Commissione raccoglie informazioni pertinenti per monitorare l’evoluzione di tali relazioni». Quanto agli Stati membri, detto articolo 16 prevede che questi ultimi «assistono la Commissione fornendo, su richiesta, tutte le informazioni pertinenti raccolte, anche riguardo a casi specifici». Inoltre, «la Commissione può chiedere informazioni ai fornitori di servizi di intermediazione online».

51      In terzo luogo, l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento 2019/1150 precisa che gli «Stati membri forniscono [alla Commissione] tutte le informazioni pertinenti in loro possesso che [quest’ultima] può chiedere per elaborare la relazione» che tale istituzione è tenuta a presentare periodicamente nell’ambito della revisione di detto regolamento prevista dal paragrafo 1 di tale articolo 18.

52      Sotto un primo profilo, dai punti 50 e 51 della presente sentenza emerge che le informazioni che possono essere richieste dalla Commissione agli Stati membri, in forza degli articoli 16 e 18 del regolamento 2019/1150, devono essere pertinenti al fine di consentire a tale istituzione di monitorare l’evoluzione delle relazioni, in particolare, tra i fornitori di servizi di intermediazione online e gli utenti commerciali oppure di elaborare rapporti sulla valutazione di tale regolamento.

53      Poiché, come risulta dai punti da 45 a 47 della presente sentenza, il regolamento 2019/1150 mira a garantire un contesto commerciale online equo, prevedibile, sostenibile e sicuro nell’ambito del mercato interno, in cui gli utenti commerciali dispongano di un’adeguata trasparenza, di equità e di efficaci possibilità di ricorso, le informazioni raccolte dalle autorità nazionali possono essere qualificate come «pertinenti», ai sensi degli articoli 16 e 18 di tale regolamento, solo qualora presentino un nesso sufficientemente diretto con tale obiettivo.

54      Per contro, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 113 e 114 delle sue conclusioni, uno Stato membro non può, ai fini dell’applicazione del regolamento 2019/1150, raccogliere informazioni scelte in maniera arbitraria con la motivazione che esse potrebbero essere richieste in seguito dalla Commissione nell’esercizio del suo compito di monitoraggio e revisione di tale regolamento. Infatti, la possibilità di raccogliere informazioni con tale pretesto consentirebbe a uno Stato membro di eludere le prescrizioni derivanti dai principi richiamati ai punti da 41 a 43 della presente sentenza riguardanti l’adozione da parte degli Stati membri delle misure di applicazione di un regolamento. Inoltre, il regolamento 2019/1150 non impone agli Stati membri di raccogliere, di propria iniziativa, le informazioni che potrebbero occorrere alla Commissione per svolgere i suoi compiti, poiché tali informazioni devono essere fornite solo «su richiesta» di detta istituzione, la quale, del resto, può chiedere informazioni direttamente ai fornitori di servizi di intermediazione online.

55      Sotto un secondo profilo, qualora uno Stato membro affidi a un’autorità amministrativa il compito di provvedere all’esecuzione del regolamento 2019/1150, conformemente all’articolo 15 di quest’ultimo, le informazioni che la stessa autorità può raccogliere, ai fini dell’esercizio di tale compito, sono idonee a realizzare l’obiettivo di detto regolamento solo se presentano un nesso sufficientemente diretto con quest’ultimo.

56      Al riguardo, come indicato dall’avvocato generale, in sostanza, nei paragrafi da 121 a 123 delle sue conclusioni, le informazioni relative alla situazione economica dei fornitori di servizi di intermediazione online non presentano un nesso sufficientemente diretto con l’obiettivo del regolamento 2019/1150, come ricordato ai punti da 45 a 47 della presente sentenza. Infatti, le informazioni richieste ai fornitori di tali servizi sulla base del regolamento 2019/1150 devono riguardare le condizioni del servizio prestato, al fine, in particolare, di consentire alle autorità competenti di conoscere e valutare l’equità delle condizioni contrattuali stabilite da tali fornitori per gli utenti commerciali all’interno dell’Unione. Orbene, il nesso tra, da un lato, la situazione economica di un fornitore di tali servizi e, dall’altro, le modalità con le quali gli stessi servizi sono prestati agli utenti commerciali, anche ammettendo che esista, può essere solo indiretto. Pertanto, alla luce di detto regolamento, il controllo della veridicità delle informazioni relative a tale situazione economica, invocato dal governo italiano, non è rilevante. Per quanto riguarda l’individuazione di eventuali «distorsioni della concorrenza», alla quale tale governo fa parimenti riferimento, la stessa non rientra nell’obiettivo di detto regolamento, in quanto quest’ultimo non pregiudica il diritto dell’Unione applicabile nel settore della concorrenza, come precisato dal suo articolo 1, paragrafo 5.

57      Di conseguenza, alla luce degli elementi relativi al contenuto dell’IES forniti a titolo esemplificativo dal giudice del rinvio, quali menzionati al punto 25 della presente sentenza, risulta, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi da 125 a 128 delle sue conclusioni, che l’esecuzione del regolamento 2019/1150 non giustifica misure quali le misure nazionali controverse.

58      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che il regolamento 2019/1150 deve essere interpretato nel senso che esso non giustifica, ai fini dell’adeguata ed efficace applicazione del medesimo regolamento, l’adozione da parte di uno Stato membro di misure ai sensi delle quali, a pena di sanzioni, i fornitori di servizi di intermediazione online sono obbligati, allo scopo di prestare i loro servizi in tale Stato membro, a trasmettere periodicamente a un’autorità di quest’ultimo un documento relativo alla loro situazione economica, nel quale devono essere precisate numerose informazioni concernenti, in particolare, i ricavi degli stessi fornitori.

 Sulle spese

59      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

Il regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non giustifica, ai fini dell’adeguata ed efficace applicazione del medesimo regolamento, l’adozione da parte di uno Stato membro di misure ai sensi delle quali, a pena di sanzioni, i fornitori di servizi di intermediazione online sono obbligati, allo scopo di prestare i loro servizi in tale Stato membro, a trasmettere periodicamente a un’autorità di quest’ultimo un documento relativo alla loro situazione economica, nel quale devono essere precisate numerose informazioni concernenti, in particolare, i ricavi degli stessi fornitori.

Prechal

Biltgen

Wahl

Passer

 

Arastey Sahún

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 maggio 2024.

Il cancelliere

 

La presidente di sezione

A. Calot Escobar

 

A. Prechal


*      Lingua processuale: l’italiano.