Language of document : ECLI:EU:C:2014:224

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 3 aprile 2014 (1)

Causa C‑114/12

Commissione europea

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Negoziazione di una Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione – Competenza – Procedura»





1.        È sorta una controversia fra la Commissione europea e il Consiglio dell’Unione europea sulla competenza a negoziare una Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione (in prosieguo: la «Convenzione»).

2.        Il 19 dicembre 2011, il Consiglio e i rappresentanti degli Stati membri (riuniti in sede di Consiglio quali rappresentanti dei rispettivi governi) hanno autorizzato la Commissione a partecipare ai negoziati per la Convenzione, con riguardo alle materie di competenza dell’Unione europea, e hanno dato mandato alla Presidenza di negoziare in nome e per conto degli Stati membri in relazione alle materie di competenza di questi ultimi (in prosieguo: la «decisione») (2). La Commissione chiede l’annullamento della decisione per violazione della competenza esterna esclusiva dell’Unione europea nel settore della protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione. Inoltre, la Commissione sostiene che la decisione dovrebbe essere annullata perché adottata in violazione delle norme di procedura applicabili e del principio di leale cooperazione (3).

 La Convenzione

3.        Nel 2002 il Consiglio d’Europa ha adottato la raccomandazione Rec(2002)7 sulle misure volte ad accrescere la protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione connessi al diritto d’autore (in prosieguo: la «raccomandazione del 2002») (4). Con decisione del 20 febbraio 2008, il Comitato dei ministri del Consiglio ha incaricato il Comitato direttivo per i media e i nuovi servizi di comunicazione (in prosieguo: il «CDMC») (5) di valutare la fattibilità di un rafforzamento di tali diritti. Sempre nel 2008, il gruppo di valutazione ad hoc del CDMC ha redatto un memorandum su un possibile strumento del Consiglio d’Europa sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione e una valutazione di fattibilità (in prosieguo: il «memorandum del 2008»).

4.        Nel 2009, il CDMC ha approvato il mandato (in prosieguo: «il mandato del 2009») (6) del gruppo di consulenza ad hoc sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione connessi al diritto d’autore (in prosieguo: il «MC‑S‑NR»), incaricandolo di occuparsi dei lavori sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione connessi al diritto d’autore e, possibilmente, di redigere un progetto di Convenzione.

5.        Il MC-S-NR non è stato ancora costituito. Sono state tuttavia intraprese consultazioni sulla sua futura attività. Alla riunione consultiva del 2010 sono state discusse questioni concernenti lo scopo e l’ambito di applicazione di un’eventuale Convenzione (7). Risulta in particolare dal memorandum del 2008 e dalla relazione della riunione consultiva del 2010 (in prosieguo: la «relazione della riunione del 2010») che lo scopo è di convenire su un gruppo di diritti esclusivi degli organismi di radiodiffusione, come il diritto di fissazione (8), il diritto di riproduzione, il diritto di ritrasmissione, il diritto di messa a disposizione del pubblico, il diritto di comunicazione al pubblico e il diritto di distribuzione, in termini tecnologicamente neutri (9). Altre aree di discussione comprendono la protezione dei segnali portatori di programmi prima della radiodiffusione (10), la durata della protezione, la necessità di un elenco non esaustivo di limitazioni ed eccezioni, l’attuazione dei diritti e degli obblighi riguardanti le misure tecnologiche e le informazioni sul regime dei diritti (11).

6.        La Convenzione completerebbe le norme dei trattati internazionali e regionali già esistenti sulla stessa materia. Un notevole numero di tali norme e trattati non è stato ratificato e/o non è entrato in vigore (12). Poiché i progressi tecnologici continuano a ritmo sostenuto, molte di dette norme perdono inoltre parte della loro efficacia (rendendo conseguentemente meno probabile la ratifica e l’entrata in vigore dei trattati che le prevedono).

7.        Parallelamente ai lavori preparatori per una possibile Convenzione del Consiglio d’Europa, proseguono le negoziazioni per un trattato dell’OMPI sui diritti degli organismi di radiodiffusione (13). Lo scopo di tali negoziati, similmente a quelli in sede di Consiglio d’Europa, è quello di «aggiornare» i diritti degli organismi di radiodiffusione come risposta ai cambiamenti e al crescente uso della tecnologia. Nel 2001, la Comunità europea e gli Stati membri hanno presentato congiuntamente all’OMPI una proposta di trattato sulla protezione degli organismi di radiodiffusione (14).

8.        In parte anche a causa dell’assenza di progressi significativi nelle discussioni con l’OMPI, il Consiglio d’Europa ha deciso di avviare i negoziati per la conclusione di una Convenzione distinta. I documenti depositati in questo procedimento evidenziano tuttavia che i predetti negoziati terranno conto di quelli condotti con l’OMPI e degli altri obblighi internazionali delle parti contraenti, sia esistenti sia futuri e potenziali (15).

 Contesto normativo

 Il Trattato sull’Unione europea

9.        L’articolo 5 TUE enuncia il principio di attribuzione, secondo il quale le competenze non attribuite all’Unione europea dai Trattati rimangono agli Stati membri (16). L’articolo 5, paragrafo 2, TUE dispone che: «(...) l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri».

10.      L’articolo 13, paragrafo 2, TUE così stabilisce: «Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione».

11.      L’articolo 16, paragrafo 3, TUE stabilisce: «Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente».

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

12.      Ai sensi dell’articolo 2 TFUE,

«1.      Quando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza esclusiva in un determinato settore, solo l’Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall’Unione oppure per dare attuazione agli atti dell’Unione.

2.      Quando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l’Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria (17). Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l’Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria.

(…)».

13.      L’articolo unico del Protocollo n. 25 (18) sull’esercizio delle competenze concorrenti così dispone: «Con riferimento all’articolo 2, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea relativo alla competenza concorrente, quando l’Unione agisce in un determinato settore, il campo di applicazione di questo esercizio di competenza copre unicamente gli elementi disciplinati dall’atto dell’Unione in questione e non copre pertanto l’intero settore».

14.      L’articolo 3, paragrafo 1, TFUE, elenca i settori in cui l’Unione europea ha competenza esclusiva, ivi inclusi:

«(…)

b)      definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno;

(…)

e)      politica commerciale comune».

15.      La competenza esclusiva per la conclusione di un trattato internazionale è attribuita all’Unione europea dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE «allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell’Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata».

16.      L’articolo 4 TFUE riguarda la competenza concorrente, e dispone come segue:

«1.      L’Unione ha competenza concorrente con quella degli Stati membri quando i trattati le attribuiscono una competenza che non rientra nei settori di cui agli articoli 3 e 6.

2.      L’Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri nei principali seguenti settori:

a)      mercato interno;

(…)».

17.      Ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1, TFUE, l’Unione europea «adotta le misure destinate all’instaurazione o al funzionamento del mercato interno, conformemente alle disposizioni pertinenti dei trattati». L’articolo 114, paragrafo 1, TFUE dispone l’adozione da parte del Parlamento e del Consiglio, conformemente alla procedura legislativa ordinaria, delle «misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno».

18.      La prima frase dell’articolo 83, paragrafo 2, TFUE, dispone quanto segue: «Allorché il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia penale si rivela indispensabile per garantire l’attuazione efficace di una politica dell’Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione, norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore in questione possono essere stabilite tramite direttive. (…)».

19.      Il titolo I della Parte Quinta del TFUE contiene le norme generali sull’azione esterna dell’Unione europea. Ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, la politica commerciale comune [che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TUE, è una competenza esclusiva] «(…) è fondata su principi uniformi‚ in particolare per quanto concerne (…) gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale (…). La politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione». Il Titolo V della medesima parte riguarda specificamente gli accordi internazionali. L’articolo 216 TFUE così stabilisce:

«1.      L’Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell’Unione, oppure possa incidere su norme comuni o modificarne la portata.

2.      Gli accordi conclusi dall’Unione vincolano le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri».

20.      L’articolo 218 del TFUE enuncia le norme procedurali che disciplinano, fra l’altro, la negoziazione, la firma e la conclusione di accordi internazionali:

«1.      Fatte salve le disposizioni particolari dell’articolo 207, gli accordi tra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente.

2.      Il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi.

3.      La Commissione (…) presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l’avvio dei negoziati e designa, in funzione della materia dell’accordo previsto, il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell’Unione.

4.      Il Consiglio può impartire direttive al negoziatore e designare un comitato speciale che deve essere consultato nella conduzione dei negoziati.

5.      Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione che autorizza la firma dell’accordo e, se del caso, la sua applicazione provvisoria prima dell’entrata in vigore.

6.      Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione relativa alla conclusione dell’accordo.

(…) il Consiglio adotta la decisione di conclusione dell’accordo:

a)      previa approvazione del Parlamento europeo nei casi seguenti:

(…)

v)      accordi che riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria oppure la procedura legislativa speciale qualora sia necessaria l’approvazione del Parlamento europeo.

In caso d’urgenza‚ il Parlamento europeo e il Consiglio possono concordare un termine per l’approvazione;

b)      previa consultazione del Parlamento europeo, negli altri casi. Il Parlamento europeo formula il parere nel termine che il Consiglio può fissare in funzione dell’urgenza. In mancanza di parere entro detto termine, il Consiglio può deliberare.

7.      All’atto della conclusione di un accordo‚ il Consiglio‚ in deroga ai paragrafi 5, 6 e 9‚ può abilitare il negoziatore ad approvare a nome dell’Unione le modifiche dell’accordo se quest’ultimo ne prevede l’adozione con una procedura semplificata o da parte di un organo istituito dall’accordo stesso. Il Consiglio correda eventualmente questa abilitazione di condizioni specifiche.

8.      Nel corso dell’intera procedura, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

Tuttavia esso delibera all’unanimità quando l’accordo riguarda un settore per il quale è richiesta l’unanimità per l’adozione di un atto dell’Unione e per gli accordi di associazione e gli accordi di cui all’articolo 212 con gli Stati candidati all’adesione. Il Consiglio delibera all’unanimità anche per l’accordo sull’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; la decisione sulla conclusione di tale accordo entra in vigore previa approvazione degli Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali.

9.      Il Consiglio, su proposta della Commissione (…) adotta una decisione sulla sospensione dell’applicazione di un accordo e che stabilisce le posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo, se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici, fatta eccezione per gli atti che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo.

10.      Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura.

11.      Uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con i trattati. In caso di parere negativo della Corte, l’accordo previsto non può entrare in vigore, salvo modifiche dello stesso o revisione dei trattati».

21.      L’articolo 263, primo comma, TFUE così dispone:

«La Corte (…) esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi».

22.      L’articolo 288 TFUE dispone quanto segue:

«Per esercitare le competenze dell’Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

(…)

La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi.

(…)».

 La legislazione dell’Unione sui diritti connessi degli organismi di radiodiffusione

23.      Il ricorso della Commissione è incentrato sulla competenza a negoziare un accordo sui diritti connessi degli organismi di radiodiffusione. Pertanto limiterò la presente esposizione alla legislazione dell’Unione che disciplina tali diritti.

24.      Detta legislazione è piuttosto frammentata e si rinviene in una pluralità di strumenti normativi. Il diritto d’autore e i diritti connessi furono inizialmente trattati congiuntamente nella direttiva 92/100, poi abrogata e sostituita dalla direttiva 2006/115 (in prosieguo: la «direttiva sui diritti di noleggio e prestito») (19). Secondo il considerando 16 di quest’ultima, «gli Stati membri dovrebbero poter riconoscere ai titolari di diritti connessi col diritto d’autore una tutela più estesa di quella che le disposizioni della presente direttiva contemplano in ordine alla radiodiffusione e comunicazione al pubblico» (20).

25.      La direttiva 2006/115 si applica in combinato disposto con la direttiva 2006/116 (per quanto riguarda la durata della protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi) (21), con la direttiva 93/83 (che contiene regole distinte per le trasmissioni satellitari e la ritrasmissione via cavo) (22) e con la direttiva 2001/29 (sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione).

26.      Queste direttive insistono sul carattere distinto del diritto d’autore rispetto ai diritti connessi, disponendo che la protezione dei diritti connessi lascia totalmente impregiudicata la protezione del diritto d’autore (23).

27.      L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2006/115, enuncia il diritto di fissazione degli organismi di radiodiffusione, cioè il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la fissazione delle loro emissioni, trasmesse su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite. L’articolo 7, paragrafo 3, dispone che detto diritto non è concesso al distributore via cavo qualora ritrasmetta semplicemente via cavo le emissioni di altri organismi di radiodiffusione. Secondo l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/83, la protezione di cui trattasi si applica altresì in caso di comunicazione al pubblico via satellite, definita dalla direttiva medesima all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a) come «(…) l’atto di inserire, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi destinati ad essere ricevuti dal pubblico in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra».

28.      L’articolo 2, lettera e), della direttiva 2001/29, enuncia il diritto di riproduzione (24), in forza del quale «gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte: (…) agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite». Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/83, questa protezione si applica anche in caso di comunicazione al pubblico via satellite.

29.      L’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2006/115, impone agli Stati membri di riconoscere agli organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la comunicazione al pubblico delle loro emissioni, se questa comunicazione avviene in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso. Secondo il considerando 16, gli Stati membri possono riconoscere a questi diritti una tutela più ampia. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/83, questa protezione si applica anche in caso di comunicazione al pubblico via satellite, ma il successivo articolo 6, paragrafo 1, conferma che anche in questo caso si tratta del il livello minimo di protezione.

30.      L’articolo 3, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2001/29, riconosce il diritto di messa a disposizione del pubblico, ossia «(...) il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la messa a disposizione del pubblico, su filo o senza filo, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente (…) agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite». Secondo il considerando 24 della direttiva 2001/29, tale diritto «(…) andrebbe inteso come riguardante tutti gli atti che mettono tale materiale a disposizione del pubblico non presente nel luogo in cui hanno origine tali atti, con l’esclusione di tutti gli altri atti».

31.      L’articolo 9, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2006/115 impone agli Stati membri di riconoscere agli organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di distribuzione, consistente nel mettere a disposizione del pubblico, attraverso la vendita o in altro modo, le fissazioni delle loro emissioni e le copie delle stesse. L’articolo 9, paragrafo 2, riguarda l’esaurirsi del diritto in esame, e l’articolo 9, paragrafo 3, precisa che il diritto di distribuzione non pregiudica le disposizioni sui diritti di noleggio e prestito di cui al Capo I della medesima direttiva. L’articolo 9, paragrafo 4, prevede che «[i]l diritto di distribuzione può essere trasferito, ceduto o dato in uso in base a licenza contrattuale».

32.      L’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2006/115 impone agli Stati membri di riconoscere agli organismi di radiodiffusione il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la ritrasmissione (cui ci si riferisce talvolta come riemissione) via etere delle loro emissioni. Ai sensi del considerando 16, gli Stati membri possono riconoscere a questi diritti una tutela più ampia. L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/83 ha esteso il diritto di cui trattasi alla comunicazione al pubblico via satellite, e il successivo articolo 6, paragrafo 1, conferma che si tratta di un livello minimo di protezione.

33.      L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2006/115 enuncia quattro casi in cui gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere eccezioni ai diritti connessi, attribuiti ai sensi del Capo II della direttiva medesima. Inoltre, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere limitazioni della stessa natura di quelle applicate alla protezione del diritto d’autore sulle opere letterarie e artistiche. La stessa norma dispone inoltre che «(…) non possono tuttavia essere istituite licenze obbligatorie se non nella misura in cui siano compatibili con le disposizioni della Convenzione di Roma». In ogni caso, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, dette limitazioni «(…) possono essere applicate solo in determinati casi speciali che non siano in contrasto con il normale sfruttamento dei materiali protetti e non arrechino indebitamente pregiudizio ai legittimi interessi dei titolari dei diritti».

34.      Secondo il considerando 31 della direttiva 2001/29, le «(…) eccezioni e limitazioni dovrebbero essere definite in modo più uniforme» e «il grado di armonizzazione di dette eccezioni dovrebbe dipendere dal loro impatto sul corretto funzionamento del mercato interno». Il considerando 32 aggiunge che la direttiva 2001/29 «fornisce un elenco esaustivo delle eccezioni e limitazioni al diritto di riproduzione e al diritto di comunicazione al pubblico». Le eccezioni e le limitazioni sono definite con rinvio allo specifico diritto in questione. Ad esempio, l’articolo 5, paragrafo 2, enuncia i casi in cui possono disporsi eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione (di cui all’articolo 2). L’articolo 5, paragrafo 3, individua le eccezioni o le limitazioni sia al diritto di riproduzione sia ai diritti di cui all’articolo 3 (in tal modo includendo il diritto di messa a disposizione del pubblico). Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, tali eccezioni e limitazioni «(…) sono applicate solo in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare».

35.      L’articolo 6 della direttiva 2001/29 enuncia gli obblighi relativi alla protezione contro l’elusione di efficaci misure tecnologiche, definite al paragrafo 3 quali «(…) tutte le tecnologie, i dispositivi o componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti, su opere o altri materiali protetti, non autorizzati dal titolare del diritto d’autore o del diritto connesso al diritto d’autore, così come previsto dalla legge (…)». Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, «[g]li Stati membri prevedono un’adeguata protezione giuridica contro l’elusione di efficaci misure tecnologiche, svolta da persone consapevoli, o che si possano ragionevolmente presumere consapevoli, di perseguire tale obiettivo». Il considerando 47 della direttiva 2001/29 così recita: «Per evitare soluzioni legislative frammentarie che potrebbero ostacolare il funzionamento del mercato interno è necessario prevedere una protezione giuridica armonizzata contro l’elusione di efficaci misure tecnologiche e contro la fornitura di dispositivi e prodotti o servizi a tal fine».

36.      L’articolo 7 della direttiva 2001/29 prevede obblighi relativi alle informazioni sul regime dei diritti, definite al paragrafo 2 quali «(…) qualunque informazione fornita dai titolari dei diritti che identifichi l’opera o i materiali protetti di cui alla [direttiva 2001/29] (…) l’autore o qualsiasi altro titolare dei diritti, o qualunque informazione circa i termini e le condizioni di uso dell’opera o di altri materiali nonché qualunque numero o codice che rappresenti tali informazioni». Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, gli Stati membri «prevedono un’adeguata protezione giuridica contro chiunque compia consapevolmente senza averne diritto i seguenti atti: a) rimuovere o alterare qualsiasi informazione elettronica sul regime dei diritti; b) distribuire, importare a fini di distribuzione, diffondere per radio o televisione, comunicare o mettere a disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti ai sensi della [direttiva 2001/29] (…) dalle quali siano state rimosse o alterate senza averne diritto le informazioni elettroniche sul regime dei diritti; ove chi compie tali atti sia consapevole, o si possa ragionevolmente presumere che sia consapevole, che con essi induce, rende possibile, agevola o dissimula una violazione di diritti d’autore o diritti connessi previsti dalla legge (…)». Il considerando 56 della direttiva 2001/29 così recita: «[p]er evitare soluzioni legislative frammentarie che potrebbero ostacolare il funzionamento del mercato interno, è necessario prevedere una protezione giuridica armonizzata contro tutte queste attività».

37.      Per quanto riguarda la durata della protezione, secondo il considerando 3 della direttiva 2006/116 la durata della protezione dovrebbe essere identica in tutta l’Unione europea. L’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2006/116, prevede che i diritti degli organismi di radiodiffusione scadano cinquant’anni dopo la prima diffusione di un’emissione, sia essa trasmessa su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite.

38.      Infine, riguardo all’effettività dei diritti connessi, l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 impone agli Stati membri di prevedere adeguate sanzioni e mezzi di ricorso e di adottare tutte le misure necessarie a garantire l’applicazione delle sanzioni e l’utilizzazione dei mezzi di ricorso. Si specifica che le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive (25). L’articolo 8, paragrafi 2 e 3, riguarda le azioni di risarcimento, le richieste di provvedimenti inibitori (anche nei confronti degli intermediari) e il sequestro del materiale all’origine della violazione.

39.      La direttiva 2004/48 (26) è stata adottata sullo sfondo della persistenza di notevoli differenze fra gli Stati membri riguardo agli strumenti finalizzati ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, in relazione, fra l’altro, alle modalità di applicazione dei provvedimenti provvisori, al calcolo dei risarcimenti e alle modalità di applicazione dei provvedimenti inibitori d’urgenza (27). Le sue norme non pregiudicano quelle della direttiva 2001/29 e il considerando 23 della direttiva 2004/48 si riferisce ad «un ampio livello di armonizzazione» già esistente in quest’ultima direttiva per quanto riguarda le violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi (28). Secondo il considerando 28 della direttiva 2004/48, «(…) anche le sanzioni penali costituiscono, nei casi appropriati, un mezzo per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (…)». L’articolo 2, paragrafo 3, lettere b) e c), prevede che la direttiva 2004/48 faccia salvi «gli obblighi incombenti agli Stati membri in forza di convenzioni internazionali, in particolare dell’accordo sugli ADPIC, inclusi quelli concernenti i procedimenti e le sanzioni penali», o «le eventuali disposizioni nazionali degli Stati membri concernenti i procedimenti e le sanzioni penali per quanto riguarda le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale».

 La decisione

40.      Il 9 febbraio 2011, la Commissione ha presentato al Consiglio una raccomandazione al fine di autorizzarla a negoziare la Convenzione. La Commissione riteneva, senza fare riferimento ad alcun fondamento nei Trattati, di avere la competenza esclusiva poiché la materia oggetto della Convenzione rientra nell’ambito di applicazione delle direttive esistenti e la Convenzione si basa sull’acquis dell’Unione. La documentazione prodotta dal Consiglio in ottemperanza a una richiesta della Corte (29) dimostra che la proposta della Commissione è stata discussa in varie occasioni in seno al gruppo di lavoro sulla proprietà intellettuale (diritto d’autore) e che la Presidenza ha in seguito preparato una proposta di compromesso che ha costituito la base della decisione. Nel corso di tale procedimento è stata inserita nei verbali del Consiglio una dichiarazione formale della Commissione secondo la quale la conclusione della Convenzione rientrava in una competenza esclusiva e la decisione, qualificata come «atto ibrido», violava l’articolo 218, paragrafi 2 e 3, TFUE.

41.      Il Consiglio e i rappresentanti degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio hanno adottato la decisione il 19 dicembre 2011. A mia conoscenza, non sono disponibili documenti esplicativi del procedimento di voto. Il 21 dicembre 2011, la decisione è stata notificata alla Commissione.

42.      Il preambolo alla decisione, che è diretta alla Commissione (30), recita come segue:

«Visto il [TFUE], in particolare l’articolo 218, paragrafi 3 e 4,

Vista la raccomandazione della Commissione europea,

Considerando quanto segue:

(1)      La Commissione dovrebbe essere autorizzata a partecipare, in nome dell’Unione, ai negoziati per [la Convenzione] in relazione a materie di competenza dell’Unione e sulle quali l’Unione ha legiferato.

(2)      Gli Stati membri dovrebbero partecipare a tali negoziati in nome proprio solo qualora nel corso di detti negoziati sorgano questioni di loro competenza. In considerazione della necessità di assicurare l’unità della rappresentanza esterna dell’Unione, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero collaborare strettamente durante il processo negoziale.

(…)».

43.      L’articolo 1 della decisione stabilisce quanto segue:

«1.      In virtù della presente decisione, la Commissione è autorizzata a partecipare ai negoziati per [la Convenzione] e a condurli in nome dell’Unione europea in relazione alle materie di competenza dell’Unione e sulle quali l’Unione ha legiferato, consultando il gruppo di lavoro sulla proprietà intellettuale (Diritto d’autore) (in prosieguo: il «comitato speciale»).

2.      La Commissione condurrà i negoziati di cui trattasi conformemente alle direttive di negoziato esposte nell’Allegato alla presente decisione e/o alle posizioni dell’Unione concordate, stabilite specificamente per detti negoziati in seno al comitato speciale.

3.      Qualora la materia oggetto dei negoziati rientri nella competenza degli Stati membri, la Presidenza parteciperà pienamente ai negoziati e li condurrà a nome degli Stati membri sulla base di una posizione comune previamente concordata. Qualora non sia possibile raggiungere una posizione concordata comune, gli Stati membri avranno la facoltà di esprimersi e votare sulla questione autonomamente, fatto salvo il paragrafo 4.

4.      La Commissione e gli Stati membri collaborano strettamente durante il processo negoziale, al fine di assicurare l’unità della rappresentanza internazionale dell’Unione e degli Stati membri.

5.      La Commissione e/o la Presidenza garantiscono che i documenti relativi ai negoziati siano messi a disposizione degli Stati membri in tempo utile. Esse relazioneranno al Consiglio e/o al comitato speciale in modo aperto e trasparente sull’esito dei negoziati prima e dopo ciascuna sessione di negoziato e, ove opportuno, su ogni problema che possa sorgere durante i negoziati».

44.      L’allegato alla decisione enuncia le direttive di negoziato, secondo le quali:

«1.      La Commissione si assicura che il progetto di Convenzione sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione proposto dal Consiglio d’Europa contenga le opportune disposizioni volte a consentire all’Unione europea di divenire parte contraente di tale Convenzione.

2.      La Commissione condurrà i negoziati in modo tale da garantire che le norme pianificate siano compatibili con la direttiva 2006/115/CE (...), la direttiva 2006/116/CE (...), la direttiva 93/83/CEE (...) e la direttiva 2001/29/CE (…) e con gli impegni assunti dall’Unione europea e dagli Stati membri nel quadro dell’accordo sugli ADPIC (…) concluso sotto gli auspici dell’OMC.

3.      Dette direttive di negoziato potranno essere adattate in considerazione dei progressi raggiunti nel corso dei negoziati».

 Ricorso e svolgimento del procedimento

45.      La Commissione deduce quattro motivi a sostegno del proprio ricorso di annullamento della decisione.

46.      Il primo motivo della Commissione riguarda la competenza. La Commissione afferma che il Consiglio ha violato gli articoli 2, paragrafo 2, e 3, paragrafo 2, TFUE, poiché ha ritenuto che la materia oggetto della Convenzione rientri nella competenza concorrente e ha autorizzato gli Stati membri o istituzioni diverse dalla Commissione a negoziare in un settore di competenza esclusiva dell’Unione europea.

47.      Gli altri tre motivi riguardano le procedure di adozione della decisione. In particolare, la Commissione lamenta le seguenti violazioni:

–        violazione della procedura e delle condizioni previste per autorizzare l’Unione europea a negoziare accordi internazionali;

–        violazione delle norme riguardanti il voto all’interno del Consiglio (articoli 16, paragrafo 3, TUE e 218, paragrafo 8, TFUE); nonché

–        violazione degli obiettivi stabiliti dai Trattati e del principio di leale cooperazione (articolo 13 TUE).

48.      Il Consiglio, il Parlamento, la Commissione ed i governi ceco, tedesco, dei Paesi Bassi, polacco e del Regno Unito hanno presentato osservazioni scritte. In ottemperanza a una richiesta della Corte ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 1, del proprio regolamento di procedura, il 25 luglio 2013 il Consiglio ha prodotto la documentazione relativa alla procedura che ha portato all’adozione della decisione.

49.      All’udienza del 24 settembre 2013 tutte le parti che avevano depositato osservazioni scritte, ad eccezione del governo dei Paesi Bassi, hanno presentato osservazioni orali.

 La portata del sindacato della Corte sulla decisione

50.      Pur non sollevando questioni formali di irricevibilità, il Consiglio sostiene che la Corte non ha alcuna competenza, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, a sindacare sulle decisioni adottate dagli Stati membri in materie di loro competenza. Pertanto, la Corte non potrebbe esercitare il controllo sulla decisione in quanto essa costituisce una decisione dei rappresentanti degli Stati membri che non agiscono nella loro qualità di membri del Consiglio. I governi tedesco e dei Paesi Bassi sostanzialmente aderiscono alla tesi del Consiglio.

51.      La Commissione e il Parlamento sostengono che la decisione autorizza l’Unione europea a negoziare un accordo internazionale. Essa è stata pertanto adottata nell’esercizio delle competenze del Consiglio, e soggiace al controllo della Corte. La Commissione, pur ammettendo che le direttive di negoziato o la posizione assunta dal comitato speciale (la cui costituzione è prevista dalla decisione) non siano vincolanti, argomenta che l’effetto giuridico della decisione sia di limitare l’autorizzazione a negoziare alle materie «in cui l’Unione abbia legiferato».

52.      Non posso condividere l’argomentazione del Consiglio.

53.      Ai sensi del primo comma dell’articolo 263 TFUE, la Corte esercita un controllo di legittimità sugli atti del Consiglio destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi. Non rilevano a tal fine né la natura né la forma dell’atto (31). Il controllo può riguardare sia il merito dell’atto sia le regole di procedura in forza delle quali lo stesso è stato adottato.

54.      La decisione è un atto unico del Consiglio, adottato sulla base dell’articolo 218, paragrafi 3 e 4, TFUE, che autorizza la Commissione a negoziare la Convenzione conformemente alla ripartizione delle competenze e alle direttive di negoziato in essa contenute, ed ha pertanto efficacia giuridica (32).

55.      Ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Corte ha il potere di esercitare il controllo sulla decisione anche con riguardo agli aspetti relativi all’attività intergovernativa degli Stati membri. Nell’esercizio di tale potere, la Corte non prende posizione sull’attività intergovernativa degli Stati membri in sé considerata, poiché ciò esulerebbe dalla sua competenza (33). Il controllo della Corte si concentra esclusivamente sul Consiglio e tende in particolare a stabilire se i Trattati autorizzino a includere l’attività intergovernativa in una decisione di questo tipo.

56.      Invero, in questa sede la questione non è stabilire se la decisione sia un atto del Consiglio o una decisione intergovernativa (34). Si tratta piuttosto di determinare se una decisione adottata ai sensi dell’articolo 218, paragrafi 3 e 4, TFUE e soggetta al controllo della Corte possa essere entrambe le cose. La risposta dipende in sostanza dalla fondatezza del secondo e del terzo motivo della Commissione, relativi alla legittimità di un atto ibrido. Ad ogni modo, non si può fondere il contenuto di un atto intergovernativo con quello di un atto dell’Unione ai fini di eludere le norme del diritto dell’Unione, in modo da sottrarre tale atto al controllo giurisdizionale della Corte (35).

 Ordine di analisi dei motivi di ricorso

57.      La Commissione ha formulato in subordine i motivi dal secondo al quarto sulla legittimità di un atto ibrido, affermando però che essi conservano piena efficacia a prescindere dal fatto che la Corte decida o meno che l’Unione europea abbia la competenza esclusiva a negoziare la Convenzione.

58.      Se le norme dei Trattati citate nel secondo, terzo e quarto motivo non consentono al Consiglio di adottare un atto ibrido come la decisione, non vi è formalmente più ragione di esaminarne il contenuto. Ciò premesso, è chiaro che la questione della competenza è di grande importanza sia per le parti sia per gli intervenienti: invero, nelle loro osservazioni tutti si sono concentrati in modo particolare sul primo motivo. Esaminerò pertanto i motivi della Commissione nell’ordine in cui sono stati esposti.

 Primo motivo: competenza

 Argomenti

59.      Con il primo motivo la Commissione lamenta la violazione degli articoli 2, paragrafo 2, e 3, paragrafo 2, TFUE in quanto il Consiglio ha ritenuto che la materia da negoziare in sede di Consiglio d’Europa rientrasse nell’ambito delle competenze concorrenti, e ha autorizzato gli Stati membri o un’istituzione (diversa dalla Commissione) a negoziare un accordo internazionale che in realtà rientra nella competenza esclusiva dell’Unione europea. In sostanza con il primo motivo si afferma che il Consiglio non era autorizzato a riconoscere a nessuno degli Stati membri la competenza a negoziare.

60.      La Commissione, sostenuta dal Parlamento, afferma che l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva a negoziare e a concludere accordi internazionali in un settore che è in gran parte regolamentato dall’Unione con disposizioni che vanno oltre i requisiti minimi. A tal proposito, essa richiama la giurisprudenza AETS della Corte (36).

61.      Sebbene la Convenzione, una volta finalizzata, possa andare oltre l’acquis dell’Unione, la Commissione sostiene che ciascuna delle questioni da negoziare potrebbe nondimeno incidere sull’ambito di applicazione dell’acquis o modificarne la portata. È stata l’Unione europea ad avere esercitato la propria competenza per armonizzare i diritti degli organismi di radiodiffusione, e pertanto adesso deve agire da sola. Il fatto che, ai sensi di tali regole di armonizzazione, agli Stati membri resti la residua competenza di prevedere restrizioni o di optare per un livello più elevato di protezione non incide sul carattere esclusivo della competenza di cui trattasi, poiché, nello specifico, esistono norme comuni sul diritto di fissazione, sul diritto di riproduzione, sul diritto di ritrasmissione, sul diritto di comunicazione al pubblico, sul diritto di messa a disposizione e sul diritto di distribuzione.

62.      La Commissione, sostenuta dal Parlamento, rifiuta la tesi in base alla quale il Trattato di Lisbona avrebbe ridotto la portata della competenza esterna dell’Unione europea. L’articolo 2, paragrafo 2, TFUE e il Protocollo n. 25 non hanno sostituito la giurisprudenza AETS. Se gli estensori dei Trattati avessero inteso limitare la competenza esterna dell’Unione europea e modificare quarant’anni di giurisprudenza, la Commissione ritiene che avrebbero palesato tale intenzione.

63.      Se una competenza è esclusiva ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, allora, per definizione, l’articolo 2, paragrafo 2, non trova applicazione. Il fatto che il mercato interno sia oggetto di competenza concorrente non significa che anche la competenza esterna a concludere un accordo internazionale sulla proprietà intellettuale lo sia. Non si contesta che l’articolo 2, paragrafo 2, TFUE si applichi agli accordi internazionali: l’Unione europea può quindi decidere di adottare nuove norme comuni nella forma di un accordo internazionale, che pertanto sarebbe vincolante anche per gli Stati membri. Anche se la Corte dovesse dichiarare che la competenza a negoziare la Convenzione non è esclusiva, l’Unione europea potrebbe comunque negoziarla e concluderla autonomamente, in quanto l’esercizio di una competenza concorrente non si basa sulla previa adozione di norme comuni.

64.      Con riguardo alla metodologia, la Commissione è contraria a un approccio secondo il quale ogni norma del diritto dell’Unione vigente deve essere confrontata con una potenziale norma di un futuro accordo internazionale. Piuttosto, il diritto dell’Unione deve essere considerato come un insieme di norme coerente e bilanciato. La Commissione pertanto espone sia un’analisi «argomento per argomento» sia un’analisi complessiva, sebbene a suo parere non sia necessario dimostrare che ogni singola questione da discutere nel corso dei negoziati incida sul corretto funzionamento del mercato interno (la base dell’adozione delle pertinenti direttive dell’Unione). Nell’ambito di quest’ultima analisi, la Commissione richiama quanto dichiarato dalla Corte, ossia che il diritto dell’Unione disciplina ampiamente la materia oggetto della Convenzione di Berna (37). Secondo il Parere 1/03, il fatto che possa residuare una qualche libertà di agire in capo agli Stati membri, di per sé non significa che la competenza non sia esclusiva; la Corte deve quindi esaminare se tale facoltà possa incidere sull’ambito di applicazione del diritto dell’Unione o modificarlo (38). La Corte ha accolto la tesi secondo cui una competenza non perde il proprio carattere di esclusività a causa di un’armonizzazione incompleta. A tale proposito, la presente causa soddisfa le condizioni enunciate nel parere 2/91: la materia è ampiamente disciplinata dal diritto dell’Unione, che non si limita a fissare soltanto requisiti minimi (39).

65.      La Commissione paragona la presente causa alla causa C‑45/07 Commissione/Grecia, che riguardava un regolamento che costituiva il contenuto essenziale di due strumenti internazionali facenti parte del diritto dell’Unione. Alla luce della giurisprudenza AETS, la Corte ha dichiarato che uno Stato membro non può avviare una procedura che possa condurre a modificare quegli strumenti (40).

66.      Con riguardo al contenuto della Convenzione, la Commissione sostiene che la definizione di radiodiffusione e la descrizione dei beneficiari della protezione – che possono comprendere i webcaster (emittenti che trasmettono su Internet) e i simulcaster (emittenti che diffondono simultaneamente gli stessi programmi con diverse modalità) – avrà un impatto diretto sull’acquis dell’Unione. Attualmente, le direttive 2006/115 e 2001/29 tutelano gli organismi di radiodiffusione che trasmettono segnali su filo o via etere (la categoria comprende sia le emittenti terrestri sia satellitari), mentre la direttiva 93/83 non riconosce i distributori via cavo come categoria distinta di titolari di diritti.

67.      A proposito dei diritti tutelati dal diritto dell’Unione, la Commissione afferma quanto segue:

–        le proposte volte a tutelare anche la ritrasmissione di emissioni su filo (compresa Internet) e le ritrasmissioni in differita inciderebbero sulla portata del diritto di ritrasmissione secondo il diritto dell’Unione, o la modificherebbero, e

–        la proposta volta ad ampliare l’ambito del diritto di comunicazione al pubblico in modo da renderlo applicabile in luoghi diversi da quelli accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto di ingresso, inciderebbe sul più limitato diritto di comunicazione al pubblico riconosciuto dal diritto dell’Unione e sui diritti di altri titolari quando si utilizza tale nozione.

68.      La Commissione riconosce che il diritto dell’Unione non tutela i segnali di pre-diffusione portatori di programmi, poiché essi non sono atti di radiodiffusione o di trasmissione in sé. Tuttavia, sostiene che le proposte volte alla tutela di tali segnali, sia per mezzo dell’attribuzione di un diritto autonomo, o di una definizione ampia di «emissione», ovvero del diritto a un’adeguata tutela giuridica, sono indissolubilmente connesse al diritto esistente dell’Unione, giacché si applicherebbero al medesimo materiale come già protetto, solo che la tutela avverrebbe a uno stadio di trasmissione precedente. Inoltre, tale tutela dovrebbe essere valutata alla luce della direttiva 93/83, che stabilisce le norme sui segnali portatori di programmi trasmessi via satellite.

69.      La Commissione sostiene inoltre che la durata della protezione è armonizzata e che il diritto dell’Unione disciplina la protezione contro l’elusione di efficaci misure tecnologiche, nonché la protezione contro la rimozione non autorizzata o l’alterazione delle informazioni sul regime dei diritti.

70.      Infine, la Corte ha dato un’interpretazione uniforme e (per quanto possibile) alla luce del diritto internazionale, di nozioni come quella di «pubblico» nell’espressione «comunicazione al pubblico», ed ha cercato di applicare ad altre direttive principi o concetti rinvenuti in una direttiva sulla proprietà intellettuale, nonostante la mancanza di una specifica armonizzazione. Ne consegue che la modifica di una direttiva può incidere sull’insieme delle norme da interpretare e applicare, con riguardo a qualsiasi categoria di titolari di diritti.

71.      Secondo il Consiglio, sostenuto dagli Stati membri intervenienti, la lettura combinata degli articoli 3, paragrafo 2, e 2, paragrafo 2, TFUE nonché del Protocollo n. 25 dimostra che la competenza esterna esclusiva dell’Unione europea è limitata a quegli elementi di un accordo internazionale che sono disciplinati dagli atti dell’Unione in questione. In altre parole, l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, non dovrebbe leggersi come la codificazione del sistema per verificare se «un settore [sia] in gran parte già disciplinato da norme dell’Unione», come recita il parere 1/03 (41). In subordine, anche nell’ipotesi di una lettura in tal senso, il Consiglio afferma che i precedenti giurisprudenziali, come il parere 2/91 (42), la causa C‑467/98 Commissione/Danimarca (43), e il parere 1/03 (44), devono tenersi distinti dalla fattispecie in esame.

72.      Benché molte questioni potenzialmente oggetto della Convenzione siano già disciplinate da norme dell’Unione europea e rientrino pertanto nella sua competenza esclusiva, essa non ha la competenza esclusiva per negoziare l’intera Convenzione.

73.      Il Consiglio non ritiene che la protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione inciderà sul complessivo equilibrio della tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi e sul loro esercizio, in quanto i primi sono autonomi ed indipendenti rispetto ai secondi. Ciò è illustrato, in particolare, nella sentenza SCF (45), in cui la Corte ha interpretato la nozione di «comunicazione al pubblico» in modo diverso a seconda che si trattasse dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, o dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 92/100 (come codificata dalla direttiva 2006/115). Il Consiglio sostiene inoltre che nella Convenzione sarà probabilmente incluso il principio consuetudinario in base al quale la protezione riconosciuta dalla Convenzione stessa non inciderà in alcun modo sulla protezione del diritto d’autore su opere artistiche e letterarie, che rimarrà intatta.

74.      Il Consiglio prosegue individuando tre aspetti della protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione che saranno oggetto dei negoziati ma che non sono ancora armonizzati. Di conseguenza, la negoziazione e la conclusione di impegni internazionali da parte degli Stati membri su tali aspetti non inciderebbe sull’ambito di applicazione delle regole dell’Unione né lo modificherebbe.

75.      In primo luogo, gli Stati membri rimangono liberi di prevedere o meno un diritto esclusivo di autorizzare o proibire la comunicazione al pubblico in assenza del pagamento di un diritto di ingresso. L’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2006/115 disciplina soltanto la comunicazione al pubblico mediante pagamento di un diritto di ingresso.

76.      In secondo luogo, nessuna norma del diritto dell’Unione (nemmeno l’articolo 6 della direttiva 2001/29) ha lo scopo di tutelare la trasmissione di un segnale di pre-diffusione portatore di programmi prima che sia trasmesso al pubblico. Sebbene il contenuto di quel segnale possa essere protetto dal diritto d’autore, l’oggetto e i beneficiari di quel diritto non sono gli stessi per il caso della radiodiffusione.

77.      In terzo luogo, pur ammettendo che esistano norme dell’Unione che garantiscono l’effettività dei diritti, secondo il Consiglio queste non impediscono agli Stati membri di prevedere soluzioni più favorevoli per i titolari dei diritti rispetto a quelli previsti dalla direttiva 2004/48. Tali norme non riguardano sanzioni penali né contengono una norma minima basata sull’articolo 83, paragrafo 2, TFUE. Il Consiglio riconosce che, al momento dell’adozione della decisione, il contenuto della Convenzione non era sufficientemente preciso per poter determinare la potata, la natura e il contenuto esatti delle norme sulla garanzia dell’effettività dei diritti.

78.      Il governo polacco aggiunge che la Convenzione potrebbe anche ampliare la definizione della nozione di radiodiffusione e, come sostiene anche il governo del Regno Unito, che il diritto dell’Unione non prevede un diritto di ritrasmissione su filo.

79.      Il Consiglio, sostenuto dai governi dei Paesi Bassi, polacco e del Regno Unito, contesta inoltre la proposta della Commissione secondo cui la Corte dovrebbe preferire una valutazione di ampia portata piuttosto che focalizzarsi su singole norme (come ad esempio quelle che si riferiscono ai tre profili che il Consiglio ritiene di competenza degli Stati membri). A tal proposito, il Consiglio sostiene che è infondato affermare che tutti i titolari di diritti debbano disporre di identici diritti. Tutti i diritti e gli obblighi devono interpretarsi alla luce del loro contesto e della loro finalità. Il fatto che un termine in una direttiva sulla proprietà intellettuale debba essere interpretato alla luce delle regole e dei principi stabiliti in altre direttive simili (46) non significa che l’una influisca necessariamente sulle altre.

80.      Infine, il Consiglio ammette che, se all’esito dei negoziati la Convenzione non dovesse contenere alcuna materia di competenza degli Stati membri, solo l’Unione europea dovrebbe essere parte della Convenzione.

 Valutazione

 Sul significato dell’espressione «nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata», di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE

81.      Tutte le parti concordano sul fatto che l’Unione europea abbia la competenza esterna a negoziare un accordo internazionale sui diritti degli organismi di radiodiffusione. La questione è se tale competenza sia esclusiva o concorrente con quella degli Stati membri.

82.      È anche pacifico che i Trattati non prevedono espressamente la competenza esclusiva sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione, che la conclusione della Convenzione non è ritenuta necessaria per consentire all’Unione europea l’esercizio della competenza interna nel settore che dovrà essere oggetto della Convenzione proposta, e che, in teoria, tale competenza interna è concorrente. Il fatto che la competenza sia esclusiva dipende dalla circostanza che la conclusione della Convenzione incida o meno su norme comuni o ne modifichi la portata, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

83.      Piuttosto, le parti sono in disaccordo sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, e sulla risposta alla seguente domanda: quali siano i casi in cui l’Unione europea ha la competenza esclusiva a negoziare un accordo internazionale nella sua totalità, laddove le norme di diritto dell’Unione disciplinano solo una parte del settore oggetto dell’accordo proposto. La Commissione sostiene che vi sia competenza esclusiva laddove il settore sia in gran parte regolato da norme dell’Unione. Il Consiglio è favorevole a un approccio più restrittivo, secondo il quale non vi è competenza esclusiva nei settori nei quali l’Unione europea non ha agito (47).

84.      Le parti hanno sostenuto nelle loro osservazioni che la questione da risolvere è se l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE abbia codificato la giurisprudenza AETS. A tal proposito, questo non è il primo caso in cui la posizione del Consiglio sulla relazione fra l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE e la giurisprudenza AETS è stata discussa dinanzi alla Corte. La competenza oggetto della causa C‑137/12 Commissione/Consiglio rientrava nell’ambito della politica commerciale comune, e pertanto non era stato necessario fare riferimento all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (48). Tuttavia, l’avvocato generale Kokott ha esaminato tale questione nelle proprie conclusioni in quella causa, e ha concluso che l’ultima parte dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE codifica la giurisprudenza AETS, non riscontrando prove a supporto delle deduzioni del Consiglio secondo cui le intenzioni degli autori del Trattato di Lisbona erano diverse. L’avvocato generale era convinto del fatto che il Protocollo n. 25 potesse essere interpretato nel senso di limitare la competenza dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (49).

85.      Non ritengo che sia utile impostare la questione in esame come se si dovesse rispondere alla domanda se l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE codifichi la giurisprudenza AETS, non da ultimo perché l’oggetto (preciso) di tale giurisprudenza è controverso. Ciò che rileva è il significato della frase «nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata», di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Il testo utilizzato deve essere letto tenendo conto delle altre parti dei Trattati e dello sfondo storico nel quale la giurisprudenza della Corte evidentemente si inserisce.

86.      Inizierò dal testo del TFUE.

87.      Il TFUE utilizza due volte la frase «incidere su norme comuni o modificarne la portata». Oltre che nell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, questa frase compare anche nell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, che descrive i casi in cui l’Unione europea è competente a concludere un accordo internazionale, senza distinguere fra competenza esclusiva e concorrente.

88.      Pur essendovi somiglianze fra le due norme, vi sono tuttavia delle differenze testuali. In molte delle versioni linguistiche, ma non in tutte, tali differenze sembrano suggerire che sia più agevole stabilire una competenza esterna esclusiva ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, piuttosto che ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE (50). Così, nella versione inglese, il verbo «may», nel primo articolo citato, si riferisce a una mera possibilità, mentre l’espressione «is likely to», contenuta nel secondo articolo citato, implica un certo grado di probabilità. Tuttavia, non è corretto operare detta distinzione. Se è vero che la competenza esterna esclusiva è sancita dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, la competenza esterna in sé non può essere negata ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE. Allo stesso tempo, se è corretto affermare che l’analisi ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 1, (se sussista la competenza) dovrebbe precedere l’esame del tipo di competenza (se si tratti di competenza esclusiva), allora dimostrare che la conclusione dell’accordo internazionale può incidere su norme comuni o modificarne la portata comporta automaticamente che la competenza è esclusiva, ed esclude la possibilità di stabilire una competenza esterna concorrente.

89.      A mio avviso, la frase finale dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE implica che nel settore oggetto dell’accordo internazionale esistano già norme dell’Unione. In assenza di tali norme, risulta difficile immaginare come la conclusione dell’accordo possa incidere su tali norme o modificarne la portata. Ciò suggerisce che l’analisi comporta sempre che siano esaminati (in sequenza): i) la portata e il contenuto del futuro accordo internazionale; ii) se l’Unione europea abbia già esercitato una competenza interna e, in tal caso, la portata e il contenuto del diritto dell’Unione; e iii) se la conclusione del detto accordo internazionale possa incidere sulle norme dell’Unione o modificarne la portata. Quest’ultima possibilità potrebbe verificarsi per varie ragioni ed essere più evidente in alcune circostanze che in altre.

90.      Ha probabilmente scarsa importanza il fatto che l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non dichiari espressamente se sia relativamente alla conclusione dell’accordo internazionale «da parte dell’Unione europea» o «da parte degli Stati membri» che si debba stabilire se tale conclusione «possa incidere su norme comuni o modificarne la portata».. È la sostanza dell’accordo internazionale, più che l’identità della parte contraente (o delle parti contraenti) che inciderà sulle norme comuni o ne modificherà la portata. Se il punto di partenza è che la competenza è concorrente, logicamente occorre concentrarsi su ciò che potrebbe accadere qualora gli Stati membri concludano un accordo internazionale relativo ad un settore già regolamentato dall’Unione. L’utilizzo dell’espressione «nella misura in cui» dimostra chiaramente che talune parti di un accordo internazionale possono rientrare nella competenza esclusiva dell’Unione europea per le ragioni esposte, mentre altre parti possono comunque rientrare in una competenza concorrente.

91.      Si aggiunga che l’uso della frase «ha inoltre competenza esclusiva» mostra chiaramente che, oltre ai casi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, TFUE l’elenco dei motivi (definiti estensivamente) di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, è esaustivo.

92.      Passo ora ad esaminare il contesto dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, e agli effetti, in particolare, dell’articolo 2, paragrafo 2, TFUE e del Protocollo n. 25.

93.      A mio parere, né il Protocollo n. 25 né l’articolo 2, paragrafo 2, TFUE, limitano di per sé l’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Entrambi riguardano competenze concorrenti. La prima frase dell’articolo 2, paragrafo 2, enuncia le conseguenze della qualificazione di una competenza come concorrente. La seconda e la terza frase riguardano situazioni in cui coesistono la competenza dell’Unione europea e quella degli Stati membri. Consegue perciò dalla lettura combinata della seconda frase con il Protocollo n. 25 (che fa riferimento soltanto all’articolo 2, paragrafo 2), che, se l’Unione europea ha esercitato la sua competenza in un determinato settore, gli Stati membri non possono più esercitare la loro in relazione a materie oggetto dell’atto dell’Unione europea in questione. Potrebbero tuttavia essere ancora liberi di agire in altri settori. Se l’Unione europea non ha esercitato la propria competenza, gli Stati membri possono ancora agire nella misura in cui quest’ultima non lo abbia fatto. Inoltre, gli Stati membri riacquistano la loro competenza (originaria) ad agire in qualsiasi settore in cui l’Unione europea abbia cessato la propria azione.

94.      Passo infine al contesto storico dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

95.      Il tenore letterale della frase finale dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE è palesemente mutuato dalla sentenza AETS. In quella sede, la Corte ha elaborato un criterio per verificare l’esistenza di una competenza esterna (adesso oggetto dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE) (51) e la natura esclusiva della stessa (adesso oggetto dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE). Su quest’ultimo aspetto, la Corte ha dichiarato che, tutte le volte che, per la realizzazione di una politica comune prevista dai Trattati, l’Unione europea adotta norme comuni, in qualsivoglia forma, essa diventa competente in via esclusiva (52) e gli Stati membri non possono più assumere impegni con gli Stati terzi «che incidano su dette norme [comuni]» (53). Mi riferirò in seguito a quanto esposto come al «principio AETS». La ratio del principio AETS è rinvenibile nella necessità di proteggere l’unità del mercato comune e l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione (54).

96.      Se la storia dei negoziati sull’articolo 3, paragrafo 2, TFUE dimostra qualcosa, è che non vi era alcuna intenzione di discostarsi dal principio AETS (55). A tal proposito, concordo con le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa C‑137/12 (56).

97.      La Corte dovrebbe pertanto farsi guidare dai propri precedenti giurisprudenziali in questo settore, ivi compresa (evidentemente) la sentenza AETS e tutta una serie di altre sentenze e pareri ai sensi di quello che adesso è l’articolo 218, paragrafo 11, TFUE.

98.      Nei precedenti giurisprudenziali menzionati, la Corte ha illustrato ulteriormente la ratio sottesa al principio AETS. In tal senso, detto principio si applica nei casi in cui la conclusione dell’accordo internazionale (o di sue parti) da parte degli Stati membri sarebbe incompatibile con l’unità del mercato comune e con l’uniforme e coerente applicazione del diritto dell’Unione (57), o minerebbe il corretto funzionamento del sistema istituito dalle norme comuni (58) o qualora, data la natura del diritto esistente dell’Unione, qualunque accordo internazionale inciderebbe necessariamente su tale diritto (59). Inoltre, la Corte ha aggiunto che, in tutti i settori corrispondenti agli obiettivi del Trattato, l’articolo 10 CE (60) (il cui contenuto è ora ripreso dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE come principio di leale cooperazione) impone agli Stati membri di astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato (61).

99.      Occorre esaminare se sussistano ulteriori delucidazioni fornite dalla Corte sul significato del principio AETS.

100. L’applicazione del principio AETS presuppone che vi sia stata una qualche azione interna; la mera esistenza di una competenza interna non è sufficiente (62). Invero, finché la competenza interna non è stata esercitata, non vi saranno norme dell’Unione sui cui si possa incidere o la cui portata possa essere modificata. Parimenti, l’esistenza di iniziative e strumenti volti ad evitare contraddizioni tra il diritto dell’Unione e l’accordo internazionale previsto non può sostituire il necessario confronto tra i due per determinare gli effetti del secondo sul primo (63). È altresì irrilevante sia il fondamento normativo su cui si basano le norme dell’Unione di cui trattasi (64) sia (come osserva correttamente il Consiglio) il fatto che negoziare un accordo misto potrebbe comportare svantaggi e inconvenienti pratici (65). Nemmeno il semplice fatto che la conclusione di un accordo internazionale da parte degli Stati membri possa incidere in qualche modo sul normale funzionamento del mercato interno è sufficiente per stabilire che il principio AETS sia soddisfatto (66).

101. Purché vi sia stata un’azione interna, il principio AETS può essere applicato a un accordo internazionale nella sua interezza o a sue parti.

102. Se l’azione interna ha assunto la forma di una completa armonizzazione in un determinato settore, in quel settore vi è allora competenza esterna esclusiva (67). In tal caso, gli Stati membri non possono più mantenere o adottare misure incompatibili con quell’atto dell’Unione, né pregdiucarne altrimenti finalità ed effetti (anche nel caso in cui norme più restrittive possano comportare un più elevato livello di tutela) (68). Ogni potere discrezionale volto a derogare al diritto dell’Unione è interamente soggetto alle stesse misure armonizzatrici (69). Se dunque l’accordo internazionale disciplina il settore «A», il quale è interamente armonizzato, la conclusione di un accordo internazionale in quel settore soddisfa automaticamente il principio AETS e la competenza dell’Unione è esclusiva. Il coinvolgimento degli Stati membri potrebbe limitare le modalità con cui l’Unione europea eserciterà in seguito le proprie competenze interne. Se l’accordo internazionale copre sia il settore «B» sia il settore «A», ma il settore «B» non è ancora armonizzato, l’Unione europea detiene la competenza esclusiva almeno in relazione al settore «A». A parte la difficoltà di stabilire se e in relazione a cosa sia stata realizzata un’armonizzazione completa, questo è quello che può definirsi il «caso semplice».

103. Se l’armonizzazione sia completa dipende da quanto intensamente è regolato un determinato settore. Ciò si stabilisce sulla base, in particolare, del testo e della finalità (o delle finalità) dei atti dell’Unione pertinenti: il loro contenuto, l’ambito di applicazione e la natura degli obblighi da essi previsti. Il settore particolare potrà essere, ad esempio, un settore dell’economia, un certo tipo di pratica commerciale, una categoria di soggetti o un tipo di beni.

104. Occorre chiedersi se l’Unione europea possa avere la competenza esclusiva a negoziare e concludere un intero accordo internazionale anche se il settore o i settori oggetto dello stesso (o di una sua parte) non siano stati ancora completamente armonizzati.

105. Ciò è possibile.

106. La Corte ha accolto questa tesi nel parere 2/91, quando ha ritenuto che il settore in questione fosse stato in gran parte disciplinato da norme dell’Unione, tenuto conto dell’evoluzione storica e degli obiettivi della normativa dell’Unione e del fatto che l’accordo internazionale riconoscesse una tutela più ampia mediante definizioni più estese degli elementi che incidevano sull’ambito di applicazione (70). Alla luce di quanto sopra, la Corte ha dichiarato che la parte pertinente dell’accordo internazionale fosse tale da incidere sul diritto dell’Unione e che pertanto gli Stati membri non potessero assumere impegni al di fuori dell’ambito delle istituzioni dell’Unione (71). Nella sentenza Commissione/Danimarca la Corte si è fondata su tale conclusione, che in quella sede ha riassunto dichiarando che gli impegni internazionali incidono sulle norme comuni o le distorcono quando tali impegni internazionali ricadono in un settore già in gran parte disciplinato da dette norme comuni (72). In seguito, nel parere 1/03 la Corte ha descritto tale situazione come semplice esempio di un caso in cui era stata riconosciuta una competenza esclusiva, e ha enfatizzato la necessità di prendere in considerazione la portata delle norme del diritto dell’Unione in questione, la natura e il contenuto delle stesse, nonché le loro prevedibili prospettive di evoluzione (73).

107. Per come intendo la giurisprudenza menzionata, il solo fatto che un accordo internazionale (o una o più parti di esso) riguardi un settore «in gran parte disciplinato» da norme dell’Unione (o un settore definito in realzione a qualche altra soglia astratta in termini di grado di regolamentazione), non conduce automaticamente alla conclusione che vi sia una competenza esclusiva a negoziare quell’accordo internazionale per intero (o per la parte pertinente), senza esaminare la possibilità di applicare il principio AETS. Ovviamente, più ampio è il settore già disciplinato dal diritto dell’Unione, più diventa probabile che la restante parte dell’accordo internazionale abbia un impatto sulle norme dell’Unione esistenti. Tuttavia non sempre ciò si verifica. Tutto dipende dal contenuto degli impegni contratti e dal loro possibile collegamento con le norme dell’Unione. Il rapporto tra la Convenzione proposta e le norme dell’Unione sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione, che procederò ad esaminare, chiarisce bene questo punto.

108. L’applicazione del principio AETS richiede che si determini il contenuto preciso degli obblighi assunti sia in virtù dell’accordo internazionale sia del diritto dell’Unione, al fine di individuare se, e in caso affermativo in che misura, gli Stati membri non possano più disciplinare una particolare materia e, di conseguenza, non possano più assumere impegni internazionali propri (pur se non confliggenti con il diritto dell’Unione). Per l’applicazione del principio AETS non occorre che vi sia incompatiblità fra l’accordo internazionale e le norme dell’Unione (74). A tale proposito, l’avvocato generale Tizzano, nelle sue conclusioni nelle cause «open skies», spiegava utilmente che il recepimento di norme già esistenti dell’Unione in un accordo internazionale non varrebbe a garantire «(...) che tali norme siano poi effettivamente applicate in modo uniforme e, soprattutto, che eventuali loro modifiche sul piano interno siano pienamente e tempestivamente trasposte negli accordi (…)»; la natura e il regime giuridico delle norme comuni potrebbero essere distorti e vi sarebbe «(…) il forte e concreto rischio di una loro sottrazione al controllo esercitato dalla Corte (…)» (75). Nel parere 1/03, la Corte ha dichiarato in termini generali che l’applicazione del principio AETS richiede un’analisi basata sulla portata, sulla natura e sul contenuto delle norme, prendendo in considerazione non soltanto lo stato attuale del diritto dell’Unione nel settore interessato, ma anche le sue prospettive di evoluzione, qualora esse siano prevedibili al momento di tale analisi (76).

109. Pertanto, per stabilire se l’Unione europea abbia competenza esclusiva esterna ai sensi dell’ultima frase dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, occorre in sostanza paragonare in dettaglio e nel complesso i settori oggetto dell’accordo internazionale che si intende concludere e il diritto dell’Unione (77).

110. Nella sua giurisprudenza, la Corte si è concentrata in particolare sugli elementi da prendere in considerazione per l’analisi dello stato del diritto dell’Unione nel settore oggetto dell’accordo internazionale, in particolare: se la Comunità abbia esercitato la propria competenza interna; la materia oggetto delle norme che possono fondare un’azione interna; la portata, la natura ed il contenuto del diritto (vigente) dell’Unione (78); l’obiettivo delle norme dell’Unione (79); la struttura di ogni atto pertinente dell’Unione (80); la misura in cui le norme dell’Unione dispongono soltanto prescrizioni minime (81); il contesto storico dell’evoluzione del diritto dell’Unione in un determinato settore (82); le prospettive di evoluzione future del diritto dell’Unione, qualora esse siano prevedibili al momento di tale analisi (83); la piena efficacia del diritto dell’Unione (84) nonché il corretto funzionamento del sistema istituito dalle norme dell’Unione (85). Alcune di queste considerazioni saranno a mio avviso rilevanti anche per descrivere il previsto accordo internazionale.

111. Questo genere di analisi deve applicarsi a tutte le parti dell’accordo internazionale da negoziare e concludere.

112. Una considerazione particolare può incidere significativamente sull’applicazione del principio AETS: l’ipotesi in cui il diritto dell’Unione fissi prescrizioni minime di tutela in un particolare settore. In tal caso, gli Stati membri restano competenti a concludere un accordo internazionale che imponga anch’esso prescrizioni minime, poiché un tale accordo non può incidere su normative dell’Unione a cui gli Stati membri possono e devono dare integrale applicazione (86). Il fatto che in concreto rimangano competenti dipenderà dal grado di libertà lasciato agli Stati membri ai sensi sia dell’accordo internazionale sia delle norme dell’Unione. Se l’accordo internazionale fissa prescrizioni minime di livello inferiore rispetto al diritto dell’Unione, la conclusione di detto accordo da parte degli Stati membri non pregiudicherà tale diritto: la prevalenza del diritto dell’Unione comporta che gli Stati membri non possano attuare nei loro territori prescrizioni di livello inferiore rispetto a quelle previste dal diritto dell’Unione (anche se quel livello inferiore fosse conforme all’accordo internazionale). Né il diritto dell’Unione è pregiudicato se l’accordo internazionale fissa prescrizioni minime di livello superiore, purché il diritto dell’Unione autorizzi gli Stati membri ad adottare un tale livello superiore.

113. Occorre chiedersi cosa accade quando il diritto dell’Unione fissa prescrizioni minime mentre l’accordo internazionale stabilisce un livello di protezione massimo. Si supponga che il diritto dell’Unione preveda che la durata della protezione di un diritto connesso sia «non inferiore a settant’anni» e che l’accordo internazionale definisca la durata della protezione come «non superiore a cinquant’anni». In tal caso, gli Stati membri non possono applicare il diritto dell’Unione senza violare l’accordo internazionale. Ciò incide sulla responsabilità degli Stati membri ai sensi del diritto internazionale pubblico, ma non sulla norma dell’Unione che prevede una durata di «non meno di settant’anni», la quale comunque li vincola in quanto Stati membri.

114. In tale contesto, passo a esaminare se l’Unione europea abbia la competenza esclusiva a negoziare l’intera Convenzione.

 La competenza dell’Unione europea a negoziare la Convenzione

–       Determinazione della competenza esterna prima dell’avvio dei negoziati sulla Convenzione

115. Nel caso di specie, i negoziati sulla Convenzione devono ancora iniziare (87) e non è disponibile nessun testo del trattato (nemmeno a livello di progetto) (88).

116. Indubbiamente, risolvere la questione della competenza prima che inizino i negoziati assicura che solo le parti legittimate siedano al tavolo dei negoziati. Ciò garantisce un minimo di certezza giuridica ed è nell’interesse dell’Unione europea, degli Stati membri e dei terzi coinvolti in detti negoziati (89).

117. Tuttavia, l’andamento dei negoziati per i trattati può essere imprevedibile e il contenuto dell’accordo internazionale da negoziare può evolvere. Occorre pertanto domandarsi in che modo tale situazione di fatto incida sull’utilizzo delle procedure disponibili dinanzi alla Corte per determinare se, in ogni singolo caso, la competenza dell’Unione sia esclusiva o concorrente con quella degli Stati membri.

118. Osservo in primo luogo che si potrebbero presentare circostanze nelle quali la Corte deve dichiararsi incapace di pronunciarsi per mancanza di sufficienti informazioni. Ciò si potrebbe verificare (ad esempio) se l’unica informazione disponibile nel caso in oggetto fosse una dichiarazione d’intenti a negoziare un accordo internazionale sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione senza alcuna ulteriore indicazione circa il probabile contenuto di un tale futuro accordo.

119. In seguito, si potrebbe richiedere un parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE «(...) prima che inizino i negoziati a livello internazionale, quando l’oggetto del previsto accordo è conosciuto, anche qualora sussistano un certo numero di alternative ancora aperte e di divergenze relative alla redazione dei testi in questione, qualora la documentazione sottoposta alla Corte consenta a quest’ultima di elaborare un giudizio sufficientemente sicuro in merito alla questione sollevata (…)» (90). Ritengo pertanto che i medesimi criteri dovrebbero applicarsi qualora (come nel nostro caso) la Corte sia investita di un ricorso di annullamento (91). Se sono disponibili sufficienti informazioni sulle caratteristiche essenziali dell’accordo internazionale proposto, la presenza di un grado d’incertezza residuo circa il suo contenuto definitivo non impedisce alla Corte di adempiere la propria funzione, applicando lo strumento giuridico di verifica per determinare se sia fondata l’affermazione della Commissione circa la competenza esclusiva dell’Unione europea, e pronunciandosi sulla controversia.

120. Una determinazione della competenza ex ante, fondata sulla documentazione a disposizione della Corte in quella fase, non preclude comunque necessariamente la possibilità di un riesame, qualora il processo negoziale abbia come esito una situazione in cui il testo finale (inteso come progetto di trattato) differisca significativamente da quanto originariamente previsto. In tali circostanze, può essere opportuno chiedere alla Corte un’ulteriore pronuncia sulla competenza e, qualora fosse necessario, tornare al tavolo dei negoziati (92).

121. In considerazione di ciò, le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri devono collaborare strettamente. Questo requisito si applica nel momento della negoziazione, della conclusione e dell’attuazione di un accordo internazionale il cui contenuto rientra in parte nella competenza dell’Unione europea e in parte in quella degli Stati membri (93). Se dunque la Corte dovesse concludere che, nel nostro caso, la Commissione ha dimostrato fondatamente che è solo l’Unione europea ad essere competente, ma in seguito i negoziati prendessero un’altra piega e abbracciassero nuove materie, le istituzioni dell’Unione dovrebbero verificare la propria competenza riguardo a tali materie. Se necessario, dovrebbero invitare gli Stati membri a partecipare. Quanto meno, dovrebbero informare gli Stati membri di tali sviluppi in modo da consentire loro di esercitare i diritti loro conferiti dai Trattati. Al contrario, nel caso in cui agli Stati membri rimanga qualche competenza, essi devono partecipare ai negoziati in buona fede e astenersi dall’agire in modo da pregiudicare la competenza dell’Unione europea. Qualora la Corte dovesse ora concludere nella specie che vi sia una competenza concorrente ma che il testo finale della Convenzione come negoziato contenga soltanto materie già oggetto del diritto dell’Unione, solo l’Unione europea sarebbe competente a concludere la Convenzione.

–       La Convenzione

122. In questo momento non esiste un progetto di testo della Convenzione. Tuttavia, la Commissione ha presentato una serie di documenti in cui si enunciano gli obiettivi e l’ambito delle negoziazioni (e perciò anche del possibile testo finale), ossia: i) la raccomandazione del 2002, comprese l’appendice e la relazione; ii) il memorandum del 2008; iii) il mandato del 2009; e (iv) la relazione della riunione del 2010. Né le altre parti né gli intervenienti hanno sollevato obiezioni relativamente a tali documenti.

123. La documentazione menzionata indica il possibile oggetto del negoziato. Il valore probatorio di ciascun documento deve dipendere dal suo autore, dal contenuto e dalla vicinanza al reale processo negoziale. La relazione della riunione del 2010 risulta contenere la dichiarazione più recente circa l’obiettivo (o gli obiettivi) e l’ambito dei negoziati. Tuttavia, mentre il suo contenuto rispecchia il dibattito nella riunione consultiva del 2010, tale documento non sviluppa in maniera sistematica tutte le materie che secondo gli accordi dovevano rientrare nella Convenzione prevista. La raccomandazione del 2002 e il mandato del 2009 sono documenti politici, nel senso che sono stati adottati dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa. Il mandato del 2009 semplicemente incarica il MC-S-NR di «proseguire nel lavoro sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione connessi al diritto d’autore e, in presenza delle condizioni necessarie, proporre un progetto di Convenzione sulla materia». Il resoconto più dettagliato di un possibile mandato a negoziare è il memorandum del 2008, redatto dal gruppo di valutazione ad hoc e destinato a fungere da documento di lavoro per il CDMC. Esso verifica la possibilità di preparare una Convenzione e ne approfondisce la necessità e la funzione. Richiama inoltre la raccomandazione del 2002, descrivendola come un possibile punto di partenza per il dibattito sul contenuto della Convenzione.

124. Un distinto gruppo di documenti presentati dalla Commissione si riferisce ai negoziati in corso su un trattato dell’OMPI sulla protezione degli organismi di radiodiffusione, il cui lento progredire (94) sembra aver spinto il Consiglio d’Europa a prendere l’iniziativa di preparare una Convenzione. Il valore probatorio di tali documenti dell’OMPI è limitato. Né possono utilizzarsi accordi internazionali, quali la Convenzione di Roma (95), che disciplinano (in parte) i diritti degli organismi di radiodiffusione, come base per individuare il contenuto della Convenzione, in assenza di chiare indicazioni per stabilire se sussista o meno il proposito di utilizzare come modello accordi internazionali esistenti o parte di essi.

125. Nell’esporre ciò che ho inteso essere il futuro contenuto della Convenzione, mi baso sostanzialmente sul memorandum del 2008 e sulla relazione della riunione del 2010. Terrò conto anche di elementi rinvenuti in altri documenti, ove pertinenti.

126. L’obiettivo della Convenzione proposta è rafforzare la protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione e adattare questi diritti in particolare al rischio di furto di segnali (che spesso si spostano oltre le frontiere). Ciò dovrebbe realizzarsi mediante il conferimento agli organismi di radiodiffusione di diritti esclusivi che possano essere attuati e che siano definiti in termini tecnologicamente neutri. Nulla, nella documentazione disponibile, suggerisce che la Convenzione possa abbracciare anche il diritto d’autore o i diritti connessi dei produttori o degli interpreti, per esempio.

127. Non è chiaro come la Convenzione definirà la nozione di «radiodiffusione»: non emerge in particolare se questo termine includerà anche, ad esempio, la trasmissione via Internet (tramite web casting, simulcasting, o in qualche altra forma). Come evidenzia correttamente il governo polacco, il memorandum del 2008 (che si riferisce alle proposte dell’Unione europea in sede di OMPI (96)) sembra escludere tale definizione, mentre la relazione alla riunione del 2010 si concentra sulla necessità di mantenere la neutralità tecnologica, facendo però presente nel contempo la necessità che si approfondisca ulteriormente il tema della protezione dei nuovi media da parte della Convenzione, compresa la protezione dei servizi on-demand e catch-up. Sembra chiaro dal memorandum del 2008 che, in ogni caso, qualunque tentativo di ampliare la definizione in modo da includere l’una o l’altra forma di radiodiffusione via Internet amplierebbe considerevolmente la portata della protezione (e quindi quella dei diritti esclusivi degli organismi di radiodiffusione) rispetto alla protezione attualmente conferita dalla Convenzione di Roma, che si riferisce, all’articolo 3, lettera f), soltanto alla trasmissione senza filo.

128. Il memorandum del 2008 definisce sei diritti esclusivi, indica che questi dovrebbero applicarsi anche ai segnali portatori di programmi prima della radiodiffusione, insiste sulla necessità di tutela giuridica e di rimedi giurisdizionali efficaci contro l’elusione di misure tecnologiche nonché di obblighi relativi alle informazioni sul regime dei diritti, e definisce la durata della protezione.

129. Per quanto riguarda la protezione in senso sostanziale, la raccomandazione del 2002 suggerisce di prevedere un diritto di ritrasmissione, che dovrebbe abbracciare qualsiasi forma di ridiffusione effettuata con qualunque mezzo. Gli organismi di radiodiffusione dovrebbero poter far valere tale diritto per autorizzare o proibire la ritrasmissione delle loro emissioni, su filo o senza filo, in diretta o in differita (sulla base della fissazione) (97).

130. L’intenzione (come emerge anche dalla raccomandazione del 2002) è che la Convenzione stabilisca un diritto di fissazione che gli organismi di radiodiffusione possano far valere per autorizzare o proibire le fissazioni delle loro emissioni (98).

131. La raccomandazione del 2002 indica che la Convenzione potrebbe anche avere a oggetto un diritto di riproduzione, di cui gli organismi di radiodiffusione potrebbero avvalersi per autorizzare o proibire la riproduzione diretta o indiretta delle fissazioni in qualsiasi modo o forma (99).

132. La raccomandazione del 2002 suggerisce che il diritto di messa a disposizione del pubblico sia definito come il diritto degli organismi di radiodiffusione di autorizzare o proibire la messa a disposizione del pubblico delle fissazioni delle loro emissioni, su filo o senza filo, in modo tale che il pubblico possa accedervi individualmente da un luogo e in un momento a scelta (100). Il memorandum del 2008 segnala che detto diritto potrebbe anche coprire la messa a disposizione delle emissioni on demand via Internet.

133. Secondo la raccomandazione del 2002, la Convenzione potrebbe riconoscere un diritto di distribuzione, cioè il diritto di autorizzare o proibire la messa a disposizione del pubblico, con la vendita o altro strumento di trasferimento della proprietà, delle fissazioni delle emissioni e delle relative copie, comprese quelle di programmi non protetti dal diritto d’autore (101). Il memorandum del 2008 suggerisce che la Convenzione potrebbe ampliare la portata del succitato diritto nella Convenzione di Roma, conferendo una protezione anche in riferimento alla distribuzione su filo.

134. La raccomandazione del 2002 suggerisce che la Convenzione stabilisca un diritto di comunicazione al pubblico, cioè il diritto degli organismi di radiodiffusione di autorizzare o proibire la comunicazione al pubblico delle proprie trasmissioni, qualora tale comunicazione sia effettuata in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso, lasciando tuttavia agli Stati membri il diritto di definire il termine «diritto d’ingresso» nella propria legislazione nazionale e di decidere se proteggere o meno detto diritto nel caso di comunicazione in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso indiretto (102).

135. Dalla documentazione disponibile risulta chiaro che uno degli scopi principali della Convenzione è proteggere i segnali portatori di programmi prima della radiodiffusione, anche se non sembra esservi certezza sulla portata della protezione (103). La Convenzione di Roma non protegge tali segnali. Nessuno dei documenti a disposizione definisce il possibile contenuto di un tale diritto, sebbene il memorandum del 2008 rilevi che la protezione potrebbe ottenersi semplicemente estendendo la definizione della nozione di emissione. Tuttavia, sempre secondo il memorandum del 2008, l’esito previsto potrebbe essere che gli Stati membri prendano misure adeguate ed efficaci contro la distribuzione non autorizzata di tali segnali e contro qualsiasi altro uso degli stessi. La questione se tali misure debbano essere disciplinate dal diritto privato o dal diritto pubblico resta aperta. La relazione della riunione del 2010 dimostra che rimane irrisolta la questione dell’estensione di tale protezione a segnali che, diversamente dai segnali trasmessi, trasportino materiale non elaborato o materiale che potrebbe non essere destinato alla radiodiffusione.

136. La Convenzione potrebbe affrontare, con la tutela giuridica e i relativi rimedi, il problema dell’elusione di misure tecnologiche efficaci utilizzate dagli organismi di radiodiffusione nell’ambito dell’esercizio dei diritti connessi al diritto d’autore. Nel memorandum del 2008 si suggerisce che le norme della Convenzione siano «in linea» coi trattati dell’OMPI del 1996 e con la direttiva 2001/29.

137. La Convenzione potrebbe riguardare il problema dei soggetti che abbiano intenzionalmente rimosso o modificato le informazioni elettroniche sul regime dei diritti in formato elettronico (ossia le informazioni che identificano il contenuto protetto, i titolari dei diritti, i termini e le condizioni di utilizzo di tale contenuto). Il memorandum del 2008 dimostra che i trattati dell’OMPI del 1996 e la direttiva 2001/29 potrebbero essere utilizzati come basi per formulare tali norme.

138. Per quanto riguarda la durata della protezione, la raccomandazione del 2002 e il memorandum del 2008 appoggiano l’idea che la durata della protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione debba consistere in un periodo di almeno cinquant’anni, calcolati dalla fine dell’anno in cui ha avuto luogo la radiodiffusione (104). Un diverso punto di vista si evince dalla relazione alla riunione del 2010, secondo la quale la durata non dovrebbe eccedere quella stabilita dall’articolo 14 della Convenzione di Roma, vale a dire un termine minimo di vent’anni calcolati dalla fine dell’anno in cui ha avuto luogo l’emissione.

139. Infine, i documenti a disposizione suggeriscono che la Convenzione conterrà una clausola sulle limitazioni e le eccezioni (il che non sorprende). Tuttavia, l’accordo contenuto nella relazione della riunione del 2010 indica che queste ultime non saranno definite in modo esaustivo.

–       Il diritto dell’Unione

140. L’Unione europea ha esercitato la competenza concorrente nel settore del mercato interno (105), adottando misure di armonizzazione nel settore della protezione dei diritti di proprietà intellettuale degli organismi di radiodiffusione, che sarà oggetto della Convenzione. Anche altre parti del diritto dell’Unione si applicano agli organismi di radiodiffusione, ma riguardano altri settori, come la fornitura di servizi di media audiovisivi (106), e pertanto non rilevano rispetto alla fattispecie in esame.

141. A quanto mi consta, la Commissione stessa riconosce che le direttive pertinenti non regolano l’intero settore della protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione, e che la completa armonizzazione non è stata ancora raggiunta. Invero, è proprio l’ambito di applicazione della Convenzione proposta a dimostrare che vi sono elementi della protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione non ancora disciplinati dalla legislazione attuale. Inoltre, questo è un settore in cui ciò che occorre regolamentare è spesso direttamente collegato alle innovazioni tecnologiche (107). Qualunque conclusione sullo stato dell’armonizzazione deve tenere conto di tali sviluppi.

142. Ho già illustrato il diritto dell’Unione che disciplina questo settore ai paragrafi da 23 a 29 supra.

–       L’effetto (o gli effetti) della conclusione della Convenzione da parte degli Stati membri sul diritto dell’Unione che disciplina i diritti degli organismi di radiodiffusione

143. Parti diverse della Convenzione possono avere diverse implicazioni per il diritto dell’Unione che disciplina i diritti degli organismi di radiodiffusione. L’analisi in questa fase deve concentrarsi sulla questione se la Commissione abbia dimostrato o meno che l’Unione europea ha la competenza esclusiva a negoziare l’intera Convenzione. Dopotutto, la Commissione asserisce che il Consiglio è incorso in errore ritenendo che la situazione potrebbe non essere questa. Poiché è la Commissione a impostare il caso in tal modo, se l’analisi della Convenzione e delle norme dell’Unione, basata sulle informazioni attualmente disponibili, dimostra che gli Stati membri mantengono la competenza almeno su un aspetto, il motivo della Commissione deve essere respinto. Non è necessario, ai fini del presente procedimento, formulare una definizione chiara di chi sia competente a negoziare precisamente cosa. Né ciò sembra possibile.

144. A mio parere, la Commissione non ha dimostrato perché, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, l’Unione europea dovrebbe avere la competenza esclusiva a negoziare l’intera Convenzione.

145. È indubbiamente vero che il diritto dell’Unione copre una parte considerevole di quanto sarà oggetto della Convenzione. Tuttavia, tale fatto non è sufficiente di per sé per concludere che il criterio di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE sia soddisfatto (108).

146. Inizierò con i diritti esclusivi degli organismi di radiodiffusione.

147. Vero è che i diritti oggetto della Convenzione, di fissazione, riproduzione, ritrasmissione senza filo, messa a disposizione del pubblico, comunicazione in luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto di ingresso, e di distribuzione, probabilmente si baseranno sul diritto vigente dell’Unione, che armonizza la protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione (109). In teoria, questo fatto suggerirebbe che l’Unione europea ha pertanto la competenza esclusiva a negoziare le parti della Convenzione menzionate, giacché gli Stati membri non possono assumere impegni internazionali che rischino di pregiudicare l’unità e l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione. Tuttavia, nella misura in cui tale diritto fissa soltanto norme minime di tutela, e la Convenzione le fa proprie, è possibile che gli Stati membri rimangano competenti a negoziare la Convenzione.

148. Il diritto dell’Unione fissa norme minime?

149. Ciò è indubbiamente vero in relazione al diritto di ritrasmissione senza filo e al diritto di comunicazione al pubblico, di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2006/115.

150. In tal senso, il diritto dell’Unione non disciplina ancora «come minimo» il diritto di ritrasmissione via filo o cavo, mentre la Convenzione potrebbe farlo, e gli Stati membri hanno attualmente la facoltà di legiferare al riguardo nei propri ordinamenti. Se lo facciano di propria iniziativa o in conseguenza di un impegno internazionale non fa alcuna differenza al riguardo. Non è nemmeno rilevante se la predetta protezione più ampia si realizzi con un nuovo diritto o con un più ampio ambito di applicazione di un diritto già esistente. Il fatto è che il diritto dell’Unione statuisce espressamente che gli Stati membri hanno la competenza per ampliare la protezione da conferire ai titolari del diritto di ritrasmissione in quanto distinto dagli altri diritti coperti dalle direttive dell’Unione pertinenti. Lo stesso ragionamento dovrebbe applicarsi al diritto di comunicazione al pubblico fuori da luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto di ingresso (ad esempio, in negozi o ristoranti), se la Convenzione dovesse coprire tale diritto. Tuttavia, non ho trovato nulla nella documentazione disponibile che indichi che la Convenzione potrebbe ampliare la portata del diritto di comunicazione in tal modo. Esso pertanto non dovrebbe essere esaminato ai fini del primo motivo.

151. Un’altra questione riguarda i diritti di fissazione, riproduzione, distribuzione e messa a disposizione del pubblico.

152. A mio parere, il diritto dell’Unione non si limita a fissare norme minime di protezione per tali diritti, tenendo conto dell’attuale stato degli sviluppi tecnologici che consentono alle radiodiffusioni di avere luogo. A tale proposito, i considerando 6 e 7 della direttiva 2001/29 (che ha a oggetto, fra l’altro, il diritto di riproduzione e di messa a disposizione del pubblico) chiariscono che tali diritti fanno parte di un tessuto legislativo armonizzato che ha lo scopo di evitare differenze legislative fra gli Stati membri e incertezze giuridiche che potrebbero incidere negativamente sul funzionamento del mercato interno. Pur non contenendo gli stessi considerando, la finalità generale della direttiva 2006/115 è la stessa, e ha la medesima base giuridica della direttiva 2001/29. Secondo il diritto dell’Unione, dunque, gli organismi di radiodiffusione hanno il diritto esclusivo di autorizzare o proibire la fissazione delle loro emissioni (cioè la prima registrazione di un segnale) a prescindere dal fatto che la radiodiffusione sia effettuata via filo o etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite. Ciò sembra coprire qualsiasi forma di trasmissione. Tuttavia, agli Stati membri è vietato attribuire tale diritto di fissazione ai distributori via cavo che si limitano a trasmettere via cavo le emissioni degli organismi di radiodiffusione. Sono tali fissazioni l’oggetto del diritto esclusivo di autorizzare o proibire la riproduzione diretta o indiretta, e del diritto esclusivo di distribuzione, che è il diritto di mettere a disposizione del pubblico, mediante la vendita o in altro modo, le fissazioni delle emissioni, comprese le copie delle stesse. Per tali diritti, quindi, il diritto dell’Unione non lascia agli Stati membri alcuna possibilità di prevedere un differente livello di protezione. Il principio AETS pertanto si applica pienamente a tali parti dei negoziati. L’Unione europea deve disporre di una competenza esclusiva, anche se la Convenzione si limiterà a riprendere testualmente quelle parti del diritto dell’Unione, ossia farà semplicemente proprio tale diritto.

153. Tuttavia, non può applicarsi un’identica analisi a un diritto di protezione dei segnali portatori di programmi prima della radiodiffusione che la Convenzione potrebbe prevedere. Attualmente, il diritto dell’Unione concede protezione solo se può dimostrarsi che il furto di tali segnali abbia comportato l’elusione di qualunque efficace misura tecnologica, ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2001/29. Tale protezione sembra richiedere, comunque, che le misure in questione fossero dirette a impedire o limitare atti rispetto ai quali vi sia un titolare di un diritto di autorizzazione (110). Tuttavia, il diritto dell’Unione non richiede agli Stati membri di riconoscere agli organismi di radiodiffusione il diritto di impedire l’accesso ai loro segnali portatori di programmi prima della radiodiffusione o l’utilizzo degli stessi.

154. Sulla base della documentazione disponibile è difficile accertare quale sarà la forma prescelta dalla Convenzione per la protezione di tali segnali. Una possibilità è estendere le definizioni pertinenti (111). Fra le varie possibilità vi è quella di assoggettare tali segnali alle norme sulla protezione delle misure tecnologiche (eliminando in tal modo alcune delle limitazioni ai sensi del diritto dell’Unione, che fornisce tutela giuridica solo in riferimento ad atti che richiedono l’autorizzazione del titolare del diritto), o stabilire che gli organismi di radiodiffusione godano di protezione anche nei confronti di atti coperti, ad esempio, da diritti di fissazione, riproduzione, ritrasmissione, messa a disposizione del pubblico o comunicazione al pubblico, in relazione a segnali emessi in una fase anteriore alla radiodiffusione (112). Se fosse adottato uno di tali approcci, l’Unione europea avrebbe la competenza esclusiva.

155. Tuttavia, se i negoziati si incentreranno invece sull’attuazione di un autonomo diritto relativo alla protezione dei segnali portatori di programmi prima della radiodiffusione e in una forma diversa da quelle che ho appena descritto, allora non mi risulta ovvio il motivo per i quale, secondo le informazioni disponibili, l’Unione europea dovrebbe avere competenza esclusiva. Il fatto che il segnale possa contenere materiale protetto dal diritto d’autore, la cui tutela è già garantita diritto dell’Unione, non significa che un autonomo diritto degli organismi di radiodiffusione inciderà in qualche modo su tale diritto d’autore, se non aumentandone l’efficacia. Non è neanche sufficiente che un tale diritto aumenti l’efficacia dei diritti degli organismi di radiodiffusione già esistenti nel diritto dell’Unione, che, attualmente, in linea di principio, si «attivano» solo nel momento della fissazione di un segnale e del tutto indipendentemente dal fatto che la radiodiffusione contenga materiale coperto dal diritto d’autore o materiale non elaborato. È questo il caso dei diritti previsti dalle direttive 2001/29 e 2006/115. Per quanto riguarda la direttiva 93/83, il suo ambito di applicazione è determinato dalle definizioni dell’articolo 1, il cui paragrafo 1 spiega che i satelliti devono operare su bande di frequenza riservate alla trasmissione di segnali che possono essere ricevuti dal pubblico o che sono riservati alla comunicazione individuale privata. A proposito del secondo tipo di segnale, la Corte ha dichiarato che è nondimeno necessario che la ricezione individuale avvenga in circostanze comparabili a quelle applicabili nel primo caso (113). Tuttavia, secondo la mia interpretazione, la caratteristica essenziale dei segnali portatori di programmi prima della radiodiffusione è di non essere destinati al pubblico (a differenza di quel che avviene solitamente per i programmi di cui sono portatori).

156. Il diritto dell’Unione non definisce il termine «organismi di radiodiffusione», anche se chiaramente essi possono descriversi come i titolari dei diritti che si riferiscono alle emissioni protette in forza delle direttive 93/83, 2001/29 e 2006/115. Tuttavia, il diritto dell’Unione non definisce la questione se gli organismi che trasmettono segnali in modalità webcast, simulcast o in qualche altro nuovo formato (risultante dagli sviluppi tecnologici) debbano essere qualificati come titolari di diritti ai sensi delle direttive menzionate. In base alla loro formulazione, le definizioni di tali termini possono incidere sull’intero settore del diritto dell’Unione che disciplina i diritti degli organismi di radiodiffusione, compresi i diritti in relazione ai quali il diritto dell’Unione prevede espressamente la possibilità, per gli Stati membri, di riconoscere una protezione più ampia ai titolari dei diritti (senza suggerire che gli Stati membri possano anche ampliare la categoria dei titolari stessi). Se la definizione fornita dalla Convenzione creerà una categoria assoluta, più ampia di quella degli organismi di radiodiffusione titolari di diritti ai sensi delle direttive menzionate, la creazione di tale categoria potrebbe forse limitare la libertà dell’Unione europea di decidere sulla definizione sua propria. Ciò potrebbe non verificarsi se la definizione della Convenzione non fosse esaustiva e non offrisse protezione a enti diversi dai titolari di diritti già contemplati dal diritto dell’Unione.

157. Le restrizioni ed eccezioni sono definite con attenzione ed elencate in modo apparentemente esaustivo all’articolo 5 della direttiva 2001/29 e all’articolo 10 della direttiva 2006/115. Per come interpreto queste norme, esse prevedono un numero chiuso di eccezioni e restrizioni, e ogni libertà di agire degli Stati membri è delimitata da quell’elenco. Gli Stati membri non possono pertanto eludere tali norme dell’Unione assumendo impegni internazionali autonomi.

158. Per quanto riguarda il rispetto dei diritti, concordo con la Commissione sul fatto che nulla nella documentazione disponibile suggerisce che la Convenzione conterrà norme riguardanti sanzioni penali. A tale proposito, non sono disposta a considerare una nota informale redatta dal presidente del comitato pertinente per i negoziati paralleli in corso in sede di OMPI come prova del potenziale ambito dei negoziati sulla Convenzione. Sebbene gli Stati membri godano di una considerevole discrezionalità nell’adottare rimedi in caso di violazione dei diritti connessi degli organismi di radiodiffusione (non solo sanzioni penali, anche qualora siano state adottate misure ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 2, TFUE), l’esercizio di tale discrezionalità deve avvenire nel rispetto del diritto dell’Unione.

159. Per quanto riguarda la durata della protezione, essa è stabilita dal diritto dell’Unione e gli Stati membri non possono discostarsi da tale requisito.

160. I restanti due settori riguardano la protezione delle misure tecnologiche e delle informazioni sul regime dei diritti. Non è ancora noto se la Convenzione oltrepasserà l’acquis dell’Unione o fisserà in altro modo norme minime, né come definirà le nozioni di «misure tecnologiche» e di «informazioni sulla gestione dei diritti». Sebbene risulti che, ai sensi del diritto dell’Unione, gli Stati membri mantengano una certa competenza per determinare la forma di un’«adeguata» tutela giuridica, gli articoli 6 e 7 della direttiva 2001/29 sono nondimeno volti a fornire una tutela giuridica armonizzata. Ne consegue che, anche nel caso in cui la Convenzione dovesse riprodurre il contenuto di tali norme del diritto dell’Unione, quest’ultima avrebbe una competenza esclusiva.

161. Tali considerazioni mi portano a concludere che la Commissione non ha dimostrato che, allo stato dei fatti, l’Unione europea abbia la competenza esclusiva per l’intera Convenzione.

162. Occorre esaminare se tale conclusione possa cambiare per via del possibile impatto della Convenzione su altre parti del diritto dell’Unione in materia di proprietà intellettuale.

163. La Corte interpreta il diritto dell’Unione sulla proprietà intellettuale nel senso che i suoi concetti hanno un autonomo significato a livello dell’Unione (114), sono spesso utilizzati in contesti differenti e devono essere letti nel contesto delle pertinenti norme di diritto internazionale (115), sia qualora derivino da accordi internazionali dei quali l’Unione europea è parte (formando così parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione) sia qualora incidano indirettamente sull’ordinamento giuridico dell’Unione (come nel caso della Convenzione di Roma). Pertanto, è corretto il ragionamento della Commissione secondo il quale la Corte deve assicurare un’interpretazione coerente del diritto della proprietà intellettuale, e in particolare del diritto d’autore e dei diritti connessi (116). In tale contesto, salvo che non sia disposto diversamente, potrebbe rivelarsi necessario interpretare i termini non definiti da una direttiva alla luce di un’altra direttiva, in particolare laddove due direttive riguardino aspetti distinti di una stessa materia, come, ad esempio, la direttiva 93/83 e la direttiva 2001/29.

164. Comunque, ciò non significa che la Corte possa trasferire ciecamente il significato di una nozione da un contesto all’altro (117). Così, se la Convenzione dovesse estendere la portata del diritto di comunicazione al pubblico in modo da renderlo applicabile anche alla comunicazione in luoghi diversi da quelli accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto d’ingresso, ciò non modificherebbe automaticamente la portata della nozione di «comunicazione al pubblico» rinvenibile in altri settori del diritto dell’Unione della proprietà intellettuale in cui quella nozione, comunque, potrebbe essere delimitata da condizioni distinte.

165. È anche pertinente notare come, in forza sia della Convenzione di Roma sia del diritto dell’Unione che disciplina i diritti degli organismi di radiodiffusione, la protezione di questi ultimi non può pregiudicare il diritto d’autore o incidere in altro modo su quest’ultimo. La Commissione non ha dimostrato in che modo l’ampliamento dell’ambito di applicazione della protezione o l’attribuzione di nuovi diritti agli organismi di radiodiffusione possa incidere sul diritto d’autore, contrariamente ai diritti esistenti (che parrebbe siano destinati a essere riprodotti tali e quali nella Convenzione).

166. Resto pertanto dell’idea che la Commissione non abbia dimostrato, allo stato dei fatti, che l’Unione europea ha la competenza esclusiva a negoziare tutte le parti della Convenzione. Desidero chiarire che potrebbe essere necessario rivedere tale conclusione qualora si venisse a conoscenza di ulteriori elementi del contenuto della Convenzione, da cui risultasse chiaramente che la conclusione dell’intera Convenzione «può incidere su norme comuni o modificarne la portata», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

 Sul secondo motivo: articolo 218, paragrafo 2, TFUE in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 2, TUE

 Argomenti

167. La Commissione sostiene che la decisione violi sia l’articolo 218, paragrafo 2, TFUE, secondo il quale solo il Consiglio può autorizzare l’avvio dei negoziati su un accordo internazionale e definire le direttive di negoziato, sia l’articolo 13, paragrafo 2, TUE, il quale, secondo l’interpretazione datane dalla Corte nella causa C‑27/04, sancisce che il Consiglio non può ricorrere a una procedura alternativa (118). Il Consiglio non può unilateralmente derogare alla procedura prevista dall’articolo 218, paragrafo 2, TFUE, coinvolgendo nel proprio processo decisionale gli Stati membri, che agiscono collettivamente in sede di Consiglio. Il Parlamento aderisce alle motivazioni della Commissione.

168. Il Consiglio, con l’adesione degli Stati membri intervenienti, argomenta che non fa differenza se l’avvio dei negoziati sia stato autorizzato da una singola decisione «ibrida» o da due distinte decisioni adottate, rispettivamente, dal Consiglio e dagli Stati membri. Il Consiglio aggiunge che, in tale contesto, la decisione degli Stati membri di partecipare ai negoziati per un trattato trova il suo fondamento nel diritto internazionale pubblico, in particolare nel principio del consenso, e non nell’articolo 218 TFUE, né in qualunque altra disposizione dei Trattati. Invero, l’utilizzo di una decisione ibrida in tali circostanze è conforme al requisito dell’uniformità della rappresentanza internazionale dell’Unione europea e al principio di leale cooperazione.

169. Il Regno Unito sostiene inoltre che la Commissione trascura il fatto che, quando gli Stati membri esercitano una competenza concorrente, devono anche accettare di partecipare ai negoziati per la conclusione di un accordo misto. La Commissione ha dunque torto nel ritenere che solo il Consiglio avrebbe dovuto adottare la decisione. Si aggiunge inoltre che, se ci fossero state due decisioni distinte, una del Consiglio e una degli Stati membri, ciò non avrebbe portato maggiore chiarezza su quali fossero i settori di competenza degli Stati membri. Inoltre, l’articolo 218, paragrafo 2, TFUE, non impedisce agli Stati membri di collaborare con l’Unione europea nella negoziazione di un accordo internazionale su materie oggetto di competenze concorrenti.

 Valutazione

170. A mio parere, i Trattati non consentivano l’adozione di una decisione con il metodo utilizzato (119).

171. Dalla ripartizione delle competenze esterne consegue che l’Unione europea e gli Stati membri devono collaborare nelle fasi di negoziazione, conclusione e attuazione dell’accordo internazionale. Tale dovere discende dal requisito dell’unità della rappresentanza internazionale dell’Unione europea (120). Comunque, ciascuno deve applicare le proprie procedure costituzionali concernenti la negoziazione, la firma, la conclusione e la ratifica di accordi internazionali. Il dovere di collaborazione non modifica tale fatto. Se un accordo internazionale rientra nella competenza esclusiva dell’Unione europea, sono applicabili esclusivamente le procedure costituzionali dell’Unione. Se anche gli Stati membri conservano la competenza, alla loro partecipazione all’accordo internazionale (e ai relativi negoziati) si applica il rispettivo diritto interno, mentre il diritto dell’Unione si applica alla partecipazione di quest’ultima. Il fatto che un accordo internazionale sia misto non incide sul fatto che soltanto il diritto dell’Unione possa disciplinare la partecipazione della stessa Unione europea a tale accordo (e ai relativi negoziati).

172. A mio parere, l’articolo 218, paragrafo 2, TFUE, chiarisce che soltanto il Consiglio ha il potere di autorizzare l’Unione europea a negoziare, di definire direttive di negoziato e di autorizzare la firma e la conclusione di un accordo internazionale fra l’Unione europea e paesi terzi o organizzazioni internazionali. L’articolo 218 si applica a tutti gli accordi internazionali, indipendentemente dal fatto che il loro contenuto rientri nella competenza esclusiva dell’Unione europea o nella competenza concorrente con gli Stati membri. Esso stabilisce le condizioni alle quali i Trattati autorizzano l’Unione europea a intraprendere accordi internazionali.

173. Lo specifico strumento attraverso il quale si concede tale autorizzazione è la decisione, prevista dal quarto comma dell’articolo 288 TFUE: si tratta pertanto di una decisione obbligatoria in tutti i suoi elementi, e, nella misura in cui è diretta alla Commissione, obbliga solo quest’ultima. L’adozione di una tale decisione nel contesto dell’articolo 218 TFUE è una prerogativa del Consiglio. Gli Stati membri non possono determinare nessuna parte del suo contenuto né essere coinvolti nella sua adozione. Il Consiglio non può neppure decidere le modalità con cui gli Stati membri organizzano la loro partecipazione alla negoziazione di un accordo misto.

174. Tale interpretazione è confermata da altre parti dell’articolo 218 TFUE, applicabile sia agli accordi misti sia a quelli esclusivi. Ad esempio, il paragrafo 3 dispone che la Commissione presenta al Consiglio (e non agli Stati membri) raccomandazioni sull’autorizzazione. Ad eccezione dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE (che riguarda la richiesta di parere alla Corte), gli altri paragrafi dell’articolo 218 TFUE non menzionano gli Stati membri (né un loro ruolo).

175. La Corte ha dichiarato che le regole dei Trattati riguardanti la formazione della volontà delle istituzioni dell’Unione «non sono derogabili né dagli Stati membri né dalle stesse istituzioni» (121). Pertanto, conformemente al principio di attribuzione di cui all’articolo 13, paragrafo 2, TUE (122), il Consiglio deve agire nei limiti delle attribuzioni che gli sono conferite e non può di propria iniziativa coinvolgere gli Stati membri in un processo decisionale se i Trattati dispongono diversamente. Né può far valere il principio di autonomia organizzativa per conseguire tale risultato. Detto principio (come il principio di leale cooperazione) può essere invocato esclusivamente da un’istituzione che agisca nei limiti delle proprie competenze. La decisione ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 2, TFUE può pertanto essere emessa solo dal Consiglio.

176. Non mi convince l’argomento secondo il quale la decisione non sarebbe altro che la somma di una decisione del Consiglio e di un atto intergovernativo degli Stati membri. Tale argomento presuppone che alle norme procedurali di cui all’articolo 218 TFUE si ottemperi con qualsiasi strumento formale che il Consiglio definisca «decisione», purché contenga un elemento di una decisione da adottarsi ai sensi di detto articolo. Tuttavia, i Trattati partono dal presupposto che l’istituzione che adotta una decisione sia responsabile del suo intero contenuto.

177. A proposito del contenuto della decisione, l’articolo 218, paragrafo 2, TFUE non impedisce al Consiglio di autorizzare la Commissione a negoziare un accordo internazionale in conformità alla ripartizione delle competenze in relazione ad un particolare settore, né di prevedere che un tale accordo possa essere misto. Se però si tratta di accordo misto, tale articolo non autorizza il Consiglio a decidere in che modo gli Stati membri debbano negoziarlo (123). Eppure questo è esattamente quanto il paragrafo 3 della decisione intende realizzare.

178. Concludo quindi per l’accoglimento del secondo motivo.

 Sul terzo motivo: articolo 218, paragrafo 8, primo comma, TFUE e articolo 16, paragrafo 3, TUE

 Argomenti

179. La Commissione, sostenuta dal Parlamento, sostiene che, adottando la decisione di comune accordo, il Consiglio ha violato l’articolo 218, paragrafo 8, TFUE, perché la decisione doveva essere adottata a maggioranza qualificata. Questa è anche la regola generale sancita dall’articolo 16, paragrafo 3, TUE. Fondendo una decisione dell’Unione e una decisione intergovernativa in un atto ibrido, il Consiglio ha di fatto vanificato la sostanza della procedura prevista dall’articolo 218, paragrafo 8, TFUE, ha minato l’efficacia del processo decisionale, ha probabilmente inciso sul contenuto della decisione e ha subordinato l’adozione della decisione alla maggioranza più ristretta richiesta per l’adozione di atti intergovernativi. Le misure di armonizzazione del diritto della proprietà intellettuale che aumentano la protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione devono essere adottate secondo la procedura legislativa ordinaria (votazione a maggioranza qualificata). È paradossale ritenere, come fa il Consiglio, che lo stesso risultato possa essere raggiunto attraverso la negoziazione di un accordo internazionale cui partecipino tutti gli Stati membri e al quale pertanto si applica la regola dell’unanimità.

180. Il Parlamento aggiunge che un atto ibrido non costituisce la mera combinazione di due decisioni. Gli Stati membri potrebbero adottare posizioni diverse quando agiscono in qualità di membri del Consiglio in relazione alla competenza dell’Unione europea, e quando agiscono come singoli Stati in relazione alle competenze loro proprie. Tale prassi rischia anche di indebolire l’equilibrio istituzionale previsto dall’articolo 218 TFUE (in particolare i paragrafi 6 e 10) e l’accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea (124), ai sensi del quale il Parlamento è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della negoziazione e della conclusione di accordi internazionali, in tempo utile per consentirgli di esprimere eventualmente il suo parere e perché la Commissione possa tenerne conto.

181. Il Consiglio, sostenuto dagli Stati membri intervenienti, replica che la decisione è stata adottata a maggioranza qualificata per quanto riguarda la competenza esclusiva dell’Unione europea, e per accordo comune fra i rappresentanti degli Stati membri per quanto riguarda le loro competenze. Non ne consegue che l’unanimità abbia sostituito la maggioranza qualificata, in tal modo distorcendo la regola di voto applicabile ai sensi dell’articolo 218 TFUE. Inoltre, il fatto che nessuna delegazione nel Consiglio si sia opposta alla decisione non implica che le regole di voto non siano state rispettate. Anche qualora la decisione fosse stata adottata dal solo Consiglio, i negoziati sulla Convenzione non avrebbero potuto iniziare in mancanza di una distinta decisione o autorizzazione da parte degli Stati membri.

 Valutazione

182. Le decisioni di autorizzazione all’avvio dei negoziati per un accordo internazionale fra l’Unione europea e i terzi devono essere adottate dal Consiglio a maggioranza qualificata. Questa regola di voto si determina con riferimento al contenuto della decisione, e non distingue a seconda che la competenza dell’Unione europea sia concorrente o esclusiva. La regola di voto non può tuttavia applicarsi a una decisione il cui contenuto non rientri nella competenza dell’Unione europea.

183. Non c’è nulla nel fascicolo che suggerisca che la votazione in Consiglio non attenesse all’intero contenuto della decisione. In altri termini, il Consiglio ha applicato la regola di voto a un insieme di norme inscindibili. In tal senso, questo genere di atto ibrido non può paragonarsi a un atto che, per via del suo contenuto, abbia un duplice fondamento giuridico, uno che richiede l’unanimità e l’altro la maggioranza qualificata. I Trattati prevedono che alla decisione del Consiglio di autorizzare l’avvio dei negoziati si applichi un’unica regola di voto.

184. In teoria, la decisione può essere stata adottata con tre diverse modalità: o il Consiglio e gli Stati membri hanno votato la decisione separatamente e con distinte regole di voto, o si è applicata solo la regola dell’unanimità, come sostiene la Commissione, oppure l’intera decisione è stata adottata solo a maggioranza qualificata.

185. A mio parere, qualunque sia la risposta, la decisione non può essere stata adottata in conformità alla regola di voto di cui all’articolo 218, paragrafo 8, TFUE.

186. Si può escludere la terza opzione: la decisione non può contenere un atto intergovernativo e allo stesso tempo essere adottata a maggioranza qualificata.

187. Il Consiglio non è competente ad autorizzare gli Stati membri a negoziare un accordo misto e a stabilire le modalità dettagliate da seguire per tali negoziati. I Trattati dunque non consentono che si applichi la regola di voto di cui all’articolo 218, paragrafo 8, TFUE a una decisione di questo tipo e, pertanto, si può escludere anche l’impiego di regole di voto distinte (la prima opzione).

188. Poiché la decisione contiene in effetti sia un atto intergovernativo sia un atto dell’Unione, ed è stata cionondimeno adottata con un voto unico, non può essere stata adottata a maggioranza qualificata. Deve essere stata approvata all’unanimità (seconda opzione).

189. Naturalmente, è vero che l’unanimità include la maggioranza qualificata. Tuttavia, ciò non significa che la regola dell’unanimità sia irrilevante rispetto al contenuto di una decisione. Una decisione sulla quale tutti possono concordare o alla quale nessuno si oppone non coincide necessariamente con una decisione sulla quale può concordare una maggioranza qualificata. Ad esempio, il contenuto di una decisione che può contare su una maggioranza qualificata potrebbe dover essere mitigato al fine dell’approvazione unanime o senza obiezioni.

190. Concludo quindi altresì per l’accoglimento del terzo motivo.

 Sul quarto motivo: gli obiettivi del Trattato e il dovere di leale cooperazione di cui all’articolo 13, paragrafo 2, TUE, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 2, TFUE

 Argomenti

191. La Commissione, con l’adesione del Parlamento, sostiene che, nell’adottare la decisione, il Consiglio ha violato l’articolo 13, paragrafo 2, TUE, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 2, TFUE, per non avere il Consiglio agito in conformità agli obbiettivi enunciati nei Trattati ed aver preso una decisione in violazione del principio di leale cooperazione. Fra tali obiettivi vi è la necessità di specificare come e da chi devono essere esercitate le competenze dell’Unione nelle relazioni esterne e di disporre per l’unità della rappresentanza dell’Unione europea. La Commissione afferma che la mera adozione di una decisione ibrida comporta di per sé la violazione degli obiettivi dei Trattati. Agendo come ha fatto, il Consiglio ha offuscato la personalità dell’Unione europea e la sua presenza e caratura nelle relazioni internazionali. Inoltre, in conformità al dovere di cooperazione fra le istituzioni, il Consiglio avrebbe dovuto esercitare i propri poteri in modo da non eludere le procedure stabilite dall’articolo 218 TFUE, e non avrebbe dovuto attribuire agli Stati membri un ruolo non previsto dai Trattati.

192. Il Consiglio, sostenuto dagli Stati membri intervenienti, nega che la decisione possa confondere la comunità internazionale e sostiene che qualsiasi confusione deriva piuttosto dal fatto che la Commissione partecipa da sola ai negoziati anche su materie di competenza degli Stati membri. Il Consiglio argomenta inoltre che l’articolo 218, paragrafo 2, TFUE non può applicarsi ad accordi internazionali rientranti nella competenza degli Stati membri e nega di aver agito contrariamente al principio di leale cooperazione. Al contrario, il dovere di cooperazione richiedeva un’azione congiunta del Consiglio e degli Stati membri. Il Consiglio sostiene inoltre, più in generale, che il quarto motivo dedotto dalla Commissione è in larga misura basato su speculazioni o presunzioni.

 Valutazione

193. La Corte ha riconosciuto la relazione esistente fra, da un lato, la necessità di unità e coerenza nelle relazioni esterne dell’Unione europea, e, dall’altro lato, il principio di leale cooperazione. Il principio secondo il quale gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione devono garantire una stretta cooperazione in sede di negoziazione, conclusione e attuazione degli accordi internazionali «discende dalla necessità di un’unità della rappresentanza internazionale della Comunità» (125). Il principio di leale cooperazione si applica sia all’attività interna che a quella esterna e anche alle relazioni interistituzionali (126). Esso si applica indipendentemente dal fatto che la competenza esterna dell’Unione europea sia concorrente o esclusiva (127), anche se, chiaramente, la necessità di cooperare è molto più pressante quando deve essere negoziato e concluso un accordo misto (128). Pertanto, nelle fasi iniziali dei negoziati, le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri devono vigilare sulla ripartizione di competenze applicabile. La necessità di garantire l’unità e la coerenza nelle relazioni esterne dell’Unione europea è il fondamento dell’intero settore delle relazioni esterne (e che costituisce infatti la ratio del principio AETS) e riguarda in particolare l’azione esterna dell’Unione, ma può avere anche conseguenze sulle sue azioni interne.

194. Se l’Unione europea ha la competenza esclusiva a negoziare la Convenzione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, qualunque decisione che stabilisca che anche gli Stati membri possono negoziare (parte) di tale accordo, pregiudicherebbe necessariamente l’articolo 218 TFUE e comprometterebbe le competenze e le attività delle istituzioni dell’Unione. Essa sarebbe inoltre contraria agli obiettivi dei Trattati. Il dovere di rispettare la ripartizione delle competenze (compresa quella di cui all’articolo 2, paragrafo 1, TFUE) e il principio di attribuzione sono espressioni del principio di leale cooperazione, e pertanto non è necessario alcun separato accertamento secondo l’articolo 13, paragrafo 2, TUE (129).

195. Se l’Unione europea non ha la competenza esclusiva a negoziare l’intera Convenzione, allora la collaborazione fra le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri è senza dubbio una condizione essenziale perché sia possibile concludere un accordo misto. Pur ammettendo che una decisione congiunta costituisca l’espressione di quella che è forse una delle più strette forme di cooperazione, le regole di procedura non possono essere ignorate nel nome del principio di leale cooperazione. A tale proposito ho già spiegato perché, a mio parere, i Trattati non consentono l’adozione di un atto ibrido. Considero pertanto superfluo statuire separatamente sul quarto motivo.

 Spese

196. La Commissione risulta vittoriosa. Nelle sue conclusioni ha chiesto che il Consiglio sia condannato alle spese. A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’articolo 140, paragrafo 1, dello stesso regolamento dispone che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

 Conclusione

197. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di:

–        annullare la decisione del 19 dicembre 2011 del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio sulla partecipazione dell’Unione europea e dei suoi Stati membri ai negoziati per una Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione;

–        condannare il Consiglio dell’Unione europea a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea; e

–        condannare i governi ceco, tedesco, dei Paesi Bassi e polacco, nonché il governo del Regno Unito e il Parlamento europeo, a sopportare le proprie spese.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Decisione del 19 dicembre 2011 del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, sulla partecipazione dell’Unione Europea e degli Stati membri ai negoziati per una Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione. La decisione non è stata pubblicata; è stata prodotta nel presente procedimento in allegato al ricorso della Commissione. V. infra i paragrafi da 40 a 44.


3 –      Il principio è talvolta enunciato in termini diversi in alcune versioni linguistiche: v., ad esempio, sentenza del 20 aprile 2010, Commissione/Svezia (C‑246/07, Racc. pag. I‑3317, punti 70 e 71).


4 –      Il contenuto pertinente di questo e di altri documenti sui negoziati per la Convenzione è descritto nell’ambito dell’analisi del primo motivo di ricorso, su cui infra, paragrafi da 122 a 139.


5 –      Gli acronimi CDMC e MC-S-NR (utilizzati infra al paragrafo 4) sono quelli utilizzati dal Consiglio d’Europa stesso.


6 –      Il mandato del 2009 è stato prodotto nel presente procedimento come allegato alla «Riunione consultiva sulla protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione» (Strasburgo, 28 e 29 gennaio 2010; in prosieguo: la «riunione consultiva del 2010»). Relazione della riunione, MC‑S‑NR (2010)Misc1rev. Detti documenti sono disponibili anche sul sito web del Consiglio d’Europa.


7 –      V. la relazione della riunione del 2010, citata supra alla nota 6, punti 1 e 2.


8 –      La radiodiffusione è, in sostanza, l’attività che consiste nel mandare un segnale contenente dati di immagini e/o suoni da un luogo a un altro. Il segnale è un impulso elettromagnetico ed esiste soltanto in quanto sia trasmesso e fino a che sia stato ricevuto. Si può registrare (o «fissare») in un modo particolare e quindi essere trasmesso in una o più modalità (ad esempio, via etere o via cavo) per raggiungere il ricevente, che può essere, ad esempio, un televisore, una radio, un computer o uno smartphone. Detti riceventi quindi riproducono l’emissione video o audio contenuta nel segnale.


9 –      Si veda la relazione alla Riunione del 2010, citata supra alla nota 6, punto 13.


10 –      Si tratta di un segnale portatore di programmi che è inviato, ad esempio, dal luogo di un evento a un ripetitore o inviato da un organismo di radiodiffusione a un altro. Si tratta spesso di un segnale digitale destinato a essere utilizzato dagli organismi di radiodiffusione piuttosto che alla diretta ricezione da parte del pubblico.


11 –      Sul concetto di informazioni sul regime dei diritti, v. infra al paragrafo 137.


12 –      V., ad esempio, la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Parigi 1971; in prosieguo: la «Convenzione di Berna»): l’Unione europea non ne è parte contraente ma, in virtù dell’articolo 9, paragrafo 1, dell’Accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l’«accordo ADPIC»), essa è obbligata a osservare gli articoli da 1 a 21 (eccetto l’articolo 6 bis) della Convenzione di Berna e il suo Allegato; la Convenzione di Roma relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione, del 26 ottobre 1961 (in prosieguo: la «Convenzione di Roma»), di cui l’Unione europea non è parte contraente; l’Accordo europeo per la protezione delle emissioni televisive del 22 giugno 1960, di cui l’Unione europea non è parte contraente; la Convenzione europea sulle questioni di diritto d’autore e dei diritti connessi nel quadro delle radiodiffusioni transfrontaliere via satellite dell’11 maggio 1994, di cui l’Unione europea è parte contraente; la Convenzione di Bruxelles del 1974 sulla distribuzione dei segnali portatori di programmi trasmessi mediante satelliti (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles sui satelliti del 1974»), di cui l’Unione europea non è parte contraente; l’Accordo ADPIC (che è l’allegato 1C all’accordo che istituisce l’Organizzazione Mondiale del Commercio, l’«OMC», di cui l’Unione europea è membro); detti accordi internazionali sono stati approvati a nome della Comunità europea in relazione a quelle parti dei trattati multilaterali dell’OMC rientranti nella competenza delle Comunità europee con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre del 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994), (GU 1994, L 336, pag. 1); il Trattato dell’Organizzazione Mondiale per la proprietà intellettuale (in prosieguo: l’«OMPI») sul diritto d’autore e il Trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi del 1996, di cui l’Unione europea è parte contraente: entrambi sono stati approvati in nome della Comunità europea con la decisione 2000/278/CE del Consiglio, del 16 marzo 2000, relativa all’approvazione, in nome della Comunità europea, del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore e del trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (GU 2000, L 89, pag. 6).


13 –      V., ad esempio, OMPI, Comitato permanente sul diritto d’autore e i diritti connessi, «Working Document for a Treaty on the Protection of Broadcasting Organisations» (Documento di lavoro per un trattato sulla protezione degli organismi di radiodiffusione), SCCR/24/10 Corr.


14 –      OMPI, «Protection of the Rights of Broadcasting Organisations – Submitted by the European Community and its Member States», SCCR/6/2 (3 ottobre 2001) («Protezione dei diritti degli organismi di radiodiffusione – Presentata dalla Comunità Europea ed i suoi Stati membri», in prosieguo: la «proposta all’OMPI del 2001»). Un’altra proposta riguardante la definizione di «radiodiffusione» è stata depositata nel 2003 (si veda OMPI, Articolo 1bis – Proposal submitted by the European Community and its Member States [Proposta presentata dalla Comunità europea e gli Stati Membri] SCCR/9/12, 24 giugno 2003). Questi documenti sono stati depositati unitamente al ricorso della Commissione. Non sono state sollevate questioni dinanzi alla Corte circa la competenza a negoziare e, se del caso, a concludere il trattato OMPI.


15 –      Cit. supra alla nota 6, punto 6.


16 –      V. anche l’articolo 4, paragrafo 1, del TUE.


17 –      V. anche la Dichiarazione n. 18 relativa alla delimitazione delle competenze nelle dichiarazioni allegate all’atto finale della conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona.


18 –      GU 2012, C 326, pag. 307.


19 –      Direttiva 92/100/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1992, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (GU L 346, pag. 61), come modificata dalla direttiva 93/98/CEE del 29 ottobre 1993 concernente l’armonizzazione della durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (GU L 290, pag. 9), e in seguito dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10; la «direttiva società dell’informazione»), e infine codificata e abrogata dalla direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 (GU L 376, pag. 28).


20 –      V. infra i paragrafi 29 e 32.


21 –      Direttiva 2006/116/CE Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (GU L 372, pag. 12), detta anche «direttiva sulla durata di protezione».


22 –      Direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU L 248, pag. 15). Questa direttiva rinvia alla direttiva 92/100 ma, ai sensi del secondo comma dell’articolo 14 della direttiva 2006/115, «(…) i riferimenti alla direttiva abrogata [92/100] si intendono fatti alla presente direttiva (…)».


23 –      Articolo 5 della direttiva 93/83; articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2001/29 e articolo 12 della direttiva 2006/115. La direttiva 2006/116 stabilisce per il diritto d’autore e i diritti connessi una durata di protezione diversa, e pertanto non contiene una disposizione analoga.


24 –      Tale diritto è stato inizialmente riconosciuto dall’articolo 7 della direttiva 92/100, norma in seguito abrogata dalla direttiva 2001/29.


25 –      V. altresì il considerando 58 della direttiva 2001/29.


26 –      Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (GU L 157, pag. 45).


27 –      Considerando 7 della direttiva 2004/48.


28 –      V. l’articolo 2, paragrafo 2, e il considerando 16 della direttiva 2004/48. Sull’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 si veda anche il considerando 23.


29 –      V. paragrafo 48 infra.


30 –      Articolo 2 della decisione.


31 –      V., ad esempio, sentenze del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione (C‑181/91 e C‑248/91, Racc. pag. I‑3685, punto 13, e giurisprudenza ivi citata), e del 13 luglio 2004, Commissione/Consiglio (C‑27/04, Racc. pag. I‑6649, punto 44, e giurisprudenza ivi citata).


32 –      A tal proposito, l’efficacia giuridica delle direttive di negoziato deve distinguersi dallo strumento formale contenente un atto giuridicamente vincolante del Consiglio, che è l’oggetto del ricorso di annullamento e sul quale si fondano i quattro motivi della Commissione. Pertanto, se la decisione fosse annullata per qualcuno o tutti dei predetti motivi, ciò inciderebbe sulle direttive di negoziato, poiché queste non possono produrre alcun effetto su negoziati il cui oggetto non sia di competenza dell’Unione europea e/o che non siano stati autorizzati secondo le regole. In altri termini, non possono produrre effetti (a prescindere dal fatto che tali effetti siano in teoria vincolanti e, in questo caso, dal perché lo siano) fintantoché la Commissione non sia stata adeguatamente autorizzata a partecipare ai negoziati.


33 –      Parlamento/Consiglio e Commissione, cit. alla nota 31, punto 12.


34 –      Era questa la questione trattata nella sentenza Parlamento/Consiglio e Commissione, citata supra alla nota 31. In quell’occasione la Corte ha dichiarato, al punto 14 della sentenza, che la qualificazione dell’atto era irrilevante e che la questione della competenza doveva risolversi accertando «(…) che l’atto in parola, considerati il suo contenuto e il complesso delle circostanze in cui è stato adottato, non costituisca in effetti una decisione del Consiglio».


35 –      La Corte ha affermato precisamente questo nella sentenza Parlamento/Consiglio e Commissione, citata supra alla nota 31, in relazione ad una decisione presa dagli Stati membri ma adottata in sede di Consiglio (v. punto 12). Il mero fatto che una decisione sia qualificata come atto degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio (o si tratti di un atto qualificato in termini simili) non costituisce un motivo sufficiente perché esso esuli dal sindacato di legittimità (punto 14). V., altresì, in un contesto leggermente diverso, sentenza del 12 maggio 1998, Commissione/Consiglio (C‑170/96, Racc. pag. I‑2763, punti da 12 a 18).


36 –      Sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, Racc. pag. 263) (Accordo europeo relativo al lavoro degli equipaggi dei veicoli che effettuano trasporti internazionali su strada; in prosieguo: l’«AETS»).


37 –      V. sentenza del 19 marzo 2002, Commissione/Irlanda (C‑13/00, Racc. pag. I‑2943, punto 17).


38 –      Parere 1/03, Racc. 2006, pag. I‑1145, punti da 148 a 151.


39 –      Parere 2/91, Racc. 1993, pag. I‑1061, punti da 22 a 26.


40 –      Sentenza del 12 febbraio 2009, Commissione/Grecia (C‑45/07, Racc. pag. I‑701, punti 21 e 22).


41 –      Cit. supra alla nota 38.


42 –      Cit. supra alla nota 39.


43 –      Sentenza del 5 novembre 2002, C‑467/98, Racc. pag. I‑9519 (una delle c.d. sentenze «open skies»).


44 –      Cit. supra alla nota 38.


45 –      Sentenza del 15 marzo 2012, SCF Consorzio Fonografici/Marco Del Corso (C‑135/10, punti 75 e 76).


46 –      Sentenza del 13 ottobre 2011, Airfield e Canal Digitaal (C‑431/09 e C‑432/09, Racc. pag. I‑9363, punto 44).


47 –      Rilevo come nessuna delle parti abbia dedotto che la Convenzione (né parte o parti di essa) rientri nella competenza esterna esclusiva dell’Unione europea in quanto, tenendo conto che le norme sostanziali sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale potrebbero essere le stesse indipendentemente dal tipo di accordo internazionale che le prevede, i diritti esclusivi degli organismi di radiodiffusione e le condizioni, eccezioni, limitazioni e riserve in relazione a tali diritti sono oggetto dell’accordo ADPIC (in particolare dell’articolo 14 dello stesso) e in quanto, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’Unione europea dispone ora della competenza esclusiva sulla politica commerciale comune che, secondo l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE «(…) è fondata su principi uniformi, in particolare per quanto concerne (…) gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale (…)». Per quanto riguarda il significato di «aspetti commerciali della proprietà intellettuale», v. sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, punti da 49 a 61).


48 –      Racc. 2013, punto 77.


49 –      Paragrafi da 111 a 117 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa C‑137/12, citata supra alla nota 48.


50 –      Un’eccezione degna di nota è costituita dalla versione francese degli articoli 3, paragrafo 2, e 216, paragrafo 1, TFUE, che riporta lo stesso testo in entrambe le norme: «est susceptible d’affecter des règles communes ou d’en altérer la portée».


51 –      L’Unione europea ha dunque competenza esterna quando, nonostante la mancanza di attribuzione espressa, l’adozione di norme comuni le conferisce necessariamente la facoltà di concludere accordi internazionali aventi ad oggetto la materia disciplinata da tali norme comuni. Nella sentenza AETS tali norme comuni sono state applicate altresì al trasporto internazionale da o verso paesi terzi per la parte del tragitto svolto nel territorio comunitario (v. sentenza AETS, citata supra alla nota 36, punto 28). Nella sentenza Kramer e a. è stata confermata una posizione analoga nel contesto della competenza sulla preservazione delle risorse biologiche del mare (3/76, 4/76 e 6/76, Racc. pag. 1279, punti 30 e 33). V. anche parere 1/76, Racc. 1977, pag. 741, punto 3; parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 7; parere 2/94, Racc. 1996, pag. I‑1759, punto 26; e parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punti 114 e 115.


52 –      AETS, cit. supra alla nota 36, punti 17 e 18; v. anche, ad esempio, Commissione/Danimarca, citata supra alla nota 43, punto 77.


53 –      AETS, cit. supra alla nota 36, punto 17.


54 –      AETS, cit. supra alla nota 36, punto 31.


55 –      L’articolo I‑12, paragrafo 2, del Progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, su cui l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE sembra modellato, prevedeva quanto segue: «L’Unione ha competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione (…) incide su un atto interno dell’Unione» (disponibile all’indirizzo Internet http://european-convention.eu.int). Il gruppo di lavoro VII della Convenzione sull’azione esterna, nella sua relazione finale ha fatto anche riferimento al riconoscimento da parte della Corte di «(…) competenze esterne implicite laddove la conclusione di accordi internazionali è necessaria per l’attuazione di politiche interne o come riflesso delle sue competenze interne in settori in cui essa ha esercitato tali competenze adottando il diritto derivato (…)» e «(…) [ha ritenuto] utile menzionare esplicitamente la giurisprudenza della Corte onde agevolare l’azione dell’Unione in un mondo globalizzato, in particolare quando si tratta la dimensione esterna delle politiche e azioni interne» (relazione finale del gruppo di lavoro VII «Azione esterna», CONV 459/02, 16 dicembre 2002, punto 18). V. anche IGC 2007 Mandate POLGEN 74 (26 giugno 2007), punto 18 e nota 10.


56 –      V. il paragrafo 83 e le note 48 e 49 supra.


57 –      Sentenza AETS, cit. supra alla nota 36, punto 31, e parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punti 122 e 133.


58 –      Parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punti 128 e 133.


59 –      Parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 122.


60 –      La norma così disponeva: «Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti. Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato».


61 –      V. anche, ad esempio, parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 10, e parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 119.


62 –      V., ad esempio, parere 1/94, Racc. 1994, pag. I‑5267, punto 77 (e anche punto 88), e parere 2/92, Racc. 1995, pag. I‑521, punti 31 e 36. Tuttavia, non occorre che l’azione sia stata adottata nell’ambito di una politica comune: v. parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punti 10 e 11, e parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 118.


63 –      Parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 25; sentenza Commissione/Danimarca, citata supra alla nota 43, punti 101 e 105 e parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punti 129 e 130. Nella sentenza Commissione/Danimarca, lo strumento di cui si trattava consisteva in una clausola che prevedeva che l’accordo internazionale in questione non avrebbe inciso sull’applicazione da parte degli Stati membri del diritto comunitario pertinente.


64 –      V. il parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 131.


65 –      In tal caso, le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri devono, in forza del requisito di unità della rappresentanza internazionale dell’Unione europea, collaborare strettamente tanto nel processo di negoziazione e stipulazione quanto nell’adempimento degli impegni assunti ai sensi dell’accordo internazionale: v., ad esempio, parere 2/00 Racc. 2001, pag. I‑9713, punto 18 e giurisprudenza ivi citata.


66 –      V. ad esempio parere 1/94, cit. supra alla nota 62, punti 78 e 79, e sentenza Commissione/Danimarca, cit. supra alla nota 43, punto 95.


67 –      V. ad esempio sentenza Commissione/Danimarca, citata supra alla nota 43, punto 84; parere 1/94, cit. supra alla nota 62, punto 96, e parere 2/92, cit. supra alla nota 62, punto 33. Allo stesso tempo, se il diritto dell’Unione esclude l’armonizzazione in un settore, l’Unione europea non può concludere un accordo internazionale che preveda che avrà comunque luogo l’armonizzazione delle misure legislative o regolamentari degli Stati membri in quel settore: v. parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 132.


68 –      V. ad esempio, sentenza del 23 aprile 2009, VTB-VAB e Galatea (C‑261/07 e C‑299/07, Racc. pag. I‑2949, punto 52).


69 –      V. ad esempio, sentenza del 25 aprile 2002, Commissione/Francia (C‑52/00, Racc. pag. I‑3827, punto 19) («…il fatto che [una] direttiva preveda talune deroghe o rinvii per taluni aspetti al diritto nazionale non significa che, sugli aspetti che essa disciplina, l’armonizzazione non sia completa»).


70 –      V., in particolare, parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 25.


71 –      V., in particolare, parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 26.


72 –      Cit. supra alla nota 43, punti 81 e 82.


73 –      Parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punti 121 e 126.


74 –      V. parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 25.


75 –      Conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa che ha dato origine alla sentenza del 5 novembre 2002, Commissione/Regno Unito (C‑466/98, Racc. pag. I‑9427, punto 72).


76 –      V. parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 126. V. anche parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 25.


77 –      V. ad esempio parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punti 124 e 133. Al punto 123 del medesimo sono elencati esempi di casi in cui tale analisi si è conclusa negando la competenza esclusiva.


78 –      Parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punti 25 e 26, e parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 126. La Corte ha esaminato tali fattori con riguardo al criterio di «un settore già in gran parte disciplinato da norme comunitarie»; ma sarebbe strano se gli stessi fattori non si applicassero anche in altri contesti. In ogni caso, il punto 133 del Parere 1/03 suggerisce un’applicazione più generale.


79 –      V., ad esempio, parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 135.


80 –      V., ad esempio, parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 138.


81 –      V. parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punti 123 e 127 e parere 2/91, cit. supra alla nota 39.


82 –      V. parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punti 25 e 26, e parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 120.


83 –      V. parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 25, e parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 126.


84 –      V. parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 128.


85 –      V. parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punto 133.


86 –      V., in particolare, parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 18, letto nel contesto del parere 1/03, cit. supra alla nota 38, punti 123 e 127.


87 –      La fattispecie in esame non si presenta comunque per la prima volta V., ad esempio, parere 1/78 Racc. 1979, pag. 2871 (sulla competenza dell’allora Comunità a negoziare l’Accordo internazionale sulla gomma naturale, oggetto dei negoziati in corso in sede di Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo) e parere 2/94, cit. supra alla nota 51 (sull’eventuale adesione della Comunità alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali).


88 –      Ad esempio, nel parere 1/03, cit. supra alla nota 38, al punto 137 la Corte ha esaminato la competenza esclusiva della Comunità a concludere la nuova Convenzione di Lugano basandosi su un testo derivante dalle revisioni della Convenzione di Lugano, sulla Convenzione di Bruxelles nonché sulle direttive di negoziato.


89 –      V. altresì parere 2/94, cit. supra alla nota 51, punti 10 e 17; parere 1/78, cit. supra alla nota 87, punto 35, e parere 1/09, Racc. 2011, pag. I‑1137, punto 48.


90 –      V. parere 1/09, cit. supra alla nota 89, punto 53 e giurisprudenza ivi citata.


91 –      V., ad esempio, parere 1/78, cit. supra alla nota 87, punto 35.


92 –      Allo stesso modo in cui l’utilizzo di una base giuridica errata può condurre, ad esempio, alla rinegoziazione di un accordo internazionale: v. sentenza del 30 maggio 2006, Parlamento/Consiglio e Commissione (C‑317/04 e C‑318/04, Racc. pag. I‑4721). Un tale rischio non è tuttavia proprio solo all’azione esterna dell’Unione europea.


93 –      V. altresì il parere 2/91, cit. supra alla nota 39, punto 36; v. altresì il parere 1/78, cit. supra alla nota 87, punti da 34 a 36, e il parere 1/94, cit. supra alla nota 62, punto 108.


94 –      Circa le ragioni di tale lento progredire, v. Comitato permanente per il diritto d’autore e i diritti connessi dell’OMPI, documento informale preparato dal Presidente del Comitato permanente per il diritto d’autore e i diritti connessi (SCCR). Ai sensi della decisione di quest’ultimo adottata nella sedicesima sessione (marzo 2008), SCCR/17/INF/1 (3 novembre 2008, v. punti da 13 a 22), tale documento è stato depositato unitamente al ricorso della Commissione.


95 –      Cit. supra alla nota 12.


96 –      Cit. supra alla nota 14. La definizione di radiodiffusione di cui all’articolo 1 bis della proposta del 2003 comprendeva «(…) la trasmissione via filo o etere, inclusa la trasmissione via cavo o via satellite, per la pubblica ricezione di suoni o immagini o delle loro rappresentazioni (…)» e, per analogia, «(…) la contemporanea e invariata ritrasmissione su reti informatiche della radiodiffusione di un organismo di radiodiffusione (…)» ma escludeva «(…) la mera ritrasmissione via cavo di radiodiffusioni di un organismo di radiodiffusione, la trasmissione su reti informatiche, o la messa a disposizione delle fissazioni di radiodiffusioni (…)». Gli autori della proposta dichiaravano espressamente di essere aperti alla discussione sulla possibilità di inserire altre definizioni.


97 –      La protezione accordata sarebbe pertanto più ampia rispetto a quella riconosciuta dall’articolo 13 della Convenzione di Roma, che non conferisce tutela contro la ritrasmissione via cavo o differita, e rispetto a quella di cui all’articolo 1 dell’Accordo europeo per la protezione delle emissioni televisive, che non copre la diffusione via radio e non offre tutela contro la ritrasmissione senza filo.


98 –      Questo diritto non dovrebbe differire da quello di cui all’articolo 13 della Convenzione di Roma e all’articolo 1 dell’Accordo europeo per la protezione delle emissioni televisive (che è, ad ogni modo, più specifico e limitato nel senso che si riferisce alle fissazioni di «immagini statiche delle stesse»).


99 –      Tale diritto non dovrebbe essere soggetto alle limitazioni del diritto di riproduzione di cui all’articolo 13, lettera c), della Convenzione di Roma. Anche l’articolo 1 dell’Accordo europeo per la protezione delle emissioni televisive prevede un diritto di riproduzione.


100 –      L’intento è che il testo della norma rispecchi quello del «Diritto di comunicazione al pubblico» di cui ai trattati dell’OMPI del 1996. L’articolo 8 del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore così dispone: «Fatto salvo il disposto degli articoli 11, paragrafo 1, punto ii), 11 bis, paragrafo 1, punti i) e ii), 11 ter, paragrafo 1, punto ii), 14, paragrafo 1, punto ii) e 14 bis, paragrafo 1, della Convenzione di Berna, gli autori di opere letterarie e artistiche hanno i1diritto esclusivo di autorizzare ogni comunicazione al pubblico, su filo o via etere, delle loro opere, nonché la messa a disposizione del pubblico delle loro opere, in modo che chiunque possa liberamente accedervi da un luogo o in un momento di sua scelta». La dichiarazione comune sull’articolo 8 così recita: «Resta inteso che la semplice messa a disposizione di infrastrutture atte a consentire o effettuare una comunicazione non costituisce di per sé una comunicazione ai sensi del presente trattato e della Convenzione di Berna. Resta altresì inteso che l’articolo 8 non impedisce in alcun modo alle Parti contraenti di applicare l’articolo 11 bis, paragrafo 2)».


101 –      Né la Convenzione di Roma né l’Accordo europeo per la protezione delle emissioni televisive prevedono un tale diritto. Invece, i trattati dell’OMPI del 1996 lo prevedono, ma soltanto per altre categorie di titolari di diritti connessi.


102 –      Sia la Convenzione di Roma sia l’Accordo europeo per la protezione delle emissioni televisive contengono tale diritto e l’intenzione è quella di basare il diritto che si propone nella Convenzione su quello della Convenzione di Roma. Tuttavia, quest’ultima non protegge la comunicazione al pubblico di emissioni sonore.


103 –      La Convenzione di Bruxelles del 1974 sulle trasmissioni via satellite protegge i segnali portatori di programmi trasmessi via satellite ma non i segnali destinati alla ricezione diretta da parte del pubblico.


104 –      Si tratta della stessa durata conferita ad altri titolari di diritti connessi dal Trattato OMPI del 1996 sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi e dall’articolo 14, paragrafo 5, dell’accordo ADPIC.


105 –      V. l’articolo 4, paragrafo 2, lettera a) del TFUE.


106 –      V. ad esempio la direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU L 95, pag. 1) o l’articolo 167 TFUE.


107 –      V. ad esempio i considerando 5, 6 e 20 della direttiva 2001/29 e i considerando 2 e 4 della direttiva 2006/115.


108 –      V. paragrafo 107 supra.


109 –      V. paragrafi da 27 a 32 supra.


110 –      V. in proposito sentenza del 23 gennaio 2014, Nintendo e a. (C‑355/12, punto 25).


111 –      V. infra paragrafo 156.


112 –      V. ad esempio l’articolo 10 della proposta dell’OMPI del 2001, cit. supra alla nota 14.


113 –      Sentenza del 14 luglio 2005, Lagardère Active Broadcast (C‑192/04, Racc. pag. I‑7199, punti 24 e da 34 a 36).


114 –      V. ad esempio sentenza del 16 luglio 2009, Infopaq International (C‑5/08, Racc. pag. I‑6569, punti da 27 a 29).


115 –      V. ad esempio sentenze del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, Racc. pag. I‑9083, punto 189), e Infopaq, cit. supra alla nota 114, punto 32.


116 –V. le mie conclusioni nella causa che ha dato origine alla sentenza del 27 febbraio 2014, OSA (C‑351/12, paragrafo 25). V. altresì, in proposito, sentenza SCF, cit. supra alla nota 45, punti da 75 a 77.


117 –      V., ad esempio, sentenza OSA, cit. alla nota 116 supra, punti da 35 a 41.


118 –      Sentenza Commissione/Consiglio, cit. supra alla nota 31, punto 81.


119 –      La decisione non è il solo esempio di atto ibrido. V., ad esempio, la decisione oggetto della causa pendente C‑28/12 Commissione/Consiglio (in tale causa, l’accordo internazionale alla base della decisione è di natura mista).


120 –      V. ad esempio sentenza Commissione/Svezia, cit. supra alla nota 3, punto 73 e giurisprudenza ivi citata.


121 –      Sentenze del 23 febbraio 1988, Regno Unito/Consiglio, (68/86, Racc. pag. 855, punto 38), e del 6 maggio 2008, Parlamento/Consiglio (C‑133/06 Racc. pag. I‑3189, punto 54). V. altresì causa C‑27/04, cit. supra alla nota 31, punto 81.


122 –      Per quanto riguarda il principio di attribuzione, v. ad esempio sentenza Parlamento/Consiglio, cit. supra alla nota 121, punto 44, e giurisprudenza ivi citata.


123 –      Vorrei chiarire, in tale contesto, che il presente procedimento non riguarda la fattispecie in cui gli Stati membri hanno affidato compiti alle istituzioni al di fuori del quadro dell’Unione [v., a tale proposito, sentenza del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, punti da 158 a 169)].


124 –      GU 2010, L 304, pag. 47.


125 –      Sentenza Commissione/Svezia, cit. supra alla nota 3, punto 73, e giurisprudenza ivi citata.


126 –      V., ad esempio, sentenza del 10 dicembre 2002, Commissione/Consiglio (C‑29/99, Racc. pag. I‑11221, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).


127 –      Sentenza Commissione/Svezia, cit. supra alla nota 3, punto 71, e giurisprudenza ivi citata.


128 –      Sentenza Commissione/Svezia, cit. supra alla nota 3, punto 73, e giurisprudenza ivi citata, e parere 1/94, cit. supra alla nota 62, punto 108 e giurisprudenza ivi citata.


129 –      V. altresì, ad esempio, sentenze del 30 maggio 2006, Commisione/Irlanda [C‑459/03, Racc. pag. I‑4635 («MOX Plant»), punti da 169 a 171]; del 19 maggio 1992, Commissione/Germania (C‑195/90, Racc. pag. I‑3141, punti da 36 a 38), e dell’11 marzo 1992, Compagnie Commerciale de l’Ouest e a. (da C‑78/90 a C‑83/90, Racc. pag. I‑1847, punto 19).