SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)
10 luglio 1997(1)
[234s«Antidumping Proposta della Commissione di chiudere una procedura
antidumping senza imporre misure di difesa Rigetto da parte del Consiglio
Ricorso di annullamento Ricorso per carenza»[s
Nella causa T-212/95,
Asociación de fabricantes de cemento de España («Oficemen»), associazione di
diritto spagnolo con sede in Madrid, con gli avvocati Jaime Folguera Crespo e
Edurne Navarro Varona, del foro di Barcellona, con domicilio eletto in
Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Luc Frieden, 62, avenue Guillaume
ricorrente,
sostenuta da
Regno di Spagna,rappresentato, in un primo tempo, dalla signora Gloria Calvo
Díaz, e, in seguito, dal signor Luis Pérez De Ayale Becerril, avvocati dello Stato,
del servizio del contenzioso comunitario, in qualità di agenti, con domicilio eletto
in Lussemburgo presso l'ambasciata di Spagna, 4-6 boulevard Emmanuel Servais,
interveniente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata, in un primo tempo, dai
signori Nicholas Kahn e Francisco Enrique González-Diaz, e, in seguito, dai signori
Kahn e Fernando Castillo De la Torre, membri del servizio giuridico, in qualità di
agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la
Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
convenuta,
avente ad oggetto, da un lato, una domanda di annullamento della decisione della
Commissione di chiudere de facto nel febbraio 1994 il procedimento antidumping
avviato nell'aprile 1992 a domanda dell'Oficemen e di non concedere quindi le
misure di difesa sollecitate da tale associazione e, dall'altro, una domanda intesa
a fare accertare la carenza della Commissione per aver formalmente mantenuto
aperto tale procedimento antidumping senza adottare provvedimenti che
consentissero di chiuderlo formalmente, eventualmente con l'adozione di misure di
difesa,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Terza Sezione ampliata),
composto dai signori B. Vesterdorf, presidente, e C.P. Briët, dalla signora P. Lindh
e dai signori A. Potocki e J.D. Cooke, giudici,
cancelliere: J. Palacio González, amministratore,
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 4
febbraio 1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
- Il regime applicabile alle pratiche di dumping era disciplinato all'epoca dei fatti dal
regolamento (CEE) del Consiglio 11 luglio 1988, n. 2423, relativo alla difesa contro
le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni da parte di paesi non membri
della Comunità economica europea (GU L 209, pag. 1; in prosieguo: il
«regolamento base»).
- L'art. 5, n. 1, del regolamento base stabilisce che ogni persona fisica o giuridica
nonché ogni associazione non avente personalità giuridica, che agisce a nome di
un'industria della Comunità e che si ritiene lesa o minacciata da importazioni
oggetto di dumping o di sovvenzioni, può sporgere una denuncia per iscritto.
- A norma dell'art. 7, n. 1, dello stesso regolamento, se, in seguito al deposito della
denuncia e al termine delle consultazioni nel comitato consultivo, risulta che gli
elementi di prova sono sufficienti per giustificare l'inizio del procedimento
antidumping, la Commissione deve immediatamente annunciare l'inizio del
procedimento nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e avviare l'inchiesta
che verte tanto sulla pratica di dumping o sulla sovvenzione quanto sul pregiudizio
che ne deriva.
- L'art. 7, n. 9, recita:
«a) Un'inchiesta è conclusa sia per chiusura sia per adozione di misure
definitive. Di norma, la procedura deve essere chiusa entro un anno dalla
sua apertura.
b) Una procedura viene conclusa sia per chiusura dell'inchiesta senza
imposizione di dazi e senza accettazione di impegni o per scadenza o revoca
di tali dazi, ovvero per scadenza degli impegni [...]».
- L'art. 9, relativo alla conclusione del procedimento qualora non siano necessarie
misure di difesa, dispone:
«1. La procedura è chiusa quando [...] non si ritiene necessario adottare alcuna
misura di difesa e quando non è stato espressa alcuna obiezione a tal riguardo in
seno al comitato consultivo [...]. In tutti gli altri casi, la Commissione sottopone
immediatamente al Consiglio una relazione sull'esito delle consultazioni e propone
di porre termine alla procedura. La procedura è chiusa se nel termine di un mese
il Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, non ha deciso diversamente.
2. La Commissione informa i rappresentanti del paese di origine o di
esportazione nonché le parti notoriamente interessate che è stato posto termine
alla procedura e ne dà notizia con un avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee; l'avviso riporta le conclusioni essenziali della Commissione
nonché il motivo di tali conclusioni».
Fatti all'origine della controversia
- La Oficemen è un'associazione di diritto spagnolo che rappresenta i produttori
spagnoli di cemento.
- Ritenendo che le esportazioni in Spagna di taluni cementi tipo «Portland» originari
della Turchia, della Romania e della Tunisia fossero oggetto di dumping, con grave
danno dell'industria cementiera spagnola, la Oficemen presentava nel gennaio 1992
una denuncia alla Commissione ai sensi dell'art. 5, n. 1, del regolamento base. In
tale denuncia, essa chiedeva l'adozione di misure di difesa contro le importazioni
in questione.
- La Commissione decideva quindi di iniziare un procedimento antidumping ai sensi
dell'art. 7 del regolamento base. L'avviso dell'inizio di tale procedimento veniva
pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 22 aprile 1992 (GU C 100, pag. 4).
- Nell'ambito di tale procedimento, la Commissione avviava un'inchiesta nel corso
della quale la Oficemen le presentava osservazioni complementari e partecipava
a diverse riunioni con i suoi servizi.
- La Commissione informava l'Oficemen con lettera 15 ottobre 1993 che, a suo
parere, non sussisteva la condizione prevista dall'art. 4 del regolamento base in
ordine all'esistenza di un pregiudizio grave e che, pertanto, essa aveva intenzione
di proporre la chiusura del procedimento antidumping senza adottare misure di
difesa, a norma dell'art. 9 del regolamento base.
- La Oficemen, con lettera 13 gennaio 1994, comunicava al membro della
Commissione Sir Leon Brittan la propria preoccupazione dovuta all'evoluzione del
procedimento antidumping e il proprio timore che esso venisse chiuso senza
l'adozione di misure di difesa, mentre l'industria cementiera spagnola registrava in
quel periodo risultati in netto calo.
- Sir Leon Brittan rispondeva il 1. febbraio 1994 che la Commissione avrebbe
adottato di lì a poco una decisione motivata, ma non indicava in quale senso.
- La Commissione inviava il 9 febbraio 1994 al comitato consultivo una proposta di
chiudere il procedimento antidumping senza imporre misure di difesa perché le
importazioni in questione non avevano causato un pregiudizio grave all'industria
cementiera spagnola, ai sensi dell'art. 4 del regolamento base.
- Riguardo a tale proposta venivano state espresse obiezioni in seno al comitato
consultivo e la Commissione presentava quindi al Consiglio una relazione sull'esito
delle consultazioni nonché una proposta di chiusura conformemente all'art. 9, n. 1,
del regolamento base.
- Il Consiglio decideva all'unanimità, il 7 marzo 1994, di respingere tale proposta
della Commissione.
- Su suggerimento delle autorità spagnole, la Commissione si metteva in contatto con
le autorità turche e rumene per trovare una soluzione accettabile per tutte le parti.
Tali contatti non portavano a risultati concreti. La Commissione non si metteva in
contatto con le autorità tunisine perché la quota di mercato di tale paese era
ritenuta trascurabile.
- La Oficemen, non avendo ricevuto dal 1. febbraio 1994 alcuna informazione sullo
stato del procedimento da parte della Commissione, le inviava il 25 luglio 1995 una
lettera del seguente tenore:
«In ogni caso, sono trascorsi oltre tre anni dall'inizio del procedimento e la
Commissione non ha adottato una decisione. A norma dell'art. 7, n. 9, lett. a), del
regolamento [di base], la Commissione avrebbe dovuto adottare una decisione
entro il termine di un anno dall'inizio del procedimento.
Per questi motivi, la Oficemen invita formalmente la Commissione ad agire e ad
adottare una decisione che metta fine al procedimento in corso accordandole le
richieste misure di difesa. E' evidente che la Oficemen ha intenzione di avvalersi
dei ricorsi giurisdizionali di cui dispone, qualora la Commissione non adotti una
decisione entro due mesi».
- La Commissione rispondeva il 21 settembre 1995 con una lettera del seguente
tenore:
«[L]a Commissione non si è astenuta dal pronunciarsi nel caso di specie poiché
l'inchiesta è stata conclusa da una decisione fondata sui risultati del procedimento.
[...] Nel febbraio 1994, essa ha deciso, a norma dell'art. 9 del regolamento [di base],
di porre fine al procedimento dopo aver constatato che le misure di protezione non
erano necessarie, perché, come ha detto nella decisione, le importazioni del
prodotto in questione non avevano provocato un pregiudizio importante alla
totalità o quasi dell'industria spagnola interessata, ai sensi dell'art. 4 del
regolamento [di base]. Il Consiglio non ha tuttavia acconsentito all'archiviazione
della pratica.
Dopo la decisione del Consiglio, la Commissione, conscia degli interessi della
Oficemen, ha continuato a seguire l'evoluzione delle importazioni in Spagna [...]
Essa prosegue negli sforzi benché il periodo di dodici mesi oggetto dell'inchiesta
sia terminato il 31 marzo 1992 e, a partire da allora, i dati relativi alle importazioni
non sembrino corroborare nuove asserzioni di pregiudizio. Al contrario, essi
confermano la validità della decisione della Commissione che non è quindi in
grado, attualmente, di modificare i risultati iniziali che aveva esposto nella
presentazione al Consiglio in febbraio 1994.
La Commissione è naturalmente disposta a esaminare la possibilità di iniziare un
nuovo procedimento antidumping se esistono dati aggiornati che possano
corroborare l'asserzione di un dumping che arrechi pregiudizio. Ogni nuova
denuncia sarà esaminata dal punto di vista delle norme comunitarie attualmente
vigenti, ossia conformemente al disposto del regolamento (CE) [del Consiglio 22
dicembre 1994,] n. 3283, [relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di
dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 349, pag.
1)]».
- La Oficemen, con lettera 29 settembre 1995, richiamandosi alla lettera della
Commissione 21 settembre 1995, ha fatto osservare di non essere al corrente
dell'esistenza della decisione con la quale la Commissione avrebbe chiuso il
procedimento. Pertanto, essa chiedeva alla Commissione di comunicargliela.
- La Commissione rispondeva il 18 ottobre 1995 con una lettera del seguente tenore:
«Dato che il Consiglio non ha accettato la decisione della Commissione di
archiviare la pratica, il procedimento rimane aperto, conformemente all'art. 9 del
regolamento [di base]. Peraltro, la decisione in questione non è mai stata
pubblicata».
Procedimento contenzioso e conclusioni delle parti
- Con atto introduttivo depositato in cancelleria il 23 novembre 1995, la Oficemen
ha proposto il presente ricorso.
- Con ordinanza del presidente della Terza Sezione ampliata del tribunale 14 giugno
1996, il Regno di Spagna è stato ammesso a intervenire nella causa a sostegno della
ricorrente.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso
di passare alla trattazione orale senza adottare previe misure istruttorie.
- Le parti sono state sentite nelle loro difese orali e nelle risposte ai quesiti rivolti
loro dal Tribunale all'udienza del 4 febbraio 1997.
- La Oficemen conclude che il Tribunale voglia:
- annullare, ai sensi degli artt. 173 e 174 del Trattato CE, la decisione della
Commissione del febbraio 1994, con cui l'istituzione ha conferito effetti
definitivi alla propria proposta si non adottare alcuna misura di difesa
contro le importazioni di cemento di origine turca, rumena e tunisina;
- dichiarare, ai sensi dell'art. 175 del Trattato, che la Commissione ha violato
l'art. 7, n. 9, lett. a), del regolamento base non adottando una decisione che
avrebbe consentito di porre formalmente fine al procedimento antidumping
entro un termine ragionevole;
- condannare la Commissione alle spese.
- Il Regno di Spagna conclude che il Tribunale voglia:
- accogliere le conclusioni della ricorrente;
- condannare la Commissione alle spese.
- La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
- dichiarare irricevibili le conclusioni, o, in subordine, respingerle;
- dichiarare irricevibili le conclusioni relative alla carenza, o, in subordine,
respingerle, o, in ulteriore subordine, dichiarare che sono divenute prive di
oggetto;
- condannare la ricorrente alle spese;
Fatti successivi alla presentazione del ricorso
- La Commissione ha inviato il 3 maggio 1996 al comitato consultivo, una nuova
proposta di chiudere il procedimento antidumping senza adottare misure di difesa.
- Riguardo a tale proposta sono state espresse obiezioni in seno al comitato e la
Commissione ha quindi presentato al Consiglio il 31 gennaio 1997 una relazione
sull'esito delle consultazioni nonché una nuova proposta di chiusura conformemente
all'art. 9, n. 1, del regolamento base.
- Il Consiglio non ha deciso diversamente nel mese successivo al ricevimento di tale
proposta di chiusura. Essa è quindi divenuta definitiva in forza dell'art. 9, n. 1, del
regolamento base.
- Nella Gazzetta Ufficiale del 7 marzo 1997 è stata pubblicata la decisione della
Commissione 30 gennaio 1997, 97/169/CE, che chiude il procedimento antidumping
relativo alle importazioni in Spagna di cemento Portland originari della Romania,
della Tunisia e della Turchia (GU L 67, pag. 27, in prosieguo: la «decisione
97/169»).
- La Commissione, con lettera 21 marzo 1997 al cancelliere del Tribunale, ha
informato il Tribunale della pubblicazione di tale decisione nella Gazzetta Ufficiale.
Essa ha comunicato che, poiché la domanda volta all'accertamento della carenzaera priva di oggetto, non occorreva più pronunciarsi su di essa.
- La Oficemen e il Regno di Spagna hanno, su invito del cancelliere, presentato le
proprie osservazioni su tale lettera rispettivamente il 28 e il 24 aprile 1997.
Sulla ricevibilità della domanda di annullamento
Argomenti delle parti
- La Commissione ritiene che la domanda di annullamento sia irricevibile. Essa fa
riferimento all'art. 9, n. 1, del regolamento base e fa osservare che una sua
proposta di chiudere un procedimento antidumping senza adottare misure di difesa
costituisce solo un atto preliminare, soggetto a successiva approvazione del
comitato consultivo, quando questo è d'accordo con la proposta, o del Consiglio,
in caso contrario. Inoltre, quando il Consiglio decide di non accogliere la proposta
della Commissione, il procedimento rimarrebbe aperto.
- Ne discenderebbe che in questa fattispecie, in cui il Consiglio si è opposto a una
proposta della Commissione di chiudere un procedimento antidumping senza
adottare misure di difesa, è semplicemente impossibile per la Commissione
chiudere il procedimento. Peraltro, tale proposta sarebbe un atto preparatorio e
non potrebbe quindi configurarsi come atto impugnabile (sentenza della Corte 11
novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639; sentenza del
Tribunale 10 luglio 1990, causa T-64/89, Automec/Commissione, Racc. pag. II-367).
- La Oficemen sostiene che la domanda di annullamento è diretta contro la decisione
con cui la Commissione ha de facto posto fine al procedimento antidumping aperto
nell'aprile 1992 su domanda della Oficemen, e ha quindi rifiutato le misure di
difesa da essa sollecitate. L'esistenza e il contenuto di tale decisione sarebbero
evidenziate dalla lettera della Commissione 21 settembre 1995 e dall'inerzia della
convenuta a partire dal febbraio 1994.
- Per quanto riguarda la lettera 21 settembre 1995, la Oficemen fa notare che in
essa la Commissione afferma che, nel febbraio 1994, «essa ha deciso [...] di porre
fine al procedimento» e che i dati ottenuti in seguito «confermano la validità della
decisione della Commissione». Essa fa inoltre notare che la Commissione, nella sua
lettera, si dichiara «disposta a esaminare la possibilità di iniziare un nuovo
procedimento antidumping».
- Per quanto riguarda quest'ultima dichiarazione della Commissione, la Oficemen fa
notare che il regolamento base non prevede una possibilità di aprire
simultaneamente un secondo procedimento antidumping. La Commissione avrebbe
quindi difficilmente potuto proporre l'apertura di un nuovo procedimento se non
avesse ritenuto chiuso il primo.
- In risposta agli argomenti della Oficemen, la Commissione rileva che essa cita il
paragrafo della sua lettera 21 settembre 1995, secondo cui la Commissione «ha
deciso di porre fine al procedimento», isolandolo dal contesto. Peraltro, la
ricorrente non terrebbe conto del contenuto della lettera 18 ottobre 1995, che
indica chiaramente che la decisione della Commissione del febbraio 1994 non ha
chiuso il procedimento. Il tenore di queste lettere non dimostrerebbe quindi
l'esistenza di una decisione della Commissione di chiudere il procedimento.
- Per quanto riguarda il paragrafo della lettera 21 settembre 1995, secondo il quale
la Commissione era «disposta a esaminare la possibilità di iniziare un nuovo
procedimento antidumping», questo non dimostrerebbe che il primo procedimento
era terminato. Infatti, nel regolamento base non vi è nulla che vieti di depositare
una nuova denuncia relativa a un periodo di riferimento diverso da quello
esaminato in un procedimento antidumping iniziato a seguito di una prima
denuncia.
- Il Regno di Spagna fa osservare che, secondo la giurisprudenza, le istruzioni interne
di un'istituzione e gli atti che, pur essendo in linea di principio integrati in un
procedimento, di fatto lo definiscono prima del momento in cui avrebbe dovuto
essere adottata una decisione definitiva, possono essere oggetto di un ricorso di
annullamento (sentenza IBM/Commissione, citata; sentenza della Corte 9 ottobre
1990, causa C-366/88, Francia/Commissione, Racc. pag. I-3571; sentenza del
Tribunale 18 maggio 1994, causa T-37/92, BEUC e NCC/Commissione, Racc. pag.
II-289).
- Inoltre, poiché la scelta della forma non può mutare la natura di un atto, il fatto
che un atto rivesta una forma inconsueta non osta alla presentazione di un ricorso
di annullamento, dacché l'atto abbia prodotto effetti giuridici nei confronti di terzi
(sentenza del Tribunale 24 marzo 1994, causa T-3/93, Air France/Commissione,
Racc. pag. II-121, punto 58).
- Orbene, la lettera della Commissione 21 settembre 1995 presenterebbe
caratteristiche che permettono, conformemente alla giurisprudenza citata, di
individuare un atto che, pur facendo mostra di appartenere per la propria forma
ad un procedimento formale, costituisce di fatto, per la propria essenza, un atto che
chiude de facto l'inchiesta avviata. Poiché la Commissione si è astenuta dal
presentare al Consiglio una nuova proposta, dimostrando quindi la propria volontà
definitiva, tale atto potrebbe essere assimilato a un atto che mette fine a un
procedimento in modo definitivo.
- L'interveniente sottolinea ancora come la Commissione si studi di impedire
l'accesso alle due vie di ricorso di cui potrebbe disporre la Oficemen. Infatti,
quando essa afferma nella lettera 21 settembre 1995 che «non si è astenuta dal
pronunciarsi nel caso di specie poiché l'inchiesta è stata conclusa da una
decisione», essa cercherebbe di evitare il rischio di una dichiarazione di carenza ai
sensi dell'art. 175 del Trattato. Al contrario, quando nella lettera 19 ottobre 1995
essa si contraddice affermando che il procedimento «rimane aperto», essa
cercherebbe di mettersi al riparo da un ricorso di annullamento ex art. 173 del
Trattato, sforzandosi di accreditare la tesi che manchi ancora un atto definitivo
impugnabile.
Giudizio del Tribunale
- L'art. 173 del Trattato prevede la possibilità per i singoli di presentare, a
determinate condizioni, un ricorso di annullamento per sottoporre gli atti delle
istituzioni al controllo di legittimità del giudice comunitario.
- Per valutare la ricevibilità della presente domanda di annullamento, occorre innanzi
tutto verificare se esista un atto che possa essere oggetto di un ricorso di
annullamento.
- Al riguardo, dalla lettura dell'art. 9 del regolamento base (citato supra, al punto 5),
emerge che, per quanto riguarda la chiusura di un procedimento antidumping senza
l'adozione di misure di difesa, il legislatore comunitario ha voluto istituire un
meccanismo decisionale fondato su una ripartizione del potere tra la Commissione,
da un lato, e il comitato consultivo ed il Consiglio, dall'altro.
- Infatti, quando la Commissione ritiene che un procedimento antidumping debba
concludersi senza l'adozione di misure di difesa, deve sottoporre al comitato
consultivo una proposta in tal senso. Se in seno al comitato non viene sollevata
alcuna obiezione, la proposta della Commissione diventa definitiva e il
procedimento è chiuso.
- Quando uno o più rappresentanti in seno al comitato consultivo esprimano
obiezioni nei confronti della proposta della Commissione, essa, se ritiene ancora
che il procedimento antidumping debba concludersi senza l'adozione di misure di
difesa, deve sottoporre al Consiglio una relazione sull'esito delle consultazioni,
nonché una proposta di chiusura. Se nel termine di un mese il Consiglio, che
delibera a maggioranza qualificata, non ha deciso diversamente, la proposta della
Commissione diventa definitiva e il procedimento è chiuso. La Commissione
annuncia quindi la chiusura nella Gazzetta Ufficiale.
- Quando invece una maggioranza qualificata nel Consiglio non concorda con la
proposta della Commissione e la respinge, la procedura non può venir chiusa. Dal
meccanismo decisionale dell'art. 9 del regolamento risulta che, in tale ipotesi, il
caso è rinviato alla Commissione per essere riesaminato alla luce della posizione
del Consiglio.
- Nel caso di specie, la Oficemen chiede nella propria domanda l'annullamento della
«decisione della Commissione del febbraio 1994, con cui l'istituzione ha conferito
effetti definitivi alla propria proposta si non adottare alcuna misura di difesa contro
le importazioni di cemento di origine turca, rumena e tunisina».
- Nella misura in cui la ricorrente intende per «decisione della Commissione del
febbraio 1994» la proposta di chiudere il procedimento antidumping inviata dalla
Commissione al comitato consultivo e al Consiglio nel febbraio 1994, occorre
osservare che, secondo il meccanismo decisionale dell'art. 9 del regolamento base,
come sopra descritto, tale proposta è un atto intermedio avente lo scopo di
preparare la decisione finale di chiudere il procedimento antidumping.
- Orbene, secondo la giurisprudenza, in presenza di atti o decisioni elaborati in più
fasi, segnatamente al termine di un procedimento interno, costituiscono in linea di
principio atti impugnabili solo quelli che stabiliscono definitivamente la posizione
dell'istituzione al termine del procedimento, e non gli atti intermedi intesi alla
preparazione della decisione finale (v., ad esempio, sentenza della Corte 14 marzo
1990, cause riunite C-133/87 e C-150/87, Nashua Corporation e a./Commissione e
Consiglio, Racc. pag. I-719, punto 9; sentenza del Tribunale 18 dicembre 1992,
cause riunite T-10/92, T-11/92, T-12/92 e T-15/92, Cimenteries CBR e
a./Commissione, Racc. pag. II-2267, punto 28).
- Ne discende che l'atto impugnato così definito non può essere considerato atto
impugnabile ai sensi dell'art. 173 del Trattato.
- La domanda di annullamento va quindi dichiarata irricevibile.
- In risposta a un quesito del Tribunale, il legale della ricorrente ha ancora spiegato
in udienza che l'atto di cui la Oficemen chiede l'annullamento è la conferma da
parte della Commissione delle sue conclusioni iniziali secondo cui il procedimento
antidumping andava chiuso senza adottare misure di difesa. Si tratterebbe di una
decisione informale presa in data indeterminata dopo il rinvio della pratica alla
Commissione il 7 marzo 1994, e non comunicata alla ricorrente, almeno fino al
settembre 1995.
- Al riguardo, va rilevato che dopo la presentazione del ricorso, la Commissione ha
inviato al comitato consultivo e al Consiglio, rispettivamente il 3 maggio 1996 e il
31 gennaio 1997, una nuova proposta di chiusura del procedimento antidumping
senza l'adozione di misure di difesa. Poiché il Consiglio non ha deciso diversamente
nel mese successivo al ricevimento della proposta, questa è diventata la decisione
97/169, che chiude definitivamente il procedimento antidumping.
- Il Tribunale ritiene quindi che non occorra pronunciarsi sulla questione se la
«decisione informale» indicata dalla ricorrente in udienza possa costituire un atto
impugnabile nel meccanismo decisionale dell'art. 9 del regolamento base.
Sulla domanda intesa a fare accertare la carenza
Argomenti delle parti
- La Oficemen deduce un unico motivo, attinente al fatto che la Commissione non
ha definito la propria posizione dopo essere stata invitata ad agire, e non ha
intrapreso, entro un termine ragionevole, nessuno dei passi che il regolamento base
la obbliga ad intraprendere quando il Consiglio respinge la sua proposta di
chiudere il procedimento antidumping senza adottare misure di difesa.
- Secondo la ricorrente, in tale situazione, la Commissione avrebbe dovuto rivedere
le conclusioni cui era giunta, proseguire l'inchiesta e presentare una nuova proposta
che consentisse di porre fine al procedimento antidumping. Essa non dovrebbe
potersi sottrarre a tale obbligo. Diversamente, essa potrebbe paralizzare il
procedimento e privare le parti interessate di qualsiasi tutela, in quanto renderebbe
impossibile il controllo di legittimità del comportamento delle istituzioni.
- Il Regno di Spagna fa osservare che, a norma del regolamento base, quando il
Consiglio respinge una proposta di chiusura del procedimento antidumping senza
adozione di misure di difesa, la Commissione è tenuta a presentargli una nuova
proposta.
- L'interveniente ricorda che il Consiglio ha respinto all'unanimità la proposta di
chiusura della Commissione. Esso fa valere che un procedimento antidumping
iniziato nel 1992 e nel quale la Commissione non ha nel 1996 ancora adottato una
decisione che consenta al Consiglio di pronunciarsi sulle misure che ritiene
opportune, dimostra che la denunciante è costretta ad attendere che la situazione
evolva da sola e si trova nell'assoluta impossibilità di esercitare i propri diritti. Tale
situazione sarebbe agli antipodi dell'ipotesi in cui una istituzione può eccepire che
non esiste un obbligo di agire.
- La Commissione, per parte sua, ritiene che la domanda di dichiarazione di carenza
non sia fondata, in quanto essa non ha smesso di agire da quando il Consiglio ha
respinto la sua proposta di chiudere il procedimento antidumping.
- Nella controreplica, la convenuta sottolinea dio avere inviato il 3 maggio 1996 al
comitato consultivo una seconda proposta di chiudere il procedimento antidumping
senza adottare misure di difesa. Pertanto, e in subordine, essa ritiene che dall'invio
di tale proposta la domanda di dichiarazione di carenza sia rimasta priva di
oggetto, poiché, nella logica della ricorrente, l'emanazione di un atto preparatorio
come questo andrebbe considerata una presa di posizione ai sensi dell'art. 175 del
trattato.
Giudizio del Tribunale
- E' assodato e non contestato che la domanda di dichiarazione della carenza era
ricevibile al momento della presentazione del ricorso. Occorre tuttavia esaminare
se una presa di posizione della Commissione sopraggiunta in corso di causa la
abbia in un secondo tempo privata dell'oggetto iniziale.
- Nel caso di specie, la Commissione ha inviato al comitato consultivo il 3 maggio
1996, ossia dopo la presentazione del ricorso, una nuova proposta di chiudere il
procedimento antidumping senza adottare misure di difesa.
- Quindi, prima della pronuncia della sentenza, essa ha debitamente preso posizione
sull'invito ad agire della Oficemen, ai sensi dell'art. 175, secondo comma, del
Trattato.
- Pertanto, il Tribunale deve constatare che l'oggetto della domanda di dichiarazione
di carenza è venuto meno, e quindi non occorre più pronunciarsi su tale domanda.
Sulle spese
Sulle spese occasionate dalla domanda di annullamento
- A norma dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese, se ne è fatta domanda. Tuttavia, giusta l'art. 87, n. 3, del
regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese, segnatamente per
motivi eccezionali.
- Nel caso di specie, la domanda di annullamento è stata dichiarata irricevibile.
Tuttavia la Oficemen ha presentato tale domanda tenendo conto in particolare del
contenuto della lettera 21 settembre 1995, che può aver indotto a credere che la
Commissione aveva essa stessa deciso di chiudere il procedimento antidumping.
- In tale situazione, occorre condannare la Commissione a sopportare, oltre alle
proprie spese, la metà di quelle sostenute dalla Oficemen nell'ambito delladomanda di annullamento, mentre la Oficemen sopporterà l'altra metà di tali
spese.
Sulle spese occasionate dalla domanda di dichiarazione di carenza
- A norma dell'art. 87, n. 6, del regolamento di procedura, in caso di non luogo a
provvedere, il Tribunale decide sulle spese in via equitativa.
- Nel caso di specie, alla data dell'invito ad agire, ossia il 25 luglio 1995, erano
trascorsi più di quindici mesi da quando il Consiglio aveva rinviato il caso alla
Commissione, senza che questa agisse.
- Inoltre, solo il 3 maggio 1996, ossia più di cinque mesi dopo la presentazione del
ricorso, la Commissione ha agito, inviando al comitato consultivo una nuova
proposta di chiudere il procedimento.
- Pertanto, occorre condannare la Commissione a sopportare, oltre alla proprie
spese, quelle sostenute dalla Oficemen nell'ambito della domanda di dichiarazione
di carenza.
Sulle spese sostenute dal Regno di Spagna
- A norma dell'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, gli Stati membri
intervenienti in una causa sopportano le proprie spese.
- Pertanto, il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.
Per questi motivi,IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
- La domanda di annullamento è irricevibile.
- Non occorre statuire sulla domanda di dichiarazione di carenza.
- La Commissione sopporterà le proprie spese, la metà di quelle sostenute
dalla ricorrente nell'ambito della domanda di annullamento e tutte quelle
sostenute dalla ricorrente nell'ambito della domanda di dichiarazione di
carenza.
- La ricorrente sopporterà la metà delle spese sostenute nell'ambito della
domanda di annullamento.
- Il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.
Vesterdorf Briët Lindh Potocki Cooke
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Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 luglio 1997.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
B. Vesterdorf
1: Lingua processuale: lo spagnolo.
Racc.