Language of document : ECLI:EU:T:2007:96

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

22 marzo 2007 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo PAM PLUVIAL – Marchi nazionali figurativi anteriori PAM – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Prova dell’uso – Art. 8, n. 1, lett. b), e art. 43 del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T‑364/05,

Saint‑Gobain Pam SA, con sede in Nancy (Francia), rappresentata dagli avv.ti J. Blanchard e G. Marchais,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. A. Rassat, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Propamsa, SA, con sede in Barcellona (Spagna),

avente ad oggetto un ricorso contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 15 aprile 2005 (procedimento R 414/2004‑4), riguardante la registrazione del segno denominativo PAM PLUVIAL, relativa ad un procedimento di opposizione tra la Propamsa SA e la Saint‑Gobain Pam SA,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dai sigg. F. Dehousse e D. Šváby, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 settembre 2005,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 gennaio 2006,

vista la fase orale del procedimento e a seguito dell’udienza, fissata per il 7 dicembre 2006, che non ha avuto luogo poiché nessuna delle parti si è presentata,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 27 settembre 2000, la ricorrente, Saint‑Gobain Pam SA, ha presentato presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di marchio comunitario, ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94 sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come successivamente modificato.

2        Il marchio per il quale è stata chiesta la registrazione (in prosieguo il «marchio richiesto») è il segno denominativo PAM PLUVIAL.

3        In seguito alle due limitazioni dell’elenco dei prodotti inizialmente compresi nella richiesta di marchio, compiute dalla ricorrente il 9 ottobre 2000 e il 29 maggio 2002, e accettate dall’UAMI rispettivamente l’11 ottobre 2000 e il 4 luglio 2002, i prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione appartengono alle classi 6 e 17 dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, e corrispondono alle descrizioni seguenti:

–        «Tubi metallici o a base di metallo, tubi in ghisa, raccordi metallici per i prodotti precedentemente menzionati» (classe 6);

–        «Raccordi non metallici per tubi rigidi non metallici» (classe 17).

4        La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 61/2001 del 16 luglio 2001.

5        Il 20 settembre 2001, la Propamsa SA ha presentato opposizione, in forza dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 40/94, contro la registrazione del marchio richiesto.

6        L’opposizione si basava sui seguenti diritti anteriori:

–        il marchio figurativo, registrato in Spagna il 26 luglio 1976, con il numero 737992, relativo a «materiali da costruzione» (classe 19) e di seguito riprodotto (in prosieguo: il «marchio anteriore»):

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–        il marchio figurativo, registrato in Spagna il 26 luglio 1976, con il numero 120075 relativo a «cementi» (classe 19), di seguito riprodotto:

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–        La descrizione francese del marchio figurativo internazionale sotto riportato, registrato il 2 settembre 1981, con il numero 463089 e con effetto in Austria, Benelux, Germania, Francia e Italia, relativo alle «sostanze adesive destinate all’industria» (classe 1) e ai «materiali da costruzione (non metallici), grezzi o lavorati» (classe 19):

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7        L’opposizione è stata presentata contro tutti i prodotti di cui alla domanda di marchio comunitario.

8        Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era il rischio di confusione tra, da una parte, il marchio richiesto e, dall’altra parte, i tre marchi di cui al punto 6, supra, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

9        Con decisione 29 marzo 2004, la divisione d’opposizione dell’UAMI ha accolto l’opposizione respingendo la domanda di marchio comunitario della ricorrente. La divisione di opposizione ha precisato, inizialmente, che la comparazione tra i prodotti oggetto dei marchi in conflitto doveva essere effettuata tenendo conto, da un lato, di tutti i prodotti contrassegnati dal marchio richiesto, indipendentemente dal loro utilizzo attuale o progettato da parte della ricorrente e, dall’altro, di tutti i prodotti per i quali i marchi fatti valere in opposizione erano stati registrati, ciò in quanto la ricorrente non aveva presentato la richiesta di prova di uso effettivo dei marchi anteriori, ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94. La divisione di opposizione ha ritenuto, quindi, che i tubi metallici o non metallici e i materiali da costruzione descritti dai marchi anteriori fossero simili e che, inoltre, questi ultimi prodotti si riferissero almeno a tubi non metallici di medesima natura e funzione, che fossero destinati agli stessi utenti e che potessero essere utilizzati in combinazione con i tubi metallici ovvero trovarsi in concorrenza con i medesimi. La divisione ha altresì ritenuto che fossero simili anche i raccordi per tubi, metallici o non metallici, oggetto del marchio richiesto, e i materiali da costruzione, laddove necessari all’assemblaggio o alla riparazione di tubi metallici e non metallici. Infine, per quanto riguarda la comparazione dei marchi in conflitto, la divisione d’opposizione ha giudicato che l’elemento dominante di questi ultimi fosse il termine «pam» e che, pertanto, i detti marchi fossero assai simili, con l’identità visiva e fonetica dell’elemento dominante dei segni sufficiente a controbilanciare le differenze visive e fonetiche esistenti all’interno della loro parte non dominante. Sulla base di queste osservazioni, la divisione d’opposizione ha concluso che vi fosse un rischio di confusione tra i marchi in conflitto in Spagna e Francia con riferimento ai prodotti interessati.

10      In data 26 maggio 2004, la ricorrente ha presentato ricorso contro la decisione della divisione d’opposizione, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94.

11      Con decisione 15 aprile 2005 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente il 19 luglio 2005, la quarta commissione di ricorso ha respinto il ricorso della ricorrente confermando la decisione della divisione d’opposizione.

12      La commissione di ricorso ha respinto inizialmente, in quanto tardiva, la richiesta della prova dell’uso effettivo dei marchi su cui si fondava l’opposizione, presentata dalla ricorrente nella propria memoria con i motivi del ricorso. A tal proposito, la commissione di ricorso ha ritenuto che la detta richiesta avrebbe dovuto essere presentata in qualsiasi momento nel corso del procedimento di opposizione, vale a dire fino a quando l’UAMI non avesse informato le parti della chiusura di tale procedimento, e che questa non poteva essere presentata per la prima volta in occasione del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso.

13      Successivamente, la commissione di ricorso, dopo aver effettuato una comparazione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, ha concluso che i detti marchi erano in generale simili, tenuto conto dell’identità fonetica e visiva del loro elemento verbale dominante, «pam», che prevaleva sulle differenze visive e fonetiche risultanti dall’elemento verbale secondario, «pluvial», presente nel marchio richiesto. La commissione di ricorso ha ritenuto, altresì, che i prodotti oggetto dei due marchi in questione fossero simili e complementari, in quanto distribuiti dalle stesse filiere commerciali, venduti presso gli stessi punti vendita e destinati agli stessi utenti finali. Dati questi elementi, la commissione di ricorso ha concluso che vi fosse un rischio di confusione tra i marchi in causa per il pubblico interessato in Spagna e che, pertanto, non fosse necessario valutare l’esistenza di un rischio di tale natura tra il marchio richiesto e gli altri marchi invocati in opposizione dalla Propamsa.

 Conclusioni delle parti

14      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

15      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

16      La ricorrente, a sostegno del proprio ricorso, invoca due motivi, relativi, rispettivamente, alla violazione dell’art. 43 del regolamento n. 40/94 e dell’art. 8, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento.

 Sugli allegati 9‑15, 17, 18, 22 e 23 della richiesta

 Argomenti delle parti

17      L’UAMI fa osservare che gli allegati 9‑15, 17, 18, 22 e 23 della richiesta, relativi alla ramificazione del gruppo Saint‑Gobain e alle condizioni di utilizzo dei marchi in conflitto, vengono prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non essendo stati presentati né alla divisione d’opposizione né alla commissione di ricorso. Siffatti documenti non possono dunque essere presi in considerazione e dovrebbero essere respinti dal Tribunale, secondo la giurisprudenza costante, senza poterne esaminare il valore probatorio [sentenze del Tribunale 18 febbraio 2001, causa T‑10/03, Koubi/UAMI – Flabesa (CONFORFLEX), Racc. pag. II‑719, punto 52; 29 aprile 2004, causa T‑399/02, Eurocermex/UAMI (Forma di una bottiglia di birra), Racc. pag. II‑1391, punto 52, nonché sentenza 21 aprile 2005, causa T‑164/03, Ampafrance/UAMI – Johnson & Johnson (monBeBé), Racc. pag. II‑1401]. In ogni caso, tali documenti non possono rimettere in discussione la decisione impugnata.

 Giudizio del Tribunale

18      Secondo la giurisprudenza, il ricorso dinanzi al Tribunale contro le decisioni delle commissioni di ricorso dell’UAMI riguarda il sindacato della legittimità di tali decisioni ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94, di modo che la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati per la prima volta dinanzi ad esso [sentenza del Tribunale 16 marzo 2006, causa T‑322/03, Telefon & Buch/UAMI – Herold Business Data (Weisse Seiten), Racc. pag. II-835, punto 65; v. anche, in tal senso, sentenza CONFORFLEX, cit. supra al punto 17, punto 52].

19      Nella fattispecie, si deve constatare che gli allegati 9‑15, 17, 18, 22 e 23 della richiesta sono effettivamente prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale. Di conseguenza, tali documenti non possono essere presi in considerazione e vanno respinti senza che sia necessario esaminarne il valore probatorio (v., in tal senso, sentenza Weisse Seiten, cit. supra al punto 18, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

 Sul primo motivo relativo alla violazione dell’art. 43 del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

20      La ricorrente, riferendosi al principio di continuità funzionale tra le istanze dell’UAMI, sostiene che la commissione di ricorso avrebbe commesso un errore respingendo, in quanto tardiva, la richiesta di prova dell’uso dei marchi anteriori invocati in opposizione, presentata per la prima volta nella memoria con i motivi del ricorso. Secondo la ricorrente, in applicazione del summenzionato principio, una parte può senz’altro far valere, dinanzi alla commissione di ricorso, degli elementi di fatto e di diritto non invocati dinanzi alla divisione d’opposizione.

21      Nella fattispecie, siffatta conclusione sarebbe opportuna, tanto più che la ricorrente, in base a una ricerca da quest’ultima commissionata, avrebbe riscontrato che la Propamsa usava i marchi invocati in opposizione solo per il cemento e non per gli altri prodotti per i quali sono stati registrati. La ricorrente avrebbe, pertanto, legittimamente richiesto, nella sua memoria depositata il 26 maggio 2004 dinanzi alla commissione di ricorso, che la Propamsa fornisse prove dell’uso effettivo dei detti marchi nel corso dei cinque anni precedenti la pubblicazione della domanda di marchio comunitario.

22      Secondo la ricorrente, decidere diversamente significherebbe rimettere direttamente in discussione il «principio fondamentale», derivante sia dall’ottavo ‘considerando’ della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), sia dal nono ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, in virtù del quale è giustificato tutelare i marchi comunitari, nonché, nei loro confronti, i marchi registrati che siano anteriori, soltanto nella misura in cui siano effettivamente utilizzati.

23      La ricorrente aggiunge che l’art. 43 del regolamento n. 40/94, richiamato dalla decisione impugnata, prevede l’esistenza di un solo termine procedurale, al n. 1 del medesimo articolo, vale a dire il termine assegnato dall’UAMI per la presentazione, nel corso dell’esame dell’opposizione, delle osservazioni delle parti su comunicazioni emesse da altre parti o dall’Ufficio stesso. Orbene, ad avviso della ricorrente, se è vero che l’opponente può comunicare prove dell’uso effettivo solo nel termine assegnato dall’UAMI, non vi è alcun dettato normativo che preveda un termine particolare per la presentazione di una richiesta di prova dell’uso effettivo per l’altra parte del procedimento d’opposizione. Conseguentemente, il diritto del richiedente di un marchio comunitario, derivante dal «principio fondamentale» di cui al punto precedente, di chiedere all’opponente la comunicazione di prove dell’uso del proprio marchio non può essere subordinato al rispetto di un termine che non deriva da alcuna norma particolare.

24      È pur vero che un termine previsto per la presentazione di una richiesta di prova dell’uso è stato stabilito dal regolamento (CE) della Commissione 29 giugno 2005, n. 1041/2005, che modifica il regolamento (CE) n. 2868/95 recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 172, pag. 4). Tuttavia, il detto regolamento non sarebbe applicabile alla specie in quanto entrato in vigore soltanto il 25 luglio 2005, ossia dopo la data di adozione della decisione impugnata.

25      Preliminarmente, l’UAMI osserva che, pur essendo perfettamente a conoscenza della giurisprudenza del Tribunale in merito al principio di continuità funzionale, non ne condivide sempre l’opinione, come dimostra, in particolare, il ricorso che l’Ufficio medesimo ha presentato dinanzi alla Corte (causa C‑29/05 P) contro la sentenza del Tribunale 10 novembre 2004, causa T‑164/02, Kaul/UAMI – Bayer (ARCOL) (Racc. pag. II‑3807).

26      Successivamente, l’UAMI rammenta la propria prassi sulla richiesta di prova dell’uso effettivo, ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, riflessa anche negli orientamenti relativi ai procedimenti dinanzi all’UAMI, adottati con decisione EX-04-2 del presidente dell’UAMI, del 10 maggio 2004, a seguito di consultazione con il consiglio di amministrazione e gli ambienti interessati, in particolare le principali associazioni di rappresentanti presso l’UAMI. Secondo il punto 1.1 dei detti orientamenti, con riferimento alla versione in vigore alla data della decisione impugnata, una richiesta riguardante la prova dell’uso può essere presentata solo fino a quando l’UAMI informa le parti, in forma scritta, del fatto che non è più possibile presentare alcuna osservazione, ossia che è pronto a pronunciarsi sull’opposizione.

27      Siffatto orientamento rifletterebbe la prassi decisionale costante sia delle divisioni d’opposizione che delle commissioni di ricorso. La decisione impugnata, al punto 1.1, confermerebbe dunque la prassi finora indiscussa. A tal riguardo, l’UAMI osserva che una decisione contraria avrebbe come effetto, in particolar modo, quello di allungare la durata dei procedimenti, favorire manovre dilatorie e rimettere così in discussione la finalità del procedimento di opposizione, che consiste nella soluzione semplice e rapida e nel rispetto della certezza del diritto dei conflitti tra marchi a monte della registrazione e dei procedimenti giurisdizionali.

28      Nella specie, la ricorrente, che, come essa stessa ha sostenuto, fa parte di uno dei gruppi leader mondiali del settore ed è abituata ai procedimenti dinanzi all’UAMI, dato il proprio notevole portafoglio di marchi d’impresa, non avrebbe esercitato, nel corso del procedimento dinanzi alla divisione d’opposizione, la facoltà di richiedere alla Propamsa la prova dell’uso effettivo dei marchi invocati in opposizione. La ricorrente si sarebbe limitata infatti ad osservazioni vaghe quanto ai prodotti fabbricati dalla Propamsa e al loro utilizzo nel campo generico delle costruzioni in associazione con altri prodotti. La divisione d’opposizione avrebbe, dunque, giustamente rifiutato di tener conto di tali affermazioni.

29      Inoltre, l’UAMI chiarisce che la ricorrente ha presentato una richiesta di prova dell’uso effettivo ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 per la prima volta nella sua memoria con i motivi del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso, il 20 luglio 2004, e non il 26 maggio 2004, data di presentazione del presente ricorso, come la ricorrente indica erroneamente al punto 43 della propria richiesta. L’argomentazione sostenuta dalla ricorrente dinanzi al Tribunale, basata sul fatto che la domanda di prova dell’uso dei marchi anteriori sarebbe motivata dalla conoscenza acquisita a seguito del rapporto dell’indagine, che si riporta all’allegato 23 e secondo il quale la Propamsa utilizzerebbe i propri marchi solo per il cemento, non può essere accolta ed è per lo meno dubbia. Da un lato, il detto documento non può essere preso in considerazione in quanto non è stato presentato e nemmeno invocato dinanzi alla commissione di ricorso; dall’altro lato, e soprattutto se per caso il Tribunale decidesse di tenerne conto, si accorgerebbe che non è datato e che solo l’allegato 6 reca la data del 13 agosto 2004. Tale documento non può pertanto dimostrare la conoscenza che la ricorrente sostiene di avere acquisito in data 26 maggio 2004, se non addirittura il 20 luglio 2004.

30      L’UAMI desidera inoltre che il Tribunale si soffermi sulle nuove disposizioni del regolamento n. 1041/2005 (v. supra al punto 24), che, per quanto non applicabili al caso di specie, chiarirebbero nondimeno la volontà del legislatore. La nuova regola 22 del regolamento n. 2868/95, come modificata, risulterebbe persino meno liberale rispetto alla prassi decisionale anteriore dell’UAMI, in quanto prevederebbe che una richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio su cui si fonda l’opposizione sia ammessa solo se presentata entro il termine previsto per la presentazione delle osservazioni da parte del richiedente del marchio sull’opposizione.

31      Infine, l’UAMI ritiene che la sostenuta illegittimità della decisione impugnata, supponendo che venga confermata, non potrebbe in ogni caso comportarne l’annullamento. Infatti, anche se il marchio anteriore fosse stato utilizzato solo per i cementi e la comparazione dovesse essere circoscritta a tali prodotti, sussisterebbe, per gli stessi motivi di cui alla decisione impugnata, un rischio di confusione per i consumatori spagnoli tale da indurre il pubblico in errore quanto all’origine dei prodotti in questione.

 Giudizio del Tribunale

32      Ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, ai fini dell’esame di un’opposizione proposta ex art. 42 del regolamento medesimo si presume che il marchio anteriore sia stato oggetto di uso effettivo fintantoché il richiedente non presenti istanza avente ad oggetto la prova di tale uso [sentenze del Tribunale 17 marzo 2004, cause riunite T‑183/02 e T‑184/02, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), Racc. pag. II‑965, punto 38].

33      Nella fattispecie, è pacifico che la ricorrente ha presentato siffatta richiesta per la prima volta soltanto nel ricorso dinanzi alla commissione di ricorso. La ricorrente ritiene, tuttavia, che tale richiesta fosse ammissibile e, a tal riguardo, deduce, da un lato, che il regolamento n. 40/94 non prevede alcun termine per la presentazione della detta richiesta e che, per il resto, la fissazione di un termine a tal fine sarebbe contraria al principio derivante dal nono ‘considerando’ di tale regolamento, richiamato al punto 22, supra. D’altro lato, la ricorrente ritiene che la presentazione della propria richiesta per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso fosse consentita in virtù del principio di continuità funzionale tra le istanze inferiori dell’UAMI e le commissioni di ricorso.

34      Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore dev’essere proposta dinanzi all’UAMI espressamente e tempestivamente [sentenze del Tribunale MUNDICOR, cit. supra al punto 32, punto 38; 16 marzo 2005, causa T‑112/03, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), Racc. pag. II‑949, punto 24, nonché sentenza 7 giugno 2005, causa T‑303/03, Lidl Stiftung/UAMI – REWE-Zentral (Salvita), Racc. pag. II‑1917, punto 77]. In tale contesto, si è ritenuto che, in linea di principio e senza che il nono ‘considerando’ del regolamento n. 40/94 vi osti, la richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore dev’essere presentata nel termine assegnato dalla divisione d’opposizione al richiedente il marchio comunitario affinché possa presentare le proprie osservazioni in risposta all’opposizione (sentenza FLEXI AIR, cit., punti 25‑28).

35      Tuttavia, la questione di sapere se il richiedente il marchio debba presentare una richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore nel termine assegnatogli dalla divisione d’opposizione per presentare le proprie osservazioni in risposta all’opposizione o se una tale richiesta debba essere presentata entro un termine specifico eventualmente stabilito dalla divisione d’opposizione per il richiedente il marchio, dopo la scadenza del quale quest’ultima potrebbe legittimamente non tener conto di tale richiesta, non riguarda il caso di specie. Infatti, la ricorrente non ha espresso una richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore nel termine concessole ai sensi dell’art. 43, n. 1 del regolamento n. 40/94 per presentare le proprie osservazioni in merito all’opposizione della Propamsa. Peraltro, l’UAMI afferma che, a tal fine, la divisione d’opposizione non ha imposto alcun termine specifico alla ricorrente. Tuttavia, l’UAMI sostiene che, ai sensi del punto 1.1 dei summenzionati orientamenti del presidente dell’UAMI (v. supra al punto 26), che riflettono una prassi decisionale costante in materia, la ricorrente avrebbe dovuto presentare la propria richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore in qualsiasi momento durante il procedimento d’opposizione e ciò fino a che la divisione d’opposizione non avesse informato le parti di essere pronta a decidere in merito all’opposizione.

36      Pertanto, non è tanto il rispetto di qualsiasi termine fissato per la presentazione di tale richiesta a essere oggetto di discussione nella specie, quanto, piuttosto, il problema di sapere dinanzi a quale istanza dell’UAMI presentare tale richiesta e, più in particolare, se quest’ultima dev’essere obbligatoriamente presentata alla divisione d’opposizione o se è ancora possibile presentarla, per la prima volta, nel ricorso dinanzi alla commissione di ricorso.

37      A tal fine, è opportuno osservare che la presentazione della richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore produce quindi l’effetto di accollare all’opponente l’onere della prova dell’uso effettivo del suo marchio − ovvero della sussistenza di legittime ragioni per la non utilizzazione − pena il rigetto dell’opposizione (sentenze MUNDICOR, cit. supra al punto 32, punto 38; FLEXI AIR, cit. supra al punto 34, punto 24, nonché sentenza Salvita, cit. supra al punto 34, punto 77). L’uso effettivo del marchio anteriore costituisce quindi una questione che, una volta sollevata dal richiedente il marchio, dev’essere risolta prima di decidere sull’opposizione vera e propria (sentenza FLEXI AIR, cit. supra al punto 34, punto 26). La richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore aggiunge dunque al procedimento d’opposizione una questione specifica e preliminare e, in tal senso, ne modifica il contenuto.

38      Inoltre, occorre rammentare che, ai sensi dell’art. 127, n. 1 del regolamento n. 40/94, la divisione di opposizione è competente a prendere decisioni in merito all’opposizione a una domanda di registrazione di marchio comunitario, mentre, secondo l’art. 130, n. 1 del medesimo regolamento, le commissioni di ricorso sono competenti a deliberare, in particolare, sui ricorsi contro le decisioni delle divisioni di opposizione.

39      Dalle disposizioni e osservazioni che precedono emerge che spetta alla divisione d’opposizione decidere, in primo grado, sull’opposizione come definita dai diversi atti e istanze processuali delle parti, compresa, eventualmente, la richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, ed è per questo motivo che siffatta richiesta non può essere presentata per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso. Ammettere il contrario comporterebbe l’esame, da parte della commissione di ricorso, di una richiesta del tutto specifica, legata a considerazioni di fatto e di diritto nuove e derivanti dal contesto del procedimento di opposizione proposto e trattato dalla divisione d’opposizione. Orbene, la commissione di ricorso può decidere solo sui ricorsi presentati contro le decisioni delle divisioni d’opposizione, e quindi non può pronunciarsi in prima istanza su una nuova opposizione.

40      La continuità funzionale, richiamata nella giurisprudenza del Tribunale [sentenze del Tribunale 23 settembre 2003, causa T‑308/01, Henkel/UAMI – LHS (UK) (KLEENCARE) (Racc. pag. II‑3253, punti 25 e 26); 1° febbraio 2005, causa T‑57/03, SPAG/UAMI – Dann e Backer (HOOLIGAN) (Racc. pag. II‑287, punto 18), nonché sentenza 10 luglio 2006, causa T‑323/03, La Baronia de Turis/UAMI − Baron Philippe de Rothschild (LA BARONNIE), Racc. pag. II‑2085, punti 57 e 58], non può in ogni caso giustificare la presentazione di una tale richiesta, per la prima volta, dinanzi alla commissione di ricorso, giacché questa non comporta affatto un esame da parte della commissione di ricorso di una causa diversa da quella sottoposta alla divisione d’opposizione, ossia una causa la cui portata sarebbe stata ampliata dall’aggiunta della questione preliminare dell’uso effettivo del marchio anteriore.

41      Ne consegue che la decisione impugnata ha giustamente ritenuto, nella specie, che la ricorrente non aveva diritto di chiedere, per la prima volta nel ricorso dinanzi alla commissione di ricorso, che l’opponente fornisse la prova dell’uso effettivo dei marchi anteriori invocati nell’opposizione. Il primo motivo dev’essere pertanto respinto.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

42      La ricorrente contesta, in primo luogo, la conclusione della decisione impugnata, secondo la quale i prodotti oggetto del marchio richiesto, utilizzabili nella costruzione di edifici, equivalgono ai materiali da costruzione oggetto del marchio anteriore o ne sono complementari.

43      La ricorrente sostiene che i concetti di «materiali da costruzione» e di «materiali da costruzione non metallici», oggetto, rispettivamente, dei marchi della Propamsa registrati con i numeri 737992 e 463089, sono talmente vaghi e ampi che è possibile inserirvi un’infinità di prodotti senza che vi siano legami tra gli uni e gli altri, concedendo in tal modo al titolare dei marchi in questione un monopolio ingiustificato e opinabile. A tal proposito, la ricorrente osserva che i giudici francesi hanno già dovuto pronunciare la nullità di marchi in caso di descrizione imprecisa dei prodotti o servizi oggetto dei medesimi come, ad esempio, nel caso di marchi di «servizi d’affari».

44      La ricorrente osserva che qualsiasi insediamento di attività umana, indipendentemente dalla natura o dallo scopo della stessa, presuppone un’opera di costruzione, più o meno complessa, che richiede l’utilizzo di una grossa quantità di prodotti, dai più comuni ai più sofisticati. Orbene, ciò non significa affatto che tutti questi prodotti o servizi debbano essere considerati come equivalenti o complementari ai materiali da costruzione.

45      La ricorrente ammette che, confrontando i prodotti e i servizi in questione, ci si deve riferire alle relative caratteristiche generali, ma sottolinea che una somiglianza o una complementarità tra questi stessi prodotti o servizi non potrebbe essere dedotta dal solo fatto che questi sono utilizzabili nell’ambito di un’opera di costruzione, salvo a ritenere simili dei prodotti e dei servizi aventi caratteristiche assai diverse.

46      Pertanto, ad esempio, non si può dire che il calcestruzzo e i cavi elettrici siano simili o complementari solo per il fatto che vengono usati in un’opera di costruzione. Infatti, tali prodotti sono di natura diversa, hanno funzioni differenti e sono quasi sempre fabbricati da entità differenti. Parimenti, i servizi attinenti all’architettura di cui alla classe 42 e i tubi non metallici della classe 19 non possono essere considerati simili per il solo fatto che vengono utilizzati nell’ambito di un’opera di costruzione.

47      Con riferimento al medesimo contesto, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata, ritenendo al punto 20 che la costruzione di edifici e infrastrutture comprende inevitabilmente sistemi di diversa natura come canalizzazione, trattamento delle acque reflue, protezione antincendio, condotte per l’acqua potabile o per l’irrigazione, che farebbero uso dei prodotti in causa, ha considerato erroneamente che queste due tipologie di prodotti fossero simili.

48      Conseguentemente, la ricorrente ritiene che, nella fattispecie, non possa dirsi che i prodotti oggetto del marchio richiesto, ossia i tubi metallici e i loro raccordi, siano simili ai materiali da costruzione per il solo fatto di essere, come molti altri prodotti assai diversi tra loro, utilizzati nella costruzione di edifici. Infatti, i prodotti oggetto del marchio richiesto hanno funzioni assai diverse rispetto a quelle dei materiali da costruzione e non sono affatto sostituibili con questi ultimi.

49      A tal riguardo, la ricorrente osserva che i sistemi da essa commercializzati non vengono utilizzati nella costruzione di edifici, bensì nella realizzazione di infrastrutture di scarico e derivazione delle acque e che i propri clienti sono quindi essenzialmente enti pubblici territoriali e non imprese edili.

50      In secondo luogo, la ricorrente contesta l’affermazione della decisione impugnata (punto 13), secondo la quale il pubblico rilevante è costituito, al contempo, sia da un pubblico specializzato sia dal grande pubblico.

51      Secondo la ricorrente, il mercato dei tubi metallici in ghisa duttile, destinati, in particolar modo, al trattamento delle acque piovane, è formato da assai pochi soggetti e interessa solo un pubblico estremamente specializzato, che si occupa della realizzazione di canalizzazioni di scarico delle acque piovane e reflue. Questo pubblico sarebbe essenzialmente composto da enti pubblici territoriali francesi e stranieri che conoscono perfettamente i prodotti della ricorrente e, pertanto, il pubblico rilevante del caso di specie risulterebbe formato da soggetti particolarmente specializzati e qualificati.

52      La ricorrente, a sostegno di tale osservazione, invoca la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI 10 febbraio 2005, procedimento R 411/2004‑1, le cui conclusioni in merito al pubblico rilevante sarebbero direttamente applicabili al caso di specie.

53      La ricorrente occupa una posizione leader nel mercato delle canalizzazioni di acque piovane, come dimostra l’opuscolo di presentazione della gamma PAM PLUVIAL e una parte del sito Internet della ricorrente, allegati alla richiesta.

54      La Propamsa, per contro, non opererebbe affatto in questo settore e utilizzerebbe il proprio marchio anteriore PAM solo per il cemento, come è stato dimostrato dall’indagine svolta su richiesta della ricorrente.

55      Tale prodotto è commercializzato dalla Propamsa presso una clientela di prossimità formata da singoli e da piccole imprese di costruzioni, che non conoscono la ricorrente e i suoi prodotti.

56      In terzo luogo, infine, la ricorrente contesta il rigetto da parte della decisione impugnata (punto 15) della propria argomentazione secondo la quale il segno PAM sarebbe inevitabilmente percepito dal pubblico rilevante specializzato come riferito alla propria denominazione sociale («Saint‑Gobain Pam»).

57      Alcune ricerche effettuate dalla ricorrente su Internet, e aventi come oggetto le parole chiave «Pam» e «tubi» in lingua francese, spagnola e inglese, mostrano solo risultati riguardanti la ricorrente senza che ve ne sia alcuno riguardante la Propamsa. La ricorrente allega alla propria istanza i risultati di tali ricerche.

58      Siffatto elemento dimostra la notorietà a livello mondiale di cui gode la ricorrente nel campo delle canalizzazioni, settore in cui la Propamsa sarebbe del tutto assente. Il pubblico rilevante non potrebbe, dunque, in alcun caso capire che i prodotti oggetto del marchio richiesto potrebbero provenire dalla Propamsa o da un’altra impresa a questa economicamente legata. Tale considerazione risulta confermata dal fatto che tutti i prodotti della ricorrente riportano sistematicamente il marchio PAM o marchi da questo derivati, quali PAM PLUVIAL, PAM NATURAL o PAM GLOBAL.

59      Inoltre, i circuiti di distribuzione dei prodotti oggetto dei marchi opposti nella specie sono completamente diversi, giacché la ricorrente commercializza i propri prodotti solo direttamente o mediante proprie filiali al di fuori della Francia.

60      Pertanto, la conclusione della decisione impugnata in merito all’esistenza di un rischio di confusione sarebbe errata, essendo completamente escluso, nella specie, un rischio di tal natura.

61      In primo luogo, l’UAMI osserva che la decisione impugnata ha applicato correttamente la giurisprudenza [sentenza del Tribunale 13 aprile 2005, causa T‑286/03, Gillette/UAMI – Wilkinson Sword (RIGHT GUARD XTREME sport), non pubblicata nella Raccolta, punto 33], secondo la quale, nell’ambito del procedimento d’opposizione, la comparazione tra prodotti dev’essere effettuata tenendo conto del testo della domanda di marchio, come depositato o limitato, essendo le condizioni o la destinazione d’uso irrilevanti a tal riguardo.

62      Ciò è applicabile alla fattispecie, tanto più che la ricorrente, ad eccezione della modifica all’elenco dei prodotti accettata dall’UAMI il 4 luglio 2002, non ha apposto nessun’altra limitazione al testo della domanda e avrebbe potuto farlo in qualsiasi momento, ai sensi dell’art. 44, n. 1, del regolamento n. 40/94 e della regola 13 del regolamento n. 2868/95.

63      In secondo luogo, per quanto riguarda il pubblico con riferimento al quale occorre, nella specie, valutare il rischio di confusione tra i marchi in conflitto, l’UAMI sostiene che i prodotti oggetto di tali marchi possono interessare, per le loro caratteristiche generali, sia il grande pubblico, in particolare gli «appassionati del bricolage», sia un pubblico più specializzato e, necessariamente, più attento e informato, costituito, in particolare, da professionisti del settore delle costruzioni. Pertanto, contrariamente alle affermazioni della ricorrente, la decisione impugnata ha identificato correttamente il pubblico rilevante nella specie.

64      In ogni caso, l’UAMI ritiene che il Tribunale non debba risolvere tale questione, in quanto l’esame del rischio di confusione nello spirito del consumatore medio è sufficiente. Infatti, secondo la giurisprudenza, se viene escluso il rischio di confusione nello spirito del consumatore medio, tale circostanza è sufficiente a determinare il rigetto del ricorso, in quanto tale valutazione, riguarda, a fortiori, la parte professionale del pubblico rilevante, il cui grado di attenzione è, per definizione, più elevato rispetto a quello del consumatore medio [sentenza del Tribunale 12 gennaio 2006, causa T‑147/03, Devinlec/UAMI – TIME ART (QUANTUM), Racc. pag. II‑11, punto 62].

65      L’UAMI osserva altresì che, poiché il marchio anteriore è stato registrato e protetto in Spagna, il pubblico rilevante della fattispecie è costituito dal consumatore medio di questo Stato membro.

66      In terzo luogo, l’UAMI ritiene che la decisione impugnata abbia giustamente concluso, innanzitutto, che i prodotti oggetto dei due marchi in conflitto fossero simili, data l’identica destinazione e l’identico utilizzo. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, i «materiali da costruzione» oggetto del marchio anteriore costituiscono una categoria assai ben determinata. Dalla definizione che il dizionario Le Robert elettronico fornisce di tale categoria, risulta che il pubblico rilevante non ha, nella specie, alcuna difficoltà ad immaginare quali tipi di prodotti siano compresi in questa categoria. Si tratta di prodotti da costruzione, grezzi o semilavorati, e prodotti relativamente semplici fabbricati a partire da essi. La decisione impugnata ha dunque giustamente attribuito alle parole «materiali da costruzione» tutti i diritti connessi ad un’espressione che rappresenta una categoria di prodotti dal contenuto semantico identificato.

67      La ricorrente non può nemmeno, nella specie, trarre utile argomentazione dal fatto che un’opera di costruzione necessiti di un gran numero di prodotti. Infatti, non è necessario, ai fini della presente causa, confrontare tutti i prodotti e i servizi necessari per un’opera edile quali i cavi elettrici o i servizi attinenti all’architettura con i prodotti oggetto del marchio richiesto. Così come ravvisato dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, il confronto deve riguardare le caratteristiche generali dei prodotti oggetto dei marchi opposti. Orbene, secondo l’UAMI, è innegabile che tutti questi prodotti hanno la medesima destinazione e il medesimo uso nell’ambito della costruzione di edifici o di infrastrutture.

68      La precedente osservazione è confermata dalla stessa ricorrente, che ha ammesso, dinanzi alla divisione d’opposizione, che i propri prodotti sono destinati all’uso in diversi settori, mentre, dinanzi al Tribunale, ha sostenuto che possono essere usati non solo in opere edili bensì anche per la realizzazione d’infrastrutture di scarico e derivazione delle acque. È pertanto pienamente dimostrato che i prodotti di cui trattasi hanno tutti la medesima destinazione ed il medesimo uso.

69      L’UAMI sostiene, altresì, che la decisione impugnata abbia, in seguito, correttamente osservato che i prodotti oggetto dei marchi opposti fossero complementari. Invero, la costruzione di edifici e di infrastrutture comprende inevitabilmente la costruzione di sistemi di diversa natura come canalizzazioni, sistemi di trattamento delle acque reflue, sistemi di protezione antincendio e canalizzazioni per l’acqua potabile o l’irrigazione, i quali richiedono l’uso dei prodotti oggetto del marchio richiesto. Pertanto, sarebbe inconcepibile che tubi e loro parti e accessori possano essere utilizzati per la realizzazione di edifici e infrastrutture senza l’uso di materiali da costruzione, tra cui il cemento.

70      Inoltre, l’UAMI osserva che, come ha constatato la decisione impugnata al punto 22, i prodotti oggetto dei marchi in conflitto si servono solitamente degli stessi circuiti di distribuzione, sono venduti presso gli stessi punti vendita e sono destinati agli stessi utenti finali, vale a dire, da un lato, i singoli e in particolare gli «appassionati del bricolage» e, dall’altro, i professionisti del settore dell’edilizia quali, nello specifico, i costruttori, gli idraulici e gli impiantisti del settore termico. Conseguentemente, il pubblico rilevante avrebbe naturalmente l’impressione che tutti i prodotti oggetto dei marchi in conflitto possano avere la medesima origine commerciale.

71      Secondo l’UAMI, l’argomentazione avanzata dalla ricorrente per contestare il detto punto della decisione impugnata si basa esclusivamente sull’uso che quest’ultima intende fare del marchio richiesto, che, tuttavia, sarebbe ininfluente.

72      In quarto luogo, l’UAMI sostiene che la decisione impugnata ha giustamente concluso che i marchi in conflitto sono simili, considerate le loro preponderanti somiglianze visive e fonetiche, e che la ricorrente non ha, del resto, presentato nella propria richiesta alcun argomento che potesse essere in grado di contestare siffatta conclusione.

73      L’UAMI osserva che il termine «pam» non ha alcun significato nella lingua spagnola e che, invece, il termine «pluvial» del marchio richiesto significa, in spagnolo, «relativo alla pioggia». La decisione impugnata ha quindi giustamente rilevato che il pubblico interessato percepirebbe quest’ultimo termine come un riferimento a talune caratteristiche o funzioni dei prodotti oggetto del marchio richiesto, nel senso che siffatti prodotti sono destinati all’uso in condizioni di pioggia o particolarmente adatti a tali condizioni.

74      Sulla scorta delle precedenti considerazioni e tenuto conto della giurisprudenza [sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 23; 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 25, nonché sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II‑4335, punti 33 e 35], l’UAMI sostiene che il termine «pam», che rappresenta, contemporaneamente, sia l’unico elemento verbale del marchio anteriore sia uno dei due elementi verbali del marchio richiesto, costituisce l’elemento dominante nell’impressione complessiva prodotta da quest’ultimo marchio, il che non è contestato dalla ricorrente.

75      Dal punto di vista visivo e fonetico, l’UAMI rammenta che il termine «pam» non è solo l’unico termine del marchio anteriore, ma anche quello più importante all’interno del marchio richiesto, e che tale posizione attribuisce a questo termine un’importanza particolare, poiché il pubblico tende a focalizzarsi in primo luogo sulla parte iniziale di un marchio piuttosto che su quella finale e ciò è ancor più naturale se la parte iniziale del marchio in questione consiste, come nella fattispecie, in un elemento intrinsecamente distintivo e appariscente dal punto di vista sia visivo che fonetico. La commissione di ricorso avrebbe pertanto giustamente concluso a favore dell’esistenza di una somiglianza visiva tra i marchi in conflitto.

76      Dal punto di vista concettuale, il termine «pam» è privo di significato in spagnolo, contrariamente al termine «pluvial» che, avendo un significato (relativo alla pioggia), lo rende secondario. L’affermazione della ricorrente esposta dinanzi al Tribunale, secondo la quale il pubblico interessato percepirebbe il termine «pam» come riferito alla propria denominazione sociale attuale, nonché quella presentata dinanzi alla commissione di ricorso, in virtù della quale detto termine sarebbe percepito come un’abbreviazione della propria denominazione sociale precedente (Pont-à-Mousson), non sarebbero affatto evidenti e non sarebbero state provate. Analogamente a quanto disposto dalla commissione di ricorso (punto 15, seconda frase, della decisione impugnata), il Tribunale deve pertanto respingere siffatte affermazioni della ricorrente in quanto infondate.

77      In quinto e ultimo luogo, l’UAMI osserva che i diversi fattori di cui, secondo la giurisprudenza, occorre tener conto al momento della valutazione globale del rischio di confusione confermano, nella specie, l’esistenza di un siffatto rischio. Infatti, vi sarebbe prova della somiglianza dei marchi in conflitto e dei prodotti oggetto di questi ultimi e, inoltre, è pacifico che il marchio anteriore gode di un carattere distintivo intrinseco, quanto meno per tutti i prodotti da questo descritti. La decisione impugnata ha pertanto giustamente ritenuto che il pubblico rilevante, che conserverà in memoria il termine «pam» del marchio anteriore, sarà incline, confrontando i prodotti oggetto del marchio richiesto con quelli descritti dal marchio anteriore, ad attribuire ai primi la medesima origine commerciale degli ultimi e ciò tanto più che i prodotti in questione possono essere offerti insieme e mediante gli stessi circuiti di distribuzione.

78      La decisione impugnata ha inoltre giustamente affermato, al punto 27, che il consumatore medio può ragionevolmente supporre che il marchio anteriore derivi da un marchio principale, «pam», e indichi una linea di prodotti appartenenti alla stessa famiglia di marchi. In altre parole, vi è il rischio che il pubblico rilevante consideri i marchi in conflitto come riguardanti, senza dubbio, due gamme distinte di prodotti, per quanto, tuttavia, provenienti dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro.

 Giudizio del Tribunale

79      Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione «se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore». Peraltro, secondo l’art. 8, n. 2, lett. a), secondo trattino del regolamento n. 40/94, per marchi anteriori s’intendono i marchi registrati nello Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

80      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico creda che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro.

81      Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, a seconda della percezione che il pubblico rilevante ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e tenendo conto di tutti i fattori pertinenti nella fattispecie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 31-33 e giurisprudenza ivi citata].

82      Nella fattispecie, occorre in primo luogo ricordare che la decisione impugnata ha ritenuto che vi fosse un rischio di confusione tra il marchio richiesto e quello anteriore. La decisione impugnata quindi non ha effettuato un confronto tra il marchio richiesto e gli altri marchi invocati dalla Propamsa a sostegno della sua opposizione (decisione impugnata, punti 14 e 29).

83      A tale riguardo, occorre ricordare che il ricorso dinanzi al Tribunale riguarda il controllo della legittimità della decisione adottata dalla commissione di ricorso. Siffatto controllo deve quindi svolgersi con riferimento alle questioni di diritto che sono state sollevate dinanzi a quest’ultima [sentenza del Tribunale 7 settembre 2006, causa T‑133/05, Meric/UAMI – Arbora & Ausonia (PAM-PIM’S BABY-PROP), Racc. pag. II-2737, punto 22]. Pertanto, è d’uopo esaminare se la commissione di ricorso abbia giustamente concluso a favore dell’esistenza di un rischio di confusione tra marchio richiesto e marchio anteriore, senza dover tenere conto degli altri marchi invocati dalla Propamsa a sostegno della sua opposizione.

84      Vista l’argomentazione della ricorrente relativa ai prodotti oggetto del marchio richiesto e al pubblico al quale detti prodotti sono destinati, occorre, in secondo luogo, valutare se la commissione di ricorso ha definito correttamente, per verificare la presenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto, da un lato i prodotti oggetto dei suddetti marchi e, dall’altro lato, il pubblico rilevante.

–       Sui prodotti che devono essere considerati per la valutazione del rischio di confusione

85      A tale proposito, si deve rammentare che il confronto dei prodotti previsto dall’art. 8, n. 1, lett. b) del regolamento n. 40/94 deve riferirsi alla descrizione dei prodotti indicati dal marchio anteriore invocato in opposizione e non ai prodotti per i quali questo marchio è stato effettivamente utilizzato, a meno che, in seguito ad una richiesta di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, detta prova si riferisca solo ad una parte dei prodotti o dei servizi per cui il marchio anteriore è stato registrato (sentenza PAM‑PIM’S BABY‑PROP, cit. supra al punto 83, punto 30).

86      Nella fattispecie, come osservato nel corso della disamina del primo motivo, la domanda di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore è stata presentata dalla ricorrente, per la prima volta, dinanzi alla commissione di ricorso ed è stata legittimamente respinta da quest’ultima in quanto ritenuta tardiva. Pertanto, la commissione di ricorso, nella decisione impugnata, ha correttamente tenuto conto, ai fini del confronto tra i prodotti oggetto del marchio richiesto, di tutti i prodotti per cui il marchio anteriore era stato registrato, ossia per i «materiali da costruzione».

87      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente (punto 43 supra), tale categoria di prodotti è sufficientemente determinata e, dato il significato dei termini utilizzati, dev’essere considerata come comprendente tutti i materiali, grezzi e semilavorati, necessari ovvero utili alla costruzione, oltre ai prodotti relativamente semplici fabbricati a partire da essi.

88      In ogni caso, occorre rammentare che il marchio anteriore è un marchio nazionale spagnolo, la cui validità non può essere messa in discussione nell’ambito di un procedimento di registrazione di un marchio comunitario, ma solamente nell’ambito di un procedimento di annullamento avviato nello Stato membro interessato [sentenze del Tribunale, MATRATZEN, cit. supra al punto 74, punto 55, e 21 aprile 2005, causa T‑269/02, PepsiCo/UAMI – Intersnack Knabber-Gebäck (RUFFLES), Racc. pag. II‑1341, punto 25]. Pertanto, nella fattispecie, le istanze dell’UAMI dovevano tener conto dell’elenco dei prodotti oggetto del marchio anteriore, come stabilito all’atto della registrazione di quest’ultimo in qualità di marchio nazionale.

89      Peraltro, per quanto riguarda i prodotti oggetto del marchio richiesto, occorre rammentare che, nell’ambito del procedimento d’opposizione, l’UAMI può unicamente considerare la lista di prodotti, come figura nella domanda di marchio in oggetto, fatta salva l’unica eccezione riguardante eventuali modifiche di quest’ultima (sentenza RIGHT GUARD XTREME sport, cit. supra al punto 61, punto 33). Conseguentemente, le affermazioni della ricorrente in merito ai prodotti specifici per cui essa intende utilizzare il marchio richiesto sono irrilevanti nella fattispecie, posto che la ricorrente medesima non ha modificato, in conformità alle intenzioni che adduce, l’elenco dei prodotti oggetto della propria domanda di marchio comunitario. Pertanto, per valutare il rischio di confusione nella fattispecie, la decisione impugnata ha giustamente considerato tutti i prodotti descritti nella domanda di marchio comunitario, come modificata (v. supra al punto 3), presentata dalla ricorrente.

–       Sul pubblico rilevante

90      Per quanto riguarda il pubblico con riferimento al quale dev’essere valutato, nella fattispecie, il rischio di confusione tra i marchi in conflitto, occorre respingere le affermazioni della ricorrente secondo le quali il pubblico interessato dal marchio richiesto sarebbe esclusivamente un pubblico estremamente specializzato, composto essenzialmente da enti pubblici territoriali (v. supra ai punti 49 e 51). Tali affermazioni si basano sulle intenzioni della ricorrente circa l’utilizzo del marchio richiesto che, come è già stato osservato, sono irrilevanti.

91      La decisione impugnata, al punto 13, ha pertanto giustamente sostenuto che, vista la natura e la destinazione dei prodotti oggetto dei marchi in conflitto, occorre ritenere che il pubblico rilevante è composto, al contempo, sia da un pubblico specializzato, ossia da professionisti del settore edile e delle riparazioni, sia dal grande pubblico, che include il consumatore medio, il quale, come osserva l’UAMI, può trovarsi ad acquistare i prodotti in questione per fare bricolage.

–       Sul confronto dei prodotti

92      Per valutare la somiglianza dei prodotti oggetto dei marchi in conflitto si deve tener conto, secondo la giurisprudenza, di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto trai prodotti in questione. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità [sentenze del Tribunale 4 novembre 2003, causa T‑85/02, Díaz/UAMI – Granjas Castelló (CASTILLO), Racc. pag. II‑4835, punto 32, e 24 novembre 2005, causa T‑346/04, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (Arthur e Félicie), Racc. pag. II‑4891, punto 33].

93      Nella fattispecie, dalla decisione impugnata (punti 20 e 22) emerge che la commissione di ricorso ha tenuto conto, nel confronto dei prodotti di cui trattasi, della circostanza che sia i prodotti oggetto del marchio anteriore sia quelli oggetto del marchio richiesto erano prodotti che potevano essere utilizzati nella costruzione di edifici e di infrastrutture, il che comprendeva la costruzione di diversi sistemi facenti uso di tutti questi prodotti, quali canalizzazione, trattamento delle acque reflue, protezione antincendio e condotte per l’acqua potabile o l’irrigazione. Pertanto, poiché tali prodotti avevano la medesima destinazione e il medesimo impiego nell’ambito della costruzione di edifici e di infrastrutture, la decisione impugnata ha giustamente concluso che fossero simili.

94      È parimenti corretta la conclusione della decisione impugnata secondo la quale i prodotti oggetto dei marchi in conflitto sono complementari. A tale proposito, occorre rammentare che sono complementari quei prodotti tra i quali esiste una stretta correlazione, nel senso che l’uno è indispensabile o importante per l’uso dell’altro, di modo che i consumatori possano supporre che la produzione di entrambi i prodotti sia riconducibile ad una stessa impresa [sentenza del Tribunale 1° marzo 2005, causa T‑169/03, Sergio Rossi/UAMI – Sissi Rossi (SISSI ROSSI), Racc. pag. II‑685, punto 60, confermata a seguito di impugnazione con sentenza della Corte 18 luglio 2006, causa C‑214/05 P, Rossi/UAMI, Racc. pag. I‑7057]. Nella fattispecie, come ha giustamente osservato l’UAMI, non è possibile utilizzare, nella costruzione dei sistemi richiamati al punto precedente, i tubi e i raccordi per tubi oggetto del marchio richiesto senza l’uso dei materiali da costruzione oggetto del marchio anteriore.

95      Infine, la decisione impugnata ha parimenti correttamente tenuto in considerazione, nel confronto dei prodotti oggetto dei marchi in conflitto, la circostanza che tali prodotti fossero in linea di massima commercializzati presso gli stessi punti vendita e mediante le medesime filiere commerciali dei materiali da costruzione. A tal riguardo, occorre osservare che, secondo la giurisprudenza, anche se i prodotti oggetto dei marchi in conflitto presentano qualche aspetto in comune, in particolare in quanto talvolta venduti negli stessi negozi, le eventuali differenze tra i prodotti in questione non possono escludere, di per sé, la possibilità di un rischio di confusione (v., in tal senso, sentenza SISSI ROSSI, cit. supra al punto 94, punto 68).

96      Ciò considerato, la conclusione della decisione impugnata, secondo la quale i prodotti oggetto dei marchi in conflitto sono simili e complementari, dev’essere approvata. L’argomentazione contraria addotta dalla ricorrente, laddove si riferisce a prodotti diversi da quelli oggetto dei suddetti marchi, è irrilevante e dev’essere respinta.

–       Sul confronto dei segni

97      Occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, un marchio complesso può essere considerato simile ad un altro marchio, identico o simile ad una delle componenti del marchio complesso, solo se quest’ultima costituisce l’elemento dominante nell’impressione complessiva prodotta dal marchio complesso. Ciò si verifica quando tale componente può da sola dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico pertinente conserva in memoria, in modo tale che tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta [sentenze del Tribunale MATRATZEN, cit. supra al punto 74, punto 33, e 13 giugno 2006, causa T‑153/03, Inex/UAMI – Wiseman (Rappresentazione di una pelle di mucca), Racc. pag. II‑1677, punto 27]. Quanto alla valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle delle altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso (sentenza MATRATZEN, cit. supra al punto 74, punto 35).

98      Nella fattispecie, la decisione impugnata, al punto 14, ha giustamente ritenuto che il termine «pam», unico elemento verbale del marchio anteriore, che compare scritto da destra a sinistra e dall’alto verso il basso, costituisse l’elemento centrale e dominante del marchio anteriore. Infatti, siffatto elemento occupa una posizione centrale nel marchio anteriore e attira l’attenzione del consumatore che lo guarda, escludendo altri elementi del medesimo marchio quali il font colorato e la cornice ovale, che risultano essere di importanza nettamente secondaria e accessoria.

99      Poiché l’elemento dominante «pam» del marchio anteriore è identico alla prima parte del marchio richiesto PAM PLUVIAL, la decisione impugnata ha ritenuto che i marchi in conflitto presentassero una somiglianza visiva e fonetica. Ovviamente, essi differiscono per via della presenza, nel marchio richiesto, del termine «pluvial». Tuttavia, detto termine costituisce un elemento secondario e ausiliario di tale marchio richiesto, ciò in virtù del suo significato in spagnolo, che è poi il medesimo in francese. Tale significato indurrebbe il pubblico a considerare questo termine come un’indicazione relativa ai prodotti oggetto del marchio anteriore, nel senso che sono destinati all’utilizzo con acque pluviali o in condizioni di pioggia. È per questi motivi che la decisione impugnata ha concluso, al punto 17, che l’identità visiva e fonetica degli elementi verbali dominanti dei marchi in conflitto prevale sulle relative differenze visive e fonetiche dovute alla presenza, nel marchio richiesto, dell’elemento sussidiario «pluvial».

100    Anche questa conclusione dev’essere approvata. Infatti, l’elemento verbale «pam» rappresenta anche l’elemento dominante del marchio richiesto, data la sua formula breve e facile da ricordare, la mancanza di significato particolare in spagnolo, accertata dalla decisione impugnata e non contestata dalla ricorrente, e la sua presenza all’inizio del marchio richiesto, ossia in un punto in cui il consumatore medio presta solitamente maggiore attenzione (sentenza PAM‑PIM’S BABY‑PROP, cit. supra al punto 83, punto 51).

101    Vista la mancanza di significato, in spagnolo, del termine «pam», la decisione impugnata ha altresì giustamente concluso, al punto 15, che un confronto concettuale dei marchi in conflitto non è possibile nel caso di specie. Come ha osservato la decisione impugnata, il fatto che il termine «pluvial» possieda un significato in spagnolo non è sufficiente ad abbinare il marchio richiesto a un concetto particolare, ciò dato il carattere secondario e accessorio di tale parte del marchio richiesto.

102    L’affermazione della ricorrente secondo cui l’elemento verbale «pam» sarebbe percepito come un riferimento alla sua denominazione sociale (v. supra al punto 56) non inficia quest’ultima considerazione. Come correttamente osservato nella decisione impugnata, la correlazione addotta tra le denominazioni, vecchia e nuova, della ricorrente e l’elemento verbale «pam» non è evidente e non è stata affatto dimostrata dalla ricorrente. In ogni caso, quand’anche l’elemento verbale «pam» potesse essere percepito come un riferimento alla ricorrente, non potrebbe essere dimostrata, su tale base, alcuna differenza concettuale tra i due marchi in causa, giacché tale elemento verbale è presente anche nel marchio anteriore.

103    Da tutto quanto precede risulta che la commissione di ricorso ha giustamente concluso, al punto 18 della decisione impugnata, che i marchi in conflitto sono interamente simili.

–       Sulla valutazione globale del rischio di confusione

104    Tenuto conto della somiglianza dei marchi in conflitto e dei prodotti oggetto dei medesimi, oltre che della correlazione tra i fattori che devono essere presi in considerazione per la valutazione del rischio di confusione, si deve concludere, analogamente a quanto stabilito dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata (punto 28), che sussiste, nella fattispecie, un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

105    La presenza, nel marchio richiesto, del termine «pluvial» non esclude detto rischio, dal momento che, come correttamente osservato al punto 27 della decisione impugnata, tale elemento può condurre il consumatore medio a supporre che il marchio richiesto derivi da un marchio principale «pam» e designi una gamma specifica di prodotti appartenente al «gruppo di marchi PAM». Invero, l’affermazione della ricorrente secondo la quale essa utilizzerebbe sistematicamente, per i suoi diversi prodotti, marchi derivati dalla radice comune «pam» (v. supra al punto 58) conferma questa conclusione.

106    Infine, l’argomentazione in virtù della quale il pubblico rilevante assocerebbe l’elemento verbale «pam» alla ricorrente, data la sua asserita notorietà, non può, in ogni caso, essere accolta. Infatti, al di là del fatto che gli allegati 13‑15 della richiesta, invocati dalla ricorrente per dimostrare tale asserita associazione, sono stati esclusi dalla discussione per i motivi di cui ai punti 18 e 19 supra, tale associazione, quand’anche dimostrata, non potrebbe affatto escludere l’esistenza di un rischio di confusione nella fattispecie, considerato che il pubblico rilevante potrebbe essere indotto a credere che i prodotti descritti dal marchio anteriore provengano dalla ricorrente.

107    Dalle precedenti considerazioni emerge che il secondo motivo dedotto dalla ricorrente non è fondato e dev’essere respinto, al pari dell’intero ricorso.

 Sulle spese

108    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’UAMI.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente, Saint‑Gobain Pam SA, è condannata alle spese.

Vilaras

Dehousse

Šváby

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 marzo 2007.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Vilaras


* Lingua processuale: il francese.