Language of document : ECLI:EU:F:2010:4

ORDINANZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

22 gennaio 2010 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Ricorso per risarcimento danni – Responsabilità extracontrattuale delle istituzioni – Responsabilità per colpa – Responsabilità oggettiva – Presupposti – Dovere di assistenza – Misura di organizzazione del procedimento»

Nella causa F‑50/09,

avente ad oggetto il ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Livio Missir Mamachi di Lusignano, residente in Kerkhove-Avelgem (Belgio), che agisce sia in nome proprio sia in qualità di rappresentante legale degli eredi di Alessandro Missir Mamachi di Lusignano, suo figlio, ex funzionario della Commissione delle Comunità europee, assassinato a Rabat (Marocco) il 18 settembre 2006,

rappresentato dagli avv.ti F. Di Gianni e R. Antonini,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dalle sig.re L. Pignataro e B. Eggers, nonché dal sig. D. Martin, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA (Prima Sezione),

composto dal sig. S. Gervasoni (relatore), presidente, dal sig. H. Kreppel e dalla sig.ra sig. I. Rofes i Pujol, giudici,

cancelliere: sig.ra W. Hakenberg

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con atto introduttivo pervenuto via fax alla cancelleria del Tribunale il 12 maggio 2009 (l’originale è stato depositato il 18 maggio seguente), il sig. Missir Mamachi Di Lusignano chiede, in particolare, da un lato, l’annullamento della decisione 3 febbraio 2009, con cui la Commissione delle Comunità europee ha respinto la sua domanda di risarcimento dei danni materiali e morali derivanti dall’omicidio di suo figlio e di sua nuora, il 18 settembre 2006 a Rabat, e, dall’altro, la condanna della Commissione a versare a lui ed agli aventi causa di suo figlio diversi importi a risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti da detti omicidi.

2        A sostegno del suo ricorso, il ricorrente fa valere, segnatamente, che la Commissione è venuta meno al suo obbligo di garantire la sicurezza del suo personale inviato in un paese terzo, obbligo che imporrebbe particolari misure di sicurezza non solo nei locali delle delegazioni della Commissione ma altresì negli alloggi di servizio messi a disposizione dei funzionari delle delegazioni. La Commissione non avrebbe adottato le misure di sicurezza minime, effettive e ragionevoli, che si rendono necessarie per garantire la protezione dell’alloggio di servizio messo a disposizione del figlio del ricorrente e della famiglia. Il ricorrente sostiene, in particolare, che tale alloggio non disponeva di un sistema d’allarme né di un bottone antipanico, dispositivi che avrebbero a suo avviso permesso di salvare la vita di suo figlio e di sua nuora.

3        La Commissione ha presentato il suo controricorso il 9 settembre 2009. Essa vi solleva diverse eccezioni di irricevibilità e, nel merito, obietta al ricorrente, in particolare, che le misure di sicurezza adottate nel caso di specie per garantire la protezione dell’alloggio provvisorio occupato dal funzionario defunto e dalla sua famiglia erano sufficienti ed adeguate al livello di rischio di criminalità allora esistente a Rabat. La Commissione vi rileva altresì che non sussisteva alcun elemento che dimostrasse che il Marocco, nel 2006, presentava un rischio anormale per quanto riguarda la criminalità comune e, più in particolare, quella con violenza contro le persone.

4        Non vi è stato un secondo scambio di memorie.

5        Nella sua relazione preparatoria d’udienza, tra l’altro, il giudice relatore ha chiesto alla Commissione quale fosse il livello di rischio accertato dai suoi servizi per i funzionari assegnati al Marocco e se dal livello di rischio fissato per tale Paese derivassero particolari misure di sicurezza, ai sensi delle direttive interne alla DG RELEX o di altri testi. Infatti, in una relazione allegata al ricorso, redatta il 4 ottobre 2006 da due responsabili dei servizi incaricati della sicurezza per la DG RELEX e per la DG ADMIN inviati a Rabat poco dopo l’omicidio del figlio e della nuora del ricorrente, si legge quanto segue: «les conditions de sécurité relatives à la [d]élégation de Rabat et aux logements du personnel sont dits de groupe 3, depuis plusieurs mois. Ceci impose donc le gardiennage des logements du personnel expatrié [le condizioni di sicurezza relative alla delegazione di Rabat ed agli alloggi del personale sono definite di gruppo 3, da diversi mesi. Ciò impone quindi la vigilanza degli alloggi del personale assegnato all’estero]».

6        In udienza, la Commissione non ha direttamente risposto, nelle sue osservazioni orali, ai due quesiti menzionati al punto precedente.

7        In risposta ad un quesito del giudice relatore che l’interrogava sull’esistenza di regole interne relative alle misure di sicurezza applicabili ai funzionari delle delegazioni assegnati nei paesi terzi, la Commissione ha risposto che non sussisteva in tale settore alcun testo a carattere vincolante e che l’obbligo dell’istituzione di garantire la protezione del suo personale assegnato in tali delegazioni derivava solo dal principio di buona amministrazione, in quanto l’istituzione dispone in tale ambito di un ampio margine discrezionale. La Commissione ha considerato che la direttiva del Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), riguardava il solo luogo di lavoro del lavoratore e che essa non poteva quindi rilevare nella presente controversia, attinente alla sicurezza dell’alloggio privato del funzionario. La Commissione ha precisato che una delle sue decisioni, adottata il 26 aprile 2006, avrebbe avuto ad oggetto la «trasposizione» di tale direttiva nei suoi servizi. Peraltro, in risposta ad altri quesiti, la Commissione ha insistito sul fatto che l’obbligo di adottare talune misure di protezione non riguardava l’alloggio privato dei funzionari delle delegazioni.

8        È in seguito emerso dal dibattimento, da un lato, che i servizi della Commissione redigono una graduatoria, sulla base di un insieme di criteri, dei Paesi in cui hanno sede le delegazioni, secondo il livello di rischio (modesto, medio o elevato) presentato dagli Stati di cui trattasi e, dall’altro, che il Marocco era classificato al livello di rischio «elevato» per il 2006. La Commissione ha anche ammesso che nelle delegazioni avrebbero dovuto essere adottate ed attuate particolari misure di sicurezza adeguate a tale livello di rischio.

9        Una parte dell’udienza si è tenuta a porte chiuse, conformemente alla domanda della Commissione, senza che il ricorrente formulasse obiezioni. Durante tale parte dell’udienza, la Commissione ha fornito taluni chiarimenti complementari al Tribunale, senza tuttavia menzionare i testi (decisioni, direttive interne, raccomandazioni, ecc.) o documenti, indipendentemente dalla loro forma o dal loro valore giuridico, relativi alle misure di sicurezza menzionate al punto precedente. La Commissione ha anche attestato ispezioni/verifiche di sicurezza che sarebbero state condotte nel primo semestre del 2006 a Rabat, e che avrebbero riguardato solo i locali della delegazione, ad esclusione dei 18 alloggi «permanenti» messi a disposizione dei funzionari della delegazione.

10      Al termine dell’udienza, il Tribunale ha deciso di non chiudere la fase orale per poter valutare se fossero necessarie, prima della decisione della causa, talune misure di organizzazione del procedimento, in particolare una domanda di produzione di documenti.

11      Alla luce delle memorie scritte e dell’udienza, il Tribunale ritiene di non essere pienamente in grado di valutare se la Commissione abbia debitamente rispettato il suo obbligo di garantire la protezione del suo personale, obbligo derivante segnatamente dagli artt. 1 sexies, n. 2, e 24 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea.

12      Infatti, per poter esercitare il suo sindacato giurisdizionale e determinare in particolare quale fosse il margine discrezionale della Commissione nel caso di specie, il Tribunale deve anzitutto disporre dei testi o dei documenti, indipendentemente dalla loro forma o dal loro valore giuridico, che precisino quali misure di sicurezza fossero raccomandate/previste/prescritte nel 2006 per la delegazione di Rabat, in corrispondenza con il livello di rischio allora accertato per il Marocco. Per valutare poi in quale situazione si trovasse la Commissione nel 2006, il Tribunale ritiene necessario disporre degli eventuali rapporti relativi alle ispezioni/verifiche che sarebbero state condotte a Rabat nel primo semestre del 2006 o dei documenti che attestavano il contenuto e le risultanze di tali ispezioni/verifiche. Inoltre, al Tribunale deve essere trasmesso il contratto di locazione stipulato nell’agosto 2006 tra la Commissione ed il proprietario dell’alloggio provvisorio occupato dal funzionario defunto, in particolare le clausole di tale contratto relative alla vigilanza dell’alloggio. Infine, il Tribunale considera necessaria la trasmissione della sopra menzionata decisione 26 aprile 2006, con cui la Commissione avrebbe «trasposto»/tratto talune conseguenze dalla direttiva 89/391/CE.

13      Il Tribunale ricorda che una siffatta produzione di documenti comporta in linea di principio la loro comunicazione al ricorrente, ai sensi dell’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura.

14      Se la Commissione chiederà il trattamento riservato di tutti o di parte dei documenti che deve produrre, tale domanda potrà essere trattata dal Tribunale nel modo in cui è stata trattata nella causa F‑2/07, Matos Martins/Commissione, tuttora pendente dinanzi al Tribunale, in cui l’avvocato del ricorrente ha potuto prendere visione presso la cancelleria (senza essere autorizzato ad ottenerne copia) dei documenti trasmessi dalla Commissione al Tribunale.

15      Successivamente il Tribunale inviterà il ricorrente a presentare le sue osservazioni sui documenti prodotti dalla Commissione e deciderà infine sul prosieguo del procedimento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA (Prima Sezione)

1)      Ordina alla Commissione europea di produrre:

–        i testi o i documenti, indipendentemente dalla loro forma o dal loro valore giuridico, che precisino quali misure di sicurezza fossero raccomandate/previste/prescritte nel 2006 per la delegazione di Rabat, in corrispondenza con il livello di rischio allora accertato per il Marocco;

–        gli eventuali rapporti relativi alle ispezioni/verifiche condotte a Rabat nel primo semestre del 2006 o i documenti che attestano il contenuto e le risultanze di tali ispezioni/verifiche;

–        il contratto di locazione dell’alloggio provvisorio stipulato tra la Commissione ed il proprietario di tale alloggio;

–        la decisione 26 aprile 2006, menzionata in udienza dalla Commissione, con cui quest’ultima avrebbe «trasposto»/tratto talune conseguenze dalla direttiva 89/391/CE.

2)      Le spese sono riservate.

Lussemburgo, 22 gennaio 2010

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       S. Gervasoni

I testi della presente decisione e delle decisioni dei giudici comunitari in essa citate non ancora pubblicate nella Raccolta sono disponibili nel sito Internet della Corte di giustizia, www.curia.europa.eu


* Lingua processuale: l’italiano.