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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 30 aprile 2020 (1)

Causa C254/19

Friends of the Irish Environment Limited

contro

An Bord Pleanála,

Interveniente:

Shannon LNG Limited

[domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dalla High Court (Alta Corte) (Irlanda)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Adeguata valutazione dell’incidenza di piani e progetti – Ambito di applicazione – Proroga dell’autorizzazione per la costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquido – Operazione unica»






I.      Introduzione

1.        L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (2) stabilisce che un piano o un progetto che possa avere incidenze significative su un sito protetto forma oggetto di una valutazione ex ante dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione. Si deve tuttavia chiarire se la proroga per ulteriori cinque anni di un’autorizzazione edilizia avente durata di dieci anni costituisca un piano o un progetto ai sensi di tale disposizione, o se l’autorizzazione originaria e la proroga debbano essere considerate come un’unica operazione, che non richiede un’ulteriore valutazione. Tale questione deve essere risolta nell’ambito del presente procedimento di pronuncia pregiudiziale introdotto dalla High Court irlandese (Alta Corte d’Irlanda).

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

2.        L’autorizzazione di piani e progetti che potrebbero avere incidenze significative su un sito protetto a norma della direttiva habitat o della direttiva uccelli (3), è disciplinata nei seguenti termini dall’articolo 6, paragrafi 2 e 3 della direttiva habitat:

«(2)      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

(3)      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

B.      Diritto irlandese

3.        Secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, assumono rilievo le seguenti disposizioni del Planning and Development Act 2000 (n. 30 del 2000) (legge in materia di pianificazione e sviluppo urbanistico-edilizio del 2000; in prosieguo: il «PDA 2000»).

4.        L’articolo 40, paragrafo 1, del PDA 2000 dispone che, allo scadere della fase di costruzione di un’autorizzazione urbanistica, la stessa cessa di avere effetto.

«40. – (1) Fatto salvo il paragrafo 2), un’autorizzazione concessa ai sensi della presente parte, allo scadere del termine fissato (ferma restando la validità di quanto realizzato in conformità ad essa prima della scadenza del termine), cessa di produrre effetti per quanto riguarda:

a)      l’intero progetto, nel caso in cui il progetto cui si riferisce l’autorizzazione non sia iniziato durante detto periodo, e

b)      la parte del progetto che non è stata completata entro tale periodo, nel caso in cui il progetto sia iniziato durante tale periodo».

5.        L’articolo 42 del PDA 2000 prevede la proroga della durata di un’autorizzazione urbanistica. In sintesi, l’articolo 42 fornisce due situazioni alternative per le quali è possibile presentare una domanda di proroga. La prima è quella in cui sono stati effettuati lavori ingenti conformemente all’autorizzazione urbanistica nel periodo di cui viene richiesta la proroga e il progetto sarà completato entro un termine ragionevole. La seconda è quando considerazioni di natura commerciale, economica o tecnica che esulano dal controllo del richiedente depongono fortemente a sfavore dell’avvio del progetto o dell’esecuzione di lavori ingenti conformemente all’autorizzazione urbanistica.

6.        Per quanto riguarda la seconda situazione, vale a dire nel caso di considerazioni commerciali, economiche o tecniche, all’articolo 42 sono previste una serie di clausole finalizzate a garantire che le autorizzazioni urbanistiche rimaste inerti non compromettano l’evoluzione della politica di pianificazione. Ad esempio, una proroga dei termini non può essere concessa se, dalla data di rilascio dell’autorizzazione, si sono verificati cambiamenti significativi negli obiettivi di sviluppo del piano di sviluppo tali da rendere il progetto non più coerente con la corretta pianificazione e lo sviluppo sostenibile della zona. È inoltre necessario che non vi sia incompatibilità con gli orientamenti ministeriali.

7.        In particolare, è istituita un’ulteriore tutela per garantire il rispetto sia della direttiva VIA (4) che della direttiva habitat. Più specificamente, quando il progetto non è ancora avviato, prima di rilasciare l’autorizzazione urbanistica l’autorità locale di pianificazione deve avere accertato che siano state effettuate una valutazione dell’impatto ambientale o una valutazione dell’incidenza, o entrambe, se del caso [articolo 42, paragrafo 1), lettera a), punto ii), IV)].

8.        L’articolo 42 contiene un’ulteriore tutela in termini di durata della proroga accordabile. È espressamente previsto che il periodo supplementare non possa superare i cinque anni. Inoltre, la richiesta di proroga può essere presentata una sola volta.

9.        Gli articoli 146B e 146C del PDA 2000 prevedono una procedura in base alla quale è possibile modificare un’autorizzazione urbanistica di tipo speciale, prevista nei casi di sviluppo di infrastrutture strategiche. In questi articoli non è espressamente prevista la possibilità di effettuare previe valutazioni o una valutazione dell’incidenza ai sensi della direttiva habitat.

10.      L’articolo 50 del PDA 2000 stabilisce che la validità di una decisione di pianificazione non può essere messa in discussione se non mediante un ricorso giurisdizionale. La presentazione di un ricorso giurisdizionale è soggetta a un termine di otto settimane. La High Court (Alta Corte) ha facoltà di prorogare detto termine in determinate circostanze specifiche.

11.      L’esistenza di tale termine è stata interpretata dai giudici nazionali nel senso che essa osta a che una parte di causa, in un procedimento giurisdizionale relativo ad una decisione di pianificazione successiva, presenti doglianze che, in sostanza, sono dirette contro una precedente decisione di pianificazione per la quale il termine è ormai scaduto. Ciò è accertato dal giudice in base al merito, piuttosto che alla forma del ricorso.

III. Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

12.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risultano i seguenti elementi di fatto.

13.      Il 31 marzo 2008, l’An Bord Pleanála, autorità di pianificazione irlandese, ha concesso l’autorizzazione per un terminale gas, più precisamente, un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto.

14.      Il progetto proposto deve essere ubicato in prossimità di due siti della rete europea Natura 2000, segnatamente, la zona speciale di conservazione del «Lower River Shannon» (basso Shannon, codice del sito IE0002165) ai sensi della direttiva habitat e la zona di protezione speciale «River Shannon and River Fergus Estuaries» (foci dello Shannon e del Fergus, codice del sito IE0004077) ai sensi della direttiva uccelli.

15.      L’autorizzazione è stata concessa in base a una normativa nazionale che non aveva recepito correttamente la direttiva habitat. La decisione formale di concessione dell’autorizzazione urbanistica non fa pertanto alcun riferimento né alla direttiva habitat, né ai due siti protetti europei. Di conseguenza, stando alla domanda di pronuncia pregiudiziale, la decisione non contiene «rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti (...)» (5).

16.      L’autorizzazione ha imposto un termine di dieci anni per l’esecuzione e il completamento delle opere di sviluppo proposte (in prosieguo: la «fase di costruzione»). Per il successivo funzionamento del terminale gas (in prosieguo: la «fase operativa») non è stato stabilito un limite temporale.

17.      Non risulta che nel corso del decennio siano mai state avviate opere di sviluppo. Il committente spiega che i ritardi sono stati determinati, tra l’altro, dai cambiamenti verificatisi nella politica irlandese in materia di accesso alla rete nazionale di trasporto del gas e, più in generale, dalla situazione economica successiva al 2008.

18.      Nel settembre 2017 il committente ha presentato una domanda di modifica delle condizioni del progetto finalizzata a prorogare la fase di costruzione di altri cinque anni. L’An Bord Pleanála ha adottato una decisione di accoglimento della domanda, con la conseguenza che la fase di costruzione scadrà il 31 marzo 2023.

19.      La Friends of the Irish Environment ha impugnato la proroga della fase di costruzione con ricorso giurisdizionale dinanzi alla High Court.

20.      Pertanto, la High Court sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la decisione di prorogare la durata di un’autorizzazione costituisca un accordo su un progetto, tale da comportare l’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

2)      Se la risposta alla questione sub 1) risenta delle seguenti considerazioni.

a)      L’autorizzazione (la cui durata è oggetto di proroga) era stata concessa in base a una disposizione di diritto nazionale che non ha attuato correttamente la direttiva habitat, in quanto la normativa equiparava erroneamente l’opportuna valutazione ai fini della direttiva habitat alla valutazione dell’impatto ambientale ai fini della direttiva VIA.

b)      L’autorizzazione inizialmente concessa non indica se la richiesta di autorizzazione sia stata trattata nell’ambito della fase 1 o della fase 2 dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, e non contiene “rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti [sul sito] in questione”, come richiesto nella sentenza del 24 novembre 2011, Commissione / Spagna (C‑404/09, EU:C:2011:768).

c)      Il periodo iniziale dell’autorizzazione è scaduto e di conseguenza l’autorizzazione ha cessato di produrre i suoi effetti per l’intero progetto. In attesa dell’eventuale proroga dell’autorizzazione, non è possibile realizzare lavori di sviluppo in conformità con essa.

d)      Non sono mai state realizzate opere di sviluppo nel quadro dell’autorizzazione.

3)      Nel caso in cui la risposta alla questione sub 1) sia affermativa, quali siano le considerazioni di cui l’autorità competente è tenuta a tenere conto nell’esercizio del controllo relativo alla fase 1 ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. Ad esempio, se l’autorità competente debba tenere conto di una o di tutte le seguenti considerazioni:

i)      se sono state apportate modifiche alle opere e all’uso proposti;

ii)      se vi è stato un cambiamento nel contesto ambientale, ad esempio in termini di designazione dei siti europei, successivamente alla data di concessione dell’autorizzazione;

iii)      se vi sono stati cambiamenti significativi nelle conoscenze scientifiche, ad esempio indagini più aggiornate con riguardo ai “qualified interests” (legittimi interessi) dei siti europei.

In alternativa, se sia necessario che l’autorità competente valuti l’impatto ambientale dell’intero progetto.

4)      Se esista una distinzione tra

i)      un’autorizzazione che impone un termine per l’esercizio di un’attività (fase operativa) e

ii)      un’autorizzazione che impone un termine per il solo periodo durante il quale possono essere effettuati i lavori di costruzione (fase di costruzione) ma, a condizione che i lavori di costruzione siano completati entro tale termine, non impone alcun termine per l’attività o il funzionamento.

5)      In che misura, se del caso, l’obbligo di un giudice nazionale di interpretare la legislazione per quanto possibile in conformità delle disposizioni della direttiva habitat e della convenzione di Aarhus, sia subordinato al requisito che le parti del procedimento abbiano eccepito espressamente dette questioni interpretative. Più specificamente, laddove il diritto nazionale preveda due processi decisionali, di cui solo uno garantisca il rispetto della direttiva habitat, se il giudice nazionale sia tenuto ad interpretare la legislazione nazionale in modo che possa essere invocato solo il processo decisionale conforme, sebbene questa specifica interpretazione non sia stata espressamente dedotta dalle parti nella causa in questione.

6)      Nel caso in cui la risposta alla questione sub 2), a), supra sia nel senso che è rilevante valutare se l’autorizzazione (la cui durata è oggetto di proroga) sia stata concessa ai sensi di una disposizione di diritto nazionale che non ha recepito correttamente la direttiva habitat, se il giudice nazionale sia tenuto a disapplicare una norma di diritto processuale nazionale che impedisce a un ricorrente di mettere in discussione la validità di una precedente autorizzazione (scaduta) nel contesto di una successiva domanda di autorizzazione. Se detta norma di diritto procedurale interno sia incompatibile con l’obbligo di porre rimedio, di recente ribadito nella sentenza del 17 novembre 2016, nella causa Stadt Wiener (C‑348/15, EU:C:2016:882)».

21.      La Friends of the Irish Environment, l’An Bord Pleanála, ovvero l’autorità di pianificazione irlandese, e la Commissione europea hanno formulato osservazioni scritte. Ritenendo di essere sufficientemente edotta, la Corte ha rinunciato ad un’udienza orale.

IV.    Valutazione giuridica

22.      La prima, la seconda e la quarta questione pregiudiziale mirano a chiarire se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat sia applicabile alla proroga di una licenza edilizia. La terza questione riguarda invece la previa valutazione per stabilire se la decisione di proroga possa avere un’incidenza significativa sulle aree protette, rendendo necessaria la valutazione completa. Con la quinta questione, la High Court chiede se debba di propria iniziativa interpretare il diritto nazionale in conformità alla direttiva habitat, o se tale interpretazione debba essere richiesta dalle parti interessate. Infine, la sesta questione riguarda l’effetto vincolante dell’autorizzazione originaria per l’esame delle obiezioni concernenti la decisione di proroga.

A.      Prima, seconda e quarta questione – Obbligo di valutazione ex ante

23.      Le prime due questioni e la quarta questione, che devono essere considerate congiuntamente, mirano ad accertare se la decisione di prolungare la durata di un’autorizzazione per la realizzazione di un impianto debba essere considerata come un accordo su un progetto, per cui trova applicazione l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. Con la seconda questione, la High Court chiede se talune considerazioni siano determinanti in tal senso. Interpreto la quarta questione nel senso che nella fattispecie si chiede se la proroga della fase di costruzione debba essere valutata in modo diverso dalla proroga della fase operativa, che è stata oggetto di una recente sentenza sul prolungamento della durata di esercizio di centrali nucleari (6).

24.      L’articolo 6 della direttiva habitat contiene una serie di obblighi e di procedure specifiche diretti ad assicurare, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva, il mantenimento o, se del caso, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse per l’Unione europea (7).

25.      L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat prevede al riguardo un procedimento diretto a garantire, mediante una valutazione ex ante, che siano autorizzati solo piani o progetti che non pregiudichino l’integrità del sito stesso (8).

26.      A tal fine, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat prevede due fasi. La prima fase, di cui al primo periodo di tale disposizione, prescrive che gli Stati membri effettuino una valutazione dell’incidenza di un piano o un progetto su un sito protetto, quando è probabile che tale piano o progetto abbia incidenze significative su detto sito. Nella seconda fase, prevista dal secondo periodo di detta disposizione, che interviene una volta effettuata detta opportuna valutazione, subordina l’autorizzazione di un tale piano o progetto alla condizione che lo stesso non pregiudichi l’integrità del sito interessato, fatte salve le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 4 della direttiva habitat (9).

27.      Il giudice nazionale solleva dubbi alla luce del fatto che la realizzazione del terminale gas era già stata definitivamente autorizzata con la decisione del 2008 e che la decisione del 2018, oggetto della controversia, si è limitata a prolungare la validità di tale autorizzazione. Occorre pertanto chiarire se questa seconda decisione costituisca un accordo su un piano o progetto ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, secondo periodo, della direttiva habitat.

28.      In proposito, va innanzitutto rilevato che l’autorità di pianificazione irlandese ha approvato il progetto concedendo nel 2018 l’autorizzazione oggetto della controversia. Secondo la formulazione dell’articolo 6, paragrafo 3, secondo periodo, della direttiva habitat, tale accordo è ammissibile soltanto se le autorità, alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito, hanno avuto la certezza che l’integrità del sito non sarà pregiudicata.

29.      L’autorità di pianificazione irlandese obietta in particolare che la Corte non considera la proroga di un’autorizzazione di esercizio come autorizzazione di un progetto ai sensi della direttiva VIA, in assenza di lavori o interventi di modifica della realtà fisica del sito (10).Tuttavia, tale obiezione non è convincente poiché la nozione di progetto di cui alla direttiva VIA, che riguarda la valutazione generale dell’impatto ambientale di progetti, è più restrittiva rispetto alla direttiva habitat (11). Inoltre, l’autorizzazione di un progetto sarebbe prevista anche in base ai criteri della direttiva VIA, in quanto senza la proroga dell’autorizzazione non sarebbe possibile realizzare il terminale gas, quindi i lavori o gli interventi di modifica della realtà fisica del sito non potrebbero essere realizzati.

30.      Peraltro, una valutazione della proroga potrebbe non essere indispensabile se la proroga e la decisione del 2008 sono considerate come una sola, unica operazione. Ulteriori misure per l’attuazione di una siffatta operazione unica non richiederebbero una nuova valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (12).

31.      Da un lato, a parere della Corte, un’attività periodica, se è stata autorizzata in virtù del diritto interno prima dell’entrata in vigore della direttiva habitat, può tuttavia essere considerata, in occasione di ogni successivo intervento, un progetto distinto ai sensi della direttiva in parola. Diversamente, tale attività sarebbe sottratta in maniera permanente a qualsiasi valutazione preventiva del suo impatto sul sito interessato (13).

32.      Ciò posto, la Corte ammette tuttavia che, in considerazione segnatamente della loro frequenza, della loro natura, o delle loro condizioni di esecuzione, talune attività possono essere considerate un’unica operazione e di conseguenza, esse possono essere considerate un unico e solo progetto ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (14). In tal caso, verrebbe in considerazione unicamente l’applicazione del divieto di degrado di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat (15), che richiede solo in determinate circostanze un esame della compatibilità con gli obiettivi di conservazione dei siti protetti (16).

33.      Tale giurisprudenza è stata sviluppata alla luce dell’applicabilità ratione temporis dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. Infatti, nel caso di un vecchio progetto che è stato autorizzato per la prima volta prima dell’applicazione del regime di protezione, l’applicazione successiva può comportare un onere aggiuntivo significativo, cosicché il promotore del progetto è particolarmente meritevole di tutela. A mio parere, pertanto, essa mira a tutelare il legittimo affidamento dei promotori di progetti attraverso una circoscritta limitazione degli obblighi di valutazione di cui all’articolo 6, paragrafo 3.

34.      Nella fattispecie, sebbene non si tratti di attività periodiche, l’autorizzazione originaria del 2008 e l’autorizzazione oggetto della controversia riguardano lo stesso progetto. Inoltre, l’autorità di pianificazione sottolinea che l’autorizzazione oggetto della controversia non ha modificato la portata del progetto e il suo potenziale impatto sull’ambiente, in particolare sulle aree protette interessate, eccezion fatta per la proroga della fase di costruzione.

35.      Nondimeno, la natura e le circostanze della decisione di proroga depongono nel senso di non considerarla, insieme all’autorizzazione del 2008, come un’unica operazione, e di non privilegiare così il progetto rispetto all’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, come risulta dalla sua formulazione.

36.      In primo luogo, la fattispecie non riguarda un vecchio progetto autorizzato prima dell’entrata in vigore dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. Piuttosto, l’autorizzazione del 2008 era già soggetta a tali requisiti. Dal punto di vista del diritto dell’Unione, vi sono quindi molte meno ragioni per tutelare il promotore del progetto attraverso la figura giuridica dell’operazione unica.

37.      Questo perché, se l’autorizzazione del 2008 è stata adeguatamente valutata, l’onere imposto per una valutazione dell’incidenza della decisione di proroga sarebbe molto limitato. Si potrebbe, in sostanza, fare riferimento alla valutazione precedente, e tenere conto unicamente dei cambiamenti avvenuti da allora.

38.      Tuttavia, se il progetto originario è stato approvato in violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, il promotore del progetto è molto meno meritevole di tutela rispetto al caso di una vecchia autorizzazione, che non era ancora soggetta ai requisiti più severi. Ciò è tanto più vero in quanto i requisiti essenziali della valutazione dell’incidenza di cui all’articolo 6, paragrafo 3, non solo erano noti fin dalla sentenza nei confronti dell’Irlanda (17) menzionata nella domanda di pronuncia pregiudiziale, pronunciata poco prima dell’autorizzazione del 2008, ma erano già stati precisati dalla Corte di giustizia molto prima (18). Proprio nel caso di un grande progetto come quello in questione, lo sviluppatore del progetto doveva essere a conoscenza di tali requisiti del diritto dell’Unione, anche se l’autorizzazione del 2008 poteva essere conforme al diritto nazionale.

39.      In secondo luogo, il diritto irlandese stabilisce espressamente che una proroga della fase di costruzione richiede una nuova approvazione. Di conseguenza, la High Court ha ragione quando nella seconda questione, sub c), fa riferimento al fatto che la realizzazione del terminale gas non sarebbe possibile senza l’autorizzazione oggetto della controversia, in quanto la fase di costruzione originariamente ammessa è scaduta.

40.      In tal senso la Corte, nella sua sentenza sul prolungamento della durata di esercizio di centrali nucleari, sottolinea che la durata di esercizio degli impianti in questione era già scaduta o stava per scadere ed è stata prorogata solo dalla normativa oggetto della controversia (19). D’altro canto, le misure di manutenzione periodica di una via navigabile, che la Corte ha riconosciuto come possibile operazione unica (20), sono già state ammesse con un’unica autorizzazione, prima che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat diventasse applicabile (21).

41.      L’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat alla proroga soddisfa, inoltre, la finalità di un’autorizzazione che prevede una limitazione temporale per l’esecuzione di alcuni lavori. La scadenza del termine consente, e di regola richiede, un controllo per verificare se le condizioni dell’autorizzazione persistono. Pertanto, la direttiva relativa alle emissioni industriali (22) e il regolamento sui prodotti fitosanitari (23) prevedono, ad esempio, che le autorizzazioni sono rilasciate solo a termine e che le stesse, prima della loro proroga, devono essere riesaminate. Tali autorizzazioni non riguardano la fase di costruzione di un progetto, bensì la fase operativa o di utilizzo. Tuttavia, anche per quanto riguarda la fase di costruzione, è vero che le circostanze e le disposizioni pertinenti dopo la scadenza del termine possono essere diverse da quelle applicabili al momento dell’approvazione iniziale.

42.      A tale riguardo è di particolare rilevanza pratica il fatto che l’autorizzazione del 2008 sia stata concessa sulla base di una disposizione di diritto nazionale che non ha attuato correttamente la direttiva habitat [seconda questione, sub a)] e che non contiene rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti [seconda questione, sub b)]. Entrambe le situazioni hanno come conseguenza che la valutazione dell’autorizzazione del 2008 ha solo una rilevanza molto limitata ai fini della revisione della proroga (24). Tuttavia, laddove la valutazione iniziale fosse insufficiente, si rende a maggior ragione necessario colmare eventuali lacune in occasione di una nuova decisione (25).

43.      I principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento non portano ad un risultato diverso. Infatti, la certezza del diritto e l’eventuale legittimo affidamento fondati sull’autorizzazione del 2008 potevano, di fatto, essere riferiti solo al periodo durante il quale il terminale gas poteva essere costruito in base a tale autorizzazione.

44.      L’autorizzazione oggetto della controversia si riferisce, tuttavia, al periodo successivo alla scadenza della fase di costruzione basata sull’autorizzazione del 2008. Per tale periodo, la decisione antecedente non poteva far sorgere né la certezza del diritto, né un legittimo affidamento. Viceversa è pacifico che la realizzazione del terminale gas non è possibile senza l’autorizzazione oggetto della controversia, dal momento che la fase di costruzione originariamente concessa è scaduta. Per contro, la nuova fase di costruzione è una situazione che non può considerarsi come già perfezionata, per cui è applicabile l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (26).

45.      La Friends of the Irish Environment effettua quindi giustamente un paragone con la sentenza Wells (27), che si riferiva alla direttiva VIA. È vero che tale direttiva non richiede, per motivi di certezza del diritto, una valutazione dell’impatto sull’ambiente nei casi in cui l’autorizzazione sia stata concessa dopo il termine di trasposizione della direttiva VIA ma la procedura di autorizzazione sia stata formalmente avviata prima di tale data (i cosiddetti progetti «pipeline») (28). Tuttavia, una decisione necessaria per evitare che un’autorizzazione esistente diventi inefficace costituisce una nuova autorizzazione ai fini della direttiva VIA, che richiede una valutazione (29).

46.      In terzo luogo, la decisione di proroga nella fattispecie rende possibile la prima effettuazione dei lavori, vale a dire un’operazione che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, dovrebbe essere valutata al fine di determinare se possa avere un’incidenza significativa sui siti protetti interessati. Tuttavia, il rischio di tale incidenza è determinante ai fini della necessità o meno di una valutazione dell’incidenza (30), dal momento che la prevenzione di siffatti rischi è lo scopo della valutazione (31).

47.      Si tratta di una differenza essenziale rispetto alle attività periodiche che, in determinate condizioni, possono costituire un’unica operazione (32) in quanto, di norma, tali misure, se ripetute senza modifiche non incidono ulteriormente su un sito protetto.

48.      Con la seconda questione, sub d), si chiede se questo terzo aspetto sia sufficientemente rilevante da non rendere necessaria la verifica della decisione di proroga qualora siano già stati realizzati alcuni lavori nel quadro del progetto, in altre parole qualora il pregiudizio si sia in parte già verificato.

49.      Non occorre peraltro rispondere a questa domanda nel presente procedimento, dal momento che non sono ancora stati effettuati lavori. Inoltre, stando alla domanda di pronuncia pregiudiziale, siffatti lavori non avrebbero conferito il diritto di porre fine al progetto anche successivamente alla scadenza della fase di costruzione autorizzata (33).

50.      Pertanto, la decisione di prorogare l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto, in assenza della quale non possono essere realizzati lavori, deve essere considerata un accordo indipendente su un progetto, sicché è applicabile l’articolo 6, paragrafo 3 della direttiva habitat.

B.      Terza questione – Previa valutazione

51.      Con la terza questione, la High Court chiede quali siano le considerazioni di cui l’autorità competente è obbligata a tenere conto nell’esercizio del controllo relativo alla fase 1 ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

52.      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva habitat, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo.

53.      L’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva habitat subordina così il requisito di una valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo abbia un’incidenza significativa sul sito interessato (34). Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, si ritiene che un siffatto rischio sussista quando non si può escludere, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche in materia, che il piano o il progetto pregiudichi gli obiettivi di conservazione di tale sito (35). La valutazione del rischio va effettuata, in particolare, alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto (36).

54.      Per giustificare la rinuncia ad un controllo completo, la previa valutazione deve quindi tenere pienamente conto dei suddetti aspetti.

55.      In questo contesto, l’affermazione, apparentemente implicita, dell’autorità di pianificazione con riferimento all’autorizzazione del 2008, secondo cui il progetto non pregiudicherebbe di per sé il sito, è solo un’indicazione fattuale. Il suo peso dipende dalle motivazioni su cui l’autorità di pianificazione ha basato tale constatazione. Tuttavia, poiché già nel 2008 tale autorizzazione, stando alla domanda di pronuncia pregiudiziale, non conteneva rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti, a maggior ragione essa non può escludere oggi il rischio di pregiudicare l’integrità del sito.

56.      Piuttosto, per prescindere dalla valutazione dell’incidenza, sarebbero necessarie ulteriori scoperte scientifiche. Questi risultati dovrebbero, in primo luogo, colmare le lacune della valutazione del 2008 e, in secondo luogo, tenere conto delle modifiche intervenute nel frattempo con riferimento al progetto, agli habitat e alle specie protette interessati (37) e alle prove scientifiche. All’occorrenza, devono essere inclusi altri piani e progetti aggiunti nel frattempo se, insieme al piano o al progetto in esame, potrebbero avere un’incidenza significativa sul sito.

57.      Occorre quindi rispondere alla terza questione nel senso che la valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva habitat, deve essere effettuata qualora, alla luce delle migliori conoscenze scientifiche in materia, non si possa escludere che il piano o il progetto pregiudichi gli obiettivi di conservazione di tale sito. Una precedente valutazione del medesimo piano o progetto può escludere tale rischio solo nei limiti in cui essa contenga rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori. Pertanto, la previa valutazione deve anche colmare eventuali lacune della valutazione precedente e considerare se nel frattempo siano state apportate modifiche al progetto, se siano stati aggiunti altri piani e progetti che, insieme al piano o al progetto in esame, potrebbero avere un’incidenza significativa sul sito, nonché se si siano verificati cambiamenti con riferimento agli habitat e alle specie protette interessate e se siano emerse nuove scoperte scientifiche.

C.      Quinta questione – Interpretazione conforme e argomenti delle parti

58.      Con la quinta questione, la High Court chiede in che misura sussista l’obbligo di interpretazione conforme della legislazione nazionale qualora le parti non abbiano eccepito espressamente detta interpretazione.

59.      Tale questione è sorta alla luce del fatto che l’autorità di pianificazione non ha fondato la proroga dell’autorizzazione oggetto della controversia su disposizioni che prevedono una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, segnatamente l’articolo 42 del PDA 2000, bensì sugli articoli 146B e 146C del medesimo, che non richiedono una tale valutazione. La scelta della base giuridica non è peraltro espressamente oggetto del procedimento principale.

60.      Il riferimento all’espressa deduzione di un motivo specifico suggerisce che occorre fare riferimento alla giurisprudenza secondo cui i giudici devono valutare d’ufficio determinate questioni. Secondo tale giurisprudenza, il diritto dell’Unione non impone ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo basato sulla violazione di disposizioni del diritto dell’Unione qualora con l’esame di tale motivo essi dovrebbero esorbitare dai limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti. Tali giudici devono sollevare d’ufficio i motivi di diritto basati su una norma di diritto dell’Unione di natura vincolante solo se hanno l’obbligo o la facoltà di farlo in base al diritto interno in virtù di una disposizione imperativa del diritto nazionale (38).

61.      Ad un esame più attento, tuttavia, tale giurisprudenza non risulta pertinente nel caso di specie, dal momento che la Friends of the Irish Environment ha in effetti costantemente sostenuto, per quanto risulta dal fascicolo, che sarebbe stato violato l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. Non vi è dunque motivo di esaminare questa questione d’ufficio.

62.      Si tratta piuttosto di stabilire se tale disposizione possa essere eccepita solo qualora l’interessato invochi anche le disposizioni di diritto nazionale la cui applicazione e interpretazione conforme sono necessarie per porre rimedio ad un’eventuale violazione del diritto dell’Unione.

63.      Come giustamente sottolineato dalla Friends of the Environment e dalla Commissione, la giurisprudenza su questo punto è chiara.

64.      Infatti, la Corte ha statuito a più riprese che l’obbligo per gli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato previsto da quest’ultima, così come il loro dovere di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo, vale per tutte le autorità degli Stati membri, comprese, nell’ambito delle loro competenze, quelle giurisdizionali(39).

65.      Ne consegue che, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali chiamati a interpretarlo sono tenuti a prendere in considerazione l’insieme delle norme di tale diritto e ad applicare i criteri ermeneutici riconosciuti dallo stesso al fine di interpretarlo, per quanto possibile, alla luce della lettera e dello scopo della direttiva di cui trattasi, onde conseguire il risultato fissato da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, paragrafo 3, TFUE (40).

66.      Qualora ciò non sia possibile, il primato del diritto dell’Unione impone che i giudici nazionali incaricati di applicare, nell’ambito delle loro competenze, le norme del diritto dell’Unione abbiano l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi contraria disposizione nazionale (41). Tale obbligo è limitato per lo meno dal fatto che una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti (42).

67.      Non è, per contro, necessario che le parti eccepiscano espressamente e specificamente dinanzi ai giudici nazionali quali disposizioni di diritto nazionale debbano essere oggetto di interpretazione conforme o debbano essere disapplicate da detti giudici. L’individuazione di tali norme e lo sviluppo dell’approccio volto ad eliminare un eventuale conflitto tra il diritto nazionale e il diritto dell’Unione rientra, piuttosto, nel dovere dei giudici nazionali di conseguire l’obiettivo stabilito dalla direttiva.

68.      Inoltre, nel procedimento principale non risulta neanche evidente il motivo per cui la High Court dovrebbe cercare di stabilire la corretta base giuridica per la proroga della fase di costruzione, qualora constatasse che la proroga è stata concessa in violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat.

69.      In ogni caso, l’obbligo di un giudice nazionale di interpretare il diritto nazionale per quanto possibile in conformità al diritto dell’Unione non impone alle parti del procedimento pendente dinanzi allo stesso di invocare espressamente tale specifica interpretazione se tali parti eccepiscono almeno la violazione delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione.

D.      Sesta questione – Preclusione

70.      Con la sesta questione, la High Court chiede se sia tenuta a disapplicare una norma di diritto processuale nazionale che impedisce a un ricorrente di mettere in discussione la validità di una precedente autorizzazione (scaduta) nel contesto di una successiva domanda di autorizzazione.

71.      Tale questione viene sollevata solo nel caso in cui l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat si applichi alla proroga, in quanto l’autorizzazione originaria è stata concessa ai sensi di una disposizione di diritto nazionale che non ha recepito correttamente la direttiva habitat. Tuttavia, come illustrato sopra, questo aspetto non è decisivo e, pertanto, non è necessario rispondere (43).

72.      Questa questione, inoltre, solleva nuovamente il concetto della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. Tuttavia, nella misura in cui sono pertinenti ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, essi rientrano nella figura giuridica, già illustrata, dell’operazione unica (44). Anche per questa ragione, non vi è motivo di rispondere alla sesta questione separatamente.

V.      Conclusione

73.      Propongo pertanto alla Corte di statuire come segue:

1)      La decisione di prorogare l’autorizzazione per la realizzazione di un impianto, in assenza della quale non possono essere realizzati lavori, deve essere considerata un accordo indipendente su un progetto, sicché è applicabile l’articolo 6, paragrafo 3 della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

2)      La valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 92/43, deve essere effettuata qualora, alla luce delle migliori conoscenze scientifiche in materia, non si possa escludere che il piano o il progetto pregiudichi gli obiettivi di conservazione di tale sito. Una precedente valutazione del medesimo piano o progetto può escludere tale rischio solo nei limiti in cui essa contenga rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori. Pertanto, la previa valutazione deve anche colmare eventuali lacune della valutazione precedente e considerare se nel frattempo siano state apportate modifiche al progetto, se siano stati aggiunti altri piani e progetti che, insieme al piano o al progetto in esame, potrebbero avere un’incidenza significativa sul sito, nonché se si siano verificati cambiamenti con riferimento agli habitat e alle specie protette interessate e se siano emerse nuove scoperte scientifiche.

3)      L’obbligo di un giudice nazionale di interpretare il diritto nazionale per quanto possibile in conformità al diritto dell’Unione non impone alle parti del procedimento pendente dinanzi allo stesso di invocare espressamente tale specifica interpretazione, qualora dette parti eccepiscano almeno la violazione delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013, che adegua talune direttive in materia di ambiente a motivo dell’adesione della Repubblica di Croazia (GU 2013, L 158, pag. 193).


3      Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7) modificata dalla direttiva 2013/17.


4      Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2011, L 26, pag. 1), modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 124, pag. 1).


5      La High Court fa riferimento alla sentenza del 24 novembre 2011, Commissione / Spagna (Alto Sil) (C‑404/09, EU:C:2011:768, presumibilmente punto 100).


6      Sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622).


7      Sentenze del 21 luglio 2016, Orleans e a. (C‑387/15 e C‑388/15, EU:C:2016:583, punto 31), e del 17 aprile 2018, Commissione / Polonia (Waldgebiet Białowieża) (C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 106).


8      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 34), e del 17 aprile 2018, Commissione / Polonia (Waldgebiet Białowieża) (C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 108).


9      Sentenze dell’11 aprile 2013, Sweetman e a.. (C‑258/11, EU:C:2013:220, punti 29 e 31), del 17 aprile 2018, Commissione / Polonia (Wald von Białowieża) (C‑441/17, EU:C:2018:255, punti 110, 111 e 115), nonché del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punti 92 e 99).


10      Sentenze del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a. (C‑275/09, EU:C:2011:154, punto 24), e del 19 aprile 2012, Pro-Braine e a. (C‑121/11, EU:C:2012:225, punto 32). Cfr., in proposito, anche le mie conclusioni nella causa Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2018:972, punto 66 e segg.). Intendo la sentenza della Corte in tale causa nel senso che non era necessario pronunciarsi sui miei dubbi in merito alla giurisprudenza esistente.


11      Sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punti 65 e 66).


12      In questo senso, sentenze del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 48), e del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 80).


13      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 28), del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punti 41 e 42), del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 77), nonché del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 127).


14      Sentenze del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 47), del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 78), nonché del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 128).


15      Sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 49).


16      V. sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a. (C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 44).


17      Sentenza del 13 dicembre 2007, Commissione/Irlanda (C‑418/04, EU:C:2007:780).


18      Sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, in particolare, punto 59).


19      Sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 130).


20      Sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 47).


21      Sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 11).


22      Articolo 21 della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU 2010, L 334, pag. 159).


23      Articoli 5 e 14 e segg. del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1).


24      V., in proposito, paragrafi 55 e 56.


25      V., sulla direttiva VIA, sentenze del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a. (C‑275/09, EU:C:2011:154, punto 37), e del 17 novembre 2016, Stadt Wiener Neustadt (C‑348/15, EU:C:2016:882, punto 44).


26      V. sentenza dell’11 settembre 2012, Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a. (C‑43/10, EU:C:2012:560, punto 103).


27      Sentenza del 7 gennaio 2004, (C‑201/02, EU:C:2004:12).


28      Sentenze del 18 giugno 1998, Gedeputeerde Staten van Noord-Holland (C‑81/96, EU:C:1998:305, punti 23 e 24), e del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punti 94 e 95).


29      Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punti da 45 a 47).


30      Sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 82).


31      Mie conclusioni nelle cause riunite Coöperatie Mobilisation for the Environment e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:622, paragrafo 136) e nella causa Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2018:972, paragrafi 171 e 172).


32      Sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 47).


33      V. supra, paragrafo 4.


34      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 43), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 134).


35      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 44), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 134).


36      Sentenze del 17 aprile 2018, Commissione / Polonia (Wald von Białowieża) (C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 112), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 134).


37      In questo senso sentenza dell’11 settembre 2012, Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a. (C‑43/10, EU:C:2012:560, punto 115).


38      Sentenze del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen (C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:441, punti 13, 14 e 22), del 24 ottobre 1996, Kraaijeveld e a. (C‑72/95, EU:C:1996:404, punti 57, 58 e 60), del 12 febbraio 2008, Kempter (C‑2/06, EU:C:2008:78, punto 45), e del 26 aprile 2017, Farkas (C‑564/15, EU:C:2017:302, punti 32 e 35).


39      Sentenze del 10 aprile 1984, von Colson e Kamann (14/83, EU:C:1984:153, punto 26), del 18 dicembre 1997, Inter-Environnement Wallonie (C‑129/96, EU:C:1997:628, punto 40), e del 7 agosto 2018, Smith (C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 38).


40      Sentenze del 25 febbraio 1999, Carbonari e a. (C‑131/97, EU:C:1999:98, punti 49 e 50), del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punti da 113 a 116), del 7 agosto 2018, Smith (C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 39), e del 14 maggio 2019, CCOO (C‑55/18, EU:C:2019:402, punto 69).


41      Sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal (106/77, EU:C:1978:49, punto 24), del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality e Commissioner of An Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 35), e del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe (C‑752/18, EU:C:2019:1114, punto 42).


42      Sentenza del 7 agosto 2018, Smith (C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


43      V. supra, paragrafo 42..


44      V. supra, paragrafi 30 e segg..