Language of document : ECLI:EU:T:2014:258

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

20 maggio 2014 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario figurativo ARIS – Marchio comunitario figurativo anteriore ARISA ASSURANCES S.A. – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Somiglianza tra i segni – Coesistenza dei marchi anteriori sul mercato – Principio di diritto americano detto del “Morehouse defense” – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑247/12,

Argo Group International Holdings Ltd, con sede a Hamilton, Bermuda (Regno Unito), rappresentata da R. Hoy, S. Levine e N. Edbrooke, solicitors,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Arisa Assurances SA, con sede a Lussemburgo (Lussemburgo), rappresentata da H. Bock, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI del 9 marzo 2012 (procedimento R 193/2011‑2), relativa ad un procedimento di opposizione tra l’Arisa Assurances SA e l’Argo Group International Holdings Ltd,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M.E. Martins Ribeiro, presidente, S. Gervasoni (relatore) e L. Madise, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 giugno 2012,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 settembre 2012,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 settembre 2012,

vista la replica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 18 dicembre 2012,

vista la controreplica dell’interveniente depositata presso la cancelleria del Tribunale il 3 aprile 2013,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di un mese dalla notifica della chiusura della fase scritta ed avendo quindi deciso, su relazione del giudice relatore e in applicazione dell’articolo 135 bis del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 13 novembre 2008, l’Art Risk Insurance and Information Services Corp. ha presentato una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo:

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3        I servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 36 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Servizi assicurativi; sottoscrizione di assicurazioni per titoli di proprietà aventi ad oggetto le belle arti, gli oggetti culturali d’arte, le antichità e altri beni mobili materiali da collezione; servizi di gestione dei rischi finanziari per le industrie d’arte e connesse all’arte, inclusi i musei d’arte, le fondazioni artistiche, le istituzioni culturali e senza scopo di lucro, i collezionisti privati, gli artisti, i commercianti d’arte e gli istituti bancari, fiduciari, assicurativi, giuridici e senza scopo di lucro, connessi all’arte; servizi di gestione dei rischi finanziari connessi ad altre forme di assicurazioni, inclusa l’assicurazione su beni e l’assicurazione danni per le industrie d’arte e connesse all’arte».

4        La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 10/2009, del 23 marzo 2009.

5        L’Art Risk Insurance and Information Services era già titolare del marchio comunitario denominativo ARIS registrato il 12 settembre 2005.

6        Il 18 giugno 2009 l’Arisa Assurances SA, interveniente, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione del marchio richiesto per i servizi di cui al precedente punto 3.

7        L’opposizione era fondata sul marchio comunitario figurativo anteriore, riprodotto qui di seguito, depositato l’8 luglio 1996 e registrato il 18 gennaio 2000 con il numero 307470, per le «assicurazioni e riassicurazioni», rientrante nella classe 36:

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8        L’impedimento dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

9        Il 23 novembre 2010 la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione e ha respinto la domanda di registrazione del marchio richiesto.

10      Il 20 gennaio 2011 l’Art Risk Insurance and Information Services ha proposto ricorso presso l’UAMI avverso la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.

11      Il 3 marzo 2011 l’Art Risk Insurance and Information Services ha chiesto la registrazione del trasferimento della sua domanda di marchio all’Argo Group International Holdings Ltd (in prosieguo: l’«Argo Group» o la «ricorrente»). Il trasferimento è stato iscritto nel registro dei marchi comunitari il 4 marzo 2011.

12      Con decisione del 9 marzo 2012 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso. In particolare, essa ha ritenuto che il ricorso proposto dall’Art Risk Insurance and Information Services fosse ricevibile, anche se non era stato presentato dall’Argo Group, titolare della domanda di marchio, poiché il trasferimento della domanda di marchio all’Argo Group non era stato iscritto nel registro dei marchi comunitari prima del 20 gennaio 2011, data di deposito dell’atto di ricorso (punti da 17 a 23 della decisione impugnata). Per quanto attiene al rischio di confusione tra i due segni in conflitto, in primo luogo, la commissione di ricorso ha precisato che il pubblico di riferimento era composto contemporaneamente dal grande pubblico, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, e dai consumatori specializzati, il cui livello di attenzione è più elevato (punti 45 e 46 della decisione impugnata). In secondo luogo, essa ha ritenuto che i servizi indicati nella domanda di marchio e nel marchio anteriore fossero identici o simili (punti 47 e 48 della decisione impugnata). In terzo luogo, la commissione di ricorso ha considerato che i segni in conflitto erano complessivamente simili, poiché i loro elementi distintivi e dominanti, «aris» nel marchio richiesto e «arisa» nel marchio anteriore, erano pressoché identici sotto l’aspetto visivo e molto simili dal punto di vista fonetico (punti da 49 a 55 e 58 della decisione impugnata). Essa ha pertanto concluso, come la divisione di opposizione, nel senso della sussistenza di un rischio di confusione (punto 58 della decisione impugnata), respingendo l’argomento basato sulla coesistenza nell’Unione europea dei due segni in questione (punti da 25 a 28 della decisione impugnata).

 Conclusioni delle parti

13      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare o riformare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

14      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

15      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

16      L’interveniente sostiene che il presente ricorso non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale, poiché il ricorso non fa riferimento a nessuna precisa disposizione giuridica che la commissione di ricorso avrebbe violato.

17      Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, non è necessario che una parte invochi esplicitamente le disposizioni su cui fonda i motivi da essa dedotti. È sufficiente che l’oggetto della domanda di detta parte nonché i principali elementi di fatto e di diritto su cui si basa siano esposti nel ricorso con sufficiente chiarezza [v. sentenza del Tribunale del 15 gennaio 2013, Gigabyte Technology/UAMI – Haskins (Gigabyte), T‑451/11, punto 28 e giurisprudenza ivi citata], come avviene nel caso di specie.

18      Infatti, dal ricorso emerge con sufficiente chiarezza che, in sostanza, la ricorrente deduce una violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, poiché sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di diritto ritenendo che i segni di cui trattasi fossero simili e che, pertanto, esistesse un rischio di confusione tra di essi. Del resto, essa fa esplicitamente riferimento alla disposizione in questione nella replica.

19      Inoltre, l’argomentazione della ricorrente è sufficientemente chiara e precisa per consentire all’UAMI e all’interveniente di predisporre la propria difesa e al Tribunale di esercitare il suo controllo giurisdizionale (v., in tal senso, sentenza Gigabyte, cit., punto 29 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, l’UAMI e l’interveniente contestano integralmente gli argomenti della ricorrente, posto che nel controricorso l’UAMI ha anche fatto esplicito riferimento al motivo basato sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

20      Di conseguenza, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dall’interveniente ed esaminare la fondatezza dell’unico motivo dedotto dalla ricorrente, basato sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

 Nel merito

21      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

22      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o dei servizi in questione, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti nel caso di specie, in particolare l’interdipendenza della somiglianza dei segni e di quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc. pag. II‑2821, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

 Sul pubblico di riferimento

23      Secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del Tribunale del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, Racc. pag. II‑449, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

24      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che, nel caso di specie, il pubblico di riferimento fosse composto contemporaneamente da consumatori medi dei servizi assicurativi, normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti, e da consumatori specializzati, quali i commercianti d’arte e gli organismi giuridici e fiscali, il cui livello di attenzione sarebbe più elevato (punti 45 e 46 della decisione impugnata). Nell’ambito dell’analisi del rischio di confusione, essa ha concluso nel senso della sussistenza di un siffatto rischio basandosi sul «ricordo imperfetto» dei segni in questione conservato dal pubblico di riferimento, inclusi i consumatori che dimostrano un’attenzione maggiore (punto 58 della decisione impugnata).

25      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di diritto ignorando, nella sua conclusione relativa al rischio di confusione, il maggior grado di attenzione del consumatore specializzato dei servizi designati dal marchio richiesto. A suo dire, il differente grado di attenzione del pubblico di riferimento di tali servizi e del pubblico di riferimento dei servizi oggetto del marchio anteriore ridurrebbe il rischio di confusione.

26      A tal proposito, da un lato, va rilevato, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che i servizi oggetto del marchio anteriore non sono destinati unicamente al consumatore medio delle forme generiche di assicurazioni, quali quelle automobilistiche o per i viaggi. Infatti, come giustamente evidenziato dall’UAMI, poiché il requisito dell’uso effettivo del marchio anteriore non è mai stato invocato, detto marchio è tutelato per l’insieme dei servizi assicurativi e riassicurativi, a prescindere dalla natura dell’oggetto assicurato, e ciò indipendentemente dall’uso effettivo di detto marchio, se del caso limitato ai servizi assicurativi automobilistici e per i viaggi [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 16 giugno 2010, Kureha/UAMI – Sanofi‑Aventis (KREMEZIN), T‑487/08, non pubblicata nella Raccolta, punto 71]. Pertanto, a seconda dell’oggetto assicurato, i servizi coperti dal marchio anteriore possono essere destinati al grande pubblico o a consumatori più specializzati.

27      Dall’altro lato, benché taluni dei servizi assicurativi indicati nella domanda di marchio riguardino effettivamente consumatori più specializzati in campo artistico, l’elenco dei servizi di cui trattasi comprende altresì i servizi assicurativi in generale, che si rivolgono al grande pubblico.

28      Ne consegue che i servizi oggetto dei due marchi in conflitto si rivolgono a uno stesso pubblico di riferimento, composto sia dal grande pubblico sia dai professionisti dell’arte.

29      In tale ipotesi, secondo una giurisprudenza costante, per quanto concerne la valutazione del rischio di confusione, deve essere preso in considerazione il pubblico avente il livello di attenzione meno elevato [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 15 luglio 2011, Ergo Versicherungsgruppe/UAMI – Société de développement et de recherche industrielle (ERGO), T‑220/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 21 e giurisprudenza ivi citata].

30      Di conseguenza, anche supponendo che la commissione di ricorso non abbia preso in considerazione i consumatori che hanno un’attenzione maggiore, ciò non può esserle contestato nel caso di specie.

31      Pertanto, la commissione di ricorso non ha commesso errori né nel definire il pubblico di riferimento nel caso di specie né nel prenderlo in considerazione quando ha valutato il rischio di confusione.

 Sulla somiglianza dei segni

32      Secondo una giurisprudenza costante, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio solitamente percepisce un marchio come un tutt’uno senza dedicarsi a esaminarne i vari dettagli (v. sentenza della Corte del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc. pag. I‑4529, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

33      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che gli elementi dominanti dei marchi in conflitto erano gli elementi denominativi «aris» nel marchio richiesto e «arisa» nel marchio anteriore. Essa ha ritenuto che gli elementi «assurances s.a.» del marchio anteriore non fossero dominanti, tenuto conto del carattere tipografico più piccolo, della posizione in basso nel marchio e dell’assenza di carattere distintivo per un numero non trascurabile di consumatori, e che gli effetti di stile e di colore dei due marchi non fossero abbastanza impressionanti da ridurre il carattere dominante di «aris» e di «arisa» (punti 49 e 50 della decisione impugnata). Nell’ambito della comparazione dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha constatato che, sotto l’aspetto visivo, gli elementi «aris» e «arisa» erano pressoché identici e che i due segni differivano soltanto per la lettera supplementare «a» e gli elementi non distintivi «assurances s.a.» del marchio anteriore nonché per i loro effetti stilistici e di colore (punto 52 della decisione impugnata). Essa ha ritenuto che i segni in conflitto fossero assai simili sul piano fonetico, poiché il marchio richiesto e il marchio anteriore si pronunciavano, rispettivamente, «a-ris» e «a-ri-sa» e gli elementi non distintivi «assurances s.a.» non venivano pronunciati (punto 53 della decisione impugnata). La commissione di ricorso ha considerato che non poteva essere svolto nessun raffronto concettuale, poiché nessuno dei segni in questione aveva un significato nel territorio pertinente (punto 54 della decisione impugnata). Essa ne ha tratto la conclusione che i segni in conflitto erano complessivamente simili (punti 55 e 58 della decisione impugnata).

34      In primo luogo, la ricorrente contesta la determinazione degli elementi dominanti dei segni in conflitto. Essa ritiene in particolare che, per quanti attiene a marchi figurativi, come quelli di cui trattasi nel caso di specie, gli elementi denominativi non possano essere più dominanti degli elementi figurativi, tanto più che la parola «aris» non ha nessun significato.

35      A tal proposito, è opportuno richiamare la giurisprudenza costante secondo cui, per valutare il carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle di altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso [sentenze del Tribunale del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, Racc. pag. II‑4335, punto 35, e del 23 novembre 2010, Codorniu Napa/UAMI – Bodegas Ontañon (ARTESA NAPA VALLEY), T‑35/08, Racc. pag. II‑5405, punto 35].

36      Ne deriva che la determinazione del carattere dominante di un elemento all’interno di un marchio complesso dipende da una valutazione in concreto dei vari elementi che compongono il segno e, pertanto, è indipendente dalla natura – figurativa o denominativa – del segno in questione. Gli elementi figurativi di un marchio figurativo, quindi, non sono necessariamente gli elementi dominanti di detto marchio.

37      Nel caso di specie, il segno richiesto è composto dall’elemento denominativo «aris», scritto in lettere maiuscole di colore grigio chiaro omettendo parte delle lettere.

38      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non è possibile ritenere che la rappresentazione grafica dell’elemento denominativo «aris» prevalga nell’impressione complessiva del marchio richiesto. Infatti, essa costituisce semplicemente una veste tipografica volta a mettere in risalto l’elemento denominativo «aris». Pertanto, anche se, come sostiene la ricorrente, tale rappresentazione grafica conferisce al marchio richiesto un aspetto puro, evocatore di un senso di elegante sofisticazione che attira gli operatori dell’industria dell’arte e che corrisponde al tipo di servizi contemplati dalla domanda di marchio, il pubblico di riferimento, per riferirsi al marchio controverso, tenderà a pronunciare l’elemento «aris» e non a descrivere la sua rappresentazione grafica. Inoltre, come evidenzia la ricorrente, il fatto che l’elemento «aris» non abbia nessun significato, e dunque a fortiori non sia descrittivo dei servizi designati, nel caso di specie gli conferisce un carattere distintivo intrinseco rispetto a detti servizi, che ne rafforza il carattere dominante nella valutazione complessiva del segno richiesto [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 16 settembre 2013, Gitana/UAMI – Teddy (GITANA), T‑569/11, punto 57 e giurisprudenza ivi citata].

39      Il segno anteriore, dal canto suo, è composto da un primo elemento denominativo – «arisa» – scritto in lettere maiuscole blu tranne il primo tratto della prima «a» scritta in rosso. Questo primo elemento denominativo è collocato sopra il secondo elemento denominativo – «assurances s.a.» – scritto in lettere maiuscole più piccole anch’esse di colore blu, da cui è separato mediante una riga blu.

40      L’elemento denominativo «assurances s.a.» non è dunque l’elemento dominante all’interno del segno anteriore, tenuto conto delle dimensioni più ridotte e della collocazione al di sotto dell’elemento «arisa». Tale considerazione è confermata dalla natura descrittiva di «assurances s.a.» rispetto ai servizi assicurativi interessati [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 27 novembre 2007, Gateway/UAMI – Fujitsu Siemens Computers (ACTIVY Media Gateway), T‑434/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 47 e giurisprudenza ivi citata]. Lo stesso può dirsi per gli elementi figurativi del marchio anteriore, quali la veste tipografica, il colore e la sottolineatura, che, come evidenzia la stessa ricorrente, corrispondono a una grafica elementare e a colori ordinari. Pertanto, tali elementi denominativi e figurativi non possono rimettere in discussione il carattere dominante dell’elemento denominativo «arisa», scritto in caratteri più grandi e collocato sopra all’altro elemento denominativo.

41      La commissione di ricorso non ha quindi commesso errori nella determinazione degli elementi dominanti dei segni in conflitto e il primo argomento della ricorrente deve, pertanto, essere respinto.

42      In secondo luogo, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non aver proceduto a una valutazione complessiva dei marchi in questione e di essersi limitata, sia in occasione della valutazione della somiglianza dei segni in conflitto sia al momento di prendere in considerazione tale somiglianza ai fini della valutazione del rischio di confusione, a un raffronto tra i loro elementi denominativi dominanti, «aris» e «arisa».

43      Da una giurisprudenza costante emerge effettivamente che la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza UAMI/Shaker, cit., punto 41 e giurisprudenza ivi citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze della Corte UAMI/Shaker, cit., punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 42). Ciò potrebbe verificarsi in particolare qualora tale componente sia atta a dominare, di per sé stessa, l’immagine di detto marchio memorizzata dal pubblico di riferimento, cosicché tutte le altre componenti del marchio siano trascurabili nell’ambito dell’impressione complessiva prodotta da quest’ultimo (sentenza Nestlé/UAMI, cit., punto 43).

44      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha ritenuto che taluni elementi che compongono i segni in conflitto fossero dominanti, senza per questo qualificare gli altri elementi come trascurabili al punto da non essere presi in considerazione nell’ambito della comparazione dei due segni. In base alla giurisprudenza succitata, essa aveva dunque l’obbligo di procedere a un raffronto prendendo in considerazione l’insieme delle componenti dei segni in conflitto.

45      Orbene, conformemente a tale obbligo, in occasione della valutazione della somiglianza visiva dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha preso in considerazione sia gli elementi dominanti che aveva identificato, ovvero gli elementi denominativi «aris» e «arisa», ritenuti pressoché identici, sia l’elemento denominativo «assurances s.a.» nonché gli elementi figurativi, ritenuti differenti (punto 52 della decisione impugnata).

46      Analogamente, al momento della valutazione della somiglianza fonetica dei segni in conflitto, di certo la commissione di ricorso ha confrontato unicamente gli elementi «aris» e «arisa». Tuttavia, non se ne può dedurre che non abbia proceduto a una valutazione complessiva di detti segni, poiché essa ha preso in considerazione l’unico altro elemento che può essere pronunciato – «assurances s.a.» – ritenendo che il pubblico di riferimento non lo pronunci per via del suo carattere non distintivo (punto 53 della decisione impugnata).

47      Al momento della valutazione della somiglianza concettuale dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha altresì proceduto a una valutazione complessiva di detti segni, in quanto ha considerato che «nessuno dei marchi» – ossia, in mancanza di diversa precisazione, nessuno dei due marchi considerati nel loro insieme, ivi compresi tutti gli elementi denominativi e gli elementi figurativi – aveva un significato nel territorio pertinente (punto 54 della decisione impugnata).

48      Infine, quando ha analizzato il rischio di confusione, la commissione di ricorso ha riconsiderato ciascuna delle componenti dei marchi in conflitto, a prescindere dalla circostanza che fossero o meno dominanti, per procedere a una valutazione complessiva della somiglianza dei segni, attribuendo un peso maggiore agli elementi dominanti e un peso minore a quelli che non lo sono (punto 58 della decisione impugnata).

49      Di conseguenza, il secondo argomento della ricorrente deve essere respinto.

50      In terzo luogo, la ricorrente critica la conclusione della commissione di ricorso relativa all’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto, mentre tra detti segni era stato accertato un esiguo grado di somiglianza visiva e fonetica.

51      A tal proposito, è sufficiente rilevare che è stata la divisione di opposizione ad accertare un esiguo grado di somiglianza visiva e fonetica e non la commissione di ricorso. Pertanto, tenuto conto della giurisprudenza costante secondo cui il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo sulla legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’UAMI ai sensi dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009 e non quello sulla legittimità delle decisioni delle divisioni di opposizione [v. sentenza del Tribunale del 31 maggio 2005, Solo Italia/UAMI – Nuova Sala (PARMITALIA), T‑373/03, Racc. pag. II‑1881, punto 25 e giurisprudenza ivi citata], il terzo argomento in parola deve essere respinto in quanto inconferente.

52      Da quanto precede risulta che la ricorrente non ha dimostrato che, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso avesse ritenuto erroneamente che i segni in conflitto fossero simili.

 Sul rischio di confusione

53      La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [sentenza della Corte del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, Racc. pag. I‑5507, punto 17, e sentenza del Tribunale del 14 dicembre 2006, Mast‑Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Racc. pag. II‑5409, punto 74].

54      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha correttamente concluso nel senso dell’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto in considerazione, da un lato, della somiglianza o identità dei servizi contraddistinti dai marchi in conflitto (punto 48 della decisione impugnata), valutazione non contestata dalla ricorrente, e, dall’altro, dell’accertamento non viziato da errori di una somiglianza tra i due segni in conflitto (v. punto 52 supra).

55      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente che contesta alla commissione di ricorso di non aver preso in considerazione la coesistenza sul mercato, da un lato, del marchio anteriore e, dall’altro, del marchio comunitario denominativo ARIS o del segno richiesto registrato negli Stati Uniti. Nell’evidenziare che la commissione di ricorso non ha valutato correttamente le prove presentate a tal proposito, la ricorrente chiede al Tribunale di applicare il principio di diritto americano del «Morehouse defense», in forza del quale non è possibile ritenere che colui che si oppone alla registrazione di un marchio ne sia leso se, per prodotti e servizi identici o sostanzialmente simili, un marchio identico o sostanzialmente analogo a quello richiesto è già stato registrato dal richiedente il marchio.

56      Per quanto concerne l’invocazione del succitato principio di diritto americano, occorre rilevare innanzitutto che, secondo una giurisprudenza costante, il regime del marchio comunitario è un sistema autonomo, costituito da un complesso di norme e che persegue obiettivi ad esso specifici, la cui applicazione resta indipendente da ogni sistema nazionale, e la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso deve essere valutata unicamente in base al regolamento n. 207/2009, come interpretato dal giudice dell’Unione [v. sentenza del Tribunale dell’11 maggio 2005, Grupo Sada/UAMI – Sadia (GRUPO SADA), T‑31/03, Racc. pag. II‑1667, punto 84 e giurisprudenza ivi citata].

57      Va poi ricordato che certamente, secondo la giurisprudenza, non è escluso che, in taluni casi, la coesistenza di marchi anteriori nel mercato possa ridurre il rischio di confusione tra due marchi in conflitto rilevato dagli organi dell’UAMI. Tuttavia, siffatta eventualità può essere presa in considerazione solo qualora, quanto meno nel corso di un procedimento dinanzi all’UAMI riguardante gli impedimenti relativi alla registrazione, il titolare del marchio comunitario contestato abbia debitamente dimostrato che detta coesistenza si fondava sull’assenza di rischio di confusione per il pubblico di riferimento tra i marchi anteriori rivendicati e il marchio anteriore dell’interveniente su cui si fonda l’opposizione e con riserva del fatto che i marchi di cui trattasi e i marchi in conflitto siano identici [sentenze del Tribunale GRUPO SADA, cit., punto 86, e del 14 novembre 2007, Castell del Remei/UAMI – Bodegas Roda (CASTELL DEL REMEI ODA), T‑101/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 76].

58      Nel caso di specie, da un lato, gli elementi di prova forniti per dimostrare l’uso da parte della ricorrente del marchio comunitario denominativo ARIS non possono essere presi in considerazione, poiché tale marchio differisce dai marchi in conflitto, i quali sono entrambi figurativi. Dall’altro, gli elementi di prova prodotti che riproducono il segno richiesto come registrato negli Stati Uniti, consistenti in estratti del sito Internet del precedente titolare del marchio richiesto e in un articolo del 21 luglio 2010 che menziona in particolare i servizi assicurativi di detto ex titolare forniti sotto tale marchio, riguardano unicamente il segno richiesto e non forniscono nessuna indicazione sulla presenza di detto segno nel mercato dell’Unione, mercato rilevante nel caso di specie, né a fortiori sul modo con cui al pubblico di riferimento sono mostrati i marchi in conflitto in tale mercato.

59      Di conseguenza, conformemente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata (punti 27 e 28), gli elementi dedotti dalla ricorrente non consentono di stabilire che coesistessero marchi identici ai marchi in conflitto né, a fortiori, che tale coesistenza riducesse il rischio di confusione tra questi ultimi secondo la giurisprudenza succitata, non occorrendo pronunciarsi sulla ricevibilità dell’allegato 11 del ricorso, che illustra il principio del «Morehouse defense», né dell’allegato I.1 b) del controricorso dell’interveniente, che quest’ultima ha prodotto per contestare l’argomentazione della ricorrente sull’esistenza di una siffatta coesistenza.

60      Da tutte le precedenti considerazioni risulta che la commissione di ricorso ha, legittimamente, concluso nel senso dell’esistenza di un rischio di confusione e ha respinto il ricorso contro la decisione della divisione di opposizione.

61      Il motivo unico della ricorrente va dunque rigettato e, pertanto, il ricorso deve essere integralmente respinto, senza che occorra pronunciarsi sulla fondatezza dell’argomento dell’interveniente relativo all’irricevibilità del ricorso proposto dinanzi alla commissione di ricorso.

 Sulle spese

62      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

63      La ricorrente, poiché è rimasta soccombente, va condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’UAMI e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Argo Group International Holdings Ltd è condannata alle spese.

Martins Ribeiro

Gervasoni

Madise

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 maggio 2014.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.