Language of document : ECLI:EU:T:2021:74

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

10 febbraio 2021 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Avviso di posto vacante – Posto di capo unità – Rigetto di candidatura – Personale dirigenziale intermedio – Principio di imparzialità – Responsabilità»

Nella causa T‑130/19,

Sergio Spadafora, residente in [riservato] (1), rappresentato da G. Belotti, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Mongin e T. Bohr, in qualità di agenti, assistiti da A. Dal Ferro, avvocato,

convenuta,

sostenuta da

CC, rappresentata da S. Orlandi, avvocato,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e intesa ad ottenere, da un lato, l’annullamento della decisione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) del 18 maggio 2018 mediante la quale CC è stata nominata capo dell’unità [riservato] della direzione [riservato] e, dall’altro, la condanna della Commissione al risarcimento del danno materiale e morale che il ricorrente avrebbe asseritamente subito a motivo di tale decisione,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, P. Nihoul e R. Frendo (relatrice), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha emesso la presente

Sentenza

I.      Fatti all’origine della controversia

1        Il ricorrente, sig. Sergio Spadafora, è funzionario di grado AD 12 presso la Commissione europea.

2        Dal gennaio 2012 al maggio 2018 il ricorrente ha esercitato le sue funzioni presso l’unità [riservato] della direzione [riservato] dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). A seguito del trasferimento del capo di questa unità, il ricorrente è stato inoltre nominato, il 1° marzo 2014, capo di tale unità facente funzione fino alla nuova nomina che sarebbe dovuta intervenire per la copertura di tale posto.

3        L’avviso di vacanza del posto in questione è stato pubblicato il 24 febbraio 2014. Il 21 marzo 2014 il ricorrente ha presentato la propria candidatura per tale impiego.

4        Con decisione del 30 giugno 2014, la Commissione ha nominato CC, parte interveniente nel presente procedimento, quale capo dell’unità [riservato].

5        Il ricorrente ha allora proposto un ricorso dinanzi al Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea. Con ordinanza del 7 aprile 2016, Spadafora/Commissione (F‑44/15, EU:F:2016:69), il Tribunale della funzione pubblica ha respinto tale ricorso in quanto in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondato.

6        Su impugnazione del ricorrente, il Tribunale, con sentenza del 5 dicembre 2017, Spadafora/Commissione (T‑250/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:866; in prosieguo: la «sentenza Spadafora»), ha parzialmente annullato l’ordinanza menzionata supra al punto 5 e, statuendo esso stesso nel merito, ha annullato la decisione che aveva nominato l’interveniente quale capo unità, a motivo del fatto che l’imparzialità della presidente del comitato di preselezione poteva essere messa in dubbio.

7        Il 15 dicembre 2017 la Commissione ha deciso, in primo luogo, di nominare retroattivamente l’interveniente quale capo facente funzioni dell’unità [riservato] dal 1° agosto 2014 al 5 dicembre 2017, in secondo luogo, di nominare un altro funzionario in tale veste a far data dal 6 dicembre successivo e, in terzo luogo, di trasferire l’interveniente presso il direttore generale dell’OLAF a partire da questo stesso giorno.

8        Sempre in data 15 dicembre 2017, il direttore generale dell’OLAF ha informato il personale della necessità di riprendere la procedura di nomina del capo unità in questione a seguito della sentenza Spadafora.

9        A seguito di un nuovo avviso di posto vacante, pubblicato lo stesso giorno, undici persone, tra cui l’interveniente e il ricorrente, hanno presentato la propria candidatura. Quattro candidati, tra cui l’interveniente e il ricorrente, sono stati prescelti e inseriti in un elenco ristretto a seguito di colloqui di preselezione che hanno avuto luogo nel mese di febbraio 2018.

10      Il 5 aprile 2018 il ricorrente è stato valutato in un centro di valutazione organizzato da una società che era stata incaricata dalla Commissione di svolgere i colloqui di selezione con i candidati figuranti nell’elenco ristretto (in prosieguo: la «società di valutazione»).

11      Il 20 aprile 2018, il ricorrente ha partecipato al colloquio finale di selezione in presenza del direttore generale dell’OLAF e del relatore del procedimento. Al termine di tale colloquio, il ricorrente si è visto assegnare un punteggio di 11 punti su 18. Quanto all’interveniente, essa ha ottenuto il punteggio più elevato, con 15 punti su 18.

12      Il 17 maggio 2018, nel corso di una riunione con i cinque capi unità della direzione [riservato] dell’OLAF, la responsabile di tale direzione ha reso nota un’informazione che le era stata comunicata in occasione dell’ultima riunione dei direttori, secondo la quale era stato raggiunto un accordo sulla nomina del capo dell’unità [riservato] e tale nomina sarebbe stata annunciata a breve.

13      Il 18 maggio 2018, l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») ha informato il ricorrente che aveva deciso di nominare un altro candidato al termine della procedura di selezione ed ha annunciato a tutto il personale dell’OLAF che si trattava dell’interveniente (in prosieguo: la «decisione di nomina»). Lo stesso giorno, il ricorrente è stato altresì informato del fatto che egli era stato trasferito dall’unità [riservato] alla direzione generale dell’OLAF. Sempre quel giorno, il ricorrente ha chiesto alla società di valutazione la fissazione di un colloquio per approfondimenti.

14      Il 25 maggio 2018, il ricorrente ha presentato dinanzi al direttore generale dell’OLAF una domanda di accesso ai dati personali che lo riguardavano che erano stati utilizzati nell’ambito della procedura di selezione. Il ricorrente fondava la propria domanda sull’articolo 13 del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1).

15      Il 24 luglio 2018, il ricorrente ha proposto un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea avverso la decisione di nomina.

16      Il 22 agosto 2018, il ricorrente si è visto comunicare dalla direzione generale (DG) «Risorse umane e sicurezza» della Commissione il «rapporto del centro di valutazione», il «rapporto descrittivo» e il «rapporto sul candidato» della società di valutazione.

17      Il reclamo del ricorrente è stato respinto con decisione dell’APN del 26 novembre 2018 (in prosieguo: il «rigetto del reclamo» e, considerata insieme con la decisione di rigetto della sua candidatura: le «decisioni impugnate»).

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 febbraio 2019, il ricorrente ha proposto l’odierno ricorso.

19      La Commissione ha depositato il controricorso il 29 maggio 2019.

20      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 giugno 2019, CC ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione.

21      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 1° e il 18 luglio 2019, il ricorrente ha chiesto che alcune informazioni contenute nell’atto introduttivo del giudizio, negli allegati del medesimo e nel controricorso, nonché nella replica, fossero oggetto di trattamento riservato nei confronti di CC, nel caso in cui quest’ultima fosse ammessa ad intervenire. Egli ha accluso a tale domanda una versione non riservata di detti documenti.

22      Sempre in data 18 luglio 2019, il ricorrente ha depositato la replica.

23      Il 16 settembre 2019 la Commissione ha depositato la controreplica.

24      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, la giudice relatrice è stata assegnata alla Quarta Sezione, alla quale è stata dunque attribuita la presente causa.

25      Con ordinanza del 26 settembre 2019, Spadafora/Commissione (T‑130/19, non pubblicata, EU:T:2019:711), CC è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Dato che, in conformità dell’articolo 144, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il ricorrente aveva chiesto il trattamento riservato di alcune informazioni, l’ordinanza suddetta ha provvisoriamente limitato la comunicazione degli atti processuali all’interveniente restringendola alle versioni non riservate degli stessi, in attesa delle eventuali osservazioni di quest’ultima in merito alle domande di trattamento riservato.

26      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° ottobre 2019, il ricorrente ha chiesto che alcune informazioni contenute nella controreplica fossero oggetto di trattamento riservato nei confronti dell’interveniente. Egli ha accluso a tale domanda una versione non riservata di detto documento.

27      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale l’11 ottobre e l’8 novembre 2019, l’interveniente ha contestato le suddette domande di trattamento riservato.

28      Con atto depositato il 14 ottobre 2019, il ricorrente ha presentato una «memoria supplementare» a motivo del fatto che la Commissione aveva fatto valere nuovi elementi di fatto e di diritto nella propria controreplica, depositata il 16 settembre precedente. Il 25 ottobre successivo, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha deciso, a norma dell’articolo 84, paragrafo 3, del regolamento di procedura, di inserire tale memoria nel fascicolo, con riserva di una decisione successiva in merito alla sua ricevibilità.

29      Con ordinanza del 28 febbraio 2020, Spadafora/Commissione (T‑130/19, non pubblicata, EU:T:2020:83), il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha parzialmente accolto la domanda di trattamento riservato del ricorrente.

30      L’interveniente ha depositato la propria memoria di intervento il 3 giugno 2020, mentre le parti principali hanno depositato le loro osservazioni in merito a tale memoria entro i termini assegnati.

31      Con lettere della cancelleria del Tribunale del 6 agosto 2020, il Tribunale ha posto dei quesiti scritti alle parti principali, ai sensi dell’articolo 89 del regolamento di procedura. Esse hanno risposto entro il termine impartito.

32      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 settembre 2020, il ricorrente ha chiesto che alcune informazioni contenute nella sua risposta ai quesiti scritti di cui supra al punto 31 e negli allegati a tale risposta fossero oggetto di trattamento riservato nei confronti dell’interveniente. Egli ha accluso alla domanda suddetta una versione non riservata di tali documenti.

33      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 settembre 2019, l’interveniente si è rimessa al prudente apprezzamento del giudice riguardo alla domanda di trattamento riservato menzionata supra al punto 32, affermando però che non era escluso che la divulgazione degli elementi omessi fosse giustificata.

34      Con ordinanza del 22 ottobre 2020, Spadafora/Commissione (T‑130/19, non pubblicata, EU:T:2020:522), il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di trattamento riservato del ricorrente.

35      Considerato che le parti non hanno presentato una domanda di fissazione di un’udienza entro il termine di tre settimane a partire dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento.

36      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni impugnate;

–        condannare la Commissione a risarcire il danno materiale e morale da lui subito;

–        condannare la Commissione alle spese.

37      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

38      L’interveniente conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle dell’interveniente.

III. In diritto

A.      Sulle conclusioni per annullamento

1.      Sulla ricevibilità delle conclusioni per annullamento e dei motivi di ricorso dedotti

39      La Commissione e l’interveniente contestano l’interesse del ricorrente a chiedere l’annullamento delle decisioni impugnate. La Commissione contesta anche la ricevibilità del primo e del secondo motivo di ricorso e l’interveniente quella del terzo motivo di ricorso.

40      Tuttavia, il giudice dell’Unione europea è legittimato a valutare, in base alle circostanze di ciascun caso di specie, se per le esigenze di una buona amministrazione della giustizia sia giustificato rigettare nel merito un ricorso, delle conclusioni formulate con un ricorso ovvero un motivo di ricorso, senza prima pronunciarsi su una censura di irricevibilità (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52; dell’11 luglio 2014, Telefónica de España e Telefónica Móviles España/Commissione, T‑151/11, EU:T:2014:631, punto 34, e del 19 giugno 2014, BN/Parlamento, F‑24/12, EU:F:2014:165, punto 31).

41      Nelle circostanze del caso di specie, e in un intento di economia procedurale, occorre esaminare anzitutto la fondatezza delle conclusioni di annullamento e dei motivi di ricorso dedotti dal ricorrente a sostegno delle stesse, senza previamente statuire sulla loro ricevibilità, dato che le suddette conclusioni e i suddetti motivi devono in ogni caso essere respinti nel merito.

2.      Sulla fondatezza dei motivi di ricorso

42      Il ricorrente deduce tre motivi a sostegno delle sue conclusioni di annullamento. Il primo motivo riguarda la violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione C(2016) 3288, concernente il personale dirigenziale intermedio, pubblicata nelle Informations administratives n. 33‑2016, del 6 luglio 2016 (in prosieguo: la «decisione PEI»). Alla luce delle argomentazioni che il ricorrente vi dedica, occorre tuttavia ritenere che il ricorrente fondi il suddetto motivo di ricorso anche sull’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Il secondo motivo di ricorso è invece relativo alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), della decisione PEI, mentre il terzo riguarda la violazione del principio di imparzialità.

a)      Sul primo motivo, relativo alla violazione dellarticolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione PEI e dellarticolo 7 della Carta

43      Il primo motivo di ricorso può essere suddiviso in due parti.

1)      Sulla prima parte del motivo, relativa alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione PEI

44      L’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione PEI dispone quanto segue:

«1. Selezione

In caso di pubblicazione di un avviso di posto vacante, le fasi procedurali che [l’APN] deve seguire sono le seguenti:

(...)

(d) Centro di valutazione

Tutti i candidati convocati a un colloquio con il direttore generale interessato e con il relatore del procedimento partecipano alle prove nell’ambito di un centro di valutazione, a meno che essi non abbiano già partecipato a prove siffatte nel corso dei due anni precedenti la scadenza del termine di ricevimento delle candidature. Qualora un candidato abbia preso parte alle prove di un centro di valutazione entro il suddetto termine di due anni, ma più di 18 mesi prima della scadenza del termine di ricevimento delle candidature, può chiedere di essere ammesso al centro di valutazione.

Il centro di valutazione esamina il potenziale dei candidati e fornisce un’analisi dettagliata delle loro capacità dirigenziali, della loro adattabilità e di altre competenze essenziali. Le prove comprendono esercizi individuali e/o collettivi, nonché colloqui approfonditi incentrati sulle capacità dirigenziali. I risultati ottenuti presso il centro di valutazione sono presi in considerazione dal[l’APN]».

45      Il ricorrente fa osservare che il «rapporto descrittivo» e il «rapporto sul candidato» che la Commissione gli ha trasmesso il 22 agosto 2018 indicano che tali documenti sono stati «creati il 10 luglio» precedente dalla società di valutazione.

46      Nel suo atto introduttivo del giudizio, il ricorrente sostiene dunque che, tenuto conto della data di creazione dei rapporti in questione, l’APN non ha potuto tenerne conto, in conformità dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione PEI, allorché essa ha adottato la decisione di nomina il 18 maggio 2018.

47      Occorre però rilevare che i due rapporti menzionano il fatto che i questionari in essi contenuti sono stati compilati il 5 aprile 2018. Oltre a ciò, il capo dell’unità «Dirigenti intermedi» della DG «Risorse umane e sicurezza» della Commissione ha informato l’OLAF, con messaggio di posta elettronica del 17 aprile successivo, che essa aveva trasmesso i due rapporti della società di valutazione al direttore generale dell’OLAF in vista del colloquio finale di selezione. Alla luce di tali elementi, occorre considerare che l’APN ha preso conoscenza di tali rapporti prima della nomina dell’interveniente al posto di capo dell’unità [riservato]. Di conseguenza, la censura del ricorrente come presentata nell’atto introduttivo del giudizio deve essere respinta.

48      Per il resto, il ricorrente ha «rettificato, chiarito e completato» la propria censura nella sua replica, alla luce del messaggio di posta elettronica del 17 aprile 2018 menzionato supra al punto 47 e dei chiarimenti forniti dalla Commissione nel controricorso.

49      Il ricorrente riconosce, nella sua replica, che la società di valutazione ha effettivamente trasmesso il «rapporto descrittivo» e il «rapporto sul candidato» al direttore generale dell’OLAF prima del colloquio finale con i candidati e della nomina di uno di essi. Tuttavia, egli sostiene che non può presumersi che tali rapporti siano corrispondenti a quelli che sono stati «creati il 10 luglio 2018». A questo proposito, il ricorrente insiste a far osservare che i rapporti da lui ricevuti il 22 agosto 2018 menzionano il fatto che sono stati «creati il 10 luglio 2018», e non che essi sono stati «estratti» in questa data dalla base di dati della società di valutazione. Oltre a ciò, risulterebbe dal summenzionato messaggio di posta elettronica del 17 aprile 2018 che il direttore generale dell’OLAF era tenuto a distruggere i rapporti in suo possesso dopo i colloqui di selezione, sicché sarebbe impossibile verificare se i rapporti comunicati il 22 agosto 2018 corrispondessero effettivamente ai rapporti iniziali. Ne conseguirebbe, secondo il ricorrente, che l’APN ha prima nominato l’interveniente, per poi motivare tale decisione nel rigetto del reclamo alla luce dei rapporti creati ex post dalla società di valutazione, per i quali nulla garantisce che il loro contenuto coincidesse con i rapporti sulla base dei quali era stata adottata la decisione di nomina.

50      Il ricorrente precisa, al riguardo, che il «rapporto descrittivo» e il «rapporto sul candidato» «creati il 10 luglio 2018» non possono presumersi conformi a quelli che hanno costituito il fondamento della decisione di nomina, in quanto, essendo opera di una società privata e non di un’autorità pubblica, essi non beneficiano della presunzione di legalità attribuita agli atti delle istituzioni.

51      Tuttavia, occorre considerare che detti rapporti condizionano la conformità delle decisioni impugnate rispetto all’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione PEI e costituiscono atti preparatori di dette decisioni. Così, poiché le decisioni impugnate beneficiano incontestabilmente della presunzione di legalità, il ricorrente, per ottenerne l’annullamento, deve disporre, quantomeno, di un complesso di indizi pertinenti e concordanti al fine di rovesciare la presunzione stessa (v., in tal senso, sentenze del 23 aprile 2018, Verein Deutsche Sprache/Commissione, T‑468/16, non pubblicata, EU:T:2018:207, punto 36, e del 14 maggio 2014, Alexandrou/Commissione, F‑140/12, EU:F:2014:94, punto 53).

52      Orbene, il semplice fatto che il «rapporto descrittivo» e il «rapporto sul candidato» trasmessi il 22 agosto 2018 rechino la menzione «creati il 10 luglio 2018» non è a tal fine sufficiente. Il Tribunale rileva, al pari della Commissione, che tale menzione può corrispondere alla data alla quale questi documenti sono stati estratti dalla banca di dati della società di valutazione e può risultare dalla semplice generazione di una data automatica inserita in questi due documenti. Pertanto, la data in questione non permette di per sé sola di escludere la presunzione di legalità delle decisioni impugnate.

53      Il ricorrente sostiene poi che, anche supponendo che il «rapporto descrittivo» e il «rapporto sul candidato» fossero identici a quelli trasmessi al direttore generale dell’OLAF prima del colloquio finale di selezione, l’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione PEI sarebbe stato comunque violato, nella misura in cui detti rapporti sarebbero stati creati dalla società di valutazione in violazione del suo diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 7 della Carta. Infatti, tali rapporti conterrebbero dati personali non adeguati e non limitati a quanto era necessario in riferimento alle finalità per le quali i dati stessi sono stati trattati, in quanto sarebbero stati creati il 10 luglio 2018, vale a dire in un’epoca in cui, conclusasi la procedura di nomina, la società di valutazione non sarebbe più stata legittimata a redigerli. Pertanto, la Commissione li avrebbe essa stessa illegittimamente utilizzati per motivare la decisione di nomina dell’interveniente nel rigetto del reclamo.

54      Tale censura non è fondata. Il trattamento dei dati del ricorrente da parte della società di valutazione in data 10 luglio 2018 e da parte dell’APN nel rigetto del reclamo è stato legittimamente effettuato, sulla base del consenso della persona interessata, per una finalità ben determinata o in virtù di un altro fondamento legittimo ai sensi dell’articolo 8 della Carta, il quale sancisce, più specificamente dell’articolo 7 di quest’ultima citato dal ricorrente, il diritto alla protezione dei dati personali.

55      Infatti, la raccolta dei dati del ricorrente da parte della società di valutazione era legittima, in quanto essa si iscriveva nel quadro della procedura di selezione per un posto di capo unità alla quale il ricorrente aveva liberamente deciso di partecipare e che era prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione PEI.

56      Certo, come sostenuto dal ricorrente, la procedura di nomina in senso stretto si è conclusa con la nomina dell’interveniente il 18 maggio 2018. Tuttavia, l’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), della decisione PEI autorizza l’utilizzazione dei risultati della valutazione dopo tale scadenza, in quanto, ai sensi di tale disposizione, i candidati che hanno partecipato alle prove nell’ambito di un centro di valutazione nei due anni che precedono la scadenza del termine di ricevimento delle candidature relative ad una nuova procedura di selezione sono dispensati da una nuova valutazione.

57      Oltre a ciò, la società di valutazione era legittimata ad estrarre i rapporti di valutazione del ricorrente il 10 luglio 2018 e a trasmetterli alla Commissione, in quanto egli aveva chiesto, il 25 maggio 2018, di avere accesso ai dati personali che lo riguardavano che erano stati raccolti nell’ambito della procedura di selezione. Per giunta, la decisione di nomina non era definitiva, per il fatto che il ricorrente aveva presentato un reclamo con il quale chiedeva l’annullamento di tale decisione di nomina e che pertanto, salvo ricorso davanti al Tribunale, era la decisione su tale reclamo che doveva porre definitivamente termine a detta procedura.

58      Per le stesse ragioni, l’APN era legittimata a fare riferimento, nella sua decisione di rigetto del reclamo, ai rapporti di valutazione trasmessi al ricorrente il 22 agosto 2018. Ciò vale a maggior ragione per il fatto che l’APN deve indicare all’interessato le ragioni del rigetto della sua candidatura al più tardi in questa fase procedurale (v., in tal senso, sentenze del 20 novembre 2018, Barata/Parlamento, T‑854/16, non pubblicata, EU:T:2018:809, punto 81, e del 9 luglio 2019, VY/Commissione, T‑253/18, non pubblicata, EU:T:2019:488, punto 47).

59      Infine, come sottolineato dalla Commissione, l’avviso di posto vacante relativo al posto di capo dell’unità [riservato] conteneva un collegamento che rinviava ad una nota informativa relativa al trattamento dei dati personali dei candidati. Tale nota precisava che i dati in questione sarebbero stati raccolti al fine di servire da supporto per tutte le procedure relative alla gestione del personale, vale a dire segnatamente per le assunzioni.

60      Ne consegue che la prima parte del primo motivo di ricorso non è fondata.

2)      Sulla seconda parte del motivo, relativa alla violazione dell’articolo 7 della Carta

61      Il ricorrente fa valere che l’accettazione, da parte dell’APN, del «rapporto descrittivo» e del «rapporto sul candidato» «creati il 10 luglio 2018» in violazione del suo diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 7 della Carta gli arreca pregiudizio in ragione delle valutazioni denigratorie e prive di pertinenza che essi conterrebbero riguardo alla sua capacità di dar prova di estroversione e di altruismo, le quali, per giunta, rimangono valide per tutte le candidature depositate durante i 18 mesi successivi la data della valutazione.

62      Occorre tuttavia ricordare che l’APN, al fine di nominare un funzionario ad un posto vacante, dispone di un ampio potere discrezionale per valutare, nell’interesse del servizio, le capacità dei candidati a tale impiego (v. sentenza del 7 febbraio 2019, Duym/Consiglio, T‑549/17, non pubblicata, EU:T:2019:72, punto 91 e la giurisprudenza ivi citata). Per estensione, i centri di valutazione che essa incarica dispongono di un medesimo margine di manovra. Oltre a ciò, qualora un funzionario depositi una candidatura ad un posto, deve necessariamente accettare il rischio che delle valutazioni sfavorevoli possano essere formulate nei suoi confronti nell’ambito dello scrutinio comparativo dei meriti dei candidati.

63      In tale contesto, il controllo del giudice deve limitarsi a stabilire se l’amministrazione e il centro di valutazione si siano mantenuti entro limiti ragionevoli e non abbiano usato il loro potere in modo manifestamente erroneo (v., in tal senso, sentenza del 7 febbraio 2019, Duym/Consiglio, T‑549/17, non pubblicata, EU:T:2019:72, punto 91 e la giurisprudenza ivi citata). Incombe al ricorrente fornire la prova che tali limiti sono stati superati.

64      Orbene, il ricorrente non fornisce elementi a sostegno della sua censura. Per giunta, le considerazioni contenute nel «rapporto descrittivo» e nel «rapporto sul candidato» in merito alla capacità del ricorrente di dar prova di estroversione e di altruismo non sono né manifestamente denigratorie né manifestamente prive di pertinenza nel quadro della valutazione di una candidatura ad un posto di capo unità. Risulta infatti dal fascicolo che, secondo la letteratura scientifica, l’estroversione e l’altruismo fanno parte dei cinque tratti principali che permettono di descrivere una personalità in modo particolarmente appropriato rispetto ad un ambiente professionale ed occorre ricordare, a questo proposito, che l’articolo 2, paragrafo 1, della decisione PEI precisa che la funzione di capo unità presuppone la direzione permanente e continuativa di un’unità amministrativa.

65      Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, il primo motivo di ricorso non è fondato.

b)      Sul secondo motivo, relativo alla violazione dellarticolo 8, paragrafo 2, lettera a), della decisione PEI

66      L’articolo 8, paragrafo 2, della decisione PEI così dispone:

«2. Nomina

Le fasi procedurali che l’[APN] deve seguire prima di una nomina sono le seguenti:

(a) prima di procedere ad una nomina, il direttore generale interessato consulta il commissario di tutela (...)».

67      Il ricorrente fa osservare che, in occasione della riunione del 17 maggio 2018 con i suoi capi unità, la direttrice della direzione [riservato] ha fatto presente che era stato raggiunto un accordo per la nomina del capo dell’unità [riservato]. Contrariamente a quanto sostiene la Commissione nel rigetto del reclamo, detta direttrice non avrebbe dunque assolutamente fatto riferimento ad una consultazione del «commissario di tutela». Pertanto, secondo il ricorrente, la decisione di nomina sarebbe in realtà il frutto di un accordo tra l’APN ed un terzo non autorizzato dall’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), della decisione PEI a intervenire nel procedimento.

68      La Commissione replica che il ricorrente interpreta erroneamente il processo verbale della riunione del 17 maggio 2018. La procedura sarebbe stata seguita correttamente in quanto, prima di adottare la decisione di nomina, il direttore generale dell’OLAF aveva consultato il commissario di tutela.

69      A questo proposito, occorre ricordare che i processi verbali posseggono un valore probatorio in quanto ritrascrivono constatazioni in punto di fatto comunicate alle persone invitate alle riunioni sulle quali essi vertono (sentenza dell’11 settembre 2013, L/Parlamento, T‑317/10 P, EU:T:2013:413, punto 118).

70      Nondimeno, per valutare l’efficacia probatoria di un documento siffatto, occorre verificare la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta, tener conto dell’origine del documento e delle circostanze della sua redazione e chiedersi se esso, in base al suo contenuto, appaia sensato e credibile (v. sentenza dell’11 dicembre 2003, Conserve Italia/Commissione, T‑305/00, EU:T:2003:338, punto 94 e la giurisprudenza ivi citata).

71      Orbene, la nomina del nuovo capo dell’unità [riservato] non costituiva un punto iscritto in quanto tale all’ordine del giorno della riunione del 17 maggio 2018. Così, la menzione del fatto che un accordo era stato raggiunto in merito a tale nomina appare soltanto una volta nel processo verbale e figura soltanto nell’ambito di un insieme di informazioni di vario tipo annunciate sommariamente all’inizio della riunione e che non ha costituito l’oggetto di alcun commento. Oltre a ciò, la direttrice della direzione [riservato] non riferiva, nella specie, un fatto o un atto di cui essa sarebbe stata testimone diretta. Infine, il suddetto processo verbale non è stato redatto immediatamente, bensì soltanto il 29 maggio successivo, ossia dodici giorni più tardi, ed è stato firmato in forma elettronica soltanto a questa data.

72      Date tali circostanze, la semplice menzione del termine «accordo» non costituisce una prova sufficiente che un «terzo» diverso dal commissario di tutela dell’OLAF sia intervenuto e che l’«accordo» in questione sia cosa diversa dal parere favorevole di quest’ultimo.

73      Il secondo motivo di ricorso deve dunque essere respinto.

c)      Sul terzo motivo, relativo ad una violazione del principio di imparzialità sancito dallarticolo 41, paragrafo 1, della Carta

74      Il ricorrente fa valere che la procedura di selezione all’origine delle decisioni impugnate ha violato il principio di imparzialità attualmente sancito dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta. Egli fonda la propria tesi principalmente sulle decisioni adottate dal direttore generale dell’OLAF il 15 dicembre 2017.

75      A sostegno del suo motivo di ricorso, il ricorrente adduce quattro indizi che proverebbero la parzialità di cui avrebbe dato prova l’APN nel corso della procedura.

1)      Quanto al primo indizio

76      In primo luogo, il ricorrente asserisce che, dopo la sentenza Spadafora, il direttore generale dell’OLAF aveva l’intenzione di affidare all’interveniente il compito di facente funzioni di capo dell’unità [riservato]. Detto direttore generale avrebbe convocato i membri di questa unità sin dal 7 dicembre 2017 per annunciare loro la propria intenzione, ma avrebbe rinunciato a metterla in pratica a seguito di un intervento dell’avvocato del ricorrente.

77      Il ricorrente produce soltanto a sostegno della propria allegazione una convocazione ad una riunione il cui oggetto era un pranzo di Natale, e poi un messaggio di posta elettronica del suo avvocato in data 8 dicembre 2017 che interpellava il direttore generale in merito alla sua «intenzione di nominare [l’interveniente] come capo unità facente funzione dell’unità [riservato]». Nella sua risposta del 9 gennaio 2018 a tale messaggio di posta elettronica, il direttore generale dell’OLAF ha fatto riferimento a tre decisioni che egli aveva adottato. In primo luogo, quella di sostituire la prima decisione di nomina annullata dalla sentenza Spadafora con una decisione che nominava l’interveniente ad un posto di amministratore principale in seno all’unità [riservato] con effetto al 1° agosto 2014. In secondo luogo, quella di designare costei come capo unità facente funzione per il periodo compreso tra tale data e il 5 dicembre 2017, data della sentenza sopra citata. In terzo luogo, quella di trasferire l’interveniente ad un posto di amministratore principale assegnato all’ufficio del direttore generale con effetto al 6 dicembre 2017.

78      In nessun momento il direttore generale ha fatto allusione, nella sua risposta del 9 gennaio 2018, all’intenzione che egli avrebbe avuto di nominare l’interveniente quale capo unità facente funzione dell’unità [riservato] per il periodo successivo alla sentenza Spadafora.

79      Date tali circostanze, questa presunta intenzione non è dimostrata in termini giuridicamente sufficienti. Di conseguenza, da ciò non può ricavarsi alcun indizio di parzialità.

2)      Quanto al secondo indizio

80      In secondo luogo, il ricorrente ricava un argomento dal fatto che, nella sua nota del 15 dicembre 2017, il direttore generale dell’OLAF ha dichiarato che la sentenza Spadafora aveva annullato la prima nomina dell’interveniente quale capo dell’unità [riservato] per un semplice motivo procedurale, mentre detta sentenza sarebbe fondata sulla violazione di un principio fondamentale del diritto dell’Unione, ossia il principio di imparzialità. Egli avrebbe dunque minimizzato tale sentenza facendola passare per un «semplice incidente di percorso».

81      Nella sua nota in questione, il direttore generale ha informato il personale che, «il 5 dicembre 2017, il Tribunale [aveva] annullato, per ragioni puramente procedurali, la nomina nell’agosto 2014 del capo dell’unità [riservato]» e che «la procedura di nomina doveva di conseguenza essere ripresa».

82      Come osserva il ricorrente, tale annullamento era fondato sul fatto che l’imparzialità della presidentessa del comitato di preselezione poteva essere messa in dubbio. Tuttavia, sebbene il diritto di qualsiasi persona a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale sia ormai sancito dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta, il vizio rappresentato dalla violazione del diritto suddetto resta un vizio procedurale e l’annullamento sulla base di quest’ultimo non ha un effetto radicale che impedisca all’istituzione interessata di adottare nuovamente un atto identico, purché essa questa volta rispetti le regole procedurali di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata). È d’altronde questa in sostanza la ragione per la quale il Tribunale ha ritenuto, nella sentenza Spadafora, di non poter predeterminare la decisione che la Commissione sarebbe giunta a prendere alla luce di tale sentenza ed ha respinto le conclusioni risarcitorie formulate dal ricorrente per ottenere il ristoro del danno derivante dalla perdita di un’opportunità di essere nominato (punti 121 e 122).

83      L’informazione diffusa il 15 dicembre 2017 è conforme sia alla giurisprudenza summenzionata sia alla sentenza Spadafora. Essa non può dunque essere considerata come uno svilimento di quest’ultima.

84      Il secondo elemento rilevato dal ricorrente non costituisce dunque un indizio di parzialità del direttore generale dell’OLAF.

3)      Quanto al terzo indizio

85      In terzo luogo, il ricorrente fa valere che l’interveniente è stata avvantaggiata in occasione della seconda procedura di selezione in quanto l’APN l’ha nominata, il 15 dicembre 2017, quale capo facente funzione dell’unità [riservato] dal 1° agosto 2014 al 5 dicembre 2017, in modo da attribuirle retroattivamente un’esperienza in tale veste.

86      Il ricorrente fa osservare, a questo proposito, che un capo unità aggiunto era stato nominato nell’unità suddetta e che questi avrebbe dovuto essere designato per esercitare le funzioni di capo unità a partire dal 16 febbraio 2015.

87      L’articolo 27, paragrafo 2, del regolamento interno della Commissione [C(2000) 3614] (GU 2000, L 308, pag. 26) dispone che, «[q]ualora il capo unità abbia un impedimento o il suo posto sia vacante, supplisce il capo unità aggiunto o un funzionario designato dal direttore generale (...)».

88      Ne consegue che, contrariamente a quanto suggerito dal ricorrente, l’APN non era tenuta a designare il capo unità aggiunto per esercitare le funzioni di capo unità, bensì poteva, a propria scelta, designare un altro funzionario a tal fine. Per il resto, la Commissione osserva correttamente che il capo unità aggiunto è stato designato in seno all’unità [riservato] soltanto a partire dal 16 febbraio 2015 e che la sua designazione a partire da questo momento per esercitare le funzioni di capo unità non avrebbe risolto le difficoltà per il periodo precedente.

89      Il ricorrente contesta soprattutto l’affermazione, figurante nel rigetto del reclamo, secondo cui la designazione dell’interveniente come capo unità facente funzione era necessaria per evitare che, a seguito della sentenza Spadafora, le decisioni da essa prese in quanto capo unità potessero essere impugnate. Il ricorrente obietta a questo proposito che i principi della tutela del legittimo affidamento e di buona fede limitavano di per sé soli l’effetto retroattivo della sentenza ed erano sufficienti per preservare gli atti da essa compiuti.

90      Occorre ricordare effettivamente che, trovatasi ad esaminare una situazione paragonabile, la Corte ha statuito che una nomina retroattiva non era assolutamente necessaria, in quanto l’annullamento della prima nomina dell’interessato quale funzionario non determinava, di per sé stesso, la nullità degli atti da lui compiuti, nella misura in cui, a quell’epoca, costui era all’apparenza regolarmente investito di tale qualità (sentenza del 28 febbraio 1989, van der Stijl e Cullington/Commissione, 341/85, 251/86, 258/86, 259/86, 262/86, 266/86, 222/87 e 232/87, EU:C:1989:93, punto 28).

91      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostengono la Commissione e l’interveniente, i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto non imponevano, nel caso di specie, la designazione retroattiva di quest’ultima al posto di capo facente funzione dell’unità [riservato].

92      Tuttavia, nel caso di specie, non risulta dal fascicolo che l’attribuzione all’interveniente di un punteggio superiore a quello del ricorrente fosse fondata sulla nomina retroattiva di costei quale capo facente funzione dell’unità [riservato]. Nel rigetto del reclamo, l’APN ha spiegato tale differenza con l’insufficiente esperienza del ricorrente in materia di management, la quale emergeva dal fatto che egli non era stato in grado di fornire risposte molto precise ai quesiti che gli erano stati posti in questa materia.

93      Per giunta, in ogni caso, anche supponendo che il comitato di selezione, nel valutare la candidatura dell’interveniente, abbia preso in considerazione le funzioni esercitate da quest’ultima in qualità di capo facente funzione dell’unità [riservato], risulta dalla giurisprudenza (v. sentenza del 17 ottobre 2006, Dehon/Parlamento, T‑432/03 e T‑95/05, EU:T:2006:321, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata) che, in caso di annullamento di una nomina, l’APN può, nell’ambito di un nuovo procedimento, prendere in considerazione l’esperienza e i titoli acquisiti dai candidati durante il periodo che separa i due avvisi di posto vacante. Allo stesso modo, nella sentenza del 28 febbraio 1989, van der Stijl e Cullington/Commissione (341/85, 251/86, 258/86, 259/86, 262/86, 266/86, 222/87 e 232/87, EU:C:1989:93, punto 36), la Corte ha osservato che, al momento della sua assunzione come agente temporaneo, l’agente la cui nomina statutaria era stata annullata aveva già esercitato le funzioni controverse e che i suoi superiori gerarchici avevano così avuto la possibilità di valutare se egli disponesse delle competenze specifiche richieste per il posto in questione.

94      Di conseguenza, giustamente l’interveniente sostiene che la sua nomina retroattiva come capo unità facente funzione dell’unità [riservato] non le procurava alcun indebito vantaggio, in quanto, nell’ambito della nuova procedura intesa a coprire il posto di capo unità, essa avrebbe comunque potuto trarre profitto dall’esperienza che aveva acquisito occupando in concreto tale posto, e ciò anche in assenza di una nomina retroattiva.

95      Date tali circostanze, tale nomina retroattiva non è un indizio della parzialità dell’APN.

4)      Quanto al quarto indizio

96      In quarto luogo, il ricorrente sostiene che l’interveniente ha beneficiato di un trasferimento presso il direttore generale dell’OLAF a far data dal 6 dicembre 2017, senza alcun compito da svolgere, così come risulterebbe dal sistema informatico di gestione del personale, denominato Sysper. L’interveniente avrebbe così trovato un posto «nella privilegiata sala d’attesa» dell’APN prima della sua nuova nomina.

97      La Commissione e l’interveniente fanno osservare che, nella sentenza del 12 marzo 2008, Giannini/Commissione (T‑100/04, EU:T:2008:68, punti 223 e 225), il Tribunale ha giudicato che la partecipazione di un membro di una commissione di concorso alla valutazione di un candidato che lavorava o aveva lavorato nella stessa unità o direzione del membro predetto non aveva, di per sé stessa, l’effetto di indurre quest’ultimo a pronunciarsi su una questione al cui trattamento o alla cui soluzione egli aveva un interesse personale suscettibile di far venir meno la sua indipendenza. Il Tribunale avrebbe statuito che, di conseguenza, il fatto per alcuni membri della commissione giudicatrice di aver lavorato con alcuni candidati non era sufficiente, di per sé solo, a dimostrare l’esistenza di una situazione di conflitto di interessi.

98      Il ricorrente replica che egli denuncia non già una situazione di «conflitto di interessi», bensì quella di una mancanza di imparzialità.

99      Occorre però ricordare che il conflitto di interessi è soltanto una variante del vizio di parzialità, in quanto l’esigenza di imparzialità ricomprende tutte le circostanze che il funzionario o l’agente chiamato a pronunciarsi su una questione deve ragionevolmente intendere come idonee ad apparire, agli occhi di terzi, come suscettibili di pregiudicare la sua indipendenza (sentenza del 19 settembre 2019, GE Healthcare/Commissione, T‑783/17, EU:T:2019:624, punto 172).

100    Il ricorrente fa nondimeno osservare a ragione che la situazione di un candidato che abbia lavorato sotto la direzione di un membro della commissione giudicatrice si distingue dal caso di specie in cui la persona investita a titolo esclusivo del potere di nomina ha creato un posto ad hoc ed ha fatto di un candidato un proprio subordinato diretto.

101    Tuttavia, per dimostrare che la designazione dell’interveniente come collaboratrice diretta del direttore generale era una manovra per favorirla, il ricorrente si limita a sostenere che tale posto non aveva né titolo né descrizione in Sysper e che esso non corrispondeva ad alcun compito da svolgere.

102    In una comunicazione del 15 dicembre 2017, il direttore generale dell’OLAF indicava già che l’interveniente avrebbe esercitato un’attività nel settore giuridico. Inoltre, alcuni messaggi di posta elettronica scambiati il 20 dicembre successivo con l’interveniente, con il nuovo capo facente funzione dell’unità [riservato] e con il direttore generale contraddicono l’affermazione secondo cui al posto in questione non era collegato alcun compito. In tale scambio di messaggi, il direttore generale confermava tutti i compiti che l’interveniente aveva proposto di svolgere ed aggiungeva quello di consigliarlo su questioni giuridiche particolari in caso di necessità. Infine, l’interveniente precisa che essa ha lavorato principalmente su due progetti. In primo luogo, su un progetto di revisione del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’OLAF e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1). In secondo luogo, sul progetto che ha portato all’adozione del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU 2018, L 295, pag. 39).

103    Il ricorrente sostiene invero che tali compiti erano già affidati ad altre persone, ma si tratta in questo caso di un’affermazione non supportata da alcun elemento. In ogni caso, non è raro che un funzionario riprenda dei compiti già attribuiti ad altri, ad esempio per alleggerire il loro carico di lavoro o, come sostiene l’interveniente, perché è in grado di svolgerli meglio.

104    Per giunta, la prossimità creata dalla designazione controversa deve essere ridimensionata nella misura in cui, come sostiene l’interveniente senza essere contraddetta sul punto, il ricorrente e gli altri candidati preselezionati dal collegio di selezione conoscevano il direttore generale dell’OLAF da più tempo di essa.

105    Infine, il fatto che, dopo la decisione di nomina, lo stesso ricorrente sia stato designato per svolgere le funzioni, precedentemente svolte dall’interveniente, di collaboratore diretto del direttore generale dimostra che tale posto rispondeva ad una necessità effettiva del servizio e che esso non costituiva un trattamento di favore riservato all’interveniente.

106    Ne consegue che, anche se sarebbe stato preferibile non designare l’interveniente come collaboratrice diretta del direttore generale una volta che la nuova procedura di selezione era stata avviata, tale designazione non è sufficiente, nelle circostanze della causa, per concludere nel senso della mancanza di imparzialità del procedimento.

107    Pertanto, il terzo motivo di ricorso non è fondato.

108    Poiché nessuno dei motivi di ricorso è fondato, occorre di conseguenza respingere le conclusioni per annullamento.

B.      Sulle conclusioni risarcitorie

109    Occorre ricordare, in via preliminare, che, nell’ambito di una domanda di risarcimento danni formulata da un funzionario o da un agente, la responsabilità dell’Unione presuppone il soddisfacimento di un insieme di presupposti per quanto riguarda l’illegittimità del comportamento addebitato alle istituzioni, l’esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità tra il comportamento e il danno lamentato (sentenze del 16 dicembre 2010, Commissione/Petrilli, T‑143/09 P, EU:T:2010:531, punto 45, e del 7 novembre 2019, WN/Parlamento, T‑431/18, non pubblicata, EU:T:2019:781, punto 122).

110    Nel caso di specie, il ricorrente chiede al Tribunale di condannare la Commissione a risarcire il danno materiale e morale che egli avrebbe subito a motivo delle irregolarità commesse da tale istituzione in occasione dell’adozione della decisione di nomina e che egli ha identificato nei suoi motivi di annullamento. Il danno materiale da lui subito consisterebbe nella perdita di un’opportunità di essere nominato al posto di capo dell’unità [riservato], nel momento in cui egli faceva parte dell’elenco ristretto dei quattro candidati convocati ai colloqui di selezione. Il danno morale da lui subito deriverebbe dalla reiterazione di atti viziati da illegittimità e dal pregiudizio per la sua reputazione e per le sue relazioni professionali risultante dal fatto che la Commissione ha accettato le valutazioni negative formulate sul suo conto dalla società di valutazione.

111    Secondo una costante giurisprudenza, poiché i tre presupposti per l’insorgere della responsabilità ricordati supra al punto 109 sono cumulativi, la responsabilità dell’istituzione non può essere affermata allorché uno di essi non è soddisfatto (sentenze del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punto 14; del 10 dicembre 2008, Nardone/Commissione, T‑57/99, EU:T:2008:555, punto 60, e del 7 novembre 2019, WN/Parlamento, T‑431/18, non pubblicata, EU:T:2019:781, punto 122).

112    Nel caso di specie, l’illegittimità del comportamento addebitato dal ricorrente alla Commissione non è dimostrata, poiché i motivi di annullamento cui egli rinvia non sono fondati.

113    Ne consegue che le conclusioni risarcitorie devono essere respinte.

C.      Sulla ricevibilità della «memoria supplementare» depositata dal ricorrente il 14 ottobre 2019

114    La «memoria supplementare» depositata dal ricorrente il 14 ottobre 2019 non è una memoria prevista dal regolamento di procedura. Tuttavia, poiché l’Unione è una comunità di diritto, le modalità procedurali applicabili ai ricorsi di cui il giudice dell’Unione viene investito devono essere interpretate, per quanto possibile, in modo tale che esse possano ricevere un’applicazione che contribuisca alla realizzazione dell’obiettivo di garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto dell’Unione (sentenza del 17 luglio 2008, Athinaïki Techniki/Commissione, C‑521/06 P, EU:C:2008:422, punto 45).

115    Nel caso di specie, senza che occorra statuire sul diritto che una parte ricorrente avrebbe, in nome del principio del carattere contraddittorio del procedimento e del principio della tutela giurisdizionale effettiva, a presentare, in una «memoria supplementare», osservazioni sulla controreplica, occorre constatare che, anche supponendola ricevibile, la memoria depositata il 14 ottobre 2019 dal ricorrente è ininfluente ai fini della soluzione della presente controversia. Infatti, gli elementi della controreplica in merito ai quali il ricorrente presenta osservazioni hanno già dato luogo ad un dibattito tra le parti o vertono, in sostanza, sull’interesse del ricorrente a contestare le decisioni impugnate e non fungono da fondamento delle ragioni addotte dal Tribunale al fine di rigettare il presente ricorso.

116    Di conseguenza, alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre respingere il ricorso nella sua interezza.

IV.    Sulle spese

117    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

118    Nel caso di specie, poiché il ricorrente è rimasto soccombente, occorre condannarlo a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione e dall’interveniente, in conformità delle conclusioni da queste presentate.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Sergio Spadafora è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Commissione europea e da CC.

Gervasoni

Nihoul

Frendo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 febbraio 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

       M. van der Woude


* Lingua processuale: l’italiano.


1      Dati riservati omessi.