Language of document : ECLI:EU:T:2014:141

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

21 marzo 2014 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive nei confronti di persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani – Regolamento (CE) n. 881/2002 – Congelamento dei capitali e delle ricorse economiche di una persona a seguito del suo inserimento in un elenco redatto da un organismo delle Nazioni Unite – Comitato per le sanzioni – Conseguente inserimento nell’allegato I al regolamento n. 881/2002 – Rifiuto della Commissione di cancellare tale inserimento – Ricorso per carenza – Diritti fondamentali – Diritto al contraddittorio, diritto ad un controllo giurisdizionale effettivo e diritto al rispetto della proprietà»

Nella causa T‑306/10,

Hani El Sayyed Elsebai Yusef, residente in Londra (Regno Unito), rappresentato inizialmente da E. Grieves, barrister, e H. Miller, solicitor, successivamente da E. Grieves, H. Miller e P. Moser, QC, e R. Graham, solicitor,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da E. Paasivirta, M. Konstantinidis e T. Scharf, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente da E. Finnegan e R. Szostak, successivamente da E. Finnegan, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda diretta a far dichiarare, conformemente all’articolo 265 TFUE, che la Commissione si è illegittimamente rifiutata di procedere all’abrogazione del regolamento (CE) n. 1629/2005 della Commissione, del 5 ottobre 2005, recante cinquantaquattresima modifica del regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al‑Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 del Consiglio (GU L 260, pag. 9), nei limiti in cui tale atto riguarda il ricorrente,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da N. J. Forwood (relatore), presidente, F. Dehousse e J. Schwarcz, giudici,

cancelliere: J. Weychert, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 ottobre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 29 settembre 2005 il comitato istituito con la risoluzione 1267 (1999) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: rispettivamente, il «comitato per le sanzioni» e il «Consiglio di sicurezza») ha aggiunto il nome del ricorrente, il sig. Hani El Sayyed Elsebai Yusef, identificato come persona associata all’organizzazione Al-Qaeda, al suo elenco ricapitolativo delle persone e delle entità i cui capitali e le altre risorse economiche devono essere congelati in forza di diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza [in particolare, le risoluzioni 1333 (2000), 1390 (2002), 1455 (2003), 1562 (2004), 1617 (2005), 1730 (2006), 1735 (2006), 1822 (2008), 1904 (2009) e 1989 (2011)] dirette a combattere le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali derivanti dagli atti terroristici (in prosieguo: l’«elenco del comitato per le sanzioni»).

2        Con il regolamento (CE) n. 1629/2005 della Commissione, del 5 ottobre 2005, recante cinquantaquattresima modifica del regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 del Consiglio (GU L 260, pag. 9), il nome del ricorrente è stato aggiunto all’elenco dell’allegato I al regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio, del 27 maggio 2002, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al‑Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan (GU L 139, pag. 9) (in prosieguo: l’«elenco controverso»). Pertanto, i capitali del ricorrente e le altre risorse finanziarie sono stati congelati nella Comunità europea, conformemente alle disposizioni sostanziali del regolamento n. 881/2002.

3        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 gennaio 2006 e diretto contro il Consiglio dell’Unione europea, il ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento del regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1629/2005, nei limiti in cui tali atti lo riguardavano. Con ordinanza del Tribunale del 31 maggio 2006, Yusef/Consiglio (T‑2/06, non pubblicata nella Raccolta), tale ricorso è stato respinto in quanto manifestamente irricevibile, essendo stato proposto tardivamente.

4        Il 3 settembre 2008 la Corte ha pronunciato la sua sentenza nelle cause riunite Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc. pag. I‑6351; in prosieguo: la «sentenza Kadi I della Corte»).

5        Con lettere del 7 marzo 2009 inviate al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione delle Comunità europee, il ricorrente ha chiesto l’accesso ai documenti utilizzati da tali istituzioni al fine di giustificare l’inserimento del suo nome nell’elenco controverso.

6        Con lettera del 23 aprile 2009 la Commissione ha trasmesso al ricorrente tre documenti, vale a dire: i) il comunicato SC/8516 del comitato per le sanzioni, del 3 ottobre 2005, riguardante l’aggiunta del nome del ricorrente, insieme ad altri, al proprio elenco; ii) il comunicato SC/8520 del comitato per le sanzioni, del 10 ottobre 2005, concernente la modifica dei dati personali del ricorrente, quali figurano associati al suo nome nell’elenco di detto comitato; iii) il comunicato SC/8815 del comitato per le sanzioni, del 24 agosto 2006, relativo ad una nuova modifica degli stessi dati personali.

7        Dinanzi alla High Court of Justice (England and Wales), Queen’s Bench Division [Corte Suprema (Inghilterra e Galles), divisione della regia magistratura; in prosieguo: la «High Court»], il ricorrente ha proposto un ricorso avverso il provvedimento nazionale di congelamento dei propri fondi adottato nei suoi confronti dal Ministero degli Affari Esteri e del Commonwealth del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (in prosieguo: il «FCO»), parallelamente all’adozione del regolamento n. 1629/2005. Nell’ambito di tale ricorso il FCO ha intrapreso numerose iniziative presso il comitato per le sanzioni per consentire al ricorrente di conoscere i motivi del suo inserimento nell’elenco di tale comitato nonché l’identità dello Stato che aveva richiesto tale inserimento. Nessuna di tali iniziative ha avuto esito positivo, ma, nell’ambito di una deposizione fatta in qualità di testimone il 19 giugno 2009 dinanzi alla High Court, il capo del servizio del FCO che si occupa delle sanzioni, esprimendosi a nome di quest’ultimo, ha dichiarato quanto segue:

«Conformemente alla procedura di riesame come definita [dalla normativa applicabile], il FCO ha raccolto le informazioni di cui dispone il governo per esaminare la designazione del [ricorrente] alla luce dei criteri enunciati nelle risoluzioni rilevanti [del Consiglio di sicurezza]. In esito a tale procedura di riesame, il FCO ha concluso che l’inserimento del [nome del ricorrente] nell’elenco [del comitato per le sanzioni] in base al regime [istituito con la risoluzione 1267 (1999) del Consiglio di sicurezza] non era più opportuno. Sono state richieste ulteriori informazioni, che, tuttavia, non sono state ancora fornite dallo Stato che ha proposto il nome del [ricorrente]. Di conseguenza, il Regno Unito contatterà il comitato [per le sanzioni] per comunicargli che non è più opportuno disporre l’inserimento del [ricorrente]. Il Regno Unito presenterà altresì una domanda di cancellazione del [nome del ricorrente] dall’elenco [del comitato per le sanzioni] e s’impegnerà per ottenerla».

8        Con una sentenza del 27 gennaio 2010, Her Majesty’s Treasury (Respondent) v Mohammed Jabar Ahmed and Others (Appellants), Her Majesty’s Treasury (Respondent) v Mohammed al-Ghabra (Appellant) and R (on the application of Hani el Sayed Sabaei Youssef) (Respondent) v Her Majesty’s Treasury (Appellant) [2010] UKSC 2 & [2010] UKSC 5, la United Kingdom Supreme Court (Corte suprema del Regno Unito) ha annullato il provvedimento nazionale di congelamento dei capitali del ricorrente, sulla base del rilievo che esso era stato adottato ultra vires.

9        Con lettera del 18 marzo 2010, facendo riferimento alla sentenza Kadi I della Corte e alla citata sentenza della United Kingdom Supreme Court, il ricorrente ha invitato la Commissione a cancellare il suo nome dall’elenco controverso, in particolare per i seguenti motivi:

–        il suo nome era stato aggiunto a tale elenco in modo automatico a seguito del suo inserimento nell’elenco del comitato per le sanzioni, senza che la Commissione procedesse ad una valutazione indipendente e imparziale;

–        nessuno dei motivi di tale inserimento gli era stato comunicato, in violazione dei suoi diritti fondamentali e dei principi enunciati dalla Corte nella sentenza Kadi I;

–        il Regno Unito, dopo aver esaminato gli elementi di prova su cui basava l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco del comitato per le sanzioni, aveva concluso che i criteri d’inserimento non erano soddisfatti.

10      Il ricorrente ha anche invitato la Commissione a fornire quanto prima ulteriori informazioni sui motivi sostanziali che giustificavano l’inserimento del suo nome nell’elenco controverso.

 Procedimento e nuovi sviluppi in corso di causa

11      Poiché la Commissione non ha dato alcun seguito alla lettera del ricorrente del 18 marzo 2010 entro il termine di due mesi previsto all’articolo 265 TFUE, quest’ultimo ha proposto il presente ricorso con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 luglio 2010.

12      Con atto depositato in pari data presso la cancelleria del Tribunale, il ricorrente ha presentato una domanda di gratuito patrocinio ai sensi dell’articolo 94 del regolamento di procedura del Tribunale. Con ordinanza del presidente della seconda sezione del Tribunale del 22 ottobre 2010 tale istanza è stata accolta.

13      Il 29 luglio 2010 il comitato per le sanzioni ha riesaminato l’inserimento del nome del ricorrente nel suo elenco, conformemente alla procedura di revisione prevista dal paragrafo 25 della risoluzione 1822 (2008) del Consiglio di sicurezza. L’obiettivo di tale riesame consiste nell’assicurarsi che detto elenco sia il più esatto e aggiornato possibile e nel confermare che l’inserimento dell’interessato resti giustificato. In esito a tale riesame, il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco del comitato per le sanzioni.

14      Il 31 agosto 2010 la Commissione ha ricevuto dal comitato per le sanzioni, in risposta alla sua domanda del 26 gennaio 2010, la motivazione riguardante l’inserimento nell’elenco di detto comitato di varie persone, tra cui il ricorrente.

15      La Commissione, con lettera del 10 settembre 2010, ha reso nota al ricorrente la motivazione di cui trattasi relativa al suo inserimento nell’elenco controverso (in prosieguo: la «motivazione») e lo ha invitato a presentare le proprie osservazioni entro il 10 dicembre 2010.

16      La motivazione è così formulata:

«[Il ricorrente] era membro della Jihad islamica egiziana (…) [Il ricorrente] e un certo numero di altri membri della Jihad islamica egiziana si sono legati ad Al‑Qaeda (…) all’inizio degli anni ’90.

La Jihad islamica egiziana, diretta dal luogotenente di Osama bin Laden, Aiman al‑Zawahiri (…), è responsabile del bombardamento dell’ambasciata egiziana a Islamabad nel 1995. Dal 1998 il gruppo ha ricevuto la maggior parte dei suoi capitali da Al-Qaeda e nel 2001 si è fuso con quest’ultima.

[Il ricorrente] ha fornito un sostegno materiale ad Al‑Qaeda e ha cospirato per commettere atti di terrorismo. Ha viaggiato in ambito internazionale utilizzando falsi documenti, ha ricevuto un addestramento militare e ha fatto parte di cellule e di gruppi che svolgevano operazioni terroristiche facendo uso della forza e della violenza, ivi compresi l’intimidazione, la minaccia e i danni alle proprietà pubbliche e private, nonché opponendosi alle attività delle autorità pubbliche. [Il ricorrente] ha dato istruzioni ad altri soggetti per recarsi in Afghanistan al fine di partecipare ai combattimenti. Ha utilizzato un sito Internet per sostenere gli atti terroristici intrapresi da Al-Qaeda nonché per mantenere il contatto con un certo numero di sostenitori nel mondo.

[Il ricorrente] è ricercato dalle autorità egiziane per il suo coinvolgimento nei crimini terroristici commessi in territorio egiziano e al di fuori di questo, che comprendono la complicità criminale con l’intenzione di commettere atti di omicidio premeditato, la distruzione di proprietà, il possesso non autorizzato di armi da fuoco, di munizioni e di esplosivi, l’appartenenza a un gruppo terroristico, la contraffazione di documenti ufficiali e altri, e il furto».

17      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 ottobre 2010, la Commissione ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità del presente ricorso a titolo dell’articolo 114 del regolamento di procedura.

18      Il 30 settembre 2010 il Tribunale ha pronunciato la sua sentenza nella causa Kadi/Commissione (T‑85/09, Racc. pag. II‑5177; in prosieguo: la «sentenza Kadi II del Tribunale»).

19      Con ordinanza del presidente della seconda sezione del Tribunale del 19 novembre 2010, il Consiglio è stato autorizzato a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

20      Il 30 novembre 2010 il comitato per le sanzioni ha rifiutato di accogliere la domanda di cancellazione del nome del ricorrente dal suo elenco, presentata dal Regno Unito. Da una lettera del 2 dicembre 2011 del presidente del comitato per le sanzioni inviata alla Commissione risulta che, «almeno uno Stato membro del [comitato per le sanzioni] ha concluso di non essere d’accordo sul fatto che [il ricorrente] non soddisfacesse più i criteri d’inserimento nell’elenco [di detto comitato]».

21      Con lettera del 9 dicembre 2010 il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni alla Commissione in risposta alla motivazione.

22      Conformemente all’articolo 7 quater, paragrafo 3, del regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento (UE) n. 1286/2009 del Consiglio, del 22 dicembre 2009 (GU L 346, pag. 42), la Commissione ha quindi avviato il riesame della sua decisione d’inserire il nome del ricorrente nell’elenco controverso, alla luce di dette osservazioni e seguendo la procedura di cui all’articolo 7 ter, paragrafo 2, del regolamento n. 881/2002. La Commissione ha altresì trasmesso le osservazioni in esame al comitato per le sanzioni.

23      Con ordinanza del Tribunale (Seconda Sezione) del 14 marzo 2011, l’eccezione d’irricevibilità è stata riunita al merito.

24      A titolo di misura di organizzazione del procedimento del 17 novembre 2011, il Tribunale (Seconda Sezione) ha invitato le parti a informarlo dello stato della procedura di riesame avviata nella fattispecie in base al regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009 (in prosieguo: la «procedura di riesame») e, supponendo che non fosse stata ancora adottata una decisione sul riesame, ha invitato la Commissione ad esporne i motivi e a comunicargli la data approssimativa in cui intendeva procedere alla sua adozione.

25      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale l’8 dicembre 2011, il ricorrente ha informato quest’ultimo di non essere in grado di rispondere a detto invito, non avendo ricevuto alcuna informazione o corrispondenza da parte della Commissione successivamente alla sua lettera del 9 dicembre 2010.

26      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 6 dicembre 2011, la Commissione ha informato il Tribunale di aver invitato il comitato per le sanzioni, prima di chiudere il riesame, a rispondere alle osservazioni del ricorrente del 9 dicembre 2010. Detta istituzione, dopo aver insistito più volte presso tale comitato, ha affermato di aver infine ricevuto da quest’ultimo, il 2 dicembre 2011, una comunicazione che precisava che lo stesso comitato «indaga[va] attivamente» sul caso. La Commissione ha sostenuto che sarebbe più prudente aspettare l’esito dell’indagine del comitato per le sanzioni. Essa, tuttavia, si è dichiarata pronta ad agire «quanto prima» e ha auspicato di essere in grado di concludere la procedura di riesame «nel corso del primo trimestre del 2012».

27      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 6 dicembre 2011, il Consiglio ha confermato le informazioni della Commissione.

28      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 20 dicembre 2011, la Commissione ha informato il Tribunale di aver ricevuto dal presidente del comitato per le sanzioni una nuova comunicazione scritta del 15 dicembre 2011, allegata a detta lettera, riguardante il caso del ricorrente, e ha nuovamente auspicato di essere in grado di concludere il suo riesame nel corso del primo trimestre del 2012. In essa si legge, in particolare, quanto segue:

«Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui le prove relative al caso in esame sarebbero state ottenute sotto tortura, lo Stato di residenza [del ricorrente] ha comunicato il proprio punto di vista al [comitato per le sanzioni] nella lettera allegata, datata 7 dicembre 2011. Un altro membro del [comitato per le sanzioni] ha affermato che [il ricorrente] è conosciuto per dirigere lo “Al‑Maqreze Center for Historical Studies”, avente sede nel Regno Unito. Sul sito web del medesimo sono presenti contenuti radicali (www.almaqreze.net)».

29      La lettera della rappresentanza permanente del Regno Unito presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) al presidente del comitato per le sanzioni del 7 dicembre 2011, allegata a detta comunicazione, afferma in particolare quanto segue:

«[Il ricorrente] contesta attualmente dinanzi ai giudici del Regno Unito la decisione di quest’ultimo di sostenere la sua designazione ai sensi della risoluzione 1989 (2011) del Consiglio di sicurezza. Nell’ambito di tale ricorso, [il ricorrente] sostiene che le prove a suo carico “sono state ottenute sotto tortura dei [s]uoi colleghi, o costruite dalle autorità egiziane”. Pertanto, [il ricorrente] non intende dire che egli sa che le prove a suo carico sono state ottenute sotto tortura, bensì, piuttosto, che non ritiene tali prove affidabili per uno dei due possibili motivi.

Il Regno Unito insiste sul fatto che esso non ha alcun motivo di credere che le informazioni prese in considerazione quando ha deciso di sciogliere le sue riserve in relazione alla designazione [del ricorrente] siano state ottenute sotto tortura o costruite dalle autorità egiziane, come sostiene [il ricorrente].

[Il ricorrente] può rivolgersi direttamente al [comitato per le sanzioni] per essere cancellato dall’elenco. Dal 3 giugno 2010 egli ha il diritto di presentare una domanda di cancellazione all’ufficio del mediatore.

Il Regno Unito riesamina attualmente la designazione [del ricorrente] e si rivolgerà nuovamente al [comitato per le sanzioni] non appena tale procedura sarà conclusa».

30      Con lettera dell’11 gennaio 2012 la Commissione ha informato il ricorrente che il riesame del suo caso era ancora in corso e gli ha comunicato gli ulteriori elementi a carico contenuti nella citata lettera del presidente del comitato per le sanzioni del 15 dicembre 2011, invitandolo a sottoporle le sue osservazioni al riguardo entro il 1° febbraio 2012.

31      Con lettera del 1° febbraio 2012 il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni alla Commissione.

32      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 1° maggio 2012, il ricorrente ha trasmesso al Tribunale una copia delle lettere menzionate nei precedenti punti 30 e 31.

33      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento.

34      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 14 settembre 2012, il ricorrente ha presentato una domanda di misura di organizzazione del procedimento, diretta ad ottenere che talune questioni fossero sottoposte alla Commissione. A detta lettera erano allegati una lettera del ricorrente alla Commissione del 13 settembre 2012 nonché un certo numero di documenti su cui è stato tolto il segreto che egli aveva ricevuto poco prima dai UK Security Services (Servizi di sicurezza del Regno Unito).

35      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 settembre 2012, la Commissione ha informato quest’ultimo di aver ricevuto dal presidente del comitato per le sanzioni un’altra comunicazione scritta del 21 marzo 2012, allegata a detta lettera, riguardante il caso del ricorrente, e ha sottolineato, sulla base d’informazioni ufficiose comunicate dalla sua delegazione a New York (Stati Uniti), che la procedura di riesame del caso del ricorrente da parte del comitato per le sanzioni avrebbe potuto portare ad una decisione il 23 dicembre 2012. In essa si legge, in particolare, quanto segue:

«A seguito delle mie precedenti lettere del 2 e del 15 dicembre 2011, vorrei comunicarvi che lo Stato di designazione ha informato il comitato [per le sanzioni] che esso si opponeva alla divulgazione della sua identità in quanto Stato di designazione. Inoltre, le autorità di tale Stato hanno confermato che “secondo il loro recente riesame del caso [del ricorrente], esse erano giunte alla conclusione che esistevano legami e connessioni tra [il ricorrente] e Al-Qaeda, dato che egli è membro del gruppo Al-Jihad, che ha legami con l’organizzazione Al-Qaeda”».

36      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale nell’udienza del 9 ottobre 2012, in esito alla quale la causa è stata assegnata in decisione.

37      Il 18 luglio 2013 la Corte ha pronunciato la sua sentenza nelle cause riunite Commissione e a./Kadi (C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P; in prosieguo: la «sentenza Kadi II della Corte»).

 Conclusioni delle parti

38      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare che la mancata cancellazione, da parte della Commissione, del suo nome dall’elenco controverso è illegittima;

–        ingiungere alla Commissione di cancellare il suo nome da detto elenco;

–        condannare la Commissione alle spese, comprese quelle anticipate dalla cassa del Tribunale a titolo di gratuito patrocinio.

39      La Commissione, sostenuta dal Consiglio, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile e/o infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

40      In udienza il ricorrente ha rinunciato al capo delle conclusioni con cui aveva chiesto d’ingiungere alla Commissione di cancellare il suo nome dall’elenco controverso nonché alla sua domanda di misura di organizzazione del procedimento, cosa di cui si è dato atto nel verbale d’udienza.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

41      La Commissione e il Consiglio sostengono, in primo luogo, che il presente ricorso per carenza costituisce sostanzialmente un ricorso di annullamento del regolamento n. 1629/2005, che è stato proposto manifestamente fuori termine e che, pertanto, è irricevibile.

42      Il ricorrente, inoltre, non sarebbe legittimato ad agire per carenza facendo valere la mancata abrogazione del regolamento n. 1629/2005, essendosi astenuto dall’agire per l’annullamento del medesimo al momento della sua adozione nel 2005. Così facendo, il ricorrente avrebbe cercato di eludere la scadenza del termine perentorio per la proposizione del ricorso di annullamento previsto all’articolo 230 CE (divenuto articolo 263 TFUE), il che sarebbe vietato da una giurisprudenza classica e costante. Secondo il Consiglio, non sarebbe nell’interesse dell’amministrazione della giustizia concedere agli interessati un termine di fatto illimitato per proporre un ricorso che può portare alla revoca, retroattiva o meno, di una misura di congelamento dei capitali.

43      La Commissione e il Consiglio fanno valere, in secondo luogo, che il presente ricorso è comunque irricevibile, perché non sarebbe dimostrato che la Commissione, quando è stata invitata ad agire, ai sensi dell’articolo 265, secondo comma, TFUE, il 18 marzo 2010, fosse obbligata, alla luce del diritto dell’Unione europea, ad abrogare il regolamento n. 1629/2005 nella parte relativa al ricorrente.

44      Il regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009, non prevedrebbe alcun obbligo di agire su richiesta di una persona interessata. La Commissione, in forza dell’articolo 7 quater, paragrafo 2, del regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009, sarebbe solamente tenuta a comunicare all’interessato i motivi dell’inserimento del suo nome nell’elenco controverso «[non] appena il comitato per le sanzioni fornisce la motivazione richiesta», e poi, in forza dell’articolo 7 quater, paragrafo 3, del regolamento n. 881/2002, a riesaminare la sua decisione «[qualora] siano formulate osservazioni» dall’interessato. La Commissione ritiene di non essere tenuta ad avviare la procedura di riesame prima del ricevimento della motivazione del comitato per le sanzioni e prima che le fasi elencate nell’articolo 7 quater, paragrafo 2, del regolamento n. 881/2002 non siano terminate.

45      Orbene, nel caso di specie, poiché il comitato per le sanzioni non ha trasmesso alcuna motivazione alla Commissione alla data di proposizione del ricorso, tale istituzione non avrebbe omesso di adottare una misura ad essa incombente.

46      Successivamente, il ricorrente avrebbe debitamente beneficiato delle garanzie procedurali previste dal regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009, e il riesame del suo inserimento sarebbe ancora in corso.

47      Il Consiglio e la Commissione fanno valere, in terzo luogo, che il rigetto del presente ricorso in quanto irricevibile non priva il ricorrente della possibilità di proporre un ricorso amministrativo o giurisdizionale contro la misura di congelamento dei suoi beni.

48      Al riguardo tali istituzioni affermano, in primo luogo, che i diritti della difesa delle persone e delle entità inserite nell’elenco del comitato per le sanzioni sono attualmente sanciti dal regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009. In forza dell’articolo 7 quater del regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009, le persone che sono state inserite nell’elenco controverso prima del 3 settembre 2008 e che vi figurano tuttora possono chiedere alla Commissione di rendere nota la motivazione del loro inserimento e la Commissione è tenuta a comunicare a tali persone la motivazione che riceve dal comitato per le sanzioni, fornendo la possibilità di formulare osservazioni in merito. La Commissione dovrebbe quindi riesaminare la sua decisione di assoggettare gli interessati ad un regime di congelamento dei propri beni e la decisione che essa adotta in esito a tale riesame costituirebbe un atto destinato a produrre effetti giuridici ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il quale può formare oggetto di un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione.

49      Nella fattispecie, la motivazione elaborata dal comitato per le sanzioni il 7 settembre 2010 sarebbe stata comunicata al ricorrente il 10 settembre 2010 e la Commissione lo ha invitato a formulare le proprie osservazioni entro il 10 dicembre 2010. Queste ultime sarebbero quindi state comunicate dalla Commissione al comitato per le sanzioni.

50      Peraltro, anche se il Tribunale dovesse accogliere il presente ricorso, l’esito reale della controversia in ordine al mantenimento del congelamento dei fondi del ricorrente dipenderebbe dal risultato della procedura amministrativa di riesame attualmente in corso.

51      Il Consiglio e la Commissione fanno riferimento, in secondo luogo, alle possibilità di ricorrere all’ufficio del mediatore istituito con la risoluzione 1904 (2009) del Consiglio di sicurezza.

52      Il ricorrente contesta tale argomento e sostiene che il presente ricorso per carenza è ricevibile.

 Giudizio del Tribunale

53      Per quanto concerne l’argomento presentato in primo luogo dalla Commissione e dal Consiglio, va anzitutto rilevato che il presente ricorso è volto unicamente a far «dichiarare che il fatto che la Commissione si sia astenuta dal cancellare [il] nome [del ricorrente] dall’elenco controverso è illegittimo» e che esso non è diretto all’annullamento di alcun atto. Un siffatto ricorso si presenta dunque, formalmente, come un ricorso per carenza ai sensi dell’articolo 265 TFUE e non come un ricorso di annullamento a norma dell’articolo 263 TFUE.

54      È vero che, come rammentano giustamente la Commissione e il Consiglio, non è consentito a un ricorrente eludere la scadenza del termine di proposizione di un ricorso di annullamento a norma dell’articolo 263 TFUE, diretto contro un atto di un’istituzione, «valendosi» artificiosamente del ricorso per carenza ai sensi dell’articolo 265 TFUE, proposto avverso il rifiuto di tale istituzione di annullare o di revocare detto atto (sentenza della Corte del 6 aprile 1962, Meroni e a./Haute Autorité, cause da 21/61 a 26/61, Racc. pagg. 143, 155).

55      In particolare, non è sufficiente affermare che un simile atto sarebbe stato adottato in violazione del Trattato FUE, poiché quest’ultimo, segnatamente l’articolo 263, prevede altri mezzi di ricorso con cui impugnare, ed eventualmente annullare, ad iniziativa di un soggetto che possieda i requisiti prescritti, un atto dell’Unione asseritamente illegittimo. Se si ammettesse che gli interessati possano chiedere all’istituzione che ha emesso l’atto di revocarlo e, in caso negativo, adire il giudice dell’Unione per silenzio-rifiuto, significherebbe attribuire loro un’azione parallela a quella dell’articolo 263 TFUE, che non sarebbe soggetta alle condizioni stabilite dal Trattato. Di conseguenza, un simile ricorso non possiede i requisiti prescritti dall’articolo 265 TFUE e va pertanto dichiarato irricevibile (sentenza della Corte del 10 dicembre 1969, Eridania e a./Commissione, 10/68 e 18/68, Racc. pag. 459, punti da 16 a 18).

56      Orbene, nel caso di specie, il termine di proposizione di un ricorso di annullamento diretto contro il regolamento n. 1629/2005, che aveva inizialmente disposto il congelamento dei fondi del ricorrente, è scaduto il 30 dicembre 2005 ed è proprio il rifiuto della Commissione di abrogare tale regolamento che costituisce la carenza asserita nell’ambito del presente ricorso.

57      Per di più, il ricorrente aveva proposto un ricorso di annullamento del regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1629/2005, con atto introduttivo di cui una copia era giunta tramite fax presso la cancelleria del Tribunale il 23 dicembre 2005. Tuttavia, poiché l’originale di tale ricorso era stato depositato presso la cancelleria del Tribunale solamente il 6 gennaio 2006, in seguito ad un errore dello studio legale che rappresentava il ricorrente, dovuto all’inesperienza di una giovane segretaria e al periodo natalizio, detto ricorso è stato respinto in quanto manifestamente irricevibile, poiché proposto tardivamente, con la citata ordinanza Yusef/Consiglio.

58      Ciò premesso, da un punto di vista meramente soggettivo, quest’ultima circostanza rivela piuttosto che il ricorrente non cerca di eludere la scadenza del termine di ricorso di annullamento mediante il presente ricorso per carenza, dato che non si è più manifestato alla Commissione prima del 7 marzo 2009, ossia per quasi tre anni dopo il rigetto di tale ricorso in quanto irricevibile.

59      In realtà, sono stati alcuni elementi nuovi, sopraggiunti ben oltre il momento di adozione del regolamento n. 1629/2005 e il rigetto del ricorso di annullamento di tale regolamento in quanto irricevibile, che, come sarà qui di seguito esposto, hanno indotto il ricorrente, in un primo tempo, il 7 marzo 2009, a chiedere l’accesso ai documenti utilizzati dalla Commissione per giustificare il congelamento dei suoi fondi (v. supra punto 5), in un secondo tempo, il 18 marzo 2010, ad invitare la Commissione a cancellare il suo nome dall’elenco controverso (v. supra punto 9) e, in un terzo momento, il 23 luglio 2010, a proporre il presente ricorso per carenza, dato che la Commissione non aveva dato alcun seguito a tale invito entro il termine di due mesi previsto all’articolo 265 TFUE.

60      Orbene, per giurisprudenza costante, l’esistenza di fatti nuovi essenziali può giustificare la presentazione di una domanda diretta al riesame di una decisione che non sia stata impugnata nei termini (sentenze della Corte del 15 maggio 1985, Esly/Commissione, 127/84, Racc. pag. 1437, punto 10, e del 14 giugno 1988, Muysers e Tülp/Corte dei conti, 161/87, Racc. pag. 3037, punto 11; ordinanza del Tribunale dell’11 luglio 1997, Chauvin/Commissione, T‑16/97, Racc. FP pag. I‑A‑237 e II‑681, punto 37).

61      In tale contesto occorre tener conto altresì della particolare dimensione temporale dell’atto di cui trattasi nella specie, che lo distingue dagli atti che hanno dato luogo alla giurisprudenza richiamata nel precedente punto 54.

62      Infatti, a differenza di tali atti, destinati a produrre effetti definitivi, una misura di congelamento dei fondi ai sensi del regolamento n. 881/2002 costituisce una misura cautelare di natura preventiva, non intesa a privare gli interessati della loro proprietà (sentenza Kadi I della Corte, punto 358). La validità di una simile misura è dunque sempre subordinata al permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base della sua adozione nonché alla necessità del suo mantenimento al fine della realizzazione dell’obiettivo ad essa correlato.

63      È tale natura per definizione provvisoria della misura di congelamento dei fondi che giustifica l’inapplicabilità nella fattispecie della soluzione giurisprudenziale richiamata nel precedente punto 54. Contrariamente ad un atto destinato a produrre effetti permanenti, una misura di congelamento dei fondi ai sensi del regolamento n. 881/2002 deve poter essere oggetto in ogni momento di una domanda di riesame al fine di verificare se il suo mantenimento risulti giustificato, e il fatto che la Commissione si sia astenuta dall’accogliere una domanda siffatta deve poter costituire oggetto di un ricorso per carenza.

64      In proposito, va anzitutto rilevato, come ha fatto la Corte al punto 365 della sua sentenza Kadi I, che le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che il regolamento n. 881/2002 mira ad attuare prevedono esse stesse un meccanismo di periodico riesame del regime generale delle misure adottate nonché una procedura che consenta agli interessati di sottoporre «in qualsiasi momento» il loro caso al comitato per le sanzioni ai fini di un riesame (v. altresì precedente punto 13).

65      Si deve aggiungere, infine, che accogliere la tesi delle istituzioni convenuta e interveniente comporterebbe, una volta scaduto il termine di ricorso di annullamento di una misura di congelamento dei fondi, il conferimento alla Commissione del potere eccessivo di congelare per un tempo indefinito i fondi di un soggetto al di fuori di qualsiasi controllo giurisdizionale e a prescindere dal mutare, o addirittura dal venir meno, delle circostanze che hanno inizialmente giustificato l’adozione di detta misura (v., per analogia, sentenza del Tribunale del 30 settembre 2009, Sison/Consiglio, T‑341/07, Racc. pag. II‑3625, punto 116).

66      Inoltre, nelle sue conclusioni relative alla citata sentenza Eridania e a./Commissione (Racc. pagg. 484, 494), l’avvocato generale Roemer aveva già espresso l’opinione secondo cui un ricorrente che lascia scadere i termini fissati per proporre un ricorso di annullamento contro un atto non può «chiedere il suo annullamento» (sic) nell’ambito della procedura dell’articolo 265 TFUE, «a meno che non dimostri il sopraggiungere di fatti nuovi». Del pari, la formulazione precisa del punto 16 della citata sentenza Eridania e a./Commissione rivela che la Eridania avrebbe potuto ottenere l’accoglimento della propria domanda se fosse stata in grado di dimostrare che esisteva un obbligo legale della Commissione di ritirare le decisioni contestate, per esempio nel caso del sopraggiungere di fatti nuovi, come previsto dall’avvocato generale Roemer.

67      La modalità procedurale seguita nella fattispecie dal ricorrente, fondata proprio sulla circostanza di sollevare determinati fatti nuovi, è quindi pienamente compatibile con la giurisprudenza «classica e costante» che gli oppongono la Commissione e il Consiglio.

68      Per di più, essa è prevista espressamente dalla normativa in vigore alla data dell’invito ad agire (18 marzo 2010), vale a dire dall’articolo 7 quater del regolamento n. 881/2002, come modificato, a decorrere dal 26 dicembre 2009, dal regolamento n. 1286/2009. Da un lato, infatti, tale disposizione prevede, nei tre primi paragrafi, una procedura di riesame di cui devono specificamente beneficiare i soggetti che, al pari del ricorrente, sono stati inseriti nell’elenco controverso prima del 3 settembre 2008 (ovvero prima della pronuncia della sentenza Kadi I della Corte). Tali soggetti possono chiedere alla Commissione di rendere loro nota la motivazione del loro inserimento nell’elenco controverso e in seguito possono formulare osservazioni al riguardo e la Commissione, alla luce di tali osservazioni, deve quindi riesaminare la sua decisione di inserirli nell’elenco di cui trattasi. D’altro lato, detta disposizione prevede, al paragrafo 4, una procedura di riesame di cui deve beneficiare qualsiasi soggetto inserito nell’elenco controverso, il quale, «sulla base di nuove prove sostanziali», presenti una nuova domanda di cancellazione. In entrambi i casi, il rimedio del ricorso per carenza deve dunque essere reso possibile, conformemente all’articolo 265 TFUE come interpretato dalla giurisprudenza, in caso di rifiuto da parte della Commissione di procedere al riesame previsto dall’articolo 7 quater del regolamento n. 881/2002.

69      Nella fattispecie, gli elementi nuovi, specificamente fatti valere dal ricorrente nella sua lettera del 18 marzo 2010 alla Commissione, sono di due tipi, vale a dire, da un lato, la pronuncia della sentenza Kadi I della Corte, il 3 settembre 2008, che ha reso note le condizioni formali e sostanziali per l’irrogazione di una misura di congelamento dei fondi nonché le garanzie procedurali di cui devono poter beneficiare gli interessati e, dall’altro, la circostanza che il governo del Regno Unito, dopo aver esaminato, nel contesto di una procedura nazionale, gli elementi di prova su cui si basava l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco del comitato per le sanzioni, abbia concluso, intorno al mese di giugno del 2009, che egli non soddisfaceva i criteri d’inserimento in tale elenco e abbia espresso l’intenzione di rivolgersi al medesimo comitato al fine di ottenere la cancellazione del suo nome da detto elenco (v. precedenti punti 7 e 9).

70      Riguardo alla presa di posizione delle autorità britanniche a favore del ricorrente, essa risulta dalla deposizione fatta il 19 giugno 2009 in qualità di testimone dinanzi alla High Court dal capo del Servizio del FCO che si occupa delle sanzioni (v. precedente punto 7), autorizzato ad esprimersi a nome di tale Ministero. Essa costituisce incontestabilmente un elemento nuovo, poiché, all’inizio, il Regno Unito non si era opposto al congelamento dei fondi del ricorrente, deciso dal comitato per le sanzioni il 29 settembre 2005 (v. supra punto 1). Infatti, secondo le norme di funzionamento interno del comitato per le sanzioni quali quelle allora in vigore, le misure di congelamento dei fondi erano adottate per consensus, quindi all’unanimità. Il Regno Unito, in quanto membro permanente del Consiglio di sicurezza e, ipso facto, del comitato per le sanzioni, ha quindi necessariamente dato la sua approvazione nel settembre 2005 riguardo al congelamento dei fondi del ricorrente, prima di modificare la propria posizione nel 2009. Anche il ricorrente afferma di aver avuto conoscenza di tale cambiamento nel giugno del 2009 in occasione del procedimento dinanzi alla High Court, il che sembra attestato dagli elementi del fascicolo e non è comunque contestato dalla Commissione. Anche tale elemento nuovo può essere qualificato come sostanziale, se non altro a causa dello status di membro permanente del Consiglio di sicurezza di cui fruisce detto Stato membro, che è inoltre lo Stato di residenza dell’interessato.

71      Per quanto riguarda la pronuncia della sentenza Kadi I della Corte, è vero che, per giurisprudenza costante, gli effetti giuridici di una sentenza del giudice dell’Unione emessa nell’ambito del contenzioso di annullamento riguardano solamente, oltre alle parti, le persone direttamente interessate dall’atto annullato stesso, e che una siffatta sentenza può costituire un fatto nuovo solo nei confronti di tali persone (sentenze della Corte del 17 giugno 1965, Müller/Consigli CEE, CEEA e CECA, 43/64, Racc. pagg. 499, 515; del 14 dicembre 1965, Pfloeschner/Commissione, 52/64, Racc. pagg. 1211, 1219, e dell’8 marzo 1988, Brown/Corte di giustizia, 125/87, Racc. pag. 1619, punto 13; ordinanza del Tribunale del 15 dicembre 1995, Progoulis/Commissione, T‑131/95, Racc. FP pag. I‑A‑297 e II‑907, punto 41).

72      Nella fattispecie, tuttavia, si deve tener conto non soltanto della pronuncia della sentenza Kadi I della Corte, ma anche e soprattutto del cambiamento di atteggiamento e di comportamento che tale sentenza ha necessariamente indotto nella Commissione, che costituisce esso stesso un fatto nuovo e essenziale. Fino alla pronuncia di tale sentenza, infatti, la Commissione riteneva, da un lato, di essere rigidamente vincolata dalle decisioni del comitato per le sanzioni, senza alcun potere discrezionale autonomo, e, dall’altro, che le consuete garanzie dei diritti della difesa fossero inapplicabili nel contesto dell’adozione o della contestazione di una misura di congelamento dei fondi a norma del regolamento n. 881/2002. Tale opinione era stata del resto confermata dal Tribunale nella sua sentenza del 21 settembre 2005, Kadi/Consiglio e Commissione (T‑315/01, Racc. pag. II‑3649; in prosieguo: la «sentenza Kadi I del Tribunale»). Per contro, subito dopo la pronuncia della sentenza Kadi I della Corte, che ha annullato la sentenza Kadi I del Tribunale, e proprio per conformarsi a tale sentenza, come prevede l’articolo 266 TFUE, la Commissione ha radicalmente modificato il suo atteggiamento e si è messa in condizione di riesaminare, se non di propria iniziativa perlomeno su esplicita richiesta degli interessati, tutti gli altri casi di congelamento dei fondi a norma del regolamento n. 881/2002.

73      In tale contesto occorre rilevare che, secondo la banca dati Prelex, la proposta della Commissione al Consiglio di adottare un regolamento che modifica il regolamento n. 881/2002 al fine di conformarsi alla sentenza Kadi I della Corte è stata formalmente adottata dalla Commissione già dal 22 aprile 2009 (v., segnatamente, i suoi considerando 4, 5 e 8, e il suo articolo 1, che prevedono, in particolare, l’inserimento di un articolo 7 quater e di un articolo 7 bis, paragrafo 3, nel regolamento n. 881/2002).

74      È vero che queste nuove disposizioni, come successivamente modificate nel corso del procedimento legislativo, non hanno acquisito forza di legge prima della loro adozione formale da parte del Consiglio e della loro entrata in vigore il terzo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, il 23 dicembre 2009. Resta cionondimeno il fatto che esse riflettono altresì il riconoscimento da parte della Commissione della circostanza che le persone inserite nell’elenco controverso prima della pronuncia della sentenza Kadi I della Corte lo fossero state in violazione dei loro diritti fondamentali e, soprattutto, il suo nuovo proposito di rimediare per il futuro a tale situazione. Il Tribunale ritiene che si tratti di elementi nuovi e sostanziali rispetto a quella che era la situazione delle persone inserite nell’elenco controverso prima della pronuncia della sentenza Kadi I della Corte.

75      Tenuto conto di quanto sopra, l’argomento principale della Commissione e del Consiglio deve essere respinto in quanto infondato (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale del 1° settembre 2011, Elosta/Commissione, T‑102/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 39).

76      Quanto all’argomento presentato in secondo luogo dalla Commissione e dal Consiglio, basato sull’assenza dell’obbligo di agire, esso non riguarda la ricevibilità, bensì il merito del ricorso. Per giurisprudenza costante, infatti, è per pronunciarsi nel merito della domanda di declaratoria di carenza che si deve accertare se, al momento della diffida rivolta alla Commissione ai sensi dell’articolo 265 TFUE, l’istituzione fosse tenuta ad agire (v. sentenze del Tribunale del 20 settembre 2011, Arch Chemicals e Arch Timber Protection/Commissione, T‑400/04 e da T‑402/04 a T‑404/04, non pubblicata nella Raccolta, punto 57, e del 29 settembre 2011, Ryanair/Commissione, T‑442/07, non pubblicata nella Raccolta, punti 27 e 28, e giurisprudenza ivi citata).

77      Infine, l’argomento presentato in terzo luogo dalla Commissione e dal Consiglio – fondato sull’esistenza di rimedi giuridici alternativi nel diritto dell’Unione così come dinanzi al mediatore del comitato per le sanzioni – è irrilevante nell’ambito dell’esame della ricevibilità del presente ricorso. Quest’ultima, infatti, non dipende dalla mancanza di altri rimedi giurisdizionali nell’Unione o in altri ordinamenti giuridici che consentano al ricorrente di contestare la legittimità del mantenimento del congelamento dei suoi beni.

78      Deriva dall’insieme delle considerazioni che precedono che l’eccezione d’irricevibilità sollevata dalla Commissione deve essere respinta.

 Nel merito

 Argomenti delle parti

79      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce formalmente tre motivi. Il primo riguarda l’assenza di controllo indipendente da parte della Commissione dei motivi che hanno comportato l’inserimento del suo nome nell’elenco controverso. Il secondo concerne la violazione dei suoi diritti fondamentali. Il terzo è attinente all’«irragionevolezza» del mantenimento del suo nome in detto elenco.

80      Con il primo motivo il ricorrente fa valere che la Commissione ha l’obbligo di valutare essa stessa gli elementi sottesi a qualsiasi inserimento del nome di una persona nell’elenco controverso al fine di assicurarsi che tale inserimento sia giustificato. Orbene, nella fattispecie, la Commissione non avrebbe manifestamente rispettato tale obbligo, neanche dopo la pronuncia della sentenza Kadi I della Corte.

81      La Commissione risponde che il primo motivo non riguarda la carenza asserita, ma si riferisce piuttosto all’obbligo ad essa incombente di esaminare i motivi dell’inserimento del nome dell’interessato nell’elenco controverso conformemente al regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009, adottato in seguito alla sentenza Kadi I della Corte. A suo parere, un siffatto motivo può essere accolto solo nell’ambito di un ricorso di annullamento. Inoltre, il ricorrente, sostenendo che la Commissione ha omesso di riesaminare il suo caso, non dimostrerebbe l’esistenza di un obbligo incombente a tale istituzione di cancellare il suo nome dall’elenco controverso.

82      Con il secondo motivo il ricorrente sostiene che, in mancanza della benché minima comunicazione dei motivi che giustificano l’inserimento del suo nome nell’elenco controverso nonché degli elementi accolti a suo carico, i suoi diritti fondamentali, in particolare i diritti della difesa, il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e il diritto al rispetto della sua proprietà, sono stati violati allo stesso modo in cui lo erano stati i diritti fondamentali dei ricorrenti nelle cause che hanno dato origine alla sentenza Kadi I della Corte e alla sentenza del Tribunale dell’11 giugno 2009, Othman/Consiglio e Commissione (T‑318/01, Racc. pag. II‑1627). Quanto a motivi di sicurezza nazionale che abbiano potuto ostare a detta comunicazione, il ricorrente fa riferimento altresì ad una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 19 febbraio 2009 (v. Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza A. e altri / Regno Unito [GC], n. 3455/05, articolo 220, CEDU 2009).

83      La Commissione risponde che dalla sentenza Kadi I della Corte non risulta alcun obbligo di cancellare il nome del ricorrente dall’elenco controverso. Anche ammettendo che la Commissione fosse tenuta ad agire nei confronti del ricorrente dopo la pronuncia di detta sentenza, tale obbligo, a suo parere, non sarebbe consistito nella mera cancellazione del nome dell’interessato da detto elenco, bensì nella concessione di garanzie giuridiche adeguate. Orbene, la Commissione si sarebbe liberata da tale obbligo proponendo al Consiglio di adottare il regolamento n. 1286/2009 e consentendo al ricorrente di beneficiare delle garanzie previste dal medesimo una volta adottato. Il ricorrente avrebbe infatti ricevuto la motivazione del suo inserimento nell’elenco controverso, avrebbe comunicato le sue osservazioni al riguardo e il riesame del suo inserimento sarebbe in corso.

84      Con il terzo motivo il ricorrente fa valere che il mantenimento del suo nome nell’elenco controverso è irragionevole in quanto nessun elemento consente di considerare che i criteri d’inserimento richiesti a tal fine dal regolamento n. 881/2002 sono soddisfatti nella fattispecie e poiché, anzi, il FCO ritiene che egli non risponda più a tali criteri.

85      La Commissione risponde che la mera affermazione che il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco controverso è «irragionevole» non può comportare l’esistenza di un obbligo a suo carico di cancellare detto nome. La Commissione ricorda inoltre che la procedura di riesame quale definita all’articolo 7 quater del regolamento n. 881/2002 è attualmente in corso.

 Giudizio del Tribunale

86      Ai fini della presente sentenza non è necessario procedere ad un esame separato dei tre motivi del ricorso, in quanto l’argomento comune ad essi sotteso si basa esclusivamente sulla violazione persistente da parte della Commissione dei principi enunciati dalla Corte nella sua sentenza Kadi I.

87      Va rammentata al riguardo la giurisprudenza costante secondo cui, per pronunciarsi nel merito della domanda di declaratoria di carenza, si deve accertare se, al momento della diffida rivolta alla Commissione ai sensi dell’articolo 265 TFUE, vale a dire, nel caso di specie, alla data del 18 marzo 2010, tale istituzione fosse tenuta ad agire (v. sentenza Ryanair/Commissione, cit., punto 28, e giurisprudenza ivi citata).

88      In tal data, le condizioni in cui la Commissione è tenuta ad agire, su richiesta di una persona i cui fondi sono stati congelati prima del 3 settembre 2008 e che chiede di essere cancellata dall’elenco controverso, erano disciplinate, da un lato, dall’articolo 7 quater del regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009, entrato in vigore il 26 dicembre 2009, e, dall’altro, dai principi giurisprudenziali elaborati dalla Corte nella sua sentenza Kadi I.

89      Ai sensi dell’articolo 7 quater del regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009:

«1.      Le persone, le entità, gli organismi e i gruppi che sono stati inseriti nell’elenco [controverso] prima del 3 settembre 2008 e che vi figurano tuttora possono chiedere alla Commissione di comunicare loro la motivazione del loro inserimento (…)

2.      La Commissione, non appena il comitato per le sanzioni fornisce la motivazione richiesta, la trasmette alla persona, all’entità, all’organismo o al gruppo in questione, fornendo la possibilità di formulare osservazioni in merito.

3.      La Commissione riesamina la decisione di inserire la persona, l’entità, l’organismo o il gruppo in questione nell’elenco [controverso] alla luce di tali osservazioni e secondo la procedura di cui all’articolo 7 ter, paragrafo 2. Le osservazioni sono trasmesse al comitato per le sanzioni. La Commissione comunica l’esito del proprio riesame alla persona, all’entità, all’organismo o al gruppo in questione. L’esito del riesame è trasmesso altresì al comitato per le sanzioni.

4.      Dietro ulteriore richiesta basata su nuove prove sostanziali di rimuovere una persona, un’entità, un organismo o un gruppo dall’elenco [controverso], la Commissione procede a un nuovo riesame conformemente al paragrafo 3 e secondo la procedura di cui all’articolo 7 ter, paragrafo 2».

90      Quanto alla sentenza Kadi I della Corte, discende, segnatamente, dai suoi punti 348 e 349 che l’istituzione dell’Unione interessata, nel decidere di congelare i fondi di una persona in applicazione del regolamento n. 881/2002, è tenuta, per rispettare i suoi diritti della difesa, in particolare quello al contraddittorio e il suo diritto ad un controllo giurisdizionale effettivo, a comunicare all’interessato gli elementi assunti a suo carico o a concedere a quest’ultimo il diritto di prenderne conoscenza entro un termine ragionevole dopo l’adozione di tale misura e a dargli la possibilità di far conoscere utilmente il suo punto di vista in proposito.

91      Risulta inoltre dalla ratio generale della sentenza Kadi I della Corte e, più specificamente, dalla sentenza Kadi II del Tribunale (punti 171 e 172), non rimessa in discussione dalla sentenza Kadi II della Corte, che la Commissione, lungi dal ritenersi rigorosamente vincolata alle valutazioni del comitato per le sanzioni, deve, al contrario, considerare l’ipotesi di metterle in discussione alla luce delle osservazioni presentate dall’interessato, altrimenti i diritti della difesa di quest’ultimo sono rispettati solo in maniera puramente formale e apparente.

92      Nella sua sentenza Kadi II (punti da 114 a 116), la Corte ha confermato che, quando la persona coinvolta formula osservazioni in merito alla motivazione, l’autorità competente dell’Unione è tenuta ad esaminare, con cura ed imparzialità, la fondatezza dei motivi sollevati, alla luce di queste osservazioni e degli eventuali elementi a discarico di cui sono corredate. A questo titolo, tale autorità è tenuta a valutare, in particolare alla luce del contenuto di dette eventuali osservazioni, la necessità di richiedere la collaborazione del comitato per le sanzioni e, tramite quest’ultimo, del membro dell’ONU che ha proposto l’inserimento della persona coinvolta nell’elenco di detto comitato, onde ottenere – nel contesto del clima di cooperazione proficua che, ex articolo 220, paragrafo 1, TFUE, deve permeare le relazioni dell’Unione con gli organi delle Nazioni Unite nel settore della lotta al terrorismo internazionale – la comunicazione di informazioni o di elementi probatori, riservati o meno, che le consentano di assolvere tale obbligo di esame accurato ed imparziale. Infine, senza spingersi sino ad imporre di rispondere in dettaglio alle osservazioni presentate dalla persona coinvolta, l’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296 TFUE implica in tutte le circostanze, anche quando la motivazione dell’atto dell’Unione corrisponde ai motivi esposti da un organo internazionale, che tale motivazione identifichi le ragioni individuali, specifiche e concrete per cui le autorità competenti ritengono che alla persona interessata debbano essere applicate misure restrittive.

93      Nella stessa sentenza Kadi II (punto 135), la Corte ha dedotto da tale analisi che il rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva richiede, da una parte, che l’autorità competente dell’Unione comunichi all’interessato l’esposizione dei motivi fornita dal comitato per le sanzioni su cui è fondata la decisione di inserire o mantenere il suo nominativo nell’elenco controverso, che essa gli consenta di esprimere in modo utile le sue osservazioni in merito e che essa valuti, con cura ed imparzialità, la fondatezza dei motivi addotti alla luce delle osservazioni formulate e degli eventuali elementi probatori a discarico prodotti dall’interessato.

94      Nel caso di specie è pacifico che il ricorrente non aveva beneficiato di nessuno di tali principi e garanzie nel contesto dell’adozione del regolamento n. 1629/2005, neppure dopo la pronuncia della sentenza Kadi I della Corte, fino alle due date in cui, in un primo tempo, ha chiesto di accedere ai documenti utilizzati dalla Commissione al fine di giustificare l’inserimento del suo nome nell’elenco controverso, e successivamente ha invitato tale istituzione a cancellare il suo nome dal medesimo elenco.

95      In particolare, dalla lettera della Commissione del 23 aprile 2009, successiva dunque alla pronuncia della sentenza Kadi I della Corte, risulta che tale istituzione si è basata sulla mera esistenza di un semplice comunicato stampa – per nulla motivato – del comitato per le sanzioni al fine di adottare il regolamento n. 1629/2005. La Commissione non ha ricevuto dal comitato per le sanzioni alcun altro documento rilevante prima del 31 agosto 2010, data nella quale ha ricevuto la motivazione di detto comitato.

96      La Commissione aveva però effettivamente un obbligo di agire nei confronti del ricorrente al fine di sanare tali irregolarità di procedura e di merito, se non subito dopo la pronuncia della sentenza Kadi I della Corte oppure in risposta alla lettera del ricorrente del 7 marzo 2009, perlomeno e al più tardi in risposta alla sua diffida del 18 marzo 2010.

97      Ciò vale a maggior ragione considerato che il ricorrente aveva addotto elementi nuovi e importanti che la Commissione era almeno tenuta ad esaminare per valutare se essi costituissero un cambiamento di circostanze atto a giustificare, se del caso, l’abrogazione del regolamento n. 1629/2005 senza effetto retroattivo.

98      Ne consegue che, anche se la Commissione avesse ritenuto che l’imposizione al ricorrente delle misure restrittive previste dal regolamento n. 881/2002, attuata dal regolamento n. 1629/2005, fosse e rimanesse giustificata, nel merito, in relazione alla situazione personale dell’interessato quale risultava dal fascicolo, inclusi i nuovi elementi di fatto ad essa comunicati, detta istituzione era comunque tenuta a porre rimedio al più presto alla palese violazione dei principi applicabili nell’ambito della procedura seguita nell’adottare il regolamento n. 1629/2005, dopo aver accertato che tale violazione era sostanzialmente identica alla violazione dei medesimi principi constatata dalla Corte e dal Tribunale nelle loro rispettive sentenze Kadi I e Kadi II (v., in tal senso, sentenza Kadi I della Corte, punti da 373 a 376).

99      Poiché è pacifico che la Commissione non ha dato alcun seguito utile e adeguato alla lettera del ricorrente del 18 marzo 2010, con la quale quest’ultimo chiedeva il rispetto di tali principi facendo valere specificamente la sentenza Kadi I della Corte, si deve considerare che essa si è trovata in situazione di carenza al riguardo il 18 maggio 2010, alla scadenza del termine di due mesi dopo l’invito ad agire contenuto in detta lettera.

100    Sebbene la Commissione abbia successivamente comunicato al ricorrente il 10 settembre 2010 la motivazione ricevuta dal comitato per le sanzioni il 31 agosto 2010, invitandolo a far valere le sue osservazioni al riguardo, e abbia poi trasmesso dette osservazioni al comitato per le sanzioni nel dicembre 2010, avviando la procedura di riesame della sua decisione d’inserire il nome del ricorrente nell’elenco controverso previsto dal regolamento n. 881/2002, come modificato dal regolamento n. 1286/2009, si deve affermare che tale situazione di carenza continuava alla data di chiusura della fase orale del procedimento, non essendo stato ancora posto rimedio in modo adeguato alla violazione di cui sopra al punto 96 nel contesto di tale procedura di riesame.

101    In proposito si deve respingere l’argomento della Commissione relativo al fatto che essa avrebbe avviato la procedura di riesame, la quale sarebbe ancora in corso, e comunicato al ricorrente la motivazione trasmessale dal comitato per le sanzioni. Risulta infatti da una giurisprudenza costante che una lettera di un’istituzione, secondo la quale l’analisi dei problemi prospettati continua, non costituisce una presa di posizione che metta fine a una carenza (v. sentenza del Tribunale del 26 febbraio 2003, CEVA e Pharmacia Entreprises/Commissione, T‑344/00 e T‑345/00, Racc. pag. II‑229, punto 80, e giurisprudenza ivi citata).

102    Più specificamente, non è ammissibile che la Commissione, oltre quattro anni dopo la pronuncia della sentenza Kadi I della Corte, non sia ancora in grado di assolvere il proprio obbligo di esame accurato ed imparziale del caso del ricorrente (sentenza Kadi II della Corte, punti 114 e 135), eventualmente in «cooperazione proficua» con il comitato per le sanzioni (sentenza Kadi II della Corte, punto 115).

103    Inoltre, secondo le sue affermazioni in udienza, la Commissione continua a ritenersi rigidamente vincolata dalle valutazioni del comitato per le sanzioni e senza alcun potere discrezionale autonomo al riguardo, in contrasto con i principi stabiliti dalla Corte nelle sue sentenze Kadi I e Kadi II (in particolare ai punti 114, 115 e 135) e dal Tribunale nella sua sentenza Kadi II.

104    Ciò considerato, è giocoforza constatare che è in modo meramente formale e artificioso che la Commissione asserisce di porre rimedio, con l’attuazione della procedura di riesame del caso del ricorrente, alle illegittimità della stessa natura accertate dalla Corte nella sua sentenza Kadi I.

105    Alla luce di quanto precede, i primi due motivi del ricorso, relativi rispettivamente ad una carenza della Commissione riguardo al controllo che deve esercitare sulle valutazioni del comitato per le sanzioni e ad una carenza della medesima istituzione per quanto concerne il rispetto dei diritti fondamentali del ricorrente, nell’ambito della procedura di congelamento dei suoi fondi, vanno considerati fondati.

106    Ciò premesso, occorre precisare la portata di tale carenza.

107    Come dichiarato dalla Corte al punto 374 della sua sentenza Kadi I, non si può escludere che, nel merito, il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco controverso possa comunque rivelarsi giustificato, anche dopo l’analisi dei nuovi elementi che la Commissione deve prendere in considerazione. La carenza accertata non consiste dunque, come sostiene il ricorrente, nell’essersi astenuta dall’abrogare il regolamento n. 1629/2005, bensì nell’astensione, più limitata, dal rispettare i principi applicabili nell’ambito della procedura seguita nel corso del riesame richiesto della situazione del ricorrente.

108    Pertanto, occorre accogliere solo parzialmente il primo capo delle conclusioni del ricorrente, dichiarando che il rifiuto della Commissione di sanare i vizi di procedura e le irregolarità di merito che hanno inficiato il congelamento dei suoi fondi è illegittimo.

109    Ciò considerato, occorre respingere il terzo motivo.

 Sulle spese

110    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta sostanzialmente soccombente, va condannata alle spese.

111    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, dello stesso regolamento, le istituzioni intervenute nella controversia sopportano le proprie spese. Si deve quindi ordinare che il Consiglio sopporti le proprie spese.

112    Ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 3, di detto regolamento, poiché il ricorrente è stato ammesso al beneficio del gratuito patrocinio e il Tribunale ha condannato il Consiglio a sopportare le spese sostenute da costui, la Commissione sarà tenuta a rimborsare alla cassa del Tribunale le somme anticipate a titolo di gratuito patrocinio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La Commissione europea è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato FUE e del regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio, del 27 maggio 2002, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 del Consiglio, astenendosi dal sanare i vizi di procedura e le irregolarità di merito che hanno inficiato il congelamento dei fondi del sig. Hani El Sayyed Elsebai Yusef.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      La Commissione è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal sig. Yusef nonché le somme anticipate dalla cassa del Tribunale a titolo di gratuito patrocinio.

4)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese.

Forwood

Dehousse

Schwarcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 marzo 2014.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.