Language of document : ECLI:EU:T:2003:60

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

6 marzo 2003 (1)

«Agricoltura - FEAOG - Regolamento (CEE) n. 355/77 - Regolamento (CEE) n. 4253/88 - Contributo finanziario comunitario - Aiuto alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli - Procedura finalizzata alla soppressione del contributo - Inosservanza delle condizioni di concessione - Forza maggiore - Principio di proporzionalità»

Nelle cause riunite T-61/00 e T-62/00,

Associazione Produttori Olivicoli Laziali (APOL),

Associazione Italiana Produttori Olivicoli (AIPO),

con sede in Roma, rappresentate dagli avv.ti E. Cappelli, P. de Caterini, F. Lepri e R. Vaccarella, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C. Cattabriga, in qualità di agente, assistita dall'avv. M. Moretto, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto

-    nella causa T-61/00, una domanda di annullamento della decisione della Commissione 14 dicembre 1999, C (1999) 4561, che sopprime il contributo finanziario del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia accordato alla ricorrente con decisione della Commissione 20 dicembre 1984, C (84) 1100/293,

-    nella causa T-62/00, una domanda di annullamento della decisione della Commissione 14 dicembre 1999, C (1999) 4559, che sopprime il contributo finanziario del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia accordato alla ricorrente con decisione della Commissione 29 giugno 1984, C (84) 500/213,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. R.M. Moura Ramos, presidente, J. Pirrung e A.W.H. Meij, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell'11 settembre 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

1.
    Il regolamento (CEE) del Consiglio 15 febbraio 1977, n. 355, relativo ad un'azione comune per il miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (GU L 51, pag. 1), come modificato successivamente, dispone agli artt. 1 e 2 che la Commissione può accordare un contributo per l'azione comune tramite finanziamenti della sezione «Orientamento» del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (in prosieguo: il «FEAOG») a progetti che si inseriscano in programmi specifici previamente elaborati dagli Stati membri e approvati dalla Commissione e volti allo sviluppo o alla razionalizzazione del trattamento, della trasformazione e della commercializzazione di prodotti agricoli.

2.
    L'art. 3, n. 1, del regolamento n. 355/77 dispone in particolare che i programmi contengono almeno dati relativi alla situazione iniziale e alle tendenze individuabili, in particolare per quanto riguarda la situazione del settore di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli che formano oggetto del programma, in particolare le capacità attuali delle imprese interessate.

3.
    L'art. 7, n. 1, del regolamento n. 355/77 così recita:

«1. I progetti concernono la commercializzazione dei prodotti compresi nell'allegato II del trattato o la produzione dei prodotti trasformativi riportati»

4.
    L'art. 9, n. 1, del regolamento n. 355/77 prevede che:

«1. I progetti devono contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola di base; essi devono in particolare assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano».

5.
    L'art. 10 del regolamento n. 355/77, nella versione iniziale in vigore al momento della concessione dei contributi in questione, è formulato come segue:

«I progetti devono:

(...)

b)    offrire sufficiente garanzia quanto alla loro redditività;

c)    contribuire all'effetto economico durevole del miglioramento della struttura perseguito dai programmi».

6.
    L'art. 17, n. 2, lett. b), del regolamento n. 355/77 prevede che per ogni progetto, rispetto all'investimento realizzato, la partecipazione finanziaria dello Stato membro nel cui territorio sarà eseguito il progetto sia per lo meno pari al 5%.

7.
    L'art. 19, n. 2, del regolamento n. 355/77 così dispone:

«Per tutta la durata dell'intervento del [FEAOG], l'autorità o l'organismo all'uopo designato dallo Stato membro interessato trasmette alla Commissione, a richiesta di quest'ultima, tutti gli elementi giustificativi e tutti i documenti atti ad accertare l'adempimento delle condizioni finanziarie o di altro genere prescritte per ciascun progetto. La Commissione può, all'occorrenza, effettuare un controllo sul posto.

La Commissione, previa consultazione del comitato del [FEAOG] sugli aspetti finanziari, può decidere, secondo la procedura prevista dall'articolo 22, di sospendere, ridurre o sopprimere il contributo del [FEAOG]:

- qualora un progetto non sia eseguito come previsto,

- in caso di mancato adempimento di determinate condizioni prescritte,

(...)».

8.
    Il 24 giugno 1988 il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) n. 2052/88, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti [e] degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9).

9.
    Sulla base di questo regolamento il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall'altro (GU L 374, pag. 1). Questo regolamento, ai sensi del suo art. 34, è entrato in vigore il 1° gennaio 1989. Esso è stato modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20).

10.
    L'art. 24 del regolamento n. 4253/88, come modificato, è intitolato «Riduzione, sospensione o soppressione del contributo». Esso dispone quanto segue:

«1. Se la realizzazione di un'azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso (...).

2. In seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l'azione o la misura in questione, se l'esame conferma l'esistenza di un'irregolarità o di una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell'azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l'approvazione della Commissione.

3. Qualsiasi somma che dia luogo a ripetizione di indebito deve essere restituita alla Commissione. Le somme non restituite sono aumentate degli interessi di mora, conformemente alle disposizioni del regolamento finanziario e in base alle modalità che saranno adottate dalla Commissione secondo le procedure di cui al titolo VIII».

11.
    Il regolamento (CE) del Consiglio 21 giugno 1999, n. 1260, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1), ha abrogato in particolare il regolamento n. 4253/88, prevedendo disposizioni transitorie. L'art. 52, n. 1, del regolamento n. 1260/99 così dispone:

«Il presente regolamento non osta alla continuazione o modificazione, compresa la soppressione totale o parziale, di un intervento approvato dal Consiglio o dalla Commissione in base ai regolamenti (CEE) n. 2052/88 e (CEE) n. 4253/88 o a qualsiasi altro atto normativo applicabile a detto intervento il 31 dicembre 1999».

12.
    L'art. 1 del regolamento (CEE) della Commissione 13 gennaio 1978, n. 219, relativo alle domande di contributo del [FEAOG], sezione orientamento, per progetti di miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (GU L 35, pag. 10), dispone che «[l]e domande di contributo del FEAOG, sezione orientamento, per progetti di miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli devono contenere i dati ed i documenti indicati negli allegati al presente regolamento». Tali allegati riportano in particolare alcuni modelli di formulari che devono essere compilati dai richiedenti i contributi. Il punto 4.6 dell'allegato B del regolamento n. 219/78 invita i richiedenti i contributi ad indicare le «installazioni dello stesso tipo, non appartenenti al beneficiario, che esistono nella zona di raccolta e nelle zone vicine (con indicazione delle loro potenzialità ed ubicazioni)».

13.
    L'art. 2 del regolamento (CEE) della Commissione 23 luglio 1985, n. 2515, relativo alle domande di contributo del [FEAOG], sezione orientamento, per progetti di miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli e dei prodotti della pesca (GU L 243, pag. 1), stabilisce che «il regolamento (CEE) n. 219/78 è abrogato a decorrere dal 1° settembre 1985», ma che «[t]uttavia le domande di contributo trasmesse anteriormente al 15 ottobre 1985 alle autorità nazionali competenti per la presentazione al FEAOG saranno ancora ricevibili nella forma prevista dal suddetto regolamento».

Fatti

Nella causa T-61/00

14.
    Con decisione 20 dicembre 1984, C (84) 1100/293 (in prosieguo: la «decisione di concessione I»), la Commissione ha, in forza del regolamento n. 355/77, accordato all'APOL un contributo finanziario di LIT 2 064 070 000 per un impianto per lo stoccaggio, il confezionamento e la commercializzazione di olio di oliva realizzato nel Comune di Supino, nella Regione Lazio. Ai sensi della decisione di concessione, il contributo comunitario non supera il 50% del costo totale degli investimenti, stimato in un importo di LIT 4 181 900 000, mentre il beneficiario deve fornire il restante importo con fondi propri o con mutui ad hoc. Con decreto 17 settembre 1986 la Regione Lazio ha accordato all'APOL un contributo di LIT 986 660 000 per il progetto in causa.

15.
    Ad ultimazione dei lavori nel novembre del 1988 e dopo verifica della loro realizzazione da parte delle autorità italiane, la Commissione e la Regione Lazio hanno versato all'APOL il saldo dei loro rispettivi contributi.

16.
    L'APOL afferma di essersi trovata in difficoltà per attivare la gestione degli impianti di Supino con costi sopportabili. Tuttavia, essa rileva che i suoi impianti hanno avuto una modesta attività lavorativa svolta a periodi alterni, a partire dalla campagna olearia 1991/92.

17.
    Il 1° agosto 1994 l'APOL e la società Frantoio Oleario Umbro, attiva nel settore della trasformazione e della commercializzazione degli olii (in prosieguo: la «FOU»), hanno costituito una società di gestione denominata Produttori Agricoli Associati (in prosieguo: la «PAA») sulla base di un accordo concluso il 20 giugno 1994 tra l'APOL e la FOU. Conformemente a tale accordo, l'impianto di imbottigliamento installato nel centro di Supino è stato ceduto in comodato gratuito alla PAA, mentre gli altri impianti siti a Supino sono stati dati in locazione alla PAA ad un canone simbolico per una durata novennale. Da parte sua, la FOU ha ceduto in comodato gratuito alla PAA i macchinari di un frantoio.

18.
    Nel maggio 1995 l'APOL ha ceduto il 44% delle sue azioni PAA all'Associazione Italiana Produttori Olivicoli (AIPO).

19.
    Nel corso del 1995 l'APOL ha presentato davanti ai tribunali italiani più ricorsi contro la FOU e contro l'amministratore della PAA, con i quali ha chiesto la revoca dell'amministratore della PAA e la sua sostituzione con un amministratore giudiziario, a motivo dell'esistenza di gravi irregolarità amministrative nella gestione della PAA. Con ordinanza 20 maggio 1996 il Tribunale di Frosinone ha revocato l'amministratore della PAA e nominato al suo posto un amministratore giudiziario.

20.
    Nell'aprile 1996 il Ministero italiano delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali (in prosieguo: il «MIRAAF») ha fatto pervenire alla Commissione copia di una relazione del 23 marzo 1996, relativa ad un controllo effettuato nel luglio 1994 dai competenti servizi regionali, che denunciava l'inesistenza o almeno l'insufficienza dell'attività dell'impianto di Supino. A seguito della comunicazione di questa relazione, la Commissione, con lettera 22 gennaio 1997, ha notificato all'APOL nonché alle autorità italiane l'intenzione di dare avvio alla procedura di soppressione del contributo ai sensi dell'art. 24 del regolamento n. 4253/88, invitandole a presentare le loro osservazioni.

21.
    Nella sua risposta dell'11 febbraio 1997 l'APOL ha giustificato l'inattività dello stabilimento riconducendola ai contenziosi giudiziari in atto con la PAA e al sequestro giudiziario degli impianti di Supino. Con nota 10 marzo 1997 la Regione Lazio ha chiesto alla Commissione di riconsiderare la sua decisione di dare avvio ad una procedura di soppressione del contributo, esprimendo parere favorevole in merito alla possibilità di una effettiva e soddisfacente ripresa delle attività degli impianti dell'APOL cofinanziati dal contributo. Con nota 11 aprile 1997, trasmessa alla Commissione, il MIRAAF ha condiviso il parere della Regione Lazio. A seguito di queste osservazioni, la Commissione ha sospeso la procedura di soppressione del contributo.

22.
    Successivamente l'amministratore giudiziario della PAA ha constatato la sparizione dell'impianto di imbottigliamento del centro di Supino. Il 2 agosto 1997 il Tribunale di Frosinone, su istanza dell'APOL, ha disposto la messa in liquidazione della PAA.

23.
    Con lettera 27 febbraio 1998 la Regione Lazio ha informato la Commissione che, a seguito di un controllo effettuato il 23 febbraio dello stesso anno, era emerso che l'impianto non era ancora stato attivato a distanza di nove anni e che le attrezzature relative alla linea di imbottigliamento, acquistate con il contributo, non si trovavano più nel sito del progetto. La Regione Lazio ha precisato altresì che, alla luce di tali circostanze, era sua intenzione procedere alla soppressione del contributo nazionale.

24.
    Il contributo nazionale è stato soppresso con decreto 13 marzo 1998, n. 4881 dell'Assessorato allo Sviluppo del Sistema Agricolo e del Mondo Rurale - Settore decentrato dell'agricoltura di Frosinone, approvato dalla Giunta Regionale del Lazio con delibera 31 marzo 1998, n. 1205. L'APOL ha proposto un ricorso di annullamento contro questi due atti, accompagnato da un'istanza di sospensione dell'esecuzione. Con sentenza 22 settembre 1998 il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta volta ad ottenere la sospensione dell'esecuzione. Il procedimento di merito era ancora pendente alla data di presentazione del presente ricorso.

25.
    Inoltre, nell'ambito del contenzioso relativo alla PAA, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Frosinone ha disposto, il 30 giugno 1998, il sequestro preventivo degli impianti di Supino.

26.
    Con nota 23 marzo 1999 la Commissione ha informato l'APOL e le autorità italiane della sua intenzione di dare avvio alla procedura prevista dall'art. 24 del regolamento n. 4253/88, e le ha invitate a presentare le loro osservazioni in merito. Secondo la Commissione, il progetto era stato realizzato solo per un quantitativo di olio irrilevante. Essa affermava che il progetto in questione non era stato eseguito come previsto ai sensi dell'art. 19, n. 2, del regolamento n. 355/77, che esso non aveva avuto un effetto economico durevole ai sensi dell'art. 10, lett. c), di tale regolamento e infine che, ai sensi dell'art. 17, n. 2, lett. b), dello stesso regolamento, il contributo comunitario era subordinato ad una partecipazione finanziaria dello Stato membro pari ad almeno il 5%. La Commissione precisava che tali elementi potevano costituire irregolarità o modifiche importanti ai sensi dell'art. 24, n. 2, del regolamento n. 4253/88.

27.
    Con lettere 22 aprile e 14 maggio 1999, notificate alla Commissione, la Regione Lazio e il MIRAAF hanno confermato i principali elementi evidenziati nella nota della Commissione.

28.
    L'APOL ha presentato le sue osservazioni sulle contestazioni della Commissione con lettera 7 maggio 1999.

29.
    Il 21 giugno 1999 il Tribunale di Frosinone ha dichiarato il fallimento della PAA. La restituzione degli impianti all'APOL ha avuto luogo il 21 ottobre 1999.

30.
    Il 14 dicembre 1999 la Commissione ha adottato la decisione C (1999) 4561 che sopprime il contributo accordato all'APOL (in prosieguo: la «decisione impugnata I»).

31.
    La decisione impugnata I dispone in sostanza che, «sin dalla sua conclusione nel 1988, il progetto non ha mai prodotto un'attività economica significativa in relazione all'importo del contributo comunitario e nazionale accordato» e che, di conseguenza, esso non ha contribuito a un effetto economico durevole ai sensi dell'art. 10, lett. c), del regolamento n. 355/77 e non è stato quindi eseguito come previsto ai sensi dell'art. 19, n. 2, dello stesso regolamento. La decisione rileva ugualmente che la Regione Lazio ha soppresso il contributo concesso all'APOL, così che la condizione prevista dall'art. 17, n. 2, lett. b), del regolamento n. 355/77, secondo la quale la concessione del contributo comunitario è subordinata ad una partecipazione finanziaria dello Stato membro per lo meno pari al 5%, non è più soddisfatta nel caso di specie. Alla luce di ciò, la decisione sopprime il contributo e ordina, a norma dell'art. 24, n. 3, del regolamento n. 4253/88, la restituzione degli importi concessi a favore del progetto.

Nella causa T-62/00

32.
    Con decisione 29 giugno 1984, C (84) 500/213 (in prosieguo: la «decisione di concessione II»), modificata dalle decisioni 6 dicembre 1985, C (85) 2019/6, e 6 febbraio 1989, C (89) 197/14, la Commissione, in forza del regolamento n. 355/77, ha accordato all'Associazione Italiana Produttori Olivicoli (AIPO) un contributo finanziario di LIT 6 369 260 000 in vista della costruzione di tre centri destinati allo stoccaggio, al confezionamento e alla commercializzazione dell'olio di oliva nei Comuni di Castri (Lecce), Eboli (Salerno) e San Lorenzo (Reggio Calabria). Il progetto era volto, in particolare, a favorire la razionalizzazione del processo di lavorazione dei prodotti olivicoli e al miglioramento della qualità, della presentazione e del confezionamento degli stessi prodotti, nonché la loro commercializzazione in forma collettiva.

33.
    Con decreti 28 luglio 1987, 30 dicembre 1988 e 10 novembre 1989 il MIRAAF ha concesso all'AIPO contributi integrativi.

34.
    Ad ultimazione dei lavori, il 26 ottobre 1989, e una volta verificata da parte delle autorità italiane la realizzazione degli stessi la Commissione e le autorità nazionali competenti hanno versato all'AIPO il saldo dei rispettivi contributi.

35.
    Con nota 13 novembre 1993 il MIRAAF ha informato la Commissione che, a seguito di un'inchiesta condotta dalle autorità giudiziarie di Reggio Calabria su eventuali frodi nell'utilizzo dei contributi comunitari destinati alla costruzione del centro di San Lorenzo, l'AIPO aveva ammesso che i tre centri non avevano mai svolto alcuna attività.

36.
    Ad esito di tale inchiesta, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria, con decreto 17 dicembre 1993, ha disposto il rinvio a giudizio di più persone infiltrate all'interno dell'AIPO per reati di associazione a delinquere, appropriazione indebita, falso e malversazione a danno dello Stato.

37.
    Alla luce di tali circostanze, la Commissione ha deciso di disporre un controllo sul posto al fine di verificare il reale stato dei tre centri. Stando al resoconto di questo controllo, che si è svolto dal 24 al 28 gennaio 1994, è risultato che i centri non erano mai stati in attività, che la manutenzione era carente e che i lavori erano parzialmente difformi dal progetto. In particolare il resoconto rileva, per tutti e tre i centri, che non erano stati realizzati né il collegamento tra i serbatoi di raccolta di oli e gli impianti di imbottigliamento né il sistema di poliurenizzazione di azoto necessario per la conservazione del prodotto, che le attrezzature destinate al laboratorio erano ancora imballate, che i fabbricati e i serbatoi erano in uno stato deplorevole (umidi e arrugginiti) e che le vie di accesso a questi centri non erano asfaltate. Inoltre, mentre il progetto iniziale prevedeva che i serbatoi esterni di stoccaggio dell'olio fossero realizzati in acciaio con un trattamento interno di vetrificazione al carbonio, in ciascuno dei tre centri la metà dei serbatoi esterni di stoccaggio era realizzata in inox e l'altra metà in acciaio, ma senza vetrificazione. Altresì, si constatava la mancanza di parte della documentazione contabile relativa a ciascuno di questi tre centri. Infine, il detto controllo ha rivelato, stando al resoconto, che i serbatoi esterni del centro di San Lorenzo erano deformati e che le attrezzature ad aria compressa previste per il centro di Castri non si trovavano sul posto.

38.
    Il 23 marzo 1994 la Commissione ha informato l'AIPO dell'avvio della procedura di soppressione del contributo. Essa ha quindi invitato quest'ultima, nonché le competenti autorità nazionali, a presentare le loro osservazioni.

39.
    Con nota 18 maggio 1994 l'AIPO ha presentato le sue osservazioni alla Commissione riguardo ai diversi fatti che le venivano addebitati. In tale nota essa precisava che i centri in questione non avevano operato a causa di accadimenti imprevedibili e indipendenti dalla sua volontà, quali, da un lato, difficoltà finanziarie indipendenti dalla sua volontà e, dall'altro, ritardi nell'ambito di procedure amministrative relative alla viabilità di alcuni siti. In merito alla manutenzione dei fabbricati, essa precisava che alcune fatture provavano che la manutenzione necessaria era stata effettuata e che il cattivo stato degli impianti non ne pregiudicava affatto la funzionalità. Inoltre, essa sosteneva che il collegamento tra i serbatoi e gli impianti di imbottigliamento mancava solo nel centro di San Lorenzo e che, comunque, il materiale era stato acquistato. Essa sosteneva altresì che le attrezzature di laboratorio non erano state installate nei diversi centri per preservarle e che le infiltrazioni di acqua, alle quali si era posto rimedio, riguardavano soltanto il centro di Eboli ed erano dovute ad intemperie verificatesi alcuni giorni prima del controllo della Commissione. Essa, inoltre, produceva fotografie volte a dimostrare che le vie di accesso ai centri di Castri e di Eboli erano praticabili. Infine, la stessa aggiungeva che il sistema di poliurenizzazione di azoto era presente e che la vetrificazione dei serbatoi era stata sostituita dall'utilizzo di contenitori in acciaio inossidabile, il che costituiva un miglioramento qualitativo. Essa chiedeva, pertanto, una sospensione della procedura, assicurando che gli obiettivi perseguiti dal progetto sarebbero stati raggiunti, e presentava un programma in questo senso.

40.
    In seguito ad una nutrita corrispondenza, da cui risultava, secondo la ricorrente, che l'AIPO aveva garantito che i tre centri sarebbero stati attivati a partire dalla campagna olearia 1995/96 e che gli obiettivi perseguiti dal progetto sarebbero stati raggiunti conformemente alle finalità previste dagli artt. 9 e 10 del regolamento n. 355/77, il 25 luglio 1996 la Commissione ha deciso di sospendere la procedura di soppressione, chiedendo tuttavia di essere informata di tutti gli sviluppi attinenti al programma di attivazione dei tre stabilimenti.

41.
    La Commissione ha altresì incaricato l'Agenzia per i controlli e le azioni comunitarie nel quadro del regime di aiuto all'olio di oliva (in prosieguo: l'«Agecontrol») di ottenere ulteriori informazioni sulla situazione del settore olivicolo nelle regioni italiane interessate. Con missive 14 aprile 1997 e 25 novembre 1998 l'Agecontrol ha comunicato alla Commissione che, all'epoca della presentazione della domanda da parte dell'AIPO, esistevano già nelle Regioni Campania, Puglia e Calabria strutture di confezionamento e di stoccaggio dello stesso tipo di quelle previste nella domanda di contributo dell'AIPO. Le informazioni trasmesse dall'Agecontrol precisavano inoltre che, sui tre centri interessati, solo i centri di Castri e di Eboli erano attivi dal 1996 in quanto vi erano stati installati alcuni frantoi per la molitura delle olive.

42.
    Così stando le cose, la Commissione ha deciso di riavviare la procedura di soppressione del contributo. Con nota 15 aprile 1999 essa ha comunicato alle autorità italiane competenti e all'AIPO le motivazioni che la inducevano a riavviare tale procedura. Questa nota richiamava, dapprima, gli elementi enunciati nella nota 23 marzo 1994, vale a dire la mancata attività degli stabilimenti finanziati e la difformità degli impianti realizzati rispetto a quelli progettati. Essa precisava che era stato constatato che il centro di San Lorenzo era rimasto inattivo e che gli altri due centri, dopo il 1996, avevano esercitato un'attività di molitura non prevista dal progetto. Essa rilevava, inoltre, che si accusava l'AIPO di aver fornito notizie non esatte al punto 4.6 del questionario allegato alla domanda di contributo, in quanto il numero delle strutture di confezionamento di olio esistenti che l'AIPO aveva comunicato era erroneo. Essa constatava, infine, il mancato invio delle relazioni sui risultati finanziari ai sensi dell'art. 20, n. 1, del regolamento n. 355/77. Le autorità italiane e l'AIPO sono state invitate a presentare le loro osservazioni sul riavvio della procedura.

43.
    Il 1° giugno 1999 l'AIPO ha trasmesso le sue osservazioni alla Commissione. Essa contestava, in primo luogo, la decisione di riavviare la procedura, in quanto la Commissione avrebbe dovuto darle il tempo di realizzare il programma di attivazione dei tre centri, approvato dalla Commissione il 25 luglio 1996. In secondo luogo, per quanto riguarda l'inattività e la difformità degli impianti rispetto al progetto iniziale, essa richiamava, sostanzialmente, i propri rilievi del 18 maggio 1994. Inoltre, la stessa riferiva che l'inattività del centro di San Lorenzo era dovuta alla mancata realizzazione, da parte del comune, della bretella di raccordo della zona industriale con la strada statale e che l'attività di molitura negli altri due centri aveva lo scopo di incentivare gli agricoltori a servirsi dei centri medesimi. Essa affermava, poi, di avere assolto l'obbligo di trasmettere la relazione finanziaria sull'attività svolta inviando al MIRAAF i bilanci relativi all'esercizio 1997. Infine, precisava che le informazioni richieste nella domanda di contributo riguardavano soltanto le strutture aventi natura cooperativa che si distinguevano dalle altre strutture per la peculiare funzione che avrebbero dovuto svolgere a beneficio dei produttori associati. Le informazioni trasmesse con la domanda si sarebbero pertanto rivelate esatte. Infine, essa riteneva che l'accertamento degli impianti esistenti avrebbe dovuto essere svolto dalla Commissione e che, in ogni caso, essa aveva fornito, a seguito di apposita richiesta della Commissione, l'elenco completo di tutte le strutture di proprietà di terzi esistenti nelle zone interessate.

44.
    Il 13 luglio 1999 il MIRAAF ha trasmesso le proprie osservazioni alla Commissione. A queste era allegato un rapporto del Comando dei Carabinieri, Tutela delle Norme Comunitarie e Agroalimentari, datato 9 giugno 1999 e redatto a seguito di un'ispezione effettuata il 26 aprile 1999. Tali documenti confermavano, sostanzialmente, l'assenza di attività conforme al progetto nei centri in parola.

45.
    Il 14 dicembre 1999 la Commissione ha adottato la decisione C (99) 4559, che sopprime il contributo accordato all'AIPO con la decisione di concessione II (in prosieguo: la «decisione impugnata II»).

46.
    La decisione impugnata II enuncia segnatamente che le osservazioni presentate dall'AIPO il 18 maggio 1994 e il 1° giugno 1999 nell'ambito della procedura amministrativa di soppressione del contributo non hanno fornito argomenti contrari ai principali elementi specifici comunicati dalla Commissione. La decisione rileva sostanzialmente tre irregolarità. In primo luogo, essa rileva che le indicazioni trasmesse dall'AIPO in occasione della sua domanda di contributo facevano presumere una carenza di strutture per il trattamento dell'olio d'oliva nelle regioni interessate, carenza che ha dato un'impressione errata circa la base economica del progetto e la necessità di creare capacità supplementari di confezionamento e di stoccaggio dell'olio nelle dette regioni. In secondo luogo, essa rileva che certi investimenti non sono stati realizzati conformemente alle indicazioni del progetto approvato dalla Commissione. In terzo luogo, la stessa constata che non è stata osservata alcuna attività economica significativa conforme al progetto e in relazione ragionevole con l'importo del contributo comunitario e nazionale su nessuno dei tre siti. Sulla base di queste irregolarità, la decisione impugnata sopprime il contributo e ordina la restituzione degli importi concessi a favore del progetto.

47.
    Con decreto 15 marzo 2000 è stato revocato anche il contributo nazionale concesso all'AIPO.

Procedimento

48.
    Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale il 20 marzo 2000 l'APOL e l'AIPO hanno proposto i presenti ricorsi rispettivamente contro la decisione impugnata I e contro la decisione impugnata II.

49.
    Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale 11 luglio 2002, le cause T-61/00 e T-62/00 sono state riunite ai fini della trattazione orale.

50.
    Nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento il Tribunale ha invitato le parti a rispondere a taluni quesiti scritti e ha chiesto all'AIPO di produrre alcuni documenti. In particolare, le parti sono state invitate a presentare le proprie osservazioni in merito alla pertinenza della sentenza della Corte 24 gennaio 2002, causa C-500/99 P, Conserve Italia/Commissione (Racc. pag. I-867). Le parti hanno trasmesso le loro risposte ai quesiti scritti. L'AIPO ha prodotto alcuni documenti.

51.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di passare alla fase orale. Le parti hanno svolto difese orali, risposto ai quesiti del Tribunale e presentato osservazioni in merito ad un'eventuale riunione delle cause T-61/00 e T-62/00 ai fini della sentenza all'udienza dell'11 settembre 2002.

52.
    Le cause sono state riunite ai fini della sentenza, ai sensi dell'art. 50 del regolamento di procedura del Tribunale.

Conclusioni delle parti

Nella causa T-61/00

53.
    L'APOL conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata I;

-    condannare la Commissione alle spese.

54.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere integralmente il ricorso;

-    condannare l'APOL alle spese.

Nella causa T-62/00

55.
    L'AIPO conclude che il Tribunale voglia:

-    annullare la decisione impugnata II;

-    condannare la Commissione alle spese.

56.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere integralmente il ricorso;

-    condannare l'AIPO alle spese.

In diritto

57.
    Nella causa T-61/00 l'APOL deduce, sostanzialmente, quattro motivi per provare l'illegittimità della decisione impugnata I. Il primo motivo si fonda sulla violazione del principio di forza maggiore. Il secondo motivo verte sulla violazione dell'obbligo di motivazione. Il terzo motivo è relativo alla violazione del principio di proporzionalità. Il quarto motivo riguarda un errore di diritto nell'applicazione dell'art. 17, n. 2, lett. b), del regolamento n. 355/77.

58.
    Nella causa T-62/00 l'AIPO deduce, sostanzialmente, cinque motivi a sostegno delle sue conclusioni per l'annullamento. Il primo motivo si fonda sulla violazione dell'obbligo di motivazione. Il secondo attiene ad errori di diritto e di valutazione. Il terzo si fonda sulla violazione del principio di forza maggiore. Il quarto motivo verte sulla violazione del principio di proporzionalità. Il quinto motivo è basato su una violazione dei diritti della difesa.

59.
    Occorre esaminare congiuntamente i motivi comuni alle due cause, a cominciare dal motivo vertente sulla violazione del principio di forza maggiore.

Sui motivi attinenti alla violazione del principio di forza maggiore

Argomenti delle parti

- Nella causa T-61/00

60.
    L'APOL contesta alla Commissione di avere violato il principio di forza maggiore per non aver tenuto conto, nella decisione impugnata I, dell'esistenza di un caso di forza maggiore che ha impedito che gli impianti finanziati dal contributo realizzassero un'attività economica significativa.

61.
    A tale proposito, essa fa valere che, a partire almeno dal 20 maggio 1996, data in cui l'amministratore della PAA è stato rimosso e sostituito con un amministratore giudiziario, essa si è trovata nell'impossibilità di assumere qualsiasi iniziativa in ordine all'attività dello stabilimento di Supino. Secondo la stessa, tali accadimenti l'hanno posta in una situazione di forza maggiore, che una giurisprudenza consolidata in materia agricola definisce come circostanze esterne a chi l'adduce, anormali ed imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate nonostante ogni diligenza impiegata (sentenza della Corte 5 febbraio 1987, causa 145/85, Denkavit/Belgio, Racc. pag. 565, punto 11). Al riguardo, l'APOL sostiene di avere sempre mostrato notevole diligenza e di non avere mai trascurato di utilizzare le procedure giudiziarie appropriate per recuperare la disponibilità dei propri impianti.

62.
    D'altronde, l'APOL sostiene che, poiché nella fattispecie il caso di forza maggiore non risiede nel comportamento dell'amministratore della PAA, bensì nell'impossibilità di assumere iniziative in ordine all'attività degli impianti derivante dai provvedimenti delle autorità giudiziarie, la giurisprudenza secondo la quale il comportamento di un terzo rientra nei rischi commerciali ordinari e non costituisce un caso di forza maggiore (sentenze della Corte 8 marzo 1988, causa 296/86, McNicholl, Racc. pag. 1491, e 13 dicembre 1979, causa 42/79, Milch-, Fett- und Eierkontor, Racc. pag. 3703) non presenta alcuna analogia con la presente fattispecie e non è quindi pertinente.

63.
    La Commissione ricorda, innanzitutto, che da una giurisprudenza costante, segnatamente dalla sentenza della Corte McNicholl (citata, punto 11), risulta che la nozione di forza maggiore, pur non postulando un'impossibilità assoluta, esige cionondimeno che il mancato verificarsi dell'evento in causa sia imputabile a circostanze indipendenti da chi le fa valere, straordinarie ed imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado tutta la diligenza impiegata.

64.
    La Commissione osserva inoltre che le vicende in questione sono state originate da problemi interni alla PAA e, in particolare, da irregolarità imputabili all'amministratore unico della medesima. Essa rileva ugualmente che l'APOL era uno dei soci della PAA. Di conseguenza, secondo la stessa, le suddette vicende non possono considerarsi circostanze indipendenti dalla volontà dell'APOL.

- Nella causa T-62/00

65.
    L'AIPO ritiene che l'inattività dei tre impianti sia la conseguenza di avvenimenti derivanti dalla forza maggiore che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione nella decisione impugnata II.

66.
    L'AIPO deduce l'esistenza di tre circostanze che costituirebbero forza maggiore.

67.
    In primo luogo, essa sarebbe stata vittima di un furto di merci che aveva in custodia, che l'avrebbe obbligata a rimborsare il prezzo di tali merci rubate per un importo di LIT 3,5 miliardi. Secondo l'AIPO, il detto furto l'ha posta in una situazione di dissesto finanziario. In secondo luogo, l'AIPO invoca le conseguenze negative dell'imprevedibile evoluzione delle condizioni di produzione e di commercializzazione nel comparto dell'olio d'oliva che, secondo la stessa, l'hanno condotta ad un totale ripensamento delle condizioni e delle modalità per lo svolgimento delle attività di stoccaggio e di confezionamento dell'olio di oliva rispetto a quelle concepite dal progetto. In terzo luogo, l'AIPO sarebbe stata vittima di azioni di un'associazione malavitosa, come si evince dall'esistenza di un procedimento penale in cui l'AIPO si è costituita parte civile e che è diretto segnatamente contro persone infiltratesi nella stessa.

68.
    Secondo l'AIPO, la Commissione ha ammesso implicitamente l'esistenza di un caso di forza maggiore quando ha sospeso la procedura di revoca del contributo, nel luglio 1996.

69.
    Per quanto riguarda in particolare l'inattività dell'impianto di San Lorenzo, l'AIPO asserisce che l'assenza di funzionamento è dovuta alla mancanza di raccordo tra questo impianto e la strada nazionale a causa di conflitti di competenze e di lentezze burocratiche. A questo riguardo, l'AIPO precisa che, in Italia, una concessione edilizia può essere rilasciata da un comune soltanto se si garantisce che saranno realizzati i connessi lavori di urbanizzazione. Visto che la licenza di costruire l'impianto era stata concessa, i lavori di raccordo avrebbero dovuto essere realizzati. D'altronde, risulterebbe da vari documenti e in particolare da una lettera del comune del 16 febbraio 1998 e da fotografie e planimetrie allegate alla replica che il collegamento era stato previsto e richiesto, ma non realizzato. Di conseguenza, le difficoltà di accesso al centro di San Lorenzo non sarebbero state prevedibili. In queste condizioni, l'inattività del detto centro sarebbe la conseguenza diretta di una precisa ipotesi di forza maggiore (sentenza della Corte 18 marzo 1993, causa C-50/92, Molkerei-Zentrale Süd, Racc. pag. I-1035, punto 13).

70.
    La Commissione ritiene che nessuna delle circostanze addotte dall'AIPO costituisca un caso di forza maggiore.

Giudizio del Tribunale

71.
    Occorre innanzitutto rilevare che nessuna disposizione del regolamento n. 355/77, ai sensi del quale i contributi comunitari sono stati concessi nelle due cause, prevede la possibilità, per il beneficiario di un contributo, di invocare l'esistenza di un caso di forza maggiore per giustificare il mancato rispetto dei propri obblighi.

72.
    La Commissione ha nondimeno affermato in udienza che, in determinate situazioni d'impossibilità oggettiva di far funzionare un'impresa, essa ha già ammesso la possibilità d'invocare la forza maggiore anche se la normativa applicabile non prevedeva tale possibilità. In tale contesto, anche se la giurisprudenza della Corte o del Tribunale sino ad ora non ha riconosciuto esplicitamente l'esistenza di un principio generale di diritto comunitario che permetta di invocare la forza maggiore in assenza della menzione esplicita di una tale possibilità nella normativa applicabile, occorre verificare se la Commissione abbia escluso giustamente l'esistenza di casi di forza maggiore che giustifichino la mancanza di attività economica significativa degli impianti dell'APOL e dell'AIPO. Infatti, l'esistenza di una prassi amministrativa per mezzo della quale la Commissione esamina se esiste un caso di forza maggiore che dovrebbe condurla a rinunciare alla revoca di contributi è idonea a vincolare tale istituzione ogni volta che essa è chiamata a pronunciarsi su un caso di forza maggiore, anche se tale prassi non risulta da alcun documento (v., per analogia, sentenza del Tribunale 30 gennaio 2002, causa T-35/99, Keller e Keller Meccanica/Commissione, Racc. pag. II-261, punto 77).

73.
    Occorre pertanto esaminare se, alla luce dei criteri impiegati dalla giurisprudenza nelle cause in cui la normativa applicabile prevedeva la possibilità d'invocare la forza maggiore, le condizioni di esistenza di casi di forza maggiore fossero presenti nella fattispecie in esame.

74.
    A tale proposito occorre ricordare che, anche se la nozione di forza maggiore non postula un'impossibilità assoluta, essa esige, cionondimeno, che il mancato verificarsi dell'evento in causa sia imputabile a circostanze indipendenti da chi le fa valere, straordinarie ed imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado tutta la diligenza impiegata (v., in particolare, sentenze della Corte 15 dicembre 1994, causa C-136/93, Transafrica, Racc. pag. I-5757, punto 14, e 17 ottobre 2002, causa C-208/01, Parras Medina, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 19).

75.
    Nella causa T-61/00 è pacifico che le vicende giudiziarie che hanno impedito all'APOL di esercitare un'attività significativa nel suo stabilimento derivano da comportamenti imputabili all'amministratore della società di gestione PAA, alla quale l'APOL aveva affidato la gestione di tale attività. Un tale impedimento non pare straordinario ed imprevedibile. Infatti, con la costituzione della società di gestione PAA allo scopo di adempiere i propri obblighi, l'APOL assumeva tutti i rischi che un operatore diligente può e deve ragionevolmente prevedere nell'ambito di questo accordo, ivi compreso un comportamento fraudolento o negligente dell'amministratore di tale società di gestione (v., in tal senso, sentenza McNicholl, citata, punti 12 e 13).

76.
    D'altronde, è pacifico che gli interventi delle autorità giudiziarie che hanno portato alla revoca dell'amministratore della PAA e la sua sostituzione con un amministratore giudiziario sono state sollecitate dall'APOL e, a questo titolo, non possono esserle estranee. Alla luce di ciò, contrariamente a quanto sostiene l'APOL, neanche le conseguenze giudiziarie del comportamento dell'amministratore della PAA possono dimostrare l'esistenza di un caso di forza maggiore.

77.
    Nella causa T-62/00 l'AIPO adduce, in primo luogo, un furto di merci che aveva in custodia, che l'avrebbe obbligata a rimborsare il prezzo di tali merci rubate per un valore di LIT 3,5 miliardi, il che l'avrebbe posta in una situazione di dissesto finanziario. Per quanto riguarda il furto, occorre ricordare che è giurisprudenza consolidata che il furto è un rischio normale e prevedibile nell'ambito di un'attività commerciale abituale e non può costituire un'ipotesi di forza maggiore (sentenza McNicholl, citata, punti 12-14).

78.
    Per il resto, l'AIPO non prova né spiega in che modo il furto e le addotte conseguenze finanziarie dello stesso l'abbiano posta nell'impossibilità di esercitare un'attività economica nei centri in questione per più di dieci anni dalla sopravvenienza del furto. Alla luce di ciò, né il furto né le addotte conseguenze dello stesso possono essere considerati costitutivi di un caso di forza maggiore tale da dispensare l'AIPO dall'esercizio di un'attività economica nei centri cofinanziati dal contributo comunitario.

79.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'andamento del mercato, occorre considerare che tale andamento rientra intrinsecamente nel consueto rischio commerciale che un operatore economico normalmente informato doveva poter prevedere (v., in tal senso, sentenza Transafrica, citata, punto 16) e non può quindi costituire un caso di forza maggiore.

80.
    Per quanto attiene, in terzo luogo, alle manovre fraudolente di cui l'AIPO sarebbe stata vittima, è pacifico che si tratterebbe dell'azione di soggetti criminali che si erano infiltrati nella medesima. Si tratta quindi di una circostanza che non è estranea all'AIPO. Pertanto, una tale circostanza non può costituire il fondamento di un caso di forza maggiore (v., in tal senso, sentenza McNicholl, citata, punto 12).

81.
    Per quanto concerne, in quarto luogo, l'inattività dello stabilimento di San Lorenzo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, una tale carenza può costituire un caso di forza maggiore solo se il comportamento dell'amministrazione, dei cui servizi l'operatore economico deve necessariamente avvalersi, impedisce a quest'ultimo di adempiere gli obblighi impostigli dalla normativa comunitaria (sentenza Molkerei-Zentrale Süd, citata, punto 13). Nel caso di specie, l'AIPO non ha dedotto alcun elemento che permetta di concludere che la mancata realizzazione dei lavori in questione da parte dell'amministrazione le abbia impedito di esercitare un'attività economica significativa.

82.
    Alla luce di quanto sopra, giustamente la Commissione non ha ravvisato l'esistenza di casi di forza maggiore che giustificassero l'assenza di attività economiche significative dell'APOL e dell'AIPO.

83.
    I motivi devono pertanto essere respinti in entrambe le cause.

Sui motivi vertenti rispettivamente sulla violazione del principio di proporzionalità e su errori di diritto e di valutazione

Argomenti delle parti

- Nella causa T-61/00

84.
    L'APOL contesta alla Commissione di aver violato l'art. 17, n. 2, lett. b), del regolamento n. 355/77 fondandosi sulla decisione di soppressione del contributo nazionale per adottare la decisione impugnata I. A suo dire, in primo luogo, la decisione di soppressione del contributo nazionale non riveste carattere definitivo in quanto essa ha impugnato tale atto dinanzi al giudice amministrativo. In secondo luogo, la stessa contesta che la soppressione del contributo nazionale implichi necessariamente quella del finanziamento comunitario.

85.
    Essa ritiene inoltre che la decisione impugnata I si avvicini in fatto ad una sanzione e violi il principio di proporzionalità sotto più aspetti. In primo luogo, la soppressione del contributo sarebbe sproporzionata rispetto alle sue reali disponibilità finanziarie. In secondo luogo, sarebbe sproporzionata rispetto all'interesse comunitario, poiché la decisione controversa renderebbe assolutamente certo e irrimediabile lo sperpero del denaro pubblico, se si considerano l'abbandono e il degrado di alcuni stabilimenti mentre, all'epoca dell'adozione della stessa, l'APOL stava ottenendo nuovamente la piena disponibilità dei propri impianti.

86.
    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti dell'APOL.

- Nella causa T-62/00

87.
    L'AIPO sostiene, in primo luogo, che la Commissione ha commesso un errore di diritto e di valutazione ribadendo nei suoi riguardi la censura di aver fornito, con la presentazione della sua domanda di contributo, dati erronei sul numero delle strutture di stoccaggio e di confezionamento esistenti. In proposito, l'AIPO fa notare che i chiarimenti dati in risposta al punto 4.6 del questionario allegato alla sua domanda di contributo non erano fuorvianti in quanto si riferivano unicamente alle strutture cooperative del tipo di quelle indicate nel progetto presentato dalla stessa. Secondo l'AIPO, dato che ai sensi dell'art. 9 del regolamento n. 355/77 soltanto i progetti che assicurano una partecipazione adeguata e duratura dei produttori del prodotto agricolo di base ai vantaggi economici che derivano da tali progetti possono beneficiare del contributo, i dati forniti nell'ambito di una richiesta di contributo non potevano che riferirsi alle sole strutture di stoccaggio e di confezionamento controllate dai produttori agricoli. Di conseguenza, la Commissione avrebbe commesso un errore di diritto e/o di valutazione dichiarando che l'AIPO ha fornito informazioni erronee circa la base economica del progetto. Inoltre l'AIPO osserva che, a seguito di un'ulteriore richiesta della Commissione, essa ha fornito, nel 1995, l'elenco completo delle imprese di confezionamento d'olio presenti nelle regioni in questione.

88.
    L'AIPO rileva, in secondo luogo, che la Commissione ha commesso un errore di diritto anche contestando alla stessa e non alle autorità italiane di aver fornito false informazioni sugli impianti esistenti. In proposito essa osserva che, ai sensi degli artt. 2-5 del regolamento n. 355/77, i progetti da finanziarsi in base a tale regolamento dovevano essere inquadrati in programmi specifici, elaborati dagli Stati membri ed approvati dalla Commissione. In particolare, l'art. 3 di questo regolamento preciserebbe che i programmi specifici elaborati dagli Stati membri devono contenere almeno la descrizione della situazione del settore e, in particolare, delle capacità attuali delle imprese interessate.

89.
    Inoltre, secondo la stessa, questi progetti devono formare oggetto di accurata istruttoria da parte dello Stato membro interessato ed ottenere il suo parere favorevole. Infatti, l'allegato A, seconda parte, del regolamento n. 2515/85 prevederebbe che l'obbligo di predisporre e fornire i dati in questione sia posto a carico delle autorità nazionali e non dei beneficiari.

90.
    Nel caso di specie, i dati relativi alla base economica del progetto e alla necessità di creare nelle regioni interessate capacità supplementari di confezionamento e di stoccaggio sarebbero stati forniti dalle autorità italiane e non sarebbero stati contestati dalla Commissione all'epoca dell'approvazione del progetto. Stando così le cose, il fatto che la Commissione abbia rivolto all'AIPO e non alle autorità italiane l'accusa di aver trasmesso dati fuorvianti, che avrebbero fornito un'impressione errata sulla necessità economica del progetto, costituirebbe una violazione dei regolamenti nn. 355/77 e 2515/85.

91.
    L'AIPO rileva, in terzo luogo, che la Commissione ha commesso un errore di valutazione trascurando le osservazioni che essa ha formulato sulla difformità tra i lavori realizzati e gli impianti così come previsti nel progetto. In particolare, l'AIPO adduce, innanzitutto, che nei tre centri il collegamento tra le linee di imbottigliamento e i serbatoi è stato realizzato. Inoltre, essa sostiene che gli accertamenti fotografici allegati alla replica provano che le vie di accesso ai centri di Eboli e di Castri sono praticabili per i camion. Essa rileva, poi, che il sistema di poliurenizzazione d'azoto è stato installato nel centro di Eboli e che lo stesso sistema non è stato realizzato negli altri due centri per l'impossibilità di garantire la tenuta stagna del gas nei serbatoi. D'altronde, la detta assenza del sistema di poliurenizzazione costituirebbe una modifica per la quale non sarebbe stata necessaria la notifica, come stabilito dal documento (CEE) 2 aprile 1978, n. 7125, pag. 2, lett. A, punto 6, che si riferisce a «modifica degli investimenti consistente in cambiamenti puramente tecnici debitamente giustificati, che non incidono sulla concezione strutturale ed economica del progetto». L'AIPO sostiene infine che la vetrificazione dei serbatoi di stoccaggio è stata sostituita dall'utilizzo di contenitori in acciaio inossidabile, il che costituirebbe una modifica per la quale del pari non era necessaria notifica in forza del già citato documento n. 7125.

92.
    Inoltre, la stessa adduce che le conclusioni cui è giunta la Commissione nell'ambito della procedura amministrativa sono in contrasto con gli accertamenti effettuati da periti, in nome e per conto della Commissione, al momento del collaudo degli impianti. Per di più, le successive verifiche effettuate dalla Commissione o per conto della stessa sarebbero state effettuate da persone che non possedevano tutte le competenze tecniche richieste. Infine, in fase di replica, l'AIPO chiede al Tribunale di adottare provvedimenti per disporre una consulenza tecnica d'ufficio diretta ad accertare l'attuale situazione di fatto.

93.
    L'AIPO sostiene, in quarto luogo, che la sanzione consistente nel recupero del contributo in questione è sproporzionata visto che, da un lato, la Commissione ha disposto la soppressione in toto in presenza di irregolarità soltanto parziali e che, dall'altro, alla detta sanzione comunitaria si aggiunge in forza della legge italiana una sanzione amministrativa pecuniaria pari all'importo indebitamente percepito. Per di più, tale decisione otterrebbe come risultato, a seguito di un lungo procedimento giudiziario, il tracollo finanziario dell'AIPO senza che le somme siano peraltro rimborsate, essendo queste ultime detenute dall'associazione malavitosa che si è infiltrata nella medesima. Questa decisione sarebbe, quindi, non solo eccessiva, ma anche irragionevole.

94.
    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti addotti dall'AIPO.

Giudizio del Tribunale

95.
    Occorre ricordare, in via preliminare, che il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non vadano oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso (sentenza della Corte 17 maggio 1984, causa 15/83, Denkavit Nederland, Racc. pag. 2171, punto 25, e sentenza del Tribunale 12 ottobre 1999, causa T-216/96, Conserve Italia/Commissione, Racc. pag. II-3139, punto 101).

96.
    Del resto, secondo una giurisprudenza consolidata, la violazione di obblighi la cui osservanza sia di fondamentale importanza per il buon funzionamento di un sistema comunitario può essere sanzionata con la perdita di un diritto conferito dalla normativa comunitaria (sentenze della Corte 12 ottobre 1995, causa C-104/94, Cereol Italia, Racc. pag. I-2983, punto 24, e 24 gennaio 2002, Conserve Italia/Commissione, citata, punto 32).

97.
    La Corte ha del pari precisato che, in caso di valutazione di una situazione complessa, quale è la materia della politica agricola comune (v. in tal senso, in particolare, sentenza della Corte 20 ottobre 1977, causa 29/77, Roquette, Racc. pag. 1835, punto 19), le istituzioni comunitarie dispongono di un ampio potere discrezionale. Il sindacato di legittimità del giudice sull'esercizio di detto potere deve limitarsi agli eventuali vizi di errore manifesto, sviamento di potere o palese sconfinamento, da parte dell'istituzione, dai limiti del potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 febbraio 1996, cause riunite C-296/93 e C-307/93, Francia e Irlanda/Commissione, Racc. pag. I-795, punto 31).

98.
    Da quanto sopra risulta che la soppressione di un contributo del FEAOG non è, in linea di principio, sproporzionata qualora sia dimostrato che il beneficiario del detto contributo ha violato un obbligo fondamentale per il buon funzionamento del FEAOG.

99.
    E' alla luce di tali principi che occorre esaminare le decisioni impugnate.

- Nella causa T-61/00

100.
    Occorre rilevare, innanzitutto, che la decisione impugnata I è basata, in particolare, sulla violazione dell'art. 10, lett. c), del regolamento n. 355/77 - il quale richiede che il progetto contribuisca all'effetto economico durevole del miglioramento della struttura perseguito dai programmi - a causa dell'assenza di attività economica significativa in relazione all'importo dei contributi. Essa si basa ugualmente sull'art. 17, n. 2, lett. b), del regolamento n. 355/77, che subordina la concessione del contributo comunitario ad una partecipazione finanziaria dello Stato membro per lo meno pari al 5%. Va inoltre rilevato che l'assenza di attività significativa del progetto non è contestata.

101.
    Occorre esaminare poi se gli elementi contenuti nella decisione impugnata I dimostrano la violazione di un obbligo fondamentale dell'APOL nell'ambito del contributo comunitario che le è stato accordato.

102.
    Ai sensi dell'art. 10, lett. c), del regolamento n. 355/77, i progetti devono contribuire all'effetto economico durevole del miglioramento della struttura perseguito dai programmi. Inoltre, in forza dell'art. 7 dello stesso regolamento, i progetti devono concernere la commercializzazione o la produzione di prodotti trasformati. Ancora, ai termini dell'art. 9, n. 1, del detto regolamento, i progetti devono contribuire a migliorare la situazione del rispettivo settore di produzione agricola di base. Infine, il quarto ‘considerando’ di tale regolamento precisa che, per poter beneficiare del finanziamento comunitario, i progetti devono in particolare permettere di garantire tanto il miglioramento e la razionalizzazione delle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, quanto effetti positivi duraturi nel settore agricolo. Ne consegue che l'attuazione del progetto in questione ed il contributo dello stesso ad un effetto positivo durevole sulle strutture di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti olivicoli costituivano oggetto di un obbligo fondamentale imposto dal regolamento n. 355/77.

103.
    Ai sensi dell'art. 1 della decisione di concessione I, il pagamento del contributo all'APOL è subordinato all'osservanza delle condizioni di cui al punto B dell'allegato di tale decisione. Il detto punto B attira espressamente l'attenzione dell'APOL sull'art. 19, n. 2, del regolamento n. 355/77, il quale impone, nell'esecuzione del progetto, l'adempimento delle condizioni previste dal regolamento n. 355/77, pena la soppressione o la riduzione del contributo. L'APOL era quindi vincolata dall'obbligo fondamentale, previsto dall'art. 10, lett. c), del regolamento n. 355/77, di eseguire il progetto e di contribuire ad un effetto positivo durevole di quest'ultimo sulle strutture in questione.

104.
    Occorre a questo punto verificare se l'APOL abbia adempiuto tale obbligo fondamentale. A tale proposito occorre rilevare che, dalla fine dei lavori relativi all'impianto fino all'adozione della decisione impugnata I, vale a dire per un periodo di più di undici anni, non è stata esercitata alcuna attività economica significativa all'interno del detto impianto.

105.
    Un periodo di undici anni risulta sufficiente per valutare l'esistenza di un effetto economico durevole. Di conseguenza, la Commissione, per valutare l'esistenza di un effetto economico durevole del progetto, ha potuto ragionevolmente trascurare il fatto che l'APOL pretendesse di essere sul punto di recuperare gli impianti di Supino all'epoca dell'adozione della decisione impugnata I.

106.
    In mancanza di qualsiasi attività economica significativa per un periodo di undici anni, si deve necessariamente rilevare che l'APOL è venuta meno ad un obbligo fondamentale, il che, conformemente alla giurisprudenza citata sopra, al punto 96, è sufficiente a giustificare la soppressione integrale del contributo senza che con ciò si violi il principio di proporzionalità.

107.
    Occorre infine esaminare se l'esiguità delle risorse dell'APOL sia tale da rimettere in discussione il carattere proporzionato della soppressione del contributo concessole. A tale proposito è sufficiente rilevare che la condizione finanziaria dell'APOL è una situazione meramente soggettiva, totalmente estranea alle condizioni oggettive di concessione e di soppressione del contributo e che, pertanto, essa non può influire sulla valutazione del carattere proporzionato della decisione impugnata I.

108.
    Alla luce di ciò, la decisione di soppressione del contributo risulta del tutto conforme al principio di proporzionalità.

109.
    Poiché la mancanza di qualsiasi attività economica significativa è sufficiente, nel caso di specie, a giustificare la revoca del contributo, non occorre esaminare se la Commissione abbia commesso un errore di diritto nell'aver ritenuto che la revoca del contributo nazionale implicasse la soppressione del finanziamento comunitario ai sensi dell'art. 17, n. 2, lett. b), del regolamento n. 355/77.

- Nella causa T-62/00

110.
    La decisione impugnata II si basa sostanzialmente su tre elementi. In primo luogo, essa contesta all'AIPO di aver fornito alla Commissione dati erronei sul numero delle strutture di confezionamento d'olio esistenti, dandole con ciò un'impressione errata circa la base economica del progetto. In secondo luogo, si addebita all'AIPO di aver violato l'art. 10, lett. c), del regolamento n. 355/77 per non aver esercitato alcuna attività economica significativa in nessuno dei tre centri cofinanziati dal contributo comunitario. In terzo luogo, la decisione contesta all'AIPO la difformità degli impianti realizzati da quelli inizialmente previsti nel progetto.

111.
    Occorre verificare in primo luogo se, come sostiene l'AIPO, la Commissione abbia commesso errori di diritto per aver contestato all'AIPO di averle fornito, al momento della presentazione della sua domanda di contributo, dati erronei sul numero delle strutture esistenti nelle regioni interessate.

112.
    A tale proposito va rilevato, innanzitutto, che il regolamento n. 2515/85, addotto dall'AIPO, non è pertinente al fine di valutare la legittimità della decisione impugnata II. Infatti tale regolamento è entrato in vigore il 14 settembre 1985. Orbene, è pacifico che la decisione di concessione II è datata 29 giugno 1984. A fortiori la domanda di contributo è precedente a tale data e non è quindi disciplinata in alcun modo dal regolamento n. 2515/85.

113.
    Occorre poi rilevare che il questionario compilato dall'AIPO per ottenere il contributo richiedeva a quest'ultima di indicare le «installazioni dello stesso tipo, non appartenenti al beneficiario, che esistono nelle zone di raccolta e nelle zone vicine». E' altresì pacifico che le informazioni fornite dall'AIPO nel questionario compilato si riferivano ai soli impianti controllati e gestiti dai produttori stessi, senza menzionare le altre strutture di confezionamento e di commercializzazione d'olio esistenti nelle regioni interessate.

114.
    Contrariamente a quanto sostiene l'AIPO, dall'art. 9, n. 1, del regolamento n. 355/77 - il quale prevede che i progetti «devono in particolare assicurare un'adeguata e duratura partecipazione dei produttori del prodotto di base ai vantaggi economici che ne derivano» - non si può dedurre che le uniche strutture da menzionare nella domanda di contributo fossero gli impianti controllati e gestiti dai produttori stessi. Una tale interpretazione sarebbe contraria sia allo spirito sia alla lettera del regolamento n. 355/77. Ai sensi dell'art. 10 del regolamento n. 355/77 i progetti cofinanziati devono non solo avere un effetto economico durevole, ma anche offrire sufficiente garanzia quanto alla loro redditività. Nel caso di specie, tale duplice requisito può essere soddisfatto solo qualora esista una domanda di capacità di stoccaggio e di confezionamento di olio d'oliva nelle regioni interessate. Tale domanda dev'essere valutata in relazione alla capacità di stoccaggio e di confezionamento degli impianti esistenti, che non dipende in alcun modo dalla struttura giuridica dei detti impianti.

115.
    Pertanto, le informazioni fornite dall'AIPO nell'ambito della sua domanda di contributo dovevano riguardare tutti gli impianti di stoccaggio e di confezionamento d'olio esistenti nelle regioni interessate al momento della presentazione della domanda di contributo a prescindere dal tipo di controllo e di gestione degli stessi. La Commissione non è quindi incorsa in alcun errore di diritto o di valutazione per aver ritenuto che le informazioni fornite dall'AIPO non riflettessero la realtà.

116.
    Contrariamente a quanto sostenuto dall'AIPO, anche se, ai sensi degli artt. 2-5 del regolamento n. 355/77 e particolarmente in attuazione dell'art. 3, n. 1, lett. b), dello stesso, le autorità italiane avevano l'obbligo di fornire informazioni relative alla situazione dei settori che formano oggetto del programma nel cui ambito il progetto è stato eseguito, in particolare in ordine alle capacità attuali delle imprese interessate, l'esistenza del detto obbligo non dispensava l'AIPO dal fornire alla Commissione dati esatti nell'ambito della propria domanda di contributo.

117.
    Da quanto sopra risulta che la Commissione non ha commesso errori di diritto o di valutazione per aver contestato all'AIPO e non alle autorità italiane di averle fornito, nella sua domanda di contributo, dati erronei sul numero delle strutture di stoccaggio e di confezionamento d'olio esistenti nelle regioni interessate.

118.
    Occorre esaminare, in secondo luogo, se la trasmissione delle dette informazioni erronee costituisca violazione di un obbligo fondamentale che incombeva all'AIPO nell'ambito del contributo concesso.

119.
    In forza della giurisprudenza, per il buon funzionamento del sistema di controllo circa l'adeguata utilizzazione dei fondi comunitari, è indispensabile che i richiedenti un contributo forniscano alla Commissione informazioni attendibili e non tali da indurre quest'ultima in errore. D'altronde, la Corte ha altresì precisato che la sola possibilità che un'irregolarità venga sanzionata non con la riduzione del contributo fino a concorrenza dell'importo corrispondente a tale irregolarità, bensì con la soppressione integrale del contributo stesso, è tale da produrre l'effetto dissuasivo necessario ai fini della buona gestione delle risorse del FEAOG (sentenza 24 gennaio 2002, Conserve Italia/Commissione, citata, punti 100 e 101).

120.
    Pertanto, fornendo alla Commissione dati erronei sul numero delle strutture di stoccaggio e di confezionamento d'olio esistenti all'epoca della sua domanda di contributo, tali da indurre la Commissione in errore circa la base economica del progetto, l'AIPO ha violato un obbligo fondamentale. Alla luce di ciò, la soppressione del contributo è conforme al principio di proporzionalità.

121.
    Va rilevato che né la situazione finanziaria dell'AIPO né il preteso cumulo della soppressione del contributo comunitario con eventuali ammende amministrative inflitte dalle autorità nazionali sono tali da rimettere in discussione il carattere proporzionato della decisione impugnata II. Per quanto riguarda l'esiguità delle capacità finanziarie dell'APOL, va ricordato che tale elemento è meramente soggettivo e, pertanto, estraneo alle condizioni oggettive di concessione e di soppressione del contributo. Pertanto, esso non può influire sulla valutazione del carattere proporzionato della decisione impugnata II (v. sopra, punto 107).

122.
    Per quanto riguarda il cumulo della sanzione comunitaria con le ammende amministrative nazionali, va rilevato che si tratta di un'eventualità puramente ipotetica che, comunque, non è sufficiente, in quanto tale, a far concludere che il provvedimento impugnato non è proporzionato. Spetterà all'AIPO, se del caso, far valere di fronte al giudice nazionale l'eventuale violazione del principio di proporzionalità scaturente dal cumulo di sanzioni comunitarie e nazionali (sentenza 12 ottobre 1999, Conserve Italia/Commissione, citata, punto 108).

123.
    La decisione impugnata II, fondata sulla trasmissione di informazioni erronee circa la base economica del progetto, è quindi conforme al principio di proporzionalità. Non occorre, pertanto, esaminare se l'assenza di attività economica significativa degli impianti cofinanziati o la pretesa difformità delle strutture realizzate rispetto a quelle progettate costituisse ugualmente violazione da parte dell'AIPO di uno dei suoi obblighi fondamentali, violazione che avrebbe dimostrato anch'essa il carattere proporzionato della decisione.

124.
    Poiché la trasmissione di informazioni erronee al momento della domanda di contributo, tale da indurre la Commissione in errore circa la base economica del progetto, è sufficiente a stabilire la violazione di un obbligo fondamentale che, a sua volta, giustifica pienamente la decisione impugnata II, non è necessario verificare se la Commissione abbia commesso un errore di valutazione per aver ritenuto che gli impianti realizzati non fossero conformi a quelli previsti dal progetto. Alla luce di ciò è altrettanto inutile accogliere la domanda dell'AIPO avente ad oggetto la nomina di un perito per determinare lo stato attuale degli impianti in questione.

125.
    Da quanto sopra risulta che i motivi vertenti rispettivamente sulla violazione del principio di proporzionalità e su errori di diritto o di valutazione non possono essere accolti in nessuna delle due cause.

Sui motivi vertenti sulla violazione dell'obbligo di motivazione

Argomenti delle parti

- Nella causa T-61/00

126.
    L'APOL ritiene che la decisione impugnata I non rispetti le forme sostanziali per motivazione insufficiente e contraddittoria. In proposito, essa deduce che la Commissione aveva accettato, in un primo momento, di soprassedere all'adozione di provvedimenti sanzionatori nei suoi confronti in considerazione dei contenziosi relativi alla PAA. La Commissione, avendo adottato la decisione impugnata I senza dare alcuna motivazione del suo mutamento d'indirizzo, allorché la situazione dell'APOL era rimasta apparentemente identica, avrebbe violato il suo obbligo di motivazione.

127.
    La Commissione contesta la validità degli argomenti dell'APOL nell'ambito di tale motivo.

- Nella causa T-62/00

128.
    L'AIPO lamenta, in primo luogo, che la decisione impugnata II è viziata da un difetto di motivazione in quanto la motivazione della stessa è insufficiente. A tale proposito, essa sostiene di avere fornito nella sua corrispondenza con la Commissione chiarimenti che questa istituzione non ha mai contestato, nemmeno nel testo della decisione impugnata II. Così stando le cose, l'affermazione, al punto 10 della motivazione di tale decisione, che «il beneficiario non ha fornito argomenti contrari ai principali elementi comunicati dalla Commissione» non costituirebbe una motivazione sufficiente.

129.
    L'AIPO sostiene, in secondo luogo, che la Commissione ha commesso un errore di valutazione contestandole di aver fornito informazioni erronee sull'esistenza di strutture dello stesso tipo di quelle che il progetto mirava a realizzare nelle regioni interessate. Secondo l'AIPO, la Commissione non ha compreso che i dati fornitile si riferivano unicamente a strutture di stoccaggio e di confezionamento controllate dai produttori agricoli e messe a loro disposizione a condizioni di favore per realizzare gli obiettivi dell'azione politica che sottendono al regolamento n. 355/77.

130.
    La Commissione contesta gli argomenti avanzati dall'AIPO nell'ambito del presente motivo.

Giudizio del Tribunale

131.
    In via preliminare occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la motivazione prescritta dall'art. 253 CE deve fare apparire, in forma chiara e non equivoca, l'iter logico seguito dall'autorità comunitaria da cui promana l'atto impugnato, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato per difendere i propri diritti e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo (v., in particolare, sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 15). Va ugualmente precisato che non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto l'accertamento del fatto che la motivazione di un atto soddisfi o meno le condizioni dell'art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza del Tribunale 30 aprile 1998, causa T-16/96, Cityflyer Express Ltd/Commissione, Racc. pag. II-757, punto 65).

- Nella causa T-61/00

132.
    Occorre rilevare che la decisione impugnata I menziona le irregolarità accertate e stabilisce che queste ultime giustificano la soppressione del contributo ai sensi dell'art. 24 del regolamento n. 4253/88. Una tale motivazione fa risultare in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dalla Commissione e consente al Tribunale di esercitare il proprio controllo e all'APOL di difendere i propri diritti. Dall'argomento svolto da quest'ultima risulta, del resto, che la stessa ha effettivamente compreso l'iter logico che ha indotto la Commissione ad adottare la decisione impugnata I.

133.
    Per quanto necessario va rilevato che, contrariamente a quanto sostiene l'APOL, non può essere ravvisato alcun difetto di motivazione relativamente al preteso mutamento di posizione della Commissione. Infatti la decisione impugnata I menziona, oltre alle irregolarità già constatate nella lettera 22 gennaio 1997 di avvio della procedura di soppressione del contributo, la sparizione dell'impianto di imbottigliamento dal centro di Supino, nonché la soppressione del contributo nazionale. La menzione di questi due elementi costituisce una motivazione specifica sufficiente del mutamento di posizione addotto.

134.
    La Commissione non è pertanto venuta meno al suo obbligo di motivazione della decisione impugnata I. Di conseguenza, nell'ambito della causa T-61/00, il motivo deve essere respinto.

- Nella causa T-62/00

135.
    Occorre innanzitutto rilevare che, contrariamente a quanto sostiene l'AIPO, il punto 10 della motivazione della decisione impugnata II, il quale precisa che l'AIPO «non ha fornito argomenti contrari ai principali elementi comunicati dalla Commissione», non può essere considerato una motivazione insufficiente. Infatti, in applicazione della giurisprudenza citata sopra, al punto 131, il detto punto dev'essere valutato alla luce degli altri elementi della decisione impugnata II, in particolare del punto 12 della stessa, il quale menziona le irregolarità ritenute dalla Commissione come provate. Stando così le cose, l'AIPO è stata in grado di valutare se e in quale misura gli argomenti fatti valere dalla stessa nell'ambito della procedura amministrativa siano stati presi in considerazione dalla Commissione in sede di adozione della decisione impugnata II.

136.
    Per quanto riguarda, inoltre, il preteso difetto di motivazione relativo alla trasmissione di dati erronei sul numero delle strutture di confezionamento e di stoccaggio d'olio esistenti nelle regioni interessate al momento della presentazione della domanda di contributo, va rilevato che tale argomento si risolve in quello concernente un errore di diritto o di valutazione che è già stato trattato in sede di analisi dei motivi precedenti.

137.
    Alla luce di quanto sopra, il motivo vertente sulla violazione dell'obbligo di motivazione non può condurre all'annullamento della decisione impugnata II.

Sul motivo vertente su una violazione dei diritti della difesa dell'AIPO

Argomenti delle parti

138.
    La ricorrente asserisce, sostanzialmente, che la decisione impugnata è in parte basata sul fatto che essa ha fornito alla Commissione un'impressione errata circa la base economica del progetto quando, nella propria domanda, ha indicato che nelle regioni interessate dal progetto esistevano soltanto tre strutture dello stesso tipo di quelle che il progetto intendeva realizzare. Questa censura sarebbe basata, come la stessa Commissione ammette, sulle osservazioni contenute nelle lettere dell'Agecontrol, datate 18 aprile 1997 e 25 novembre 1998. Orbene, il contenuto di queste lettere non sarebbe conosciuto dall'AIPO.

139.
    La Commissione contesta le asserzioni e gli argomenti fatti valere dall'AIPO nell'ambito del presente motivo.

Giudizio del Tribunale

140.
    Occorre rilevare che dagli atti di causa, in particolare dalla decisione impugnata II, risulta che l'AIPO è stata informata del contenuto dei documenti inviati alla Commissione da parte dell'Agecontrol. Del resto, l'AIPO non allega né dimostra sotto quale profilo essa non avrebbe potuto esercitare utilmente i propri diritti di difesa.

141.
    Stando così le cose, tale motivo dev'essere respinto.

142.
    Dall'insieme di quanto sopra risulta che le domande volte all'annullamento delle decisioni impugnate devono essere respinte.

Sulle spese

143.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda in entrambe le cause, ciascuna delle ricorrenti, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    I ricorsi sono respinti.

2)    In ciascuna causa, la rispettiva ricorrente sosterrà tutte le spese.

Moura Ramos
Pirrung
Meij

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 marzo 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

R.M. Moura Ramos


1: Lingua processuale: l'italiano.