Language of document : ECLI:EU:T:2009:429

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

10 novembre 2009 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Agenti temporanei – Mancata proroga di un contratto a tempo determinato – Ricorso per risarcimento danni – Origine del danno – Obbligo di motivazione da parte del Tribunale della funzione pubblica»

Nel procedimento T‑180/08 P,

avente ad oggetto un ricorso di impugnazione diretto all’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 6 marzo 2008, causa F‑55/07, Tiralongo/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta),

Giuseppe Tiralongo, ex agente temporaneo della Commissione delle Comunità europee, residente in Ladispoli, rappresentato dagli avv.ti F. Sciaudone, R. Sciaudone e S. Frazzani,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Currall e D. Martin, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. S. Corongiu,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Sezione delle impugnazioni),

composto dai sigg. M. Jaeger, presidente, M. Vilaras, N.J. Forwood, dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro e dal sig. O. Czúcz (relatore), giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la presente impugnazione ex art. 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia, il ricorrente, sig. Giuseppe Tiralongo, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della Funzione Pubblica dell’Unione europea 6 marzo 2008, causa F‑55/07 (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con cui è stato respinto il suo ricorso inteso ad ottenere la condanna della Commissione delle Comunità europee al risarcimento dei danni asseritamente sofferti a causa di una serie di comportamenti illegittimi posti in essere dalla Commissione nell’ambito della mancata proroga del suo contratto.

 Fatti all’origine della controversia

2        I fatti all’origine della controversia sono illustrati come segue ai punti 8-20 dell’ordinanza impugnata:

«8      Il ricorrente, originariamente funzionario dell’amministrazione delle dogane italiane, ha prestato servizio, [dal novembre 1996], presso l’Unità per il coordinamento e la lotta antifrode, divenuta l’[Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)] nel giugno 1999 (…)

(…)

11      Il 3 febbraio 2003, il direttore generale dell’OLAF ha deciso di creare una “Temporary Task Force Recovery” (“Task force temporanea per la riscossione”; in prosieguo: la “TTFR”), e di nominare il ricorrente quale auditore presso quest’ultima. Il 20 luglio 2004, il detto direttore generale ha deciso, alla luce della necessità di proseguire l’attività della TTFR, di prorogare la missione di quest’ultima fino al 31 dicembre 2006. Al punto 6 della decisione 20 luglio 2004, il direttore generale ha designato il ricorrente quale uno degli auditori dell’OLAF presso la TTFR, precisando che tali auditori vi avrebbero lavorato a tempo pieno per la durata [di quest’ultima].

12      L’11 ottobre 2004, in prossimità della scadenza del proprio contratto, il ricorrente ha inviato una e-mail all’OLAF con cui ha sostenuto che le sue funzioni presso la TTFR giustificavano la proroga del suo contratto fino al 31 dicembre 2006, cioè alla data fissata per la fine della missione della TTFR. In seguito a tale e-mail e alla domanda dei superiori gerarchici del ricorrente, soddisfatti dell’eccellenza dei suoi servizi, il direttore generale dell’OLAF, con decisione 3 novembre 2004, ha prorogato il contratto di agente temporaneo del ricorrente fino al 30 aprile 2005.

13      Con lettere del 2 febbraio 2005, inviata al direttore generale dell’OLAF, e del 14 febbraio 2005, inviata segnatamente al vicepresidente della Commissione, incaricato dell’amministrazione, dell’audit e della lotta antifrode, il ricorrente ha contestato la durata della proroga così accordata, indicando che aveva ritenuto, sulla base della decisione del direttore generale dell’OLAF 20 luglio 2004, che il suo contratto sarebbe stato prorogato fino al 31 dicembre 2006, data prevista per la fine della missione della TTFR.

14      Il direttore generale dell’OLAF ha risposto a tali due lettere con lettera del 22 marzo 2005, in cui ha affermato che il ricorrente era stato chiaramente informato dal servizio del personale dell’OLAF, al momento dell’ultima proroga del suo contratto, che non sarebbe stato possibile prolungare il suo impiego oltre il 30 aprile 2005, data in cui la durata totale del suo servizio avrebbe raggiunto il massimo di otto anni autorizzato dall’OLAF. Nella stessa lettera, il direttore generale ha precisato che l’argomento del ricorrente attinente alla decisione 20 luglio 2004 relativa alla durata della missione della TTFR non poteva essere accolto, dato che l’assegnazione del ricorrente alla TTFR non aveva implicato alcuna proroga del suo contratto.

15      Secondo il ricorrente, il contratto di una sua collega, la sig.ra D., che si trova in una situazione assimilabile alla sua, sarebbe stato prorogato. La Commissione non contesta che il contratto della sig.ra D. sia stato prorogato, ma spiega che la situazione di quest’ultima differiva sotto diversi profili da quella del ricorrente.

16      Dopo aver lasciato le sue funzioni ed aver ripreso servizio presso l’amministrazione italiana delle dogane, il ricorrente, con lettera del 18 ottobre 2005, ha chiesto di essere reintegrato nel posto che occupava presso l’OLAF (…)

17      Con lettera del 19 dicembre 2005, il direttore generale dell’OLAF ha respinto tale richiesta, ritenendo che il reintegro del ricorrente non fosse giuridicamente possibile.

18      Il 7 novembre 2006 il ricorrente ha presentato una richiesta di risarcimento per il danno subìto a seguito di decisioni illegittime adottate dall’OLAF (…)

19      Con lettera del 22 gennaio 2007, l’OLAF ha respinto tale richiesta, in quanto il ricorrente non aveva proposto un ricorso contro la decisione del direttore generale dell’OLAF 19 dicembre 2005 entro tre mesi dalla notifica di quest’ultima, e quindi la sua richiesta di risarcimento danni non era più ricevibile.

20      Con lettera del 13 marzo 2007 (…) il ricorrente ha contestato il rigetto delle sue richieste risarcitorie. Tale contestazione è stata respinta con decisione del direttore generale dell’OLAF 12 aprile 2007».

 Il procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e l’ordinanza impugnata

3        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 30 maggio 2007, il ricorrente ha chiesto a quest’ultimo di:

–        condannare la Commissione al pagamento di EUR 460 000, o della diversa somma che il Tribunale della funzione pubblica consideri equa, a titolo di risarcimento del pregiudizio materiale causatogli;

–        condannare la Commissione al pagamento di EUR 100 000, o della diversa somma che il Tribunale della funzione pubblica consideri equa, a titolo di risarcimento del pregiudizio morale causatogli;

–        ordinare alla Commissione di fornire le informazioni e produrre i documenti relativi all’assunzione ed ai successivi prolungamenti del contratto in seno all’OLAF della sig.ra D., nonché citare la stessa in qualità di testimone;

–        adottare tutte le misure di organizzazione del procedimento e di istruzione necessarie al fine di accertare la violazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione commessa dalla Commissione;

–        condannare la Commissione al pagamento delle spese del giudizio.

4        La Commissione ha sollevato due eccezioni di irricevibilità, vertenti in sostanza sul mancato rispetto del procedimento precontenzioso.

5        Il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato il ricorso manifestamente irricevibile.

6        Esso ha innanzitutto citato la giurisprudenza a suo avviso applicabile alla fattispecie, sottolineando, al riguardo, quanto segue:

«30      Secondo una giurisprudenza costante, anche se è possibile esperire una domanda di risarcimento danni senza essere contemporaneamente tenuti a chiedere l’annullamento dell’atto illegittimo che ha causato il danno, ciò non consente però di aggirare l’ostacolo dell’irricevibilità di una domanda diretta contro la stessa illegittimità e intesa ad ottenere lo stesso risultato pecuniario (sentenze della Corte 15 dicembre 1966, causa 59/65, Schreckenberg/Commissione, Racc. pag. 733, a pag. 744, e 14 febbraio 1989, causa 346/87, Bossi/Commissione, Racc. pag. 303, punto 31; sentenza del Tribunale […] 28 maggio 1997, causa T‑59/96, Burban/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑109 e II‑331, punto 26). Si è così posta un’eccezione al principio dell’autonomia dei mezzi di tutela giurisdizionale, nel caso in cui un ricorso per risarcimento danni abbia per oggetto di consentire al suo autore di ottenere lo stesso risultato che gli avrebbe procurato un ricorso di annullamento che fosse stato proposto entro i termini.

31      Così, un funzionario che ha omesso di impugnare gli atti che considera lesivi proponendo tempestivamente un ricorso d’annullamento non può sanare questa omissione e, in un certo senso, procurarsi un nuovo termine di impugnazione per il tramite di una domanda di risarcimento (sentenze del Tribunale […] 24 gennaio 1991, causa T‑27/90, Latham/Commissione, Racc. pag. II‑35, punto 38, e 13 luglio 1993, causa T‑20/92, Moat/Commissione, Racc. pag. II‑799, punto 46; ordinanza del Tribunale […] 28 giugno 2005, causa T‑147/04, Ross/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑171 e II‑771, punto 48).

32      Analogamente, si è dichiarato che il funzionario che non abbia impugnato entro i termini una decisione dell’autorità che ha il potere di nomina che gli arreca pregiudizio non può avvalersi dell’asserita illegittimità di tale decisione ai fini di un’azione per responsabilità (sentenza della Corte 7 ottobre 1987, causa 401/85, Schina/Commissione, Racc. pag. 3911, punto 9; sentenza del Tribunale […] 27 giugno 1991, causa T‑156/89, Valverde Mordt/Corte di giustizia, Racc. pag. II‑407, punto 144). Nello stesso senso, il Tribunale [della funzione pubblica] ha dichiarato che un funzionario che desideri proporre un’azione risarcitoria sulla base di illegittimità che viziassero un atto che arreca pregiudizio deve avviare il procedimento precontenzioso previsto dallo Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo “Statuto”) entro tre mesi a decorrere dalla notifica di tale atto, per quanto riguarda tanto il danno materiale quanto quello morale (v. sentenza del Tribunale [della funzione pubblica] 21 febbraio 2008, causa F‑4/07, Skoulidi/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 70)».

7        Per quanto riguarda l’applicazione di tale giurisprudenza alla fattispecie, il Tribunale della funzione pubblica ha rilevato quanto segue:

«33      Nella controversia in esame, il ricorrente non ha contestato dinanzi al giudice comunitario, nei termini previsti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto, alcuna delle decisioni 3 novembre 2004, 22 marzo e 19 dicembre 2005 con cui l’OLAF ha rispettivamente deciso di fissare al 30 aprile 2005 la data di scadenza del suo contratto, ha rifiutato di prorogare la durata di quest’ultimo al di là di tale data e ha respinto la domanda di reintegro dell’interessato. Egli sottopone al Tribunale un ricorso per risarcimento danni, presentato come autonomo rispetto ad un ricorso di annullamento, che non sarebbe più legittimato a proporre a causa del superamento dei termini fissati da detti articoli dello Statuto».

8        Infine, il Tribunale della funzione pubblica ha riportato e disatteso gli argomenti del ricorrente diretti a dimostrare l’irrilevanza della giurisprudenza applicata. I punti pertinenti dell’ordinanza impugnata sono così redatti:

«34      (…) il ricorrente sostiene, per dimostrare la ricevibilità del suo ricorso, che la giurisprudenza rammentata ai punti precedenti non è pertinente. L’azione per risarcimento da lui avviata non avrebbe alcun nesso con un’ipotetica azione di annullamento. Con il suo ricorso, il ricorrente non cercherebbe affatto di ottenere il suo reintegro nei servizi dell’OLAF, ove non potrebbe più svolgere i suoi compiti in condizioni favorevoli, né alcun tipo di ricostituzione artificiale di carriera, né il beneficio della somma che avrebbe ottenuto qualora il suo contratto fosse stato prorogato fino al 31 dicembre 2006. L’importo chiesto come risarcimento del danno materiale fatto valere, sebbene calcolato sulla base della retribuzione che avrebbe percepito in qualità di agente temporaneo fino a tale data, sarebbe presentato a titolo puramente indicativo, dato che tale retribuzione dev’essere intesa come un mero parametro di riferimento. Inoltre, l’esistenza di conclusioni dirette al risarcimento del danno morale asseritamente subìto dimostrerebbe che la sua azione risarcitoria è autonoma rispetto ad un’eventuale azione di annullamento che avrebbe omesso di avviare.

35      Tali argomenti non possono essere accolti.

36      Occorre infatti rilevare che le tre censure svolte dal ricorrente nel suo ricorso per dimostrare l’illegittimità della condotta della Commissione, illegittimità che costituisce la prima condizione per accertare la responsabilità di detta istituzione, cioè la violazione delle disposizioni sull’assunzione degli agenti temporanei da parte dell’OLAF e della pertinente giurisprudenza comunitaria, la violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di parità di trattamento e di non discriminazione, sono tutte direttamente connesse alla legittimità delle tre decisioni dell’OLAF menzionate al punto 33 della presente ordinanza.

37      Emerge pertanto dal tenore letterale del ricorso, anche se il ricorrente non cerca con esso di ottenere il suo reintegro nei servizi dell’OLAF, né una ricostituzione di carriera, che detto ricorso è diretto al risarcimento dell’insieme delle conseguenze dannose derivanti dall’illegittimità commessa dall’OLAF nell’adozione delle decisioni menzionate al punto 33 della presente ordinanza, sia che si faccia valere un danno materiale, consistente nella perdita di redditi che il ricorrente avrebbe percepito qualora tali decisioni non fossero intervenute, sia che si faccia valere un danno morale, consistente in uno stato di incertezza e preoccupazione quanto al suo avvenire professionale derivante dagli stessi atti asseritamente illegittimi. Il fatto che l’importo richiesto come risarcimento del danno materiale sia stato calcolato, anche a titolo indicativo, con riferimento alle retribuzioni che il ricorrente avrebbe percepito qualora non fosse stato illegittimamente estromesso rivela che il danno di cui si chiede il risarcimento ha origine nell’asserita illegittimità delle tre decisioni sopra menzionate.

38      Orbene, le tre decisioni menzionate al punto 33 della presente ordinanza, che costituiscono innegabilmente atti che arrecano pregiudizio, non hanno formato oggetto, come già indicato, di alcun ricorso di annullamento, diventando così definitive. Il ricorrente, pertanto, non è più legittimato a far valere, a sostegno delle sue domande risarcitorie, l’illegittimità che vizierebbe tali decisioni (…).

39      Il fatto che il ricorrente sostenga di non avere più un interesse a chiedere l’annullamento delle decisioni con cui è stato estromesso dall’OLAF, anche considerandolo dimostrato, non consente di stabilire che sarebbe stato privo di interesse, nei termini previsti dallo Statuto, a contestare la legittimità delle dette decisioni ovvero ostacolato a farlo, ed è quindi irrilevante ai fini della valutazione della ricevibilità del ricorso in esame.

40      È vero che, come sostiene il ricorrente, il Tribunale (…) ha già ammesso la possibilità per un funzionario di proporre una domanda autonoma di risarcimento del danno morale derivante da uno stato di incertezza quanto al suo avvenire professionale (v., in tal senso, sentenza Burban/Parlamento, cit., punti 27 e 28).

41      Tuttavia, nella causa all’origine della citata sentenza Burban/Parlamento, a differenza che nella controversia in esame, il danno non derivava, per il funzionario interessato, dall’illegittimità di un atto che gli arrecava pregiudizio, ma da un illecito dell’amministrazione, indipendente dal contenuto stesso di un atto siffatto e costituito dal ritardo nella redazione del suo rapporto informativo (v., in tal senso, sentenza della Corte 5 giugno 1980, causa 24/79, Oberthür/Commissione, Racc. pag. 1743, punto 11; sentenze del Tribunale […] 1° dicembre 1994, causa T‑79/92, Ditterich/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑289 e II‑907, punto 66, e 20 novembre 2007, Ianniello/Commissione, causa T‑308/04, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 100). In un caso siffatto, in cui la fondatezza delle domande risarcitorie esula dalla constatazione dell’illegittimità di un atto che arreca pregiudizio, il ricorso per risarcimento danni può avere un carattere del tutto autonomo rispetto al ricorso di annullamento».

 Sull’impugnazione

1.     Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2008, il ricorrente ha proposto l’impugnazione in esame.

10      Il ricorrente chiede sostanzialmente che il Tribunale voglia:

–        annullare l’ordinanza impugnata e rimettere la causa al Tribunale della funzione pubblica;

–        condannare la Commissione al pagamento delle spese del presente procedimento e di quelle di cui al procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica.

11      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        condannare il ricorrente alle spese della presente procedura.

12      Con lettera 7 gennaio 2009, il ricorrente, ai sensi dell’art. 146 del regolamento di procedura del Tribunale, ha chiesto a quest’ultimo di avviare la fase orale del procedimento.

2.     In diritto

13      Ai sensi dell’art. 145 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è, in tutto o in parte, manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale, su relazione del giudice relatore, può respingere in qualsiasi momento, totalmente o parzialmente, l’impugnazione con ordinanza motivata, senza avviare la fase orale del procedimento.

14      Nel caso in esame, il Tribunale si ritiene sufficientemente edotto dai documenti del fascicolo e decide, in applicazione di tale articolo, di pronunciarsi senza proseguire il procedimento.

15      Il ricorrente fa valere, sostanzialmente, che la giurisprudenza in materia di autonomia dei mezzi di ricorso sulla quale il Tribunale della funzione pubblica ha fondato l’ordinanza impugnata non è applicabile al caso in esame, che, comunque, il Tribunale della funzione pubblica ha erroneamente interpretato tale giurisprudenza e che l’ordinanza impugnata presenta un difetto di motivazione.

 Sul motivo attinente all’applicazione di una giurisprudenza non pertinente

 Argomenti delle parti

16      Secondo il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica è incorso in un errore di diritto applicando, ai punti 30, 33 e 36‑38 dell’ordinanza impugnata, la giurisprudenza relativa al risarcimento di danni causati da atti illeciti, mentre il ricorso aveva ad oggetto il risarcimento di danni causati da comportamenti illegittimi.

17      Per quanto riguarda il primo comportamento illegittimo dedotto, cioè la violazione, in sostanza, della normativa applicabile in materia di pubblico impiego, il ricorrente fa valere che ciò che rileva nel caso di specie non è l’illegittimità delle decisioni adottate nei suoi confronti, bensì il fatto che, attraverso una serie di atti e comportamenti risalenti all’inizio del 2003, la Commissione ha disapplicato, per quanto lo riguarda, la pertinente normativa in materia di pubblico impiego, in quanto le decisioni menzionate dal Tribunale della funzione pubblica erano solo «singole manifestazioni di una complessiva condotta». Il ricorrente considera che ciò è confermato dal punto 37 dell’ordinanza impugnata, in cui il Tribunale della funzione pubblica fa riferimento alle «conseguenze dannose derivanti dall’illegittimità commessa dall’OLAF nell’adozione delle decisioni menzionate al punto 33 [dell’ordinanza impugnata]» e non gli contesta di non aver impugnato un atto in particolare, bensì di non aver impugnato complessivamente una serie di lettere.

18      Il ricorrente sostiene che, nel suo caso, avrebbe dovuto essere accordata una deroga alle regole interne in materia di durata massima dei contratti, considerato l’interesse del servizio, e che il direttore generale dell’OLAF si era dichiarato consapevole del fatto che la normativa interna anticumulo dovesse cedere il passo alle esigenze del servizio. A suo avviso, la violazione dell’interesse del servizio da parte dell’amministrazione e la consapevole conoscenza di tale violazione non sembrano poter essere riferiti con precisione ad una delle tre lettere dell’OLAF menzionate dal Tribunale della funzione pubblica e tali lettere sono piuttosto elementi che connotano in termini di illiceità una complessiva condotta diretta a disapplicare la normativa rilevante. Egli aggiunge che il Tribunale della funzione pubblica ha ignorato tali argomenti.

19      Quanto al secondo comportamento illegittimo, cioè la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, il ricorrente sostiene che il danno fatto valere non deriva neanche dall’illegittimità delle decisioni menzionate dal Tribunale della funzione pubblica, ma da un comportamento illecito della Commissione. Egli sostiene, al riguardo, che il legittimo affidamento è stato ingenerato dalle decisioni 3 febbraio 2003 e 20 luglio 2004, le quali indicavano che egli sarebbe rimasto in servizio all’OLAF almeno fino al 31 dicembre 2006 e costituiscono componenti di una condotta complessiva imputabile all’OLAF. Egli ha aggiunto che il contenuto delle decisioni menzionate dal Tribunale della funzione pubblica, in sé considerato, «non può assumere alcun rilievo autonomo, poiché il valore che [il principio della tutela del legittimo affidamento] intende proteggere non è quello della legalità degli atti e dei comportamenti in quanto tale» e che «il fatto che gli atti o i comportamenti idonei a violare l’affidamento siano di per sé illeciti è irrilevante». Infatti, egli chiarisce che, «in assenza [segnatamente] delle decisioni del direttore generale OLAF del 3 febbraio 2003 e del 20 luglio 2004, (…) le lettere [menzionate dal Tribunale della funzione pubblica], seppur illegittime, non avrebbero potuto concretare alcuna violazione del principio del legittimo affidamento».

20      Quanto al terzo comportamento illegittimo fatto valere, cioè la violazione dei principi della parità di trattamento e di non discriminazione, il ricorrente sostiene che il comportamento addebitato alla Commissione non consiste nell’adozione di un atto concreto nei suoi confronti, bensì nell’applicazione di trattamenti diversi allo stesso ricorrente ed alla sig.ra D.; egli ritiene inoltre che, a tal riguardo, le lettere menzionate dal Tribunale della funzione pubblica non possano assumere alcun rilievo autonomo. A suo avviso, «i principi di parità di trattamento e non discriminazione non sono diretti a tutelare il valore della legalità degli atti e dei comportamenti in quanto tale» e che, piuttosto, essi «sono diretti a evitare che individui che si trovano in situazioni comparabili siano, senza che sussista una debita ragione, trattati in maniera differente». Egli aggiunge che la fondatezza del suo approccio è confermata dal fatto che la Commissione avrebbe potuto porre rimedio alla violazione dei principi menzionati, anche senza modificare il contenuto degli atti che, secondo il Tribunale della funzione pubblica, costituirebbero invece l’origine del danno, mediante l’applicazione alla sig.ra D. del medesimo trattamento riservato al ricorrente.

21      La Commissione contesta tali argomenti.

 Giudizio del Tribunale

22      Con il motivo in esame, il ricorrente critica, in sostanza, il fatto che il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto che i danni fatti valere avessero la loro origine nelle decisioni della Commissione di non prorogare il contratto del ricorrente oltre il 30 aprile 2005 e di respingere la sua domanda di essere reintegrato. Egli ritiene infatti che il Tribunale della funzione pubblica abbia riqualificato il ricorso proposto, considerando che esso riguardava il risarcimento del danno subìto in conseguenza di tali decisioni, sebbene, ad avviso del ricorrente, detto ricorso riguardasse il risarcimento del danno subìto in conseguenza di comportamenti illegittimi della Commissione.

23      Occorre rammentare che, nel sistema dei mezzi di ricorso istituito dagli artt. 90 e 91 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), un ricorso per risarcimento è ricevibile solo qualora sia stato preceduto da un procedimento precontenzioso conforme alle disposizioni statutarie.

24      Orbene, conformemente alla giurisprudenza, tale procedimento differisce a seconda che il danno di cui si chiede la riparazione sia stato causato da un atto lesivo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, o da un comportamento privo di carattere decisionale. Nella prima ipotesi, spetta all’interessato investire, entro i termini previsti, l’autorità che ha il potere di nomina di un reclamo diretto nei confronti dell’atto in questione (ordinanza del Tribunale 25 febbraio 1992, causa T‑64/91, Marcato/Commissione, Racc. pag. II‑243, punti 32 e 33; sentenze del Tribunale 8 ottobre 1992, causa T‑84/91, Meskens/Parlamento, Racc. pag. II‑2335, punto 33; 1° dicembre 1994, causa T‑79/92, Ditterich/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑289 e II‑907, punto 40; ordinanze del Tribunale 24 marzo 1998, causa T‑181/97, Meyer e a./Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑151 e II‑481, punto 22, e 17 maggio 2006, causa T‑241/03, Marcuccio/Commissione, Racc. FP pagg. I‑A‑2-111 e II‑A‑2‑517, punto 52; v., in tal senso, sentenze della Corte 22 ottobre 1975, causa 9/75, Meyer-Burckhardt/Commissione, Racc. pag. 1171, punti 10 e 11, e 7 ottobre 1987, causa 401/85, Schina/Commissione, Racc. pag. 3911, punto 9). Nella seconda ipotesi, invece, il procedimento amministrativo deve iniziare con la presentazione di una domanda ex art. 90, n. 1, dello Statuto, diretta ad ottenere un risarcimento, e proseguire, eventualmente, con un reclamo nei confronti della decisione di rigetto della domanda (ordinanza Marcato/Commissione, cit. supra, punti 32 e 33; sentenze Meskens/Parlamento, cit., punto 33, e Ditterich/Commissione, cit., punto 40).

25      Emerge da tale giurisprudenza che la soluzione del problema se i danni fatti valere trovino la loro origine in un atto lesivo o in un comportamento dell’amministrazione privo di un contenuto decisionale è indispensabile per verificare il rispetto del procedimento precontenzioso e dei termini previsti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto e, quindi, la ricevibilità del ricorso. Poiché tali norme sono di ordine pubblico (sentenza del Tribunale 6 novembre 1997, causa T‑15/96, Liao/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑329 e II‑897, punto 27), tale qualificazione rientra nell’esclusiva competenza del giudice comunitario, il quale non è vincolato, al riguardo, dalla qualificazione proposta dalle parti (v., in tal senso, sentenza della Corte 19 novembre 1981, causa 106/80, Fournier/Commissione, Racc. pag. 2759, punti 15‑18; ordinanza del Tribunale 26 novembre 1999, causa T‑253/97, Giegerich/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑233 e II‑1177, punto 18, e sentenza del Tribunale 11 dicembre 2007, causa T‑66/05, Sack/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35). Non è infatti ammissibile che, redigendo un ricorso in modo da affermare che i danni derivano dall’illegittimità di taluni atti, un soggetto possa eludere l’applicazione delle norme in materia di termini previste dallo Statuto.

26      Di conseguenza, non si può addebitare al Tribunale della funzione pubblica di aver verificato se i danni fatti valere dal ricorrente derivassero da uno o più atti lesivi nei suoi confronti o da un comportamento della Commissione privo di carattere decisionale.

27      Il ricorrente sostiene che i danni fatti valere derivano da una violazione della normativa pertinente, nonché da violazioni dei principi di tutela del legittimo affidamento, di parità di trattamento e di non discriminazione. Orbene, va rilevato al riguardo che occorre distinguere tra, da un lato, le azioni dell’amministrazione (sotto forma tanto di atti lesivi quanto di comportamenti privi di carattere decisionale) all’origine del danno ed asseritamente illegittime e, dall’altro, i vizi di legittimità medesimi. Infatti, eventuali violazioni delle disposizioni applicabili o dei diversi principi generali costituiscono altrettante ragioni di illegittimità in grado di viziare gli atti ed i comportamenti dell’amministrazione, ma non possono essere, di per sé, azioni.

28      Si deve quindi esaminare a quali concrete azioni si riferiscano i tre vizi di legittimità dedotti dal ricorrente per verificare se il Tribunale della funzione pubblica abbia commesso un errore considerando che i danni fatti valere derivavano dalla mancata proroga del contratto del ricorrente oltre il 30 aprile 2005, come comunicato con la lettera del 3 novembre 2004 e confermato, in sostanza, con le lettere del 22 marzo e del 19 dicembre 2005.

29      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’asserita violazione della normativa applicabile, si deve constatare che lo stesso ricorrente ha espressamente indicato che «la vicenda in esame prende[va] origine dalla decisione del Direttore generale OLAF di non osservare, con riferimento al [ricorrente], la normativa legittimamente applicabile in materia di pubblico impiego», presa di posizione che «è stata dapprima comunicata [al ricorrente] con lettera del 3 novembre 2004, per essere poi confermata con le successive lettere del 22 marzo 2005 e del 19 dicembre 2005», e che la Commissione, «nel concedere [al ricorrente] una mera proroga fino al 30 aprile 2005 del suo contratto da agente temporaneo, [aveva] palesemente violato la normativa applicabile».

30      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la violazione del principio del legittimo affidamento, va osservato che, se è vero, come afferma il ricorrente, che egli non ha menzionato in proposito le decisioni del 3 novembre 2004, 22 marzo e 19 dicembre 2005 nel suo ricorso in primo grado, cionondimeno i suoi argomenti in detto ricorso erano esclusivamente diretti a dimostrare che la Commissione aveva ingenerato un legittimo affidamento ai sensi della giurisprudenza. Orbene, occorre distinguere le azioni dell’amministrazione che hanno dato luogo ad un legittimo affidamento da quelle, distinte e necessariamente successive, che non rispettano tale affidamento e rammentare che l’amministrazione non agisce illegittimamente quando lascia insorgere un legittimo affidamento nel fatto che adotterà una posizione determinata, bensì quando, successivamente, adotta una diversa posizione. Nel caso di specie, è giocoforza constatare, da un lato, che il ricorrente sostiene che la Commissione aveva fatto nascere in lui un legittimo affidamento «quanto alla prosecuzione del suo rapporto in seno all’OLAF almeno fino al termine delle attività della [Temporary Task Force Recovery]», cioè fino al 31 dicembre 2006, e, dall’altro, che il mancato rispetto di un legittimo affidamento siffatto, pur supponendolo provato, dipende senza alcun dubbio dalla decisione di prorogare il contratto del ricorrente solo fino al 30 aprile 2005, decisione che, come indicato supra, «è stata dapprima comunicata [al ricorrente] con lettera del 3 novembre 2004, per essere poi confermata con le successive lettere del 22 marzo 2005 e del 19 dicembre 2005».

31      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la violazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione, si deve constatare che il ricorrente fa espresso riferimento al fatto che la Commissione ha ritenuto di non poter prorogare il suo contratto di agente temporaneo ed alla decisione con cui il contratto della sig.ra D. è stato prorogato, mentre non è stato prorogato quello del ricorrente.

32      Infine, per quanto riguarda il nesso di causalità tra il danno asseritamente subìto ed il comportamento illegittimo addebitato alla Commissione, il ricorrente ha affermato che, «senza le gravi violazioni della normativa applicabile e del principio [della tutela] del legittimo affidamento, il prolungamento del contratto del ricorrente sarebbe stato non soltanto probabile, ma obbligatorio» e che, «in mancanza dei suddetti comportamenti illeciti, dunque, [il ricorrente] sarebbe rimasto in servizio presso l’OLAF».

33      Ne consegue che il Tribunale della funzione pubblica non è incorso in errore considerando che i danni fatti valere dal ricorrente derivavano dalla decisione di prorogare il suo contratto solo fino al 30 aprile 2005, posizione comunicata al ricorrente, in primo luogo, con lettera del 3 novembre 2004 e sostanzialmente confermata con le lettere del 22 marzo e del 19 dicembre 2005.

34      Gli argomenti del ricorrente non consentono di inficiare tale conclusione.

35      In primo luogo, quanto all’argomento del ricorrente secondo cui il Tribunale della funzione pubblica avrebbe ignorato i suoi argomenti attinenti al fatto che la Commissione avrebbe coscientemente agito in contrasto con l’interesse del servizio, va rilevato che la presunta mancata presa in considerazione dell’interesse del servizio ed il carattere deliberato delle azioni della Commissione non rappresentano azioni distinte costitutive di una condotta complessiva della Commissione, bensì solo i motivi per cui, secondo il ricorrente, la mancata proroga del suo contratto oltre il 30 aprile 2005 era illegittima.

36      In secondo luogo, il fatto che, per accertare la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, occorra constatare l’esistenza di più atti o comportamenti dell’amministrazione nel senso che le azioni che ingenerano un affidamento siffatto devono intervenire prima dell’atto o del comportamento che lo violano (v. punto 30 supra) non consente di considerare un’eventuale violazione di tale principio come un comportamento dell’amministrazione. Lo stesso vale nel caso di un’eventuale violazione del principio di non discriminazione, che può essere esaminata solo rispetto al comportamento adottato dall’amministrazione nei confronti di un altro soggetto. Infatti, una violazione di un principio giuridico, qualunque esso sia, non costituisce di per sé né un atto né un comportamento dell’amministrazione privo di contenuto decisionale, bensì un motivo di illegittimità di un atto o di un comportamento.

37      Di conseguenza, nel caso di specie, è irrilevante che il presunto legittimo affidamento sia stato creato da precedenti decisioni della Commissione, dato che il fondamento della domanda di risarcimento risiede nell’esistenza di un’illegittimità e che quest’ultima consiste nel fatto di aver violato il presunto affidamento legittimo, e non nel fatto di averlo creato, e che tale violazione, pur supponendola accertata, si è potuta verificare solo nel momento in cui la Commissione ha fissato la data della fine del contratto in un momento precedente rispetto a quello previsto dal ricorrente, cioè con la sua lettera del 3 novembre 2004. Analogamente, il fatto che la violazione del principio di non discriminazione presupponga una decisione nei confronti di un’altra persona e che tale violazione potrebbe essere sanata, secondo il ricorrente, applicando all’altra persona lo stesso trattamento, non toglie che l’azione della Commissione asseritamente lesiva del ricorrente non consista di per sé nella disparità di trattamento, bensì nell’atto, specificamente relativo al ricorrente, con cui la Commissione ha adottato nei confronti di quest’ultimo una decisione diversa e meno favorevole di quella adottata nei confronti di un’altra persona.

38      In terzo luogo, il fatto che l’OLAF abbia inviato tre diverse lettere al ricorrente non può dar luogo ad un «comportamento» ai sensi della giurisprudenza. Infatti, si deve rilevare che il riferimento contenuto nella giurisprudenza ad un «comportamento» non riguarda necessariamente una serie di azioni da parte dell’istituzione convenuta, bensì mira esclusivamente a distinguere i casi in cui quest’ultima ha adottato un atto lesivo da quelli in cui il suo comportamento è privo di carattere decisionale. Poiché nel caso di specie è pacifico che la lettera del 3 novembre 2004, che fissa al 30 aprile 2005 la data della scadenza del contratto del ricorrente, era un atto lesivo, non si può ritenere che, rispondendo alle lettere del ricorrente del 2 e del 14 febbraio e del 18 ottobre 2005 che lo invitava sostanzialmente a rivedere tale decisione, l’OLAF abbia dato luogo ad un comportamento privo di carattere decisionale di cui ciascuna delle sue lettere non sarebbe che una componente. Tale interpretazione consentirebbe all’interessato, attraverso una domanda che sia di annullamento o di risarcimento, di eludere i termini per la contestazione degli atti lesivi previsti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto chiedendo a più riprese all’amministrazione di rivedere una decisione lesiva.

39      È peraltro in tal senso che va compresa l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica, riportata al punto 37 dell’ordinanza impugnata, secondo cui il ricorso del ricorrente «[era] diretto al risarcimento dell’insieme delle conseguenze dannose derivanti dall’illegittimità commessa dall’OLAF nell’adozione delle decisioni» del 3 novembre 2004, 22 marzo e 19 dicembre 2005. Infatti, con le sue tre decisioni, l’OLAF si è limitato a comunicare prima ed a confermare dopo che il contratto del ricorrente non poteva essere prorogato oltre il 30 aprile 2005. Poiché, comunque, il ricorrente non ha contestato alcuna di tali lettere entro i termini previsti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto, non si può addebitare al Tribunale della funzione pubblica di non aver esaminato entro quali limiti ciascuna delle lettere, in particolare quelle del 22 marzo e del 19 dicembre 2005, costituisca un atto lesivo o un mero atto confermativo della decisione 3 novembre 2004.

40      Risulta da quanto precede che il primo motivo deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul motivo attinente all’erronea interpretazione della giurisprudenza applicata dal Tribunale della funzione pubblica

 Argomenti delle parti

41      Il ricorrente fa valere che, come indicato dal Tribunale della funzione pubblica al punto 30 dell’ordinanza impugnata, l’eccezione posta dalla giurisprudenza al principio di autonomia dei mezzi di ricorso, secondo cui un ricorso per risarcimento fondato sui vizi di legittimità che inficerebbero un atto lesivo è irricevibile qualora l’atto in questione non sia stato impugnato entro i termini, esige non solo che i vizi di legittimità su cui è fondato il ricorso per risarcimento siano quelli che inficerebbero l’atto in questione, ma altresì che il ricorso per risarcimento abbia lo stesso oggetto e sia diretto ad ottenere lo stesso risultato cui avrebbe condotto un ricorso di annullamento che fosse stato proposto entro i termini. A tal riguardo, egli sostiene in particolare che l’eccezione al principio di autonomia è applicabile solo qualora il ricorso per risarcimento abbia ad oggetto esclusivamente la riparazione del danno materiale consistente nella perdita delle retribuzioni che il ricorrente avrebbe percepito in caso di vittoria in un’azione di annullamento, e non il risarcimento del danno morale.

42       Secondo il ricorrente, dal punto 41 dell’ordinanza impugnata risulta che il Tribunale della funzione pubblica ha considerato, in violazione di detta giurisprudenza, che il mero fatto che la domanda di risarcimento sia fondata sui vizi di legittimità che inficerebbero un atto lesivo non impugnato entro i termini sia sufficiente per dichiarare tale domanda irricevibile. Orbene, una siffatta interpretazione condurrebbe a vuotare completamente di significato il principio di autonomia dei mezzi di ricorso, costringendo di fatto un soggetto a perseguire, sempre e comunque, l’annullamento di un atto, persino quando ciò dovesse comportare la frustrazione del proprio interesse.

43      Il ricorrente sostiene altresì che, anche supponendo che i danni fatti valere nel caso di specie derivino da atti e non da comportamenti della Commissione, la sua domanda di risarcimento non è diretta a raggiungere il risultato generalmente perseguito nell’ambito di un’azione di annullamento, cioè il reintegro nei servizi dell’OLAF e la ricostituzione artificiale della sua carriera, e che l’importo richiesto non coincide affatto con la retribuzione che avrebbe ottenuto se gli fosse stata accordata una proroga del contratto per tutto il periodo di spettanza e ancor meno se il suo contratto fosse stato trasformato in contratto a tempo indeterminato. Peraltro, egli avrebbe chiesto anche il risarcimento del danno morale causato dalla difficile situazione professionale in cui si è venuto a trovare, dalla violazione del suo legittimo affidamento e dalla discriminazione subita.

44      La Commissione contesta tali argomenti.

 Giudizio del Tribunale

45      Occorre rammentare che, conformemente alla giurisprudenza citata supra ai punti 24 e 25, qualora il danno di cui si chiede la riparazione sia stato causato da un atto lesivo ai sensi dell’ art. 90, n. 2, dello Statuto, spetta all’interessato presentare, entro i termini previsti, all’autorità che ha il potere di nomina un reclamo contro l’atto in questione e adire il giudice entro un termine di tre mesi a decorrere dal rigetto del suo reclamo, indipendentemente dal fatto che opti per la proposizione di un ricorso di annullamento, di un ricorso per risarcimento, o per un ricorso diretto ad ottenere al contempo l’annullamento dell’atto ed il risarcimento del danno subìto.

46      Emerge da tale giurisprudenza che, anche supponendo che l’ordinanza impugnata debba essere interpretata nel senso che il Tribunale della funzione pubblica non ha esaminato se la domanda del ricorrente fosse diretta ad ottenere lo stesso risultato pecuniario, tale Tribunale non è incorso in un errore di diritto considerando che il mero fatto che la domanda di risarcimento sia fondata sull’illegittimità di un atto lesivo che non ha costituito oggetto di ricorso, sia esso di annullamento o per risarcimento, entro i termini previsti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto, sia sufficiente per rendere irricevibile il ricorso in primo grado.

47      Occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, tale soluzione non equivale a svuotare di significato il principio di autonomia dei mezzi di ricorso costringendo i funzionari o gli agenti a proporre sempre un ricorso di annullamento. Infatti, come emerge chiaramente dalla giurisprudenza citata supra ai punti 24 e 25, anche qualora l’illegittimità addebitata vizi un atto lesivo, l’interessato ha la possibilità di proporre solo un ricorso per risarcimento, ma deve comunque presentare il reclamo e proporre il ricorso giurisdizionale entro i termini previsti dallo Statuto.

48      Risulta da quanto precede che il motivo in esame è manifestamente infondato.

 Sul motivo attinente ad un difetto di motivazione

49      Il ricorrente sostiene che l’ordinanza impugnata è insufficientemente motivata per quanto riguarda, da un lato, l’origine del danno fatto valere e, dall’altro, il rigetto della domanda relativa al danno morale fatto valere.

 Sul difetto di motivazione per quanto riguarda l’origine del danno fatto valere

–       Argomenti delle parti

50      Il ricorrente sostiene che il giudizio del Tribunale della funzione pubblica secondo cui i tre motivi di ricorso in primo grado riguardavano, in realtà, la legittimità di taluni atti è privo di motivazione. A suo avviso, è assolutamente impossibile comprendere per quale ragione i danni derivanti dalla discriminazione e dalla violazione del legittimo affidamento sarebbero, in realtà, connessi alla legittimità delle tre lettere dell’OLAF. Egli ritiene che l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica secondo cui una siffatta causalità emergerebbe «dal tenore letterale del ricorso» sia palesemente contraddetta dal fatto che nei paragrafi del ricorso in primo grado, dedicati alla descrizione dei comportamenti implicanti la discriminazione e la lesione del legittimo affidamento, le lettere cui fa riferimento il Tribunale della funzione pubblica non sono menzionate neppure una volta.

51      La Commissione contesta tali argomenti.

–       Giudizio del Tribunale

52      Si deve rammentare che l’obbligo del Tribunale della funzione pubblica di motivare le sentenze deriva dall’art. 36 dello Statuto della Corte di giustizia, applicabile a detto Tribunale ai sensi dell’art. 7, n. 1, dell’allegato a tale Statuto nonché dell’art. 79 del suo regolamento di procedura. Emerge peraltro dalla giurisprudenza che le sentenze del Tribunale della funzione pubblica devono essere sufficientemente motivate affinché gli interessati possano conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi e il Tribunale possa esercitare il suo controllo giurisdizionale (v., per analogia, sentenze della Corte 4 ottobre 2007, causa C‑311/05 P, Naipes Heraclio Fournier/UAMI, non pubblicata nella Raccolta, punti 51‑53, e 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 60).

53      Nella fattispecie, è giocoforza constatare che il Tribunale della funzione pubblica riassume al punto 34 dell’ordinanza impugnata gli argomenti dedotti dal ricorrente a sostegno della ricevibilità del suo ricorso. Tali argomenti erano diretti alla disapplicazione della giurisprudenza ai sensi della quale l’autonomia dei mezzi di ricorso non consente ad un ricorrente di eludere i termini di ricorso e di far valere i vizi di legittimità che inficerebbero un atto lesivo senza rispettare i termini di ricorso. Orbene, con tali argomenti, il ricorrente non ha sostenuto che i vizi di legittimità fatti valere risultavano da un comportamento privo di contenuto decisionale e non da un atto lesivo, bensì si è limitato ad affermare che il suo ricorso non aveva lo stesso oggetto di un ricorso di annullamento, in quanto non mirava ad ottenere il reintegro nel servizio, la ricostituzione artificiale della sua carriera o un importo corrispondente alla retribuzione che avrebbe percepito se il suo contratto fosse stato prorogato.

54      Di conseguenza, non si può addebitare al Tribunale della funzione pubblica di aver incentrato la motivazione dell’ordinanza impugnata sulla risposta che doveva essere fornita a tali argomenti e di non aver specificamente motivato la sua valutazione secondo cui i vizi di legittimità fatti valere nel caso di specie non riguardavano un comportamento privo di contenuto decisionale, bensì atti lesivi per il ricorrente.

55      In ogni caso, emerge dall’ordinanza impugnata che il Tribunale della funzione pubblica ha considerato che i «comportamenti» fatti valere dal ricorrente erano solo i motivi di illegittimità attinenti a decisioni con cui era stata negata la proroga del contratto del ricorrente oltre il 30 aprile 2005 e che, per tale ragione, i danni derivanti da detti vizi di legittimità erano connessi alla legittimità di tali decisioni.

56      Ne consegue che il motivo in esame deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul difetto di motivazione per quanto riguarda il rigetto della domanda relativa al danno morale fatto valere

–       Argomenti delle parti

57      Il ricorrente rammenta di aver dedotto, con il suo ricorso in primo grado, un grave pregiudizio morale derivante da una situazione di incertezza relativamente alla sua carriera professionale, aggravata dal fatto che, al suo rientro nell’amministrazione nazionale, egli è stato assegnato ad un reparto diverso da quello di provenienza, nonché dal carattere demoralizzante e vessatorio della discriminazione subita. Egli sostiene di aver indicato che tale pregiudizio derivava dal comportamento discriminatorio di cui era stato oggetto e dalla violazione del legittimo affidamento.

58      Ad avviso del ricorrente, in risposta ai numerosi argomenti diretti a dimostrare il nesso di causalità tra il comportamento della Commissione ed il danno asseritamente sofferto, l’ordinanza impugnata non contiene alcun passaggio che consenta di comprendere per quali ragioni sia stata respinta la domanda di risarcimento del danno morale. Al riguardo, egli sostiene che l’affermazione del Tribunale della funzione pubblica contenuta al punto 37 dell’ordinanza impugnata, secondo cui il «ricorso è diretto al risarcimento dell’insieme delle conseguenze dannose derivanti dall’illegittimità commessa dall’OLAF nell’adozione delle decisioni menzionate al punto [33] dell’[ordinanza impugnata], sia che si faccia valere un danno materiale, (...) sia che si faccia valere un danno morale», è del tutto generica e «apodittica».

59      Egli osserva inoltre che dai suoi argomenti relativi, in particolare, al primo motivo risulta che tale affermazione si basa su un presupposto errato e cioè che il danno deriverebbe dall’illegittimità di un atto. Egli aggiunge al riguardo che l’ordinanza impugnata non consente di comprendere per quali ragioni il danno morale fatto valere derivante dalla discriminazione subita e dalla violazione del legittimo affidamento conseguirebbe dall’illegittimità di un atto.

60      La Commissione contesta tali argomenti.

–       Giudizio del Tribunale

61      Occorre constatare, al riguardo, che il Tribunale della funzione pubblica ha chiarito la ragione per cui ha considerato che la domanda di risarcimento dovesse essere respinta anche per quanto riguarda il danno morale. Infatti, al punto 37 dell’ordinanza impugnata, esso ha rilevato che l’irricevibilità dell’insieme del ricorso era motivata dal fatto che la domanda di indennizzo era diretta ad ottenere il risarcimento, anche sul piano morale, delle conseguenze delle decisioni comunicate con le lettere del 3 novembre 2004, del 22 marzo e del 19 dicembre 2005, nessuna delle quali era stata contestata nei termini dal ricorrente.

62      Quanto all’argomento del ricorrente secondo cui l’ordinanza impugnata non conterrebbe una motivazione circa le ragioni per cui il danno morale fatto valere conseguirebbe da un atto, esso dev’essere respinto per i motivi indicati supra ai punti 52‑55.

63      Peraltro, la circostanza che, secondo il ricorrente, tale affermazione del Tribunale della funzione pubblica sarebbe fondata su un presupposto erroneo è inoperante nell’ambito del motivo in esame, attinente ad un difetto di motivazione. Infatti, l’esattezza della constatazione sulla quale il Tribunale della funzione pubblica ha basato il proprio giudizio riguarda l’esame della fondatezza di quest’ultimo e non la questione se il Tribunale della funzione pubblica abbia motivato l’ordinanza impugnata in modo da consentire alle parti di comprendere il suo ragionamento ed al Tribunale di pronunciarsi sulla sua fondatezza.

64      Di conseguenza, il motivo in esame deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

65      Risulta da tutto quanto precede che l’impugnazione deve essere respinta in quanto manifestamente infondata. Pertanto, non occorre pronunciarsi sulla domanda del ricorrente relativa alla convocazione di un’udienza.

 Sulle spese

66      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 144 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

67      Poiché il sig. Tiralongo è rimasto soccombente e la Commissione ne ha fatto domanda, egli sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Giuseppe Tiralongo sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione delle Comunità europee.

Lussemburgo, 10 novembre 2009

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.