Language of document : ECLI:EU:T:2018:717

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

24 ottobre 2018 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Direttore generale dell’OLAF – Decisione di revoca dell’immunità di giurisdizione del ricorrente – Litispendenza – Atto lesivo – Obbligo di motivazione – Doveri di assistenza e di sollecitudine – Legittimo affidamento – Diritti della difesa»

Nella causa T‑29/17,

RQ, funzionario della Commissione europea, rappresentato da É. Boigelot, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da K. Banks, J.-P. Keppenne e J. Baquero Cruz, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2016) 1449 final della Commissione, del 2 marzo 2016, relativa a una domanda di revoca dell’immunità di giurisdizione del ricorrente, nonché, per quanto necessario, della decisione Ares(2016) 5814495 della Commissione, del 5 ottobre 2016, di rigetto del reclamo del ricorrente presentato contro la prima decisione,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata),

composto da V. Tomljenović, presidente, E. Bieliūnas (relatore), A. Marcoulli, R. Barents e A. Kornezov, giudici,

cancelliere: G. Predonzani, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 aprile 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Fatti

1        Nel maggio 2012 la società Swedish Match, un fabbricante di tabacchi, ha depositato una denuncia presso la Commissione europea che conteneva gravi accuse circa l’implicazione del sig. John Dalli, membro della Commissione incaricato della salute e della protezione dei consumatori, in tentativi di corruzione. Secondo la società denunciante, un imprenditore maltese, il sig. Silvio Zammit, si era avvalso dei suoi rapporti con il sig. Dalli per tentare di ottenere da essa e dall’associazione European Smokeless Tobacco Council (ESTOC) un vantaggio pecuniario in cambio del suo intervento diretto ad influire, a favore dell’industria del tabacco, su un’eventuale futura proposta legislativa sui tabacchi. Nella denuncia si menzionava, in particolare, una conversazione telefonica avvenuta il 29 marzo 2012 tra il segretario generale dell’ESTOC e il sig. Zammit, nel corso della quale quest’ultimo avrebbe formulato una richiesta di pagamento molto elevato come contropartita di una riunione con il sig. Dalli, tappa preliminare di una possibile iniziativa di quest’ultimo a favore dell’industria del tabacco.

2        L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha avviato un’indagine amministrativa, registrata col n. OF/2012/0617, in ordine a tale denuncia. Sulla base degli elementi raccolti durante la prima fase dell’indagine, esso ha ritenuto che potesse essere opportuno chiedere al segretario generale dell’ESTOC di tenere con il sig. Zammit una nuova conversazione telefonica, tale da fornire ulteriori elementi di prova, il che avrebbe permesso di pianificare meglio il prosieguo dell’indagine e di confermare, o di smentire, la realtà dei fatti riguardanti il tentativo di corruzione denunciato e, se del caso, di precisarne la portata. Il segretario generale dell’ESTOC ha confermato la sua disponibilità a collaborare con l’OLAF in questo senso.

3        Tale seconda conversazione telefonica tra il sig. Zammit e il segretario generale dell’ESTOC è avvenuta il 3 luglio 2012. Il segretario generale dell’ESTOC ha trasmesso la chiamata utilizzando, con il consenso e in presenza del ricorrente, RQ, direttore generale dell’OLAF, un telefono portatile nei locali dell’OLAF. La conversazione telefonica è stata registrata dall’OLAF e riportata nella relazione finale dell’indagine, adottata dall’OLAF il 15 ottobre 2012.

4        Dopo la chiusura di tale indagine amministrativa, il sig. Dalli ha presentato, il 13 dicembre 2012, varie denunce penali dinanzi al giudice belga, con costituzione di parte civile, nell’ambito delle quali prospettava, in particolare, il reato di intercettazione telefonica illegale. Tali denunce hanno indotto un primo giudice di istruzione belga a chiedere alla Commissione, con lettera del 19 marzo 2013, la revoca dell’inviolabilità degli archivi relativi ai fatti sottoposti ad indagine nonché la revoca dell’obbligo di riservatezza dei funzionari che avevano partecipato a tale indagine. Il 21 novembre 2013, il direttore generale dell’OLAF ha risposto positivamente quanto alla revoca dell’obbligo di riservatezza dei membri del gruppo di investigatori dell’OLAF e del relativo capo unità.

5        Con lettere rispettivamente del 21 novembre 2014 e del 6 febbraio 2015, il primo giudice istruttore e un secondo giudice istruttore succeduto al primo si sono rivoti alla Commissione per sollecitare, nell’ambito di un’indagine giudiziaria diretta ad accertare il carattere effettivo di una possibile intercettazione telefonica illegale, la revoca dell’immunità di quattro dipendenti dell’OLAF, tra cui il ricorrente, ai fini della loro audizione in qualità di imputati. In risposta, e cioè con lettere del 19 dicembre 2014 e del 3 marzo 2015, la Commissione ha chiesto la comunicazione di spiegazioni più dettagliate che le consentissero di decidere con piena cognizione di causa.

6        Successivamente, la procura federale belga ha preso in carico il fascicolo e, con lettera del 23 giugno 2015 (in prosieguo: la «lettera del 23 giugno 2015»), ha reiterato la domanda di revoca di immunità che era stata nel frattempo limitata al ricorrente. Il procuratore federale belga ha menzionato taluni elementi che, a suo parere, dimostravano che l’indagine condotta dall’OLAF rivelava indizi di un’intercettazione telefonica illegale penalmente perseguibile. A tal riguardo, egli si è riferito, in particolare, ad una testimonianza, resa dal segretario generale dell’ESTOC dinanzi alle autorità giudiziarie belghe, secondo la quale l’OLAF aveva registrato, nell’ufficio del ricorrente, una conversazione telefonica tra detto segretario generale e il sig. Zammit, all’insaputa di quest’ultimo. Tale conversazione era stata, inoltre, trasmessa a viva voce, di modo che tutte le persone presenti avevano potuto sentirla.

 Decisione impugnata

7        Con questi antefatti, il 2 marzo 2016, la Commissione ha adottato la decisione C(2016) 1449 final, relativa ad una domanda di revoca di immunità di giurisdizione del ricorrente (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Con tale decisione, la Commissione ha revocato parzialmente l’immunità di giurisdizione del ricorrente, conformemente all’articolo 17, secondo comma, del protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 266), e cioè in ordine alle contestazioni di fatto relative all’intercettazione di una conversazione telefonica menzionata nella lettera del 23 giugno 2015, respingendo nel contempo la domanda di revoca di immunità per quanto riguarda altre contestazioni.

8        Nella motivazione della decisione impugnata, da una parte, la Commissione ha affermato che l’articolo 17 del protocollo n. 7 la obbligava ad accertarsi che una revoca di immunità non arrecasse pregiudizio agli interessi dell’Unione europea e, più in particolare, all’indipendenza e al buon funzionamento delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione. Questo sarebbe, secondo la giurisprudenza della Corte, il solo criterio di merito che consenta di negare la revoca dell’immunità. In caso contrario, l’immunità dovrebbe essere revocata sistematicamente, dato che il protocollo n. 7 non permette alle istituzioni dell’Unione di esercitare un controllo quanto alla fondatezza o al carattere equo del procedimento giurisdizionale nazionale sotteso alla domanda.

9        Dall’altra parte, la Commissione ha sottolineato, al considerando 10 della decisione impugnata, che occorreva tener conto del contesto normativo molto specifico che regola le indagini dell’OLAF. Così, con il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1), il legislatore dell’Unione avrebbe affidato all’OLAF competenze d’indagine che quest’ultimo, pur essendo collegato alla Commissione, esercita in piena autonomia, anche rispetto alla stessa Commissione. Tale contesto normativo particolare obbligherebbe la Commissione ad accertarsi che, accedendo alla domanda di revoca di immunità, essa non ostacoli l’indipendenza e il buon funzionamento dell’OLAF in quanto organo indipendente di indagine antifrode dell’Unione, a pena di censura da parte del giudice dell’Unione a seguito di un ricorso proposto dal funzionario interessato sul fondamento dell’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2013.

10      La Commissione ha proseguito, al considerando 11 della decisione impugnata, affermando che essa potrebbe revocare l’immunità del direttore generale dell’OLAF solo ove fosse informata, con sufficiente chiarezza e precisione, delle ragioni per le quali l’autorità giudiziaria richiedente considerava che le accuse formulate nei suoi confronti potrebbero, eventualmente, giustificare la sua audizione in qualità di imputato. In mancanza di che, ogni persona interessata da un’indagine dell’OLAF, formulando accuse manifestamente infondate contro il direttore generale di tale organo, potrebbe riuscire a paralizzare il funzionamento di quest’ultimo, il che sarebbe in contrasto con gli interessi dell’Unione. Nella fattispecie, quanto alle accuse di intercettazioni telefoniche illegali, la Commissione ha ritenuto di disporre ormai, a seguito della lettera del 23 giugno 2015, di indicazioni molto chiare e precise da cui risultava chiaramente che l’autorità giudiziaria richiedente poteva ragionevolmente, e comunque senza agire arbitrariamente o illegalmente, considerare che le accuse formulate contro il ricorrente giustificavano la prosecuzione di un’istruttoria nei confronti dello stesso. In tale situazione, sarebbe contrario al principio di leale cooperazione con le autorità nazionali negare la revoca dell’immunità del ricorrente. La Commissione sarebbe pertanto tenuta ad accedere alla domanda di revoca di immunità per tali accuse.

11      La Commissione ha nondimeno rilevato, al considerando 14 della decisione impugnata, che il ricorrente godeva della presunzione di innocenza e che la decisione di revocare la sua immunità non comportava alcun giudizio circa la fondatezza delle accuse a lui mosse né circa il carattere equo del procedimento nazionale intentato. Inoltre, essa ha sottolineato, al considerando 15 della decisione impugnata, che il ricorrente avrebbe il diritto di chiederle, sul fondamento dell’articolo 24, primo comma, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), un’assistenza giuridica comprensiva delle spese di causa e legali, nel caso in cui l’istruttoria condotta dalle autorità belghe nei suoi confronti conducesse a fasi processuali comportanti potenziali spese.

12      All’articolo 1, paragrafo 1, della decisione impugnata, la Commissione ha quindi deciso la revoca dell’immunità di giurisdizione del ricorrente in ordine alle sole contestazioni di fatto riferentisi all’intercettazione della conversazione telefonica avvenuta il 3 luglio 2012. Al paragrafo 2 dello stesso articolo, essa ha invece respinto la domanda relativamente alle altre contestazioni di fatto.

 Fatti successivi alla decisione impugnata

13      La decisione impugnata è stata notificata al ricorrente l’11 marzo 2016.

14      Nel marzo e nell’aprile 2016, la Commissione ha emesso dichiarazioni pubbliche con cui riaffermava che il ricorrente continuava a godere della sua fiducia e della presunzione di innocenza. Per giunta, essa ha pubblicamente sottolineato che la decisione impugnata non pregiudicava né il funzionamento dell’OLAF né l’autorità del ricorrente nella sua qualità di direttore generale dell’OLAF.

15      Inoltre, dando seguito ad una domanda del ricorrente, la Commissione gli ha concesso, in data 1o aprile 2016, l’assistenza prevista dall’articolo 24, primo comma, dello Statuto per la presa a carico delle sue spese legali nell’ambito delle azioni penali intentate dalle autorità belghe.

16      Infine, con lettera del 12 aprile 2016 la procura federale belga ha sollecitato presso la Commissione la revoca del dovere di riservatezza del ricorrente affinché egli potesse essere sentito. Con lettera del 28 aprile 2016 la Commissione ha accolto tale domanda.

17      Inoltre, il 10 giugno 2016, il ricorrente ha presentato un reclamo contro la decisione impugnata, conformemente all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto.

18      Tale reclamo è stato respinto con la decisione Ares (2016) 5814495 dell’autorità che ha il potere di nomina della Commissione, del 5 ottobre 2016 (in prosieguo: la «decisione dell’APN»).

 Procedimento e conclusioni delle parti

19      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 gennaio 2017, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

20      Con lettera dell’8 febbraio 2017 la Commissione ha chiesto, conformemente all’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, la sospensione del procedimento sino alla decisione definitiva della causa iscritta al ruolo col n. T‑251/16, Direttore generale dell’OLAF/Commissione.

21      Il 16 marzo 2017 il presidente della Settima Sezione del Tribunale, sentito il ricorrente, ha respinto la domanda di sospensione.

22      Su proposta della Settima Sezione del Tribunale, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

23      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        per quanto necessario, annullare la decisione dell’APN;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

25      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente solleva cinque motivi, relativi, il primo, alla violazione dell’articolo 23 dello Statuto e dell’articolo 17, secondo comma, del protocollo n. 7 nonché ad errori manifesti di valutazione in ordine alla revoca dell’immunità di giurisdizione, il secondo, alla violazione dell’articolo 24 dello Statuto e del dovere di sollecitudine, il terzo, alla violazione dell’obbligo di motivazione, il quarto, alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e, il quinto, alla violazione dei diritti della difesa.

26      La Commissione aveva inizialmente sollevato la questione della ricevibilità del ricorso, in primo luogo, per litispendenza con la causa iscritta a ruolo col n. T‑251/16 e, in secondo luogo, per mancanza di atto lesivo.

27      All’udienza, la Commissione ha affermato di rinunciare al primo motivo di irricevibilità relativo all’eccezione di litispendenza a seguito della cessazione dalle funzioni del ricorrente in quanto direttore generale dell’OLAF, del che è stato preso atto nel verbale d’udienza.

28      Nelle circostanze del caso di specie, il Tribunale considera che occorre delimitare l’oggetto del ricorso prima di esaminare, in primo luogo, il secondo motivo di irricevibilità dedotto dalla Commissione e relativo alla mancanza di atto lesivo e, in secondo luogo, il merito della causa statuendo innanzitutto, in tale ambito, sul quinto motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa.

 Sull’oggetto del ricorso

29      Col suo secondo capo della domanda, il ricorrente chiede l’annullamento, per quanto necessario, della decisione dell’APN.

30      Orbene, secondo una giurisprudenza costante, conclusioni dirette contro il rigetto di un reclamo hanno l’effetto di sottoporre al sindacato del giudice l’atto contro cui è stato presentato il reclamo e sono come tali prive di contenuto autonomo. Si deve pertanto considerare che il secondo capo della domanda diretto all’annullamento della decisione dell’APN e il primo capo della domanda diretto all’annullamento della decisione impugnata hanno lo stesso oggetto (v., in questo senso, sentenza del 20 novembre 2007, Ianniello/Commissione, T‑205/04, EU:T:2007:346, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

31      Ne risulta che il presente ricorso di annullamento dev’essere considerato come diretto contro la sola decisione impugnata.

 Sulla ricevibilità del ricorso

32      A sostegno del suo secondo motivo di irricevibilità, relativo alla mancanza di atto lesivo, la Commissione sostiene che l’articolo 11, lettera a), del protocollo n. 7 non attribuisce un diritto soggettivo all’immunità di giurisdizione ai funzionari dell’Unione. Il tenore letterale, il contesto e la finalità dell’articolo 17 del detto protocollo sembrerebbero infatti ostare a tale interpretazione.

33      Essa aggiunge che, nei confronti del funzionario, la decisione di revoca dell’immunità costituirebbe al massimo un atto preparatorio che si limiterebbe a permettere la normale prosecuzione del procedimento nazionale. Solo la decisione penale nazionale definitiva potrebbe avere, in caso di condanna, un’incidenza sulla situazione giuridica del funzionario.

34      Infine, la Commissione ritiene che la sentenza del 13 gennaio 2010, A e G/Commissione (F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2), in cui si dichiara che la revoca dell’immunità di giurisdizione del funzionario costituisce un atto recante pregiudizio al funzionario o all’agente interessato, sia una sentenza isolata del Tribunale della funzione pubblica, non confermata dal Tribunale o dalla Corte.

35      Il ricorrente sostiene che dalla giurisprudenza risulta che la decisione impugnata, in quanto revoca la sua immunità, è un atto lesivo contro il quale egli può presentare un reclamo, poi un ricorso dinanzi al Tribunale.

36      Occorre ricordare che costituiscono atti recanti pregiudizio ad un funzionario provvedimenti che producono effetti giuridici vincolanti idonei a incidere in modo immediato e diretto sugli interessi dell’interessato, modificando in misura rilevante la situazione giuridica del medesimo (v. sentenza del 23 novembre 2016, Alsteens/Commissione, T‑328/15 P, non pubblicata, EU:T:2016:671, punto 113 e giurisprudenza ivi citata).

37      Anche se i privilegi e le immunità riconosciuti all’Unione dal protocollo n. 7 presentano carattere funzionale in quanto mirano ad evitare ostacoli al funzionamento e all’indipendenza dell’Unione, nondimeno essi sono stati espressamente concessi ai membri del Parlamento europeo nonché ai funzionari e agli altri agenti delle istituzioni dell’Unione. Il fatto che i privilegi e le immunità sono previsti nel pubblico interesse dell’Unione giustifica il potere attribuito alle istituzioni di revocare, se necessario, l’immunità, ma non implica che tali privilegi e immunità siano accordati in via esclusiva all’Unione e non anche ai suoi funzionari, ai suoi altri agenti e ai membri del Parlamento. Il Protocollo attribuisce quindi alle persone alle quali si riferisce un diritto soggettivo di cui è assicurata la tutela mediante il sistema dei mezzi di ricorso previsto dal Trattato (v. sentenze del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 58 e giurisprudenza citata).

38      L’immunità di giurisdizione prevista dall’articolo 11 del protocollo n. 7 tutela i funzionari e gli agenti contro azioni penali delle autorità degli Stati membri per atti compiuti nella loro veste ufficiale. Pertanto, una decisione di revocare l’immunità di un funzionario o di un agente modifica la sua situazione giuridica, per il solo effetto della soppressione di tale tutela, ristabilendo il suo status di persona soggetta al diritto comune degli Stati membri ed esponendolo quindi, senza che si rendano necessarie norme intermedie, a provvedimenti disposti da tale diritto comune, in particolare detentivi e giudiziari (v. sentenza del 13 gennaio 2010, A e G/Commissione, F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2, punto 231 e giurisprudenza ivi citata).

39      Il potere discrezionale lasciato alle autorità nazionali, dopo la revoca dell’immunità, in merito alla riapertura o all’abbandono del procedimento penale avviato nei confronti di un funzionario o di un agente è ininfluente rispetto al pregiudizio diretto arrecato alla situazione giuridica di quest’ultimo, dal momento che gli effetti collegati alla decisione di revoca dell’immunità si limitano alla rimozione della tutela di cui beneficiava in forza della sua qualità di funzionario o di agente, non implicando alcun provvedimento supplementare di attuazione (v. sentenza del 13 gennaio 2010, A e G/Commissione, F‑124/05 e F‑96/06, EU:F:2010:2, punto 232 e giurisprudenza ivi citata).

40      Da quanto precede deriva che la decisione con cui la Commissione ha revocato l’immunità di giurisdizione del ricorrente costituisce un atto recante pregiudizio nei confronti di quest’ultimo.

41      Questa conclusione non può essere contraddetta dagli argomenti della Commissione.

42      In primo luogo, l’argomento della Commissione, secondo il quale la sentenza del 16 dicembre 1960, Humblet/Stato belga (6/60-IMM, EU:C:1960:48), che riguardava l’esenzione dei funzionari e degli agenti dell’Unione da ogni imposta nazionale sulle retribuzioni, sugli stipendi ed emolumenti versati dall’Unione, non confermerebbe che un funzionario possa agire in giudizio contro la decisione dell’istituzione di revocare la sua immunità, dev’essere respinto. Infatti, in tale sentenza, la Corte ha considerato che un ricorso fondato sull’articolo 16 del protocollo sui privilegi e sulle immunità della Comunità del carbone e dell’acciaio (CECA), del 18 aprile 1951, aveva lo scopo di tutelare i privilegi e le immunità previsti dal detto protocollo senza fare alcuna distinzione tra i diversi privilegi e immunità concessi ai funzionari e agli agenti dell’Unione. Essa ha così affermato, in maniera generale, che benché i privilegi e le immunità siano stati concessi «esclusivamente nell’interesse della Comunità», non si può perdere di vista il fatto che essi sono stati espressamente concessi «ai funzionari delle istituzioni della Comunità». Infine, essa ha ritenuto che fosse il protocollo e non l’uno o l’altro articolo di quest’ultimo ad istituire un diritto oggettivo a beneficio delle persone interessate. Pertanto, non emerge alcun elemento in tale sentenza che permetta di ritenere che debbano essere trattate in maniera diversa le varie categorie di privilegi e di immunità concessi ai funzionari e agli agenti dell’Unione.

43      In secondo luogo, per quanto riguarda la sentenza del 15 ottobre 2008, Mote/Parlamento (T‑345/05, EU:T:2008:440), pur essendo vero che, come sostiene la Commissione, essa riguardava la situazione di un membro del Parlamento e non di un funzionario, nondimeno, in tale sentenza, il Tribunale ha appunto deciso di applicare, per analogia, la soluzione delineata nella sentenza del 16 dicembre 1960, Humblet/Stato belga (6/60-IMM, EU:C:1960:48), mentre quest’ultima riguardava un funzionario. Di conseguenza, l’argomento della Commissione secondo il quale non sarebbe possibile applicare alla fattispecie, per analogia, la sentenza del 15 ottobre 2008, Mote/Parlamento (T‑345/05, EU:T:2008:440), è carente in diritto.

44      In terzo e ultimo luogo, la semplice circostanza che la sentenza del 13 gennaio 2010, A e G/Commissione (F‑124/05 et F‑96/06, EU:F:2010:2), sia effettivamente il solo precedente riguardante nel contempo l’immunità di giurisdizione e i funzionari, come sostiene la Commissione, non può bastare a ignorare i principi ivi sanciti. Orbene, dato che gli altri argomenti addotti dalla Commissione al fine di concludere che una decisione di revoca dell’immunità di giurisdizione non è un atto recante pregiudizio sono stati respinti, non ci si deve scostare dalla giurisprudenza risultante da tale sentenza.

45      Di conseguenza, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione in ordine al fatto che le decisioni di revoca dell’immunità non recano pregiudizio ai funzionari e agli agenti in quanto non modificherebbero in nessun modo la loro situazione giuridica.

 Nel merito

46      A sostegno del suo quinto motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa, il ricorrente fa valere tre censure, fondate, la prima, sulla violazione del diritto di essere ascoltato, la seconda, sulla violazione del rispetto della presunzione di innocenza e del dovere di imparzialità e, la terza, sulla violazione del dovere di diligenza.

47      Occorre esaminare la prima censura, fondata sulla violazione del diritto di essere ascoltato.

48      A tal riguardo, il ricorrente contesta alla Commissione il fatto di non averlo ascoltato preliminarmente all’adozione della decisione impugnata, mentre si tratta di un atto a lui recante pregiudizio e mentre egli avrebbe dovuto essere ascoltato, conformemente all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

49      Egli sottolinea che la Commissione fa valere, a torto, la tutela del segreto istruttorio per giustificare il fatto di non averlo ascoltato quando invece, da una parte, la Commissione l’aveva informato del fatto che una domanda di revoca di immunità era stata formulata e, dall’altra, non può esservi violazione del segreto istruttorio dato che i fatti sui quali egli avrebbe potuto fornire spiegazioni erano stati resi pubblici dal sig. Dalli, o addirittura dalle autorità giudiziarie belghe.

50      La Commissione fa valere che la causa nazionale era soggetta al segreto istruttorio e che ogni violazione del detto segreto poteva essere penalmente perseguita conformemente all’articolo 458 del codice penale belga, di modo che essa non poteva ascoltare il ricorrente prima di adottare la sua decisione senza violare la legge penale nazionale applicabile. La Commissione precisa però di aver chiesto alle autorità nazionali competenti la possibilità di trasmettere informazioni contenute nella lettera di domanda di revoca dell’immunità ai funzionari interessati e, quanto meno, al direttore generale dell’OLAF, ma di aver ricevuto un diniego categorico da parte del secondo giudice istruttore.

51      La fuga di notizie sulla stampa menzionata dal ricorrente, così come il carattere risalente nel tempo dei fatti o la divulgazione successiva di tali notizie al ricorrente, a seguito dell’autorizzazione delle autorità belghe, non modificherebbero in nessun modo tale analisi. Infatti, poiché il segreto istruttorio resta imposto dalle autorità belghe, la Commissione non avrebbe potuto sentire utilmente il ricorrente senza trasmettergli i vari documenti scambiati nel corso del procedimento.

52      Al riguardo, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il rispetto dei diritti della difesa, e in particolare del diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che deve essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento di cui trattasi. Questo principio è stato peraltro sancito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta (v. sentenza del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 175 e giurisprudenza ivi citata).

53      In forza del principio in parola, l’interessato deve aver avuto la possibilità, prima dell’emanazione della decisione che lo riguarda, di far conoscere utilmente il suo punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze sulla cui base tale decisione è stata adottata (v. sentenza del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 176 e giurisprudenza ivi citata).

54      Ne consegue che, in conformità dei suddetti principi, una decisione non può essere adottata sulla base di elementi di fatto e di circostanze sui quali l’interessato non è stato messo in condizione di far conoscere utilmente il suo punto di vista prima dell’adozione della decisione di cui trattasi (sentenza del 17 gennaio 2013, Gollnisch/Parlamento, T‑346/11 e T‑347/11, EU:T:2013:23, punto 177).

55      Tuttavia, secondo una giurisprudenza della Corte altrettanto costante, i diritti fondamentali, quale il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v. sentenza dell’11 dicembre 2014, Boudjlida, C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

56      Infatti, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti da quest’ultima devono essere previste dalla legge e devono rispettare il contenuto essenziale del diritto fondamentale in questione. Inoltre, nel rispetto del principio di proporzionalità, una tale limitazione può essere apportata solo laddove sia necessaria e risponda effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione.

57      Nella fattispecie, è pacifico tra le parti, come risulta sia dai loro atti scritti sia dall’udienza, che il ricorrente non è stato ascoltato dalla Commissione prima dell’emanazione della decisione impugnata. Occorre dunque verificare se la limitazione del diritto di essere ascoltato di cui trattasi nella presente causa sia prevista dalla legge, risponda effettivamente a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione e sia necessaria e proporzionata all’obiettivo da conseguire, rispettando nel contempo il contenuto sostanziale del diritto di essere ascoltato.

58      La Commissione ha giustificato il fatto di non aver ascoltato il ricorrente preliminarmente all’adozione della decisione impugnata con la necessità di rispettare il segreto istruttorio, come avevano preteso le autorità belghe. Al riguardo, essa menziona l’articolo 458 del codice penale belga, al quale ha fatto riferimento il giudice istruttore nella sua lettera del 21 novembre 2014 (relativa alla prima domanda di revoca d’immunità).

59      A questo proposito, occorre rilevare che, negli Stati membri in cui è previsto, il segreto istruttorio è un principio di ordine pubblico inteso non solo a proteggere le indagini, al fine di evitare le concertazioni fraudolente nonché i tentativi di dissimulazione di prove e di indizi, ma anche a salvaguardare le persone sospettate o accusate la cui colpevolezza non sia accertata.

60      Quindi, la mancata audizione della persona interessata può essere obiettivamente giustificata dal segreto istruttorio, le cui modalità sono previste dalla legge, e nella misura in cui essa appare necessaria e proporzionata all’obiettivo da conseguire, e cioè il corretto svolgimento del procedimento penale.

61      Nella fattispecie, l’articolo 57, paragrafo 1, e l’articolo 61 ter, paragrafo 1, del code d’instruction criminelle (codice di istruzione penale) belga sanciscono il principio del segreto istruttorio, precisando nel contempo che eccezioni al detto principio sono previste dalla legge.

62      Non può quindi essere contestato alla Commissione, alla luce del principio di leale cooperazione, quale sancito all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, e secondo il quale l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati, di aver tenuto conto del segreto istruttorio quale previsto dalle norme nazionali menzionate al precedente punto 61.

63      Pertanto, la mancata audizione preliminare della persona interessata può, in linea di principio, essere obiettivamente giustificata dal segreto istruttorio, conformemente all’articolo 52 della Carta.

64      Si deve inoltre verificare se tale mancata audizione appaia necessaria e proporzionata all’obiettivo da conseguire, e cioè la salvaguardia del segreto istruttorio e, in fine, il corretto svolgimento del procedimento penale.

65      A tal riguardo, occorre rilevare che, in linea di massima, il fatto di non ascoltare la persona interessata prima di revocare la sua immunità è tale da garantire il segreto istruttorio.

66      Tuttavia, si deve sottolineare che, se, in casi debitamente giustificati, un’autorità nazionale si oppone alla comunicazione all’interessato della motivazione circostanziata e completa alla base della domanda di revoca di immunità, facendo valere ragioni attinenti al segreto istruttorio, la Commissione, in collaborazione con le autorità nazionali, conformemente al principio di leale cooperazione, deve applicare misure dirette a conciliare, da un lato, le legittime considerazioni attinenti al segreto istruttorio e, dall’altro, la necessità di garantire adeguatamente al singolo il rispetto dei diritti fondamentali, come il diritto di essere ascoltato (v., per analogia, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 57).

67      Infatti, dato che la Commissione è tenuta a rispettare il diritto di essere ascoltato quando adotta un atto che arreca pregiudizio, essa deve chiedersi con la massima attenzione in che modo possa conciliare il rispetto del detto diritto della persona interessata e le legittime considerazioni fatte valere dalle autorità nazionali. Tale ponderazione è ciò che consente di garantire nel contempo la tutela dei diritti che l’ordinamento giuridico dell’Unione conferisce ai funzionari e agli agenti dell’Unione e, pertanto, gli interessi dell’Unione, conformemente all’articolo 17, secondo comma, del protocollo n. 7, e lo svolgimento efficace e sereno dei procedimenti penali nazionali, nel rispetto del principio di leale cooperazione.

68      A tale proposito, si deve precisare che si possono far valere nei confronti della Commissione le norme che, nelle legislazioni nazionali di carattere penale, impediscono la comunicazione a determinate persone di atti del procedimento penale, in quanto le stesse restrizioni siano opponibili all’amministrazione nazionale (sentenza del 10 gennaio 1980, Commissione/Italia, 267/78, EU:C:1980:6, punto 22). Pertanto, l’obbligo di cooperazione di uno Stato membro potrebbe essere limitato nel senso che quest’ultimo non potrebbe essere tenuto a comunicare alla Commissione gli atti del procedimento penale che l’autorità nazionale in questione non comunicherebbe neppure alle altre autorità di tale Stato.

69      Orbene, si deve constatare che, nella fattispecie, non risulta dal fascicolo presentato dinanzi al Tribunale che la Commissione abbia effettuato la ponderazione di cui al precedente punto 67 nella maniera richiesta e menzionata al precedente punto 68.

70      Infatti, in primo luogo, tanto dagli atti scritti delle parti quanto dai documenti agli atti risulta che la Commissione non ha chiesto alle autorità nazionali in che modo l’audizione preliminare del ricorrente comportasse rischi per il rispetto del segreto istruttorio e, in fine, il corretto svolgimento del procedimento penale.

71      In secondo luogo, se è vero che il segreto istruttorio, in taluni casi, può richiedere che la domanda di revoca di immunità non sia comunicata alla persona interessata prima della decisione relativa a tale domanda qualora esista, ad esempio, un rischio accertato che la detta persona fugga, distrugga elementi di prova, o, ancora, qualora l’effetto sorpresa sia essenziale, si deve necessariamente constatare che, nella fattispecie, tali circostanze non sono state addotte dalle autorità belghe. Del resto, si deve rilevare che, come risulta dal fascicolo, talune informazioni relative all’istruttoria in corso erano già di dominio pubblico.

72      In terzo luogo, il fatto che la Commissione sostenga di aver chiesto al giudice istruttore e al procuratore federale belgi la possibilità di ascoltare il ricorrente sulle loro domande di revoca di immunità, il che è effettivamente confermato dalla corrispondenza prodotta in allegato al controricorso, non è sufficiente nella fattispecie per ritenere che la Commissione abbia correttamente ponderato l’interesse del ricorrente ad essere ascoltato e il rispetto del segreto istruttorio. Infatti, le risposte delle autorità nazionali belghe erano lacunose mentre, conformemente al principio di leale cooperazione che si impone tanto alle istituzioni dell’Unione quanto agli Stati membri, ci si sarebbe aspettato da loro che dessero maggiori elementi alla Commissione per comprendere le ragioni che motivavano il loro diniego di consentire alla Commissione di ascoltare il ricorrente. In ogni caso, non risulta dal fascicolo presentato dinanzi al Tribunale che la Commissione abbia interpellato le autorità nazionali belghe sulla possibilità per loro di redigere una versione non riservata delle domande di revoca di immunità tale da poter essere comunicata al ricorrente o, quanto meno, di indicare gli elementi contenuti nelle dette domande da essi considerati sensibili, essendo una siffatta comunicazione idonea, a seconda del caso, a garantire una adeguata ponderazione intesa a salvaguardare, per quanto possibile, tanto il segreto istruttorio quanto il rispetto del diritto di essere ascoltato.

73      Per contro, è inconferente l’argomento del ricorrente secondo il quale le autorità belghe non si sono opposte alla trasmissione a suo favore di tutti gli scambi intervenuti tra la Commissione, il procuratore federale belga e i giudici istruttori belgi. Infatti, come menzionato dallo stesso ricorrente, tali scambi si sono prodotti dopo l’adozione della decisione impugnata. Orbene, spettava alle sole autorità belghe determinare se la situazione si fosse modificata, rendendo possibile la comunicazione dei detti scambi al ricorrente, di modo che tale circostanza non può essere utilizzata al fine di addebitare alla Commissione il fatto di non aver ascoltato il ricorrente prima dell’emanazione della decisione impugnata.

74      Da quanto precede risulta che il fatto di non ascoltare il ricorrente prima dell’emanazione della decisione impugnata eccede quanto è necessario per conseguire l’obiettivo consistente nel garantire il segreto istruttorio e non rispetta quindi il contenuto essenziale del diritto di essere ascoltato sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

75      Pertanto la Commissione ha violato il diritto del ricorrente di essere ascoltato.

76      Inoltre, risulta dalla giurisprudenza della Corte che non può essere imposto alla parte ricorrente di dimostrare che la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto diverso in assenza della violazione constatata, ma unicamente che una tale ipotesi non è interamente esclusa in quanto la parte ricorrente avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità procedurale (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 94 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nella fattispecie, una siffatta ipotesi non potrebbe essere interamente esclusa ove la Commissione avesse messo il ricorrente in grado di far conoscere utilmente il suo punto di vista quanto alla revoca della sua immunità di giurisdizione e, più in particolare, come rileva il ricorrente nei suoi atti scritti, il suo punto di vista quanto all’interesse dell’Unione e quanto alla salvaguardia della sua necessaria indipendenza quale funzionario che ricopriva il posto di direttore generale dell’OLAF.

77      Alla luce di tutto quanto precede, si deve accogliere il quinto motivo in quanto fondato sulla violazione del diritto di essere ascoltato e, pertanto, annullare la decisione impugnata, senza che occorra esaminare le altre censure del quinto motivo né gli altri motivi dedotti dal ricorrente.

 Sulle spese

78      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Essendo rimasta soccombente, la Commissione dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione C(2016) 1449 final della Commissione, del 2 marzo 2016, relativa a una domanda di revoca dell’immunità di giurisdizione di RQ, è annullata.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.

Tomljenović

Bieliūnas

Marcoulli

Barents

 

      Kornezov

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 ottobre 2018.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.