Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
NICHOLAS EMILIOU
presentate il 22 febbraio 2024 (1)
Causa C-339/22
BSH Hausgeräte GmbH
contro
Electrolux AB
[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Svea hovrätt (Corte d’Appello di Stoccolma, Svezia)]
«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale – Regolamento (UE) n. 1215/2012 – Competenza esclusiva – Controversie in materia di validità dei brevetti – Articolo 24, punto 4 – Ambito di applicazione – Azione per contraffazione – Invalidità, invocata come mezzo di difesa, di brevetti che sono asseritamente oggetto di contraffazione – Conseguenze sulla competenza dell’autorità giurisdizionale presso la quale è stata proposta l’azione di contraffazione – Brevetto registrato in uno Stato terzo –“Effetto riflesso” dell’articolo 24, punto 4»
I. Introduzione
1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Svea hovrätt (Corte d’Appello di Stoccolma, Svezia) verte sull’interpretazione del regolamento (UE) n.1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. (2)
2. Con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede, in primo luogo, chiarimenti sulla competenza delle autorità giurisdizionali degli Stati membri dell’Unione europea, ai sensi di tale regolamento, a conoscere di azioni in materia di contraffazione di brevetti registrati in altri Stati membri, in particolare nel caso in cui la controparte contesti la validità dei brevetti asseritamente violati. Come spiegherò in queste conclusioni, su tale questione grava notevole incertezza a causa, in particolare, di una decisione ambigua pronunciata dalla Corte molto tempo fa, precisamente la sentenza nella causa GAT. (3) Il presente rinvio offre alla Corte l'opportunità di confermare una delle diverse possibili letture di tale decisione.
3. In secondo luogo, la Corte è invitata a chiarire se le autorità giurisdizionali degli Stati membri siano competenti a conoscere dei procedimenti relativi alla validità dei brevetti registrati in Stati terzi. A tale riguardo, la Corte dovrà affrontare la delicata e annosa questione se alcune norme del regolamento Bruxelles I bis si applichino a situazioni «esterne» nello stesso modo in cui si applicano ai conflitti di giurisdizione «intra-UE», o abbiano un «effetto riflesso», come verrà illustrato nelle presenti conclusioni.
II. Contesto normativo
A. Diritto internazionale
4. La Convenzione sulla concessione di brevetti europei, firmata a Monaco di Baviera (Germania) il 5 ottobre 1973 ed entrata in vigore il 7 ottobre 1977, nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: la «CBE»), istituisce, come enunciato all’articolo 1, un «diritto comune agli Stati contraenti in materia di concessione di brevetti per invenzioni».
5. L’articolo 2, punto 2 della CBE prevede che «[i]n ciascuno degli Stati contraenti per i quali esso è concesso, il brevetto europeo ha gli stessi effetti ed è soggetto alle medesime regole di un brevetto nazionale concesso in tale Stato».
B. Regolamento Bruxelles I bis
6. L’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis dispone che «a norma del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro cittadinanza, davanti alle autorità giurisdizionali di tale Stato membro».
7. L’articolo 24 di detto regolamento, intitolato «Competenze esclusive», al punto 4 prevede:
«Indipendentemente dal domicilio delle parti, hanno competenza esclusiva le seguenti autorità giurisdizionali di uno Stato membro:
(…)
(4) in materia di registrazione o di validità di brevetti (…), a prescindere dal fatto che la questione sia sollevata mediante azione o eccezione le autorità giurisdizionali dello Stato membro nel cui territorio il deposito o la registrazione sono stati richiesti [o] sono stati effettuati (…)
Fatta salva la competenza dell’Ufficio europeo dei brevetti in base alla [CBE], le autorità giurisdizionali di ciascuno Stato membro hanno competenza esclusiva in materia di registrazione o di validità di un brevetto europeo rilasciato per tale Stato membro».
C. Diritto svedese
8. L’articolo 61, secondo comma, del Patentlagen (1967:837) (legge sui brevetti, in prosieguo: il «Patentlagen») stabilisce che «se viene intentata un'azione per contraffazione e la persona contro cui viene intentata l'azione sostiene che il brevetto è nullo, la questione della nullità può essere esaminata solo dopo che è stata intentata un'azione di nullità. Il giudice deve ordinare alla persona che rivendica la nullità del brevetto di intentare tale azione entro un certo periodo».
III. Fatti, procedimento nazionale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte
9. La BSH Hausgeräte GmbH (in prosieguo: la «BSH») è titolare del brevetto europeo EP 1 434 512, a tutela di un’invenzione relativa ad aspirapolveri, concesso per (e quindi convalidato in) Austria, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Turchia e Regno Unito.
10. Il 3 febbraio 2020, la BSH ha proposto, dinanzi al Patent- och marknadsdomstolen svedese (Tribunale della proprietà intellettuale e del commercio, Svezia), un ricorso contro l’Aktiebolaget Electrolux (in prosieguo: la «Electrolux»), una società per azioni registrata in Svezia. Tale ricorso si basa sulla presunta violazione da parte dell’Electrolux del brevetto europeo EP 1 434 512 nei vari Stati per i quali esso è stato concesso. In tale contesto, la BSH chiede, tra l'altro, un'ingiunzione che vieti alla Electrolux di continuare ad utilizzare l'invenzione brevettata in tutti gli Stati sopra citati e il risarcimento dei danni causati da tale uso illecito.
11. Nella sua memoria difensiva, la Electrolux ha chiesto al Patent- och marknadsdomstolen (Tribunale della proprietà intellettuale e del commercio) di respingere detto ricorso per quanto riguarda le parti austriache, francesi, tedesche, greche, italiane, olandesi, spagnole, turche e britanniche del brevetto EP 1 434 512 (i «brevetti stranieri»). A questo proposito, la Electrolux ha invocato, tra l’altro, l’invalidità dei brevetti stranieri.
12. La Electrolux ha inoltre argomentato che, alla luce di tale eccezione, i giudici svedesi non sono competenti a trattare e decidere azioni per contraffazione nella misura in cui esse riguardano brevetti stranieri. A tale riguardo, l’azione per contraffazione dovrebbe essere considerata «materia di (…) validità di brevetti» ai sensi dell’articolo 24, punto 4 del regolamento Bruxelles I bis e, in base a tale disposizione, le autorità giurisdizionali dei diversi Stati membri in cui tali brevetti sono stati convalidati hanno competenza esclusiva a conoscere della controversia per quanto riguarda il «loro» brevetto.
13. In risposta, la BSH ha affermato che le autorità giurisdizionali svedesi sono competenti a conoscere dell’azione per contraffazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, poiché la Electrolux ha sede legale in Svezia. L’articolo 24, punto 4, del medesimo regolamento non è applicabile, in quanto l’azione intentata dalla BSH non è, di per sè, «materia di (…) validità di brevetti» a norma di tale previsione. Inoltre, ai sensi del secondo comma dell’articolo 61 del Patentlagen, se il convenuto fa valere, in un procedimento per contraffazione, l’invalidità del brevetto, il giudice adito deve ordinargli di proporre un'azione separata, tesa a tal fine, dinanzi al giudice competente. Nella fattispecie, la Electrolux dovrebbe quindi avviare distinti procedimenti di invalidità dinanzi ai giudici dei diversi Stati per i quali sono stati concessi i brevetti stranieri. Parallelamente, il Patent- och marknadsdomstolen (Tribunale della proprietà intellettuale e del commercio) potrebbe statuire sulla questione della contraffazione con una decisione provvisoria e quindi sospendere il procedimento in attesa di una sentenza definitiva nel procedimento di invalidità. Infine, per quanto riguarda la parte turca del brevetto EP 1 434 512, la BSH ha sostenuto che l’articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis, in ogni caso, non è applicabile ai brevetti rilasciati da Stati terzi e pertanto non può avere alcuna incidenza sulla competenza dei giudici svedesi.
14. Con decisione del 21 dicembre 2020, il Patent- och marknadsdomstolen (Tribunale della proprietà intellettuale e del commercio) ha respinto il ricorso per quanto riguarda i brevetti stranieri. Mentre, al momento dell'avvio del procedimento, i giudici svedesi erano competenti a conoscere dell'azione ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, l'articolo 24, punto 4, di tale regolamento è diventato applicabile quando l’Electrolux ha eccepito, come mezzo di difesa, l’invalidità di tali brevetti. In base a tale disposizione, i giudici di altri Stati hanno competenza esclusiva per esaminare la questione della validità e, poiché tale questione è rilevante per l’esito del procedimento di contraffazione promosso dalla BSH, il giudice nazionale si è dichiarato incompetente a conoscere dell’azione nella misura in cui sono interessati brevetti stranieri. Lo stesso giudice ha inoltre dichiarato la propria incompetenza in merito al brevetto turco, ritenendo che l'articolo 24, punto 4, esprima un principio di giurisdizione accettato a livello internazionale, in base al quale soltanto i giudici dello Stato che ha concesso un brevetto possono giudicarne la validità.
15. Successivamente la BSH ha proposto appello contro tale decisione dinanzi allo Svea hovrätt (Corte d’Appello di Stoccolma, Svezia), sostenendo che l’articolo 24, punto 4 del regolamento Bruxelles I bis non si applica alle azioni per contraffazione di brevetti. Tuttavia, poiché l’Electrolux eccepisce come mezzo di difesa l’invalidità del brevetto di cui trattasi, la competenza giurisdizionale è distribuita: i giudici svedesi sono competenti a pronunciarsi sulla questione della contraffazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, mentre la questione della validità deve essere decisa, ai sensi dell’articolo 24, punto 4, dai giudici degli Stati nei quali è stata effettuata la registrazione. I giudici svedesi sono competenti anche per quanto concerne il brevetto turco sulla base dell’articolo 4, paragrafo 1 del regolamento citato. La competenza giurisdizionale dello Stato in cui il convenuto è domiciliato è, infatti, un principio riconosciuto dal diritto internazionale. La Electrolux ha ribadito, da parte sua, che l’articolo 24, punto 4, si applica ai procedimenti per contraffazione nei quali l’invalidità dei brevetti è eccepita come mezzo di difesa. I giudici svedesi non hanno competenza a conoscere del procedimento nel suo complesso, poiché le tematiche della contraffazione e della validità non possono essere disgiunte.
16. È in tale contesto che lo Svea hovrätt (Corte d’appello di Stoccolma) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«(1) Se l'articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis debba essere interpretato nel senso che l'espressione relativa ai procedimenti «in materia di registrazione o di validità di brevetti (…) a prescindere dal fatto che la questione sia sollevata mediante azione o eccezione» significhi che un giudice nazionale che, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento suddetto, constata la propria competenza a conoscere dell’azione di contraffazione, non è più competente a conoscerne se viene sollevata un'eccezione di nullità del brevetto in questione, oppure se tale disposizione deve essere interpretata nel senso che il giudice nazionale non è competente a conoscere solo dell'eccezione di nullità.
(2) Se la soluzione della prima questione dipenda dall'esistenza di disposizioni di diritto nazionale, simili a quelle di cui all’articolo 61, secondo comma, del Patentlagen (legge sui brevetti), le quali comportano che la possibilità di esaminare un’eccezione di nullità sollevata nell’ambito di un’azione di contraffazione, presuppone che il convenuto proponga una separata azione di nullità.
(3) Se l'articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis debba essere interpretato nel senso che si applica ad un giudice di uno Stato terzo, ossia, nel caso di specie, nel senso che conferisce ad un giudice della Turchia la competenza esclusiva anche per la parte del brevetto europeo ivi convalidata.
17. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 24 maggio 2022, è stata depositata lo stesso giorno. La BSH, l’Electrolux, il governo francese e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte, e gli intervenienti sono stati rappresentati all’udienza del 22 giugno 2023.
IV. Analisi
18. La fattispecie in esame riguarda la competenza delle autorità giurisdizionali degli Stati membri a conoscere delle azioni per contraffazione di brevetti europei asseritamente commesse in più Stati. Prima di esaminare le questioni sottoposte alla Corte, ritengo opportuno fornire al lettore, che potrebbe non avere familiarità con le peculiarità di questo complesso settore del diritto, una visione d’insieme delle norme sostanziali e giurisdizionali pertinenti.
19. In via generale, i brevetti sono diritti di proprietà intellettuale conferiti dagli Stati in esito a procedure di registrazione condotte dagli uffici nazionali per i brevetti, in conformità ai requisiti di concessione (o «brevettabilità») stabiliti nella propria legislazione nazionale. I brevetti conferiscono al titolare determinati diritti esclusivi sull’invenzione brevettata (essenzialmente un monopolio commerciale), la cui portata è definita dalla stessa legislazione. Poiché, in linea di principio, uno Stato ha il potere sovrano di disciplinare il commercio soltanto nel proprio territorio, la protezione conferita risulta in tal modo circoscritta (concetto generalmente indicato come principio di territorialità dei brevetti). L'inconveniente di questo sistema è che una persona che intende proteggere una determinata invenzione in diversi Stati deve richiedere un brevetto in ciascuno di essi, singolarmente.
20. Per fornire una soluzione (parziale, come si vedrà) a questo inconveniente fu adottata la CBE. Tale trattato, che vincola 39 Stati contraenti, inclusi gli Stati membri e la Turchia, ha istituito un sistema autonomo per la concessione dei cosiddetti brevetti europei attraverso una procedura di registrazione centralizzata presso l’Ufficio europeo dei brevetti (in prosieguo: l’«UEB») con sede a Monaco di Baviera (Germania). (4) A tale proposito, la convenzione stabilisce, tra l’altro, requisiti uniformi per la brevettabilità. L’UEB ha il mandato di esaminare le domande di brevetto europeo alla luce di tali requisiti. (5) Quando essi sono soddisfatti, l’UEB rilascia un brevetto europeo per (a seconda della volontà del richiedente) uno, più o tutti gli Stati contraenti. (6) Come emerso nel procedimento principale, tramite una tale procedura la BSH ha ottenuto il brevetto EP 1 434 512, che è stato concesso per diversi Stati membri e per la Turchia.
21. Ciò detto, un brevetto europeo, nonostante ciò che il suo nome sembra implicare, non è un titolo unitario, che fornisce protezione uniforme dell’invenzione in questione in tutti gli Stati per i quali è stato rilasciato. Un brevetto europeo, infatti, nasce essenzialmente come un insieme di «parti» nazionali, assimilate ai brevetti rilasciati dagli Stati in questione. Conseguentemente, esso deve essere «convalidato» dai rispettivi uffici brevetti di tali Stati. Le «parti» nazionali di un brevetto europeo sono, in quanto tali, giuridicamente indipendenti l’una dall’altra. Ciascuna di esse conferisce al titolare del brevetto gli stessi diritti esclusivi sull’invenzione brevettata di un brevetto nazionale «ordinario»(7) ed è ugualmente limitata al territorio nazionale. Inoltre, in linea di principio, (8) un brevetto europeo può essere revocato unicamente «parte» per «parte», essendo la revoca di una «parte» efficace soltanto per il territorio del corrispondente Stato. (9)
22. Conseguentemente, quando una determinata invenzione è protetta da un brevetto europeo, l'uso non autorizzato di tale invenzione da parte di un terzo può, da un lato, comportare la violazione del monopolio del titolare del brevetto in più Stati (ossia tutti quelli per i quali il brevetto è stato concesso). Nel procedimento principale, la BSH accusa l’Electrolux proprio di questo tipo di violazione di brevetto «multistato». Dall’altro, poiché un brevetto europeo non è un titolo unitario, la sua violazione in più Stati viene considerata, da un punto di vista giuridico, come un insieme di contraffazioni di brevetti nazionali, con violazione di ciascuna delle sue «parti» da valutarsi separatamente, alla luce del diritto nazionale ad essa applicabile. (10) Invero, l’azione della BSH nei confronti dell’Electrolux costituisce un insieme di domande relative alla contraffazione che insistono sulle varie «parti» del brevetto EP 1 434 512.
23. Anche le controversie sui brevetti europei, comprese le azioni per contraffazione, sono materia lasciata agli Stati contraenti ed alle loro autorità giurisdizionali nazionali. (11) Per quanto riguarda le controversie transfrontaliere, la CBE non ripartisce la competenza neppure tra questi giudici. (12) Tale questione deve essere risolta alla luce delle norme di diritto internazionale privato applicate dalle autorità giurisdizionali degli Stati contraenti coinvolti.
24. Negli Stati membri dell'Unione europea, la competenza giurisdizionale in materia di controversie transfrontaliere sui brevetti tra privati è determinata - qualora il convenuto sia, come l’Electrolux, domiciliato in uno Stato membro - dalle norme del regolamento Bruxelles I bis. (13)
25. Il regime giurisdizionale previsto in tale strumento (ed in quelli previgenti)(14) (in prosieguo: il «regime di Bruxelles») opera, rispetto a tali controversie, secondo la seguente dicotomia.
26. Da un lato, i procedimenti «in materia di registrazione o di validità di brevetti» sono disciplinati da una norma speciale, l'articolo 24, punto 4, che attribuisce competenza esclusiva ai giudici dello Stato membro che ha rilasciato il brevetto in questione (in prosieguo: «lo Stato di registrazione»). Quando è in discussione la registrazione o la validità di un brevetto europeo, i giudici dei diversi Stati membri per i quali il brevetto è stato concesso hanno ciascuno competenza esclusiva per quanto riguarda la loro «parte» nazionale. (15) Tale norma è imperativa: le parti non possono discostarsene mediante accordo. (16) Inoltre, qualora le parti in causa conducano la loro controversia dinanzi ad un giudice «sbagliato», questi è tenuto, ai sensi dell’articolo 27 di tale regolamento, a dichiarare d’ufficio la propria incompetenza. (17)
27. D'altra parte, tutti gli altri procedimenti relativi ai brevetti sono disciplinati dalle norme generali del regolamento. In linea di principio, ciò include le azioni per contraffazione, poiché queste non sono controversie «in materia di» registrazione o validità dei brevetti, ma della loro applicazione. (18) Tali norme offrono alle parti in causa un certo margine di discrezionalità in ordine alla competenza giurisdizionale.
28. Anche se i giudici dello Stato di registrazione sono competenti sulle azioni per contraffazione ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis, (19) tale competenza non è esclusiva, ma facoltativa. Tali azioni possono, conseguentemente, essere avviate dinanzi ad altri giudici. In particolare, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1 di tale regolamento, il titolare del brevetto può adire le autorità giurisdizionali degli Stati membri nei quali il convenuto è domiciliato. Nel caso di violazione «multistatale» di un brevetto europeo, il titolare del brevetto ha un evidente interesse ad agire in tal modo.
29. Infatti, la competenza dei giudici dello Stato membro di registrazione, ai sensi dell'articolo 7, punto 2, del regolamento Bruxelles I bis, è limitata territorialmente. Come descritto al precedente paragrafo 22, i giudici di ciascuno Stato per il quale un brevetto europeo è stato concesso possono pronunciarsi soltanto nella misura in cui sono interessati la loro «parte» nazionale ed il loro territorio.(20) Di conseguenza, per ottenere una tutela integrale, il titolare del brevetto dovrebbe avviare azioni separate in tutti gli Stati interessati.
30. Per contro, la competenza dei giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, è universale. In questo modo, potrebbe estendersi alla violazione del brevetto europeo commessa in tutti gli Stati per i quali era stato concesso. (21) Detti giudici possono riconoscere un risarcimento per compensare la perdita complessiva subita dal titolare del brevetto o emettere un'ingiunzione che vieti la continuazione della violazione in tutti gli Stati interessati. In sintesi, questa disposizione consente al titolare del brevetto di raggruppare tutte le sue rivendicazioni in materia di contraffazione dinanzi a un unico foro e di ottenere un risarcimento complessivo. Nel caso di specie, la BSH si è avvalsa di questa precisa facoltà e ha presentato un’unica azione complessiva contro l’Electrolux giudice in materia di brevetti competente in Svezia, dove quest'ultima è domiciliata.
31. In questo contesto, il giudice del rinvio dubita che tale raggruppamento sia effettivamente possibile nel procedimento principale e, in caso affermativo, in quale misura. Tali dubbi derivano dal fatto che l’Electrolux ha invocato, come mezzo di difesa contro le richieste della BSH, l’invalidità delle varie «parti» del brevetto EP 1 434 512 su cui tali richieste si fondano.(22) Alla luce di tale mezzo di difesa, il giudice del rinvio si chiede se, e in quale misura, l'articolo 24, punto 4 del regolamento Bruxelles I bis si applichi e «prevalga» sull'articolo 4, paragrafo 1, dello stesso. Ai sensi dell’articolo 24, punto 4, il giudice adito avrebbe competenza esclusiva limitatamente alla sola «parte» svedese, considerando che altri giudici avrebbero competenza esclusiva per quanto riguarda le «parti» straniere. Il raggruppamento dei procedimenti in un'unica sede non sarebbe possibile e la loro frammentazione sarebbe invece inevitabile.
32. In particolare, la prima e la seconda questione del giudice del rinvio, che è opportuno esaminare congiuntamente, riguardano la questione se i procedimenti per contraffazione rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis, qualora la validità del brevetto sottostante sia contestata a titolo di difesa. In tal caso, il giudice si chiede se, nel caso di specie, tale disposizione lo privi della competenza (per quanto riguarda le «parti» straniere dell'EP 1 434 512) a trattare e decidere del procedimento per contraffazione in generale o solo della questione di validità. Esaminerò tale tema nella sezione A delle presenti conclusioni.
33. Ipotizzando che la Corte risponda alle prime due questioni nel senso che l'articolo 24, punto 4, è rilevante in una situazione come quella di cui al procedimento principale, la terza questione verte, in sostanza, sulla questione se tale disposizione si applichi anche per quanto riguarda la validità della «parte» turca del brevetto EP 1 434 512. Esaminerò tale questione nella sezione B delle presenti conclusioni.
A. Ambito di applicazione sostanziale dell’articolo 24, punto 4 del regolamento Bruxelles I bis (prima e seconda questione)
34. Come indicato in precedenza, l’ambito di applicazione dell’articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis sembra essere chiaro. Ai sensi di tale disposizione, la competenza esclusiva delle autorità giurisdizionali dello Stato di registrazione riguarda solo i procedimenti «in materia di validità dei brevetti», non i procedimenti «in materia di» altre questioni relative ai brevetti, inclusa la contraffazione.
35. In realtà, sotto questi termini si cela un'ambiguità. Questa dicotomia è talvolta sfocata nella pratica. Infatti, mentre la validità dei brevetti può essere oggetto di azioni specifiche (di revoca o di annullamento), l’invalidità di un brevetto può anche essere invocata come mezzo di difesa contro, in particolare, le azioni per contraffazione. In tal modo, il presunto contraffattore cerca di ottenere il rigetto di tali azioni, viziando il titolo su cui esse si fondano.(23) L’Electrolux ha invocato una tale mezzo di difesa nel procedimento principale.
36. La competenza esclusiva dei giudici dello Stato di registrazione per la prima tipologia di azioni è sempre stata certa. Per contro, se, e in che misura, essi siano competenti anche nelle situazioni del secondo tipo è oggetto di un lungo dibattito.
37. Dall'inizio degli anni novanta, quando i titolari di brevetti hanno iniziato a fare uso concreto delle possibilità di raggruppare le loro azioni per contraffazione in base alle norme generali del regime di Bruxelles, i giudici degli Stati membri si sono confrontati con la questione. La formulazione originaria della controversa regola della competenza esclusiva, così come sancita (all'epoca) dall'articolo 16, punto 4, della Convenzione di Bruxelles, non forniva indicazioni in merito. Tali giudici hanno adottato tre approcci principali:
– In primo luogo, alcuni giudici, in particolare quelli tedeschi, hanno ritenuto che la regola della competenza esclusiva in questione non si applichi quando l’invalidità è invocata come mezzo di difesa in un procedimento per contraffazione. I giudici al di fuori dello Stato di registrazione potrebbero, in base alle norme generali della Convenzione, conoscere di tali procedimenti e, in tale contesto, giudicare la validità del brevetto (o dei brevetti) in questione.
– In secondo luogo, altri giudici, in particolare quelli del Regno Unito, hanno ritenuto che, quando viene sollevata un'eccezione di invalidità, il procedimento per contraffazione diventa «materia di validità dei brevetti» e di conseguenza rientra nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato membro (o degli Stati membri) di registrazione.
– In terzo luogo, un ultimo gruppo di giudici, compresi quelli dei Paesi Bassi, ha ritenuto che la norma controversa si applichi quando l’invalidità viene invocata come mezzo di difesa nei procedimenti per contraffazione, ma in modo alquanto sofisticato: solo la questione della validità rientra nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato di registrazione; altri giudici potrebbero statuire sulla questione della contraffazione.(24)
38. Nel 2006, la Corte è entrata nel dibattito con la sentenza GAT. In particolare, la causa non riguardava un procedimento per contraffazione di per sé. Si trattava di un'azione con cui una società chiedeva ai giudici tedeschi di dichiarare di non aver violato due brevetti francesi detenuti da una società tedesca (una «dichiarazione negativa»), tra l'altro per il fatto che tali brevetti erano nulli. I giudici aditi hanno ravvisato che l’articolo 16, punto 4, della Convenzione di Bruxelles poteva essere rilevante in tale ambito e, al riguardo, hanno sottoposto una questione alla Corte. Tuttavia, la Corte non ha fornito una risposta mirata alla fattispecie specifica; ha invece stabilito, in termini generali, che la regola della competenza esclusiva (allora) prevista dalla disposizione citata «riguarda tutti i procedimenti relativi alla (...) validità di un brevetto, a prescindere dal fatto che la questione sia sollevata mediante un’azione o in via di eccezione». (25) Contrariamente a quanto sostiene la BSH, questa risposta è abbastanza generica da coprire, tra l'altro, l'ipotesi di un procedimento per contraffazione in cui sia stata sollevata un'eccezione di invalidità. Il riferimento a «in via di eccezione» è stato evidentemente aggiunto a tal fine.(26)
39. Qualche anno dopo, il legislatore ha codificato l’insegnamento di cui alla sentenza GAT nell’articolo 24, punto 4 del regolamento Bruxelles I bis, precisando, nel testo di tale disposizione, che la competenza esclusiva dei giudici dello Stato di registrazione copre i procedimenti in materia di validità dei brevetti «a prescindere dal fatto che la questione sia sollevata mediante azione o eccezione».
40. Tuttavia, non è stata ottenuta piena chiarezza sulla questione, per usare un eufemismo. In realtà, la risposta fornita nella sentenza GAT (e ora nell'articolo 24, punto 4) sul tema in esame nella presente sezione ha sollevato più domande di quante ne abbia risolte. Infatti, mentre la risposta ha inflitto un colpo fatale ingiustificato al primo degli approcci sopra descritti (1), la Corte (e il legislatore dell’Unione) hanno lasciato i giudici nazionali e le parti a discutere se sia invece corretto il secondo o il terzo approccio (2).
1. Sentenza ingiustificata nella causa GAT
41. Solitamente, quando un unico procedimento riguarda due questioni distinte (come, nella fattispecie, la contraffazione e la validità), che rientrano nell’ambito di applicazione di norme sulla competenza giurisdizionale che si escludono a vicenda (in questo caso: le norme generali relative alla contraffazione; l’articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis per quanto riguarda la validità del brevetto), la Corte segue alcuni principi pragmatici per determinare quale (o quali) autorità giurisdizionali sono competenti per trattarli e deciderli.
42. In primo luogo, al fine di determinare quali norme sulla competenza giurisdizionale si applicano, tale procedimento deve essere classificato sulla base della materia principale (o «oggetto») dell'azione intentata dal ricorrente, tralasciando qualsiasi questione preliminare (o incidentale) che possa essere altrimenti sollevata, in particolare mediante eccezione. (27)
43. In secondo luogo, il foro designato dalle norme sulla competenza giurisdizionale applicabili è competente a conoscere dell'intero procedimento, ossia non solo dell’azione, ma anche i mezzi di difesa, anche se questi ultimi riguardano una materia di norma assegnata ad un giudice diverso.(28) Infatti, da un punto di vista procedurale, i mezzi di difesa sono una componente che integra l'azione e, logicamente, seguono il trattamento in materia di competenza giurisdizionale applicato a quest'ultima.
44. Se la Corte avesse seguito tali principi nella causa GAT, avrebbe adottato il primo degli approcci citati al precedente paragrafo 37. Invero, per quanto concerne un procedimento per contraffazione nel quale è stata sollevata un'eccezione di invalidità, la materia principale (o «oggetto») dell'azione è, molto semplicemente, la contraffazione. Per contro, la questione della validità è un ottimo esempio di questione preliminare. Poiché non si può contraffare un brevetto nullo, il giudice dovrà prioritariamente determinare la validità del titolo su cui il ricorrente si basa, per poi risolvere la questione principale, ossia se gli atti del convenuto abbiano violato i diritti conferiti dal titolo in questione. Conformemente a questi principi, un procedimento del genere avrebbe dovuto essere disciplinato, alla luce della materia (oggetto) e senza tenere conto di tale mezzo di difesa, dalle norme generali (allora) stabilite nella Convenzione di Bruxelles. Inoltre, i giudici designati come competenti a trattare e decidere del procedimento per contraffazione ai sensi di tali norme generali, in particolare i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato, avrebbero dovuto essere competenti anche a conoscere di tale mezzo di difesa.
45. Evidentemente, non è ciò che ha fatto la Corte nella sentenza GAT. Essa ha ritenuto al contrario che la regola della competenza esclusiva per i «procedimenti in materia di validità dei brevetti» si applichi anche ai procedimenti in cui tale questione è sollevata mediante eccezione. Così facendo, la Corte ha adottato un'interpretazione che, per quanto a mia conoscenza, è unica nel regime di Bruxelles. In realtà, questa soluzione si discosta anche da quelle ad oggi adottate dalla Corte ai sensi delle altre norme sulla competenza esclusiva (ora) previste dall'articolo 24 del regolamento Bruxelles I bis. In base ai principi discussi in precedenza, la Corte ritiene che queste altre norme si applichino quando una questione in esse contenuta costituisce in via esclusiva l'oggetto del ricorso.(29) In diverse versioni linguistiche del regolamento (ma purtroppo non in tutte), questo approccio deriva addirittura dalla lettera stessa della disposizione.(30) Inoltre, nella sentenza BVG, pronunciata qualche anno dopo la sentenza GAT, la Corte ha ritenuto che la regola della competenza esclusiva per i procedimenti relativi alla validità delle società o delle decisioni dei loro organi (ora sancita dall'articolo 24, punto 2, di quel regolamento) non si applichi ai procedimenti nei quali tale questione è introdotta mediante eccezione. (31)
46. Le esatte implicazioni dell'interpretazione adottata nella sentenza GAT sono incerte, come già rilevato, e saranno discusse di seguito nella sezione 2. Ai presenti fini, è chiaro che, contrariamente a quanto sostenuto dalla BSH, quando un procedimento per contraffazione viene avviato al di fuori dello Stato membro di registrazione e viene sollevata un'eccezione di invalidità, i giudici aditi non sono autorizzati a giudicare in via preliminare la validità dei brevetti in esame.
47. Ciò posto, purtroppo, a mio avviso, la motivazione piuttosto sintetica della Corte nella sentenza GAT non offre una giustificazione convincente per questa soluzione.
48. Il primo argomento addotto dalla Corte riguarda la «posizione di [tale norma di competenza esclusiva] nell'ambito dello schema della [Convenzione di Bruxelles]» (ossia il suo primato rispetto alle norme generali sulla competenza giurisdizionale) e la sua «natura imperativa». (32) Questo argomento non risulta a mio avviso convincente. (33) In realtà, questi elementi sostengono più facilmente l'interpretazione opposta.
49. Le norme sulla competenza esclusiva sono eccezioni al regime di Bruxelles. In quanto tali, devono essere interpretate restrittivamente. (34) In effetti, si suppone che esse si applichino soltanto in «poche e ben definite situazioni». (35) Inoltre, come ha stabilito la Corte nella sentenza BVG, un'interpretazione restrittiva di tali norme è «particolarmente necessaria» proprio perché esse prevalgono sulle norme generali e sono imperative. (36) Quando infatti si applica l’articolo 24, punto 4, esso priva i ricorrenti della scelta del foro, che altrimenti spetterebbe loro, e può far sì che i convenuti siano citati in giudizio al di fuori dello Stato membro in cui sono domiciliati, dove si troverebbero di solito in una posizione migliore per difendersi.
50. Per contro, l'interpretazione adottata dalla Corte nella sentenza GAT può soltanto essere descritta come «estensiva».(37) Certamente, la validità dei brevetti è, di per sé, una questione «ben definita». Tuttavia, può essere sollevata in una serie «non ben definita» di procedimenti relativi ad altre questioni. (38)
51. Le altre due ragioni addotte dalla Corte nella sentenza GAT riguardano l'obiettivo generale della certezza del diritto perseguito dal regime di Bruxelles. (39) In sostanza, la Corte ha spiegato che, se la controversa regola della competenza esclusiva non si applicasse quando la questione della validità dei brevetti è sollevata mediante eccezione in un procedimento per contraffazione (e così via), e i giudici al di fuori dello Stato di registrazione, investiti di tali procedimenti, fossero autorizzati a giudicare tale questione in via preliminare, ciò «avrebbe l'effetto di moltiplicare» il numero di giudici che potrebbero pronunciarsi su tale questione. Ciò, a sua volta, «comprometterebbe la prevedibilità delle norme sulla giurisdizione» e «moltiplicherebbe il rischio di decisioni contrastanti» in materia, il che comprometterebbe la certezza del diritto.(40)
52. Neppure le summenzionate ragioni mi convincono. Quando si «osserva il quadro complessivo», questi elementi, ancora una volta, avvalorano più facilmente l'interpretazione opposta. Da un certo punto di vista, la soluzione adottata nella sentenza GAT impedisce ai diversi giudici di assumere posizioni contrastanti sulla validità di un brevetto. In tal senso, contribuisce alla certezza del diritto. Tuttavia, da un altro punto di vista, la sentenza GAT può potenzialmente rendere precario il funzionamento del regime di Bruxelles, per quanto riguarda i procedimenti per contraffazione, per i titolari di brevetti.
53. Mentre tale regime consente normalmente al titolare di un brevetto di avviare un'azione legale al di fuori dello Stato di registrazione, tra l'altro dinanzi ai giudici dello Stato membro del convenuto, la soluzione nella sentenza GAT crea incertezza sulla questione se tali giudici siano in grado di concedere un rimedio contro la contraffazione o, quanto meno, siano in grado di farlo entro un termine ragionevole. Infatti, se il presunto contraffattore dovesse sollevare un'eccezione di invalidità in una certa fase del procedimento, i giudici non potrebbero semplicemente pronunciarsi su tale eccezione e procedere con la causa ma, a seconda di come si intende tale soluzione, o perderebbero la loro competenza giurisdizionale e dovrebbero porre fine al procedimento, oppure potrebbero dover sospendere il procedimento fino a quando le autorità giurisdizionali degli Stati membri di registrazione non avranno accertato la validità del brevetto (v. inoltre, la successiva Sezione 2).
54. Qualunque sia l'interpretazione corretta, la sentenza GAT rende poco attrattivo il raggruppamento delle azioni per contraffazione relative alle diverse «parti» di un brevetto europeo dinanzi a detti giudici. Incoraggia i titolari di brevetti ad avviare invece procedimenti separati nei vari Stati di registrazione di tali «parti», poiché è perlomeno certo che i giudici di tali Stati sono competenti a pronunciarsi sia sulla contraffazione che sulla validità della «loro parte» (come spiegato ai precedenti paragrafi 26, 28 e 29). Ciò crea, a sua volta, il rischio che giudici diversi adottino pareri contrastanti sulla stessa controversia in materia di contraffazione.
55. Tale incertezza e/o complessità per quanto riguarda l’applicazione dei brevetti è ancora più indesiderabile, dato che la proprietà intellettuale è tutelata come diritto fondamentale, tra l'altro, dall'articolo 17, paragrafo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). In base a tale disposizione, i titolari di brevetti devono godere di un «livello elevato» di protezione dei loro diritti di proprietà intellettuale nell'Unione europea. La possibilità di avviare un rapido procedimento civile e di ottenere un risarcimento in caso di contraffazione è essenziale a questo proposito. Ciò è richiesto anche dal diritto fondamentale a un ricorso effettivo, garantito dall'articolo 47 della Carta. Sul punto ricordo che l’articolo 41, paragrafo 2 dell'Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: «l'accordo TRIPs»)(41) prevede che «le procedure atte ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (...) non sono indebitamente complicate o costose né comportano (...) ritardi ingiustificati». Ciò riguarda anche, a mio avviso, l'operatività delle relative norme di giurisdizione internazionale.
56. In ogni caso, in base alla giurisprudenza consolidata della Corte circa l’interpretazione delle norme sulla competenza esclusiva nell'ambito del regime di Bruxelles, (42) l'unica questione che la Corte nella sentenza GAT doveva risolvere (ma che non ha discusso) era se l'obiettivo specifico perseguito dalla norma controversa sulla competenza esclusiva «richieda» l’applicazione di tale norma anche ai procedimenti per contraffazione in cui è stata sollevata un'eccezione di invalidità. Personalmente, ritengo di no.
57. Vorrei anzitutto cercare di dipanare la confusione su quale sia l'obiettivo. La spiegazione solitamente fornita dalla Corte a questo proposito (e citata «incidentalmente» dalla Corte nella sentenza GAT) è che la norma in questione persegue un obiettivo di buona amministrazione della giustizia. A suo avviso, i giudici dello Stato di registrazione sono «nella posizione migliore» per decidere i procedimenti relativi alla registrazione o alla validità dei brevetti, in virtù dello «stretto legame di fatto e di diritto» che esiste tra tali procedimenti e detto Stato. (43) Tuttavia, a mio avviso, non è questa la vera ragion d’essere di tale norma.
58. Certo, come illustrato ai precedenti paragrafi 19 e 21, un brevetto è disciplinato dalla legislazione dello Stato di registrazione. L'argomento secondo cui, ad esempio, un giudice tedesco è «nella posizione migliore» per applicare il diritto brevettuale tedesco (per via della lingua, della conoscenza di tale diritto e così via) ha un certo peso. (44) Inoltre, poiché un brevetto è protetto solo nello Stato di registrazione, vi è spesso una prossimità di fatto tra le controversie relative a tale brevetto e il territorio di quest'ultimo.
59. Tuttavia, tali considerazioni spiegano soltanto perché i giudici dello Stato di registrazione possono trattare e decidere tali controversie. Esse giustificano perché, ad esempio, tali giudici, in base al regime di Bruxelles, sono competenti per i procedimenti per contraffazione che riguardano il loro territorio. (45) Di contro, tali considerazioni non rivelano perché, per quanto riguarda i procedimenti relativi alla registrazione o alla validità dei brevetti, detti giudici debbano essere competenti escludendo tutti gli altri.(46) In particolare, il diritto brevettuale dello Stato di registrazione non è così unico che solo i giudici di tale Stato avrebbero la capacità di comprenderlo.(47) Anche se per loro può essere più difficile farlo, i giudici di un altro Stato membro sono perfettamente in grado di applicare una normativa straniera. Suggerire il contrario equivarrebbe a mettere in discussione le fondamenta stesse del regime di Bruxelles (e dell'intero settore del diritto internazionale privato). (48)
60. La vera ragion d'essere della norma controversa risiede nel fatto che, come afferma la relazione Jenard, «la concessione di un (...) brevetto è un esercizio di sovranità nazionale». (49) In effetti, l'unica giustificazione convincente per prevedere una tale norma di competenza esclusiva è il ruolo (tradizionalmente) svolto dalle autorità statali nel conferimento di tali diritti di proprietà intellettuale, menzionato al precedente paragrafo 19, (50) in particolare il fatto che le amministrazioni nazionali sono incaricate di esaminare le domande di brevetto, accoglierle se i requisiti pertinenti sono soddisfatti e registrare i brevetti di conseguenza. Tuttavia, la soluzione adottata nella sentenza GAT non era, a mio avviso, «richiesta» nemmeno da questa considerazione.
61. Da un lato, infatti, i procedimenti che hanno ad oggetto la registrazione o la validità dei brevetti mettono in discussione, per loro stessa natura, il funzionamento dell'amministrazione dello Stato di registrazione. (51) Il nocciolo della controversia è se l'autorità statale competente (ufficio brevetti) abbia «svolto il proprio lavoro» correttamente. Con un'azione di revoca, in particolare, il ricorrente chiede essenzialmente al giudice di verificare se l'autorità in questione avesse ragione a concedere il brevetto e, in caso contrario, di dichiarare l’invalidità del brevetto. Una tale dichiarazione ha, per sua natura, effetto erga omnes e può, in quanto tale, essere invocata contro l'autorità in questione. La sentenza pronunciata dal giudice può persino ordinare a quest'ultima di rettificare i propri registri di conseguenza. Evidentemente, tali sentenze dovrebbero essere emesse solo dalle autorità giurisdizionali dello Stato di registrazione. In questo caso si applica il rispetto della sovranità degli Stati. Gli Stati troverebbero inaccettabile che le azioni delle loro autorità giurisdizionali fossero sanzionate dai giudici di uno Stato estero e che quest’ultimo li istruisse su come gestire i loro registri nazionali. (52)
62. D'altra parte, i procedimenti per contraffazione, in particolare, non mettono in discussione il funzionamento dell'amministrazione dello Stato di registrazione, anche quando l’invalidità del brevetto che si presume violato viene sollevata come eccezione. In questo caso, la questione viene esaminata quale questione preliminare dal giudice, ma solo al fine di risolvere la questione della contraffazione. L'unica conseguenza che può derivare è il rigetto dell’azione di contraffazione da parte del giudice. Tale sentenza riguarda gli interessi privati dei contendenti e, di conseguenza, ha generalmente solo effetti inter partes.(53) Non può ledere la sovranità dello Stato di registrazione, perché non ha alcun effetto sulla sua amministrazione, né pretende di averne. La validità del brevetto, da un punto di vista giuridico, non viene intaccata. Un’autorità giurisdizionale di un altro Stato sovrano non ha impartito alcuna istruzione a tale amministrazione.
2. La lettura corretta della sentenza GAT
63. Per tutte queste ragioni, la sentenza GAT è, a mio avviso (e secondo la maggior parte della dottrina che ho consultato), (54) una decisione infelice. Se la soluzione ivi prospettata si basasse solo su tale sentenza, avrei suggerito alla Corte di ribaltarla e di dichiarare, invece, che le regole della competenza esclusiva per i procedimenti relativi alla validità del brevetto non si applicano quando viene sollevata un'eccezione di invalidità nell'ambito di un procedimento per contraffazione, nella misura in cui la sentenza pronunciata dal giudice adito produrrebbe solo effetti inter partes. (55)
64. Tuttavia, come indicato in precedenza, il legislatore dell'Unione ha codificato tale sentenza all'articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis. (56) Pertanto, allo stato attuale del diritto dell'Unione, la Corte è «intrappolata» nella soluzione inizialmente adottata. Non resta che scegliere, su invito del giudice del rinvio, tra due possibili letture della sentenza GAT (e della sua codificazione), che corrispondono, rispettivamente, al secondo e al terzo degli approcci elencati al precedente paragrafo 3[7].
65. Secondo la prima lettura, sostenuta dalla Electrolux, e che definirò «estensiva», quando l’invalidità è invocata come eccezione in un procedimento per contraffazione, le autorità giurisdizionali dello Stato membro di registrazione sono (o diventano) competenti in via esclusiva ai sensi dell'articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis per decidere tali procedimenti. Qualsiasi altro giudice deve dichiarare la propria incompetenza ai sensi dell'articolo 27 di tale regolamento.
66. Secondo la seconda lettura, difesa dalla Commissione e che definirò «restrittiva», quando l’invalidità è invocata come mezzo di difesa in un procedimento per contraffazione, i giudici dello Stato membro di registrazione hanno competenza esclusiva in base all'articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis soltanto per determinare la questione della validità. Altri giudici potrebbero essere (o rimanere) competenti, in base alle norme generali di tale regolamento, per pronunciarsi sulla questione della contraffazione.
67. Allo stato attuale, il diritto dell'Unione non fornisce indicazioni chiare su quale debba essere la lettura corretta. In primo luogo, mentre, come sostiene l’Electrolux, la lettura «estensiva» del dispositivo della sentenza GAT e del testo dell’articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis sembra la più naturale, (57) tali elementi possono anche essere ragionevolmente letti in maniera «restrittiva». Sebbene la Corte abbia affermato, in tale sentenza, che la norma controversa sulla competenza esclusiva «riguarda tutte le controversie vertenti sulla (...) validità di un brevetto», non ha indicato in che misura. Questa formulazione è semplicemente ambigua. In secondo luogo, la successiva giurisprudenza della Corte non supporta una lettura o un'altra della sentenza, poiché contiene indicazioni contraddittorie al riguardo. Da un lato, come sottolinea l’Electrolux, la Corte ha apparentemente approvato la lettura «estensiva» nella sentenza BVG. (58) Dall’altro, come sottolinea la Commissione, la Corte ha apparentemente approvato la lettura «restrittiva» nella sentenza Roche Nederland e a.. (59) Infine, il legislatore non ha espresso alcuna posizione al riguardo nel testo dell'articolo 24, punto 4 o in un considerando del regolamento.(60)
68. Pertanto, per risolvere la controversia, è necessario indirizzarsi al sistema istituito dal regolamento Bruxelles I bis, nonché agli obiettivi perseguiti da tale strumento in generale e dall'articolo 24, punto 4, in particolare. Alla luce di questi elementi, la Corte dovrebbe respingere la lettura «estensiva» della sentenza GAT [parte (a)] e approvare invece la visione «restrittiva» [parte (b)] Dovrebbe anche fornire alcune linee guida ai giudici nazionali su come mettere in pratica questa visione [parte (c)].
a) Le criticità della lettura «estensiva»
69. In primo luogo, la lettura «estensiva» della sentenza GAT mal si concilia con il sistema istituito dal regolamento Bruxelles I bis. In questo sistema, come era nelle intenzioni dei suoi redattori, la competenza esclusiva dei giudici dello Stato di registrazione costituisce un'eccezione, circoscritta ai «procedimenti in materia di registrazione o validità dei brevetti», mentre i procedimenti per contraffazione e le restanti controversie in materia di brevetti possono essere normalmente portate dinanzi ad altri giudici.
70. Tuttavia, se la sentenza GAT dovesse essere intesa nel modo suggerito dall’Electrolux, l'eccezione diventerebbe di fatto la regola, come osserva la Commissione. Poiché le eccezioni di invalidità sono spesso sollevate nei procedimenti per contraffazione, tali procedimenti risulterebbero spesso di competenza esclusiva dei giudici dello Stato di registrazione. L'applicazione delle norme generali sulla competenza giurisdizionale e le opzioni che esse conferiscono ai titolari di brevetti sarebbero limitate ai casi in cui tale eccezione non viene sollevata.
71. In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dall’Electrolux, poiché la classificazione dei procedimenti per contraffazione e, quindi, le norme sulla competenza giurisdizionale ad essi applicabili dipenderebbero dal fatto che venga o meno sollevata un'eccezione di invalidità (in contrasto con il principio enunciato al precedente paragrafo 42), la lettura «estensiva» della sentenza GAT comprometterebbe la prevedibilità e la certezza della competenza giurisdizionale perseguite dal regolamento Bruxelles I bis. (61)
72. Invero, affinché la competenza giurisdizionale nei procedimenti per contraffazione risulti prevedibile, i titolari di brevetti dovrebbero essere in grado di individuare facilmente l'autorità giurisdizionale dinanzi alla quale avviare tali procedimenti. Tuttavia, in base alla lettura «estensiva» della sentenza GAT, sarebbe difficile per loro stabilire in anticipo se tali procedimenti rientrino nella competenza esclusiva dello Stato di registrazione o possano essere portati dinanzi ad altri giudici, poiché non hanno alcun controllo sulla strategia di difesa che il presunto contraffattore adotterà. (62)
73. Inoltre, se il titolare del brevetto decidesse di promuovere un procedimento al di fuori dello Stato di registrazione, ad esempio dinanzi alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui è domiciliato il presunto contraffattore, la competenza di tali giudici sarebbe precaria. Infatti, potrebbe venir meno se il presunto contraffattore sollevasse un'eccezione di invalidità. I giudici aditi dovrebbero rifiutarsi di continuare a trattare la causa. (63) Se, in base alle norme procedurali del foro, tale eccezione può essere sollevata non solo all'inizio del procedimento, ma anche in fasi successive, compresa l'impugnazione, un procedimento in corso da mesi, o addirittura da anni, potrebbe improvvisamente giungere a un punto morto. Il presunto autore della contraffazione potrebbe anche scegliere strategicamente il momento in cui sollevare tale eccezione e «silurare» efficacemente il procedimento. Come osservano la BSH e la Commissione, le conseguenze per il titolare del brevetto sarebbero drammatiche. In effetti, allo stato attuale, il regolamento Bruxelles I bis non prevede alcuna possibilità per i giudici di uno Stato membro di trasferire una causa dinanzi ai giudici di un altro Stato membro. I giudici inizialmente aditi non potrebbero far altro che porre fine al procedimento, lasciando al ricorrente il compito di avviare un nuovo procedimento nello Stato di registrazione.
74. Per aggiungere la beffa al danno, il titolare del brevetto potrebbe non essere più in grado di farlo. Infatti, i termini di prescrizione applicabili alle domande per contraffazione nel frattempo potrebbero essere scaduti. In pratica, il titolare del brevetto verrebbe privato, senza alcuna colpa, di ogni possibilità di ricorso contro la violazione dei suoi diritti di proprietà intellettuale. Tale risultato sarebbe contrario all’articolo 17, paragrafo 2, e all’articolo 47 della Carta nonché all’articolo 41, paragrafo 2, dell’accordo TRIPs.
75. Anche se fosse ancora possibile per il titolare del brevetto agire come descritto, in caso di violazione «in più stati» di un brevetto europeo, egli sarebbe tenuto ad avviare un procedimento per contraffazione in tutti gli Stati interessati per ottenere un rimedio completo.(64) Non sarebbe possibile riunire le azioni dinanzi ad un unico foro. Diversi giudici potrebbero essere coinvolti in quella che è essenzialmente la stessa controversia, aumentando il rischio di decisioni contrastanti di cui al precedente paragrafo 54.
76. Infine, contrariamente a quanto sostiene l’Electrolux, la lettura «estensiva» della sentenza GAT va al di là di quanto «richiesto» dall’obiettivo specifico dell’articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis, vale a dire, come spiegato ai precedenti paragrafi 60 e 61, garantire che sia rispettata la sovranità dello Stato di registrazione. Anche se inteso in senso lato, tale obiettivo potrebbe solo «richiedere», nel caso in cui un'eccezione di invalidità sia sollevata nell'ambito di un procedimento per contraffazione, che i giudici di tale Stato abbiano competenza esclusiva a giudicare la questione della validità e non quella della contraffazione.
b) La lettura «restrittiva» della sentenza GAT è il «male minore»
77. La lettura «restrittiva» della sentenza GAT consegue risultati significativamente migliori su tutti gli aspetti sopra discussi. Resta il principio che le norme generali del regolamento Bruxelles I bis disciplinano i procedimenti per contraffazione. Pertanto, la competenza giurisdizionale è prevedibile e certa per il titolare del brevetto. Se si agisce al di fuori dello Stato di registrazione e il presunto contraffattore solleva un'eccezione di invalidità, i giudici aditi non perdono la competenza a conoscere dell'azione. Questi giudici «semplicemente» non possono pronunciarsi sulla validità del brevetto o dei brevetti in questione, che, in base alla norma eccezionale di cui all'articolo 24, punto 4, di detto regolamento può essere determinata solo dai giudici (65) dello Stato di registrazione. Inoltre, in caso di contraffazione in più Stati di un brevetto europeo, tale lettura consente il parziale raggruppamento delle azioni dinanzi a un unico foro. Solo la validità del brevetto, se contestata, dovrà essere determinata nei vari Stati per i quali è stata concessa.
78. Come osserva la Commissione, questa lettura della sentenza GAT implica che la Corte ha ammesso una deroga al principio, previsto dal regime di Bruxelles, secondo cui la competenza a conoscere di un'azione si estende ad ogni eventuale mezzo di difesa (v. precedente paragrafo 43). Ciò precisato, una deroga di questo tipo, sebbene unica nell’ambito del suddetto regime, non è del tutto inedita. In effetti, deroghe analoghe figurano nelle norme sulla competenza territoriale dello Stato membro per determinate materie soggette alla competenza esclusiva ai sensi del diritto nazionale.(66)
79. In termini pratici, ne consegue che, quando un procedimento per contraffazione relativo a un brevetto registrato in uno Stato membro è pendente dinanzi ai giudici di un altro Stato membro e il presunto contraffattore solleva un'eccezione di invalidità, poiché tali giudici non possono né giudicare la questione della validità, né (in base al regolamento Bruxelles I bis) sottoporre una questione interlocutoria in materia alle autorità dello Stato di registrazione, spetta al presunto contraffattore intentare un procedimento di invalidità dinanzi a tali autorità (se non l'ha già fatto) affinché queste decidano in merito. (67)
80. L’Electrolux obietta, non senza fondamento, che il «frazionamento» delle questioni di contraffazione e di validità in due procedimenti distinti avviati in Stati membri diversi è discutibile in termini di amministrazione della giustizia. Infatti,, tali questioni sono strettamente correlate. (68) Come spiegato al precedente paragrafo 44, in linea di principio, la questione preliminare della validità del brevetto deve essere risolta al fine di statuire sulla questione principale della contraffazione. In aggiunta, oltre al fatto che la legislazione dello Stato di registrazione si applica a entrambe le questioni, esse dipendono essenzialmente dallo stesso elemento, ossia l’interpretazione delle rivendicazioni del brevetto.(69)
81. Ciò nondimeno, a mio avviso, anche se non è sempre ideale da un punto di vista pratico che le questioni di validità e di contraffazione siano decise da giudici e/o autorità diverse, (70) ciò non è nemmeno impossibile. In effetti, a livello nazionale, diversi Stati membri, come ad esempio la Svezia, (71) hanno adottato un «sistema a biforcazione» per dirimere le controversie in materia di brevetti, in base al quale tali questioni vengono risolte da giudici diversi in procedimenti separati e specifici. (72)
82. Se è vero che validità e contraffazione devono essere «scisse» in questo modo, non ne consegue, come sostiene l’Electrolux, che, quando un'eccezione di invalidità viene sollevata in un procedimento per contraffazione, il giudice adito in tale procedimento dovrebbe, o addirittura potrebbe, sistematicamente ignorare tale mezzo di difesa, presumere la validità del brevetto ed emettere una decisione definitiva sulla questione della contraffazione, indipendentemente dal procedimento di invalidità eventualmente pendente in parallelo in un altro Stato membro.
83. Infatti, come sostengono la BSH e la Commissione, l’articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis non può essere interpretato in questo modo. In caso contrario, un presunto contraffattore sarebbe completamente privato di uno degli scudi più efficaci contro le azioni per contraffazione fasulle. Ciò costituirebbe una limitazione inaccettabile del suo diritto di difesa, che è garantito, tra l'altro, dall'articolo 47 della Carta e che il regime di Bruxelles mira ad assicurare. (73)
84. Inoltre, in alcuni casi, ciò potrebbe portare a sentenze inconciliabili. Infatti, mentre da un lato, i giudici incaricati del procedimento per contraffazione potrebbero riconoscere la contraffazione, dall'altro, le autorità dello Stato di registrazione potrebbero successivamente dichiarare l’invalidità del brevetto. Queste ultime potrebbero anche confermare la validità del brevetto, ma in base a un'interpretazione restrittiva delle sue rivendicazioni (che di norma escluderebbe l'accertamento della contraffazione), mentre i giudici incaricati del procedimento di contraffazione potrebbero riconoscere la contraffazione in base a un'interpretazione estensiva delle rivendicazioni del brevetto (che avrebbe portato il giudice della validità a dichiarare l’invalidità del brevetto). (74)
85. Come spiegherò meglio nella prossima sezione, vi sono circostanze in cui i giudici incaricati del procedimento per contraffazione hanno il diritto di presumere la validità del brevetto e di decidere di conseguenza, indipendentemente da un'eccezione di invalidità. Tuttavia, in altre circostanze, il rispetto dei diritti della difesa imporrà a tali giudici di attendere che la validità del brevetto sia stata accertata dalle autorità dello Stato di registrazione prima di emettere una decisione definitiva e concorde sulla contraffazione. (75)
86. Pertanto, talvolta sarà necessario adottare misure di gestione della causa e/o procedurali per garantire il coordinamento dei procedimenti di contraffazione e di invalidità. A questo proposito, l’Electrolux osserva che né il regolamento Bruxelles I bis, né il diritto dell'Unione in generale, prevedono una soluzione in tal senso. In particolare, l'articolo 30, paragrafo 1 del citato regolamento potrebbe consentire ai giudici incaricati del procedimento per contraffazione di sospendere il procedimento fino a quando le autorità dello Stato di registrazione non si siano pronunciate sulla validità del brevetto, ma solo se queste ultime sono state adite per prime. Tale disposizione non prevede alcun rimedio in caso di successivi procedimenti di invalidità. Tuttavia, come sostengono la BSH e la Commissione, fino a quando il legislatore dell'Unione non avrà emanato disposizioni in tal senso, (76) i giudici investiti del procedimento per la contraffazione potranno, e talvolta dovranno, applicare le soluzioni previste dal proprio diritto processuale (lex fori).
87. L’Electrolux ribatte che un tale ricorso al diritto processuale nazionale mette a rischio l'uniformità di trattamento delle cause e dei contendenti negli Stati membri, in quanto i diversi giudici possono disporre di poteri diversi o applicarli in modo diverso. Tuttavia, a mio avviso, questo è un altro inevitabile aspetto negativo della sentenza GAT. Inoltre, la questione non è lasciata interamente al diritto nazionale. Come spiegherò meglio nella prossima sezione, il diritto dell'Unione inquadra in modo significativo quest'ultimo aspetto, garantendo un sufficiente grado di uniformità.
88. Infine, si sostiene spesso che nemmeno la lettura «restrittiva» della sentenza GAT sia ideale per l'effettiva applicazione dei brevetti. Il «frazionamento» delle questioni relative alla validità e alla contraffazione in due procedimenti aumenta i costi e gli inconvenienti per le parti. La necessità per i giudici incaricati della procedura per contraffazione, in alcune circostanze, di attendere una risposta sulla validità da parte delle autorità dello Stato di registrazione potrebbe potenzialmente ritardare tale procedura, mentre per il titolare del brevetto è solitamente una questione di urgenza che tale contraffazione venga sanzionata e vietata. (77) Inoltre, potrebbe incentivare i presunti contraffattori a sollevare mezzi di difesa «siluro» o a ritardare la presentazione e lo svolgimento dell'azione di invalidità, al fine di paralizzare il procedimento per contraffazione. Pur essendo in linea di massima d'accordo con queste obiezioni (come risulta dalla sezione 1), resta il fatto che, tra i due possibili approcci lasciati sul tavolo dopo la sentenza GAT, questo è il «male minore». Inoltre, i problemi sopra descritti possono essere limitati con misure pragmatiche, come discusso di seguito.
c) Indicazioni pratiche per i giudici nazionali
89. Nel corso dell'udienza, su invito della Corte, gli intervenienti hanno discusso su come i giudici al di fuori dello Stato di registrazione dovrebbero agire quando nella trattazione di un procedimento per contraffazione viene sollevata un’eccezione di invalidità. Sebbene, come discusso in precedenza, questo aspetto rientri per lo più nelle norme procedurali di tali autorità giurisdizionali, la Corte è, a mio avviso, competente a stabilire linee guida al riguardo. Ricordo infatti che, secondo una giurisprudenza consolidata, tali norme procedurali non possono pregiudicare l’efficacia (effet utile) del regolamento Bruxelles I bis e devono essere applicate di conseguenza. (78) I principi sanciti dall'accordo TRIPs e dalla direttiva 2004/48 nonché, per quanto riguarda il titolare del brevetto, il diritto a una tutela effettiva e, per quanto riguarda il presunto contraffattore, i diritti di difesa, entrambi tutelati dall'articolo 47 della Carta, inquadrano anche il diritto nazionale in materia.
90. Quando un'eccezione di invalidità è stata (ritualmente) (79) sollevata dal presunto contraffattore, una soluzione, spesso avanzata in dottrina e discussa davanti alla Corte, consisterebbe nel fatto che i giudici investiti del procedimento per contraffazione – qualora le norme procedurali da essi applicabili diano loro la facoltà di farlo (il che, presumo, è di solito il caso) –(80) sospendano il procedimento fino a quando la validità del brevetto in questione non sia stata stabilita dalle autorità dello Stato di registrazione. (81)
91. Sebbene questa sia effettivamente una soluzione, concordo con la BSH sul fatto che tali giudici non dovrebbero concedere automaticamente una sospensione. Essi devono, infatti, valutare attentamente la questione prima di procedere in tal senso, a causa dei ritardi (potenzialmente significativi) che una tale misura inevitabilmente può comportare per la definizione del procedimento per contraffazione. Una sospensione dovrebbe essere concessa solo se, ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2004/48 e dell'articolo 41 dell'accordo TRIPs, è proporzionata e i ritardi sono «giustificati». Ai giudici interessati deve quindi essere riconosciuto il potere discrezionale di bilanciare, da un lato, le esigenze di efficienza della procedura e il diritto a una tutela effettiva del titolare del brevetto e, dall'altro, la buona amministrazione della giustizia e i diritti di difesa del presunto contraffattore.
92. Nello specifico, come sostengono la BSH e la Commissione, i giudici investiti del procedimento per contraffazione dovrebbero valutare innanzitutto la fondatezza della contestazione di invalidità. A mio avviso, l'articolo 24, punto 4 del regolamento Bruxelles I bis non vieta loro di farsi un'idea preliminare su come le autorità dello Stato di registrazione decideranno la questione. (82) A questo proposito, tali giudici dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di concedere una sospensione solo se tale contestazione ha un'effettiva prospettiva di successo. Infatti, poiché i brevetti vengono concessi dopo che gli uffici brevetti hanno effettuato un controllo preventivo del requisito di brevettabilità, essi beneficiano di una presunzione di validità. Pertanto, i motivi addotti dal presunto contraffattore devono sembrare, prima facie, sufficientemente solidi da mettere in discussione tale presunzione. In caso contrario, i giudici interessati possono presumere che il brevetto sia valido e decidere di conseguenza sulla contraffazione. Sarebbe inoltre poco sensato, alla luce dell'efficienza della procedura e del diritto a una tutela effettiva del titolare del brevetto, ritardare il procedimento per contraffazione in caso di eccezioni di invalidità futili. Non vi è poi alcun rischio (o, almeno, un rischio trascurabile) di decisioni contrastanti, poiché non vi è alcuna (ragionevole) possibilità che le autorità dello Stato di registrazione dichiarino successivamente l’invalidità del brevetto. (83) Una valutazione di questo tipo limita anche la possibilità che i contraffattori sollevino eccezioni pretestuose come tattica dilatoria. (84)
93. Quando l'eccezione di invalidità appare fondata, i giudici incaricati del procedimento per contraffazione dovrebbero concedere una sospensione. In effetti, in tali circostanze, i diritti della difesa di norma lo richiederebbero. (85) Come anche la buona amministrazione della giustizia, in quanto il rischio di decisioni contrastanti discusso in precedenza sarebbe significativo. Tuttavia, come sostiene la Commissione, per garantire l'efficienza del procedimento e per evitare, ancora una volta, tattiche dilatorie da parte del presunto contraffattore, tali giudici dovrebbero fissare un termine entro il quale quest'ultimo deve avviare un'azione di invalidità nello Stato di registrazione (se non l'ha già fatto). In caso contrario, i giudici stessi dovrebbero revocare la sospensione, presumere la validità del brevetto e pronunciarsi sulla contraffazione. Nel caso in cui abbiano concesso una tale sospensione, i giudici che l’hanno decisa dovrebbero seguire l'andamento del procedimento di invalidità e valutare di conseguenza se mantenere o revocare la sospensione.
94. Infine, durante il periodo di sospensione, nulla impedisce ai giudici investiti del procedimento per contraffazione di adottare misure provvisorie, anche di tipo cautelare, come un'ingiunzione interlocutoria che vieti la prosecuzione degli atti che integrino potenzialmente una contraffazione (anche in questo caso, a seconda della fondatezza della contestazione della validità). (86) Infatti, tale possibilità è stata espressamente preservata dalla Corte nella sentenza Solvay, (87) e dovrebbe essere utilizzata laddove sia proporzionata a salvaguardare i diritti del titolare del brevetto.
B. L’«effetto riflesso» dell’articolo 24, punto 4 (terza questione)
95. Dalla sezione A delle presenti conclusioni emerge che, sebbene i giudici svedesi siano competenti, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, a conoscere del procedimento per contraffazione avviato dalla BSH, essi non possono giudicare la validità di parti del brevetto europeo asseritamente violate. Ai sensi dell'articolo 24, punto 4, di detto regolamento i giudici dei vari Stati membri in cui tali parti sono state convalidate sono esclusivamente competenti a decidere su tale questione.
96. Ciò posto, dato che il ricorso della BSH si basa anche sulla parte di tale brevetto europeo convalidata in Turchia e che l’Electrolux contesta, il giudice del rinvio si chiede, con la sua terza questione, se l’articolo 24, punto 4, di tale regolamento sia «applicabile a un giudice di uno [Stato] terzo», vale a dire se, nel procedimento principale, esso «conferisca competenza esclusiva» ai giudici turchi su tale questione.
97. Presa alla lettera, questa questione richiama una risposta ovvia. In quanto parte del diritto dell'Unione, il regolamento Bruxelles I bis vincola gli Stati membri. Determina la competenza delle loro autorità giudiziarie. Tale strumento non può assolutamente conferire alcun tipo di competenza ai giudici di Stati terzi. L'Unione non ha alcuna competenza al riguardo. La competenza dei giudici di Stati terzi dipende dalle loro norme di diritto internazionale privato.
98. Tuttavia, per fornire una risposta utile al giudice del rinvio, la Corte non può limitarsi a questa ovvia constatazione. Se letta nel contesto del procedimento principale, è chiaro che la terza questione riguarda, in sostanza, non l'effetto positivo di attribuzione della competenza dell'articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis, bensì il suo effetto negativo di privazione della competenza. Ciò che è realmente in discussione è se tale disposizione privi i giudici degli Stati membri del potere di giudicare la validità dei brevetti di Stati terzi, allo stesso modo in cui essi ne sono privi per quanto riguarda i brevetti registrati in altri Stati membri.
99. Come osserva il governo francese, così intesa, la questione solleva un problema trasversale, la cui rilevanza va ben oltre l'ambito della presente causa. Infatti, essa può sorgere in relazione ad una qualsiasi delle materie per le quali l'articolo 24 del regolamento Bruxelles I bis prevede una norma di competenza esclusiva. Ad esempio, cosa succede se i giudici degli Stati membri sono investiti di una domanda relativa alla validità dei diritti reali su un bene immobile (questione affrontata nell'articolo 24, punto 1), ma tale bene si trova in Cina? Lo stesso problema può sorgere anche in relazione agli accordi di scelta esclusiva del foro. Quando un accordo di questo tipo designa i giudici di uno Stato membro, un'altra disposizione di tale regolamento, ossia l'articolo 25, priva di competenza tutti gli altri giudici. Tuttavia, cosa succede se i giudici di uno Stato membro sono aditi nonostante un accordo analogo a favore dei giudici di uno Stato terzo?
100. La risposta a questa questione, di contro, è molto oscura. Infatti, ha generato un notevole dibattito in dottrina e dinanzi ai giudici nazionali. Finora la Corte non ha fornito una risposta chiara ed esaustiva. Come spiegherò in dettaglio nelle prossime sezioni, la complessità della questione deriva dal fatto che, per quanto riguarda il suo ambito di applicazione territoriale, il regime di Bruxelles soffre di quello che definirei un «vizio di progettazione» (1), che richiede una riflessione più approfondita sul modo migliore per «colmare le lacune» di tale regime rispetto a siffatti scenari (2).
1. Il «vizio di progettazione» del regime di Bruxelles
101. Il «vizio di progettazione» di cui sopra è il risultato di un paradosso. Da un lato, è chiaro che l'ambito di applicazione territoriale del regolamento Bruxelles I bis si estende alle controversie che hanno connessioni forti con Stati terzi. In effetti, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, interpretato alla luce della fondamentale sentenza Owusu,(88) detto regolamento è applicabile, ratione loci, a qualsiasi controversia transfrontaliera in cui il convenuto sia, come l’Electrolux nella fattispecie in esame, domiciliato in uno Stato membro; non si tratta solo di controversie «intra-UE». Rientrano in tale ambito di applicazione anche le controversie che, al di là della sede della parte processuale, sono collegate a Stati terzi, anche quando l'oggetto è strettamente connesso a tale Stato o esiste un accordo di scelta del foro a favore di giudici di Stati terzi.(89) In linea di principio, la questione è esclusa dall'ambito di applicazione di tale regolamento, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, solo nel caso in cui il convenuto non sia domiciliato nell'Unione.
102. D'altra parte, il regime di Bruxelles non è stato in realtà progettato per le controversie legate a Stati terzi. Tale regime è stato prevalentemente redatto tenendo conto delle controversie «intra-UE». Gli articoli 24 e 25 del regolamento Bruxelles I bis lo dimostrano chiaramente. La formulazione della prima disposizione limita il suo ambito di applicazione alle controversie il cui oggetto è strettamente legato ad uno «Stato membro». La seconda si riferisce agli accordi di scelta del foro solo per quanto riguarda «i giudici di uno Stato membro». Lo scenario di controversie aventi collegamenti simili con Stati terzi non è stato previsto al momento dell'elaborazione di tali norme. Di conseguenza, tale regime è generalmente silente sull'eventuale effetto che tali collegamenti con Stati terzi dovrebbero avere sulla competenza dei giudici degli Stati membri.(90)
2. «Colmare le lacune» del regime di Bruxelles
103. Quando un giudice di uno Stato membro è investito di una controversia che, da un lato, coinvolge un convenuto dell'Unione, ma, dall'altro, presenta un forte collegamento con uno Stato terzo (perché riguarda un oggetto strettamente connesso a tale Stato o perché è oggetto di un accordo di scelta del foro esclusivo a favore dei suoi giudici), il silenzio generale del regolamento Bruxelles I bis in materia lascia aperta la questione di come tale giudice debba procedere. Dalla dottrina e dal dibattito che si è svolto davanti alla Corte nella presente causa si possono trarre tre possibili risposte.
104. Ad un estremo si colloca una prima risposta, non sostenuta da alcun interveniente dinanzi alla Corte, secondo la quale in tale ipotesi si applicherebbero, per analogia, l'articolo 24 o l'articolo 25 del regolamento Bruxelles I bis. Di conseguenza, ai sensi della disposizione applicabile, un giudice di uno Stato membro non sarebbe competente per trattare una simile controversia e dovrebbe porre fine al procedimento.
105. All'estremo opposto si trova una seconda risposta, sostenuta dalla BSH, dal governo francese (a malincuore) (91) e dalla Commissione, secondo la quale si applicherebbero invece le norme generali di detto regolamento. Di conseguenza, tra l'altro, i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato sarebbero competenti ai sensi dell'articolo 4, punto 1 del regolamento Bruxelles I bis. Inoltre, essi sarebbero tenuti a esercitarla e, quindi, a decidere il caso, salvo in alcune limitate circostanze.
106. Nel mezzo si trova una terza risposta, che l’Electrolux sostiene. Corrisponde alla teoria dell'«effetto riflesso» (effet réflexe) sviluppata molti anni fà da Droz.(92) Un modo riduttivo di descriverla è dire che sebbene il giudice di uno Stato membro possa avere competenza, ai sensi del regolamento, a conoscere di una controversia che presenti tali collegamenti con uno Stato terzo, esso può rifiutarsi di esercitarla, qualora ciò «rifletta» il sistema ivi vigente.
107. A mio avviso, le due risposte estreme devono essere respinte e occorre invece aderire a quella intermedia. In effetti, come spiegherò nelle sezioni seguenti, poiché in tali circostanze non possono applicarsi gli articoli 24 e 25 (a), sono invece applicabili le norme generali del regolamento (b); tuttavia, un giudice di uno Stato membro non può essere tenuto ad esercitare la competenza che deriva da tali norme in determinate situazioni (c). Chiarirò poi le condizioni in cui può legittimamente declinare la propria competenza (d).
a) Gli articoli 24 e 25 non possono essere applicati
108. Sebbene parte della dottrina suggerisca il contrario, (93) è chiaro, a mio avviso, che gli articoli 24 e 25 del Regolamento Bruxelles I bis non possono applicarsi, in quanto tali, alle controversie che presentano collegamenti del tipo ivi previsto con Stati terzi.
109. Una simile interpretazione sarebbe in diretto contrasto con la formulazione esplicita di questi due articoli, che, come indicato in precedenza, si limitano alle controversie il cui oggetto è strettamente connesso a uno «Stato membro» e agli accordi di scelta del foro che designano i giudici di uno «Stato membro».(94) Inoltre, estendere la portata di tali disposizioni al di là dei loro chiari termini, attraverso un ragionamento analogico, a scenari simili che coinvolgono Stati terzi, sarebbe incompatibile con il principio di interpretazione restrittiva delle eccezioni, come sostengono la BSH, il governo francese e la Commissione. Oltretutto, la Corte si è già rifiutata di farlo. Nella sentenza IRnova, la Corte ha stabilito che, poiché l'articolo 24, punto 4, del regolamento Bruxelles I bis «non contempla» le controversie relative alla validità dei brevetti di Stati terzi, «tale disposizione non può essere considerata applicabile» in una situazione del genere (questo ragionamento è trasponibile a tutte le disposizioni dell'articolo 24).(95) Analogamente, nella sentenza Coreck Maritime, (96) la Corte ha ritenuto, rispetto alla norma equivalente all’articolo 25 prevista dalla Convenzione di Bruxelles, che «come chiarisce la stessa formulazione (...) dell'articolo 17(...)», esso «non si applica agli [accordi di scelta del foro] che designano un giudice in un paese terzo».
110. Inoltre, come osserva il governo francese, il sistema istituito dagli articoli 24 e 25 del regolamento Bruxelles I bis, in base al quale i giudici degli Stati membri sono obbligati a cedere la competenza in favore dei giudici designati da tali disposizioni, ha senso solo per le controversie «intra-EU». In tali circostanze, ai sensi di tale regolamento, se un giudice non è competente, lo è un altro. Ciò non avviene per le controversie «esterne». Come ho già evidenziato, la competenza dei giudici degli Stati terzi dipende dalle loro norme di diritto internazionale privato. Sebbene tali giudici si ritengano solitamente competenti quando la questione controversa è strettamente correlata al loro territorio, o se scelti in base ad un accordo di scelta del foro, potrebbe non essere sempre così. Se i giudici degli Stati membri fossero privati della competenza in una tale situazione, si verificherebbe un diniego di giustizia. Inoltre, l'obbligo stringente, quasi automatico, per i giudici dello Stato membro, di rimettere le controversie ad altri giudici ai sensi degli articoli 24 e 25 è giustificato dalla «fiducia reciproca» che tali Stati accordano alle rispettive istituzioni giudiziarie.(97) Questa «fiducia» non si estende agli Stati terzi. Non si può presumere che le parti processuali godano di un processo equo in tale Stato. In alcuni casi può persino essere escluso.
b) Le norme generali del regolamento trovano invece applicazione
111. Come sostengono la BSH, l’Electrolux, il governo francese e la Commissione, poiché gli articoli 24 e 25 del Regolamento Bruxelles I bis non sono applicabili alle controversie che presentano collegamenti del tipo ivi previsto con Stati terzi, la logica conseguenza, nel sistema istituito da tale regolamento, è che si applicano invece le norme generali di tale regolamento. Ne consegue che, tra l'altro, i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato sono competenti a conoscere di tale controversia, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1 del regolamento.
112. Questa lettura sistematica è supportata da diverse relazioni ufficiali che accompagnano gli strumenti di Bruxelles. (98)Corte (in seduta plenaria) nel parere 1/03 (Nuova Convenzione di Lugano). (99) Ai fini che attualmente rilevano, è sufficiente ricordare che tale decisione riguardava la competenza esclusiva dell'Unione a concludere la Convenzione di Lugano II, che dipendeva, a sua volta, dalla questione se quest'ultima «incidesse» sul regime di Bruxelles. (100) La Corte ha ritenuto di sì. Ha spiegato che, per quanto riguarda le controversie che coinvolgono un convenuto domiciliato in uno Stato membro, ma che hanno uno stretto legame con uno Stato terzo parte di tale convenzione, o che sono coperte da un accordo di scelta del foro a favore dei suoi giudici, la futura convenzione conferirà la competenza esclusiva allo Stato terzo, (101)mentre, in base al regolamento, sarebbero stati competenti i giudici dello Stato membro.(102)
c) I giudici degli Stati membri non possono essere obbligati ad esercitare la competenza giurisdizionale che ad essi deriva dalle norme generali del regolamento
113. Mentre, in particolare, i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato sono competenti per le controversie aventi determinati legami con Stati terzi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis, io non sono d’accordo con il parere sostenuto dalla BSH, dal governo francese e dalla Commissione, secondo cui tali giudici sono tenuti ad esercitare tale competenza, salvo in una serie ristretta di circostanze. A mio avviso, un approccio di questo tipo non è richiesto né dalla lettera di tale regolamento né dalla relativa giurisprudenza (1), e non è neppure conforme agli obiettivi del regime di Bruxelles (2). Il fatto che gli accordi internazionali possano, in alcune situazioni, porre rimedio alle difficoltà che tale interpretazione genererebbe non giustifica l'avallo di tale approccio (3), come anche non lo giustifica l’asserito intento del legislatore dell'Unione (4).
1) I termini del regolamento e la relativa giurisprudenza
114. L'argomentazione principale addotta dalla BSH, dal governo francese e dalla Commissione si basa sul testo del regolamento Bruxelles I bis. A loro avviso, dai termini dell'articolo 4, paragrafo 1 («A norma del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di uno Stato membro sono convenute (…) davanti alle autorità giurisdizionali di tale Stato membro») risulta che, in linea di principio, la competenza giurisdizionale ai sensi di tale disposizione è obbligatoria. Ciò significa che, quando i giudici di tale Stato sono aditi, essi sono in via generale tenuti a conoscere e decidere la controversia. Inoltre, nella sentenza Owusu, la Corte ha assunto, rispetto alla disposizione equivalente della convenzione di Bruxelles (articolo 2), la posizione rigorosa secondo cui «non si può derogare al principio da essa stabilito se non nei casi espressamente previsti» dal regime di Bruxelles. (103) In predetta causa, i giudici del Regno Unito (all'epoca uno Stato membro) erano stati investiti di una controversia contro, tra l'altro, un convenuto domiciliato in tale Stato, relativamente a un illecito verificatosi in Giamaica. La prima questione sollevata da tali giudici era se fossero autorizzati a dichiarare la propria incompetenza in favore dei giudici della Giamaica, in virtù della dottrina di common law del forum non conveniens.(104)La Corte ha risposto negativamente, in quanto il regime di Bruxelles non prevede tale eccezione. (105)
115. Per detti intervenienti, poiché il regolamento Bruxelles I bis non prevede espressamente eccezioni per le controversie il cui oggetto è strettamente connesso a Stati terzi o rientrante in un accordo di scelta del foro a favore di giudici di Stati terzi, ne consegue che i giudici dello Stato membro, quando sono investiti di una tale controversia per la quale sono competenti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, sono tenuti a trattare e decidere la causa. Essi potrebbero dichiarare la propria incompetenza solo nelle circostanze specifiche previste da alcune norme aggiunte dal legislatore dell'Unione con l'adozione del regolamento Bruxelles I bis, precisamente gli articoli 33 e 34, ossia in caso di procedimenti concomitanti dinanzi ad autorità giurisdizionali di uno Stato terzo, e solo se la controversia era già pendente dinanzi a queste ultime quando i giudici dello Stato membro sono stati aditi. (106)
116. Si tratta, a mio avviso, di un ragionamento semplicistico.
117. In primo luogo, dedurre, dalla mera assenza di disposizioni dedicate alle controversie aventi uno stretto collegamento con Stati terzi nel regolamento Bruxelles I bis, che i giudici degli Stati membri sono generalmente tenuti a ignorare tali collegamenti e a decidere tali controversie, è una logica errata. Infatti, non considera adeguatamente che, come indicato al paragrafo 102, tale strumento non è stato concepito tenendo conto di tali controversie. Questo fatto spiega il silenzio generale del testo sulla questione e il motivo per cui, a mio avviso, da esso non si possa trarre alcuna conseguenza positiva.(107)
118. In secondo luogo, non si può nemmeno ragionevolmente dedurre, dal semplice fatto che gli articoli 33 e 34 del regolamento Bruxelles I bis consentano ora espressamente ai giudici degli Stati membri di dichiarare la propria incompetenza, tra l'altro, su tali controversie in presenza di un procedimento concomitante pendente davanti ai giudici di uno Stato terzo, che tale possibilità sia esclusa in tutte le altre ipotesi. Anche in questo caso, il testo del regolamento tace sulla questione. Infatti, nulla nella formulazione di tali disposizioni o nei relativi considerando indica che esse intendano disciplinare in modo esaustivo la possibilità per i giudici degli Stati membri di dichiarare la propria incompetenza a favore dei giudici di Stati terzi. (108)
119. In terzo luogo, la sentenza Owusu, di fatto, non fornisce un’autorizzazione per l'interpretazione letterale suggerita dalla BSH, dal governo francese e dalla Commissione. Certo, la Corte ha formulato senza riserve la propria affermazione in merito al fatto che le sole deroghe possibili all’effetto vincolante dell’(attuale) articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis sono quelle espressamente previste in tale regolamento. Allo stesso tempo, però, si è rifiutata di rispondere alla seconda questione del giudice del rinvio, che riguardava, nello specifico, se i giudici degli Stati membri siano tenuti a esercitare la propria competenza anche quando sono investiti di controversie in cui la materia del contendere ha stretti legami con Stati terzi, o nonostante accordi di scelta del foro che designano giudici di Stati terzi, poiché tali situazioni non erano in discussione nella causa principale. Chiaramente, se quanto dichiarato fosse stato inteso come riferito anche a dette situazioni, la Corte avrebbe risposto ad entrambe le questioni insieme. Invece, ha specificamente escluso simili situazioni dalla sua sentenza. (109)
120. Infine, almeno altre due decisioni della Corte, non discusse dagli intervenienti e pronunciate rispettivamente prima e dopo la sentenza Owusu, indicano (abbastanza chiaramente, a mio avviso) che i giudici degli Stati membri non sono, di fatto, tenuti a trattare e decidere le controversie che presentano tali stretti collegamenti con Stati terzi, nonostante l'assenza di disposizioni esplicite in tal senso nel regime di Bruxelles.
121. Nella sentenza Coreck Maritime, la Corte, dopo aver deciso che l'articolo 17 della convenzione di Bruxelles non è «applicabile» agli accordi relativi alla scelta del foro che designano giudici di Stati terzi, ha immediatamente precisato che, se viene adito, nonostante tale accordo, un giudice di uno Stato membro «deve (...) valutare la validità dell'[accordo] in base alla legge applicabile, comprese le norme sul conflitto di leggi, del luogo in cui ha sede». (110) L'implicazione logica di questo ragionamento è che, se tale giudice ritiene valido l'accordo, può darvi effetto e dichiarare la propria incompetenza in favore dei giudici designati.
122. Nella sentenza Mahamdia, la Corte ha ritenuto che i giudici di uno Stato membro, competenti per una controversia di lavoro in base alle norme di tutela (allora) previste in materia dal regolamento Bruxelles I, non potessero dare effetto a un accordo relativo alla scelta del foro che designava i giudici di uno Stato terzo. Tuttavia, cosa fondamentale, lo ha fatto in quanto l'accordo in questione non rispettava i limiti stabiliti dal regime di Bruxelles per quanto riguarda l'autonomia delle parti in materia di lavoro. (111) La logica implicazione è che, laddove tali limiti siano rispettati (v., ulteriormente, il successivo paragrafo150), i giudici degli Stati membri sono autorizzati a dare effetto agli accordi sulla giurisdizione a favore dei giudici degli Stati terzi. (112)
123. Anche se queste sentenze riguardavano accordi relativi alla scelta del foro, l'idea generale che ne emerge (ossia che i giudici degli Stati membri sono autorizzati, in determinate situazioni, a non esercitare la propria competenza giurisdizionale, anche in assenza di disposizioni esplicite in tal senso nel regime di Bruxelles) è, a mio avviso, trasponibile alle controversie il cui l’oggetto è strettamente connesso con Stati terzi.
2) L’interpretazione teleologica e coerente del regolamento
124. Per quanto riguarda i principi, mi sembra che, sebbene, come indicato in precedenza, non sarebbe auspicabile privare completamente i giudici degli Stati membri della competenza sulle controversie che presentano collegamenti del tipo di quello previsto dall'articolo 24 o dall'articolo 25 del regolamento Bruxelles I bis con Stati terzi, sarebbe però ingiustificabile obbligare tali giudici a pronunciarsi su di esse.
125. Anzitutto, una simile interpretazione sarebbe in contrasto con le ragioni stesse, legate a principi fondamentali, che stanno alla base degli articoli 24 e 25 del regolamento Bruxelles I bis.
126. La ragion d'essere della (maggior parte) delle norme sulla competenza esclusiva di cui all'articolo 24 del regolamento Bruxelles I bis è, ricordo, il riguardo dovuto a determinati diritti e interessi sovrani. Le controversie sui diritti reali immobiliari (articolo 24, punto 1 del regolamento) riguardano la tradizionale sovranità degli Stati di controllare il territorio all'interno dei propri confini. Quelle attinenti alla validità delle iscrizioni nei registri pubblici o dei brevetti (articolo 24, punti 3 e 4) mettono in discussione il funzionamento delle amministrazioni pubbliche interessate. Quelle relative all'esecuzione delle sentenze (articolo 24, punto 5) riguardano direttamente il diritto, riservato agli Stati, di esercitare il potere di esecuzione sul proprio territorio. Gli Stati non accetterebbero interferenze di giudici stranieri su tali questioni. Esse possono essere decise solo dai «loro» giudici. (113) Evidentemente, una tale politica è stata considerata così importante dal legislatore dell'Unione da prevedere l'applicazione dell'articolo 24 del regolamento Bruxelles I bis non appena sono in gioco i diritti e gli interessi sovrani di uno Stato membro, indipendentemente dal domicilio del convenuto. (114)
127. Di conseguenza, non vedo la logica dietro la tesi secondo cui ai giudici di uno Stato membro è vietato, da un lato, pronunciarsi sulla validità di un titolo di proprietà di un terreno situato in un altro Stato membro, o l'idoneità delle misure esecutive adottate dalle sue autorità (etc), mentre, dall'altro, gli stessi giudici sono generalmente incaricati di fare esattamente ciò quando si tratta di uno Stato terzo. L'idea che, nel procedimento principale, ai giudici svedesi sia vietato pronunciarsi sulla validità, ad esempio, della parte tedesca del brevetto europeo in questione, anche come mera questione preliminare, ma che essi sarebbero stati obbligati, se aditi a tal fine, a pronunciarsi sulla validità di quella turca, è sconcertante; gli stessi diritti e interessi sovrani sarebbero rispettati nel primo caso, ma completamente ignorati nell'altro. (115)
128. Una simile interpretazione del regolamento Bruxelles I bis sarebbe discutibile dal punto di vista del diritto internazionale pubblico. Sebbene la questione sia controversa, l'opinione maggioritaria è che il diritto internazionale stabilisca i confini della competenza giurisdizionale degli Stati in materia civile. (116) È vero, come sostiene la Commissione, che quando il convenuto in una controversia civile è domiciliato in uno Stato membro, tale legame con il territorio conferisce di solito a quest'ultimo, nel diritto pubblico internazionale, il diritto di giudicare sulla questione. Tuttavia, quando la controversia riguarda i diritti di un altro Stato, è la pretesa di competenza di quest’ultimo ad essere preminente. L'ubicazione del domicilio del convenuto difficilmente potrebbe giustificare l'ingerenza del primo Stato negli affari interni del secondo. Ciò potrebbe essere visto come una violazione del principio di uguaglianza sovrana. (117) Il regolamento Bruxelles I bis deve essere interpretato in modo coerente con tali principi fondamentali. (118) Il sistema previsto da tale regolamento non è isolato dal resto del mondo e non può invalidare completamente le pretese di competenza esclusiva degli Stati terzi.
129. Dal canto suo, l'articolo 25 del regolamento Bruxelles I bis riflette una politica a favore dell'autonomia delle parti. Il legislatore dell'Unione ha ritenuto auspicabile promuovere la capacità delle parti di un contratto di «scegliere il proprio giudice». (119) Risolvendo in anticipo la questione di quale o quali giudici decideranno le potenziali controversie derivanti dai contratti, gli accordi di scelta del foro aumentano la certezza del diritto e la prevedibilità del contenzioso, il che, a sua volta, favorisce il commercio internazionale (da cui il frequente ricorso a questo strumento da parte delle imprese). Anche in questo caso, il legislatore dell'Unione ha ritenuto tale politica così importante che, quando i giudici di uno Stato membro sono designati in un accordo di questo tipo, ha prescritto, in linea di principio, (120) a qualsiasi altro giudice di cedere la competenza ai giudici scelti dalle parti e all'articolo 25 di applicarsi indipendentemente dal domicilio del convenuto. (121)
130. Di conseguenza, ancora una volta, non riesco a vedere la logica dietro la tesi secondo cui i giudici degli Stati membri dovrebbero, da un lato, essere tenuti ad applicare gli accordi relativi alla scelta del foro a favore dei giudici di un altro Stato membro, ma, dall'altro, dovrebbero generalmente ignorare accordi simili che designano giudici di Stati terzi. Ciò confliggerebbe con la politica perseguita dal regime di Bruxelles. La volontà delle parti sarebbe rispettata nel primo caso e ignorata nell’altro. Se i giudici degli Stati membri fossero tenuti ad riconoscere la propria competenza giurisdizionale nonostante tali accordi, questi strumenti perderebbero la loro funzione di garantire la certezza del diritto. Ad esempio, una società con sede nell'Unione e una società con sede negli Stati Uniti non potrebbero raggiungere un compromesso vincolante a favore dei giudici di New York (Stati Uniti). La società statunitense potrebbe liberamente violare il proprio impegno citando in giudizio la società dell'Unione dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui tale società ha sede. Se aditi per primi, questi giudici si vedrebbero negata l'autorizzazione a far rispettare l'accordo in questione. (122)
131. Una tale interpretazione del regolamento Bruxelles I bis sarebbe, ancora una volta, contestabile dal punto di vista delle norme di rango superiore, ossia, questa volta, dei diritti fondamentali. Infatti, l'autonomia delle parti è un'espressione della libertà contrattuale, che è tutelata in base al diritto dell’Unione, tra l'altro, dall'articolo 16 della Carta. (123) Tale libertà implica che, in linea di principio, l'ordinamento giuridico di uno Stato dia attuazione alla volontà delle parti di un contratto. Se ai giudici degli Stati membri fosse vietato, secondo una visione estrema dell'«effetto vincolante» del regolamento Bruxelles I bis, di dare attuazione agli accordi relativi alla scelta del foro a favore di giudici di Stati terzi, ciò comporterebbe una grave e, a mio avviso, ingiustificata limitazione di tale libertà. (124) Di conseguenza, tale interpretazione non può essere condivisa dalla Corte. (125)
132. In secondo luogo, questa interpretazione sarebbe anche contraria agli obiettivi generali del regime di Bruxelles. In particolare, mi sembra che obbligare i giudici degli Stati membri, se competenti in base alle norme del regolamento Bruxelles I bis, a giudicare della validità dei titoli di proprietà di beni situati sul territorio di uno Stato terzo, o di brevetti di uno Stato terzo (e così via), o di controversie coperte da accordi relativi alla scelta del foro che designano giudici di uno Stato terzo, difficilmente contribuirebbe alla certezza del diritto che tale regolamento cerca di raggiungere in materia di competenza giurisdizionale.
133. Ciò è evidente, in particolare, per quanto riguarda gli accordi relativi alla scelta del foro. Le parti si aspettano che soltanto i giudici da loro scelti possano trattare e decidere della loro eventuale controversia. Il fatto che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro possano essere tenute a decidere nonostante tale accordo infrangerebbe queste aspettative.
134. Inoltre, come sostiene l'Electrolux, una tale soluzione difficilmente contribuirebbe alla buona amministrazione della giustizia. Infatti, mentre le decisioni eventualmente emesse, su tali controversie, dai giudici degli Stati membri sarebbero considerate valide nell'Unione, esse (proprio perché incidono su una materia di competenza sovrana o perché sono state emesse in violazione di un accordo relativo alla scelta del foro) verrebbero molto probabilmente ignorate negli Stati terzi in questione. (126) È evidente che una sentenza sulla validità di un titolo di proprietà o di un brevetto ha poco valore se non può essere eseguita nello Stato in cui si trova la proprietà o in cui è registrato il brevetto. Per quanto riguarda le sentenze pronunciate in violazione di un accordo relativo alla scelta del foro, anche se il ricorrente può trovare un qualche vantaggio strategico nell'intentare un'azione nello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato (poiché, di solito, i beni di quest'ultimo si trovano in tale Stato), siccome alla sentenza verrebbe negata efficacia nello Stato terzo inizialmente scelto, nulla impedirebbe che la stessa controversia venga ivi proposta dalla controparte in un nuovo giudizio. In aggiunta, in tutti questi scenari, i giudici degli Stati membri e quelli degli Stati terzi potrebbero emettere decisioni contrastanti sulla stessa controversia.
3) Le convenzioni internazionali non forniscono una risposta esauriente
135. Il governo francese e la Commissione osservano che, in assenza di disposizioni specifiche nel regolamento Bruxelles I bis, una soluzione alle obiezioni sopra esposte può essere trovata nelle convenzioni internazionali sulla giurisdizione in materia civile che vincolano l'Unione europea e i suoi membri. A determinate condizioni, (127) tali convenzioni prevalgono sul regime di Bruxelles. Quando esse risultano applicabili, infatti, la competenza dei giudici degli Stati membri è disciplinata dalle loro norme. I due strumenti principali (128) al riguardo sono la Convenzione di Lugano II e la Convenzione dell'Aia del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro. (129) Il primo contiene disposizioni equivalenti agli articoli 24 e 25 del regolamento Bruxelles I bis. Il secondo prevede l'esecuzione, da parte dei giudici degli Stati contraenti, degli accordi esclusivi di scelta del foro.
136. In effetti, queste convenzioni internazionali offrono una soluzione ideale alle questioni discusse sopra. Esse assicurano che i giudici degli Stati membri rispettino i diritti e gli interessi degli Stati terzi coinvolti, nonché quelli delle parti private che intendono affidare le loro controversie a giudici di determinati Stati terzi. Garantiscono inoltre la reciprocità da parte degli Stati interessati, nonché il riconoscimento e l'esecuzione, in tutti gli Stati contraenti, delle decisioni adottate dai giudici delle loro controparti.
137. Tuttavia, la soluzione in tal modo apportata è inevitabilmente (molto) parziale. Per loro natura, queste convenzioni prevalgono sul regime di Bruxelles solo nei casi in cui lo Stato terzo interessato dalla controversia, o i cui giudici sono stati designati da un accordo di scelta del foro, sia parte della convenzione in questione. (130) A questo proposito, ad esempio, la Convenzione di Lugano II vincola, oltre agli Stati membri, solo gli Stati dell'EFTA (Associazione europea di libero scambio) e la Confederazione svizzera. Non offre alcuna soluzione quando il brevetto in questione è, come in questo caso, registrato in Turchia. Analogamente, ad oggi solo pochi Stati terzi sono vincolati dalla Convenzione dell'Aia. (131) Pertanto, solo in alcune situazioni tali convenzioni forniscono una soluzione alle questioni discusse in precedenza.
138. Ovviamente, quanto più gli Stati terzi partecipano a tali convenzioni internazionali con l'Unione europea, in particolare alla Convenzione dell'Aia, tanto più tali convenzioni diventeranno rilevanti nelle controversie internazionali e contribuiranno alla certezza del settore. Tuttavia, pragmaticamente parlando, mai ogni Stato terzo del mondo, o nemmeno la maggior parte di essi, lo farà. Pertanto, le soluzioni multilaterali non soddisfano (nè lo faranno mai) la necessità di solide soluzioni unilaterali nel regime di Bruxelles. L'obbligo per i giudici degli Stati membri di decidere le controversie strettamente connesse a Stati terzi non è una di queste soluzioni.
4) Il presunto «chiaro intento» del legislatore dell’Unione
139. La BSH, il governo francese e la Commissione sostengono tuttavia, o almeno lasciano intendere, un «chiaro intento» del legislatore dell'Unione, al momento dell'adozione del regolamento Bruxelles I bis, a che i giudici degli Stati membri, se competenti ai sensi di tale strumento, fossero tenuti a conoscere delle controversie che presentano stretti legami con Stati terzi, salvo nei casi in cui si applicano gli articoli 33 e 34 di tale regolamento. Pur essendo ben consapevole delle carenze di tale soluzione, sopra elencate, e quindi insoddisfatto del risultato, il governo francese sostiene che non spetta alla Corte correggere la volontà del legislatore attraverso l'interpretazione.
140. Non posso che condividere l'idea generale che sta alla base di questa obiezione. Ciononostante, la ritengo inconferente nel caso di specie.
141. In primo luogo, al pari dell'avvocato generale Bobek nelle sue conclusioni nella causa BV, (132)ione sia, in linea di principio, determinante solo quando è chiaramente espresso nella legislazione adottata. Come spiegato, tra l'altro, al precedente paragrafo 118, non è questo il caso. Se la volontà del legislatore fosse stata quella illustrata dal governo francese e dalla Commissione, avrebbe avuto ampie possibilità di dichiararla, almeno in un apposito considerando del regolamento Bruxelles I bis.
142. In secondo luogo, per quanto riguarda ciò che è accaduto durante l’iter legislativo che ha portato all'adozione di tale regolamento, concordo con l'avvocato generale Bobek anche sul fatto che, in generale, la Corte dovrebbe evitare di intraprendere «uno scavo quasi archeologico» dei lavori preparatori di uno strumento e sentirsi vincolata da eventi, idee e intenzioni che ha (ri)scoperto in questo modo, soprattutto perché un tale esercizio di solito non rivela un quadro chiaro, ma complesso e sfocato. (133) Orbene, ciò sarebbe esattamente quanto avviene nella fattispecie.
143. Come sottolineano il governo francese e la Commissione, dai relativi lavori preparatori emerge chiaramente che il legislatore dell'Unione era consapevole della questione dell'applicazione del regime di Bruxelles alle situazioni «esterne».(134) Inoltre, mentre la proposta iniziale della Commissione conteneva soltanto una nuova disposizione sui procedimenti paralleli, proposte di includere norme che prevedessero la facoltà di dichiarare la propria incompetenza nei casi di materia del contendere strettamente connessa a uno Stato terzo, o di accordo di scelta del foro con designazione di giudici di uno Stato terzo, sono state avanzate in diversi momenti dell’iter legislativo, sia davanti al Parlamento europeo (135) che al Consiglio, in particolare dalle delegazioni francese e britannica.(136) Evidentemente, tali proposte sono state respinte dal legislatore, in quanto solo le norme sui procedimenti paralleli sono state recepite nel testo finale (trasposte negli articoli 33 e 34 del regolamento Bruxelles I bis).
144. Tuttavia, non bisogna trarre conclusioni affrettate. Nei documenti disponibili per il pubblico, vi sono poche spiegazioni (se non nessuna) sul motivo per cui il legislatore dell'Unione ha respinto tali proposte (137)giudici degli Stati membri in relazione alle controversie strettamente connesse a Stati terzi. In particolare, non ho trovato alcuna indicazione, né tanto meno una chiara dichiarazione, che il legislatore abbia voluto, non aggiungendo tali norme, negare la possibilità per i giudici degli Stati membri di dichiarare la propria incompetenza. In realtà, l'unico documento interno del Consiglio che sono riuscito a trovare e che discute nella sostanza le proposte dei governi francese e del Regno Unito è una nota della delegazione tedesca, che indica il contrario. La delegazione tedesca si dichiara contraria a tali proposte, soprattutto per il fatto che «il regolamento Bruxelles I non disciplina in modo definitivo la competenza internazionale dei giudici degli Stati membri nei confronti dei giudici di Stati terzi» e che, di conseguenza, si dovrebbe, in particolare, «continuare a lasciare al diritto nazionale degli Stati membri il compito di disciplinare autonomamente gli effetti di un accordo che attribuisce la competenza ai giudici di uno Stato terzo». (138) Questa spiegazione riecheggia la sentenza nella causa Coreck Maritime, discussa al precedente paragrafo 121. (139)
145. Inoltre, il rifiuto del legislatore di aggiungere tali norme, ad eccezione degli articoli 33 e 34 del regolamento Bruxelles I bis, deve, a mio avviso, essere considerato all’interno del suo contesto. Ricordo che l'intento originario della Commissione, attraverso la sua proposta legislativa, era quello di procedere ad una completa «internazionalizzazione» del regime di Bruxelles, estendendolo ai convenuti domiciliati in Stati terzi. (140) Tuttavia, il legislatore respinse la proposta, tra l'altro a causa dell'impatto che una tale estensione potrebbe avere sulle relazioni dell'Unione europea con i suoi partner internazionali e delle difficoltà che i contendenti dovrebbero affrontare per ottenere il riconoscimento all’estero delle decisioni emesse dai giudici degli Stati membri. In tale contesto, sembra che il legislatore non abbia inteso introdurre una soluzione integrale alle questioni relative alle controversie strettamente connesse a Stati terzi. Piuttosto, si è voluto affrontare la questione a minima, disciplinando soltanto i procedimenti paralleli e lasciando il resto al diritto nazionale (per ora). (141)
146. Infine, ed in ogni caso, non credo che il legislatore dell'Unione abbia mai avuto il potere di obbligare i giudici di uno Stato membro a pronunciarsi su questioni che interferiscono con i diritti e gli interessi sovrani di Stati terzi, o di imporre agli stessi giudici in generale di respingere gli accordi relativi alla scelta del foro che designano un tale Stato. Evidentemente, il diritto internazionale pubblico e l'articolo 16 della Carta, in quanto norme di rango superiore, inquadrano la discrezionalità del legislatore nell'adottare uno strumento di diritto derivato dell'Unione come il regolamento Bruxelles I bis. Ho spiegato, ai precedenti paragrafi 128 e 131, perché una tale soluzione sarebbe incompatibile con queste norme di rango superiore. Pertanto, se il legislatore poteva legittimamente scegliere di aggiungere (o di non aggiungere), in tale strumento, norme che disciplinassero le condizioni alle quali nelle situazioni descritte il giudice di uno Stato membro può dichiarare la propria incompetenza a favore di giudici di Stati terzi, l'implicazione della scelta di non aggiungere tali norme non può essere quella sostenuta dal governo francese e dalla Commissione.
d) I giudici degli Stati membri possono dichiarare la propria incompetenza a trattare tali controversie, se ciò «riflette» il sistema del regolamento
147. Al pari dell’Electrolux, ritengo che, sebbene i giudici di uno Stato membro possano essere competenti, in base alle norme del regolamento Bruxelles I bis, per le controversie il cui oggetto è strettamente connesso a Stati terzi o è coperto da un accordo esclusivo di scelta del foro che designa i loro giudici, tale regolamento consente loro di dichiarare la propria incompetenza a trattare la causa. Si tratta, semplicemente, dell'unica risposta razionale, che raggiunge lo scopo di tale strumento e ne garantisce la coerenza con le norme di rango superiore.
148. Per queste particolari controversie, deve essere riconosciuta una deroga implicita all'effetto vincolante dell'articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento. Poiché esso non contiene (ancora) disposizioni che conferiscano ai giudici degli Stati membri il potere di dichiarare la propria incompetenza in tali scenari, il suo silenzio deve essere interpretato nel senso che consente a tali giudici di agire in questo modo sulla base del loro diritto nazionale. Questo è ciò che la Corte lascia intravedere nella sentenza Coreck Maritime.
149. Ciò detto, i giudici degli Stati membri non hanno un potere discrezionale illimitato nel dichiarare la propria incompetenza, sulla base del loro diritto nazionale, su tali controversie (come la sentenza appena citata, letta isolatamente, potrebbe implicare). Come ha spiegato Droz molto tempo fa, e come la stragrande maggioranza dei giudici(142) e degli studiosi (143) che si sono occupati della questione ha confermato da allora, i giudici degli Stati membri possono farlo solo se ciò «riflette» il sistema stabilito nel regolamento Bruxelles I bis. In particolare, possono farlo nei casi in cui, se vi fosse stato un collegamento analogo con uno Stato membro, il giudice avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza ai sensi degli articoli 24 e 25 di tale regolamento. (144)
150. Tale requisito di «riflessività» implica, in primo luogo, che il giudice di uno Stato membro può rifiutare di esercitare la propria competenza giurisdizionale su una controversia connessa a uno Stato terzo soltanto se la materia del contendere rientra nell'ambito di applicazione materiale di una delle norme sulla competenza esclusiva di cui all'articolo 24, (145) oppure se tale giudice è adito nonostante un accordo di scelta del foro che soddisfi i requisiti di cui all'articolo 25(146) (in modo che, in un'analoga controversia «intra-UE», sarebbe stato applicato l’articolo pertinente). In secondo luogo, per quanto riguarda tali accordi, seguendo la sentenza Mahamdia, la «riflessività» implica che tale linea d’azione venga intrapresa soltanto se sono rispettati i limiti imposti ai loro effetti nelle controversie «intra-UE». Il giudice di uno Stato membro non può dare esecuzione ad un tale accordo se la controversia è di competenza esclusiva dei giudici di un altro Stato membro o se l’accordo non è conforme alle disposizioni del regolamento che tutelano le parti deboli (contraente dell'assicurazione, consumatore o lavoratore). (147)
151. Tale requisito di «riflessività» è allo stesso tempo logico e determinante. Il fatto che il giudice di uno Stato membro possa dichiarare la propria incompetenza in una situazione «esterna», laddove, in base agli articoli 24 o 25 del regolamento Bruxelles I bis, avrebbe dovuto fare lo stesso se la situazione fosse stata «intra-UE», garantisce infatti la coerenza del regime di Bruxelles. Ciò consente inoltre di realizzare le politiche perseguite da tali disposizioni in entrambi i casi. Per contro, non vi sarebbe alcun motivo per cui le situazioni «esterne» debbano essere trattate in modo più favorevole rispetto alle controversie «intra-UE». Se il diritto dell'Unione non inquadrasse i poteri dei giudici nazionali, le norme fondamentali che conferiscono la competenza esclusiva agli Stati membri o che tutelano le parti più deboli potrebbero essere facilmente aggirate dalle imprese semplicemente inserendo nei loro contratti accordi di scelta del foro di uno Stato terzo. Pertanto, tali norme perderebbero una parte significativa della loro efficacia. (148)
152. In presenza di tali condizioni, il requisito della «riflessività» non si spinge fino a imporre al giudice di uno Stato membro di dichiarare la propria incompetenza nel modo in cui gli articoli 24 o 25 del regolamento richiedono nei casi in cui si applicano direttamente, vale a dire in modo automatico. Ho già spiegato al precedente paragrafo 110 perché non può essere così: potrebbe derivarne un rischio di diniego di giustizia, in violazione dell'articolo 47 della Carta. Di conseguenza, a tale giudice deve essere accordata una discrezionalità limitata per verificare che i) i giudici di Stati terzi interessati abbiano effettivamente competenza esclusiva in base alle proprie norme di diritto internazionale privato e che ii) le parti possano ottenere in tale sede un rimedio effettivo. Se ciò non si verifica, il giudice dello Stato membro adito non dovrebbe dichiarare la propria incompetenza; dovrebbe invece farlo nello scenario opposto. Se la questione non è chiaramente definita, si dovrebbe sospendere il procedimento fino a quando le parti non avranno adito il giudice dello Stato terzo in questione (ed è chiaro che tale giudice si pronuncerà sulla questione) in un procedimento che offra garanzie di equità. (149)
153. Nel procedimento principale, dalle considerazioni che precedono deriva che, mentre l’articolo 24, punto 4 del regolamento Bruxelles I bis non si applica direttamente alla questione della validità del brevetto turco, contestata dall'Electrolux mediante un’eccezione, tale disposizione può avere un «effetto riflesso» sulla competenza dei giudici svedesi. Ciò significa che, in presenza delle condizioni sopra descritte, essi possono avvalersi dei poteri di cui dispongono in base al loro diritto nazionale per dichiarare la propria incompetenza a pronunciarsi su tale questione e sospendere il procedimento fino a quando i giudici turchi non avranno accertato la validità del brevetto.
154. Contrariamente a quanto sottintende il governo francese, il riconoscimento di una tale deroga implicita all’effetto vincolante dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I bis non va contra legem o, per dirla in modo diverso, «riscrive» tale regolamento. Tale soluzione non richiede che la Corte si discosti dal testo che, ricordo, tace sulla questione in esame e, quindi, si presta a tale interpretazione teleologica e coerente. Se non altro, ciò potrebbe indurre il legislatore dell'Unione a trattare la materia in sede di revisione di tale strumento.
155. Riconoscere un tale (limitato) margine al diritto nazionale non significa nemmeno ribaltare la sentenza Owusu, nonostante quanto argomentato dalla BSH e dalla Commissione. Ricordo che la Corte ha specificamente escluso dalla sua analisi le ipotesi di controversie strettamente connesse a Stati terzi o di accordi di scelta del foro a favore di giudici di Stati terzi. Di conseguenza, può benissimo riconoscere un'eccezione, adeguata a tali situazioni, alla sua affermazione apparentemente senza riserve sull'effetto vincolante dell'(attuale) articolo 4, paragrafo 1 del regolamento Bruxelles I bis.(150) Inoltre, ciò consente di conciliare tale sentenza con quella Coreck Maritime. In effetti, l'interpretazione suggerita nelle presenti conclusioni ha il non trascurabile vantaggio di conciliare tutte le sentenze relative alla questione in esame (dalla più antica, Coreck Maritime, alla più recente, IRnova), laddove qualsiasi altra interpretazione richiederebbe alla Corte di discostarsi da alcuni di questi precedenti.
156. Detti intervenienti ribattono tuttavia che, se i giudici degli Stati membri potessero dichiarare la propria incompetenza nelle ipotesi in questione, in virtù dei poteri loro riservati dal diritto nazionale, ciò sarebbe contrario, se non alla lettera, almeno alla ratio della sentenza Owusu. In effetti, tale soluzione creerebbe gli stessi problemi della dottrina del forum non conveniens.
157. A mio avviso, la comparazione non regge ad un attento esame.
158. L'applicazione della dottrina del forum non conveniens, in esame nella sentenza Owusu, avrebbe dato ai giudici degli Stati membri un'ampia discrezionalità nel non esercitare la competenza giurisdizionale, in qualsiasi controversia «esterna», sulla base dell'adeguatezza del foro, tenendo conto di un'ampia gamma di fattori. Un tale approccio flessibile, caso per caso, sarebbe stato completamente in contrasto con lo spirito del regime di Bruxelles, basato su regole definite con chiarezza. Avrebbe compromesso seriamente la prevedibilità della competenza giurisdizionale nell'ambito di tale regime, cosa che, a sua volta, avrebbe minato il principio della certezza del diritto e della tutela giuridica delle persone stabilite nell'Unione (in quanto il convenuto non sarebbe stato in grado di prevedere ragionevolmente dove avrebbe potuto essere citato in giudizio e il ricorrente non avrebbe avuto alcuna garanzia che il giudice adito, pur essendo designato da tale regime, avrebbe effettivamente trattato la causa). Infine, sarebbe stata pregiudicata l'applicazione uniforme di tale regime negli Stati membri, in quanto la dottrina citata è riconosciuta solo in alcuni di essi.(151)
159. In questa sede, invece, propongo di riconoscere ai giudici degli Stati membri un potere discrezionale circoscritto di dichiarare la propria incompetenza in circostanze specifiche, laddove e nella misura in cui ciò «rifletta» le soluzioni applicabili ai sensi degli articoli 24 e 25 del regolamento Bruxelles I bis. In questo modo, i motivi per cui il giudice di uno Stato membro può agire in tal senso (competenza esclusiva di uno Stato terzo, accordo di scelta del foro a favore dei giudici di quest'ultimo) sono limitati e precisi, a differenza di quanto si riscontra nella dottrina del forum non conveniens. Pertanto, il riconoscimento di una tale discrezionalità non dà luogo al tipo di incertezza che l'applicazione di questa dottrina avrebbe creato. Il regime di Bruxelles ammette la concessione di una discrezionalità limitata ai giudici, laddove ciò sia utile per il perseguimento dei suoi obiettivi. (152) Ciò è quanto avviene nella specie.
160. Tale discrezionalità non inficia la prevedibilità della competenza giurisdizionale. Un attore ragionevolmente ben informato può prevedere di dover citare in giudizio, (e un convenuto di poter essere citato in giudizio), in relazione alle materie previste dall'articolo 24, dinanzi ai giudici dello Stato terzo interessato. Inoltre, difficilmente potrebbe rivelarsi una sorpresa per le parti in lite il fatto che il procedimento debba essere avviato dinanzi al giudice designato in un accordo da essi stessi preventivamente concluso. In realtà, questa soluzione migliora la prevedibilità della competenza, in quanto contribuisce a rendere comparabile il trattamento di controversie «intra-UE» ed «esterne» simili.
161. Inoltre, essa rafforza la certezza del diritto, in quanto consente ai giudici degli Stati membri, in particolare, di dare esecuzione agli accordi volti a garantirla. Anche la tutela giuridica delle persone stabilite nell'Unione è rafforzata. Evita al convenuto di dover affrontare, presso i giudici del proprio Stato membro, procedimenti che si concluderebbero con decisioni inutili o avviati abusivamente in violazione di tale accordo. È inoltre garantita la tutela giuridica del ricorrente, poiché egli potrà comunque adire i giudici degli Stati membri se non ha potuto ottenere giustizia presso i giudici dello Stato terzo interessato.
162. Infine, per quanto riguarda l'applicazione uniforme delle norme del regolamento Bruxelles I bis negli Stati membri, osservo che, laddove alcuni Stati membri hanno applicato la dottrina del forum non conveniens, in tali Stati è ampiamente riconosciuto che i giudici non dovrebbero trattare procedimenti relativi a controversie il cui oggetto è strettamente connesso a uno Stato terzo e che gli accordi di individuazione del foro competente che designano giudici stranieri dovrebbero in linea di principio essere applicati. (153) Pertanto, i giudici di tutti gli Stati membri avrebbero in via generale il potere, nel loro diritto nazionale, di dichiarare la propria incompetenza in tali circostanze. Sebbene le condizioni precise in cui ciò accade possano differire, in linea di principio, da uno Stato membro all'altro, ricordo che, come spiegato ai precedenti paragrafi 150 e 152, il diritto dell'Unione inquadra il diritto nazionale in modo piuttosto significativo, idoneo a garantire che tale soluzione sia applicata dai giudici degli Stati membri in modo sufficientemente coerente.
V. Conclusione
163. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dallo Svea hovrätt (Corte d’Appello di Stoccolma, Svezia) nei termini seguenti:
(1) L’articolo 24, punto 4, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale
deve essere interpretato nel senso che:
quando i giudici di uno Stato membro sono investiti di un procedimento relativo alla contraffazione di un brevetto registrato in un altro Stato membro e il presunto contraffattore solleva un'eccezione di invalidità, tali giudici non sono competenti a pronunciarsi sulla questione della validità.
(2) L’articolo 24, punto 4 del regolamento (UE) n. 1215/2012
deve essere interpretato nel senso che:
tale disposizione non si applica in merito alla validità di un brevetto registrato in uno Stato terzo. Tuttavia, i giudici degli Stati membri, se competenti ai sensi di un'altra norma di tale regolamento, possono non statuire su tale questione.