Language of document : ECLI:EU:T:2012:459

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

21 settembre 2012 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo WESTERN GOLD – Marchi nazionali, internazionale e comunitario denominativi anteriori WESERGOLD, Wesergold e WeserGold – Impedimenti relativi alla registrazione – Assenza di rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Carattere distintivo dei marchi anteriori»

Nella causa T‑278/10,

Wesergold Getränkeindustrie GmbH & Co. KG, con sede in Rinteln (Germania), rappresentata da P. Goldenbaum, T. Melchert e I. Rohr, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da R. Pethke, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Lidl Stiftung & Co. KG, con sede in Neckarsulm (Germania), rappresentata da A. Marx e M. Schaeffer, avvocati,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 24 marzo 2010 (procedimento R 770/2009-1), relativa al procedimento di opposizione Wesergold Getränkeindustrie GmbH & Co. KG e Lidl Stiftung & Co. KG,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da J. Azizi (relatore), presidente, S. Frimodt Nielsen e M. Kancheva, giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 giugno 2010,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 novembre 2010,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2010,

in seguito all’udienza del 27 giugno 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 23 agosto 2006 la Lidl Stiftung & Co. KG, interveniente, presentava domanda di registrazione di un marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui era stata chiesta la registrazione è il segno denominativo WESTERN GOLD.

3        I prodotti per i quali era stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 33 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, segnatamente, alla seguente descrizione: «Alcolici, in particolare whisky».

4        La domanda di marchio comunitario era stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 3/2007, del 22 gennaio 2007.

5        Il 14 marzo 2007 la Wesergold Getränkeindustrie GmbH & Co. KG, ricorrente, presentava opposizione, ai sensi dell’articolo 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 41 del regolamento n. 207/2009), alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione si fondava su diversi marchi anteriori.

7        Il primo marchio anteriore invocato era il marchio comunitario denominativo n. 2 994 739 WeserGold, depositato il 3 gennaio 2003 e registrato il 2 marzo 2005, che designa i prodotti ricompresi nelle classi 29, 31 e 32 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 29: «Frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; latticini, ovvero bevande a base di yogurt composte soprattutto da yogurt e succhi di frutta o succhi di verdura»;

–        classe 31: «Frutta fresca»;

–        classe 32: «Acque minerali e gassate; altre bevande non alcoliche, ovvero limonate, gassose e bevande a base di cola; succhi di frutta, bevande di frutta, succhi di verdura e bevande vegetali; sciroppi ed altri preparati per produrre bevande».

8        Il secondo marchio anteriore invocato era il marchio tedesco denominativo n. 30257995 WeserGold, depositato il 26 novembre 2002 e registrato il 27 febbraio 2003, che designa i prodotti che ricadono nelle classi 29, 31 e 32 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:

–        classe 29: «Frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, concentrati; latticini, ovvero bevande a base di yogurt composte soprattutto da yogurt e succhi di frutta o succhi di verdura»;

–        classe 31: «Frutta fresca»;

–        classe 32: «Acque minerali e gassate; altre bevande non alcoliche, ovvero limonate, gassose e bevande a base di cola; succhi di frutta, bevande di frutta, succhi di verdura e bevande vegetali; sciroppi ed altri preparati per produrre bevande».

9        Il terzo marchio anteriore invocato era il marchio internazionale denominativo n. 801 149 Wesergold, depositato il 13 marzo 2003, che produce i suoi effetti nella Repubblica ceca, in Danimarca, in Spagna, in Francia, in Italia, in Ungheria, in Austria, in Polonia, in Portogallo, in Slovenia, in Svezia, nel Regno Unito e nei paesi del Benelux, che designa i prodotti ricompresi nelle classi 29, 31, 32 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 29: «Frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, concentrati; latticini, ovvero bevande a base di yogurt composte soprattutto da yogurt e succhi di frutta o succhi di verdura»;

–        classe 31: «Frutta fresca»;

–        classe 32: «Acque minerali e gassate; altre bevande non alcoliche, ovvero limonate, gassose e bevande a base di cola; succhi di frutta, bevande di frutta, succhi di verdura e bevande vegetali; sciroppi ed altri preparati per produrre bevande».

10      Il quarto marchio anteriore invocato era il marchio tedesco denominativo n. 902 472 WESERGOLD, depositato il 12 giugno 1970 e registrato il 16 febbraio 1973, rinnovato il 13 giugno 2000, che designa i prodotti che ricadono nella classe 32 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Sidri, limonate, acque minerali, bevande di succhi di verdura, succhi di frutta».

11      Il quinto marchio anteriore invocato era il marchio polacco denominativo n. 161 413 WESERGOLD, depositato il 26 giugno 1996 e registrato l’11 maggio 1999, che designa i prodotti che ricadono nella classe 32 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Acque minerali e acque sorgive; acque da tavola, bevande analcoliche; succhi di frutta, nettari di frutta, sciroppi di frutta, succhi di verdura, nettari di verdura, bevande rinfrescanti, bevande a base di succo di frutta, limonate, bevande gassate, bevande minerali, the freddo, acque minerali aromatizzate, acque minerali con succhi di frutta aggiunti – tutte le bevande menzionate anche quali preparati dietetici a fini non medicinali».

12      Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009].

13      L’11 giugno 2009, la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione e ha respinto la domanda di registrazione del marchio comunitario. Per ragioni di economia processuale, la divisione di opposizione ha limitato il proprio esame dell’opposizione al marchio comunitario nominativo anteriore per il quale non era richiesta la prova della seria utilizzazione.

14      Il 13 luglio 2009 l’interveniente ha proposto ricorso dinanzi all’UAMI avverso la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli articoli 58‑64 del regolamento n. 207/2009.

15      Con decisione del 24 marzo 2010 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI ha accolto il ricorso ed ha annullato la decisione della divisione di opposizione, in base al rilievo che il pubblico di riferimento era costituito dal grande pubblico dell’Unione europea. I prodotti oggetto del marchio richiesto, ricompresi nella classe 33, vale a dire «alcolici, in particolare whisky», non sarebbero simili ai prodotti oggetto dei marchi anteriori, ricompresi nelle classi 29 e 31 (v. punti 20 e 21 della decisione impugnata). Sussisterebbe uno scarso grado di similitudine tra i prodotti oggetto del marchio richiesto, ricompresi nella classe 33, e quelli oggetto dei marchi anteriori, ricompresi nella classe 32 (v. punti 22‑28 della decisione impugnata). I segni in conflitto presenterebbero un grado medio di somiglianza visiva (v. punto 33 della decisione impugnata) e fonetica (v. punto 34 della decisione impugnata), ma sarebbero concettualmente diversi (v. punti 35‑37 della decisione impugnata). Quanto al carattere distintivo dei marchi anteriori, la commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che fosse leggermente inferiore alla media in ragione della presenza del termine «gold» che avrebbe uno scarso carattere distintivo (v. punti 38‑40 della decisione impugnata). Infine, detta commissione ha rilevato che la ponderazione di tutte le circostanze del caso di specie nel contesto della valutazione del rischio di confusione si risolveva nell’assenza di rischio di confusione tra i segni in conflitto (v. punti 41‑47 della decisione impugnata).

 Conclusioni delle parti

16      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

17      L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

18      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi attinenti alla violazione, rispettivamente, dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), dell’articolo 64, dell’articolo 75, secondo periodo, e, in subordine, dell’articolo 75, primo periodo, del regolamento n. 207/2009. Essa sostiene, in sostanza, che i segni in conflitto sono simili visivamente, foneticamente e concettualmente, che i marchi anteriori hanno un carattere distintivo intrinseco accresciuto dall’uso e che i prodotti designati dai segni in conflitto sono simili e ritiene, pertanto, che sussista un rischio di confusione tra i segni in questione per il pubblico di riferimento.

19      L’UAMI e l’interveniente contestano la fondatezza dei motivi dedotti dalla ricorrente, ritenendo che non sussista rischio di confusione tra i segni in conflitto.

1.     Osservazioni preliminari

20      In limine occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, un marchio è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi designati dai due marchi, sussiste un rischio di confusione nella mente del pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

21      Come affermato da costante giurisprudenza, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato complessivamente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o dei servizi in questione, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc. pag. II‑2821, punti 30‑33 e la giurisprudenza ivi citata].

22      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del Tribunale del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, Racc. pag. II‑43, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata].

2.     Sul pubblico di riferimento

23      La giurisprudenza ha affermato che, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi, normalmente informato e ragionevolmente attento ed accorto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, Racc. pag. II‑449, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata].

24      Nella specie, in considerazione dei prodotti di cui è causa, occorre ratificare la definizione di pubblico di riferimento della commissione di ricorso – che peraltro non è stata contestata dalle parti – secondo cui il pubblico di riferimento è costituito dal grande pubblico.

25      Dato che la decisione impugnata è fondata, segnatamente, su un marchio comunitario anteriore, il pubblico di riferimento è costituito dal consumatore medio dell’Unione.

3.     Sulla comparazione dei prodotti

26      Come affermato da costante giurisprudenza, ai fini della valutazione della somiglianza tra i prodotti o servizi di cui trattasi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra questi ultimi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità. Anche altri fattori possono essere esaminati, come i canali di distribuzione dei prodotti in questione [v. sentenza del Tribunale dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, Racc. pag. II‑2579, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata].

27      Nella decisione impugnata, la commissione di concorso ha ritenuto che i prodotti oggetto del marchio richiesto, che ricadono nella classe 33, fossero differenti da quelli oggetto dei marchi anteriori che ricadono nelle classi 29 e 31 (v. punti 20 e 21 della decisione impugnata). Inoltre, essa ha considerato che i prodotti designati dal marchio richiesto, ricompresi nella classe 33, e quelli oggetto dei marchi anteriori, ricompresi nella classe 32, presentavano uno scarso grado di similitudine (v. punto 28 della decisione impugnata).

28      La ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo cui vi sarebbe solo una scarsa similitudine tra i prodotti designati dal marchio richiesto ricompresi nella classe 33 e quelli oggetto dei marchi anteriori ricompresi nella classe 32. Essa ritiene che tra tali prodotti sussista una similitudine normale.

29      In tal modo, la ricorrente non rimette in discussione la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale i prodotti oggetto del marchio richiesto, che ricadono nella classe 33, differiscono da quelli oggetto dei marchi anteriori che ricadono nelle classi 29 e 31, ma limita la sua censura alla valutazione di detta commissione relativa alla similitudine tra i prodotti che ricadono nella classe 33 oggetto del marchio richiesto e quelli che ricadono nella classe 32 oggetto dei marchi anteriori.

30      Quanto a quest’ultima comparazione, la ricorrente ritiene, in primo luogo, che la circostanza che alcuni consumatori prestino attenzione alla distinzione tra le bevande alcoliche e quelle analcoliche non consente di escludere la similitudine peraltro esistente tra i prodotti in questione. A suo avviso, la grande maggioranza dei consumatori non distingue a seconda che la bevanda contenga o meno alcol, ma sceglie spontaneamente in funzione del desiderio del momento sulla base di una selezione di bevande proposta loro, in particolare, in un menu al bar o al ristorante. La ricorrente si oppone a quanto dedotto in tale contesto nella sentenza del Tribunale del 18 giugno 2008, Coca-Cola/UAMI – San Polo (MEZZOPANE) (T‑175/06, Racc. pag. II‑1055), dato che tale decisione non riguardava gli alcolici, ma il vino.

31      Al riguardo, va osservato che correttamente la commissione di ricorso ha ritenuto che la natura stessa dei prodotti differisse in considerazione della presenza o dell’assenza di alcol nella loro composizione. La presenza o l’assenza di alcol in una bevanda è percepita dal pubblico di riferimento come una differenza rilevante quanto alla natura delle bevande in questione. Contrariamente a quanto deduce la ricorrente, il grande pubblico dell’Unione è attento e opera la distinzione tra bevante contenenti alcol e bevande analcoliche anche quando sceglie una bevanda in funzione del desiderio del momento. In tal senso, correttamente la commissione di ricorso ha indicato, nella decisione impugnata, richiamandosi alla sentenza MEZZOPANE (cit. supra al punto 30, punti 80‑82), che i consumatori medi operano tale distinzione all’atto della comparazione tra gli alcolici del marchio richiesto e le bevande analcoliche dei marchi anteriori.

32      In secondo luogo, la ricorrente deduce che sussiste un accostamento considerevole tra la destinazione e l’utilizzazione dei prodotti oggetto dei segni in conflitto in quanto gli alcolici sono spesso uniti a bevande analcoliche. In tal modo, dette bevande sarebbero talvolta preconfezionate in forma di mix, come nel caso degli «alcopops», o, ancora, bevute insieme in forma di cocktail e di long drink.

33      Al riguardo, occorre rilevare che la commissione di ricorso poteva ritenere, senza incorrere in errore, che i prodotti in questione si accostassero parzialmente quanto alla loro destinazione e alla loro utilizzazione. Infatti, la circostanza che gli alcolici siano spesso uniti a bevande analcoliche, vuoi in forma preconfezionata vuoi in forma di cocktail e di long drink, non consente di rimettere in questione il fatto che gli alcolici e segnatamente il whisky siano parimenti spesso confezionati e consumati come tali.

34      In terzo luogo, la ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo cui in ragione del particolare processo di fabbricazione degli alcolici, che differisce completamente da quello delle bevande analcoliche, il pubblico di riferimento non prende le mosse dal principio secondo cui gli alcolici e le bevande analcoliche sono prodotti dalla medesima impresa. A suo avviso, tale valutazione non corrisponde alla realtà e invoca, a sostegno del suo argomento, taluni esempi di produttori di succo di frutta e di acquavite di frutta nonché alcuni siti Internet.

35      Al riguardo, occorre anzitutto osservare che la ricorrente ha prodotto per la prima volta dinanzi al Tribunale le prove summenzionate. Orbene, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo della legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’UAMI, ai sensi dell’art. 65 del regolamento n. 207/2009, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. Si devono pertanto respingere tali documenti senza che sia necessario esaminarne il valore probatorio [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR E FELICIE), T‑346/04, Racc. pag. II‑4891, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata]. Inoltre, la circostanza che, in un certo numero di casi, i produttori di acquavite o di altri alcolici producano anche bevande analcoliche non rimette in questione la valutazione secondo cui il consumatore medio non prende le mosse dal principio secondo il quale gli alcolici e le bevande analcoliche provengono dalla medesima impresa. Infatti, dato che le modalità di produzione sono completamente differenti, la commissione di ricorso poteva ritenere che il pubblico di riferimento non considerasse, in genere, che le bevande alcoliche e analcoliche provengono dalla medesima impresa.

36      La ricorrente ritiene parimenti che la similitudine dei prodotti non dipenda dalla questione se i prodotti in questione siano stati fabbricati sui medesimi luoghi di produzione, bensì dalla questione se il pubblico di riferimento possa credere che essi provengano dalla medesima impresa o da imprese collegate. Orbene, nel caso di specie, si può dedurre dalla differenza tra il processo di produzione degli alcolici e quello delle bevande analcoliche, invocata dalla commissione di ricorso, che il pubblico di riferimento non crederà che i due tipi di prodotti provengano dalla medesima impresa o da un’impresa collegata.

37      In quarto luogo, la ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale gli alcolici sono bevande consumate per trarne piacere mentre le bevande analcoliche sono bevande consumate per dissetarsi. A suo avviso, numerose bevande analcoliche non sono consumate per dissetarsi in ragione del loro elevato tenore in zuccheri, ma sono deliberatamente consumate per il loro gusto e per trarne piacere.

38      Al riguardo, occorre rilevare che il pubblico di riferimento non percepirà gli alcolici come bevande intese a dissetare. Inoltre, anche se è esatto che numerose bevande analcoliche ad elevato tenore in zuccheri non sono dissetanti, il pubblico di riferimento, tuttavia, le percepirà come dissetanti, in particolare quando sono servite fresche. Alla luce degli effetti del consumo di alcol sulla salute e sulle prestazioni intellettuali e fisiche, il consumatore medio si limiterà a consumare gli alcolici occasionalmente per trarne piacere e per il loro gusto. Le bevande analcoliche sono, al contrario, generalmente consumate per dissetare, ancorché il consumatore medio possa sceglierle in funzione del loro gusto. In ogni caso, correttamente la commissione di ricorso ha ritenuto che per il pubblico di riferimento la presenza o l’assenza di alcol e la differenza di gusto tra gli alcolici e le bevande analcoliche designate dai marchi anteriori prevalessero sulla destinazione e sull’utilizzazione comuni.

39      In quinto luogo, secondo la ricorrente i prodotti in questione sono complementari in quanto gli alcolici sono consumati in numerose forme e, essenzialmente, in forma mista.

40      Al riguardo, occorre ricordare che dei prodotti sono considerati come complementari quando sussista una stretta correlazione fra loro, nel senso che l’acquisto dell’uno è indispensabile o importante per l’uso dell’altro (v., in tal senso, sentenza MEZZOPANE, cit. supra al punto 30, punto 67). Orbene, non si può considerare che l’acquisto di una bevanda analcolica sia indispensabile ai fini dell’acquisto di un alcolico e viceversa. Sussiste certamente una correlazione tra i due tipi di prodotti, ma essa si limita ai casi delle bevande miste. Solo in tali circostanze l’acquirente di uno di tali prodotti sarà indotto ad acquistare l’altro e viceversa. Tuttavia, come rilevato al precedente punto 33, gli alcolici e le bevande analcoliche saranno spesso consumati in quanto tali senza essere stati previamente mescolati.

41      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la commissione di ricorso poteva ritenere, senza incorrere in errori di valutazione, che gli alcolici considerati dal marchio richiesto e le bevande analcoliche considerate dai marchi anteriori presentassero solo uno scarso grado di similitudine.

42      Tale conclusione non può essere messa in discussione dalla decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI (procedimento R83/2003-4), invocata dalla ricorrente. Infatti, come riconosciuto da giurisprudenza costante, le decisioni che le commissioni di ricorso dell’UAMI devono adottare, in forza del regolamento n. 207/2009, relativamente alla registrazione di un segno come marchio comunitario rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimità di dette decisioni deve essere valutata unicamente in base a tale regolamento e non sulla base di una prassi decisionale precedente a queste ultime (sentenza della Corte del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C‑412/05 P, Racc. pag. I‑3569, punto 65, e sentenza ARTHUR E FELICIE, cit. supra al punto 35, punto 71).

 Sulla comparazione dei segni in conflitto

 Osservazioni preliminari

43      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza della Corte del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc. pag. I‑4529, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

44      In limine, occorre rilevare che la circostanza che i marchi anteriori costituiti dal medesimo termine «wesergold» siano scritti talvolta con caratteri maiuscoli, talvolta con caratteri minuscoli, talvolta con un carattere maiuscolo all’inizio e all’interno di detto termine è irrilevante ai fini della comparazione dei segni in parola. Infatti, come è stato rilevato dalla giurisprudenza, un marchio denominativo è un marchio costituito esclusivamente da lettere, da parole o da associazioni di parole, scritte in caratteri di stampa standard, senza elementi grafici particolari. Conseguentemente, la tutela derivante dalla registrazione di un marchio denominativo ha ad oggetto la lettera indicata nella domanda di registrazione e non gli aspetti grafici o stilistici particolari che tale marchio potrebbe, eventualmente, presentare [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 22 maggio 2008, Radio Regenbogen Hörfunk in Baden/UAMI (RadioCom), T‑254/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata].

 Sulla comparazione visiva

45      La ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale i segni in questione presentano un grado di similitudine visiva medio. Essa deduce che il grado di similitudine visiva tra i segni in conflitto è elevato dato che l’uso di una maiuscola non costituisce un elemento grafico, ma induce una suddivisione del marchio denominativo in due termini. Se così non fosse, lo spazio tra due parole all’interno di un marchio denominativo non avrebbe alcun senso e i marchi costituiti da due o più termini dovrebbero essere considerati quali marchi costituiti da un unico termine. In subordine, essa sostiene che sia il marchio richiesto sia i marchi anteriori dovrebbero, secondo l’approccio sopraindicato, essere considerati come un termine unico. Peraltro, essa ritiene che i marchi anteriori siano manifestamente composti da due elementi e che la scrittura separata o congiunta non comporti una pronuncia differente. I segni in conflitto consentirebbero diverse maniere di pronunciarli, nessuna delle quali sarebbe più verosimile dell’altra, e non si potrebbero dedurre differenze visive dalla loro scrittura.

46      Al riguardo, occorre confermare, alla luce della giurisprudenza richiamata al precedente punto 44, la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale l’uso in alternanza di maiuscole e minuscole nell’ambito di uno dei marchi anteriori non incide affatto sulla comparazione dei segni, dato che i marchi anteriori sono marchi denominativi. In tal senso, sotto il profilo visivo, non si può fare stato di una divisione dei marchi anteriori in due termini, come dedotta dalla ricorrente, e si deve ritenere che i marchi anteriori sono composti da un termine unico.

47      La circostanza che il termine unico dei marchi anteriori possa essere percepito come una contrazione dei termini «weser» e «gold» non incide sulla valutazione della commissione di ricorso secondo la quale il marchio richiesto sarà percepito visivamente come comprensivo di due parole mentre il marchio richiesto ne comprende una sola. Inoltre, come indicato dalla commissione di ricorso, anche se l’ordine delle altre lettere è identico, il marchio richiesto si distingue dai marchi anteriori con le lettere «t» e «n». Alla luce di tali elementi e della circostanza che i segni in conflitto contengono il seguito delle lettere «w» «e» e «s» nonché «e» e «r», oltre all’elemento «gold», senza incorrere in errore la commissione di ricorso ha considerato che i segni in conflitto presentassero un grado di similitudine medio sotto il profilo visivo.

 Sulla comparazione fonetica

48      La ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale i segni in conflitto presentano un grado medio di similitudine fonetica (v. punto 34 della decisione impugnata). Essa deduce che il marchio richiesto e i marchi anteriori presenterebbero una forte similitudine fonetica dovuta all’identità del numero delle loro sillabe, all’identità delle loro ultime sillabe, all’identità delle loro prime tre lettere e all’identità delle nove sonorità consecutive alle quali dà luogo la loro pronuncia. Nel marchio richiesto, la lettera «t» si confonderebbe con la lettera precedente, vale a dire la lettera «s», per formare l’unico suono [s] e la lettera «n» sarebbe a malapena udibile.

49      Al riguardo occorre rilevare che i segni in conflitto contengono entrambi le sequenze di lettere «w», «e» e «s» nonché «e» e «r» oltre al termine «gold» nel medesimo ordine. Tuttavia, in ragione della presenza delle lettere «t» e «n» nel marchio richiesto WESTERN GOLD, quest’ultimo sarà pronunciato dal pubblico di riferimento in modo diverso rispetto ai marchi anteriori. Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, le lettere «n» e «t» sono udibili e comportano differenze di ritmo e di sonorità nella pronuncia di detto marchio, quantomeno per una parte del pubblico di riferimento, segnatamente per il grande pubblico inglese, spagnolo, francese e tedesco. In tal senso, l’ultima sillaba della prima parola del marchio richiesto, vale a dire la sillaba «stern», sarà pronunciata e percepita foneticamente come più lunga della sillaba «ser» dei marchi anteriori. Inoltre, a seconda della lingua del consumatore di riferimento, la lettera «s» che figura nel marchio richiesto è pronunciata o meno come la lettera «s» che figura nei marchi anteriori e pronunciata come [s] o [z].

50      Pertanto, senza incorrere in un errore la commissione di ricorso ha considerato che i segni in causa presentavano un grado medio di similitudine fonetica.

 Sulla comparazione concettuale

51      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che i segni in conflitto differissero sotto il profilo concettuale (v. punto 37 della decisione impugnata).

52      La ricorrente contesta tale valutazione deducendo che i segni in conflitto sono concettualmente simili. L’espressione «western gold» avrebbe un contenuto incerto e inafferrabile e darebbe adito in tal modo ad associazioni multiple, ma astratte che non sarebbero tali da rafforzare la sua differenza. L’elemento «gold», che figura nei due marchi, provocherebbe un’associazione positiva idonea a costituire un collegamento inconscio tra i marchi e comporterebbe in tal modo un avvicinamento del loro senso.

53      Al riguardo occorre considerare che il termine «western» sarà inteso nel senso che designa il punto cardinale «ovest» o un genere cinematografico, dato che i film western costituiscono un genere cinematografico ampiamente conosciuto dal pubblico di riferimento. I due significati della parola «western» sono d’altronde fortemente connessi dal momento che il nome del genere cinematografico deriva dal luogo dell’azione che si trovava nell’ovest degli Stati Uniti. Inoltre, la commissione di ricorso ha correttamente sottolineato che molti consumatori opererebbero un collegamento tra il whisky e i film summenzionati, dato che spesso alcuni protagonisti di tali film consumano whisky. Pertanto, il pubblico di riferimento attribuirà uno o più significati precisi al termine «western».

54      Il termine «weser», come correttamente indicato dalla commissione di ricorso, sarà inteso da una parte del pubblico tedesco come un riferimento al nome del fiume che attraversa, in particolare, la città di Brema (Germania). Per il resto del pubblico europeo di riferimento, tale termine sarà percepito come un termine di fantasia.

55      Il termine «gold» dei marchi in parola sarà inteso come un riferimento al metallo prezioso che è l’oro, il cui colore è simile a quello del whisky. Inoltre, il termine «gold» potrà essere associato dal pubblico di riferimento ad una qualità superiore ed essere perciò inteso come un elemento promozionale. Per la parte del pubblico di riferimento anglofono, tra cui i consumatori inglesi e irlandesi, il marchio richiesto sarà percepito nel senso che significa «l’oro dell’ovest». Tuttavia, la presenza comune del termine «gold» nell’ambito dei segni in conflitto non è sufficiente a neutralizzare le differenze di significato tra i segni in parola in considerazione della differenza di significato tra i termini «western» e «weser».

56      Pertanto, la commissione di ricorso poteva ritenere senza incorrere in errore che i segni in parola fossero concettualmente differenti.

 Valutazione intermedia

57      Quanto alla comparazione dei segni, dalle suesposte considerazioni risulta che correttamente la commissione di ricorso ha dichiarato che i segni in conflitto sono visivamente e foneticamente simili e concettualmente differenti.

58      Al riguardo si deve ricordare che, quando i marchi sono foneticamente e visivamente simili, essi sono globalmente simili, salvo se sussistono differenze concettuali rilevanti. Siffatte differenze possono neutralizzare talune somiglianze fonetiche e visive, purché almeno uno dei segni abbia, nella prospettiva del pubblico di riferimento, un significato chiaro e determinato, di modo che questo pubblico possa coglierlo direttamente (sentenza della Corte del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI, C‑234/06 P, Racc. pag. I‑7333, punto 34). Ciò è applicabile alla fattispecie in esame alla luce della differenza concettuale tra i segni in conflitto. Ne deriva che i segni sono generalmente diversi, nonostante le loro similitudini visive e fonetiche.

59      Pertanto, occorre esaminare la valutazione della commissione di ricorso del carattere distintivo dei marchi anteriori, contestata dalla ricorrente.

 Sul carattere distintivo dei marchi anteriori

 Sul carattere distintivo intrinseco dei marchi anteriori

60      Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che il carattere distintivo dei marchi anteriori fosse leggermente ridotto rispetto al carattere distintivo medio ad essi riconosciuto dalla divisione d’opposizione, argomentando che l’elemento «gold» sarebbe stato percepito dal pubblico di riferimento come una nozione promozionale o come riferimento al colore dorato di talune bevande (v. punto 39 della decisione impugnata).

61      La ricorrente contesta tale valutazione della commissione di ricorso, facendo valere che tutte le bevande oggetto dei marchi anteriori non hanno un colore dorato e che i marchi anteriori, complessivamente considerati, avevano almeno un carattere distintivo medio indipendentemente dal più scarso carattere distintivo del termine «gold».

62      Al riguardo occorre rilevare che, indipendentemente dal fatto che alcune bevande oggetto dei marchi anteriori non sono di colore dorato, il termine «gold» è un termine promozionale comunemente utilizzato per indicare la qualità superiore dei prodotti e pertanto che tale termine ha uno scarso carattere distintivo. Conseguentemente, tale parte dei marchi anteriori indebolisce il loro carattere distintivo intrinseco. Da una valutazione dell’impressione complessiva di ciascuno dei marchi anteriori emerge che la commissione di ricorso senza incorrere in errore poteva considerare che i marchi anteriori avevano un carattere distintivo intrinseco leggermente inferiore alla media.

 Sul carattere distintivo accresciuto dall’uso

63      Quanto al carattere distintivo accresciuto dall’uso dei marchi anteriori, la ricorrente contesta la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale essa non l’avrebbe invocato. Essa si richiama, in proposito, alla sua memoria presentata alla divisione di opposizione il 10 marzo 2008 e alla sua memoria presentata alla commissione di ricorso il 22 dicembre 2009, in cui ha fatto riferimento alla sua memoria del 10 marzo 2008. Essa ritiene che poteva procedere a tale rinvio dinanzi alla commissione di ricorso dato che, siccome la divisione di opposizione aveva riconosciuto una forza distintiva intrinseca normale ai marchi anteriori, essa non era tenuta a ripetersi nei suoi atti in termini espliciti. Essa sostiene di non aver avuto la necessità di inviare documenti relativi all’uso del suo marchio, potendo ritenere che l’oggetto del procedimento di ricorso fosse costituito dalla decisione della decisione di opposizione vertente unicamente sul marchio comunitario anteriore e sul marchio richiesto.

64      Al riguardo, occorre ricordare diversi elementi.

65      In esito a un ricorso del richiedente il marchio nel corso del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, la ricorrente è stata invitata, conformemente all’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, a addurre la prova che i suoi marchi anteriori fossero stati seriamente utilizzati da più di cinque anni alla data dell’opposizione.

66      Rispondendo a tale domanda, la ricorrente ha allegato alla sua memoria del 10 marzo 2008 le prove al fine di dimostrare la seria utilizzazione dei suoi marchi anteriori. In tale memoria, essa ha parimenti indicato che «[l]a commercializzazione di detti prodotti, venduti praticamente tutti nell’Unione europea e in Svizzera, [apportava la] prova non solo della seria utilizzazione del marchio su cui si fonda la sua opposizione, ma anche del suo carattere distintivo accresciuto dall’uso». Inoltre, essa ha precisato di ribadire che «i prodotti [erano] parzialmente identici, e che i termini dei marchi [erano] simili e che, inoltre, i marchi anteriori su cui si fonda l’opposizione WESERGOLD [avevano] un carattere distintivo intrinseco normale, considerevolmente accresciuto dall’uso, sicché [sussisteva] un rischio di confusioni tra i marchi».

67      Nella sua decisione dell’11 giugno 2009, la divisione di opposizione ha accolto la domanda della ricorrente indicando che sussisteva un rischio di confusione tra i segni in conflitto. Il richiedente il marchio, interveniente nel presente procedimento, ha introdotto ricorso dinanzi alla commissione di ricorso avverso detta decisione della divisione di opposizione. La ricorrente nel presente procedimento è intervenuta nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso a sostegno della sua opposizione nonché della decisione della divisione di opposizione.

68      Nel suo controricorso del 22 dicembre 2009 dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente si è richiamata ai documenti presentati nel procedimento di opposizione oggetto della memoria del 10 marzo 2008.

69      Infine, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che «l’opponente non [aveva] invocato un accresciuto carattere distintivo dei marchi anteriori risultante dall’uso di questi ultimi» (v. punto 40 della decisione impugnata).

70      Come risulta dalle suesposte considerazioni, la ricorrente non ha espressamente dedotto argomenti quanto al carattere distintivo accresciuto dall’uso dei marchi anteriori nel suo controricorso dinanzi alla commissione di ricorso. La ricorrente si è limitata a richiamarsi alle sue memorie dinanzi alla divisione di opposizione. Tuttavia, dette memorie contenevano un’esposizione suffragata da prove secondo la quale i marchi anteriori possedevano un carattere distintivo accresciuto dall’uso.

71      Orbene, a termini dell’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, in seguito all’esame sul merito del ricorso, la commissione di ricorso delibera sul ricorso e può, nel deliberare, «esercitare le competenze dell’organo che ha emesso la decisione impugnata», vale a dire, se del caso, statuire essa stessa sull’opposizione respingendola o dichiarandola fondata, confermando o annullando in tal modo la decisione impugnata. Risulta così dall’articolo 62, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 che, per effetto del ricorso con cui è adita, la commissione di ricorso è chiamata a procedere ad un nuovo esame completo del merito dell’opposizione, tanto in diritto quanto in fatto [sentenze della Corte del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, Racc. pag. I‑2213, punto 57; del Tribunale del 23 settembre 2003, Henkel/UAMI – LHS (UK) (KLEENCARE), T‑308/01, Racc. pag. II‑3253, punto 29, e del 14 dicembre 2011, Völkl/UAMI – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, Racc. pag. II-8179, punto 53].

72      Indipendentemente dalla circostanza che la ricorrente abbia fatto espressamente riferimento, dinanzi alla commissione di ricorso, alle sue memorie dinanzi alla divisione di opposizione, la commissione di ricorso era tenuta a esaminare tutti gli argomenti presentati alla divisione di opposizione. In tal modo, ove la ricorrente ha dedotto il carattere distintivo accresciuto dall’uso dei marchi anteriori nel corso del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, la commissione di ricorso non poteva considerare che la ricorrente non aveva invocato un accresciuto carattere distintivo dei marchi anteriori risultante dal loro uso.

73      Ne consegue che la commissione di ricorso ha commesso, nella specie, un errore nell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

74      Tale conclusione non è rimessa in discussione dai diversi argomenti dell’UAMI e dell’interveniente.

75      Così, quanto all’argomento dell’UAMI secondo il quale la ricorrente aveva menzionato il carattere distintivo accresciuto dall’uso unicamente in una proposizione subordinata nel contesto della discussione sulla questione della prova della seria utilizzazione dei marchi anteriori e pertanto oltre i termini, occorre osservare quanto segue.

76      Dagli atti dell’UAMI risulta che, in una lettera dell’8 gennaio 2008, la divisione di opposizione ha invitato la ricorrente a prendere posizione quanto alla questione della seria utilizzazione del marchio anteriore polacco n. 161413 e del marchio anteriore tedesco n. 902472. In particolare, le si è chiesto di prendere posizione e di fornire la prova di tali usi entro un termine di due mesi a far data da tale lettera, vale a dire entro il 9 marzo 2008. Vi è inoltre precisato che il termine che le era stato impartito per presentare fatti, prove o osservazioni a sostegno della sua opposizione era parimenti prorogato sino al 9 marzo 2008.

77      La ricorrente ha risposto a tale lettera con la sua memoria del 10 marzo 2008, inviata per telefax in pari data all’UAMI. Come indicato al precedente punto 66, in tale memoria la ricorrente ha fornito elementi di prova a sostegno della seria utilizzazione dei suoi marchi anteriori e ha dedotto il carattere distintivo accresciuto dall’uso dei suoi marchi.

78      Contrariamente a quanto deduce l’UAMI dinanzi al Tribunale, la circostanza che la ricorrente ha fatto valere il carattere distintivo accresciuto dall’uso dei marchi anteriori nella sua risposta alla domanda di prova della seria utilizzazione dei suoi marchi anteriori non rende tardivo il suo argomento sul carattere distintivo accresciuto dall’uso dei marchi anteriori. Infatti, nella sua lettera dell’8 gennaio 2008, la divisione di opposizione ha espressamente autorizzato la ricorrente a presentare fatti, prove o osservazioni a sostegno della sua opposizione entro il 9 marzo 2008.

79      Inoltre, non può ritenersi che la memoria della ricorrente del 10 marzo 2008 sia stata trasmessa all’UAMI oltre i termini. Infatti, in applicazione della regola 72 del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU L 303, pag. 1), se il termine scade in un giorno in cui non si possono depositare documenti presso l’UAMI, il termine è prorogato al primo giorno in cui i documenti possono essere depositati o la normale corrispondenza viene distribuita. Tale regola prevede che i giorni in cui non si possono depositare documenti presso l’UAMI siano fissati dal presidente dell’UAMI prima dell’inizio di ogni anno civile. Orbene, per il 2008, il presidente dell’UAMI ha adottato, il 17 dicembre 2007, la decisione n. EX-07-05 relativa ai giorni di chiusura dell’UAMI per il deposito di documenti e ai giorni in cui la normale corrispondenza non viene distribuita. In tale decisione, si richiama la decisione n. ADM-95-23 del presidente dell’UAMI, del 22 dicembre 1995 (GU UAMI 1995, pag. 487), in cui si è stabilito che l’UAMI non è aperto al pubblico il sabato e la domenica. Essendo il 9 marzo 2008 una domenica, il deposito della memoria della ricorrente il 10 marzo 2008 non era oltre i termini. Ciò è stato riconosciuto dall’UAMI all’udienza.

80      Inoltre, ove l’UAMI deduce la mancanza della precisa invocazione, nel controricorso dinanzi alla commissione di ricorso, del carattere distintivo accresciuto dall’uso, occorre osservare che tale circostanza non influisce sull’obbligo della commissione di ricorso, quando si pronuncia essa stessa sull’opposizione, di procedere ad un nuovo esame completo del merito dell’opposizione, tanto in diritto quanto in fatto. Infatti, la portata dell’esame che la commissione di ricorso è tenuta ad operare nei confronti della decisione oggetto del ricorso non è, in linea di principio, determinata dai motivi invocati dalla parte che ha proposto il ricorso (sentenza KLEENCARE, cit. supra al punto 71, punto 29). A fortiori, la portata dell’esame della commissione di ricorso non è limitata dall’assenza di precisione di taluni motivi di difesa dedotti dinanzi alla commissione di ricorso. Orbene, per le ragioni esposte supra, ai precedenti punti 76 e seguenti, l’esame completo del merito dell’opposizione implicava l’analisi del carattere distintivo accresciuto dall’uso dei marchi anteriori.

81      Nella parte in cui l’interveniente e l’UAMI ritengono che l’argomento della ricorrente relativo al carattere distintivo accresciuto dall’uso sia infondato e non suffragato da prove adeguate, occorre osservare che non è tale la motivazione dedotta dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata. Dato che la commissione di ricorso non ha svolto, erroneamente, la propria valutazione quanto agli argomenti e alle prove del carattere distintivo accresciuto dall’uso, non spetta al Tribunale procedere alla valutazione di questi stessi argomenti e prove nel contesto della domanda di annullamento della decisione impugnata. Infatti, nel contesto di tale domanda, il Tribunale non può, nell’esercizio del suo controllo di legittimità, sostituirsi alla commissione di ricorso su una valutazione in fatto che essa ha omesso di effettuare. Orbene, nel contesto di un ricorso di annullamento, come nel caso di specie, se il Tribunale conclude che una decisione della commissione di ricorso, contestata dinanzi ad esso con ricorso, è viziata da illegittimità, deve annullarla. Non può respingere il ricorso sostituendo la propria motivazione a quella dell’organo competente dell’UAMI, che è l’autore dell’atto impugnato [sentenza del Tribunale del 9 settembre 2010, Axis/OHMI – Etra Investigación y Desarrollo (ETRAX), T‑70/08, Racc. pag. II‑4645, punto 29].

82      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che la commissione di ricorso erroneamente ha dichiarato che la ricorrente non aveva espressamente rivendicato un carattere distintivo accresciuto dei marchi anteriori in seguito al loro uso. Tale errore comporta che la commissione di ricorso ha omesso di esaminare un fattore potenzialmente rilevante nella valutazione globale del rischio di confusione tra il marchio contestato ed i marchi anteriori [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 7 febbraio 2012, Dosenbach-Ochsner/UAMI – Sisma (Rappresentazione di elefanti in un rettangolo), T‑424/10, punti 55 e seguenti nonché la giurisprudenza ivi richiamata].

83      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 64, paragrafo 1, prima frase, del regolamento n. 207/2009], in seguito all’esame sul merito del ricorso, la commissione di ricorso delibera sul ricorso. Tale obbligo di esame del ricorso include la considerazione del carattere distintivo acquisito con l’uso, ove tale argomento sia dedotto. Non è escluso che l’esame della fondatezza degli argomenti e degli elementi di prova presentati dalla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI quanto al carattere distintivo acquisito con l’uso avrebbe indotto la commissione di ricorso a adottare una decisione con un contenuto differente da quello della decisione impugnata. Conseguentemente, omettendo di procedere a tale esame, la commissione di ricorso è incorsa in una violazione delle formalità sostanziali che deve sfociare nell’annullamento dell’atto impugnato [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 10 giugno 2008, Gabel Industria Tessile/UAMI – Creaciones Garel (GABEL), T‑85/07, Racc. pag. II‑823, punto 20].

84      Conseguentemente, si deve accogliere il primo motivo della ricorrente e, pertanto, annullare la decisione impugnata, senza necessità di pronunciarsi sugli altri motivi dedotti dalla ricorrente.

 Sulle spese

85      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 

86      L’UAMI e l’interveniente sono risultati soccombenti. Pertanto, da un lato, occorre condannare l’UAMI a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima. Dall’altro, occorre statuire che l’interveniente sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) del 24 marzo 2010 (procedimento R 770/2009-1) è annullata.

2)      L’UAMI sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Wesergold Getränkeindustrie GmbH & Co. KG.

3)      La Lidl Stiftung & Co. KG sopporterà le proprie spese.

Azizi

Frimodt Nielsen

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 settembre 2012.

Firme

Indice


Fatti

Conclusioni delle parti

In diritto

1. Osservazioni preliminari

2. Sul pubblico di riferimento

3. Sulla comparazione dei prodotti

4. Sulla comparazione dei segni in conflitto

a) Osservazioni preliminari

b) Sulla comparazione visiva

c) Sulla comparazione fonetica

d) Sulla comparazione concettuale

e) Valutazione intermedia

5.  Sul carattere distintivo dei marchi anteriori

a) Sul carattere distintivo intrinseco dei marchi anteriori

b) Sul carattere distintivo accresciuto dall’uso

Sulle spese


* Lingua processuale: il tedesco.