Language of document : ECLI:EU:T:1998:179

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

16 luglio 1998 (1)

«Fondo sociale europeo — Decisione di riduzione di due contributi finanziari — Ricorso d'annullamento — Ricevibilità — Certificazione di fatto e contabile — Incompetenza dell'ente nazionale — Motivazione — Diritti della difesa»

Nella causa T-72/97,

Proderec — Formação e Desinvolvimento de Recursos Humanos ACE, società di diritto portoghese, con sede in Almada (Portogallo), con l'avv. Manuel Rodrigues, del foro di Lisbona, Rua Torcato José Clavine, 17 D, 1° Esq., Pragal, Almada,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla signora Maria Teresa Figueira e dal signor Knut Simonsson, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento delle decisioni della Commissione 9 dicembre 1996, C (96) 2554 e C (96) 2555, recanti riduzione di due contributi comunitari assegnati dal Fondo sociale europeo,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dalla signora P. Lindh, presidente, e dai signori K. Lenaerts e J. D. Cooke, giudici,

cancelliere: signora B. Pastor, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e a seguito della trattazione orale del 2 aprile 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

1.
    Ai sensi dell'art. 1, n. 2, lett. a), della decisione del Consiglio 17 ottobre 1983, 83/516/CEE, relativa ai compiti del Fondo sociale europeo (GU L 289, pag. 38, in prosieguo: la «decisione 83/516»), il Fondo partecipa al finanziamento di azioni di formazione e di orientamento professionali.

2.
    L'art. 1 del regolamento (CEE) del Consiglio 17 ottobre 1983, n. 2950, concernente l'applicazione della decisione 83/516 (GU L 289, pag. 1, in prosieguo: il «regolamento n. 2950/83») elenca le spese che possono fruire di un contributo del Fondo sociale europeo (in prosieguo: il «FSE»).

3.
    L'approvazione data dal FSE ad una domanda di finanziamento comporta, ai sensi dell'art. 5, n. 1, del regolamento n. 2950/83, il versamento, alla data prevista per l'inizio dell'azione di formazione di un anticipo pari al 50% del contributo. Ai sensi del n. 4 dello stesso articolo, le domande di pagamento del saldo contengono una relazione particolareggiata sul contenuto, sui risultati e sugli aspetti finanziari dell'azione di cui trattasi e che lo Stato membro interessato attesta l'esattezza di fatto e contabile delle indicazioni che figurano in tali domande.

4.
    A termini dell'art. 6, n. 1, del regolamento n. 2950/83, qualora il contributo del FSE non sia utilizzato alle condizioni stabilite dalla decisione di approvazione, la Commissione può sospendere, ridurre o sopprimere il contributo stesso, dopo aver

dato allo Stato membro interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni. Il n. 2 di tale articolo dispone che le somme versate che non sono state utilizzate alle condizioni fissate dalla decisione di approvazione vengono recuperate.

5.
    L'art. 7 del regolamento n. 2950/83 disciplina, dal canto suo, le modalità delle verifiche in loco cui la Commissione può procedere.

6.
    L'art. 6, n. 1, della decisione della Commissione 22 dicembre 1983, 83/673/CEE, relativa alla gestione del Fondo sociale europeo (GU L 377, pag. 1, in prosieguo: la «decisione 83/673»), precisa che le domande di pagamento degli Stati membri devono pervenire alla Commissione entro dieci mesi dalla data della fine delle azioni. L'art. 6, n. 2, dispone che gli anticipi debbono essere restituiti qualora non fosse possibile giustificare i costi dell'azione entro i tre mesi successivi alla scadenza del termine di dieci mesi indicato al n. 1. Infine, l'art. 7 dispone che, quando la gestione di un'azione per la quale è stato accordato un contributo forma oggetto di un'indagine a causa di una presunzione di irregolarità, lo Stato membro ne avverte senza indugio la Commissione.

Fatti e procedimento

7.
    Nel 1988 il Dipartimento per gli affari del Fondo sociale europeo (che dipende dal Ministero del lavoro e della Previdenza sociale portoghese, in prosieguo: il «DAFSE») presentava al FSE, a nome della Repubblica portoghese e per conto della ricorrente, due domande di contributi finanziari per l'esercizio 1988, relative, da un lato, ad un progetto di azione di formazione mirante a preparare i giovani portoghesi ad assumere il primo impiego (pratica n. 881311 P1) e, dall'altro, ad un progetto di azione di formazione mirante a migliorare la specializzazione e la riconversione per fronteggiare la crisi economica (pratica n. 8802249 P3).

8.
    I due progetti venivano approvati con due decisioni della Commissione notificate alla ricorrente con lettere del DAFSE 25 maggio 1988. Per il progetto 881311 P1, la decisione fissava il contributo del FSE a 104 623 102 ESC, mentre la Repubblica portoghese si impegnava ad intervenire con un finanziamento di 85 600 720 ESC, tramite l'Orçamento da Segurança Social/Instituto de Gestão Financeira da Segurança Social (Bilancio della previdenza sociale/Istituto di gestione finanziaria della previdenza sociale; in prosieguo: l'«OSS/IGFSS»). Per il progetto 880249 P3, la decisione fissava il contributo del FSE a 60 851 922 ESC, mentre il finanziamento statale portoghese ammontava a 49 787 936 ESC, sempre tramite l'OSS/IGFSS.

9.
    Il 14 luglio 1988 la ricorrente, in applicazione dell'art. 5, n. 1, del regolamento n. 2950/83, riscuoteva un anticipo pari al 50% dei contributi del FSE, nonché dei finanziamenti dell'OSS/IGFSS, cioè, per la pratica n. 881311 P1, gli importi di

52 311 551 ESC e di 42 800 360 ESC, e per la pratica n. 880249 P3, gli importi di 30 425 961 ESC e di 24 893 968 ESC.

10.
    Portate a termine le due azioni in questione, essa chiedeva al DAFSE il versamento del saldo dei contributi che le spettavano.

11.
    Il 2 febbraio 1990 il DAFSE informava la ricorrente che la sua domanda di pagamento del saldo nella pratica n. 881311 P1 era stata trasmessa alla Commissione, previa certificazione dell'esattezza di fatto e contabile delle spese effettuata il 30 ottobre 1989, ma che non era stato riconosciuto un importo di 6 491 845 ESC.

12.
    Il 16 ottobre 1991 la ricorrente chiedeva al DAFSE di precisarle la data di pagamento del saldo dei contributi ottenuti per i due progetti portati ad esecuzione. Il 24 ottobre 1991 il DAFSE rispondeva di essere in attesa di una relazione e dell'esito di un controllo contabile.

13.
    Non avendo il DAFSE trasmesso questi due documenti, il 17 settembre 1993 la ricorrente agiva in giudizio contro lo Stato portoghese, ai sensi dell'art. 69 della Lei do Processo dos Tribunais Administrativos n. 262/85, del 16 luglio 1985 (decreto legge sul procedimento dinanzi ai Tribunali amministrativi; in prosieguo: la «LPTA», chiedendo il riconoscimento del suo diritto a riscuotere il saldo dei contributi. La domanda veniva disattesa, in quanto non doveva venir convenuto lo Stato portoghese, bensì l'ente che aveva emesso l'atto, nella fattispecie impersonato dal direttore generale del DAFSE. La ricorrente promuoveva quindi un'azione analoga nei confronti del direttore del DAFSE. Anche questa seconda azione restava infruttuosa, in quanto si doveva citare per responsabilità civile lo Stato portoghese, ai sensi dell'art. 73 della LPTA e dell'art. 51, n. 1, lett. h), dell'Estatuto do Tribunal Admnistrativo (Statuto del Tribunale amministrativo).

14.
    Il 26 gennaio 1994 il DAFSE comunicava alla ricorrente i risultati di un controllo effettuato a sua richiesta dall'Inspecçáo-Geral de Finanças (in prosieguo: l'«IGF»). Il 24 febbraio 1994 la ricorrente presentava le sue osservazioni, a proposito delle quali il DAFSE chiedeva talune delucidazioni il 16 maggio 1994, delucidazioni che venivano fornite dalla ricorrente il 26 maggio 1994.

15.
    Il 9 settembre 1994 il DAFSE comunicava alla ricorrente le decisioni che aveva adottato sulle domande di pagamento del saldo ed ingiungeva alla ricorrente di restituire, entro 30 giorni, l'importo complessivo di 62 856 998 ESC, suddiviso in 29 052 034 ESC per la pratica n. 881311 P1 e 33 804 964 ESC per la pratica n. 880249 P3. La ricorrente si opponeva all'ingiunzione di pagamento con un ricorso proposto il 10 ottobre 1994 dinanzi al Tribunal Administrativo de Círculo de Lisboa, deducendo in particolare la prescrizione dell'eventuale credito del DAFSE nei suoi confronti.

16.
    L'11 maggio 1995 il DAFSE informava la ricorrente che la Commissione aveva approvato la domanda di pagamento del saldo per la pratica n. 880249 P3 e si richiamava alla certificazione fatta dal DAFSE il 9 settembre 1994, la quale verteva altresì sulla pratica n. 881311 P1 (v. punto precedente).

17.
    Il 25 maggio 1995 la ricorrente chiedeva al DAFSE di trasmetterle un attestato o una copia autenticata della decisione di approvazione della domanda di versamento del saldo per la pratica n. 880249 P3. La ricorrente non ha tuttavia ottenuto risposta al suo sollecito.

18.
    Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale 10 luglio 1995, la ricorrente ha proposto un ricorso d'annullamento nei confronti della decisione della Commissione di ridurre i due contributi finanziari del FSE che le era stata comunicata nella lettera del DAFSE 11 maggio 1995 (causa T-145/95).

19.
    Il 9 dicembre 1996 la Commissione ha adottato le decisioni C (96) 2554 e C (96) 2555 (in prosieguo: le «decisioni controverse»), onde ridurre, nelle pratiche n. 881311 P1 e n. 880249 P3, l'importo della sovvenzione concessa con la decisione C (88) 831/29.04.88.

20.
    Nel controricorso nella causa T-145/95, depositato il 16 dicembre 1996, la Commissione ha precisato che le decisioni controverse, ivi allegate, sostituivano l'atto d'approvazione da parte della Commissione della domanda di pagamento del saldo dei contributi finanziari concessi nelle pratiche nn. 881311 P1 e 880249 P3 che avrebbe assunto la forma delle note di addebito della Commissione nn. 95001035 U e 95001037 W, che stabilivano l'importo della restituzione in 15 978 619 ESC e, rispettivamente, 18 592 730 ESC.

21.
    Essa ne ha dedotto che non vi era più luogo di provvedere sul ricorso.

22.
    Con lettera della cancelleria del Tribunale 10 gennaio 1997, la ricorrente è stata invitata a pronunciarsi su quest'ultima asserzione. Essa ha fatto pervenire le sue osservazioni il 4 febbraio 1997.

23.
    Nell'ordinanza 28 maggio 1997, causa T-145/95, Proderec/Commissione (Racc. pag. II-823), il Tribunale ha rilevato (punto 23), che con l'adozione delle decisioni controverse, la Commissione aveva implicitamente revocato l'atto impugnato, in quanto non rispondeva all'obbligo di motivare una decisione che riduce l'entità di un contributo comunitario inizialmente concesso. Esso ha pure considerato (punto 26) che la revoca dell'atto impugnato aveva prodotto effetti equivalenti a quelli di una sentenza di annullamento, salvo restando il diritto della ricorrente a contestare la legittimità delle decisioni controverse con un ricorso separato. Esso ne ha dedotto (punti 27-29) che la ricorrente non aveva alcun interesse all'annullamento dell'atto impugnato, di guisa che il ricorso era divenuto privo di oggetto e che non vi era più luogo a provvedere.

24.
    Il 28 gennaio 1997 il DAFSE comunicava alla ricorrente le decisioni controverse, mediante due lettere redatte in termini identici nel modo seguente:

«A seguito della nostra nota n. [5394 per la pratica n. 881311 P1 e, rispettivamente, 5445 per la pratica n. 880249 P3], del 95.05.11, troverete in allegato copia della decisione formale della Commissione europea relativa alla pratica [881311 P1 e, rispettivamente, 880249 P3]».

25.
    Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 marzo 1997, la ricorrente ha proposto il presente ricorso di annullamento delle decisioni controverse.

26.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Tuttavia, come misura di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha invitato la ricorrente a rispondere per iscritto ad un quesito prima dell'udienza, il che è stato fatto entro il termine impartito.

27.
    Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all'udienza del 2 aprile 1998.

Conclusioni delle parti

28.
    Nell'atto introduttivo la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

—    annullare le decisioni controverse;

—    condannare la Commissione alle spese;

29.
    Nella replica essa aggiunge che si deve respingere la «questione dell'irricevibilità».

30.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

—    dichiarare il ricorso irricevibile;

—    altrimenti, respingerlo;

—    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

31.
    Senza sollevare formalmente un'eccezione d'irricevibilità ai sensi dell'art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, la Commissione rileva nel controricorso che il ricorso è stato proposto oltre il termine fissato dall'art. 173, quinto comma, del

Trattato CE. Essa osserva che la ricorrente ha preso conoscenza della decisione controversa al momento in cui le è stato comunicato il controricorso nella causa T-145/95, e cioè al più tardi il 7 gennaio 1977, giacché vi era stata allegata una copia delle suddette decisioni. Rilevando che la cancelleria del Tribunale ha chiesto il 10 gennaio 1997 alla ricorrente di pronunciarsi sul non luogo a provvedere, essa ne ha dedotto che si tratta comunque della data più recente che può essere presa in considerazione come punto di partenza del termine di ricorso. Essa aggiunge che, trattandosi di decisioni di cui la ricorrente non è destinataria, il dies a quo da prendere in considerazione non è la data della notifica di tali decisioni alla ricorrente da parte del DAFSE, bensì la data in cui la ricorrente ha preso conoscenza delle decisioni, cioè, nel caso di specie, il 10 gennaio 1997 al più tardi. Dato che il presente ricorso è stato proposto il 27 marzo 1997, esso sarebbe manifestamente tardivo e quindi irricevibile.

32.
    La ricorrente rileva che le decisioni controverse le sono state notificate il 28 gennaio 1997 dal DAFSE, di guisa che, ai sensi dell'art. 173, quinto comma, del Trattato, il termine per la proposizione del ricorso d'annullamento ha iniziato a decorrere solo in tale data. Di conseguenza, un ricorso proposto il 27 marzo 1997 risponderebbe manifestamente ai requisiti di termine posti dall'art. 173, quinto comma, del Trattato.

Giudizio del Tribunale

33.
    L'art. 173, quinto comma, del Trattato, stabilisce il termine per la proposizione di un ricorso d'annullamento in due mesi, a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell'atto, dalla sua notificazione al ricorrente o in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza. Tale termine deve inoltre essere maggiorato, ai sensi dell'art. 102, n. 2, del regolamento di procedura, di un termine di dieci giorni in ragione della distanza, quando la parte ricorrente ha sede, come nel caso di specie, in Portogallo.

34.
    La ricorrente non è la destinataria delle decisioni controverse. Queste sono state rivolte alle autorità della Repubblica portoghese (art. 4 di ciascuna delle decisioni), nel caso di specie al DAFSE. Cionondimeno, la ricorrente è direttamente ed individualmente riguardata, ai sensi dell'art. 163, quarto comma, del Trattato, dalle suddette decisioni, in quanto esse la privano di una quota dei contributi finanziari del FSE che le erano stati inizialmente concessi, senza che le autorità portoghesi, dispongano sotto questo profilo, di un autonomo potere discrezionale (v. in particolare, sentenze della Corte 7 maggio 1991, causa C-291/89, Interhotel/Commissione (Racc. pag. I-2257, punto 13, e 4 giugno 1992, causa C-157/90, Infortec/Commissione, Racc. pag. I-3525, punto 17).

35.
    Nel caso di specie, si tratta di accertare se, come assume la Commissione, la ricorrente abbia proposto il ricorso in oggetto oltre due mesi e dieci giorni dopo

aver avuto conoscenza delle decisioni controverse, atteso che queste sono state notificate al loro destinatario, il DAFSE, e non sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.

36.
    Ora, pur se è pacifico che la Commissione ha allegato copie delle due decisioni controverse al controricorso da esso presentata il 18 dicembre 1996 nella causa T-145/95 (v. supra, punto 20), essa non ha provato che la ricorrente abbia effettivamente avuto conoscenza dell'esistenza e del contenuto delle decisioni controverse il 7 gennaio 1997, o addirittura il 10 gennaio 1997 (v. supra, punto 31). In proposito, essa non può limitarsi ad invocare la data in cui la cancelleria del Tribunale ha trasmesso il controricorso e i suoi allegati alla persona autorizzata, nell'ambito del solo procedimento T-145/95, a ricevere tutte le notifiche rivolte alla ricorrente, ai sensi dell'art. 44, n. 2, del regolamento di procedura. Infatti, non può desumersi da questa sola circostanza che la ricorrente abbia avuto un'effettiva conoscenza dell'esistenza e del contenuto delle decisioni controverse, ai sensi dell'art. 173, quinto comma, del Trattato, che avesse fatto decorrere il termine previsto da tale disposizione per promuovere un nuovo procedimento diverso dalla causa T-145/95, e ciò anche se questo nuovo procedimento dovesse mettere a confronto le stesse parti.

37.
    Si deve quindi ritenere che le date in cui la ricorrente ha avuto un'esatta conoscenza dell'autore, del contenuto e della motivazione delle decisioni controverse in modo da poter esercitare il suo diritto di agire (v. sentenze della Corte 5 marzo 1980, causa 76/79, Könecke/Commissione, Racc. pag. 665, punto 7, e 6 dicembre 1990, causa C-180/88, Wirtschaftsvereinigung Eisen und Stahlindustrie/Commissione, Racc. pag. I-4413, punto 22), sono il 28 gennaio 1997 e il 4 febbraio 1997 (v. supra, punti 22 e 24). La prima data è quella in cui la ricorrente ammette di aver ricevuto copia delle decisioni controverse da parte del DAFSE. La seconda è quella in cui essa ha presentato le sue osservazioni sulla domanda di non luogo a provvedere formulata nel controricorso della Commissione nella causa T-145/95, al quale erano allegate copie delle decisioni controverse.

38.
    Ne consegue che il ricorso in oggetto è stato proposto entro il termine di due mesi previsto dall'art. 173, quinto comma, del Trattato maggiorato di dieci giorni in ragione della distanza, a decorrere dalla conoscenza delle decisioni controverse da parte della ricorrente.

39.
    Il suddetto ricorso è quindi ricevibile.

Nel merito

40.
    La ricorrente deduce in sostanza quattro motivi relativi, in primo luogo, alla violazione della normativa pertinente, risultante dalla seconda certificazione effettuata dal DAFSE, in secondo luogo, alla violazione dell'art. 190 del Trattato,

in terzo luogo, allo sviamento di potere e, in quarto luogo, alla violazione dei diritti della difesa della ricorrente.

Sul primo motivo, relativo alla violazione della normativa pertinente, attraverso la seconda certificazione effettuata dal DAFSE

Argomenti delle parti

41.
    La ricorrente si avvale di vizi che inficiano la seconda certificazione da parte del DAFSE, il 9 settembre 1994, dell'esattezza di fatto e contabile delle spese presentate a sostegno della domanda di pagamento del saldo dei due contributi finanziari del FSE, per contestare la legittimità delle decisioni controverse adottate in base alla suddetta certificazione.

42.
    Il suo motivo comporta tre parti.

— Pima parte del motivo

43.
    La ricorrente eccepisce l'incompetenza ratione temporis del DAFSE. Questo non avrebbe potuto modificare, mediante una seconda certificazione di fatto e contabile, quella effettuata il 30 ottobre 1989, ai sensi dell'art. 5, n. 4 del regolamento n. 2950/83. Stando ai termini dell'art. 1, n. 2, dell'art. 4 e dell'art. 6, nn. 1 e 2, della decisione 83/673, la certificazione di fatto e contabile delle spese presentate nella domanda di pagamento di un contributo finanziario del FSE dal beneficiario deve aver luogo entro il termine di tredici mesi dopo la fine delle azioni così finanziate. Ora, nel caso di specie, la ricorrente avrebbe terminato alla fine del 1989 le azioni finanziate mediante i due contributi finanziari del FSE. La seconda certificazione di fatto e contabile effettuata dal DAFSE nel 1994 sarebbe quindi manifestamente stata effettuata al di fuori del termine impartito da tali disposizioni.

44.
    Nella replica la ricorrente aggiunge che la Commissione non può ora cercare di giustificare la seconda certificazione sostenendo che il DAFSE nutriva fin dal 25 gennaio 1990 taluni dubbi quanto alla realtà di fatto e contabile delle spese presentate in allegato alla sua domanda di pagamento. Ella rileva che, se il DAFSE avesse avuto siffatti dubbi nell'ottobre 1989 al momento in cui ha proceduto alla prima certificazione, avrebbe potuto portargli a sua conoscenza il 2 febbraio 1990, il che non è stato fatto. Essa rileva d'altronde che la lettera del DAFSE 2 febbraio 1990 che le comunicava la prima certificazione non precisava che questa fosse stata effettuata con una qualsiasi riserva.

45.
    Analogamente, nella replica, la ricorrente osserva che le spese la cui ammissibilità viene discussa dalla Commissione nel controricorso vertono su prestazioni provate

in base a documenti provenienti da due altre imprese. Dato che le prestazioni sono state fornite da due imprese e le loro fatture sono state pagate dalla ricorrente, questa ritiene che le eventuali irregolarità rivelatesi in tali documenti non possano esserle addebitate.

46.
    La Commissione rigetta l'interpretazione delle disposizioni regolamentari pertinenti difesa dalla ricorrente.

47.
    Essa eccepisce anzitutto che l'art. 6, n. 1, del regolamento n. 2950/83 non prevede alcun termine per procedere alla riduzione di un contributo finanziario del FSE e che l'art. 7 dello stesso regolamento non impone nemmeno un termine per effettuare i controlli da esso previsto. Tale situazione rifletterebbe in realtà la volontà del legislatore comunitario di non subordinare la riduzione di un contributo o la verifica di un sospetto d'irregolarità all'osservanza di termini.

48.
    La Commissione rileva poi che, pur se, il 30 ottobre 1989, lo Stato portoghese ha attestato l'esattezza di fatto e contabile della domanda di pagamento del saldo dei contributi finanziari del FSE presentata dalla ricorrente, il tecnico del DAFSE incaricato della pratica aveva già proposto, nella scheda d'informazione del 27 ottobre 1989, di effettuare un controllo finanziario dei progetti di cui trattasi a causa delle lacune accertate. Essa ne deduce che i dati di fatto e contabili che figurano nella domanda di pagamento del saldo dei contributi sono stati certificati dal DAFSE a titolo condizionale, per preservare gli interessi della ricorrente, la quale, in mancanza, avrebbe perso il diritto al pagamento dei contributi da parte della Commissione, anche se i sospetti di irregolarità non sono stati successivamente confermati. Essa ha aggiunto che il 25 gennaio 1990 il DAFSE ha chiesto all'IGF di procedere ad una verifica delle pratiche di cui trattasi.

49.
    La Commissione rileva infine che la ricorrente conosceva perfettamente i motivi che avevano indotto il DAFSE a dubitare dell'ammissibilità di talune spese, giacché, il 26 gennaio 1994, essa aveva avuto conoscenza dei risultati del controllo effettuati su iniziativa del DAFSE e aveva potuto commentarli. In tale occasione, la ricorrente sarebbe stata però incapace di contestare la fondatezza dell'analisi riportata nei risultati di tale controllo contabile e non avrebbe potuto fornire alcuna prova atta ad inficiare le sue conclusioni. La Commissione cita per l'appunto taluni passi della relazione contabile relativi alle prestazioni e ai documenti di due imprese cui la ricorrente ha fatto ricorso per effettuare le azioni finanziate nell'ambito dei suoi due progetti. Essa ha rilevato che, nell'ambito del presente ricorso, la ricorrente non contesta l'esattezza di fatto e contabile degli addebiti che vengono formulati in tale relazione contabile.

— Seconda parte del motivo

50.
    La ricorrente assume che il DAFSE è andato oltre le attribuzioni conferitegli in materia dall'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83 e dell'art. 2, n. 1, lett. b), del decreto legge portoghese n. 37/91. Tali disposizioni limitano la competenza del

DAFSE alla sola certificazione di fatto e contabile dei dati allegati alla domanda di pagamento del saldo dei contributi finanziari del FSE. IL DAFSE può soltanto esercitare il suo potere di certificazione di fatto e contabile al momento della trasmissione della domanda di pagamento del saldo. Ora, nel caso di specie, la seconda certificazione di fatto e contabile effettuata dal DAFSE, portata a conoscenza della ricorrente con la lettera 9 settembre 1994, ha riguardato elementi diversi da quelli trasmessi all'atto della prima certificazione del 30 ottobre 1989. L'effetto di revoca della prima certificazione provocato dalla seconda è quindi illegittimo per questo motivo. La ricorrente rileva pure gli effetti della certificazione di fatto e contabile del DAFSE sul contributo finanziario nazionale, in forza delle disposizioni pertinenti della normativa portoghese, insistendo sul fatto che tale certificazione conferisce un diritto al pagamento del contributo nazionale.

51.
    La Commissione ribatte che la certificazione da parte del DAFSE dell'esattezza di fatto e contabile, in conformità alle disposizioni dell'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83, non significa che tale ente non possa più esaminare a posteriori la domanda di pagamento del saldo e, in caso di necessità, presentare una domanda di pagamento corretta alla Commissione. L'obbligo di certificazione dello Stato membro dovrebbe esaminarsi alla luce, in primo luogo dell'intento di evitare le irregolarità nell'uso del contributo del FSE e, in secondo luogo della responsabilità sussidiaria dello Stato membro per il pagamento di un contributo utilizzato in modo irregolare, prevista dall'art. 6, n. 2, del regolamento n. 2950/83. Procedendo nel 1994 alla certificazione definitiva della domanda di pagamento dei saldi previa correzione delle irregolarità rivelatesi nella realizzazione delle azioni, il DAFSE non avrebbe quindi emanato un nuovo atto annullante la prima certificazione avvenuta il 30 ottobre 1989.

52.
    Analogamente, le spese non certificate dallo Stato membro non sarebbero escluse dalla valutazione della Commissione, dato che l'art. 7, n. 3, del regolamento n. 2950/83 prevede che «gli Stati membri tengono a disposizione della Commissione gli elementi giustificativi dell'attestazione di cui all'articolo 5, paragrafi 2 e 4». Inoltre, nella sentenza 13 dicembre 1995 [causa T-85/94 (122), Commissione/Branco, Racc. pag. II-2993, punti 23 e 24], il Tribunale ha ricordato che è la Commissione a statuire sulle domande di pagamento del saldo ed è alla stessa istituzione — e ad essa soltanto — che spetta il potere di ridurre il contributo finanziario del FSE, in conformità all'art. 6, n. 1, del regolamento n. 2950/83 e che è la Commissione ad assumersi, nei confronti del destinatario di un contributo del FSE, la responsabilità giuridica della decisione mediante la quale il suo contributo viene ridotto, a prescindere dal fatto che detta riduzione sia stata proposta o meno dall'autorità nazionale competente.

53.
    Quanto all'effetto della certificazione sul contributo nazionale, la Commissione fa rilevare che quest'ultimo non è stato versato nel caso di specie, dato che l'ente nazionale competente nutriva già all'epoca sospetti che, quanto alla regolarità di talune spese. Inoltre, essa ritiene che, anche se il pagamento del contributo

nazionale fosse stato effettuato, ciò non avrebbe conferito alcun diritto alla ricorrente in forza del diritto nazionale portoghese.

— Terza parte del motivo

54.
    La ricorrente rileva che il DAFSE ha utilizzato un criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria» per procedere alla seconda attestazione di fatto e contabile portata a sua conoscenza il 9 settembre 1994. Ora, in primo luogo il DAFSE non sarebbe stato competente per applicare un criterio del genere all'atto della certificazione di fatto e contabile cui doveva procedere e, in secondo luogo, tale criterio non sarebbe stato utilizzato al momento della prima certificazione del 30 ottobre 1989.

55.
    Ponendo in rilievo il fatto che il DAFSE non le ha mai addebitato la mancanza di effettiva realizzazione o di contabilizzazione delle spese che figurano nelle sue domande di pagamento del 1989, la ricorrente si avvale di una ripartizione delle attribuzioni tra la Commissione e il DAFSE per dichiarare che quest'ultimo è solo incaricato di accertare se i dati che figurano sulla domanda di pagamento e la loro espressione contabile corrispondano alla realtà. Essa ne deduce che il DAFSE non ha il potere di procedere ad un controllo a posteriori dell'osservanza della decisione di approvazione di un contributo finanziario del FSE, a fortiori secondo un criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria». Infatti, tenuto conto dell'autonomia di gestione del FSE in quanto strumento di una politica comunitaria dell'impiego e della formazione professionale e della necessità di operare un'applicazione uniforme del diritto comunitario, più in particolare delle condizioni stabilite nella decisione di approvazione di una domanda di contributo finanziario comunitario, la valutazione dell'osservanza di queste ultime condizioni spetta esclusivamente alla Commissione.

56.
    Nel procedere ad una attestazione di fatto e contabile, il DAFSE deve o concludere per l'esattezza di fatto e contabile degli elementi che gli vengono presentati dal destinatario, e quindi certificarli, o concludere per la loro inesattezza di fatto e contabile e quindi rifiutare di certificarli. Il DAFSE non può comunque esprimere un giudizio di valore sui fatti che è tenuto a certificare. In realtà, le differenze accertate tra la certificazione effettuata il 2 febbraio 1990 e quella effettuata il 9 settembre 1994 si spiegherebbero con l'applicazione del criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria».

57.
    La ricorrente rileva d'altronde che il DAFSE non aveva definito il detto criterio previamente alla sua applicazione all'atto della seconda attestazione e ch'esso non ne aveva fatto menzione all'atto della prima.

58.
    La Commissione ribatte che la riduzione dei contributi finanziari del FSE si basano non soltanto sull'applicazione del criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria», ma anche sull'inosservanza di talune altre condizioni poste dalle

decisioni di approvazione delle domande di contributo. Il criterio di cui trattasi figura d'altronde fra le condizioni stabilite in queste ultime decisioni. Aderendo all'atto di accettazione della decisione di approvazione, la ricorrente si è quindi impegnata ad utilizzare gli aiuti concessi in conformità alle norme nazionali comunitarie vigenti. Ora, tanto le norme nazionali quanto le norme comunitarie di cui trattasi prevedono per l'appunto l'applicazione di criteri di buona gestione finanziaria.

59.
    L'art. 7 del regolamento n. 2950/83 prevede che possono effettuarsi accertamenti del contenuto di una domanda del pagamento del saldo e che lo Stato membro appoggia la Commissione nelle sue verifiche, salvi restando i controlli effettuati dallo stesso Stato membro.

Giudizio del Tribunale

60.
    Prima di procedere all'esame delle tre parti del primo motivo, e al fine di consentire tale esame, è necessario stabilire la natura e la portata della certificazione di fatto e contabile ai sensi della normativa comunitaria in questione.

— Sulla natura e sulla certificazione di fatto e contabile

61.
    L'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83, sola disposizione che tratta della certificazione dell'esattezza di fatto e contabile delle domande di pagamento del saldo, recita:

«Le domande di pagamento del saldo contengono una relazione particolareggiata sul contenuto, i risultati e gli aspetti finanziari dell'azione considerata. Lo Stato membro certifica l'esattezza di fatto e contabile delle indicazioni contenute nelle domande di pagamento».

62.
    La certificazione di cui si parla all'art. 5, n. 2 dello stesso regolamento riguarda esclusivamente l'eventuale secondo anticipo che può essere versato fino a un massimo del 30% e verte sulla realizzazione della metà dell'azione alle condizioni stabilite nella decisione di approvazione.

63.
    L'art. 7, n. 3, del regolamento n. 2950/83 prescrive inoltre agli Stati membri di tenere «a disposizione della Commissione gli elementi giustificativi dell'attestazione di cui all'articolo 5, paragrafi 2 e 4».

64.
    Quest'attestazione non viene, invece menzionata né nella decisione 83/516 né nella decisione 83/673, anche se vi si fa richiamo nell'allegato 2 di quest'ultima decisione, che contiene un esemplare del modulo che il destinatario deve compilare per ottenere il pagamento del saldo.

65.
    L'art. 6, nn. 1 e 2, della decisione 83/673 precisa tuttavia:

«Le domande di pagamento degli Stati membri devono pervenire alla Commissione entro dieci mesi dalla data della fine delle azioni. E' escluso il pagamento del contributo per il quale la domanda è presentata dopo lo scadere di tale termine. Gli anticipi debbono essere restituiti qualora non fosse possibile giustificare i costi dell'azione in questione per mezzo del formulario dell'allegato 2 entro il tre mesi successivi all'espirazione del termine di dieci mesi indicato al paragrafo 1».

66.
    Il modulo di cui all'allegato 2 è quello che il destinatario del contributo consegna allo Stato membro per consentirgli di procedere alla certificazione prevista dall'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83 (v. punto 64 supra).

67.
    La certificazione di cui si tratta nell'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83 consiste quindi nell'accertare l'esattezza di fatto e contabile dei dati comunicati a sostegno della domanda di pagamento del saldo di un contributo da parte del destinatario di quest'ultimo. Una casella del modulo che figura nell'allegato 2 della decisione 83/673 è specificamente riservata a tal fine.

68.
    Quando un beneficiario trasmette una domanda di pagamento del saldo di un contributo finanziario del FSE alle autorità competenti di uno Stato membro, queste ultime possono assumere tre atteggiamenti. Possono trasmettere una domanda tale e quale, attestando l'esattezza di fatto e contabile di tutte le spese presentate. Possono anche trasmettere tale domanda alla Commissione precisando che certificano l'esattezza di fatto e contabile di una parte soltanto dei dati presentati, come ha fatto nel caso di specie il DAFSE il 30 ottobre 1989. Esse possono infine non fare niente, col rischio di far decadere il destinatario dal diritto di riscuotere l'importo non ancora versato del contributo comunitario che gli è stato concesso qualora l'inerzia delle autorità nazionali dello Stato membro si prolunghi oltre il termine fissato all'uopo dall'art. 6, n. 1, della decisione 83/673. Come sostiene la ricorrente, la mancanza di attestazione di fatto e contabile di una spesa costituisce quindi una decisione finale in materia di finanziamento, dato che il potere di certificazione di cui all'art. 5, n. 4, dev'essere esercitato entro un certo termine.

69.
    Per quanto riguarda la portata di tale attestazione di fatto e contabile, va rilevato in primo luogo che l'atto di attestazione adottato dallo Stato membro non lo esime dagli altri obblighi che gli incombono in forza della normativa comunitaria pertinente.

70.
    Quindi, anche se ha già effettuato la certificazione di cui all'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83, essa resta vincolato all'art. 2, n. 2, della decisione 83/516, a termini del quale:

«Gli Stati membri interessati garantiscono il buon esito delle azioni [...]».

71.
    Essa resta pure obbligato dai termini dell'art. 7 della decisione 83/673, il quale dispone:

«Quando la gestione di un azione per la quale è stato accordato un contributo forma oggetto di un'indagine a causa di una presunzione di irregolarità, lo Stato membro ne avverte la Commissione senza indugio».

72.
    Gli obblighi che derivano da tale disposizione non sono affetti da alcuna restrizione nel tempo, e vanno interpretati nel senso che valgono durante l'intera gestione di un'azione finanziata dal FSE. Ora, il periodo che decorre tra la presentazione, da parte dello Stato membro, della domanda di pagamento del saldo del contributo finanziario presentata dal destinatario del suddetto contributo e il momento in cui la Commissione emana una decisione non può considerarsi esulare dalla gestione di detta azione, di cui fa menzione l'art. 7 della decisione 83/673. Risulta d'altra parte che lo Stato membro è considerato interlocutore privilegiato della Commissione tanto nell'art. 5, n. 5, parte finale del regolamento n. 2950/83, secondo il quale «la Commissione informa tutte le parti interessate al momento in cui esegue un pagamento», quanto negli artt. 6 e 7 dello stesso regolamento, che disciplinano la procedura da seguire qualora la Commissione accerti che non sono state osservate le condizioni per la concessione o intenda effettuare talune verifiche successive ad una domanda di pagamento. Questi elementi confermano quindi che lo Stato membro resta vincolato da taluni obblighi dopo aver proceduto all'attestazione di fatto e contabile di cui all'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83. Infine, va rilevato che, siccome l'art. 7 della decisione 83/673 non fa alcuna menzione di un carattere necessariamente fraudolento delle irregolarità che gli Stati membri sono tenuti a denunciare alla Commissione non appena ne sospettino l'esistenza, la ricorrente non può sostenere, come sembrava suggerire la sua risposta a un quesito del Tribunale in udienza, che l'eventuale mancanza di natura fraudolenta delle irregolarità privi di contenuto l'obbligo così imposto agli Stati membri.

73.
    Va d'altra parte ricordato che, secondo la giurisprudenza, solo la Commissione ha il potere di ridurre un contributo comunitario nell'ambito del FSE (v. sentenza della Corte 24 ottobre 1996, causa C-32/95 P, Commissione/Lisrestal e a., Racc. pag. I-5373, punto 29, e sentenza Commissione/Branco, citata, punto 23). L'esercizio di questo potere esclusivo della Commissione non può essere condizionato dall'attestazione di cui all'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83. La Commissione resta infatti libera di ridurre un contributo comunitario anche se lo Stato membro ha attestato l'esattezza di fatto e contabile di tutti i dati forniti a sostegno della domanda di pagamento del saldo. La normativa pertinente non fissa alcun termine particolare per l'esercizio di tale potere.

74.
    Quindi, tenuto conto della garanzia di buon fine delle azioni finanziate che assume lo Stato membro in base all'art. 2, n. 2, della decisione 83/516 e dell'obbligo dello Stato membro di denunciare alla Commissione qualsiasi sospetto d'irregolarità,

sancito dall'art. 7 della decisione 83/673, qualsiasi attestazione di cui all'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83, deve considerarsi per sua natura un'operazione effettuata con ogni riserva dallo Stato membro. Un'interpretazione diversa comprometterebbe l'effetto utile dell'art. 7 della decisione 83/673, che impone allo Stato membro di denunciare le irregolarità accertate nella gestione delle azioni da finanziare tramite il FSE.

— Sulla prima parte del motivo

75.
    Dalle considerazioni che precedono risulta che la ricorrente non può far valere un'incompetenza ratione temporis del DAFSE ad effettuare gli atti di verifica di cui fa menzione nella sua lettera 9 settembre 1994. Anzitutto, tali atti non possono considerarsi manifestazione di una seconda certificazione di fatto e contabile ai sensi dell'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83. Si tratta in realtà dell'esecuzione dei compiti che spettano alle competenti autorità della Repubblica portoghese nell'ambito dell'attuazione dei contributi finanziari del FSE, ai sensi dell'art. 2, n. 2,della decisione 83/516 e dell'art. 7 della decisione 83/673. Come ha segnalato la Commissione, senza essere contraddetta dalla ricorrente, le schede tecniche compilate il 25 gennaio 1990 dal funzionario del DAFSE incaricato di esaminare la domanda di pagamento del saldo dei contributi indicano che già in tale data si sospettavano irregolarità. La sola certificazione di fatto e contabile effettuata nell'ambito di questa pratica e rispondente alle prescrizioni dell'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83 è l'atto cui il DAFSE si richiama nella lettera 2 febbraio 1990. Detta certificazione risponde d'altronde alle prescrizioni in materia di termini dell'art. 6, n. 1, della decisione 86/673, come ammette la ricorrente.

76.
    Il fatto che il DAFSE non abbia avvertito la ricorrente dei sospetti che nutriva nei confronti della sua domanda di pagamento del saldo dei contributi quando l'ha informata il 2 febbraio 1990 della compilazione dell'attestazione di fatto e contabile non è tale da inficiare la legittimità delle decisioni controverse, dato che l'art. 7 della decisione 83/673 non impone affatto allo Stato membro o alla Commissione di informare immediatamente il destinatario dell'esistenza di sospetti riguardanti la regolarità dei dati presentati a sostegno di una domanda di pagamento di un saldo. Analogamente, ha scarsa rilevanza il fatto che la lettera del DAFSE 2 febbraio 1990 non dichiari formalmente che la certificazione di fatto e contabile è stata effettuata il 30 ottobre 1989 con ogni riserva. Infatti, dalle disposizioni regolamentari pertinenti risulta che una certificazione conforme all'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83 non esime lo Stato membro considerato dagli altri obblighi che gli impongono tali disposizioni.

77.
    Va rilevato poi che le decisioni controverse non fanno affatto menzione dell'esistenza di due certificazioni ai sensi dell'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83. La sola certificazione di tal natura cui esse rinviano (terzo considerando) è quella effettuata il 30 ottobre 1989. Inoltre, anche se nella lettera

9 settembre 1994 il DAFSE si richiama più volte ad una certificazione [certificação], esso non menziona l'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83.

78.
    Infine, sia per quanto riguarda l'obbligo dello Stato membro di avvertire la Commissione quando sospetta l'esistenza di talune irregolarità sia per quanto riguarda la competenza della Commissione a ridurre un contributo del FSE, nessun termine particolare è stato stabilito nella normativa comunitaria (v. punti 71 e 72 supra). Quindi, anche se si dovesse considerare che quest'obbligo andava adempiuto e che questa competenza andava esercitata entro un termine ragionevole, sarebbe sufficiente rilevare che, nel caso di specie, la ricorrente non ha sostenuto che la lunghezza del tempo decorso tra i diversi atti adottati dal DAFSE e dalla Commissione fosse irragionevole ed inficiasse quindi, in quanto tale, la legittimità delle decisioni controverse, anche se la ricorrente menziona questi vari periodi di tempo.

79.
    Ne consegue che la prima parte del motivo è infondata.

— Sulla seconda parte del motivo

80.
    Risulta del pari dalle considerazioni relative alla natura e alla portata della certificazione di fatto e contabile che, procedendo a talune indagini complementari e a talune verifiche, il DAFSE non ha ecceduto i poteri che la normativa comunitaria attribuisce agli Stati membri nell'ambito dell'esame di una domanda di pagamento del saldo di un contributo finanziario del FSE. Al contrario, il suo atteggiamento dimostra che esso ha adempiuto gli obblighi che questa normativa, in particolare l'art. 7 della decisione 83/673, gli impone (v. punto 71 supra).

81.
    Inoltre, dato che gli atti adottati dal DAFSE dopo la certificazione di fatto e contabile del 30 ottobre 1989 non sono equiparabili ad una certificazione ai sensi dell'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83, non può sostenersi che in tale occasione esso abbia ecceduto i suoi poteri in materia di certificazione.

82.
    Infine, non occorre rispondere all'argomento della ricorrente relativo ad una violazione della normativa portoghese, in quanto non spetta al Tribunale esaminare le conseguenze di una certificazione sul pagamento d'un contributo nazionale alla luce delle disposizioni del diritto nazionale.

83.
    Ne consegue che la seconda parte del motivo è infondata.

— Sulla terza parte del motivo

84.
    Si deve accertare se, come assume la ricorrente, un criterio supplementare di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria» gli sia stato imposto al momento dell'esame delle sue domande di pagamento del saldo, condizione che

non avrebbe figurato tra quelle poste nelle decisioni di concessione dei contributi di cui trattasi.

85.
    Tenuto conto della natura e della portata della certificazione di fatto e contabile di cui all'art. 5, n. 4, del regolamento n. 2950/83, è irrilevante accertare, per valutare la legittimità dell'applicazione di tale criterio nel caso di specie, se questo abbia costituito oggetto di uno specifico controllo all'atto della certificazione di fatto e contabile da parte del DAFSE il 30 ottobre 1989. Infatti, tenuto conto dei poteri che vengono loro riconosciuti in termini di verifica e di controllo, tanto lo Stato membro quanto la Commissione devono poter denunciare qualsiasi inosservanza, da parte del beneficiario, al momento della concessione del contributo finanziario comunitario, indipendentemente dal fatto che la trasgressione sia fraudolenta o no.

86.
    Dalle dichiarazioni di accettazione delle decisioni di concessione del contributo firmate dalla ricorrente risulta che quest'ultima si è impegnata nei termini seguenti a rispettare le disposizioni nazionali e comunitarie vigenti:

«1. Ad ogni buon fine viene dichiarato: il(i) sostegno(i) concesso(i) sarà(anno) utilizzato(i) in conformità con le disposizioni nazionali e comunitarie vigenti, nonché in conformità con la decisione di approvazione, nell'ambito dell'esecuzione dell'azione (delle azioni) prevista(e) dalla pratica sopra menzionata, per quanto riguarda in particolare il tipo di formazione, le professioni, il numero di ore di corsi e le effettive prospettive di impiego; (...)]».

87.
    Ora, è pacifico che tanto il diritto portoghese quanto il diritto comunitario subordinano l'utilizzazione dei fondi pubblici ad una buona gestione finanziaria. Su questo punto, senza essere contraddetta dalla ricorrente, nonostante i quesiti posti dal Tribunale in udienza, la Commissione ha fatto menzione delle disposizioni del diritto portoghese tratte dalla decisione 6/88 del segretariato di Stato all'impiego e alla formazione professionale e dall'art. 2, primo comma, del regolamento (Euratom, CECA, CEE) del Consiglio 13 marzo 1990, n. 610, che modifica il regolamento finanziario del 21 dicembre 1977 applicabile al bilancio generale delle CE (GU L 70, pag. 1).

88.
    Contrariamente quindi a quanto assume la ricorrente, le irregolarità denunciate nelle decisioni controverse non sono state accertate in base ad un criterio non figurante fra le condizioni di concessione cui era soggetto il pagamento dei suddetti contributi. Invece, l'applicazione del criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria», che consiste semplicemente nell'accertare se le spese dichiarate dal beneficiario e da esso pagate rendano adeguatamente conto delle prestazioni per le quali sono state sostenute, rientra senz'altro nell'ambito del controllo che lo Stato membro è tenuto ad effettuare oltre alla semplice certificazione di fatto e contabile, in conformità all'art. 7 della decisione 83/673, quando sospetta l'esistenza di irregolarità, fraudolente o no (v. punto 71 supra).

89.
    Per quanto riguarda la realtà delle irregolarità addebitate alla ricorrente, le decisioni controverse si riferiscono alla notifica alla ricorrente, il 26 gennaio 1994, dei risultati del controllo effettuato dall'IGF e alle osservazioni presentate dalla ricorrente il 24 febbraio 1994.

90.
    Com'è stato rilevato dalla Commissione nel controricorso, il terzo capoverso del punto 3.3 di questi risultati di controllo indica:

«Gli esami dei registri del RSP e del DEPROM, effettuati dall'IGF, hanno indotto a formulare gravi riserve tanto sull'affidabilità del DEPROM quanto sull'attendibilità dei documenti compilati, in quanto sono stati accertati i fatti seguenti:

a) mancanza di concordanza tra i servizi fatturati ed i servizi prestati a monte;

b) differenza rilevante tra gli importi fatturati ed i costi corrispondenti all'origine di tale fatturazione;

c) omissione dei nomi dei prestatori di servizi e mancanza di elementi obbiettivi che consentano di esprimere un giudizio sull'effettiva prestazione dei servizi o sull'adeguatezza degli importi di cui trattasi».

91.
    Il punto 4 dello stesso documento si richiama poi al controllo, da parte dell'IGF, dei registri del DEPROM a seguito della domanda del DAFSE del 5 settembre 1991, controllo dal quale risulta che è stata denunciata l'ammissibilità delle spese attestate dalle fatture e dalle ricevute del DEPROM, come rilevato dalla Commissione anche nel controricorso.

92.
    Ora, tanto nelle sue osservazioni del 24 febbraio 1994 quanto nell'ambito della fase scritta del procedimento, la ricorrente non ha affatto contestato la realtà degli accertamenti e l'esattezza delle conclusioni contenute nei risultati del controllo dell'IGF, limitandosi, da una parte, a spiegare la cronistoria dei suoi rapporti con il RSP e la mancanza di qualsiasi vincolo giuridico con il DEPROM al di fuori dei rapporti commerciali ch'essa aveva intrattenuto con tale impresa e, d'altro canto, a rilevare ch'essa aveva pagato le fatture trasmesse da questa.

93.
    In proposito, essa non può avvalersi né dell'individuazione di irregolarità nelle prestazioni di un'impresa di cui ha d'altronde pagato le fatture, né dell'osservanza dei massimali di spesa autorizzati nella decisione di concessione dei contributi, per esimersi da qualsiasi responsabilità per tali irregolarità. Dato che talune fatture sono state presentate dalla ricorrente a titolo di spese effettuate per la realizzazione dei progetti di cui trattasi, le eventuali irregolarità da cui esse sarebbero inficiate incidono necessariamente sulla regolarità delle suddette spese, essendo la ricorrente tenuta a garantire la regolarità di tutte le fatture di cui chiede

la presa a carico per il calcolo dell'importo di contributi da riscuotere. Tali irregolarità sono quindi imputabili alla ricorrente.

94.
    Comunque, anche se, all'udienza, la ricorrente ha sostenuto di aver contestato la realtà delle irregolarità denunciate in base ai risultati del controllo notificati il 26 gennaio 1994, citando alla rinfusa i punti 13, 14, 16, 19, 22, 24, 29, 32 e 36 del ricorso, si deve rilevare che quest'asserzione non è suffragata da alcun elemento. I pochi punti del ricorso citati non consentono affatto di determinare la natura e la portata delle critiche assertivamente formulate quanto alla realtà delle irregolarità imputate. In proposito, l'asserzione della ricorrente secondo cui i contratti all'origine delle fatture controverse sono stati sottoposti al DAFSE e alla Commissione per approvazione al momento della presentazione della domanda iniziale di concessione dei contributi non si basa su alcun elemento di prova. Essa è inoltre contraddetta dalle stesse mermorie della ricorrente. Infatti, da due contratti allegati alle sue osservazioni del 24 febbraio 1994 sui risultati del controllo dell'IGF (allegato 3 delle suddette osservazioni) risulta che detti contratti sono stati stipulati il 19 luglio 1988, ossia successivamente all'adozione delle decisioni di concessione dei contributi da parte della Commissione, le quali le sono state notificate dal DAFSE il 25 maggio 1988 (v. punto 8 supra).

95.
    Infine, la Commissione rileva giustamente, senza essere contraddetta dalla ricorrente (v. punti 90-92 supra), che le irregolarità che sono state rilevate al momento dei controlli da parte dell'IGF e del DAFSE e che hanno determinato la riduzione dei contributi di cui trattasi, non sono state scoperte unicamente con l'applicazione del criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria».

96.
    Ne consegue che la terza parte del primo motivo è infondata.

97.
    Si deve quindi respingere interamente questo motivo.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell'art. 190 del Trattato

Argomenti delle parti

98.
    La ricorrente assume che l'applicazione da parte del DAFSE del criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria» viola l'obbligo di motivazione di cui all'art. 190 del Trattato, dato che non è stato previamente definito e non è stato usato al momento della prima certificazione. Il DAFSE avrebbe modificato le norme che disciplinano l'operazione di certificazione e avrebbe compromesso la comprensione delle decisioni controverse, impedendo alla ricorrente di conoscere l'effettiva portata di tale criterio.

99.
    La ricorrente rileva l'esistenza di una confusione, se non di una contraddizione, tra le decisioni adottate consecutivamente dal DAFSE e dalla Commissione nella

presente specie. L'importo delle riduzioni varierebbe dall'una all'altra senza che sia stata fornita alcuna spiegazione. Quindi, mentre la ricorrente avrebbe avuto il diritto di ricevere un pagamento di 128 896 811 ESC a seguito della prima certificazione, il DAFSE le avrebbe sollecitato, il 9 settembre 1994, il rimborso di 62 856 998 ESC, mentre la Commissione le avrebbe intimato, poi, nelle decisioni controverse, di rimborsare 34 571 349 ESC.

100.
    La Commissione rileva che la ricorrente non ha chiarito i motivi che l'hanno indotta a denunciare il difetto di motivazione delle decisioni controverse. Essa precisa però, ad ogni buon fine, che il preambolo delle decisioni dice che esse si basano sui risultati del controllo richiesto dal DAFSE, che la ricorrente è stata informata di tali risultati e della relativa motivazione, e che essa ha avuto l'occasione di presentare le sue osservazioni in proposito.

101.
    Essa contesta l'esistenza di una qualsiasi confusione, se non contraddizione, tra le decisioni comunicate dal DAFSE e le decisioni controverse quanto agli importi da rimborsare da parte della ricorrente. La differenza accertata troverebbe origine nel fatto che le prime, contrariamente alle seconde, avrebbero tenuto conto dell'importo del contributo nazionale da rimborsare. Il dettaglio di questa differenza risulterebbe dalle note d'informazione fornite dal DAFSE il 2 settembre 1994. La ricorrente non avrebbe pertanto provato l'esistenza di un qualsiasi difetto di motivazione.

Giudizio del Tribunale

102.
    Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall'art. 190 del Trattato deve far apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione da cui promana l'atto, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e alla Corte di esercitare il proprio controllo (sentenza della Corte 15 aprile 1997, causa C-22/94, Irish Farmers Associationn e a., Racc. pag. I-1809, punto 39, e sentenza del Tribunale 14 luglio 1997, causa T-81/95, Interhotel/Commissione, Racc. pag. II-1265, punto 72, nonché la giurisprudenza citata). La portata di quest'obbligo dipende dalla natura dell'atto e dal contesto nel quale è stato adottato.

103.
    Nel caso di specie si deve anzitutto ricordare che, in quanto gli atti adottati dal DAFSE nel 1994 non fanno parte di una certificazione di fatto e contabile ai sensi dell'art. 5, n. 4 del regolamento n. 2950/83 (v. punto 75 supra), l'applicazione, da parte del DAFSE, di un criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria» non può aver modificato le norme relative alla certificazione. Del resto, le irregolarità scoperte nell'esecuzione dei progetti finanziati dal FSE non sono state rilevate tutte mediante l'applicazione di tale criterio (v. punto 95 supra).

104.
    Inoltre, le decisioni controverse rinviano espressamente alle diverse fasi della procedura che ha portato la Commissione a ridurre i contributi inizialmente concessi e ad esigere la restituzione di una parte degli anticipi erogati. Esse fanno in particolare menzione degli atti adottati dalle competenti autorità portoghesi.

105.
    Dato che esse non precisano di scostarsi su questo o quel punto di tali atti, è lecito ritenere che il contenuto di questi atti è integrato nella motivazione delle decisioni controverse, per lo meno in quanto la ricorrente ha potuto prenderne cognizione.

106.
    Ora, le decisioni controverse menzionano in particolare i risultati del controllo effettuato dall'IGF (quarto considerando), la comunicazione di tali risultati alla ricorrente il 26 gennaio 1994 e le osservazioni da quest'ultima formulate il 24 febbraio 1994 (quinto considerando). In proposito, va rilevato che la ricorrente ha effettivamente indicato senza ambiguità nella parte introduttiva di dette osservazioni, che esse avevano per l'appunto lo scopo di reagire al contenuto dei risultati del controllo dell'IGF trasmesso il 26 gennaio 1994.

107.
    Inoltre, le decisioni controverse precisano che le verifiche effettuate hanno consentito di accertare che non erano state osservate le condizioni per la concessione dei contributi comunitari.

108.
    Infine, la Commissione, ha rilevato, senza essere contraddetta su questo punto, che il 16 maggio 1994 il DAFSE aveva chiesto talune delucidazioni complementari alla ricorrente, la quale aveva risposto il 26 maggio 1994 (v. punto 14 supra).

109.
    Ne consegue che l'applicazione del criterio denunciato dalla ricorrente non ha comportato una violazione dell'art. 190 del Trattato.

110.
    Per quanto riguarda l'asserita differenza tra gli importi dei contributi finanziati del FSE da riscuotere o da restituire che possono essere stati comunicati alla ricorrente nel corso della procedura che ha portato all'adozione delle decisioni controverse, essa si spiega sia con la data in cui tale importi sono stati stabiliti sia con la presa in considerazione o no degli importi e dei contributi nazionali da restituire.

111.
    Inoltre, la giustificazione di queste differenze figura in documenti che sono stati forniti in tempo utile alla ricorrente.

112.
    Così, nella lettera del DAFSE 2 febbraio 1990 si fa menzione del risultato della certificazione di fatto e contabile del 30 ottobre 1989, che ha indotto il DAFSE ad ammettere l'insieme delle spese presentate, ad eccezione dell'importo di 6 491 845 ESC, tra contributi nazionali e comunitari.

113.
    D'altra parte, la lettera del DAFSE 9 settembre 1994 comunica alla ricorrente le conseguenze derivanti dalle verifiche complementari compiute nel frattempo e le segnala ch'essa è tenuta a restituire 29 052 034 ESC nella pratica n. 881311 P1 e 33 804 964 ESC nella pratica n. 880249 P3. I documenti allegati a questa lettera,

dal titolo «Informação n. 1165/DSJ/DSAFEP/94» e «Informação n. 1166/DSJ/DSAFEP/94» precisano che tali importi riguardano la restituzione sia degli anticipi erogati nell'ambito dei contributi comunitari (15 978 619 ESC per la pratica n. 881311 P1, secondo il punto 18 dell'allegato 7 del controricorso, e 18 592 730 ESC per la pratica n. 880249 P3, secondo il punto 19 dell'allegato 8 del controricorso) sia dei contributi nazionali (13 073 415 ESC per la pratica n. 881311 P1, secondo il punto 18 dell'allegato 7 del controricorso, e 15 212 234 ESC per la pratica n. 880249 P3, secondo il punto 19 dell'allegato 8 del controricorso). Ora, gli importi dei contributi comunitari da restituire, contemplati in questi documenti, sono quelli di cui la Commissione ordina la restituzione nelle decisioni controverse (art. 2 di ciascuna di esse). Infatti, a termini di tali decisioni, che riguardano solo i contributi comunitari, la ricorrente è tenuta a restituire 15 978 619 ESC nella pratica n. 881311 P1 e 18 592 730 ESC nella pratica n. 880249 P3.

114.
    Dato che la Commissione è la sola competente a ridurre un contributo finanziario del FSE (v. punto 73 supra), non vi può essere alcuna contraddizione tra i termini della lettera del DAFSE 2 febbraio 1990, che certifica l'esattezza di fatto e contabile delle domande di pagamento, e le decisioni controverse, che impongono la restituzione di una quota degli anticipi a seguito della riduzione dei contributi. Comunque, si deve rilevare che, prima che le decisioni controverse venissero adottate, la ricorrente ha avuto occasione di prendere conoscenza dei motivi che giustificavano i cambiamenti intervenuti dopo la certificazione di fatto e contabile effettuata dal DAFSE il 30 ottobre 1989, e che tali motivi sono stati ancora una volta riportati nelle decisioni controverse.

115.
    Tenuto conto di quanto precede, il secondo motivo dev'essere respinto.

Sul terzo motivo, relativo all'esistenza di uno sviamento di potere

Argomenti delle parti

116.
    La ricorrente ritiene che, tenuto conto delle circostanze nelle quali esse sono state adottate, le due decisioni controverse rivelino l'esistenza di un sviamento di potere.

117.
    La Commissione respinge l'esistenza di un sviamento di potere che risulterebbe dall'uso di un criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria». Essa rinvia in proposito alle osservazioni formulate nell'ambito della terza parte del primo motivo.

Giudizio del Tribunale

118.
    Secondo una costante giurisprudenza, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo o, quanto meno, determinante di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze nel caso di specie (v. punto sentenza della Corte 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., (Racc. pag. I-4023, punto 24, e sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-143/89, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. II-917, punto 68).

119.
    Nel caso di specie la ricorrente si limita a riferirsi alle circostanze in cui le decisioni controverse sono state adottate, senza precisare gli elementi specifici che sarebbero idonei a provare l'esistenza di uno sviamento di potere.

120.
    Allo stato delle sue asserzioni, occorre respingere il terzo motivo.

Sul quarto motivo, relativo alla violazione dei diritti della difesa della ricorrente

Argomenti delle parti

121.
    La ricorrente si lagna di una violazione dei suoi diritti della difesa provocata, da un canto, dall'applicazione senza previa comunicazione del criterio di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria», e, dall'altro, dal fatto ch'essa non è stata sentita dalla Commissione prima dell'adozione delle decisioni controverse.

122.
    La Commissione ricorda che le due decisioni controverse, come indicano il loro preambolo, si basano sulla certificazione effettuata dal DAFSE. Essa aggiunge che la ricorrente è stata informata di questa certificazione e della sua motivazione, e ch'essa ha avuto occasione di presentare le sue osservazioni in proposito. Essa ne deduce che sono stati perfettamente osservati i diritti della difesa, insiste in modo particolare sul fatto che la ricorrente è stata informata dell'esistenza di un controllo contabile nell'ottobre 1991, ha ricevuto una copia dei risultati di tale controllo nel gennaio 1994, ed ha potuto consultare gli atti della pratica presso il DAFSE e presentare le sue osservazioni, due volte, nel febbraio e nel maggio 1994.

Giudizio del Tribunale

123.
    Secondo la giurisprudenza, i diritti della difesa del destinatario di un contributo finanziario del FSE devono essere rispettati quando la Commissione riduce il suddetto contributo (v., in proposito, sentenza Commissione/Lisrestal e a., citata, punti 21-38).

124.
    A tale proposito si deve rilevare, in primo luogo che il criterio, contestato dalla ricorrente, di «ragionevolezza» e di «buona gestione finanziaria» rientra nell'osservanza delle condizioni poste dal diritto nazionale e dal diritto comunitario, cui la ricorrente ha aderito accettando formalmente le condizioni per la concessione dei due contributi finanziari del FSE di cui trattasi, prima dell'adozione delle decisioni controverse (v. punti 86-88 supra).

125.
    Inoltre, esso è stato applicato dal DAFSE e dalla Commissione al termine delle verifiche effettuate nell'ambito di un controllo i cui risultati sono stati portati a conoscenza della ricorrente e sui quali essa ha potuto formulare le sue osservazioni.

126.
    Quindi, la sua applicazione non ha potuto determinare una violazione dei diritti della difesa della ricorrente.

127.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, il diritto della ricorrente di essere sentita dalla Commissione prima dell'adozione di una decisione di riduzione dei contributi finanziari del FSE, va sottolineato che, nella sentenza 6 dicembre 1994, causa T-450/93, Lisrestal e a./Commissione (Racc. pag. II-1177, punto 49), il Tribunale, senza essere censurato su questo punto dalla Corte nella sentenza Commissione/Lisrestal e a., citata, pronunciata in sede di gravame, ha affermato che la Commissione non poteva adottare una decisione di riduzione d'un contributo finanziario del FSE senza aver previamente messo il beneficiario in grado — o senza essersi assicurata che esso fosse stato messo in grado — di far conoscere utilmente il proprio punto di vista in ordine alla riduzione prevista.

128.
    Ora, nel caso di specie, dagli elementi del fascicolo risulta che il DAFSE ha tenuto la ricorrente al corrente delle diverse misure di verifica applicate e dei loro risultati, dandole l'occasione di presentare le sue osservazioni. La ricorrente è quindi stata informata del risultato finale delle operazioni di verifica effettuate dal DAFSE, con la lettera 9 settembre 1994 e con i suoi allegati che quest'ultimo le ha fatto pervenire. Inoltre, come indicano le decisioni controverse (quinto considerando di ciascuna di esse), la ricorrente ha presentato le sue osservazioni sui risultati del controllo effettuato dall'IGF a richiesta del DAFSE (v. punto 14 supra).

129.
    Di conseguenza, la Commissione ha validamente adempiuto il suo obbligo di garantire che la ricorrente fosse messa in grado di far conoscere utilmente il suo punto di vista, rispettando così il suo diritto di essere sentita prima che una decisione di riduzione dei contributi finanziari del FSE venisse adottata nel caso di specie.

130.
    Da tutto quanto precede risulta che il quarto motivo dev'essere respinto.

131.
    Il ricorso dev'essere quindi integralmente respinto.

Sulle spese

132.
    A termini dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Essendo rimasta soccombente,la ricorrente dev'essere condannata alle spese, in conformità alle conclusioni in tal senso della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente è condannata alle spese.

Lindh                    Lenaerts                Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 luglio 1998.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

P. Lindh


1: Lingua processuale: il portoghese.

Racc.