Language of document : ECLI:EU:T:2022:694

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

9 novembre 2022 (*)

«Misure di salvaguardia – Mercato del riso – Importazioni di riso Indica originario della Cambogia e del Myanmar/Birmania – Regolamento (UE) n. 978/2012 – Nozione di “produttori dell’Unione” – Nozione di “prodotti simili o direttamente concorrenti” – Gravi difficoltà – Diritti della difesa – Fatti e considerazioni principali – Errori manifesti di valutazione»

Nella causa T‑246/19,

Regno di Cambogia,

Cambodia Rice Federation (CRF), con sede in Phnom Penh (Cambogia),

rappresentati da R. Antonini, E. Monard e B. Maniatis, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Biolan, H. Leupold e. Schmidt, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Ente Nazionale Risi, con sede in Milano (Italia), rappresentato da F. Di Gianni e A. Scalini, avvocati,

e da

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato,

intervenienti,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da S. Papasavvas, presidente, D. Spielmann, U. Öberg (relatore), R. Mastroianni e R. Norkus, giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 30 marzo 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il Regno di Cambogia e la Cambodia Rice Federation (CRF), ricorrenti, chiedono l’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2019/67 della Commissione, del 16 gennaio 2019, che istituisce misure di salvaguardia nei confronti delle importazioni di riso Indica originario della Cambogia e del Myanmar/Birmania (GU 2019, L 15, pag. 5), con il quale la Commissione europea ha ripristinato i dazi della tariffa doganale comune sulle importazioni di tale riso per un periodo di tre anni e ha introdotto una riduzione graduale dell’aliquota del dazio applicabile (in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

 Fatti

2        Nell’ambito del regolamento (UE) n. 978/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate e che abroga il regolamento (CE) n. 732/2008 del Consiglio (GU 2012, L 303, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento SPG»), l’Unione europea concede ai paesi in via di sviluppo un accesso preferenziale al suo mercato sotto forma di riduzione dei dazi ordinari della tariffa doganale comune, disciplinato da un regime generale e da due regimi speciali.

3        In forza del regime speciale cosiddetto «Tutto tranne le armi», le importazioni di riso Indica originario della Cambogia e del Myanmar/Birmania (in prosieguo: il «prodotto in esame») nell’Unione beneficiavano, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento SPG, di una sospensione totale dei dazi della tariffa doganale comune.

4        Il 16 febbraio 2018 la Repubblica italiana, successivamente sostenuta da altri Stati membri, ha presentato una domanda alla Commissione ai sensi dell’articolo 22 e dell’articolo 24, paragrafo 2, del regolamento SPG, chiedendo l’adozione di misure di salvaguardia nei confronti del prodotto in esame.

5        Il 16 marzo 2018 la Commissione ha aperto un’inchiesta di salvaguardia riguardante le importazioni del prodotto in esame, al fine di raccogliere le informazioni necessarie alla realizzazione di una valutazione approfondita.

6        L’inchiesta ha riguardato le ultime cinque campagne di commercializzazione, ossia il periodo compreso tra il 1° settembre 2012 e il 31 agosto 2017 (in prosieguo: il «periodo d’inchiesta»).

7        Il 5 novembre 2018 la Commissione ha presentato un documento generale di divulgazione delle informazioni, diretto ad informare le parti interessate, tra cui il governo della Cambogia, dei fatti e considerazioni principali in base ai quali si prevedeva di ripristinare temporaneamente i dazi della tariffa doganale comune sulle importazioni del prodotto in esame, a seguito dell’inchiesta di salvaguardia realizzata ai sensi dell’articolo 22 del regolamento SPG (in prosieguo: il «documento generale di divulgazione delle informazioni»).

8        In particolare, nel documento generale di divulgazione delle informazioni, la Commissione ha anzitutto definito il prodotto in esame come il riso Indica semilavorato o lavorato, originario della Cambogia e del Myanmar/Birmania, importato alla rinfusa o in confezioni e rientrante, in quel momento, nelle sottovoci della nomenclatura combinata (NC) 1006 30 27, 1006 30 48, 1006 30 67 e 1006 30 98.

9        La Commissione ha poi stabilito che il riso Indica semilavorato o lavorato prodotto nell’Unione era simile, o direttamente concorrente, rispetto al prodotto in esame, in quanto presentava le stesse caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base, trovava gli stessi usi ed era venduto allo stesso tipo di clienti, dettaglianti o trasformatori nell’Unione, tramite canali di vendita simili o identici.

10      Per quanto riguarda la definizione dell’industria dell’Unione, la Commissione ha indicato che essa era costituita dalle industrie produttrici di riso che trasformavano il riso coltivato/prodotto nell’Unione che era in concorrenza diretta con il prodotto in esame. Contrariamente a quanto richiesto dalla Repubblica italiana, la Commissione ha escluso da tale definizione e dalla valutazione del pregiudizio i risicoltori, considerandoli come fornitori di materie prime e non come produttori di prodotti simili o direttamente concorrenti, sebbene anche la loro situazione potesse essere fortemente influenzata dalle importazioni del prodotto in esame. Essa ha segnalato di aver comunque inviato questionari a taluni risicoltori, ma che, data l’elevata frammentazione del settore, i dati risultanti avevano offerto solo un quadro molto limitato della situazione.

11      La Commissione ha poi stabilito l’evoluzione del consumo di riso Indica nell’Unione in base a dati convertiti in equivalente riso lavorato raccolti presso gli Stati membri nonché a statistiche sulle importazioni messe a disposizione da Eurostat. Essa ha constatato un calo del 6% durante il periodo dell’inchiesta.

12      Nell’ambito dell’analisi dell’andamento delle importazioni del prodotto in esame, essa ha considerato un aumento significativo del volume delle importazioni provenienti dalla Cambogia, nonché un aumento di 9,7 punti percentuali delle quote di mercato detenute dalla Cambogia, e ha indicato che, alla fine del periodo dell’inchiesta, quest’ultima rappresentava il 25% delle importazioni totali.

13      Nell’ambito del confronto dei prezzi, la Commissione ha proceduto ad un’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori. Essa ha tenuto conto dei prezzi medi all’importazione proveniente dalla Cambogia e dei prezzi di vendita unitari dell’industria dell’Unione e i primi sono risultati notevolmente inferiori ai prezzi dell’Unione (del 22%).

14      La Commissione ha quindi concluso che le importazioni provenienti dalla Cambogia erano notevolmente aumentate sia in termini assoluti sia in termini di quote di mercato durante il periodo dell’inchiesta. Essa ha aggiunto che il prezzo medio ponderato all’importazione combinato era diminuito nel corso del periodo dell’inchiesta, il che denotava un’applicazione significativa di prezzi inferiori rispetto ai prezzi dell’Unione.

15      Al fine di determinare l’esistenza di gravi difficoltà in capo all’industria dell’Unione, la Commissione ha valutato gli indicatori macroeconomici, quali l’evoluzione delle quote di mercato dell’industria dell’Unione, che avevano perso più di 20 punti percentuali, dei volumi di produzione, che erano diminuiti di quasi il 40%, delle scorte, che erano aumentate del 4%, e della superficie destinata alla coltura di riso Indica, che si era ridotta del 37%.

16      La Commissione ha precisato di aver valutato anche gli indicatori microeconomici, quali l’evoluzione della capacità produttiva, difficile da valutare vista la possibilità per le industrie produttrici di utilizzare i propri impianti per lavorare sia il riso Indica sia il riso Japonica, importato o coltivato nell’Unione, la redditività delle industrie produttrici dell’Unione, che era rimasta stabile, anche se bassa, e i prezzi unitari del riso Indica delle industrie produttrici incluse nel campione, che erano aumentati del 7%. Essa ha precisato che, sotto la pressione delle importazioni del prodotto in esame a basso prezzo, le industrie produttrici dell’Unione avevano concentrato le loro vendite su volumi meno importanti di riso Indica lavorato e semilavorato e si erano focalizzate su prodotti di marca, il che aveva consentito di preservare un livello stabile di redditività, a scapito della quota di mercato.

17      Infine, la Commissione ha escluso la possibilità che altri fattori, quali le importazioni provenienti da paesi terzi e le difficoltà strutturali incontrate dal settore italiano del riso, avessero indebolito il nesso di causalità tra le gravi difficoltà incontrate dall’industria dell’Unione e le importazioni del prodotto in esame.

18      Nelle sue osservazioni del 16 novembre 2018 sul documento generale di divulgazione delle informazioni, il governo della Cambogia ha contestato, in particolare, i calcoli della Commissione relativi all’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori. Esso ha affermato che, per calcolare il prezzo all’esportazione del Regno di Cambogia, non erano stati sommati i costi successivi all’importazione e che l’applicazione di prezzi inferiori si basava su un confronto tra prezzi medi, senza considerare il diverso stadio commerciale.

19      In base all’inchiesta di salvaguardia, la Commissione ha concluso che il prodotto in esame era importato in volumi e a prezzi che provocavano gravi difficoltà all’industria dell’Unione. Essa ha adottato il regolamento impugnato basandosi, oltre che sulle definizioni e sulle informazioni contenute nel documento generale di divulgazione delle informazioni e riprese in detto regolamento, sugli elementi seguenti.

20      Anzitutto, la Commissione ha precisato, in risposta alle osservazioni delle parti interessate a seguito della comunicazione del documento generale di divulgazione delle informazioni, che, per quanto riguarda la definizione del prodotto simile o direttamente concorrente, anche il riso Indica aromatico o naturalmente profumato doveva essere incluso nell’ambito dell’inchiesta.

21      Poi, per quanto riguarda l’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori, la Commissione, ai considerando da 35 a 39 del regolamento impugnato, ha indicato di aver riesaminato i suoi calcoli relativi all’applicazione di prezzi inferiori al fine di tener conto delle osservazioni del Regno di Cambogia successive alla comunicazione del documento generale di divulgazione delle informazioni. Da un lato, essa ha adeguato i prezzi dell’industria dell’Unione per tener conto dei costi di trasporto del riso dall’Europa meridionale, da essa indicata come Italia e Spagna, all’Europa settentrionale, avendo ritenuto che la concorrenza relativa al riso Indica lavorato e semilavorato si concentrasse prevalentemente nell’Europa settentrionale. L’adeguamento per tali costi è stato fissato in EUR 49 per tonnellata, sulla base delle informazioni riportate nella denuncia della Repubblica italiana e verificate durante l’inchiesta in loco. Dall’altro lato, ha adeguato i prezzi all’importazione tenendo conto dei costi successivi all’importazione, stimati intorno al 2% del prezzo all’importazione sulla base dei dati ricevuti nel quadro di una precedente inchiesta relativa a un altro prodotto alimentare (i satsuma). La Commissione ha aggiunto di aver tenuto conto delle differenze di stadio commerciale e di aver confrontato il prezzo di vendita del riso lavorato alla rinfusa con quello del riso venduto in confezioni. Essa è giunta alla conclusione che l’applicazione di prezzi inferiori era del 13% per le vendite alla rinfusa e del 14% per le vendite in confezioni.

22      Infine, per quanto riguarda la situazione dei risicoltori dell’Unione, la Commissione ha precisato, al considerando 74 del regolamento impugnato, che, se è vero che questi ultimi potevano variare la produzione tra il riso Indica e il riso Japonica, tale variazione si basava, tuttavia, su considerazioni di ordine economico, comprendenti la domanda e il prezzo di mercato. In tale contesto, essa ha indicato che l’inchiesta aveva confermato che, di fronte all’aumentata concorrenza delle importazioni a basso prezzo del prodotto in esame, alcuni risicoltori non avevano avuto altra alternativa che quella di passare alla produzione di riso Japonica, cosicché non si trattava né di una variazione ciclica né di una scelta deliberata, ma di un atto di autodifesa. Secondo la Commissione, tale opzione non era praticabile a medio termine, dal momento che il passaggio dalla produzione di riso Indica a quella di Japonica aveva causato un’offerta eccedentaria di riso Japonica sul mercato e una pressione sui prezzi per questo tipo di riso. Essa ne ha concluso che i risicoltori si trovavano quindi, in generale, in una situazione difficile, sebbene tale constatazione presentasse solo una rilevanza limitata poiché l’industria dell’Unione era costituita dalle industrie produttrici di riso e non dai risicoltori, che erano i fornitori della materia prima.

 Conclusioni delle parti

23      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana e dall’Ente Nazionale Risi, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

 In diritto

25      A sostegno del loro ricorso, i ricorrenti deducono sei motivi.

26      Il primo, il secondo e il terzo motivo vertono su una violazione dell’articolo 22, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 23 del regolamento SPG, in quanto, in primo luogo, la Commissione avrebbe erroneamente interpretato la nozione di «produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti», in secondo luogo, i fattori e i calcoli che sono serviti da fondamento alla conclusione relativa alle «gravi difficoltà» incontrate dall’industria dell’Unione sarebbero inficiati da errori e, in terzo luogo, l’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e gli adeguamenti apportativi sarebbero errati.

27      Il quarto motivo verte su una violazione dell’articolo 22 del regolamento SPG, in quanto l’analisi effettuata dalla Commissione del nesso di causalità tra le importazioni in questione e le gravi difficoltà incontrate dall’industria dell’Unione sarebbe viziata da irregolarità.

28      Il quinto e il sesto motivo vertono su una violazione dei diritti della difesa dei ricorrenti e degli articoli 14 e 17 del regolamento delegato (UE) n. 1083/2013 della Commissione, del 28 agosto 2013, che stabilisce le norme relative alla procedura di revoca temporanea delle preferenze tariffarie e al procedimento di adozione di misure di salvaguardia generali a norma del regolamento SPG (GU 2013, L 293, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento delegato»), in combinato disposto con l’articolo 38 del regolamento SPG, in quanto la Commissione avrebbe omesso di divulgare fatti e considerazioni principali, o dettagli loro sottesi, su cui aveva basato la sua decisione di ripristinare i dazi della tariffa doganale comune sulle importazioni del prodotto in esame.

29      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto l’argomentazione dei ricorrenti vertente, in primo luogo, sull’interpretazione asseritamente erronea della nozione di «produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti», in secondo luogo, sugli errori che inficerebbero l’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e gli adeguamenti apportativi e, in terzo luogo, sulla violazione dei diritti della difesa e dell’articolo 17 del regolamento delegato.

 Sulle censure relative alla nozione di «produttori dellUnione di prodotti simili o direttamente concorrenti»

30      I ricorrenti lamentano una violazione dell’articolo 22, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 23 del regolamento SPG, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente interpretato la nozione di «produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti» limitandola con riferimento all’origine delle materie prime. Essa avrebbe, infatti, considerato solo i produttori di riso Indica semilavorato o lavorato trasformato a partire da risone prodotto o coltivato nell’Unione.

31      Orbene, secondo i ricorrenti, se è vero che il prodotto che può essere oggetto di misure di salvaguardia è un prodotto «originario di un paese beneficiario», lo stesso non vale per i «prodotti simili o direttamente concorrenti». L’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento SPG non giustificherebbe alcuna restrizione basata sulla materia prima utilizzata per fabbricare il prodotto simile o direttamente concorrente. La Commissione avrebbe dovuto tener conto unicamente delle caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base del prodotto in esame, del suo uso, dei circuiti di vendita e dei tipi di clienti.

32      Sarebbero, quindi, interessate tutte le industrie produttrici di riso dell’Unione, comprese quelle che producono riso lavorato o semilavorato a partire da risone che non proviene dall’Unione. Tenendo conto soltanto dei produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti fabbricati a partire da materie prime prodotte nell’Unione, la Commissione avrebbe raccolto informazioni sulle gravi difficoltà solo presso una parte dei produttori interessati.

33      La Commissione sostiene che, in forza dell’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento SPG, i «prodotti simili o direttamente concorrenti» sono determinati sulla base del «prodotto considerato».

34      Il «prodotto considerato» sarebbe il riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia e del Myanmar/Birmania. Orbene, per essere considerato originario di un paese, il riso deve essere stato ivi coltivato o raccolto. Pertanto, il corollario del «prodotto considerato» sarebbe il riso Indica semilavorato o lavorato prodotto nell’Unione a partire da riso coltivato o raccolto nell’Unione. Gli argomenti dei ricorrenti dovrebbero pertanto essere respinti in quanto infondati.

35      La Commissione aggiunge che, anche qualora avesse commesso un errore nella definizione dell’industria dell’Unione e avesse ritenuto, viceversa, che i produttori dell’Unione di riso Indica semilavorato o lavorato prodotto a partire da riso importato dovessero essere inclusi nella definizione dell’industria dell’Unione, l’inchiesta sarebbe giunta alla stessa conclusione.

36      La Repubblica italiana sostiene che, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, del regolamento SPG, la nozione di «produttori dell’Unione» è puramente economica. Occorrerebbe, quindi, concentrarsi su quei produttori che subiscono un deterioramento economico o finanziario della loro situazione. L’origine della materia prima sarebbe quindi fondamentale. Essa sostiene altresì che l’argomento dei ricorrenti al riguardo è nuovo, in quanto non sollevato nel corso del procedimento amministrativo, e per questo inammissibile.

37      L’Ente Nazionale Risi rinvia, in sostanza, agli argomenti della Commissione.

38      In limine, per quanto riguarda l’affermazione della Repubblica italiana secondo la quale taluni argomenti dei ricorrenti dovrebbero essere respinti in quanto sono stati sollevati per la prima volta dinanzi al Tribunale, il Tribunale rammenta che, secondo la giurisprudenza, nulla impedisce ad una parte interessata di dedurre, avverso la decisione impugnata, un motivo di diritto non sollevato in sede di procedimento amministrativo (v., per analogia, sentenza dell’11 maggio 2005, Saxonia Edelmetalle e ZEMAG/Commissione, T‑111/01 e T‑133/01, EU:T:2005:166, punti 67 e 68 e giurisprudenza ivi citata).

39      Pertanto, gli argomenti dei ricorrenti relativi alla presa in considerazione dei produttori dell’Unione che utilizzano risone prodotto o coltivato al di fuori dell’Unione non possono essere respinti in quanto irricevibili.

40      In seguito, il Tribunale rileva che le misure di salvaguardia in esame nella presente fattispecie fanno parte delle misure di difesa commerciale di cui all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE [v., in tal senso, parere 2/15 (Accordo di libero scambio con Singapore), del 16 maggio 2017, EU:C:2017:376, punti 10, 42 e 43, e sentenza del 20 ottobre 2021, Novolipetsk Steel/Commissione, T‑790/19, non pubblicata, EU:T:2021:706, punti 43, 44, 68 e 76], come risulta, peraltro, dall’avviso di apertura dell’inchiesta di salvaguardia emesso dalla Commissione.

41      Orbene, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che le istituzioni dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche e politiche che devono esaminare, di modo che il controllo giurisdizionale di tale ampio potere discrezionale deve essere limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati, dell’assenza di errore manifesto di valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punti 35 e 36 e giurisprudenza ivi citata).

42      A tale proposito, da una giurisprudenza costante risulta che il controllo da parte del Tribunale degli elementi di prova sui quali le istituzioni dell’Unione fondano le proprie constatazioni non costituisce una nuova valutazione dei fatti che sostituisce quella di tali istituzioni. Tale controllo non incide sull’ampio potere discrezionale di dette istituzioni nell’ambito della politica commerciale, ma si limita a rilevare se i suddetti elementi siano idonei a suffragare le conclusioni cui sono giunte le istituzioni. Il Tribunale è quindi tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (v. sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 37 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, per analogia, sentenza del 15 febbraio 2005, Commissione/Tetra Laval, C‑12/03 P, EU:C:2005:87, punto 39).

43      In forza dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento SPG, qualora un prodotto originario di un paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali di cui all’articolo 1, paragrafo 2, sia importato in volumi e/o a prezzi tali da causare o rischiare di causare gravi difficoltà ai produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti, possono essere ripristinati per detto prodotto i normali dazi della tariffa doganale comune.

44      Da tale disposizione risulta che l’accertamento dell’esistenza o del rischio di gravi difficoltà incontrate dai produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti si basa su prove positive e implica un esame obiettivo, da un lato, del volume e/o dei prezzi delle importazioni di cui trattasi e, dall’altro, dell’incidenza di tali importazioni su detti produttori.

45      La nozione di «produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti», di cui all’articolo 22 del regolamento SPG, ha carattere giuridico e deve essere interpretata sulla base di elementi oggettivi. Trattandosi di una questione di diritto, il giudice dell’Unione deve esercitare un controllo completo per quanto riguarda l’interpretazione che occorre darne.

46      A tale proposito, il Tribunale rileva che, pur non essendo esplicitamente definita dal regolamento SPG, la nozione di «produttori dell’Unione» viene immediatamente presentata con riferimento ai prodotti particolari che devono essere fabbricati dall’industria interessata. Pertanto, solo i produttori dell’Unione «di prodotti simili o direttamente concorrenti» delle importazioni originarie di un paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali sono contemplati all’articolo 22 di detto regolamento.

47      La scelta del prodotto straniero oggetto dell’inchiesta di salvaguardia determina quindi l’ambito dell’analisi del ramo produttivo nazionale o, in altri termini, dei prodotti simili o direttamente concorrenti dei prodotti importati, il che, a sua volta, consente di identificare i «produttori» di questi ultimi. Sussiste quindi un nesso tra i prodotti importati e i produttori dell’Unione che beneficiano del meccanismo di salvaguardia. È su tale base che la Commissione determina se i produttori dell’Unione hanno subìto o rischiano di subire gravi difficoltà a causa delle importazioni oggetto delle misure di salvaguardia.

48      In tali circostanze, l’esame della fondatezza della definizione da parte della Commissione dei produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti deve essere effettuato con riferimento alle caratteristiche del prodotto importato come definito dalla Commissione.

49      Il Tribunale esaminerà quindi, in primo luogo, la definizione del prodotto importato adottata dalla Commissione nell’ambito dell’inchiesta di salvaguardia e, in secondo luogo, la conformità dell’interpretazione delle nozioni di «prodotti simili o direttamente concorrenti» e di «produttori dell’Unione» adottata dalla Commissione, alla luce dell’articolo 22 del regolamento SPG.

 Sulla definizione del prodotto importato adottata dalla Commissione nel regolamento impugnato

50      Nel caso di specie, dai considerando 13 e 14 del regolamento impugnato risulta che la Commissione ha definito il prodotto importato in esame come il riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia e del Myanmar/Birmania e classificato nelle sottovoci NC 1006 30 27, 1006 30 48, 1006 30 67 e 1006 30 98.

51      A tale proposito, in primo luogo, il Tribunale rileva che la nozione di «prodotto in esame» accolta nel regolamento impugnato costituisce la traduzione concreta della nozione generale di «prodotto considerato» di cui all’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento SPG, dal momento che il regolamento impugnato ha ad oggetto l’esecuzione di tale articolo nel settore in questione. Ne consegue che gli elementi costitutivi della nozione di «prodotto considerato» ai sensi del regolamento SPG determinano necessariamente quelli da attribuire al «prodotto in esame» ai sensi del regolamento impugnato (v., per analogia, sentenza del 17 marzo 2016, Portmeirion Group, C‑232/14, EU:C:2016:180, punti 38 e 39).

52      Sebbene il regolamento SPG non precisi esplicitamente la portata della nozione di «prodotto considerato», dal paragrafo 1 dell’articolo 22 di detto regolamento risulta che il punto di partenza per l’adozione di misure di salvaguardia consiste in gravi difficoltà causate o che rischiano di essere causate dall’importazione, in determinati volumi e/o a determinati prezzi, di un «prodotto originario di un paese beneficiario» di uno dei regimi preferenziali cui si riferisce detto regolamento. Occorre, quindi, interpretare la nozione di «prodotto considerato» di cui al paragrafo 2 dell’articolo 22 del regolamento SPG alla luce del paragrafo 1 di detto articolo.

53      Il considerando 23 e l’articolo 33 del regolamento SPG prevedono che le norme relative alla definizione della nozione di prodotto originario siano stabilite dal regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU 1993, L 253, pag. 1).

54      Poiché il regolamento n. 2454/93 è stato abrogato, occorre leggere tali disposizioni come rinvianti, oramai, al regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce un codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1), in combinato con il regolamento delegato (UE) 2015/2446 della Commissione, del 28 luglio 2015, che integra il regolamento n. 952/2013 in merito alle modalità di talune disposizioni del codice doganale dell’Unione (GU 2015, L 343, pag. 1), e con il regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione, del 24 novembre 2015, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento (UE) 952/2013 (GU 2015, L 343, pag. 558). Questi ultimi definiscono, in particolare, cosa si debba intendere come prodotto «originario» di un paese.

55      Infatti, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento delegato 2015/2446, sono considerati originari di un paese beneficiario del sistema di preferenze generalizzate i prodotti interamente ottenuti in tale paese, a norma dell’articolo 44 di detto regolamento, nonché i prodotti ottenuti in tale paese in cui sono incorporati materiali non interamente ottenuti sul suo territorio, a condizione che tali materiali abbiano subìto lavorazioni o trasformazioni sufficienti ai sensi dell’articolo 45 di detto regolamento.

56      L’articolo 44, paragrafo 1, lettera b), del regolamento delegato 2015/2446 precisa che sono considerati interamente ottenuti in un paese beneficiario i prodotti del regno vegetale ivi coltivati o raccolti.

57      L’articolo 47, paragrafo 1, lettera f), del regolamento delegato 2015/2446 aggiunge tuttavia che la sgusciatura e molitura parziale o totale del riso, nonché la lucidatura e brillatura dei cereali e del riso, sono operazioni considerate lavorazioni o trasformazioni insufficienti a conferire il carattere originario, sussistano o no le condizioni di cui all’articolo 45 di detto regolamento.

58      Da tali disposizioni risulta che, per essere considerato originario di un paese beneficiario di uno dei regimi preferenziali, il riso deve esservi stato coltivato o raccolto, finanche essere stato oggetto di determinate lavorazioni o trasformazioni, ad eccezione della sgusciatura, della molitura parziale o totale, della lucidatura e della brillatura.

59      In secondo luogo, il Tribunale constata che esistono principalmente tre varietà di riso. Il riso a grani tondi, il riso a grani semilunghi, detto anche Japonica, e il riso a grani lunghi, detto anche Indica.

60      Per il consumo, le diverse varietà di riso devono essere trasformate. Come risulta dal capitolo 10 del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU 1987, L 256, pag. 1), sono generalmente distinte quattro fasi di trasformazione del riso:

–        risone (riso paddy): riso ancora con la lolla dopo trebbiatura;

–        riso semigreggio: il riso dal quale è stata asportata soltanto la lolla;

–        riso semilavorato: il riso dal quale sono stati asportati la lolla, parte del germe e, totalmente o parzialmente, gli strati esterni del pericarpo, ma non quelli interni;

–        riso lavorato: il riso dal quale sono stati asportati la lolla, tutti gli strati interni ed esterni del pericarpo, tutto il germe nel caso del riso a grani lunghi o medi e almeno una parte nel caso del riso a grani tondi, ma nel quale possono sussistere striature bianche longitudinali su un massimo del 10% dei grani.

61      Tanto il riso lavorato quanto il riso semilavorato sono quindi ottenuti dalla trasformazione che subisce il risone. Poiché quest’ultimo è un riso appena raccolto, ancora munito della sua lolla, tale trasformazione richiede quanto meno un’operazione di sgusciatura.

62      Poiché la sgusciatura è un’operazione considerata insufficiente a conferire il carattere di prodotto originario al riso, come risulta dall’articolo 47, paragrafo 1, lettera f), del regolamento delegato 2015/2446 e dal punto 57 supra, il riso Indica semilavorato o lavorato deve essere prodotto in un paese beneficiario a partire da risone coltivato o raccolto in tale paese per essere qualificato come prodotto «originario» di detto paese, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, e dell’articolo 33 del regolamento SPG.

63      Nel caso di specie, il prodotto considerato è, quindi, il riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia e del Myanmar/Birmania, prodotto con riso ivi coltivato o raccolto.

 Sulla nozione di «prodotti simili o direttamente concorrenti» e sulla definizione dell’industria dell’Unione

64      In via preliminare, il Tribunale rileva che, diversamente che nei settori antidumping e antisovvenzioni, le inchieste di salvaguardia non sono limitate ai produttori dell’Unione di «prodotti simili». Devono essere presi in considerazione anche i produttori di prodotti «direttamente concorrenti».

65      In ogni caso, anche in ambito antidumping, non sono mai stati accolti dal Tribunale argomenti secondo cui il «prodotto considerato» oggetto dell’indagine dovrebbe comprendere solo «prodotti simili» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21; in prosieguo: il «regolamento antidumping»), ossia «prodott[i] identic[i], vale a dire simil[i] sotto tutti gli aspetti al prodotto considerato oppure, in mancanza di (...) tal[i] prodott[i], (…) altr[i] prodott[i] che, pur non essendo simil[i] sotto tutti gli aspetti, abbia[no] caratteristiche molto somiglianti a quelle del prodotto considerato» (conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Portmeirion Group, C‑232/14, UE:C:2015:583, paragrafo 49).

66      Poiché la giurisprudenza ha, quindi, confermato che, nell’ambito di un’inchiesta antidumping, la nozione di «prodotto simile» deve essere intesa in senso ampio, lo stesso deve valere per la nozione di «prodotto simile o direttamente concorrente» nel settore connesso delle misure di salvaguardia.

67      Nel caso di specie, dalle considerazioni esposte al titolo 2.2 del regolamento impugnato e dagli elementi del fascicolo risulta che la Commissione ha ritenuto che il riso Indica semilavorato o lavorato trasformato a partire da risone coltivato o raccolto nell’Unione costituisse il «prodotto simile o direttamente concorrente», di cui essa ha tenuto conto ai fini della valutazione dell’esistenza di gravi difficoltà in capo ai produttori dell’Unione.

68      La Commissione si è basata sulle caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base dei prodotti, sul loro uso finale e sui loro canali di distribuzione per determinare i prodotti simili o direttamente concorrenti del prodotto in esame. Essa ha, tuttavia, aggiunto un criterio ulteriore, ossia quello dell’origine della materia prima.

69      Avendo applicato il criterio di origine a tutti i prodotti simili o direttamente concorrenti, la Commissione, ai considerando 22 e 23 del regolamento impugnato, ha definito l’industria dell’Unione con riferimento all’origine degli approvvigionamenti di risone dell’industria dell’Unione, destinato alle operazioni di trasformazione, e ha escluso i risicoltori, considerandoli unicamente come fornitori di materie prime. Nelle sue memorie e in udienza, la Commissione ha, infatti, precisato di aver escluso dall’analisi del pregiudizio l’industria dell’Unione che produce riso Indica semilavorato o lavorato a partire da risone importato.

70      A tale proposito, in primo luogo, per quanto riguarda la nozione di «prodotti simili o direttamente concorrenti», il Tribunale constata che il regolamento SPG si limita a definire, all’articolo 22, paragrafo 2, la nozione di «prodotto simile» come un prodotto identico, vale a dire simile sotto tutti gli aspetti al prodotto considerato, oppure, in mancanza di tale prodotto, come un altro prodotto che, pur non essendo simile sotto tutti gli aspetti, abbia caratteristiche molto somiglianti a quelle del prodotto considerato.

71      Alla luce della formulazione dell’articolo 22, paragrafi 1 e 2, del regolamento SPG, il prodotto originario di un paese beneficiario, o prodotto considerato, costituisce il punto di partenza della definizione di «prodotto simile». Come risulta dal punto 64 supra, poiché il regolamento SPG riguarda sia i «prodotti simili» sia i prodotti «direttamente concorrenti», occorre applicare alla determinazione dei «prodotti simili o direttamente concorrenti» criteri equivalenti a quelli rilevanti per la determinazione del prodotto considerato.

72      Tuttavia, tale disposizione non va intesa nel senso che applica implicitamente ai prodotti simili o ai prodotti direttamente concorrenti le regole di origine del prodotto considerato.

73      Infatti, è giocoforza constatare, come fanno giustamente valere i ricorrenti, che il legislatore dell’Unione, mentre si è premurato di precisare espressamente l’importanza del criterio di origine riguardo ai prodotti originari di un paese beneficiario di preferenze tariffarie, non ha fatto altrettanto per i prodotti dei produttori dell’Unione. Il rinvio esplicito alle regole di origine nei confronti dei soli prodotti importati contrasta con l’assenza di precisazioni in tal senso nei confronti dei prodotti simili o direttamente concorrenti.

74      Inoltre, dal considerando 23 e dall’articolo 33 del regolamento SPG risulta esplicitamente che le regole di origine applicabili ai prodotti importati hanno lo scopo di garantire che il sistema di preferenze tariffarie generalizzate vada a beneficio soltanto dei paesi che ne sono i beneficiari designati.

75      La formulazione dell’articolo 22, paragrafi 1 e 2, del regolamento SPG è del tutto diversa, dal momento che quest’ultimo non indica né suggerisce che l’analisi dell’incidenza delle importazioni di un prodotto originario di un paese beneficiario sulla situazione economica o finanziaria dei produttori dell’Unione debba, in ogni caso, prendere in considerazione l’origine dei prodotti fabbricati da questi ultimi e quindi circoscrivere i produttori dell’Unione che possono beneficiare della protezione prevista da tale disposizione.

76      Orbene, l’interpretazione della Commissione, secondo la quale l’origine dei prodotti fabbricati dai produttori dell’Unione costituirebbe un fattore essenziale per la determinazione dei «prodotti simili o direttamente concorrenti», avrebbe la conseguenza di privare alcuni di tali produttori – quelli fabbricanti prodotti di cui uno dei componenti è importato o la cui materia prima ha subìto una trasformazione che non consente la qualifica di «prodotti originari», ai sensi del regolamento delegato 2015/2446 – della possibilità di chiedere l’adozione di misure di salvaguardia o di essere inclusi in un’inchiesta di salvaguardia per il solo fatto che i loro prodotti non sono «originari» dell’Unione, come sono invece «originari» i prodotti considerati. Non si può ammettere che una siffatta limitazione sia stata voluta dal legislatore dell’Unione.

77      È dunque a torto che la Commissione ritiene che ai «prodotti simili o direttamente concorrenti» debba essere applicato il requisito di origine dei prodotti importati da paesi che beneficiano di preferenze tariffarie, ai sensi dell’articolo 33 del regolamento SPG e del regolamento delegato 2015/2446.

78      In secondo luogo, al fine di stabilire cosa debba intendersi per «prodotti simili o direttamente concorrenti» ai sensi del regolamento SPG, occorre ispirarsi ai criteri pertinenti per la determinazione, in particolare, del «prodotto simile» o del «prodotto in esame» ai sensi del regolamento antidumping, dal momento che, come nel settore antidumping, i criteri di determinazione nell’ambito di un’inchiesta di salvaguardia mirano, in sostanza, a garantire l’esistenza di un grado di concorrenza sufficiente tra il prodotto considerato e il prodotto simile o direttamente concorrente (v., per analogia, sentenza del 25 gennaio 2017, Rusal Armenal/Consiglio, T‑512/09 RENV, EU:T:2017:26, punto 150).

79      Ciò vale a maggior ragione nel caso di specie in quanto, come menzionato ai punti 64 e 65 supra, le inchieste di salvaguardia non sono limitate ai produttori dell’Unione di «prodotti simili», ma devono prendere in considerazione anche i produttori di prodotti «direttamente concorrenti».

80      La definizione del prodotto simile o direttamente concorrente nell’ambito di un’inchiesta di salvaguardia ha lo scopo di agevolare l’elaborazione dell’elenco dei prodotti dei produttori dell’Unione che saranno, se del caso, oggetto della valutazione del pregiudizio. Ai fini di questa operazione la Commissione può tenere conto di vari fattori, quali le caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche dei prodotti, il loro uso, la loro intercambiabilità, la percezione che ne ha il consumatore, i canali di distribuzione, il processo di fabbricazione, i costi di produzione e la qualità (v., per analogia, sentenze dell’11 luglio 2013, Hangzhou Duralamp Electronics/Consiglio, T‑459/07, non pubblicata, EU:T:2013:369, punto 69 e giurisprudenza ivi citata, e del 25 gennaio 2017, Rusal Armenal/Consiglio, T‑512/09 RENV, EU:T:2017:26, punto 151 e giurisprudenza ivi citata).

81      Ne consegue necessariamente che prodotti non identici al prodotto considerato possono essere raggruppati nella stessa definizione di prodotto simile o direttamente concorrente ed essere oggetto, congiuntamente, di un’inchiesta di salvaguardia (v., per analogia, sentenza del 28 febbraio 2017, JingAo Solar e a./Consiglio, T‑158/14, T‑161/14 e T‑163/14, non pubblicata, EU:T:2017:126, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).

82      La somiglianza dei prodotti deve essere misurata tenendo conto, in particolare, delle preferenze degli utilizzatori finali, in quanto la domanda del prodotto di base da parte dell’industria di trasformazione è funzione della domanda degli utilizzatori finali (v., per analogia, sentenza del 15 ottobre 1998, Industrie des Poudres Sphériques/Consiglio, T‑2/95, EU:T:1998:242, punto 213).

83      È alla luce di tali considerazioni che deve essere effettuato l’esame della fondatezza dell’inclusione di un prodotto specifico nell’elenco dei prodotti simili o direttamente concorrenti, o della sua esclusione da detto elenco.

84      La questione determinante nel caso di specie è, quindi, se il riso Indica semilavorato o lavorato prodotto nell’Unione sia, indipendentemente dall’origine del risone a partire dal quale viene trasformato, simile o direttamente concorrente del riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia. Come risulta dai punti 71 e da 78 a 82 supra, occorre esaminare, a tal fine, diversi fattori, quali le caratteristiche, l’uso e i canali di distribuzione di quest’ultimo, con riferimento a quelli del riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia, nonché la loro intercambiabilità.

85      Poiché la Commissione ha già considerato che ciò vale per il riso Indica semilavorato o lavorato trasformato a partire da risone coltivato o raccolto nell’Unione, occorre esaminare se lo stesso vale per il riso Indica semilavorato o lavorato prodotto nell’Unione a partire da risone importato.

86      Orbene, a tale proposito, il Tribunale constata che il riso Indica semilavorato o lavorato trasformato a partire da risone importato nell’Unione presenta le stesse caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base, è destinato alla stessa utilizzazione finale, viene lavorato dalle stesse industrie produttrici, venduto attraverso gli stessi canali commerciali ed è in concorrenza con il riso Indica semilavorato o lavorato trasformato a partire da risone coltivato o raccolto nell’Unione.

87      Infatti, da un lato, la Commissione ha indicato, al considerando 64 del regolamento impugnato, che, generalmente, i consumatori non fanno differenze tra prodotti dell’Unione e prodotti importati e che ai consumatori che acquistano riso presso i dettaglianti l’origine del riso è in gran parte sconosciuta.

88      La Commissione ha inoltre indicato, al considerando 18 del regolamento impugnato, che il riso Indica semilavorato o lavorato, sia prodotto nell’Unione sia importato, presenta le stesse caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base, ha gli stessi usi ed è venduto allo stesso tipo di clienti tramite canali di vendita identici o simili. Così, è giocoforza rilevare che, se il riso Indica prodotto in un paese terzo a partire da risone originario di tale paese presenta le stesse caratteristiche di base del riso Indica prodotto nell’Unione a partire da risone originario dell’Unione, lo stesso deve valere per il riso Indica prodotto nell’Unione a partire da risone importato da un paese terzo.

89      Dall’altro lato, come risulta dalle risposte ai quesiti del Tribunale all’udienza nonché dal verbale d’udienza, nel caso di specie non è contestato che, per le industrie produttrici, il riso Indica semilavorato o lavorato è intercambiabile e sostituibile ad un altro riso Indica semilavorato o lavorato, qualunque sia la sua origine, in quanto esse possono trasformare sia il riso prodotto nell’Unione sia il riso importato. All’udienza, la Commissione ha, peraltro, indicato che si trattava di uno stesso prodotto, solo l’origine era diversa.

90      Il riso Indica semilavorato o lavorato, qualunque sia l’origine della materia prima utilizzata per la sua trasformazione, presenta quindi caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base e ha gli stessi usi. In altri termini, un riso Indica semilavorato o lavorato è intercambiabile o sostituibile con un altro riso Indica semilavorato o lavorato, sia per l’industria dell’Unione sia per i consumatori.

91      Pertanto, indipendentemente dall’origine della materia prima a partire dalla quale è stato trasformato, il riso Indica semilavorato o lavorato prodotto nell’Unione deve essere qualificato come prodotto simile o direttamente concorrente del riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia.

92      Poiché l’analisi della Commissione deve prendere in considerazione tutti i produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti al fine di ottenere una rappresentazione affidabile della loro situazione economica, la Commissione era tenuta, nell’ambito dell’analisi degli effetti delle importazioni del riso Indica proveniente dalla Cambogia sui prezzi dell’industria dell’Unione, a prendere in considerazione tutte le industrie dell’Unione produttrici di riso Indica semilavorato o lavorato, indipendentemente dall’origine del risone da loro trasformato. Ma così non è stato.

93      Come giustamente rilevano i ricorrenti, l’erronea definizione dei produttori dell’Unione ha inficiato anche l’analisi dell’esistenza di gravi difficoltà, avendo la Commissione escluso una parte dei produttori dalla valutazione del pregiudizio.

94      Qualsiasi altra interpretazione equivarrebbe a concedere alla Commissione la possibilità di influenzare, e ciò in modo arbitrario, il risultato del calcolo dei margini di applicazione di prezzi inferiori, escludendo uno o più tipi del prodotto di cui trattasi e, pertanto, taluni produttori dell’Unione.

95      In terzo luogo, il Tribunale rileva che la limitazione, operata dalla Commissione, della nozione di «produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti» alla sola industria dell’Unione che trasforma il riso Indica originario dell’Unione intende, in realtà, includere, e ciò indirettamente, i risicoltori dell’Unione nell’analisi del pregiudizio attribuito all’industria del riso. Infatti, limitando la definizione dei produttori dell’Unione da prendere in considerazione ai fini della valutazione del pregiudizio mediante il riferimento all’origine della materia prima trasformata in riso Indica semilavorato o lavorato, la Commissione ha, di fatto, esteso l’ambito di tutela ai risicoltori dell’Unione, poiché solo questi ultimi sono realmente interessati dal riso coltivato nell’Unione. Orbene, una siffatta interpretazione non può essere giustificata alla luce della definizione di industria dell’Unione contenuta nei considerando 22 e 23 del regolamento impugnato, che riguarda esplicitamente solo le industrie produttrici dell’Unione.

96      La Commissione avrebbe potuto espressamente ampliare, nell’ambito del suo ampio potere discrezionale, la definizione dell’industria dell’Unione ai coltivatori di prodotti simili o direttamente concorrenti, come l’aveva invitata a fare la Repubblica italiana nel corso dell’inchiesta, ma allora avrebbe dovuto includerli esplicitamente nell’analisi del pregiudizio e fornire elementi di prova delle gravi difficoltà che incontravano o rischiavano di incontrare.

97      Da tutto quanto precede risulta che, limitando arbitrariamente l’ambito della sua inchiesta vertente sul pregiudizio causato all’industria dell’Unione alle sole industrie produttrici di riso Indica semilavorato o lavorato trasformato a partire da risone coltivato o raccolto nell’Unione, la Commissione è incorsa in un errore di diritto e in un errore manifesto di valutazione.

98      Peraltro, non possono essere accolti gli argomenti della Commissione secondo cui, nonostante tali errori, l’inchiesta di salvaguardia avrebbe raggiunto la medesima conclusione.

99      Infatti, secondo la giurisprudenza, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato, con la conseguenza che il Tribunale non può sostituire i motivi dedotti durante il procedimento d’inchiesta con altri motivi dedotti per la prima volta dinanzi ad esso (v. sentenze del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 22 e giurisprudenza ivi citata, e del 1° giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 153 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, costituiscono motivi di tal genere dedotti per la prima volta dinanzi al Tribunale le valutazioni formulate dalla Commissione nelle sue memorie e in udienza, vertenti sul fatto che i volumi delle importazioni di riso Indica verso l’Unione erano poco elevati.

100    Le censure dei ricorrenti relative a un’interpretazione erronea della nozione di «produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti» da parte della Commissione devono pertanto essere accolte.

101    In subordine, il Tribunale esaminerà, tuttavia, anche gli argomenti dei ricorrenti vertenti sull’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e gli adeguamenti che vi sono stati apportati nonché su una violazione dei loro diritti della difesa.

 Sulle censure relative allanalisi dellapplicazione di prezzi inferiori e agli adeguamenti

102    I ricorrenti deducono, in sostanza, una violazione dell’articolo 22, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 23 del regolamento SPG, in quanto, in sede di confronto dei prezzi delle importazioni provenienti dalla Cambogia con i prezzi dell’Unione, la Commissione avrebbe erroneamente adeguato i prezzi dell’Unione e si sarebbe basata su dati incerti per adeguare i costi successivi all’importazione.

103    A tale proposito, i ricorrenti sostengono che nulla consente di suffragare l’affermazione della Commissione secondo cui, nonostante la produzione di riso lavorato o semilavorato sia realizzata nell’Europa meridionale, la concorrenza ad esso relativa si esercita essenzialmente nell’Europa settentrionale. I dati di Eurostat sulle importazioni provenienti dalla Cambogia e certune risposte ai questionari inviati dalla Commissione indicherebbero che una parte significativa delle importazioni riguarda l’Europa meridionale. L’adeguamento di tutti i prezzi dell’Unione renderebbe quindi iniquo il confronto con i prezzi delle importazioni provenienti dalla Cambogia, in quanto a questi ultimi non è stato applicato lo stesso adeguamento. Secondo i ricorrenti, la Commissione avrebbe dovuto, quindi, confrontare i prezzi del Regno di Cambogia dopo l’importazione con i prezzi franco fabbrica dell’industria dell’Unione.

104    I ricorrenti aggiungono che, nel settore antidumping, l’adeguamento dei costi di trasporto può essere effettuato solo in caso di circostanze eccezionali e deve limitarsi alle vendite specificamente interessate da dette circostanze. Orbene, nella specie, nessuna circostanza eccezionale giustificherebbe l’allontanamento dal metodo normale di calcolo della sottoquotazione. In ogni caso, la Commissione avrebbe dovuto individuare la percentuale delle vendite dell’industria dell’Unione che giustificava un adeguamento.

105    I ricorrenti contestano, peraltro, la validità e l’affidabilità dei dati di base sui quali si è fondata la Commissione per determinare che i costi di trasporto nell’Unione ammontavano ad un importo uniforme di EUR 49 per tonnellata e che i costi successivi all’importazione dalla Cambogia corrispondevano a circa il 2% del prezzo all’importazione. Per quanto riguarda questi ultimi, supposto che la Commissione si sia basata su dati raccolti in un’inchiesta di salvaguardia sui satsuma del 2004, i costi considerati non sarebbero attuali e le condizioni di trasporto dei satsuma sarebbero diverse da quelle del riso.

106    La Commissione sostiene che il regolamento SPG non richiede alcuna analisi dell’applicazione di prezzi inferiori, in quanto l’articolo 22, paragrafo 1, di detto regolamento menziona unicamente importazioni «in volumi e/o prezzi» che causano gravi difficoltà. Pertanto, i requisiti di prova e il livello di dettaglio di una siffatta analisi sarebbero minori in un’inchiesta realizzata nell’ambito del regolamento SPG rispetto ad un’inchiesta antidumping.

107    Per quanto riguarda l’adeguamento dei prezzi dell’Unione, la Commissione sostiene che la concorrenza tra il riso Indica originario dell’Unione e quello originario della Cambogia si concentra nell’Europa settentrionale, indipendentemente dalla considerazione di circostanze di specie eccezionali. Sarebbe un fatto evidente, illustrato dalla ripartizione geografica delle esportazioni di riso Indica dalla Cambogia verso l’Unione, che nell’Europa meridionale viene consumato principalmente riso Japonica, mentre il Nord preferisce il riso Indica. L’adeguamento nella misura di EUR 49 per tonnellata sarebbe, inoltre, fondato su elementi di prova oggettivi e costituirebbe una prassi corrente, anche nei procedimenti antidumping.

108    Peraltro, anche senza l’adeguamento dei costi di trasporto nell’Unione, i prezzi cambogiani avrebbero comunque comportato una sottoquotazione rispetto ai prezzi dei produttori dell’Unione di almeno il 5,4% per le vendite alla rinfusa e dell’8,5% per le vendite in confezioni, il che, unitamente agli altri fattori esaminati dalla Commissione, sarebbe sufficiente a dimostrare l’esistenza di gravi difficoltà, ai sensi dell’articolo 22 del regolamento SPG.

109    Per quanto riguarda l’adeguamento dei prezzi all’importazione, la Commissione precisa che, non avendo indicato i ricorrenti un importo concreto dei costi successivi all’importazione, essa si è basata su dati risalenti al 2014 provenienti da un riesame in previsione della scadenza di misure antidumping istituite su taluni agrumi preparati o conservati.

110    La Repubblica italiana condivide gli argomenti della Commissione e aggiunge che la valutazione delle gravi difficoltà potrebbe fondarsi esclusivamente sui volumi e sulle quote di mercato. L’articolo 22 del regolamento SPG non esigerebbe, peraltro, che la causa delle gravi difficoltà riscontrate dalla Commissione sia esclusiva, né che sia certa.

111    L’Ente Nazionale Risi condivide, in sostanza, gli argomenti della Commissione.

112    Il Tribunale constata che dal combinato disposto dell’articolo 22, paragrafo 1, e dell’articolo 23, lettera j), del regolamento SPG risulta che i prezzi dei prodotti importati e dei prodotti simili o direttamente concorrenti sono uno dei fattori essenziali che la Commissione può, in particolare, prendere in considerazione nell’ambito dell’analisi volta a stabilire l’esistenza di gravi difficoltà causate o che rischiano di essere causate ai produttori dell’Unione dalle importazioni di cui trattasi.

113    Orbene, il regolamento SPG non contiene alcuna definizione della nozione di prezzo e non prevede un obbligo espresso di procedere ad un’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori né la metodologia di calcolo da seguire per la determinazione dell’effetto delle importazioni del prodotto in esame sull’industria dell’Unione.

114    Per contro, gli articoli 22 e 23 del regolamento SPG si riferiscono alle condizioni che consentono di stabilire che i volumi e/o i prezzi delle importazioni di un prodotto considerato causano o rischiano di causare gravi difficoltà ai produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti e, in definitiva, di ripristinare i dazi della tariffa doganale comune al fine di interrompere il deterioramento della situazione economica e/o finanziaria dei produttori dell’Unione.

115    Si deve, pertanto, considerare che non esiste una ma più metodologie di analisi che consentono di esaminare se le condizioni poste dagli articoli 22 e 23 del regolamento SPG siano soddisfatte. Orbene, la scelta tra diverse metodologie di calcolo presuppone la valutazione di situazioni economiche complesse, di modo che la Commissione dispone di un certo potere discrezionale quando sceglie la metodologia secondo la quale occorre verificare se tali condizioni siano soddisfatte.

116    Tuttavia, il Tribunale ricorda che il fatto che la Corte riconosca alla Commissione un ampio potere discrezionale in materia economica complessa non implica che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica.

117    Infatti, come emerge dalla giurisprudenza citata al punto 42 supra, il giudice dell’Unione è tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono.

118    Nel caso di specie, dai considerando 61, 64, 76 e 77 del regolamento impugnato risulta che la Commissione si è basata sia sui volumi sia sui prezzi delle importazioni di riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia per concludere che queste causavano gravi difficoltà ai produttori dell’Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti, come essa ha, peraltro, confermato in udienza.

119    A tale proposito, come indicato ai punti da 13 a 21 supra, la Commissione ha proceduto ad un’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori ai termini della quale, nel documento generale di divulgazione delle informazioni, ha messo in evidenza un’applicazione di prezzi inferiori ai prezzi dell’Unione, attraverso i prezzi delle importazioni provenienti dalla Cambogia, pari al 22%.

120    A seguito della divulgazione di tale documento, il Regno di Cambogia ha chiesto, in particolare, se nell’ambito del calcolo del margine di applicazione di prezzi inferiori fossero stati presi in considerazione i costi successivi all’importazione. In risposta alle osservazioni delle parti interessate, tra cui quelle del Regno di Cambogia, la Commissione ha rivisto i suoi calcoli dell’applicazione di prezzi inferiori e ha adeguato, da un lato, i prezzi dell’industria dell’Unione, per tener conto di un importo uniforme di EUR 49 per tonnellata a titolo di costi di trasporto del riso dall’Europa meridionale all’Europa settentrionale, e, dall’altro, i prezzi all’importazione, per tener conto dei costi successivi all’importazione, stimati intorno al 2% del prezzo all’importazione. Dopo aver indicato di aver tenuto conto anche delle differenze di stadio commerciale e comparato i prezzi di vendita del riso lavorato commercializzato alla rinfusa con quelli del riso venduto in confezioni, essa è giunta alla conclusione che l’applicazione di prezzi inferiori era del 13% per le vendite sfuse e del 14% per le vendite in confezioni.

121    In primo luogo, il Tribunale constata che, nonostante tali adeguamenti effettuati nel corso del procedimento amministrativo, le conclusioni della Commissione relative al deterioramento della situazione economica dell’industria dell’Unione causato dalle importazioni di riso Indica provenienti dalla Cambogia sono basate su un’applicazione di prezzi inferiori anteriore agli adeguamenti, ossia sull’applicazione di prezzi inferiori del 22%, come risulta dai considerando 56, 60 e 63 del regolamento impugnato.

122    Vero è che la Commissione, nelle sue risposte ai quesiti posti dal Tribunale a titolo di misure di organizzazione del procedimento, ha dichiarato di aver omesso di correggere tali menzioni di un’applicazione di prezzi inferiori del 22% e che occorreva leggere i margini di applicazione di prezzi inferiori precisati ai considerando 56, 60 e 63 del regolamento impugnato come pari al 13% per le vendite alla rinfusa e al 14% per le vendite in confezioni. Tuttavia, il Tribunale rileva che, mentre i considerando 56 e 60 del regolamento impugnato sono identici ai considerando 41 e 44 del documento generale di divulgazione delle informazioni, il considerando 63 del regolamento impugnato è stato aggiunto successivamente e che l’applicazione di prezzi inferiori del 22% è stata presa in considerazione dalla Commissione al momento dell’adozione del regolamento impugnato.

123    Avendo concluso, nel regolamento impugnato, che la situazione dell’industria dell’Unione si era deteriorata in termini economici in quanto avrebbe subìto un’applicazione di prezzi inferiori significativa, pari al 22%, la Commissione è, quindi, incorsa in un errore di fatto.

124    In secondo luogo, il Tribunale ricorda che, come giustamente rilevato dalla Commissione, se una parte chiede adeguamenti destinati a rendere comparabili i prezzi all’importazione e i prezzi dell’industria dell’Unione ai fini della determinazione del margine di applicazione di prezzi inferiori, tale parte deve fornire la prova che la sua domanda è giustificata. In tal senso, se un produttore rivendica l’applicazione di un adeguamento, in linea di principio al ribasso, spetta a tale operatore indicare e dimostrare che sussistono i presupposti per la concessione di siffatto adeguamento (v., per analogia, sentenza del 26 ottobre 2016, PT Musim Mas/Consiglio, C‑468/15 P, EU:C:2016:803, punto 82 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause riunite Changshu City Standard Parts Factory e Ningbo Jinding Fastener/Consiglio, C‑376/15 P e C‑377/15 P, EU:C:2016:928, paragrafo 97 e giurisprudenza ivi citata).

125    Parimenti, spetta alla Commissione, qualora ritenga di dover procedere ad un adeguamento, fondarsi su prove, o quanto meno su indizi convergenti, che consentano di accertare l’esistenza del fattore in considerazione del quale si procede all’adeguamento e determinarne l’incidenza sulla comparabilità dei prezzi (v., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punti 58 e 61 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T‑249/06, EU:T:2009:62, punto 180 e giurisprudenza ivi citata).

126    Nel caso di specie, ai considerando 34 e 35 del regolamento impugnato, la Commissione ha indicato che il Regno di Cambogia «[aveva] contestato la metodologia adottata da [essa] per calcolare i margini di vendita a prezzi inferiori», che «per calcolare il prezzo all’esportazione della Cambogia, non erano stati sommati i costi successivi all’importazione» e che «[a]lla luce delle argomentazioni ricevute (...), [essa aveva] deciso di riesaminare i calcoli relativi all’applicazione di prezzi inferiori al fine di, per quanto possibile, includere i costi di trasporto o i costi successivi all’importazione pertinenti».

127    È quindi giocoforza constatare che la Commissione, a seguito delle osservazioni sul documento generale di divulgazione delle informazioni, aveva accettato la necessità di apportare adeguamenti all’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori. Conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 42 e 125 supra, essa era quindi tenuta a fondarsi su prove, o su indizi convergenti, che consentissero di accertare l’esistenza dei fattori in base ai quali erano stati effettuati gli adeguamenti e di determinarne l’incidenza sulla comparabilità dei prezzi, e il Tribunale deve esaminare l’affidabilità, la coerenza e la pertinenza degli elementi di prova dedotti dalla Commissione a sostegno delle sue conclusioni.

128    A tale proposito, il calcolo della sottoquotazione delle importazioni viene effettuato ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio in capo all’industria dell’Unione a causa di tali importazioni ed è utilizzato, più in generale, al fine di valutare tale pregiudizio e di determinarne il margine, ossia il livello al quale detto pregiudizio è eliminato. L’esame obiettivo dell’incidenza delle importazioni impone di procedere a un equo confronto tra il prezzo del prodotto in esame e il prezzo del prodotto simile di detta industria in occasione delle vendite effettuate nel territorio dell’Unione. Per garantire l’equità di siffatto confronto, i prezzi vanno confrontati allo stesso stadio commerciale. Invero, un confronto effettuato tra prezzi ottenuti in stadi commerciali diversi, vale a dire senza includere tutti i costi inerenti allo stadio commerciale che deve essere preso in considerazione, darà necessariamente luogo a risultati artificiosi che non consentono una valutazione corretta del pregiudizio all’industria dell’Unione. Un siffatto equo confronto costituisce una condizione della legittimità del calcolo del pregiudizio di tale industria (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw et Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, non pubblicata, EU:T:2019:235, punto 239 e giurisprudenza ivi citata).

129    In primo luogo, per quanto riguarda l’adeguamento dei prezzi dell’Unione per tener conto di un importo uniforme di EUR 49 per tonnellata a titolo di costi di trasporto dall’Europa meridionale all’Europa settentrionale, il Tribunale ricorda che la prassi che consiste nel confrontare i prezzi «franco fabbrica», senza costi di trasporto, dei prodotti dell’industria dell’Unione con i prezzi «costo, assicurazione e nolo» (CIF) alla frontiera dell’Unione delle importazioni è stata riconosciuta in diverse occasioni dalla giurisprudenza (v., per analogia, sentenze del 30 novembre 2011, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio e Commissione, T‑107/08, EU:T:2011:704, punto 55, e del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punti da 243 a 249; conclusioni dell’avvocato generale Slynn nella causa Francia/Commissione, 181/85, EU:C:1986:491, paragrafi 708 e 709).

130    Nella fase del procedimento dinanzi al Tribunale, la Commissione invoca circostanze eccezionali a sostegno di tale adeguamento, il cui scopo è quello di tenere conto dei costi necessari per portare il prodotto nel luogo in cui si svolge la concorrenza, ossia l’Europa settentrionale, e rinvia alla sua prassi quale attuata nel regolamento di esecuzione (UE) 2019/1688 della Commissione, dell’8 ottobre 2019, che istituisce un dazio antidumping definitivo e riscuote definitivamente il dazio provvisorio sulle importazioni di miscugli di urea e nitrato di ammonio originari della Russia, di Trinidad e Tobago e degli Stati Uniti d’America (GU 2019, L 258, pag. 21), e nel regolamento di esecuzione (UE) 2019/576 della Commissione, del 10 aprile 2019, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di miscugli di urea e nitrato di ammonio originarie della Russia, di Trinidad e Tobago e degli Stati Uniti d’America (GU 2019, L 100, pag. 7).

131    Orbene, come sostengono correttamente i ricorrenti, ai considerando da 108 a 110 del regolamento di esecuzione 2019/1688 e ai considerando 127 e 129 del regolamento di esecuzione 2019/576, la Commissione ha precisato che la sua prassi abituale consisteva nel confrontare il prezzo CIF franco frontiera dell’Unione dei produttori-esportatori con il prezzo franco fabbrica dei produttori dell’Unione. Da tali considerando risulta altresì che la Commissione si discosta da tale approccio standard e adegua determinate vendite dell’industria dell’Unione quando circostanze eccezionali lo giustifichino. Essa indica di poter quindi limitare l’adeguamento alla percentuale delle vendite interessate dalla situazione eccezionale.

132    Nella presente fattispecie, la Commissione non ha fatto valere l’esistenza di nessuna circostanza eccezionale nel regolamento impugnato, che giustificasse che per le vendite di riso Indica nell’Unione occorreva tener conto dei costi di trasporto dall’Europa meridionale verso l’Europa settentrionale. Essa fa valere le circostanze del caso di specie solo in fase di controreplica, mentre ben si era avvalsa delle circostanze particolari nel testo stesso dei regolamenti di esecuzione da essa citati.

133    Peraltro, la Commissione non ha divulgato alcun elemento di prova o indizio attendibile e pertinente a sostegno della sua affermazione secondo la quale sarebbe un «fatto evidente» che il luogo in cui si esercita la concorrenza del riso Indica nell’Unione è l’Europa settentrionale, di modo che era necessario tener conto dei prezzi dell’industria dell’Unione dopo il trasporto di tutto il riso Indica semilavorato o lavorato dall’Europa meridionale all’Europa settentrionale, senza adeguare i costi di trasporto in funzione della proporzione delle vendite di riso nelle diverse zone geografiche dell’Unione.

134    Infatti, innanzitutto, mentre aveva indicato, al considerando 36 del regolamento impugnato, che l’Europa meridionale era composta dall’Italia e dalla Spagna, la Commissione l’ha definita, nel suo controricorso, come composta dall’Italia, dalla Spagna e dalla Grecia, alle quali ha successivamente aggiunto il Portogallo.

135    Poi, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale a titolo di misure di organizzazione del procedimento, la Commissione ha presentato le seguenti due pubblicazioni nelle quali tale fatto «evidente» sarebbe stato menzionato e illustrato da statistiche.

136    Da un lato, come constata il Tribunale, si tratta di una scheda informativa sul riso proveniente dalla Commissione, in cui si afferma, senza che tale affermazione sia suffragata da elementi di prova, che «il riso Indica (chicchi lunghi) è il riso “tradizionale” asiatico, che rappresenta [circa] il 25% della produzione di riso nell’Unione e che viene consumato principalmente nell’Europa settentrionale».

137    Dall’altro, la Commissione ha prodotto una tabella, pubblicata in un articolo datato dicembre 1995 e relativa alla qualità del riso nell’Unione, che contiene una stima numerica del consumo di riso Indica e di riso Japonica nel corso degli anni 1993 e 1994 per ciascuno dei dodici paesi all’epoca membri dell’Unione.

138    Tale tabella illustra le abitudini di consumo di riso nell’Unione 30 anni fa, ma siffatte abitudini possono essere cambiate in modo significativo, come giustamente rilevato dai ricorrenti nelle loro osservazioni sulle risposte della Commissione e all’udienza. Dal medesimo documento risulta altresì che l’Italia, la Spagna, la Grecia e il Portogallo conservano circa l’11,8% del consumo di riso Indica dell’Unione e la stessa Commissione ha riconosciuto che il 12% delle importazioni provenienti dalla Cambogia andava a tali paesi dell’Europa «meridionale».

139    Infine, sebbene, al considerando 36 del regolamento impugnato, la Commissione affermi di essersi basata su informazioni contenute nella denuncia e verificate durante l’inchiesta in loco, è giocoforza constatare che la denuncia della Repubblica italiana non contiene alcuna informazione relativa ai costi di trasporto nell’Unione per un tale importo e che i controlli che la Commissione avrebbe effettuato durante l’inchiesta in loco non fanno parte del fascicolo.

140    Nel controricorso, la Commissione ha precisato che gli elementi di prova oggettivi che giustificavano un adeguamento dei costi di trasporto nell’Unione per un importo di EUR 49 per tonnellata, vale a dire una dichiarazione dell’Associazione italiana degli utilizzatori di riso (AIRI), verificata sul posto presso due industrie italiane facenti parte del campione, figuravano nel fascicolo, ma non erano accessibili ai ricorrenti a causa di una domanda di trattamento riservato. Essa ha aggiunto che, anche in assenza di adeguamento dei costi di trasporto, l’analisi avrebbe dimostrato l’esistenza di una sottoquotazione rispetto ai prezzi dei produttori dell’Unione pari almeno al 5,4% per le vendite alla rinfusa e all’8,5% per le vendite in confezioni.

141    Vero è che l’accesso delle parti alle informazioni riguardanti le decisioni della Commissione è, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento delegato, come risulta dal punto 171 infra, espressamente limitato dal carattere riservato di tali informazioni. I principi che governano il diritto all’informazione delle parti interessate devono, pertanto, essere conciliati con i requisiti di riservatezza, e in particolare con l’obbligo delle istituzioni dell’Unione di rispettare il segreto commerciale (v., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Pitruzzella nella causa Donex Shipping and Forwarding, C‑104/19, EU:C:2020:159, paragrafo 61 e giurisprudenza ivi citata).

142    Tuttavia, secondo la giurisprudenza citata al punto 99 supra, la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato, con la conseguenza che il Tribunale non può sostituire i motivi dedotti durante il procedimento d’inchiesta con altri motivi dedotti per la prima volta al suo cospetto. Ciò vale anche per le valutazioni della Commissione formulate nelle sue memorie, con le quali essa afferma, senza ulteriori precisazioni, che, in assenza di adeguamento dei costi di trasporto, i prezzi delle importazioni provenienti dalla Cambogia avrebbero comunque comportato una sottoquotazione rispetto ai prezzi dei produttori dell’Unione pari almeno al 5,4% per le vendite alla rinfusa e all’8,4% per le vendite in confezioni.

143    Il rifiuto di divulgare le informazioni di cui trattasi non può inoltre essere giustificato con un motivo dedotto nel corso della fase orale del procedimento dinanzi al Tribunale (v., in tal senso, sentenza del 1° giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 153).

144    In ogni caso, è già stato dichiarato che le informazioni necessarie per valutare se, alla luce della struttura di mercato, un adeguamento controverso sia appropriato non sono dati riservati, in quanto si tratta di definire, motivandolo, lo stadio commerciale dei prodotti dell’Unione corrispondente a quello dei prodotti importati e di effettuare un adeguamento appropriato per tenere conto dell’insieme dei costi ad esso relativi (v., per analogia, sentenza del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata, EU:T:2011:46, punto 86).

145    La Commissione non può, quindi, validamente invocare la riservatezza di tutte le informazioni che hanno consentito di concludere per un adeguamento dei costi di trasporto nell’Unione per un importo uniforme di EUR 49 per tonnellata.

146    Il Tribunale osserva, peraltro, che l’8 febbraio 2022 la Commissione, a seguito dei quesiti e della richiesta di produzione di documenti del Tribunale a titolo di misure di organizzazione del procedimento, ha reiterato che la dichiarazione dell’AIRI era riservata.

147    Tuttavia, in data 10 febbraio 2022, essa dichiarava di aver ottenuto conferma dall’AIRI che, tenuto conto del tempo trascorso dal procedimento amministrativo, la richiesta di riservatezza relativa alla dichiarazione sulle spese di trasporto non era mantenuta. Essa ha aggiunto che avrebbe prodotto detta dichiarazione il 18 febbraio 2022, nelle sue risposte ai quesiti del Tribunale, e che tutte le parti avrebbero potuto accedervi.

148    Orbene, dagli atti di causa emerge che la Commissione ha prodotto soltanto uno scambio di messaggi di posta elettronica tra essa e l’Ente Nazionale Risi, nel quale si trova la cattura di una schermata che rappresenta una tabella dei costi di trasporto del riso all’ingrosso e in grandi sacchi. L’importo di EUR 49 vi è indicato come corrispondente ai costi di trasporto del riso in grandi sacchi dall’Italia verso il Belgio. Per contro, il documento-base dal quale tali dati provengono, o i calcoli che hanno consentito di pervenirvi, non è stato comunicato al Tribunale.

149    La ripartizione geografica sottesa al «fatto evidente» secondo cui la concorrenza del riso Indica semilavorato o lavorato nell’Unione si eserciterebbe nell’Europa settentrionale non è, quindi, suffragata da elementi di prova affidabili e pertinenti. Lo stesso vale per la scelta della Commissione di applicare all’intera produzione di riso Indica nell’Unione il tasso uniforme di EUR 49 per tonnellata a titolo di costi di trasporto, senza limitare l’adeguamento alla percentuale delle vendite di riso Indica lavorato e semilavorato dell’Unione che richiede effettivamente un tale trasporto dall’Europa meridionale all’Europa settentrionale.

150    In secondo luogo, per quanto riguarda l’adeguamento dei prezzi all’importazione, la Commissione ha indicato, al considerando 36 del regolamento impugnato, di essersi basata su «dati ricevuti nel quadro di una precedente inchiesta relativa a un altro prodotto alimentare: i satsuma». Essa non ha, però, fornito elementi di prova affidabili e coerenti, né indizi convergenti, quanto all’inchiesta in questione e ai dati che avrebbero consentito di concludere che i costi successivi all’importazione dovevano essere stimati nel caso di specie in circa il 2% del prezzo all’importazione.

151    Infatti, se i ricorrenti hanno formulato l’ipotesi che si trattasse di un’indagine del 2003/2004 e sollevato censure relative all’utilizzo di tali dati anteriori, la Commissione, nel controricorso, ha confutato tale ipotesi e ha precisato che si trattava di dati risalenti al 2014 provenienti da un riesame in previsione della scadenza di misure antidumping istituite su taluni agrumi preparati o conservati.

152    È vero che è già stato considerato, in una causa riguardante importazioni di agrumi preparati o conservati originari della Cina, che un adeguamento al 2% del prezzo all’importazione era modesto, cosicché era ragionevole supporre che esso comprendesse soltanto le spese sostenute fino all’arrivo della merce al deposito dell’importatore (sentenza del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata, EU:T:2011:46, punto 85).

153    Tuttavia, anche a supporre che i ricorrenti dovessero comprendere che l’adeguamento praticato era ricavato da un’inchiesta risalente al 2014 e che includeva soltanto le spese sostenute fino all’arrivo della merce al deposito dell’importatore, nessun elemento tra quelli che sono stati loro divulgati durante il procedimento amministrativo o che figurano nel regolamento impugnato spiega perché tale stadio della catena di distribuzione dei prodotti importati fosse l’equivalente del livello «Europa settentrionale» dell’industria dell’Unione, né in che modo i prezzi di trasporto dei satsuma fossero equivalenti a quelli del riso, prodotto secco che deperisce meno facilmente, e, di conseguenza, perché tale adeguamento fosse, nella specie, appropriato.

154    Il Tribunale constata, quindi, che gli elementi fatti valere dalla Commissione per giustificare tale adeguamento non sono sufficientemente convincenti, o sono inesistenti, e non possono essere considerati prove, né indizi convergenti, che consentano di accertare l’esistenza del fattore in base al quale è stato operato l’adeguamento dei prezzi all’importazione e di determinarne l’incidenza sulla comparabilità dei prezzi.

155    In terzo luogo, per quanto riguarda l’adeguamento dell’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori al fine di tener conto delle differenze di stadio commerciale e di confrontare i prezzi del riso lavorato venduto alla rinfusa con quelli del riso venduto in confezioni, è giocoforza rilevare che la Commissione non ha prodotto alcun elemento di prova a sostegno di tale adeguamento, né alcun indizio che consenta di accertare l’esistenza dei fattori in base ai quali tale adeguamento è stato operato e di determinarne l’incidenza sulla comparabilità dei prezzi.

156    Da tutto quanto precede risulta che la Commissione non si è basata su elementi di prova, o indizi, attendibili e pertinenti che consentano di suffragare la sua decisione di effettuare adeguamenti nell’ambito dell’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori.

157    Pertanto, occorre accogliere altresì le censure dei ricorrenti relative all’esistenza di errori manifesti di valutazione, nei limiti in cui la Commissione ha operato adeguamenti sui prezzi dell’Unione e sui prezzi all’importazione.

 Sulle censure relative a una violazione dei diritti della difesa dei ricorrenti e dellobbligo di divulgare i fatti e le considerazioni principali o i dettagli loro sottesi

158    I ricorrenti fanno valere, in sostanza, una violazione dei loro diritti di difesa e dell’articolo 17, paragrafi da 1 a 4, del regolamento delegato, in combinato disposto con l’articolo 38, paragrafo 3, del regolamento SPG, in quanto la Commissione ha omesso di rivelare, prima dell’adozione della decisione di ripristinare i dazi della tariffa doganale comune sulle importazioni di riso Indica originario della Cambogia, alcuni fatti e considerazioni principali, o i dettagli loro sottesi, in base ai quali ha adottato la sua decisione finale.

159    Innanzitutto, i ricorrenti sostengono che la Commissione non ha comunicato loro l’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori, né gli adeguamenti effettuati dopo le osservazioni che hanno fatto seguito alla comunicazione del documento generale di divulgazione delle informazioni, tantomeno i loro dati di base, riguardanti i costi successivi all’importazione, i costi di trasporto del riso dall’Europa meridionale all’Europa settentrionale nonché la distinzione tra i prezzi di vendita alla rinfusa e i prezzi di vendita in confezioni.

160    La Commissione non avrebbe neppure divulgato i dati a fondamento del calcolo degli indicatori di consumo e di pregiudizio, quali le quote di mercato e i volumi di vendita, l’evoluzione della produzione dell’Unione, delle importazioni e dei loro prezzi, compresi i dati ricevuti dagli Stati membri e da Eurostat e i dati stabiliti sulla loro base, né l’analisi attraverso la quale essa ha applicato il tasso di conversione del riso semilavorato in equivalente riso lavorato.

161    Orbene, tali elementi sarebbero manifestamente fatti e considerazioni principali, e i dati utilizzati al riguardo sarebbero dettagli ad essi sottesi, cosicché, ai sensi dell’articolo 17, paragrafi da 1 a 4, del regolamento delegato, la Commissione aveva l’obbligo di divulgarli, ivi compresi i dati accessibili al pubblico.

162    I ricorrenti fanno inoltre valere che, sebbene le loro osservazioni dopo la comunicazione del documento generale di divulgazione delle informazioni abbiano consentito di ridurre fortemente il margine di applicazione di prezzi inferiori dal 22 al 13% per le vendite alla rinfusa e al 14% per le vendite in confezioni, non è escluso che la divulgazione dell’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e degli adeguamenti apportativi, dei loro dati di base nonché degli altri elementi rilevanti avrebbe consentito loro di formulare ulteriori osservazioni. Non divulgando tali informazioni, circostanza che la stessa Commissione avrebbe riconosciuto, essa li avrebbe privati della possibilità di far valere le proprie osservazioni al riguardo, cosa che avrebbe potuto condurla a modificare talune delle sue constatazioni e comportare un ulteriore ribasso del margine di applicazione di prezzi inferiori, o addirittura rimettere in discussione l’analisi del nesso di causalità tra le asserite gravi difficoltà e le importazioni del riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia.

163    Infine, secondo i ricorrenti, nessuno degli elementi non divulgati era riservato. Anche a supporre che alcuni di essi lo fossero, essi avrebbero dovuto, ai sensi dell’articolo 38, paragrafi 3 e 5, del regolamento SPG, costituire oggetto di una domanda di trattamento riservato e, in ogni caso, essere divulgati in termini generici o sintetici.

164    Dal canto suo, la Commissione fa anzitutto valere che l’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e i dati ad essa sottesi potevano essere compresi dai ricorrenti alla luce delle informazioni contenute nel documento generale di divulgazione delle informazioni che riguardavano il prezzo delle importazioni provenienti dalla Cambogia e i prezzi unitari delle industrie produttrici dell’Unione incluse nel campione. Pur ammettendo di non aver divulgato gli adeguamenti di detta analisi e gli elementi loro sottesi, essa aggiunge che tali adeguamenti sono stati effettuati a seguito delle osservazioni delle parti interessate sul documento generale di divulgazione delle informazioni e hanno comportato un ribasso della sottoquotazione, cosicché risultano favorevoli ai ricorrenti. Precisa, inoltre, che l’applicazione di prezzi inferiori è solo uno dei vari elementi di cui si è tenuto conto per valutare le gravi difficoltà causate all’industria dell’Unione.

165    La Commissione aggiunge che i dati sottesi all’adeguamento relativo ai costi di trasporto dall’Europa meridionale all’Europa settentrionale non erano accessibili ai ricorrenti a causa di una domanda di trattamento riservato.

166    Inoltre, per quanto riguarda gli indicatori di consumo e di pregiudizio, la Commissione riconosce che si tratta di fatti principali, ma afferma che erano inclusi nel documento generale di divulgazione delle informazioni. Quanto ai dati sulla base dei quali tali indicatori sono stati calcolati, non si tratterebbe di fatti o considerazioni principali da divulgare quindi ai ricorrenti. Questi ultimi avrebbero peraltro potuto effettuare i propri calcoli sulla base delle informazioni incluse nel documento generale di divulgazione delle informazioni o pubblicamente accessibili.

167    A tale proposito, la Commissione fa riferimento anche all’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento delegato e all’articolo 12, paragrafo 1, della decisione (UE) 2019/339 del presidente della Commissione europea, del 21 febbraio 2019, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore in taluni procedimenti in materia commerciale (GU 2019, L 60, pag. 20), i quali prevedono la possibilità per un consigliere-auditore di intervenire su richiesta delle parti, al fine di riesaminare, in particolare, il rifiuto di concedere l’accesso al fascicolo costituito e le controversie sulla riservatezza dei documenti.

168    Da tali disposizioni risulterebbe che i ricorrenti avrebbero dovuto chiedere, durante il procedimento amministrativo, l’accesso ai dati all’origine degli indicatori di consumo e di pregiudizio nonché del calcolo relativo al tasso di conversione del riso. Pertanto, essi non avrebbero più diritto di lamentarne la mancata divulgazione dinanzi al Tribunale.

169    Infine, la Commissione ribadisce che le eventuali irregolarità dovute all’omessa divulgazione ai ricorrenti di talune informazioni non possono comportare l’annullamento del regolamento impugnato, in quanto i ricorrenti non hanno dimostrato che il procedimento amministrativo avrebbe potuto concludersi con un risultato differente se tali informazioni fossero state loro comunicate.

170    La Repubblica italiana e l’Ente Nazionale Risi rinviano, in sostanza, agli argomenti della Commissione.

171    L’articolo 17 del regolamento delegato, intitolato «Divulgazione di informazioni», dispone quanto segue:

«1. La Commissione divulga i dettagli su cui si fondano i fatti e le considerazioni principali in base a cui adotta le proprie decisioni.

2. La divulgazione di informazioni avviene in forma scritta, contiene quanto risulta alla Commissione e riflette la sua intenzione di ripristinare o meno i normali dazi della tariffa doganale comune.

3. Detta divulgazione tutela altresì debitamente le informazioni riservate, è effettuata quanto prima e di norma entro 45 giorni prima che la Commissione decida in modo risolutivo su qualsiasi proposta di azione definitiva, e in ogni caso in tempo utile affinché le parti presentino le loro osservazioni e la Commissione proceda ad esaminarle. Se la Commissione non può divulgare determinati fatti o considerazioni a tale data, essi vengono resi noti quanto prima in un momento successivo.

4. La divulgazione di informazioni non pregiudica alcuna eventuale successiva decisione; se tuttavia tale decisione si fondasse su fatti o considerazioni diversi, questi vengono divulgati quanto prima.

5. Si terrà conto di osservazioni presentate dopo la divulgazione di informazioni solo se saranno state ricevute entro un termine da fissare a cura della Commissione caso per caso, in funzione dell’urgenza della questione, e comunque non inferiore a 14 giorni dopo la comunicazione».

172    Innanzitutto, il Tribunale rileva che tale disposizione non subordina affatto l’obbligo di divulgazione della Commissione ad una qualsiasi domanda di informazione proveniente dalle parti interessate riguardo ai dettagli su cui si fondano i fatti e le considerazioni principali in base ai quali è prevista una misura di salvaguardia e di cui i ricorrenti vorrebbero prendere conoscenza.

173    L’interpretazione che la Commissione dà di tale disposizione, nel senso che i ricorrenti avrebbero dovuto chiedere l’accesso ai dati in questione, è tratta dal regime del procedimento antidumping, nell’ambito del quale il regolamento antidumping conferisce a determinate persone interessate diritti e garanzie procedurali, il cui esercizio dipende tuttavia dalla partecipazione attiva di tali soggetti al procedimento stesso, che deve esprimersi, per lo meno, mediante la presentazione di una richiesta scritta entro termini determinati (sentenza del 9 luglio 2020, Donex Shipping and Forwarding, C‑104/19, EU:C:2020:539, punto 70).

174    Tuttavia, se è vero che, nell’ambito del regolamento antidumping, la possibilità di ricevere un’informazione finale e, successivamente, di presentare osservazioni al riguardo è subordinata alla presentazione di una domanda alla Commissione, una siffatta domanda non è prevista dall’articolo 17 del regolamento delegato.

175    Il Tribunale constata, poi, che l’articolo 16 del regolamento delegato e l’articolo 12, paragrafo 1, della decisione 2019/339 vertono sull’intervento del consigliere-auditore durante la fase amministrativa e riguardano la situazione specifica in cui le parti interessate hanno presentato una domanda di accesso al fascicolo costituito o a un documento particolare, tale accesso è stato negato dalla Commissione oppure occorre risolvere una controversia sulla riservatezza di taluni documenti.

176    Orbene, tale diritto delle parti interessate di richiedere per iscritto l’accesso al fascicolo durante la fase amministrativa e la questione dell’eventuale intervento del consigliere-auditore in caso di diniego o di controversia sulla riservatezza di taluni documenti sono distinti dall’obbligo della Commissione di divulgare i dettagli su cui si fondano i fatti e le considerazioni principali in base ai quali essa ha adottato la propria decisione definitiva, ai sensi dell’articolo 17 del regolamento delegato.

177    Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, i ricorrenti non erano soggetti ad alcun obbligo preliminare di richiedere, durante il procedimento amministrativo, l’accesso alle informazioni di cui all’articolo 17 del regolamento delegato onde far valere dinanzi al Tribunale una violazione di tale disposizione e dei loro diritti della difesa.

178    Infine, il Tribunale ricorda che, secondo la giurisprudenza, i diritti della difesa comprendono sia il diritto al contraddittorio sia il diritto di accesso al fascicolo e rientrano tra i diritti fondamentali che fanno parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione e sono sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics, C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

179    Poiché i procedimenti d’inchiesta precedenti l’adozione di regolamenti che istituiscono misure di salvaguardia possono avere incidenza diretta e individuale sulle parti interessate e comportare conseguenze ad esse sfavorevoli, la Commissione è tenuta a rispettare taluni principi e garanzie procedurali (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punti 74 e 76).

180    Infatti, da una costante giurisprudenza deriva che, nell’adempimento del loro dovere d’informazione, le istituzioni dell’Unione devono agire con tutta la dovuta diligenza cercando di dare alle imprese interessate, entro i limiti di ciò che è compatibile con l’osservanza del segreto professionale, indicazioni utili per la tutela dei loro interessi, scegliendo, eventualmente d’ufficio, i modi appropriati di siffatta divulgazione. Le imprese interessate devono, in ogni caso, essere state messe in condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere efficacemente il loro punto di vista sulla sussistenza e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze addotti nonché dei fatti e delle considerazioni principali in base a cui la Commissione adotta le proprie decisioni e valuta l’esistenza di gravi difficoltà causate o che rischiano di essere causate all’industria dell’Unione che deriverebbero dalle importazioni di un prodotto originario di un paese beneficiario (v., per analogia, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

181    In particolare, il diritto di essere ascoltati garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (sentenze del 4 aprile 2019, OZ/BEI, C‑558/17 P, EU:C:2019:289, punto 53, e del 25 giugno 2020, HF/Parlamento, C‑570/18 P, EU:C:2020:490 punto 58).

182    L’efficacia della prospettazione del punto di vista dell’interessato richiede, quindi, che tale punto di vista abbia potuto essere esposto in tempo utile affinché le istituzioni dell’Unione avessero modo di prenderne conoscenza e, con tutta l’attenzione richiesta, valutarne la pertinenza ai fini del contenuto dell’atto da adottare.

183    Nell’ambito delle misure di salvaguardia adottate sulla base del regolamento SPG, l’articolo 17 del regolamento delegato stabilisce talune modalità quanto all’esercizio del diritto degli interessati di esporre le loro osservazioni e concretizza in tal modo il loro diritto di essere ascoltati. Tale articolo prevede, al suo paragrafo 1, l’obbligo per la Commissione di divulgare i dettagli su cui si fondano i fatti e le considerazioni principali in base ai quali adotta le proprie decisioni.

184    Un obbligo del genere si impone, a fortiori, riguardo agli stessi fatti e considerazioni principali, tanto più che i paragrafi 3 e 4 dell’articolo 17 del regolamento delegato menzionano espressamente la divulgazione dei «fatti e [del]le considerazioni».

185    Tale articolo dispone altresì, al suo paragrafo 3, che la divulgazione sia effettuata al più presto e di norma entro 45 giorni prima della decisione finale della Commissione. In ogni caso, essa deve intervenire in tempo utile affinché le parti possano esporre le loro osservazioni e la Commissione esaminarle. Tale articolo prevede inoltre, al suo paragrafo 4, che la Commissione, qualora intenda adottare una decisione successiva basandosi su fatti e considerazioni diversi da quelli precedentemente divulgati, li comunichi quanto prima.

186    Il testo dell’articolo 17 del regolamento delegato non contiene alcuna indicazione che consenta di conferire a tale divulgazione un carattere meramente indicativo. Alcune versioni linguistiche di tale disposizione, quali le versioni inglese e francese, le quali utilizzano appunto, rispettivamente, i verbi «shall» e «doivent» o l’indicativo presente, denotano espressamente un obbligo, per la Commissione, di divulgare i dettagli su cui si fondano i fatti e le considerazioni principali ovvero i fatti e le considerazioni diversi in base ai quali essa adotta le proprie decisioni, nel rispetto dei termini.

187    È alla luce di tali principi che occorre esaminare le censure dei ricorrenti relative alle informazioni che la Commissione non avrebbe divulgato. A tal fine il Tribunale decide di analizzare, tra le censure, quelle vertenti sull’omessa divulgazione, in primo luogo, dei dati sottesi agli indicatori di consumo e di pregiudizio e, in secondo luogo, dell’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e degli adeguamenti che vi sono stati apportati in seguito alle osservazioni delle parti interessate sul documento generale di divulgazione delle informazioni.

 Sui dati sottesi agli indicatori di consumo e di pregiudizio

188    Nel caso di specie, nel documento generale di divulgazione delle informazioni, la Commissione aveva divulgato alle parti interessate i fatti e le considerazioni che riteneva essenziali e sulla base dei quali intendeva ripristinare temporaneamente i dazi della tariffa doganale comune sulle importazioni di riso Indica originario della Cambogia, comprese le cifre relative agli indicatori di consumo e di pregiudizio e l’analisi delle tendenze che avrebbero dimostrato tali indicatori, come risulta dai punti da 11 a 16 supra.

189    Il Tribunale ricorda che, come risulta dai punti da 172 a 186 supra, l’articolo 17 del regolamento delegato non subordina l’obbligo di divulgazione della Commissione ad una qualsivoglia partecipazione attiva delle parti interessate al procedimento amministrativo. Inoltre, i diritti della difesa, di cui la Commissione è tenuta ad assicurare il rispetto nell’ambito di un’inchiesta diretta all’adozione di misure di salvaguardia sulla base del regolamento SPG, sono attuati nel regolamento delegato da un sistema completo di garanzie procedurali inteso, in particolare, a consentire alle parti interessate di difendere utilmente i loro interessi.

190    A tale proposito, è giocoforza rilevare che l’articolo 17 del regolamento delegato, al paragrafo 1, non limita l’obbligo di divulgazione della Commissione ai principali fatti e considerazioni in base ai quali essa adotta le proprie decisioni, ma riguarda espressamente i dettagli ad essi sottesi.

191    La Commissione ha riconosciuto che gli indicatori di consumo e di pregiudizio erano fatti principali. Le informazioni e i dati sottesi a tali indicatori sono quindi dettagli di fatti e considerazioni principali, che dovevano essere divulgati ai ricorrenti, conformemente all’articolo 17 del regolamento delegato.

192    Per quanto riguarda, anzitutto, i tassi di conversione del riso semilavorato in equivalente riso lavorato, dalla nota a piè di pagina n. 5 del documento generale di divulgazione delle informazioni risulta che la Commissione ha indicato che tale tasso di conversione era fissato dal regolamento (CE) n. 1312/2008 della Commissione, del 19 dicembre 2008, che fissa i tassi di conversione, le spese di lavorazione e il valore dei sottoprodotti relativi alle varie fasi di trasformazione del riso (GU 2008, L 344, pag. 56), e trovava applicazione sia alle importazioni sia ai volumi prodotti nell’Unione. Il tasso di conversione del riso semilavorato in riso lavorato è fissato all’articolo 1, paragrafo 3, di detto regolamento, di modo che i ricorrenti hanno avuto accesso a tale informazione. Al riguardo non può essere constatata alcuna violazione dei diritti della difesa.

193    Per quanto riguarda, poi, gli elementi che hanno permesso alla Commissione di stabilire le cifre relative al consumo nell’Unione, alle quote di mercato detenute dall’industria dell’Unione e dal Regno di Cambogia, all’evoluzione delle importazioni di riso Indica originario della Cambogia e dei loro prezzi, nonché alla produzione, alle scorte e alla superficie consacrata dall’industria dell’Unione alla coltura di riso Indica, menzionate ai considerando 19, 21, 24, 26, 33, 35, 36 e 38 del documento generale di divulgazione delle informazioni, nonché ai considerando 25, 27, 30, 32, 47, 49, 52 e 53 del regolamento impugnato, è giocoforza constatare che vi è solamente indicato che tali cifre sono state stabilite dalla Commissione sulla base dei dati ricevuti dagli Stati membri o dei dati di Eurostat.

194    Orbene, tali dati di Eurostat o i dati ricevuti dagli Stati membri non comparivano nel fascicolo messo a disposizione dei ricorrenti e il collegamento ipertestuale contenuto nella nota a piè di pagina n. 4 del documento generale di divulgazione delle informazioni rimanda alla presentazione generale della politica agricola comune dell’Unione riguardo a «cereali, oleaginosi, piante proteiche e riso», sul sito della Commissione.

195    La Commissione non può, a tale proposito, basarsi sul punto 372 della sentenza del 27 settembre 2006, Archer Daniels Midland/Commissione (T‑329/01, EU:T:2006:268). Infatti, da tale sentenza risulta che l’opera pubblicamente accessibile di cui trattavasi in quella causa consisteva in una pubblicazione specifica esplicitamente menzionata in una nota a piè di pagina nella comunicazione degli addebiti. Nella presente fattispecie, per contro, il collegamento ipertestuale alla nota a piè di pagina n. 4 del documento generale di divulgazione delle informazioni non rinvia direttamente ai dati messi a disposizione da Eurostat e questi ultimi, così come i dati ricevuti dagli Stati membri, non sono stati divulgati ai ricorrenti in altro modo.

196    In ogni caso, anche ritenendo che le statistiche di Eurostat fossero pubblicamente disponibili e che i ricorrenti abbiano avuto accesso alle cifre finali relative agli indicatori di consumo e di pregiudizio nel documento generale di divulgazione delle informazioni, la Commissione non ha spiegato la metodologia seguita all’occorrenza per combinare i dati ricevuti dagli Stati membri con le statistiche di Eurostat e compilare i dati finali riportati nel documento generale di divulgazione delle informazioni e nel regolamento impugnato.

197    Di conseguenza, la Commissione ha violato l’articolo 17 del regolamento delegato non divulgando in tempo utile alle parti interessate le informazioni di Eurostat e i dati degli Stati membri ottenuti ai fini dell’inchiesta e del calcolo degli indicatori di consumo e di pregiudizio.

198    Infine, per quanto riguarda, più in particolare, i dati utilizzati per determinare la produzione dell’Unione, la Commissione riconosce di aver comunicato solo un calcolo parziale, poiché i dati non riflettevano le scorte iniziali né l’utilizzo del riso come sementi. Essa aggiunge, tuttavia, che tale calcolo era conforme al calcolo del bilancio e che i ricorrenti avrebbero potuto comprenderlo basandosi sul bilancio sul riso, al quale avevano accesso.

199    In effetti, dai bilanci sul riso, allegati alle memorie dei ricorrenti, risulta che i dati relativi alle scorte finali di cui al considerando 36 del documento generale di divulgazione delle informazioni, e ripresi al considerando 52 del regolamento impugnato, corrispondono alla differenza tra, da un lato, la somma delle scorte iniziali, della produzione utilizzabile e delle importazioni e, dall’altro, l’utilizzazione interna totale e le esportazioni. Tuttavia, anche se consente di calcolare le scorte finali, tale formula contabile è stata dettagliata dalla Commissione soltanto nelle memorie prodotte dinanzi al Tribunale. Essa non risulta affatto, per contro, dal documento generale di divulgazione delle informazioni né la Commissione dichiara di averla divulgata ai ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo.

200    Peraltro, se è vero che i ricorrenti hanno avuto accesso a due bilanci sul riso relativi al periodo dell’inchiesta, dalle risposte della Commissione ai quesiti posti dal Tribunale a titolo di misure di organizzazione del procedimento risulta che quest’ultima si è basata su un altro bilancio, risalente al 2018, le cui cifre risultavano da una compilazione di dati effettuata dalla Commissione e presentavano una serie di differenze rispetto alle cifre riportate nei bilanci sul riso in possesso dei ricorrenti. Tale bilancio non è stato divulgato ai ricorrenti nel corso del procedimento amministrativo, né i dati ad esso sottesi e la metodologia utilizzata dalla Commissione per compilare tali dati.

201    Inoltre, sebbene la Commissione sostenga che sarebbe stato chiaramente indicato al considerando 18 del documento generale di divulgazione delle informazioni che i dati relativi alle vendite dei produttori dell’Unione erano stati calcolati sulla base dei bilanci sul riso, aggiungendo le scorte iniziali e la produzione utilizzabile e deducendone le sementi, le esportazioni e le scorte finali, e che si tratterebbe di una «formula contabile comunemente accettata», il Tribunale rileva che, ai termini del medesimo considerando, «[i]l consumo di riso Indica nell’Unione è stato accertato sulla base dei dati raccolti dalla Commissione presso gli Stati membri e delle statistiche sulle importazioni rese disponibili attraverso Eurostat». Non vi si fa alcuna menzione del volume delle vendite né della formula contabile utilizzata dalla Commissione.

202    Analogamente, la metodologia di calcolo utilizzata dalla Commissione per pervenire alle cifre finali relative al consumo nell’Unione, che figurano al considerando 19 del documento generale di divulgazione delle informazioni e sono riprese al considerando 25 del regolamento impugnato, non è identificabile nel documento generale di divulgazione delle informazioni.

203    I ricorrenti non avevano, quindi, a loro disposizione i dettagli sottesi agli indicatori di consumo e di pregiudizio né le informazioni utili per riprodurre i calcoli della Commissione a tal riguardo, dato che quest’ultima era venuta meno al suo obbligo di divulgazione di informazioni, ai sensi dell’articolo 17 del regolamento delegato.

204    Orbene, non è escluso che i ricorrenti avrebbero potuto difendersi più efficacemente in assenza di tali irregolarità.

205    Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, se non si può imporre al ricorrente di dimostrare che la decisione della Commissione sarebbe stata differente in assenza dell’irregolarità procedurale di cui trattasi, bensì solo che tale ipotesi non va totalmente esclusa in quanto detta parte avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità, resta il fatto che l’esistenza di un’irregolarità relativa ai diritti della difesa può portare all’annullamento dell’atto di cui trattasi solo in quanto esista la possibilità che, in ragione di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare ad un risultato differente, ledendosi così in concreto i diritti della difesa (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punti 78 e 79 e giurisprudenza ivi citata).

206    È già stato dichiarato che tale requisito è soddisfatto qualora, non avendo avuto accesso ai documenti che dovevano essergli divulgati in osservanza dei diritti della difesa, un ricorrente non abbia potuto far valere utilmente le proprie osservazioni e sia stato così privato di una possibilità, anche minima, di garantire meglio la propria difesa (v., in tal senso, sentenza del 16 gennaio 2019, Commissione/United Parcel Service, C‑265/17 P, EU:C:2019:23, punto 56).

207    In un caso del genere, la mancata divulgazione di elementi del fascicolo sui quali l’amministrazione o un’istituzione dell’Unione si è fondata incide inevitabilmente, alla luce della tutela dovuta ai diritti della difesa, sulla regolarità degli atti adottati al termine di un procedimento che possa recare pregiudizio al ricorrente (v., in tal senso, sentenze del 4 aprile 2019, OZ/BEI, C‑558/17 P, EU:C:2019:289, punto 78, e del 25 giugno 2020, HF/Parlamento, C‑570/18 P, EU:C:2020:490, punto 73).

208    Nelle particolari circostanze del caso, il mancato accesso dei ricorrenti ai calcoli dei dati del consumo e degli indicatori di gravi difficoltà era quindi tale da limitare la loro capacità di presentare osservazioni pertinenti. Il fatto che essi non disponessero, nella specie, di talune informazioni relative alla metodologia di calcolo è rilevante per valutare se l’esito del procedimento avrebbe potuto essere differente qualora la Commissione avesse divulgato tali calcoli.

209    Orbene, il fatto di disporre di tutte le informazioni relative agli indicatori di consumo e di pregiudizio nonché dei calcoli dettagliati effettuati dalla Commissione e non soltanto dei dati utilizzati per tali calcoli è, in generale, tale da consentire ai ricorrenti di fornire osservazioni più utili per la propria difesa. Infatti, possono così verificare in maniera esatta il modo in cui la Commissione ha utilizzato tali dati e compararli ai propri calcoli, il che consente loro di individuare eventuali errori da parte della Commissione altrimenti non rilevabili (v., per analogia, sentenze del 30 giugno 2016, Jinan Meide Casting/Consiglio, T‑424/13, EU:T:2016:378, punto 208, e del 1° giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 156).

210    Come risulta dai punti 196 e da 199 a 202 supra, l’acquisizione dei dati e dei metodi di calcolo sottesi agli indicatori di consumo e di pregiudizio avrebbe costituito per i ricorrenti un notevole guadagno informativo che, tenuto conto delle circostanze di specie, poteva consentire loro di presentare osservazioni più pertinenti di quelle già presentate, in particolare, a seguito della comunicazione del documento generale di divulgazione delle informazioni.

211    Pertanto, è possibile che, in ragione di tale irregolarità, il procedimento amministrativo abbia potuto portare ad un risultato differente, ledendosi così in concreto i diritti della difesa dei ricorrenti.

 Sull’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e sugli adeguamenti

212    Dai considerando da 33 a 42 del regolamento impugnato risulta che l’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e gli adeguamenti effettuati dalla Commissione sono elementi essenziali dei calcoli dell’applicazione di prezzi inferiori. La Commissione ha peraltro indicato nelle sue memorie che l’applicazione di prezzi inferiori costituiva uno degli elementi all’origine della conclusione relativa all’esistenza di gravi difficoltà causate all’industria dell’Unione. Essa ha altresì confermato in udienza di essersi basata sull’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori per concludere nel senso dell’esistenza di un nesso di causalità tra le gravi difficoltà incontrate dall’industria dell’Unione e le importazioni del riso Indica semilavorato o lavorato originario della Cambogia.

213    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori, occorre osservare che, nel documento generale di divulgazione delle informazioni, la Commissione ha indicato i prezzi delle importazioni provenienti dalla Cambogia e i prezzi unitari dei produttori dell’Unione inclusi nel campione.

214    Dagli elementi del fascicolo risulta che i ricorrenti hanno correttamente colto la portata di tali informazioni e sono stati in grado di effettuare i propri calcoli per quanto riguarda il margine di applicazione di prezzi inferiori del 22%. La mancata divulgazione ai ricorrenti del calcolo del margine di applicazione di prezzi inferiori, quale comunicato nel documento generale di divulgazione delle informazioni, non li ha quindi privati di ogni possibilità di presentare talune osservazioni pertinenti.

215    Tuttavia, come risulta dai punti da 194 a 196 supra, la Commissione non ha divulgato i dati di Eurostat, compresi quelli che le hanno consentito di stabilire le cifre relative all’evoluzione dei prezzi delle importazioni provenienti dalla Cambogia, in violazione del suo obbligo di divulgazione di informazioni di cui all’articolo 17 del regolamento delegato.

216    Quanto alle cifre che dimostrano l’evoluzione dei prezzi dell’Unione, dal considerando 39 del documento generale di divulgazione delle informazioni nonché dal considerando 54 del regolamento impugnato risulta che esse sono state elaborate sulla base delle risposte ai questionari delle industrie produttrici dell’Unione incluse nel campione. Sebbene dagli elementi del fascicolo risulti che i ricorrenti hanno avuto accesso a tali risposte, è giocoforza rilevare che le parti vertenti sui prezzi sono state indicate come riservate. Come giustamente rilevato dai ricorrenti, i dati aggregati delle industrie produttrici dell’Unione non sono riservati e figurano al considerando 39 del documento generale di divulgazione delle informazioni, ripreso al considerando 54 del regolamento impugnato. Per contro, i ricorrenti non affermano che i dati individuali dei produttori avrebbero dovuto essere loro divulgati, di modo che essi non possono far valere una violazione dei loro diritti della difesa al riguardo.

217    Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli adeguamenti apportati all’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori, è giocoforza constatare che tali adeguamenti sono stati menzionati per la prima volta nel regolamento impugnato. Dai considerando da 34 a 37 di detto regolamento risulta, inoltre, che essi sono stati adottati dalla Commissione al fine di rispondere alle osservazioni delle parti interessate, tra cui il Regno di Cambogia, facenti seguito alla comunicazione del documento generale di divulgazione delle informazioni, e di garantire un equo confronto.

218    Gli adeguamenti apportati all’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori non soltanto sono, quindi, fatti e considerazioni principali in base ai quali la Commissione ha adottato la decisione di ripristinare temporaneamente i dazi della tariffa doganale comune sulle importazioni di riso Indica originario della Cambogia, ma hanno inoltre condotto ad una modifica dei margini di applicazione di prezzi inferiori e delle conclusioni finali che erano stati precedentemente comunicati alle parti interessate nel documento generale di divulgazione delle informazioni.

219    Gli adeguamenti hanno così apportato cambiamenti nelle tendenze sulle quali era fondata la valutazione del pregiudizio, visto che la Commissione ha menzionato, nel regolamento impugnato, oltre al margine di applicazione di prezzi inferiori generale del 22%, già indicato nel documento generale di divulgazione delle informazioni, un nuovo margine del 13% per le vendite alla rinfusa e del 14% per le vendite in confezioni.

220    Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 4, del regolamento delegato e alla luce del diritto dei ricorrenti di essere ascoltati, siccome la decisione della Commissione era basata su fatti e considerazioni diversi da quelli precedentemente divulgati, essa aveva l’obbligo di divulgare quanto prima ai ricorrenti gli adeguamenti apportati all’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori nonché, a fortiori, l’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori post-adeguamento. Orbene, la Commissione ammette di non aver trasmesso alcun elemento che consentisse ai ricorrenti di prenderne conoscenza prima dell’adozione del regolamento impugnato e di far valere il loro punto di vista al riguardo.

221    Indubbiamente, come menzionato al punto 141 supra, la divulgazione di informazioni deve avvenire nel rispetto della tutela delle informazioni riservate. Tuttavia, la Commissione non ha affatto sostenuto nel corso del procedimento amministrativo, né nel regolamento impugnato, che si trattava di dati riservati ai quali essa non poteva concedere ai ricorrenti di accedere.

222    Essa si è limitata a invocare la riservatezza degli elementi di prova giustificanti l’adeguamento dei prezzi dell’Unione nella fase del controricorso. In ogni caso, dal punto 145 supra risulta che la Commissione non poteva validamente invocare la riservatezza di tutte le informazioni che avevano consentito di concludere per un adeguamento dei costi di trasporto nell’Unione dall’importo uniforme di EUR 49 per tonnellata.

223    Sebbene, poi, in forza dell’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento delegato, la divulgazione tuteli debitamente le informazioni riservate, il rispetto delle informazioni riservate non può privare del loro contenuto essenziale i diritti della difesa e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione, 264/82, EU:C:1985:119, punto 29).

224    Dal canto suo, l’articolo 38, paragrafo 5, del regolamento SPG precisa, in sostanza, che i paragrafi da 1 a 4 di detto articolo, relativi all’utilizzo delle informazioni, comprese quelle oggetto di una domanda di trattamento riservato, non ostano a che la Commissione dia atto delle informazioni di carattere generale e, in particolare, dei motivi sui quali sono fondate le decisioni adottate ai sensi del regolamento SPG, fermi restando i legittimi interessi delle persone fisiche e giuridiche interessate a che i segreti commerciali non siano divulgati.

225    Secondo la giurisprudenza, il carattere sufficiente delle informazioni fornite dalla Commissione deve essere valutato in funzione del grado di specificità delle informazioni richieste (v., per analogia, sentenze del 18 dicembre 1997, Ajinomoto e NutraSweet/Consiglio, T‑159/94 e T‑160/94, EU:T:1997:209, punto 93, e del 1° giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 143).

226    In tale contesto, la Commissione, entro i limiti di ciò che è compatibile con l’osservanza del segreto commerciale, deve cercare di divulgare alle parti interessate indicazioni utili per la tutela dei loro interessi, scegliendo, eventualmente d’ufficio, i modi appropriati di siffatta divulgazione (v., per analogia, sentenze del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione, 264/82, EU:C:1985:119, punto 30, e del 1° giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio, T‑442/12, EU:T:2017:372, punto 141).

227    Nel caso di specie, è pacifico che la Commissione non ha divulgato alcuna informazione riguardante l’adeguamento dei prezzi dell’Unione nel corso del procedimento amministrativo.

228    Lo stesso vale per l’adeguamento dei prezzi all’importazione e per l’adeguamento al fine di tener conto delle differenze di stadio commerciale e di confrontare i prezzi del riso lavorato venduto alla rinfusa con quelli del riso venduto in confezioni, che sono apparsi nel regolamento impugnato senza che la Commissione fornisse informazioni relative ai calcoli effettuati e ai dati utilizzati per effettuare tali adeguamenti. Il regolamento impugnato non fa, peraltro, riferimento ad alcuna giustificazione valida per fondare un eventuale rifiuto di divulgarli.

229    Poiché gli adeguamenti apportati all’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori costituiscono fatti e considerazioni principali in base ai quali la Commissione ha deciso di ripristinare i dazi della tariffa doganale comune sulle importazioni di riso Indica originario della Cambogia, la Commissione aveva l’obbligo di divulgarli ai ricorrenti, in uno coi dettagli ad essi sottesi. L’articolo 17 del regolamento delegato e il diritto di essere ascoltati dei ricorrenti sono stati quindi violati.

230    Come risulta dalla giurisprudenza citata ai punti da 205 a 207 supra, una violazione dei diritti della difesa può comportare l’annullamento di una decisione adottata al termine di un procedimento qualora esista una possibilità che, in ragione di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare ad un risultato differente e i ricorrenti siano stati privati di una possibilità, ancorché ridotta, di assicurare meglio la propria difesa in assenza dell’irregolarità procedurale.

231    Orbene, nel caso di specie, i ricorrenti hanno presentato, nel corso del procedimento d’inchiesta, una serie di osservazioni sulla base delle informazioni di cui già disponevano, alcune delle quali hanno portato ad una modifica dei calcoli del margine di applicazione di prezzi inferiori.

232    Infatti, dai considerando 34 e 35 del regolamento impugnato risulta che il Regno di Cambogia ha contestato la metodologia utilizzata dalla Commissione per calcolare il margine di applicazione di prezzi inferiori contenuto nel documento generale di divulgazione delle informazioni e ha fatto valere che i prezzi all’importazione dovevano essere adeguati includendo i costi successivi all’importazione. In risposta a tali osservazioni, la Commissione ha deciso di rivedere i propri calcoli tenendo conto non solo dei costi successivi all’importazione, ma anche dei costi di trasporto rilevanti nell’Unione, nonché delle differenze di stadio commerciale che incidono sulla comparabilità dei prezzi, come già menzionato ai punti 119, 120, e 126 supra.

233    Peraltro, come i ricorrenti stessi hanno indicato in udienza, essi hanno prodotto, nell’ambito delle loro osservazioni sulle risposte della Commissione ai quesiti posti dal Tribunale a titolo di misure di organizzazione del procedimento, e in particolare in risposta alla tabella della Commissione che stabilisce una stima numerica del consumo di riso Indica e di riso Japonica nell’Unione per gli anni 1993 e 1994, una tabella relativa agli anni 1995 e 1996 che indicava abitudini di consumo differenti, in particolare per l’Italia e per il Portogallo.

234    È dunque evidente che i ricorrenti avrebbero potuto difendersi più efficacemente in assenza delle irregolarità procedurali relative alla mancata divulgazione dei dati sottesi all’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e agli adeguamenti controversi e che non può escludersi che i loro argomenti al riguardo avrebbero potuto influire sul contenuto della decisione della Commissione, tanto più che quest’ultima aveva già modificato la sua posizione e i calcoli dell’applicazione di prezzi inferiori a seguito delle osservazioni che le erano state presentate dalle parti interessate dopo la comunicazione del documento generale di divulgazione delle informazioni (v., in tal senso, sentenza del 1° ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 92).

235    Inoltre, dato che un confronto equo, vale a dire allo stesso stadio commerciale, tra il prezzo all’importazione e il prezzo dell’industria dell’Unione costituisce una condizione di legittimità dei calcoli dell’applicazione di prezzi inferiori che hanno consentito di determinare l’esistenza di gravi difficoltà, non si può ritenere che i ricorrenti siano stati in grado di far valere utilmente il loro punto di vista se non è stato loro divulgato nessun elemento comprovante tale equità (v., per analogia, sentenza del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata, EU:T:2011:46, punto 85).

236    Come sottolineato in sostanza dai ricorrenti in udienza, il fatto che essi non disponessero, nel caso di specie, di informazioni riguardanti gli adeguamenti e i calcoli dei margini di applicazione di prezzi inferiori è rilevante per valutare se l’esito del procedimento avrebbe potuto essere differente qualora la Commissione li avesse divulgati. Infatti, alla data di adozione del regolamento impugnato, i ricorrenti avevano solo una conoscenza generale del calcolo del margine di applicazione di prezzi inferiori del 22%. Essi ignoravano, in particolare, prima di tale data, che i prezzi all’importazione e i prezzi dell’industria dell’Unione erano stati oggetto di adeguamenti da parte della Commissione. Nessun elemento tra quelli divulgati loro nel corso del procedimento amministrativo era dedicato a sapere come fossero stati rivisti i calcoli dell’applicazione di prezzi inferiori per raggiungere una sottoquotazione del 13% per le vendite alla rinfusa e del 14% per le vendite in confezioni, né ai motivi della scelta di un adeguamento all’importazione stimato al 2% del prezzo all’importazione e di un adeguamento dei prezzi dell’industria nell’Unione per un importo uniforme di EUR 49 per tonnellata.

237    Orbene, se i ricorrenti fossero stati in possesso dell’analisi dell’applicazione di prezzi inferiori e dei suoi adeguamenti, nonché del calcolo dei margini dell’applicazione di prezzi inferiori, essi sarebbero stati in grado per lo meno di presentare osservazioni sui risultati ai quali la Commissione era giunta. I ricorrenti avrebbero così potuto, se del caso, comparare tali risultati con i propri. Pertanto, essi sarebbero stati, eventualmente, in grado di contestare in modo più preciso la metodologia utilizzata dalla Commissione e avrebbero avuto maggiori possibilità di vedere prese in considerazione dalla Commissione le loro obiezioni.

238    L’ottenimento di informazioni relative agli adeguamenti e ai calcoli dei nuovi margini di applicazione di prezzi inferiori nonché ai calcoli dettagliati effettuati dalla Commissione avrebbe quindi, evidentemente, costituito per i ricorrenti un guadagno sostanziale di informazioni che, tenuto conto delle circostanze di specie, poteva consentire loro di presentare osservazioni più pertinenti di quelle che il Regno di Cambogia aveva già presentato.

239    In tali circostanze, non si può escludere che, se avessero avuto a disposizione il calcolo dei margini di applicazione di prezzi inferiori, i ricorrenti avrebbero potuto sfruttare utilmente tale informazione per l’esercizio dei loro diritti della difesa.

240    Pertanto, i ricorrenti fanno valere a giusto titolo una violazione dei loro diritti della difesa nonché dell’articolo 17 del regolamento delegato, ed è possibile che il procedimento amministrativo avrebbe potuto portare ad un risultato differente, ledendosi così in concreto i loro diritti della difesa.

241    Nell’ambito dell’esame di una violazione dei diritti della difesa non può essere presa in considerazione la circostanza dedotta dalla Commissione secondo cui i ricorrenti hanno potuto chiederle, dopo la comunicazione del documento generale di divulgazione delle informazioni, di tener conto dei costi successivi all’importazione. Infatti, un tale elemento non può influire, se del caso, sulla questione se sia stata commessa una violazione dei diritti della difesa. Ciò che rileva per il rispetto dei diritti della difesa è la possibilità per l’interessato di conoscere dettagli su cui si fondano i fatti e le considerazioni principali in base ai quali la Commissione ha adottato la decisione di ripristinare i dazi della tariffa doganale comune. Per le stesse ragioni, gli elementi che dimostrano che il confronto tra i prezzi all’importazione e i prezzi dell’industria dell’Unione sia stato effettuato al medesimo stadio commerciale sono di fondamentale importanza per l’esercizio effettivo dei diritti della difesa (v., per analogia, sentenza del 17 febbraio 2011, Zhejiang Xinshiji Foods e Hubei Xinshiji Foods/Consiglio, T‑122/09, non pubblicata, EU:T:2011:46, punti 90 e 91).

242    Il fatto che gli adeguamenti apportati nell’ambito del regolamento impugnato siano stati favorevoli ai ricorrenti, essendo l’applicazione di prezzi inferiori passata dal 22%, rispettivamente, al 13% per le vendite alla rinfusa e al 14% per le vendite in confezioni, è quindi irrilevante.

243    Le censure dei ricorrenti relative a una violazione dei loro diritti della difesa e dell’articolo 17 del regolamento delegato devono, pertanto, essere accolte.

244    Da tutto quanto precede risulta che il regolamento impugnato deve essere annullato.

 Sulle spese

245    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle dei ricorrenti, conformemente alla domanda di questi ultimi.

246    Inoltre, conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che anche una parte interveniente diversa da quelle menzionate al paragrafo 1 sopporti le proprie spese.

247    Occorre quindi dichiarare che la Repubblica italiana e l’Ente Nazionale Risi sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il regolamento di esecuzione (UE) 2019/67 della Commissione, del 16 gennaio 2019, che istituisce misure di salvaguardia in relazione all’importazione di riso Indica originario della Cambogia e del Myanmar/Birmania, è annullato.

2)      La Commissione europea è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dal Regno di Cambogia e dalla Cambodia Rice Federation (CRF).

3)      La Repubblica italiana e l’Ente Nazionale Risi sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Papasavvas

Spielmann

Öberg

Mastroianni

 

      Norkus

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 novembre 2022.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.