Language of document : ECLI:EU:T:2011:228

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

19 maggio 2011 (*)

«Accordo di associazione CEE-Turchia – Importazione di televisori a colori provenienti dalla Turchia – Ricorso per risarcimento danni – Prescrizione – Irricevibilità»

Nella causa T‑210/09,

Formenti Seleco SpA, con sede in Milano, rappresentata dagli avv.ti A. Malatesta, G. Terracciano e S. Malatesta,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. T. Scharf e D. Grespan, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subìto dalla ricorrente per la mancata adozione, da parte della Commissione, di misure volte ad impedire alle autorità turche di violare l’accordo che ha istituito un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, al momento della determinazione dell’origine dei televisori a colori importati dalla Comunità in provenienza dalla Turchia,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto dal sig. J. Azizi (relatore), presidente, dalla sig.ra E. Cremona e dal sig. S. Frimodt Nielsen, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la seguente

Ordinanza

 Fatti

1        Il 1° dicembre 1964 è entrato in vigore l’accordo di associazione che ha istituito un’associazione tra la Comunità economica europea (CEE) e la Turchia, sottoscritto ad Ankara il 12 settembre 1963 dalla Repubblica di Turchia, da un lato, e dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro (in prosieguo: l’«accordo di associazione)». Tale accordo era stato approvato dalla Comunità europea con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE, relativa alla conclusione dell’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia (GU L 1964, n. 217, pag. 3685). Esso ha lo scopo di promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti e prevede, a tal fine, tre differenti fasi di avvicinamento e di rafforzamento delle politiche economiche, tra cui l’attuazione progressiva di un’unione doganale nonché la creazione di un consiglio di associazione costituito, da un lato, da membri dei governi degli Stati membri, del Consiglio delle Comunità europee e della Commissione delle Comunità europee e, dall’altro, da membri del governo turco, che, deliberando all’unanimità, dispone, ai fini della realizzazione degli obiettivi determinati dall’Accordo di associazione, di un potere decisionale.

2        Il 23 novembre 1970, allo scopo di definire le condizioni, le modalità e i tempi della realizzazione della fase transitoria prevista dall’Accordo di associazione, le parti contraenti, vale a dire la Repubblica di Turchia, da un lato, e la Comunità e i suoi Stati membri, dall’altro, hanno sottoscritto un protocollo addizionale (in prosieguo: il «protocollo addizionale»). Esso è stato approvato con il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 72, per la conclusione del protocollo addizionale e del protocollo finanziario, firmati il 23 novembre 1970 e allegati all’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, e relativo ai provvedimenti da prendere per la loro entrata in vigore (GU L 293, pag. 1). Esso stabilisce che le sue disposizioni relative alla soppressione dei dazi doganali e delle restrizioni quantitative (in prosieguo: il «regime preferenziale») «si applicano anche alle merci ottenute nella Comunità o in Turchia, nella cui fabbricazione siano stati impiegati prodotti in provenienza da paesi terzi che non si trovavano in libera pratica nella Comunità o in Turchia». È stato tuttavia concordato che l’ammissione di tali merci al beneficio del regime preferenziale sia subordinata alla riscossione, nello Stato di esportazione, di un prelievo di compensazione la cui aliquota sia pari alla percentuale dei dazi della tariffa doganale comune previsti per i prodotti in provenienza da paesi terzi, impiegati nella loro fabbricazione (di seguito: il «prelievo di compensazione») (v. art. 3 del protocollo addizionale).

3        Con decisione 29 dicembre 1972, n. 5, relativa ai metodi di cooperazione amministrativa per l’applicazione degli artt. 2 e 3 del protocollo addizionale all’Accordo di Ankara (GU 1973, L 59, pag. 74), il consiglio di associazione ha condizionato la concessione del regime preferenziale alla presentazione di un titolo giustificativo rilasciato su richiesta dell’esportatore dalle autorità doganali della Repubblica di Turchia o di uno Stato membro. Tale titolo giustificativo è il certificato di circolazione delle merci A.TR.1 (in prosieguo: il «certificato A.TR.1»). Esso viene rilasciato per le merci ottenute nello Stato di esportazione e nella fabbricazione delle quali siano stati impiegati prodotti non assoggettati ai dazi doganali né alle tasse di effetto equivalente loro applicabili o che abbiano beneficiato di un ristorno totale o parziale di tali dazi o tasse, sempre che sia stato riscosso, se ne ricorra il caso, il prelievo previsto nei loro confronti [v. il formulario allegato alla decisione del consiglio di associazione 18 luglio 1978, n. 1/78, recante modifica della decisione n. 5/72 (GU L 253, pag. 2)].

4        Dal 1991 e fino all’inizio del 1994, i televisori a colori fabbricati in Turchia sono stati importati nella Comunità ricorrendo ai certificati A.TR.1, cosicché gli stessi hanno beneficiato dell’esenzione dai dazi doganali prevista dall’accordo di associazione e dal protocollo addizionale.

5        A seguito di un certo numero di reclami e di segnalazioni di irregolarità, la Commissione ha intrapreso, dal 18 ottobre al 9 novembre 1993, una missione di verifica in Turchia.

6        In occasione di tale missione si è constatato che le autorità turche autenticavano i certificati A.TR.1 senza che alcun diritto di compensazione venisse riscosso.

7        La Commissione è pervenuta dunque alla conclusione, nel rapporto di missione, che i certificati presentati fossero invalidi e che i televisori a colori fabbricati in Turchia i cui componenti provenivano da paesi terzi non potevano beneficiare del regime di libera circolazione al momento della loro importazione nell’ambito della Comunità.

8        Peraltro, sino al 15 gennaio 1994 il governo turco non aveva predisposto una regolamentazione che prevedesse la riscossione, in conformità con il protocollo addizionale, di un prelievo di compensazione per le merci ottenute sulla base di componenti di paesi terzi che non erano stati immessi in libera pratica in Turchia. Al contrario, il governo turco aveva instaurato un programma di aiuti all’esportazione e aveva adottato, nel giugno 1992, due decreti riferentisi, l’uno, alla riscossione di un diritto di compensazione per i casi in cui risultasse da un esame tecnico specifico della Camera di commercio che il valore dei componenti provenienti da paesi terzi superava il 56% del valore totale dei televisori e, l’altro, alla sospensione dei dazi all’importazione sui tubi catodici destinati ai televisori a colori importati in Turchia.

9        Il 12 gennaio 1994 il governo turco ha adottato il decreto n. 94/5168 che prevede la riscossione di un prelievo di compensazione sui componenti originari di paesi terzi impiegati in televisori a colori destinati alla Comunità. L’aliquota del prelievo corrispondeva all’aliquota prevista dalla tariffa doganale comune per tale genere di prodotto.

10      Il 27 settembre 1994 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 2376/94 che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di apparecchi riceventi per la televisione, a colori, originari della Malaysia, della Repubblica popolare cinese, della Repubblica di Corea, di Singapore e della Tailandia (GU L 255, pag. 50). Il citato regolamento è stato adottato a seguito di un’inchiesta su talune pratiche antidumping riguardanti le importazioni nella Comunità di televisori a colori esportati o provenienti dalla Malaysia, dalla Cina, dalla Corea del sud, da Singapore, dalla Tailandia e dalla Turchia nel periodo compreso tra il 1° luglio 1991 e il 30 giugno 1992. Nei ‘considerando’ di tale regolamento la Commissione ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per istituire misure provvisorie contro la Repubblica di Turchia.

11      Il 27 marzo 1995 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 710/95, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di apparecchi riceventi per la televisione a colori originari della Malaysia, della Repubblica popolare cinese, della Repubblica di Corea, di Singapore e della Tailandia e che decide la riscossione definitiva del dazio provvisorio (GU L 73, pag. 3). Nei ‘considerando’ di detto regolamento il Consiglio ha indicato di aver effettuato un’ulteriore analisi della situazione relativa alle esportazioni di televisori a colori di origine turca, e ha confermato i fatti esposti nella determinazione provvisoria. Pertanto, l’importazione dei citati televisori provenienti dalla Turchia non è stata assoggettata a dazi antidumping.

12      Il 22 dicembre 1995 il consiglio di associazione ha adottato la decisione n. 1/95 relativa all’attuazione della fase finale dell’unione doganale (GU 1996, L 35, pag. 1). In applicazione di tale decisione, sono completamente soppressi i dazi doganali all’importazione o all’esportazione nonché i dazi di effetto equivalente a un dazio doganale tra la Comunità e la Turchia a partire dalla data di entrata in vigore della stessa.

13      Il 10 maggio 2001 il Tribunale ha emanato una sentenza nelle cause riunite Kaufring e a./Commissione, nella quale ha statuito, in particolare, che la Commissione ha commesso gravi mancanze nell’ambito del proprio controllo in merito all’applicazione dell’accordo di associazione e del protocollo addizionale e che tali mancanze hanno contribuito all’insorgere di irregolarità per quanto riguarda l’importazione di televisori a colori provenienti dalla Turchia negli anni dal 1991 al 1993 e all’inizio del 1994 (sentenza del Tribunale 10 maggio 2001, cause riunite T‑186/97, T‑187/97, da T‑190/97 a T‑192/97, T‑210/97, T‑211/97, da T‑216/97 a T‑218/97, T‑279/97, T‑280/97, T‑293/97 e T‑147/99, Kaufring e a./Commissione, Racc. pag. II‑1337, punti 1, 7, 25 e 257‑273).

14      Il 28 settembre 2001 la Commissione ha adottato la decisione 2001/725/CE che chiude il procedimento antidumping nei confronti delle importazioni di apparecchi riceventi per la televisione a colori originari della Turchia (GU L 272, pag. 37). Tale decisione è stata adottata a seguito di una denuncia presentata nel 2000 dalla cooperativa dei produttori di televisori europei (Producers of European Televisions in Co-operation – Poetic), secondo la quale i maggiori produttori di televisori europei consideravano che le importazioni nella Comunità di televisori a colori originari della Turchia costituivano l’oggetto di un dumping pregiudizievole. In tale decisione la Commissione ha indicato che, in applicazione delle norme antidumping in vigore, tutti i televisori a colori esportati verso la Comunità nel periodo compreso tra il 1° luglio 1999 e il 30 giugno 2000 non erano di origine turca e essa ha chiuso il procedimento antidumping sulle importazioni di televisori a colori originari della Turchia senza l’istituzione di alcuna misura.

15      Il 14 agosto 2002 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1531/2002 che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di apparecchi riceventi per la televisione a colori originari della Repubblica popolare cinese, della Repubblica di Corea, della Malaysia e della Thailandia, e chiude il procedimento per quanto riguarda le importazioni di apparecchi riceventi per la televisione a colori originari di Singapore (GU L 231, pag. 1). Detto regolamento è stato adottato dopo che Poetic aveva chiesto un riesame in previsione della scadenza delle misure antidumping in vigore sulle importazioni di televisori a colori originari della Cina, della Corea del Sud, della Malaysia e della Thailandia. L’inchiesta relativa al dumping nelle inchieste di riesame ha riguardato il periodo compreso tra il 1° gennaio 1999 e il 31 dicembre 1999. L’inchiesta relativa al dumping ha riguardato il periodo compreso tra il 1° luglio 1999 e il 30 giugno 2000 per quanto concerne la procedura antidumping contro la Turchia (v. ‘considerando’ 5 e 18 del regolamento n. 1531/2002).

16      Nel regolamento n. 1531/2002, il Consiglio ha precisato che, anche se, nella decisione 2001/725, tutti i televisori a colori esportati dalla Turchia nella Comunità durante il periodo d’inchiesta erano state dichiarati essere di origine turca, durante l’inchiesta che ha condotto all’adozione del citato regolamento, tutte le società turche hanno dichiarato che i loro televisori a colori non erano di origine turca. Inoltre, il Consiglio ha indicato che l’origine dei televisori a colori era in pratica determinata dall’origine del tubo catodico di questi ultimi e che la Turchia non produceva tubi catodici per televisori a colori ma li importava tutti. Di conseguenza, il Consiglio ha sostenuto che, per i televisori a colori esportati dalla Turchia e originari dei paesi nei cui confronti erano in vigore le misure antidumping soggette al citato riesame (cioè la Cina, la Corea del Sud e la Malaysia), i quantitativi esportati dalla Turchia nella Comunità erano stati considerati relativi a televisori a colori originari dei suddetti paesi.

17      Infine, il regolamento n. 1531/2002 aggiunge, nell’elenco dei televisori a colori originari della Malaysia e della Corea del Sud, soggetti a dazi antidumping, i televisori fabbricati da alcune società turche.

18      Il 25 maggio 2004 l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha elaborato una relazione finale a seguito di un’inchiesta il cui obiettivo principale era stabilire la vera origine dei televisori a colori provenienti dalla Turchia. Tale inchiesta ha avuto luogo a seguito di una denuncia presentata da Poetic nel settembre 2001 in quanto i televisori a colori importati dalla Turchia, in realtà originari di Cina e Corea del Sud, venivano dichiarati come originari della Turchia, con conseguente elusione illecita dei dazi antidumping imposti dalla Comunità.

19      Nella sua relazione finale del 25 maggio 2004 l’OLAF ha constatato che, almeno sino all’ottobre 2001, alcuni produttori turchi hanno effettivamente utilizzato tubi catodici cinesi o coreani per assemblare i loro televisori a colori. Esso ha parimenti ritenuto che tale prassi fosse persistita anche dopo tale data, in quanto aveva constatato, dopo la pubblicazione dei risultati dell’inchiesta antidumping nell’ottobre 2001, l’utilizzazione sporadica da parte dei citati produttori di tubi catodici cinesi o coreani per assemblare i loro televisori a colori.

20      Peraltro, l’OLAF ha indicato che la Turchia aveva ostacolato e comunque ritardato le inchieste doganali e le richieste di mutua assistenza, integrando con il suo comportamento un’«inadempienza degli obblighi in materia di collaborazione derivante da un accordo internazionale».

21      Infine, l’OLAF ha precisato che le denunce di Poetic trovavano conferma nelle conclusioni del procedimento antidumping e che, nel corso dell’inchiesta antidumping, i produttori turchi avevano accettato i risultati perché «tale esito era vantaggioso per le società», dal momento che non era stato imposto alcun dazio antidumping ai televisori a colori originari della Turchia, dal momento che i televisori assemblati in tale paese dovevano essere considerati originari di paesi terzi a seguito dell’origine dei loro componenti.

 Procedimento e conclusioni delle parti

22      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 26 maggio 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso. Essa chiede che il Tribunale voglia:

–        condannare la convenuta a versarle l’importo di EUR 156 208 915,03 a titolo di risarcimento unitamente agli interessi al tasso legale a decorrere dalla data della dichiarazione dello stato di insolvenza o, in subordine, un importo diverso che il Tribunale riterrà appropriato;

–        condannare la convenuta alle spese.

23      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 agosto 2009, la convenuta ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità a norma dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Essa ha chiesto che il Tribunale voglia dichiarare il ricorso manifestamente irricevibile o, in subordine, voglia dichiarare il ricorso irricevibile e condannare la ricorrente alle spese.

24      La ricorrente ha depositato le sue osservazioni attinenti all’eccezione di irricevibilità il 9 ottobre 2009 e ha chiesto, sostanzialmente, al Tribunale di respingerla.

 In diritto

25      In forza dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, se una parte lo chiede, il Tribunale può statuire sulla ricevibilità senza impegnare la discussione nel merito. Conformemente al n. 3 dello stesso articolo, salvo contraria decisione del Tribunale, il procedimento prosegue oralmente.

26      Nella specie, il Tribunale reputa di essere sufficientemente informato sulla base degli atti del fascicolo e che non sia necessario aprire la fase orale.

 Argomenti delle parti

27      Con il presente ricorso, la ricorrente chiede alla Comunità un risarcimento per il danno che le avrebbero causato le carenze della Commissione nell’ambito dell’esecuzione dell’accordo di associazione.

28      In primo luogo, per quanto riguarda le gravi violazioni dell’obbligo in capo alla Commissione di controllare l’applicazione da parte delle autorità turche dell’accordo di associazione e del protocollo addizionale, le quali sono state constatate, fino all’inizio del 1994, dal Tribunale nella sentenza Kaufring e a./Commissione, citata supra al punto 13 (punti 257-269), la ricorrente ritiene, sostanzialmente, che esse siano persistite in modo continuo dopo l’inizio del 1994. Così, successivamente alla realizzazione definitiva dell’unione doganale tra la Comunità e la Repubblica di Turchia nel 1995, quest’ultima avrebbe continuato a non percepire i dazi doganali applicabili ai prodotti provenienti da paesi terzi utilizzati nella fabbricazione di televisori e a consentire che venissero certificati come televisori turchi quelli che non potevano essere considerati tali ai sensi delle norme contenute nel regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), e la Commissione avrebbe continuato ad astenersi dal mettere in atto i controlli e le verifiche della corretta applicazione della normativa doganale da parte delle autorità turche. Tale astensione della Commissione violerebbe l’accordo di associazione, la decisione del Consiglio di associazione n. 1/95, l’art. 211 CE, il principio di diligenza e il principio del legittimo affidamento.

29      In aggiunta, la ricorrente ritiene, sostanzialmente, che la Commissione abbia applicato in modo errato le norme in materia di dumping e sia venuta meno al suo dovere di diligenza per non aver imposto, nella decisione 2001/725, alcun dazio provvisorio sui televisori importati dalla Turchia e per aver assoggettato questi ultimi a dazi solo un anno più tardi con l’adozione del regolamento n. 1531/2002.

30      In secondo luogo, la ricorrente sostiene, in sostanza, che le carenze della Commissione avrebbero causato la sua perdita progressiva e anormale di quote rilevanti del mercato da parte della società ricorrente, il ridimensionamento del valore di avviamento dell’azienda e la sua definitiva perdita di clientela, con conseguente messa in liquidazione della società.

31      In terzo luogo, la ricorrente afferma, in sostanza, che il danno emergente e il lucro cessante causatile dalle carenze della Commissione devono essere stimati da un perito, ma i danni concretamente subiti dalla società ammontavano, alla data di deposito del ricorso, a EUR 156 208 915,03.

32      La convenuta sostiene che il ricorso per risarcimento della ricorrente è tardivo in quanto è stato presentato circa quindici anni dopo che erano ricorse le condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità e non entro il termine di cinque anni richiesto dall’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia. Pertanto, la convenuta sostiene che il citato ricorso sia irricevibile.

33      La ricorrente contesta la prescrizione del ricorso per risarcimento.

34      In via principale, la ricorrente fa valere che il danno si è realizzato il 29 dicembre 2004, data della dichiarazione di insolvenza, e che il ricorso per risarcimento è stato presentato entro il termine di cinque anni a decorrere da tale data.

35      La ricorrente ritiene, sostanzialmente, che la Commissione snaturi il ricorso nel considerare che quest’ultimo non contenga censure contro la Commissione per comportamenti successivi al 1994 o al 2002, anno in cui è stato adottato il regolamento n. 1531/2002. Essa sostiene di censurare nel ricorso, in via principale ma non esclusiva, il fatto che la Commissione non abbia mai effettuato i controlli richiesti. Le omissioni contestate sarebbero quindi continue e non sarebbero cessate fino al 29 dicembre 2004, data della dichiarazione di insolvenza della ricorrente. Tale continua assenza di controlli sarebbe dimostrata dalle risposte fornite dalla Commissione il 22 agosto 2006 e il 25 aprile 2007 a talune interrogazioni parlamentari, da cui emergerebbe che ancora all’epoca nessuna iniziativa era stata intrapresa in relazione alle violazioni dell’accordo di associazione e delle sue misure di attuazione commesse dalla Repubblica di Turchia.

36      In subordine, la ricorrente sostiene che, se si dovesse considerare il suo danno un danno continuo, dovrebbero essere presi in considerazione solo gli ultimi cinque anni precedenti la presentazione del ricorso per risarcimento, di modo che il citato ricorso non sarebbe tardivo in relazione al danno da essa subìto tra il 26 maggio e il 29 dicembre 2004.

37      La ricorrente contesta che il principio secondo cui la prescrizione si applica al periodo che precede di oltre cinque anni la data dell’atto interruttivo non le si potrebbe applicare perché i danni da essa subiti non sarebbero tali in ragione del mantenimento in vigore di un atto illegittimo.

38      In primo luogo, la ricorrente rammenta che il danno da essa lamentato consiste essenzialemente nel fatto che essa è stata dichiarata fallita il 29 dicembre 2004. Il danno emergente e il lucro cessante subiti nei vari anni sarebbero solo in rapporto di causalità con la sua liquidazione e il suo fallimento. Il danno sarebbe pertanto certo e irreparabile. Inoltre, esso si sarebbe concretizzato a seguito dell’apertura del fallimento. La valutazione dei danni su base annuale opererebbe solo ai fini di quantificazione degli stessi.

39      Secondo la ricorrente, tale valutazione non può essere rimessa in discussione dalla sentenza della Corte 17 luglio 2008, causa C‑51/05 P, Commissione/Cantina sociale di Dolianova e a. (Racc. pag. I‑5341, punti 59 e segg.), secondo la quale il dies a quo del termine di prescrizione dev’essere stabilito sulla base di criteri oggettivi. Tale giurisprudenza non sancirebbe un principio generale. Inoltre, essa avrebbe ad oggetto un caso di responsabilità relativo ad atti aventi portata generale, per i quali le esigenze di certezza del diritto su cui si fonda la soluzione adottata sono più marcate. Nella specie, invece, il danno non risulterebbe da comportamenti attivi, bensì da un comportamento meramente passivo, e non ci si potrebbe ragionevolmente attendere da un operatore economico diligente che egli accetti che la perdita di mercato a favore di produttori stranieri sia imputabile alla violazione di obblighi di questo tipo da parte della Commissione. Pertanto, tale giurisprudenza non sarebbe pertinente nella fattispecie. La ricorrente fa anche valere che solo con l’apertura del fallimento gli organi preposti all’amministrazione concorsuale hanno potuto rendersi conto delle effettive cause del suo impoverimento patrimoniale. Ragionare diversamente significherebbe vanificare l’effettività della tutela giurisdizionale a disposizione dei singoli.

40      Per contro, la ricorrente sostiene che si applica incontestabilmente, nella specie, il principio secondo il quale l’art. 46 dello Statuto della Corte dev’essere interpretato nel senso che la prescrizione non può essere eccepita nei confronti della vittima del danno che abbia potuto avere conoscenza del fatto che lo ha causato solo con ritardo e non abbia quindi potuto disporre di un termine ragionevole per esperire l’azione e presentare la domanda prima della scadenza del termine di prescrizione (sentenza della Corte 7 novembre 1985, causa 53/84, Adams/Commissione, Racc. pag. 3595, punto 50).

41      Infine, la ricorrente rammenta che spetta alla Comunità risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Orbene, nell’ambito di un «diritto certamente importante» come quello italiano, la tendenza in materia di prescrizione sarebbe esattamente quella indicata nel punto precedente (sentenza della Corte di Cassazione 2 febbraio 2007, n. 2305).

42      Pertanto, la ricorrente sostiene che il suo danno si è prodotto il 29 dicembre 2004, data della dichiarazione di fallimento della stessa, ma, anche a ipotizzare che si sia prodotto in un momento antecedente, il momento da cui decorre il termine di prescrizione sarebbe sempre il 29 dicembre 2004.

43      In secondo luogo, la ricorrente considera che, anche qualora si dovesse considerare che il danno è continuo, il ricorso per risarcimento non sarebbe prescritto per quanto riguarda i danni da essa subiti tra il 26 maggio e il 29 dicembre 2004.

44      Da un lato, la ricorrente ritiene che non si possa dedurre dalle sentenze 9 dicembre 1997, cause riunite T‑195/94 e T‑202/94, Quiller e Heusmann/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑2247), e 11 gennaio 2002, causa T‑174/00, Biret International/Consiglio (Racc. pag. II‑17), un principio secondo il quale la prescrizione è concretamente acquisita a causa del fatto che il danno non è stato causato dal mantenimento in vigore di un atto illegale. Tali sentenze sembrano semplicemente esplicative delle circostanze fattuali dei casi in esame.

45      Dall’altro lato, la ricorrente ritiene che, anche se si volesse ricavare da queste sentenze un siffatto principio, resterebbe in ogni caso valida la considerazione che la sua applicazione sarebbe del tutto inappropriata al caso di specie, perché la responsabilità della Comunità non deriverebbe da un atto di portata generale, ma da un comportamento passivo omissivo. Di conseguenza, non si potrebbe imputare alla ricorrente di non indicare comportamenti o atti illegittimi della Commissione e di trarre da ciò la conseguenza che l’atto interruttivo della prescrizione, cioè il ricorso, sia inidoneo a salvare i diritti sorti nel periodo successivo ai cinque anni che precedono la data del ricorso sino all’esaurimento di ogni danno.

 Giudizio del Tribunale

46      In conformità all’art. 46 dello Statuto della Corte, «le azioni contro la Comunità in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine. La prescrizione è interrotta sia dall’istanza presentata alla Corte, sia dalla preventiva richiesta che il danneggiato può rivolgere all’istituzione competente delle Comunità».

47      Il termine di prescrizione di cui all’art. 46 dello Statuto della Corte non può iniziare a decorrere prima che sussistano tutte le condizioni cui è subordinato l’obbligo del risarcimento (sentenza del Tribunale 16 aprile 1997, causa T‑20/94, Hartmann/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑595, punto 107). In applicazione dell’art. 288, secondo comma, CE, tali condizioni sono relative all’esistenza di un illecito delle istituzioni, di un danno reale e di un nesso di causalità tra di essi (v., in tal senso, ordinanza della Corte 18 luglio 2002, causa C‑136/01 P, Autosalone Ispra dei Fratelli Rossi/Commissione, Racc. pag. I‑6565, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).

48      Come constatato da una giurisprudenza costante, il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità extracontrattuale non può decorrere, in particolare, prima che si sia concretato il danno da risarcire, cioè prima che si siano prodotti gli effetti dannosi di tale atto. Quindi, tale termine non può iniziare a decorrere prima del momento in cui gli interessati hanno subìto un danno certo [v., in tal senso, sentenze della Corte 27 gennaio 1982, cause riunite 256/80, 257/80, 265/80, 267/80 e 5/81, Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 85, punto 10; 19 aprile 2007, causa C‑282/05 P, Holcim (Deutschland)/Comissione, Racc. pag. I‑2941, punti 29 e 30; Commissione/Cantina sociale di Dolianova e a., punto 39 supra, punto 54, e 11 giugno 2009, causa C‑335/08 P, Transports Schiocchet – Excursions/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 33].

49      Tale momento dev’essere stabilito in base a criteri esclusivamente oggettivi e non può dipendere dalla percezione che una parte asseritamente lesa ha avuto degli effetti pregiudizievoli di un atto. Diversamente ragionando, infatti, si rischierebbe di ledere il principio della certezza del diritto su cui si fondano proprio le norme sulla prescrizione, che esige che le norme giuridiche del diritto comunitario siano chiare e precise, affinché gli interessati possano orientarsi in situazioni e relazioni giuridiche che rientrano nell’ordinamento giuridico comunitario (v., in tal senso, sentenza Commissione/Cantina sociale di Dolianova e a., punto 39 supra, punti 59 e 62).

50      Infine, laddove il danno non sia stato causato solo in un momento preciso, ma si sia reiterato quotidianamente per un determinato periodo, a causa del mantenimento in vigore di un atto illegittimo, in relazione alla data dell’atto interruttivo, la prescrizione ex art. 46 dello Statuto della Corte si applica al periodo che precede di oltre cinque anni questa data, senza ledere i diritti sorti durante i periodi successivi (sentenze Hartmann/Consiglio e Commissione, punto 47 supra, punto 132, e Biret International/Consiglio, punto 44 supra, punto 41).

51      È alla luce di tali principi che occorre determinare, nella specie, la data in cui il termine di prescrizione è iniziato a decorrere ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte.

52      La ricorrente ritiene che, da un lato, l’omesso controllo da parte della Commissione del rispetto delle norme previste dall’accordo di associazione, dal protocollo addizionale e dalla decisione n. 1/95 in materia di percezione dei dazi doganali all’importazione di televisori a colori provenienti dalla Turchia e, dall’altro, la mancata imposizione di dazi antidumping con la decisione n. 2001/725 costituiscano illeciti e sono all’origine dei danni da essa subiti. Tali danni consisterebbero nella perdita di quote rilevanti del mercato, nel ridimensionamento del valore di avviamento dell’azienda, nella definitiva perdita di clientela e nella perdita di entrate a causa della concorrenza sleale. Tali danni si sarebbero prodotti il 29 dicembre 2004, date in cui sarebbe stato dichiarato il suo fallimento, in quanto sarebbe a partire da tale data che gli organi preposti all’amministrazione concorsuale hanno potuto rendersi conto delle effettive cause del suo impoverimento patrimoniale e, di conseguenza, che il danno si sarebbe pienamente materializzato. Pertanto, il termine di prescrizione ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte sarebbe cominciato a decorrere a partire dal 19 dicembre 2004.

53      A tale proposito si deve osservare che l’omesso controllo da parte della Commissione, volendo supporre che sia accertato, è, in linea di principio, atto a indebolire la posizione concorrenziale della ricorrente, in quanto potevano essere immessi sul mercato europeo televisori importati dalla Turchia a prezzi inferiori a quelli che sarebbero stati praticati qualora fossero stati percepiti dazi doganali alla loro importazione. Un siffatto omesso controllo avrebbe dunque potuto, in un primo momento, implicare un calo delle vendite dei televisori a colori della ricorrente implicando una perdita di quote di mercato e/o una perdita di entrate. Tuttavia, il suo fallimento non potrebbe essere che l’ultima conseguenza di tali perdite, come riconosciuto dalla ricorrente nel ricorso, ove essa indica che «le cause dell[a sua] insolvenza (…) sono da rinvenirsi nella progressiva acquisizione di quote sempre maggiori di mercato, grazie ad una politica dei prezzi integrante gli estremi del dumping commerciale, da parte di alcuni produttori di televisori a colori di nazionalità turca (…)».

54      Di conseguenza, occorre determinare a partire da quel momento una perdita di entrate si sia prodotta per la ricorrente a causa dell’asserita omissione di controllo da parte della Commissione dell’applicazione delle norme dell’accordo di associazione e delle sue misure di attuazione.

55      A tale proposito occorre considerare, relativamente alla perdita di entrate dedotta dalla ricorrente, che essa non poteva che essersi realizzata a partire dal momento in cui la ricorrente ha subito un calo delle sue vendite di televisori a colori a causa dell’immissione sul mercato e della vendita di televisori a colori importati irregolarmente dalla Turchia. Infatti, è solo a partire da tale momento che l’asserito danno avrebbe potuto oggettivamente materializzarsi nel patrimonio della ricorrente e che esso potrebbe essere considerato certo.

56      Orbene, se è vero che si può considerare, sulla base della sentenza Kaufring e a./Consiglio, citata supra al punto 13, del regolamento n. 1531/2002, della relazione dell’OLAF del 25 maggio 2004 e della risposta della Commissione ad una questione parlamentare del 25 aprile 2007, che, fino al 2002, televisori importati dalla Turchia sono stati immessi sul mercato comunitario a seguito della loro importazione irregolare, è pur vero che la ricorrente non ha sollevato alcun elemento che consenta di sostenere che, dopo il 2002, televisori a colori originari della Turchia sono stati importati irregolarmente nella Comunità.

57      Peraltro, nella sua relazione d’inchiesta del 25 maggio 2004 l’OLAF ha indicato che le società turche hanno utilizzato raramente tubi catodici provenienti dalla Cina e dalla Corea del Sud dopo la pubblicazione dei risultati dell’inchiesta antidumping nell’ottobre 2001, e che, per quanto riguarda uno dei produttori turchi di televisori, si doveva concludere che, relativamente ai televisori a colori esportati verso la Comunità tra il 2000 e il 2002, 1 070 000 televisori erano di origine cinese e 59 000 erano di origine sud-coreana, dal momento che il tubo catodico era un elemento decisivo per la determinazione dell’origine dei citati televisori. Tuttavia, tali indicazioni non sono atte a dimostrare né l’esistenza di importazioni irregolari di televisori provenienti dalla Turchia dopo il 2002 né la data fino alla quale siffatte importazioni avrebbero avuto luogo.

58      Inoltre, nelle risposte da essa fornite alle questioni parlamentari del 22 agosto 2006 e del 25 aprile 2007, la Commissione ha indicato che l’inchiesta dell’OLAF era relativa alle importazioni nella Comunità avvenute tra gennaio 2000 e agosto 2002 e che, a partire da tale ultima data, la Commissione e la Turchia hanno compiuto progressi significativi sul fronte del funzionamento dell’unione doganale tra la Comunità e la Turchia. Inoltre, la Commissione ha assicurato all’interveniente parlamentare che tali progressi contribuivano a risolvere le carenze individuate dal Tribunale nella sentenza Kaufring e a./Commissione, citata supra al punto 13. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tali risposte non consentono di corroborare l’affermazione secondo cui, allora, non era stata adottata alcuna iniziativa nei confronti delle violazioni, commesse dalla Repubblica di Turchia, dell’accordo di associazione e delle misure attuative di quest’ultimo. Inoltre, anche a voler supporre che la Commissione sia venuta meno ai suoi obblighi di controllo dopo il 2002, ciò non basta a stabilire che televisori a colori originari della Turchia siano stati importati irregolarmente nella Comunità dopo tale data.

59      Infine, relativamente alla perizia allegata al ricorso per illustrare quale sarebbe il risultato netto della ricorrente in caso di rispetto degli obblighi doganali da parte dei produttori turchi, che sarebbe direttamente proporzionale alla percentuale media dei dazi che sarebbero stati elusi in assenza di controllo da parte della Commissione, occorre osservare che essa non contiene alcun elemento atto a corroborare l’affermazione della ricorrente secondo la quale i televisori sono state importati irregolarmente dalla Turchia e immessi sul mercato europeo dopo il 2002. Infatti, essa contiene esclusivamente estrapolazioni che consentono di calcolare approssimativamente il lucro cessante della ricorrente causato da siffatte importazioni per gli anni dal 1995 al 2004 e non indica su quale base si dovrebbe considerare che tali importazioni hanno avuto luogo.

60      Peraltro, in merito al fatto che la ricorrente invoca, in quanto illecito imputabile alla Commissione, la mancata imposizione di dazi antidumping con l’adozione della decisione 2001/725 a seguito dell’inchiesta antidumping del 1999-2000, si deve osservare che l’asserito illecito avrebbe avuto luogo il 28 settembre 2001, data dell’adozione della citata decisione. Ne consegue che tale asserito illecito avrebbe potuto produrre i suoi effetti fintantoché la Commissione non imponeva dazi antidumping sui televisori importati dalla Turchia.

61      Tuttavia, come riconosciuto dalla ricorrente, il regolamento del Consiglio n. 1531/2002, che è entrato in vigore il 30 agosto 2002, ha imposto ai produttori turchi dazi antidumping. Di conseguenza, l’asserito illecito commesso dalla Commissione avrebbe potuto produrre effetti unicamente durante il periodo compreso tra il 28 settembre 2001 e il 30 agosto 2002. Inoltre, anche se l’asserito illecito avesse potuto avere conseguenze pregiudizievoli per la ricorrente, queste conseguenze sarebbero consistite nell’immissione sul mercato comunitario di televisori a colori importati dalla Turchia senza imposizione di dazi antidumping, avente un’incidenza sulla sua posizione concorrenziale. Orbene, la ricorrente non solleva alcun elemento concreto atto a dimostrare che immissioni sul mercato di tal genere hanno avuto luogo dopo il 30 agosto 2002. In mancanza di siffatti elementi, non si può dunque considerare che i danni asseritamente causati dall’illecito dedotto dalla ricorrente sarebbero persistiti oltre tale data.

62      Inoltre, non essendo stato dimostrato dalla ricorrente che televisori importati dalla Turchia sono stati immessi sul mercato comunitario irregolarmente dopo l’anno 2002, non si può considerare che la ricorrente abbia potuto subire un pregiudizio continuo fino alla data in cui essa è stata dichiarata fallita, vale a dire il 29 dicembre 2004.

63      Si deve dunque constatare che il presente ricorso per risarcimento, depositato in data 26 maggio 2009, è stato presentato più di cinque anni dopo il verificarsi dei fatti che vi hanno dato luogo, ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte.

64      Ne consegue che l’azione della ricorrente contro la Comunità in materia di responsabilità extracontrattuale è prescritta e che il presente ricorso dev’essere respinto in quanto irricevibile.

 Sulle spese

65      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

66      Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è irricevibile.

2)      La Formenti Seleco SpA è condannata alle spese.

Lussemburgo, 19 maggio 2011

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       J. Azizi


*Lingua processuale: l’italiano.