Language of document : ECLI:EU:C:2000:301

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

8 giugno 2000 (1)

«Posizione dominante - Imprese pubbliche -

Attività di collocamento di manodopera - Monopolio legale»

Nel procedimento C-258/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Pretore di Firenze nel procedimento penale dinanzi ad esso pendente contro

Giovanni Carra e altri,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 86 e 90 del Trattato CE (divenuti artt. 82 CE e 86 CE),

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dai signori D.A.O. Edward, presidente di sezione, P.J.G. Kapteyn (relatore) e H. Ragnemalm, giudici,

avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer


cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

-    per il governo italiano dal professor U. Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor D. Del Gaizo, avvocato dello Stato;

-    per il governo del Regno Unito dal signor J. E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dall'avv. S. Moore, barrister;

-    per la Commissione delle Comunità europee dalla signora L. Pignataro, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del governo italiano e della Commissione all'udienza del 27 ottobre 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 novembre 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con ordinanza 20 giugno 1998, pervenuta in cancelleria il 15 luglio successivo, il Pretore di Firenze ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione degli artt. 86 e 90 del Trattato CE (divenuti artt. 82 CE e 86 CE).

2.
    Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un procedimento penale promosso nei confronti del signor Carra e delle signore Colombo e Gianassi, accusati di aver esercitato attività di mediazione tra domanda e offerta d'impiego sul mercato del lavoro.

3.
    In Italia il mercato del lavoro è stato sottoposto, fino all'8 gennaio 1998, al regime del collocamento obbligatorio gestito da uffici pubblici di collocamento. Tale regime è disciplinato dalla legge 29 aprile 1949, n. 264 (Supplemento GURI n. 125 del 1°giugno 1949), modificata (in prosieguo: la «legge n. 264/49»). L'art. 11, primo comma, di tale legge vieta l'esercizio della mediazione tra domanda e offerta di lavoro subordinato, anche quando tale attività è svolta gratuitamente. L'intermediazione di manodopera effettuata in contrasto con la suddetta norma e l'assunzione di lavoratori al di fuori del collocamento pubblico sono punite, in forza della legge n. 264/49, con sanzioni penali o amministrative. Inoltre i contratti di lavoro stipulati in violazione delle prescrizioni della stessa legge possono essere annullati dal giudice su denunzia dell'ufficio di collocamento presentata entro il termine di un anno dall'assunzione del lavoratore e su domanda del Pubblico ministero.

4.
    L'art. 1, primo comma, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 (GURI n. 289 del 25 novembre 1960; in prosieguo: la «legge n. 1369/60»), vieta la mediazione e l'interposizione nei rapporti di lavoro. La mancata osservanza di tale prescrizione comporta l'applicazione delle sanzioni penali previste all'art. 2 della stessa legge. Inoltre ai sensi dell'art. 1, ultimo comma, della legge n. 1369/60, i lavoratori occupati in violazione dell'art. 1, primo comma, sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore che ne ha effettivamente utilizzato le prestazioni.

5.
    L'art. 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, recante norme in materia di promozione dell'occupazione (Supplemento GURI n. 154 del 4 luglio 1997; in prosieguo: la «legge n. 196/97»), prevede che possono esercitare l'attività di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo solo le imprese iscritte nell'albo istituito presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale e titolari di un'autorizzazione rilasciata dallo stesso Ministero. L'art. 10 della legge n. 196/97 dispone che chiunque eserciti tale attività senza essere iscritto in detto albo è passibile delle sanzioni previste dalla legge n. 1369/60.

6.
    Il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, relativo al conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro (GURI n. 5 dell'8 gennaio 1998; in prosieguo: il «decreto n. 469/97»), è entrato in vigore il 9 gennaio 1998. L'art. 10, n. 2, di tale decreto stabilisce che l'attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro può essere svolta, previa autorizzazione del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, da imprese o gruppi di imprese, da società cooperative con capitale versato non inferiore a ITL 200 milioni nonché da enti non commerciali con patrimonio non inferiore a ITL 200 milioni. Secondo l'art. 10, n. 13, del decreto n. 469/97, nei confronti dei soggetti autorizzati a svolgere l'attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro non trovano applicazione le disposizioni della legge n. 264/49, come successivamente modificate ed integrate.

7.
    Il signor Carra e le signore Colombo e Gianassi sono sottoposti a procedimento penale dinanzi al Pretore di Firenze perché «in concorso tra loro, mediante l'esercizio delle ditte ”Gruppografica” e ”Balex”, la Gianassi dall'aprile 1994 quanto alla sola ”Balex”, svolgevano, a scopo di lucro, attività di mediazione nell'avviamento al lavoro. In Firenze quanto meno dal dicembre 1993 ed in Prato dall'aprile 1994. Recidiva nelquinquennio per Carra», reato previsto e punito dall'art. 110 del codice penale e dagli artt. 1, 11 e 27 della legge n. 264/49.

8.
    Nel corso del dibattimento gli imputati hanno chiesto l'assoluzione poiché le sanzioni penali previste dalle disposizioni citate sarebbero divenute inapplicabili in seguito alla sentenza della Corte 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre (Racc. pag. I-7119; in prosieguo: la «sentenza Job Centre II»).

9.
    Ritenendo necessaria, per l'emananda decisione nel procedimento pendente dinanzi a lui, l'interpretazione degli artt. 86 e 90 del Trattato, il Pretore di Firenze ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le questioni seguenti:

«1)    Se le norme degli artt. 86 e 90, così come interpretate dalla sentenza 11 dicembre 1997 della Corte di giustizia delle Comunità europee, abbiano effetti diretti nel senso che impongano allo Stato membro di non porre divieti generali e assoluti nella mediazione dell'avviamento al lavoro e di conseguenza al giudice di considerare penalmente lecita ogni ipotesi di intermediazione privata nel collocamento con conseguente disapplicazione delle relative norme sanzionatorie previste dall'ordinamento interno.

2)    Se gli artt. 86 e 90 vadano interpretati nel senso che costituisca abuso di posizione dominante un sistema quale quello risultante dalle modifiche normative introdotte con legge 24 giugno 1997, n. 196, e decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469».

Sulla prima questione

10.
    Con la prima questione il giudice a quo domanda anzitutto se l'art. 90, n. 1, del Trattato, in combinato disposto con l'art. 86 dello stesso Trattato, abbia effetto diretto.

11.
    A questo proposito è sufficiente ricordare che risulta dalla costante giurisprudenza della Corte che anche nell'ambito dell'art. 90 l'art. 86 del Trattato ha effetto diretto ed attribuisce ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare (v., in particolare, sentenze 10 dicembre 1991, causa C-179/90, Merci convenzionali porto di Genova, Racc. pag. I-5889, punto 23; 17 luglio 1997, causa C-242/95, GT-Link, Racc. pag. I-4449, punto 57, e 16 settembre 1999, causa C-22/98, Becu e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21).

12.
    Il giudice a quo chiede poi se il combinato disposto degli artt. 86 e 90 del Trattato osti a una normativa nazionale che vieta ogni attività di mediazione e d'interposizione tra domanda e offerta d'impiego nei rapporti di lavoro qualora non sia esercitata da uffici pubblici di collocamento di manodopera.

13.
    Al riguardo è sufficiente richiamare il punto 38 della sentenza Job Centre II, nel quale la Corte ha affermato che gli uffici pubblici di collocamento sono soggetti al divieto dell'art. 86 del Trattato nei limiti in cui l'applicazione di questa disposizione nonvanifichi il compito particolare loro conferito. Lo Stato membro che vieti qualunque attività di mediazione e interposizione tra domanda e offerta di lavoro che non sia svolta dai detti uffici trasgredisce l'art. 90, n. 1, del Trattato se dà origine ad una situazione in cui gli uffici pubblici di collocamento saranno necessariamente indotti a contravvenire alle disposizioni dell'art. 86 del Trattato. Ciò si verifica in particolare qualora ricorrano i seguenti presupposti:

-    gli uffici pubblici di collocamento non sono palesemente in grado di soddisfare, per tutti i tipi di attività, la domanda esistente sul mercato del lavoro;

-    l'espletamento effettivo delle attività di collocamento da parte delle imprese private viene reso impossibile dal mantenimento in vigore di disposizioni di legge che vietano le dette attività comminando sanzioni penali e amministrative;

-    le attività di collocamento di cui trattasi possono estendersi a cittadini o territori di altri Stati membri.

14.
    Si deve sottolineare che si tratta di presupposti cumulativi.

15.
    Infine, il giudice a quo chiede se l'effetto diretto del combinato disposto degli artt. 86 e 90 del Trattato obblighi il giudice nazionale a ritenere lecita ogni ipotesi di mediazione privata nel collocamento, con conseguente disapplicazione delle relative norme sanzionatorie previste dall'ordinamento interno.

16.
    In proposito occorre osservare che, secondo una giurisprudenza costante, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell'ambito della propria competenza, le disposizioni del diritto comunitario ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24).

17.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve risolvere la prima questione nel modo seguente:

-     Anche nell'ambito dell'art. 90 l'art. 86 ha effetto diretto ed attribuisce ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare.

-    Gli uffici pubblici di collocamento sono soggetti al divieto dell'art. 86 del Trattato nei limiti in cui l'applicazione di questa disposizione non vanifichi il compito particolare loro conferito. Lo Stato membro che vieti qualunque attività di mediazione e interposizione tra domanda e offerta di lavoro che non sia svolta dai detti uffici trasgredisce l'art. 90, n. 1, del Trattato se dà origine ad una situazione in cui gli uffici pubblici di collocamento sarannonecessariamente indotti a contravvenire alle disposizioni dell'art. 86 del Trattato. Ciò si verifica in particolare qualora ricorrano i seguenti presupposti:

    -    gli uffici pubblici di collocamento non sono palesemente in grado di soddisfare, per tutti i tipi di attività, la domanda esistente sul mercato del lavoro;

    -    l'espletamento effettivo delle attività di collocamento da parte delle imprese private viene reso impossibile dal mantenimento in vigore di disposizioni di legge che vietano le dette attività comminando sanzioni penali e amministrative;

    -    le attività di collocamento di cui trattasi possono estendersi a cittadini o territori di altri Stati membri.

-    Il giudice nazionale incaricato di applicare, nell'ambito della propria competenza, le disposizioni del diritto comunitario ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.

Sulla seconda questione

18.
    Con la seconda questione il giudice a quo chiede in sostanza se gli artt. 86 e 90 del Trattato ostino a un regime come quello posto in essere dalla legge n. 196/97 e dal decreto n. 469/97.

19.
    Si deve osservare che il giudice di rinvio non ha fornito alcuna precisazione in ordine al contesto giuridico nel quale deve inserirsi l'interpretazione richiesta, né ha esposto alcun motivo per il quale ritiene che l'esame della compatibilità con il diritto comunitario di un regime nazionale come quello menzionato nella seconda questione sia pertinente per la definizione della causa principale, i cui fatti sono anteriori all'adozione dello stesso.

20.
    Pertanto la seconda questione deve essere dichiarata irricevibile (sentenze 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia, Racc. pag. 3045, punto 17; 12 giugno 1986, cause riunite 98/85, 162/85 e 258/85, Bertini e a., Racc. pag. 1885, punto 6, e 17 maggio 1994, causa C-18/93, Corsica Ferries, Racc. pag. I-1783, punto 14).

Sulle spese

21.
    Le spese sostenute dal governo italiano e da quello del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo arifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Quarta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Pretore di Firenze con ordinanza 20 giugno 1998, dichiara:

Anche nell'ambito dell'art. 90 del Trattato CE (divenuto art. 82 CE) l'art. 86 del Trattato CE (divenuto art. 82 CE) ha effetto diretto ed attribuisce ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare.

Gli uffici pubblici di collocamento sono soggetti al divieto dell'art. 86 del Trattato nei limiti in cui l'applicazione di questa disposizione non vanifichi il compito particolare loro conferito. Lo Stato membro che vieti qualunque attività di mediazione e interposizione tra domanda e offerta di lavoro che non sia svolta dai detti uffici trasgredisce l'art. 90, n. 1, del Trattato se dà origine ad una situazione in cui gli uffici pubblici di collocamento saranno necessariamente indotti a contravvenire alle disposizioni dell'art. 86 del Trattato. Ciò si verifica in particolare qualora ricorrano i seguenti presupposti:

-    gli uffici pubblici di collocamento non sono palesemente in grado di soddisfare, per tutti i tipi di attività, la domanda esistente sul mercato del lavoro;

-    l'espletamento effettivo delle attività di collocamento da parte delle imprese private viene reso impossibile dal mantenimento in vigore di disposizioni di legge che vietano le dette attività comminando sanzioni penali e amministrative;

-    le attività di collocamento di cui trattasi possono estendersi a cittadini o territori di altri Stati membri.

Il giudice nazionale incaricato di applicare, nell'ambito della propria competenza, le disposizioni del diritto comunitario ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.

Edward

Kapteyn
Ragnemalm

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'8 giugno 2000.

Il cancelliere

Il presidente della Quarta Sezione

R. Grass

D.A.O. Edward


1: Lingua processuale: l'italiano.