Language of document : ECLI:EU:C:2017:281

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 6 aprile 2017 (1)

Causa C671/15

Président de l’Autorité de la concurrence

contro

Association des producteurs vendeurs d’endives (APVE),

Association Comité économique régional agricole fruits et légumes de la région Bretagne (Cerafel),

Comité économique fruits et légumes du Nord de la France (Celfnord),

Association des producteurs d’endives de France (APEF),

Section nationale de l’endive (SNE),

Fédération du commerce de l’endive (FCE),

Société Fraileg,

Société Prim’Santerre,

Union des endiviers,

Société Soleil du Nord,

Société France endives,

Société Cambrésis Artois-Picardie endives (CAP’Endives),

Société Marché de Phalempin,

Société Primacoop,

Société Coopérative agricole du marais audomarois (Sipema),

Société Groupe Perle du Nord,

Société Valois-Fruits,

Ministre de l’Économie, de l’Industrie et du Numérique

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Pratiche anticoncorrenziali – Articolo 101 TFUE – Applicabilità – Organizzazione comune dei mercati – Organizzazioni di produttori – Compiti di tali organizzazioni – Pratiche di fissazione di prezzi minimi alla vendita, di concertazione sulle quantità immesse sul mercato e di scambi di informazioni strategiche – Mercato francese dell’indivia»






1.        La politica agricola comune (PAC) e la politica europea della concorrenza, entrambi pilastri della costruzione europea, possono apparire, prima facie, difficilmente conciliabili. Mentre la prima, con la quale si intende rimediare alle carenze dei mercati agricoli, comportava originariamente un interventismo pubblico marcato, segnatamente attraverso la predisposizione di sistemi di quote di produzione e di aiuti ai produttori, la seconda poggia, per contro, sull’idea che la liberalizzazione dei mercati è la migliore garante dell’efficienza economica e, in definitiva, del benessere dei consumatori. Tali difficoltà di conciliazione, messe in luce dalla dottrina e che la Corte ha già avuto l’occasione di esaminare, impongono una definizione precisa della portata della «deroga agricola» sancita dai trattati, quale precisata dal diritto derivato. Su tale problematica è incentrata la presente causa.

2.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame è stata presentata nell’ambito di un ricorso per cassazione proposto dal presidente dell’Autorité de la concurrence (Autorità garante della concorrenza) avverso la sentenza del 15 maggio 2014 della Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia), la quale aveva riformato la decisione del 6 marzo 2012, n. 12‑D‑08, relativa a pratiche attuate nel settore della produzione e della commercializzazione dell’indivia (in prosieguo: la «decisione controversa») dell’Autorité de la concurrence. Con tale decisione, detta autorità, sul fondamento, segnatamente, dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ha constatato e applicato una sanzione pari a circa 4 milioni di EUR ad un’intesa complessa e continuata di una durata di quattordici anni sul mercato francese dell’indivia.

3.        La Corte è così chiamata a fornire taluni chiarimenti, fortemente attesi (2) e che, oltre alla loro importanza di principio, rivestono un considerevole interesse pratico (3), sul rapporto fra la normativa europea nel settore della PAC e l’applicazione del diritto europeo della concorrenza. Più precisamente, si pone la questione se, accanto all’esistenza delle deroghe generali all’applicazione delle norme europee in materia di concorrenza espressamente previste dalla normativa in materia di organizzazione comune dei mercati (in prosieguo: le «OCM») – deroghe la cui applicazione non è direttamente presa in considerazione nella specie – debbano essere riconosciute «deroghe specifiche» risultanti implicitamente dai compiti attribuiti alle organizzazioni di produttori (in prosieguo: le «OP») e alle associazioni di organizzazioni di produttori (in prosieguo: le «AOP») in forza della normativa europea adottata sul fondamento dell’articolo 42 TFUE.

4.        Tale questione richiede, a mio avviso, una risposta articolata. È vero che, come intendo spiegare nelle considerazioni che seguono, i compiti devoluti agli operatori principali delle OCM, ossia le OP e le AOP, implicano necessariamente che talune pratiche di concertazione all’interno di tali entità, le quali non rientrino nelle deroghe normative generali, possano sottrarsi al divieto delle intese anticoncorrenziali enunciato dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

5.        Tale esclusione poggia fondamentalmente sul primato, sancito dalla sentenza Maizena/Consiglio (4) e riaffermato nella giurisprudenza più recente, che deve essere riconosciuto alla PAC sulla politica di concorrenza. Ciò non toglie che, pena la violazione del requisito di interpretazione restrittiva dei casi di disapplicazione delle regole di concorrenza, non possono essere sottratti a detto divieto comportamenti collusivi, come quelli che sfociano nella fissazione orizzontale dei prezzi, per il solo motivo che essi sono intesi, in senso stretto o in senso lato, alla realizzazione dei compiti conferiti alle OP e alle AOP, segnatamente ai fini della «stabilizzazione dei prezzi» nell’ambito delle OCM. Occorrerà definire, in tale contesto, le pratiche di tali entità che rientrano necessariamente in tali compiti e quelle che, al contrario, non possono a priori sfuggire all’applicazione delle regole di concorrenza.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

6.        L’articolo 42 TFUE dispone che le regole di concorrenza dell’Unione sono applicabili alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli soltanto nella misura determinata dal diritto derivato e avuto riguardo agli obiettivi della PAC enunciati nell’articolo 39 TFUE.

7.        Per quanto attiene, segnatamente, al settore degli ortofrutticoli, le disposizioni di diritto derivato che disciplinano l’applicazione delle regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli sono state adottate dal legislatore dell’Unione mediante il regolamento n. 26 (5), al quale sono succeduti il regolamento (CE) n. 1184/2006 (6), nonché gli articoli da 175 a 182 della parte IV, intitolata «Norme sulla concorrenza», del regolamento (CE) n. 1234/2007 (7).

8.        Per quanto riguarda più in particolare l’OCM nel settore degli ortofrutticoli, disposizioni supplementari sono contenute all’articolo 20 del regolamento (CE) n. 2200/96 (8), al quale sono segnatamente succeduti l’articolo 22 del regolamento (CE) n. 1182/2007 (9) e successivamente l’articolo 176 bis del regolamento n. 1234/2007.

 Il regolamento n. 26

9.        L’articolo 1 del regolamento n. 26 dispone quanto segue:

«A decorrere dall’entrata in vigore del presente regolamento, gli articoli da 85 a 90 del Trattato, nonché le disposizioni adottate per la loro esecuzione, si applicano a tutti gli accordi, decisioni e pratiche, di cui all’articolo 85, paragrafo 1, e all’articolo 86 del Trattato, riguardanti la produzione o il commercio dei prodotti elencati all’allegato II del Trattato, fatte salve le disposizioni del seguente articolo 2».

10.      Tale disposizione viene ripresa, in sostanza, all’articolo 1 bis del regolamento n. 1184/2006 e successivamente all’articolo 175 del regolamento n. 1234/2007.

11.      L’articolo 2 del regolamento n. 26 è formulato nei seguenti termini:

«1.      L’articolo 85, paragrafo 1, del Trattato non si applica agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo precedente che costituiscono parte integrante di un’organizzazione nazionale di mercato o che sono necessari per il conseguimento degli obiettivi enunciati nell’articolo 39 del Trattato. Non si applica in particolare agli accordi, decisioni e pratiche di imprenditori agricoli, di associazioni di imprenditori agricoli o di associazioni di dette associazioni appartenenti ad un unico Stato membro, nella misura in cui, senza che ne derivi l’obbligo di praticare un prezzo determinato, riguardino la produzione o la vendita di prodotti agricoli o l’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli, a meno che la Commissione non accerti che in tal modo la concorrenza sia esclusa o che siano compromessi gli obiettivi dell’articolo 39 del Trattato.

2.      Previa consultazione degli Stati membri e udite le imprese o associazioni d’imprese interessate o ogni altra persona fisica o giuridica che essa reputi necessario interpellare, la Commissione, fatto salvo il controllo della Corte di giustizia, è sola competente per accertare, mediante decisione da pubblicarsi, per quali accordi, decisioni e pratiche ricorrano le condizioni previste al paragrafo 1.

3.      La Commissione procede a tale accertamento d’ufficio o su richiesta di un’autorità competente di uno Stato membro oppure di un’impresa o associazione di imprese interessate.

4.      La pubblicazione indica le parti interessate e il contenuto essenziale della decisione; essa deve tener conto dell’interesse delle imprese a che non vengano divulgati i segreti relativi ai loro affari».

12.      Tale disposizione viene ripresa, in sostanza, all’articolo 2 del regolamento n. 1184/2006, e successivamente all’articolo 176 del regolamento n. 1234/2007.

 Il regolamento n. 2200/96

13.      L’articolo 11, paragrafo 1, di tale regolamento, dispone quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento si intende per “organizzazione di produttori” qualsiasi persona giuridica:

a)      costituita per iniziativa dei produttori (…):

b)      che ha in particolare lo scopo:

1)      di assicurare la programmazione della produzione e l’adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo;

2)      di promuovere la concentrazione dell’offerta e l’immissione sul mercato della produzione degli aderenti;

3)      di ridurre i costi di produzione e di regolarizzare i prezzi alla produzione;

4)      di promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione e di gestione dei rifiuti che rispettino l’ambiente, in particolare per tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e per preservare e/o favorire la biodiversità;

(…)».

14.      L’articolo 20, paragrafi da 1 a 3, del medesimo regolamento così recita:

«1.      In deroga all’articolo 1 del regolamento n. 26, l’articolo 85, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi e alle pratiche concordate delle organizzazioni interprofessionali riconosciute, finalizzati alla realizzazione delle attività di cui all’articolo 19, paragrafo 1, lettera c).

2.      Il paragrafo 1 si applica soltanto:

se gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate sono stati notificati alla Commissione; e

se quest’ultima, entro due mesi dalla comunicazione di tutti gli elementi di valutazione necessari, non abbia dichiarato tali accordi, decisioni e pratiche concordate incompatibili con la normativa comunitari.

Tali accordi, decisioni e pratiche concordate non possono essere attuati fino alla scadenza di detto termine.

3.      Sono dichiarati in ogni caso contrari alla regolamentazione comunitaria gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate che:

–        possono causare una qualsiasi forma di compartimentazione dei mercati all’interno della Comunità;

–        possono nuocere al buon funzionamento dell’organizzazione comune dei mercati;

–        possono creare distorsioni di concorrenza che non siano indispensabili per raggiungere gli obiettivi della politica agricola comune (PAC) perseguiti dall’azione interprofessionale;

–        prevedono la determinazione di prezzi, senza pregiudizio di misure adottate dalle organizzazioni interprofessionali nel quadro dell’applicazione di specifiche disposizioni della normativa comunitaria;

–        possono creare discriminazioni o eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi».

15.      L’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento n. 2200/96 così recita:

«Le organizzazioni di produttori o le relative associazioni hanno facoltà di non commercializzare, per i volumi e i periodi che giudicano opportuni, i prodotti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, che esse stesse determinano e che sono conferiti dagli aderenti».

 Il regolamento n. 1182/2007

16.      L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1182/2007 è analogo, in sostanza, all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2200/96.

 Il regolamento n. 1234/2007

17.      L’articolo 122, primo comma, del regolamento n. 1234/2007, nella sua versione risultante dal regolamento (CE) n. 361/2008 (10), stabiliva quanto segue:

«Gli Stati membri riconoscono le organizzazioni di produttori che:

a)      sono costituite da produttori di uno dei seguenti settori:

(…)

iii)      ortofrutticoli, relativamente agli agricoltori che coltivano uno o più prodotti di tale settore e/o prodotti destinati esclusivamente alla trasformazione;

(…)

b)      sono costituite su iniziativa dei produttori;

c)      perseguono una finalità specifica, che in particolare può includere o, nel caso del settore ortofrutticolo, include uno o più tra gli obiettivi seguenti:

i)      assicurare che la produzione sia pianificata e adeguata in funzione della domanda, in particolare in termini qualità e quantità;

ii)      concentrare l’offerta ed immettere sul mercato la produzione dei propri aderenti;

iii)      ottimizzare i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione;

(…)».

18.      L’articolo 175 di tale regolamento, come modificato dal regolamento (CE) n. 491/2009 (11), così recitava:

«Salvo disposizione contraria del presente regolamento, gli articoli da 81 a 86 del trattato e le relative modalità di applicazione si applicano, fatti salvi gli articoli 176 e 177 del presente regolamento, a tutti gli accordi, decisioni e pratiche di cui agli articoli 81, paragrafo 1, e 82 del trattato che si riferiscono alla produzione o al commercio dei prodotti disciplinati dal presente regolamento».

19.      L’articolo 176 di detto regolamento così recitava:

«1.      L’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo 175 del presente regolamento che formano parte integrante di un’organizzazione nazionale di mercato o sono necessari per il conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 33 del trattato.

In particolare, l’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi, decisioni e pratiche di agricoltori, associazioni di agricoltori o associazioni di dette associazioni appartenenti ad un unico Stato membro nella misura in cui, senza che ne derivi l’obbligo di praticare prezzi identici, riguardano la produzione o la vendita di prodotti agricoli o l’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli, a meno che la Commissione non accerti che in tal modo la concorrenza è eliminata o che sono compromessi gli obiettivi di cui all’articolo 33 del trattato.

2.      La Commissione, dopo aver consultato gli Stati membri e sentite le imprese o le associazioni di imprese interessate e qualsiasi altra persona fisica o giuridica che ritenga appropriato, ha competenza esclusiva, fatto salvo il controllo della Corte di giustizia, a determinare con una decisione da pubblicare quali accordi, decisioni e pratiche soddisfano le condizioni di cui al paragrafo 1.

La Commissione procede a tale determinazione di propria iniziativa o su richiesta di un’autorità competente di uno Stato membro ovvero di un’impresa o di un’associazione di imprese interessata.

3.      La pubblicazione della decisione di cui al paragrafo 2, primo comma, riporta i nomi delle parti interessate e il contenuto principale della decisione. Essa tiene conto del legittimo interesse delle imprese alla protezione dei propri segreti aziendali».

20.      L’articolo 176 bis di questo stesso regolamento disponeva quanto segue:

«1.      L’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi, alle decisioni e alle pratiche concordate delle organizzazioni interprofessionali riconosciute, finalizzati allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 123, paragrafo 3, lettera c), del presente regolamento.

2.      Il paragrafo 1 si applica soltanto a condizione che:

a)      gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate siano stati notificati alla Commissione;

b)      entro i due mesi successivi alla ricezione di tutte le informazioni richieste, la Commissione non abbia accertato l’incompatibilità degli accordi, delle decisioni o delle pratiche concordate con la normativa comunitaria.

3.      Gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate non possono avere effetto prima che sia trascorso il periodo di cui al paragrafo 2, lettera b).

4.      Sono dichiarati in ogni caso incompatibili con la normativa comunitaria gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate che:

a)      possono causare una qualsiasi forma di compartimentazione dei mercati all’interno della Comunità;

b)      possono nuocere al buon funzionamento dell’organizzazione comune dei mercati;

c)      possono creare distorsioni di concorrenza non indispensabili per conseguire gli obiettivi della politica agricola comune perseguiti dall’attività dell’organizzazione interprofessionale;

d)      comportano la fissazione dei prezzi, indipendentemente dalle attività svolte dalle organizzazioni interprofessionali in applicazione della normativa comunitaria specifica;

e)      possono creare discriminazioni o eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti in questione.

5.      Se, alla scadenza del termine di due mesi di cui al paragrafo 2, lettera b), la Commissione constata che non ricorrono le condizioni per l’applicazione del paragrafo 1, essa adotta una decisione con cui si dichiara che l’articolo 81, paragrafo 1 del trattato si applica all’accordo, alla decisione o alla pratica concordata in questione».

 La normativa francese

21.      L’articolo L.420-1 del code de commerce (codice di commercio francese) dispone quanto segue:

«Sono proibite, anche se realizzate per il tramite diretto o indiretto di una società del gruppo stabilita fuori dalla Francia, qualora abbiano per oggetto o possano avere per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza su un mercato, le azioni concordate, le convenzioni, le intese espresse o tacite o le cooperazioni, in particolare quando sono dirette a:

1.      limitare l’accesso al mercato o il libero esercizio della concorrenza da parte di altre imprese;

2.      ostacolare la fissazione dei prezzi in base al libero gioco del mercato, favorendo artificialmente il loro aumento o la loro diminuzione;

3.      limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, gli investimenti o il progresso tecnico;

4.      ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento».

 Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

22.      A seguito di operazioni di ispezione e di sequestro effettuate il 12 aprile 2007 dai servizi della direction générale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes (direzione generale per la concorrenza, il consumo e la repressione delle frodi, Francia), l’11 luglio 2008 il ministro dell’Economia ha denunciato al Conseil de la concurrence [(Consiglio francese della concorrenza), attualmente Autorité de la concurrence (Autorità garante della concorrenza)], pratiche, potenzialmente anticoncorrenziali, attuate nel settore della produzione e della commercializzazione dell’indivia.

23.      Con la decisione controversa, l’Autorité de la concurrence ha deciso che l’APEF, l’APVE, il Celfnord, la Cerafel, la FCE, la FNPE, la SNE, la SAS Groupe Perle du Nord e le OP Cap’Endives, Fraileg, France Endives, Marché de Phalempin, Nord Alliance, Primacoop, Prim’Santerre, Soleil du Nord, Sipema e Valois-Fruits avevano attuato sul mercato dell’indivia un’intesa complessa e continuata vietata dall’articolo L.420-1 del code de commerce e dall’articolo 101 TFUE. Secondo l’Autorité de la concurrence, tale intesa è consistita in una concertazione sul prezzo dell’indivia, mediante vari strumenti di concertazione sui prezzi, i quali, a seconda dei periodi, hanno assunto forme diverse – come la diffusione settimanale di un prezzo minimo, la fissazione di un tasso centrale, l’istituzione di una borsa di scambi, la fissazione di un prezzo irreversibile e l’uso deviato del meccanismo dei prezzi di ritiro –, in una concertazione sulle quantità di indivia immesse sul mercato e in un sistema di scambi di informazioni strategiche utilizzato per istituire una polizia dei prezzi; tali pratiche hanno avuto per oggetto la fissazione in comune di un prezzo minimo di vendita per la produzione di indivia e hanno consentito ai produttori e a diverse loro organizzazioni professionali di mantenere prezzi di vendita minimi, per un periodo iniziato nel gennaio 1998 e ancora in corso alla data della decisione controversa. Essa ha inflitto loro, di conseguenza, sanzioni pecuniarie per un importo totale pari a EUR 3 970 590.

24.      Nella decisione controversa l’Autorité de la concurrence ha respinto, segnatamente, l’argomento dei produttori secondo il quale gli accordi in questione dovevano essere considerati necessari alla realizzazione degli obiettivi della PAC, in quanto i regimi derogatori previsti all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1184/2006 e all’articolo 176 del regolamento n. 1234/2007 non erano applicabili nella specie. L’Autorité de la concurrence ha parimenti ritenuto che le pratiche contestate eccedessero «i compiti legittimi delle organizzazioni professionali in questione» e, inoltre, che le OP e le AOP fossero pienamente consapevoli dell’illegalità di tali pratiche.

25.      Il 6 aprile 2012, diverse imprese e organismi sanzionati hanno investito la Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) di un ricorso inteso ad ottenere l’annullamento e, in subordine, la riforma della decisione controversa.

26.      Con sentenza del 15 maggio 2014, tale organo giurisdizionale ha riformato la decisione controversa in tutte le sue disposizioni e, statuendo nel merito, ha dichiarato che non era stata fornita la prova della violazione delle disposizioni di cui all’articolo L.420-1 del code de commerce e all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. La Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) ha rilevato, in particolare, che non era stato dimostrato che la diffusione di istruzioni sui prezzi minimi era, in qualsiasi circostanza, necessariamente e definitivamente vietata, e che pertanto non era stato dimostrato in maniera certa che gli organismi in questione avevano oltrepassato i limiti dei compiti loro attribuiti per legge in materia di regolarizzazione dei prezzi.

27.      Il presidente dell’Autorité de la concurrence ha impugnato tale sentenza con un ricorso per cassazione.

28.      Nell’ambito di tale procedimento, la Commissione europea ha formulato osservazioni dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Essa ha ivi esposto che all’applicabilità delle norme europee sulla concorrenza al settore agricolo esistono non solo deroghe generali adottate sul fondamento dell’articolo 2 dei regolamenti nn. 26 e 1184/2006, nonché dell’articolo 176 del regolamento n. 1234/2007, ma anche, in conformità all’articolo 175 dello stesso regolamento, deroghe specifiche contenute nei diversi regolamenti OCM, le quali affidano ad organizzazioni operanti nel settore della produzione e della commercializzazione di ortofrutticoli alcuni compiti particolari che rientrerebbero di norma nei divieti previsti dalle regole di concorrenza. Essa ritiene, tuttavia, che i principali comportamenti oggetto del procedimento a quo, vale a dire i meccanismi dei prezzi minimi concordati all’interno delle principali AOP, esulino dai compiti specifici previsti dall’OCM e non possano considerarsi coperti da tali deroghe specifiche.

29.      Nella sentenza dell’8 dicembre 2015, la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha rilevato che la Corte aveva dichiarato che l’articolo 42 TFUE sanciva il principio dell’applicabilità delle regole di concorrenza europee nel settore agricolo e che il mantenimento di una effettiva concorrenza sui mercati dei prodotti agricoli faceva parte degli obiettivi della politica di concorrenza comune (12), ritenendo al contempo che, anche per quanto riguarda le regole del Trattato in materia di concorrenza, l’articolo 42 TFUE accordava il primato agli obiettivi della PAC su quelli della politica in materia di concorrenza (13).

30.      Tuttavia, essa ritiene che la Corte non si sia ancora pronunciata sull’esistenza delle «deroghe specifiche» menzionate dalla Commissione, né abbia precisato, se del caso, il loro rapporto con le «deroghe generali» enunciate dai regolamenti relativi all’applicazione delle regole di concorrenza nel settore agricolo. Essa ha parimenti affermato che la Corte non si era neanche pronunciata sui profili dei compiti assegnati alle OP e alle AOP dai regolamenti OCM nel settore degli ortofrutticoli (regolamenti nn. 2200/96, 1182/2007 e 1234/2007).

31.      Pertanto, la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se accordi, decisioni o pratiche di organizzazioni di produttori, di [AOP] e di organizzazioni professionali, che possano essere qualificati come anticoncorrenziali ai sensi dell’articolo 101 TFUE, possano sfuggire al divieto previsto da tale articolo per il solo fatto che siano connessi alle missioni affidate a dette organizzazioni nell’ambito dell’[OCM], benché essi non rientrino in alcuna delle deroghe generali previste successivamente dall’articolo 2 dei regolamenti [n. 26] e n. 1184/2006 del 24 luglio 2006 e dall’articolo 176 del regolamento n. 1234/2007.

2)      In caso affermativo, se gli articoli 11, paragrafo 1, del regolamento [n. 2200/96], articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1182/2007, e articolo 122, primo comma, del regolamento n. 1234/2007, che stabiliscono, tra gli obiettivi assegnati alle organizzazioni di produttori e alle loro associazioni, quello di regola[re] i prezzi alla produzione e quello di adeguare la produzione alla domanda, in particolare dal punto di vista quantitativo, debbano essere interpretati nel senso che pratiche di fissazione collettiva di un prezzo minimo, di concertazione sulle quantità immesse sul mercato o di scambio di informazioni strategiche, attuate da tali organizzazioni o dalle loro associazioni, sfuggono al divieto di accordi anticoncorrenziali, in quanto tendono alla realizzazione di detti obiettivi».

32.      Hanno presentato osservazioni scritte il presidente dell’Autorité de la concurrence; congiuntamente, l’Association Comité économique régional agricole fruits et légumes de la région Bretagne (Cerafel), il Comité économique fruits et légumes du Nord de la France (Celfnord), l’Association des producteurs d’endives de France (APEF), la Section nationale de l’endive (SNE), la Fédération du commerce de l’endive (FCE); congiuntamente, le società Fraileg e Prim’Santerre; congiuntamente, le società France Endive, Cambrésis Artois-Picardie endives (CAP’Endives), Marché de Phalempin, Primacoop, Coopérative agricole du marais audomarois (Sipema) e Groupe Perle du Nord; i governo spagnolo, francese e italiano, nonché la Commissione.

33.      Il 31 gennaio 2017 si è svolta un’udienza, alla quale hanno partecipato il presidente dell’Autorité de la concurrence, la Cerafel, il Celfnord, l’APEF, la SNE, la FCE, le società Fraileg e Prim’Santerre, le società France Endive, CAP’Endives, Marché de Phalempin, Primacoop, Sipema e Groupe Perle du Nord, i governi francesi e spagnolo, nonché la Commissione.

 Analisi

34.      L’esame della domanda di pronuncia pregiudiziale in esame impone di richiamare, in via preliminare, i principi generali che disciplinano i rapporti fra le regole di concorrenza e le regole della PAC.

 Considerazioni preliminari sul rapporto fra le regole relative alla PAC e le regole in materia di concorrenza

35.      Prendendo le mosse dalla constatazione che gli obiettivi perseguiti dalla PAC non coincidono necessariamente con quelli che la politica di concorrenza intende promuovere, e che può pertanto esistere una tensione nell’attuazione di tali politiche (14), l’articolo 42 TFUE, il cui testo corrisponde, in sostanza, all’articolo 36 del Trattato CE, consacrando al contempo il primato della PAC sugli obiettivi del Trattato in materia di concorrenza, pone una regola generale di conciliazione.

36.      Tale articolo prevede, infatti, che le regole di concorrenza sono applicabili alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli soltanto nella misura determinata dal diritto derivato, avuto riguardo agli obiettivi sanciti nell’articolo 39 TFUE. Quest’ultima disposizione enuncia, al suo paragrafo 1, le finalità economiche e sociali perseguite dalla PAC, vale a dire incremento della produttività, garanzia di un tenore di vita equo alla popolazione agricola, stabilizzazione dei mercati, garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti e mantenimento di prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori.

37.      È pertanto al Consiglio dell’Unione europea che, in definitiva, è assegnato il compito di definire se, ed entro quali limiti, le regole di concorrenza dell’Unione siano applicabili al settore agricolo, fermo restando che tale applicazione non può compromettere la realizzazione degli obiettivi della PAC.

38.      Ciò è avvenuto nel 1962, grazie all’adozione dell’articolo 1 del regolamento n. 26, ai sensi del quale le disposizioni del Trattato in materia di concorrenza si applicano agli accordi, alle decisioni e alle pratiche contemplate, riguardanti la produzione o il commercio dei prodotti elencati all’allegato II del Trattato (fra cui i prodotti ortofrutticoli, dei quali fa parte l’indivia). Tale disposizione è stata sostituita nel corso del tempo da disposizioni identiche o simili. Per il periodo di cui al procedimento principale rilevano le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del regolamento n. 1184/2006 e agli articoli 175 e 176 del regolamento n. 1234/2007.

39.      Orbene, tali disposizioni prevedono l’applicazione, in linea di principio, delle regole di concorrenza. Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1184/2006 (disposizione ripresa, in sostanza, dall’articolo 176 del regolamento n. 1234/2007), sono sottratti a tale applicazione unicamente gli accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell’articolo 101 TFUE relativi alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli elencati all’allegato I del Trattato che formano parte integrante di un’OMC o sono necessari per la realizzazione degli obiettivi della PAC. Ritornerò nelle considerazioni che seguono sulle deroghe di ordine generale sancite da tali disposizioni applicabili (ossia l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 26 e gli articoli equivalenti ad esso succeduti).

40.      Ne discende che il settore agricolo, e segnatamente il settore delle OCM, non può essere considerato uno «spazio senza concorrenza» (15). La Corte ha in tal senso dichiarato che l’articolo 42 TFUE fissa il principio dell’applicabilità delle regole di concorrenza europee nel settore agricolo, e che il mantenimento di una effettiva concorrenza sui mercati dei prodotti agricoli fa parte degli obiettivi della politica di concorrenza comune (16).

41.      A tal riguardo, occorre sottolineare che l’attività svolta dagli imprenditori agricoli, benché possa presentare una certa specificità ed essere oggetto di una regolamentazione molto precisa, riveste carattere economico e rientra pertanto nell’ambito di applicazione delle regole di concorrenza previste dal Trattato FUE (17).

42.      Ciò premesso, nonostante il fatto che le OCM dei prodotti agricoli non costituiscano «spazi senza concorrenza», l’articolo 42 TFUE continua ad accordare il primato agli obiettivi della PAC su quelli della politica in materia di concorrenza (18).

43.      Discende pertanto dall’articolo 42 TFUE, che sancisce il primato della PAC rispetto alla politica di concorrenza e, al contempo, la possibilità per il Consiglio di decidere in che misura le norme in materia di concorrenza siano applicabili nel settore agricolo, che taluni comportamenti degli operatori dei mercati agricoli possono essere sottratti a priori alle regole di concorrenzae, in particolare, a quelle concernenti le intese anticoncorrenziali. Tale esclusione deve tuttavia essere disciplinata in maniera rigorosa, in quanto il diritto derivato, al quale rinvia il diritto primario, dispone in tale senso. Si tratta pertanto, in definitiva, di trovare un punto di equilibrio fra il perseguimento degli obiettivi della PAC e la necessità di mantenere una concorrenza effettiva sui mercati agricoli.

44.      È alla luce di tali considerazioni che occorrerà esaminare la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame.

 Sulla prima questione

45.      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede alla Corte se, oltre alle «deroghe generali» previste dalla normativa rilevante, accordi, decisioni o pratiche di OP, AOP o di organizzazioni professionali «che possano essere qualificati come anticoncorrenziali ai sensi dell’articolo 101 TFUE» possano sfuggire al divieto delle intese previsto a tale articolo per il solo fatto di essere connessi ai compiti affidati a tali organizzazioni nell’ambito dell’OCM.

46.      Dopo aver illustrato le ragioni per le quali occorre riformulare la questione sollevata dal giudice di rinvio nel senso che la stessa è intesa ad individuare i casi di esclusione – e non di «deroghe» implicite – all’applicazione delle regole di concorrenza nel settore delle OCM, esclusione il cui fondamento primario risiede nel primato che deve essere accordato alla PAC, esporrò le condizioni che i comportamenti censurati devono soddisfare per sottrarsi all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

 Possibilità di sottrarre all’applicazione dell’articolo 101 TFUE taluni comportamenti anticoncorrenziali strettamente connessi ai compiti devoluti agli operatori delle OCM: un’esclusione piuttosto che una deroga implicita a tale disposizione

47.      La prima questione, nei termini in cui è formulata dal giudice del rinvio, poggia sulla premessa secondo la quale i comportamenti in questione sono, a priori, anticoncorrenziali.

48.      Orbene, una siffatta premessa mi sembra errata.

49.      Infatti, indipendentemente dall’esame delle misure in questione nell’ottica dei loro effetti reali o potenziali, per poter concludere che un comportamento collusivo ha un oggetto anticoncorrenziale, quest’ultimo deve essere sempre esaminato alla luce del contesto di fatto e di diritto in cui si inserisce. Nella valutazione di detto contesto, occorre prendere in considerazione la natura dei beni o dei servizi coinvolti, nonché le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione (19).

50.      In particolare, qualora un determinato comportamento collusivo spieghi i suoi effetti in un ambiente non concorrenziale, il che avverrebbe, segnatamente, qualora tale comportamento sia direttamente connesso allo svolgimento di compiti affidati agli operatori delle OCM in forza della normativa applicabile, non siamo più in presenza di un comportamento anticoncorrenziale, al quale può essere applicato l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Come precisato dalla Corte, le autorità nazionali garanti della concorrenza devono tenere conto in via prioritaria delle norme dell’OCM per valutare il carattere anticoncorrenziale o meno di un comportamento adottato dalle OP e dalle AOP (20).

51.      A mio avviso, tali considerazioni indicano che, più che una deroga (o un’esenzione, a seconda della terminologia impiegata) all’applicazione del diritto della concorrenza, siamo in presenza, nella specie, di un’esclusione di tale applicazione, risultante dal necessario perseguimento dei compiti affidati agli operatori principali delle OCM. Infatti, nella misura – e unicamente in tale misura – in cui sia certo che le pratiche attuate nell’ambito di una OCM sono, in definitiva, strettamente necessarie alla realizzazione di tali compiti, l’applicazione delle norme in materia di concorrenza, e segnatamente di quelle concernenti le intese anticoncorrenziali, deve essere esclusa a priori. Contrariamente a quanto sostenuto da talune parti intervenienti, i comportamenti in questione non possono essere considerati quindi a priori «anticoncorrenziali», per il semplice motivo che essi non si verificano in uno spazio soggetto alla concorrenza.

52.      Tale precisazione terminologica non è priva di importanza. Al contrario, essa ha conseguenze significative sia sul metodo di esame delle misure adottate dagli operatori delle OCM sia sull’onere della prova del carattere potenzialmente anticoncorrenziale di tali misure.

53.      È pacifico, infatti, che spetta all’autorità incaricata di perseguire comportamenti anticoncorrenziali delle imprese sia dimostrare che le misure contestate rientrano nell’ambito di applicazione delle regole di concorrenza sia fornire la prova che tali misure esplicano effetti restrittivi della concorrenza.

54.      Orbene, prendendo le mosse dal postulato che dette misure sono prima facie anticoncorrenziali, senza un esame circostanziato della loro elaborazione e della loro attuazione, diviene particolarmente difficile la possibilità, per le entità economiche considerate, di dimostrare che tali comportamenti sono strettamente connessi alla realizzazione dei compiti loro affidati nell’ambito dell’OCM, e, pertanto, di uno «spazio senza concorrenza»,. In un’ipotesi del genere, le entità possono unicamente dimostrare che detti comportamenti devono essere esentati dall’applicazione delle regole di concorrenza, alla luce delle circostanze particolari della loro elaborazione. Ciò equivarrebbe ad esigere da tali entità un atto assimilabile a quello posto in essere al fine di beneficiare di una deroga cosiddetta «generale» o, ancora, a quello tipico di una domanda di esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

55.      Nella specie, ciò che occorre dunque stabilire è non tanto se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, benché applicabile ai comportamenti controversi, possa essere escluso, bensì se tale disposizione sia effettivamente applicabile.

56.      Fatto salvo l’eventuale carattere anticoncorrenziale dei comportamenti contestati, la problematica sollevata nella specie si porrà pertanto in termini di esclusione dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE e non nell’ottica dell’esistenza di una deroga all’applicazione di tale disposizione.

57.      Fatta tale precisazione, mi sembra che, nella specie, si ponga, in realtà, la questione se possano esistere comportamenti di imprese non rientranti nell’ambito delle deroghe di ordine generale, i quali, alla luce della loro importanza per il funzionamento effettivo di una OCM nell’ambito della PAC, possano comunque sfuggire all’applicazione dell’articolo 101 TFUE e, se del caso, quali siano le condizioni che le pratiche contestate devono soddisfare.

58.      Per le ragioni che illustrerò nelle considerazioni che seguono, ritengo che tale questione debba essere risolta affermativamente.

 Necessità di riconoscere che talune misure indispensabili all’espletamento dei compiti affidati alle OP e alle AOP possono sfuggire all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

–       Una necessità risultante dalle norme che governano l’OCM

59.      Per quanto riguarda le deroghe espressamente previste dal legislatore dell’Unione, per il periodo dei fatti di cui al procedimento principale e in applicazione dei regolamenti rilevanti (21), sono previste tre ipotesi generali di deroghe all’applicazione delle norme in materia di intese, il cui beneficio è subordinato ad una decisione della Commissione (22). Nella prassi, la Commissione ha ammesso solo raramente tali deroghe (23), e la Corte ha ripetutamente dichiarato che esse dovevano essere interpretate restrittivamente (24).

60.      La prima ipotesi di deroga riguarda gli accordi, decisioni e pratiche che costituiscono parte integrante di un’organizzazione nazionale di mercato. La portata di tale deroga è ormai limitata, in quanto la quasi totalità dei prodotti agricoli è stata progressivamente disciplinata da una OCM settoriale, e successivamente dal regolamento n. 1234/2007 che istituisce il regolamento unico OCM (25).

61.      La seconda ipotesi di deroga generale concerne il caso in cui la Commissione sia chiamata a dichiarare che taluni accordi, decisioni e pratiche restrittivi della concorrenza sono necessari alla realizzazione degli obiettivi della PAC enunciati all’articolo 39 TFUE. Tale deroga è interpretata restrittivamente dalla Corte, nella misura in cui è stato richiesto che il comportamento considerato favorisca il conseguimento di tutti tali obiettivi o, perlomeno, che sia stato tenuto conto di tutti detti obiettivi (26).

62.      Infine, la terza deroga si riferisce agli accordi, alle decisioni e alle pratiche restrittivi della concorrenza di imprenditori agricoli, di associazioni di imprenditori agricoli o di associazioni di dette associazioni appartenenti ad un unico Stato membro, nella misura in cui, «senza che ne derivi l’obbligo di praticare un prezzo determinato», essi riguardino la produzione o la vendita di prodotti agricoli o l’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli, a meno che la Commissione non accerti che in tal modo la concorrenza sia esclusa o che siano compromessi gli obiettivi della PAC (27).

63.      Tali deroghe generali non sono affatto prese in considerazione nella specie, come menzionato dal giudice del rinvio (28), e non sono tenuto a stabilire se esse avrebbero potuto essere fatte valere, se del caso, dalle entità chiamate in causa nel procedimento principale. In ogni caso, e come si evince dalle precedenti precisazioni e dall’assenza di una decisione della Commissione a tal riguardo – necessaria, lo ricordo, all’epoca dei fatti di cui alla causa principale –, risulta che nessuna di tali deroghe è manifestamente applicabile nella specie.

64.      Nei termini in cui è stata riformulata (v. paragrafo 57 supra), la prima questione mi porta per contro a stabilire se esclusioni più implicite all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non possano discendere dalla natura stessa della PAC e, in particolare, dai compiti specifici assegnati alle OP e alle AOP dal diritto derivato adottato sulla base dell’articolo 42 TFUE.

65.      A tal riguardo, occorre ricordare che è dimostrato che gli obiettivi della PAC enunciati all’articolo 39 TFUE prevalgono sugli obiettivi della concorrenza. Va osservato che l’articolo 38, paragrafo 2, TFUE, al pari delle disposizioni dei Trattati che l’hanno preceduto, garantisce una preminenza alle norme speciali adottate nell’ambito della PAC (29), senza effettuare una qualsivoglia distinzione a seconda delle disposizioni della normativa di cui trattasi. L’articolo 40 TFUE prevede, da parte sua, che l’OCM, creata per raggiungere gli obiettivi della PAC, «può comprendere tutte le misure necessarie al raggiungimento [di tali] obiettivi (…), e in particolare regolamentazioni dei prezzi». Come statuito dalla Corte in diverse occasioni, ciò implica che le autorità degli Stati membri non possono adottare provvedimenti atti ad arrecare pregiudizio ad un’OCM. Essa ha dichiarato, in particolare, che i provvedimenti adottati dalle autorità garanti della concorrenza non possono ostacolare il funzionamento dei meccanismi previsti da una OCM (30).

66.      Discende pertanto dal sistema voluto dagli autori dei Trattati che una misura può sottrarsi all’applicazione delle regole di concorrenza se detta misura è necessaria alle OP e alle AOP ai fini dell’espletamento di uno o più compiti loro assegnati.

67.      Una siffatta conclusione trova riscontro nell’articolo 175 del regolamento n. 1234/2007, disposizione subentrata all’articolo 1 del regolamento n. 26 e all’articolo 1 bis del regolamento n. 1184/2006, la quale prevede che le regole di concorrenza si applicano «[s]alvo disposizione contraria [di detto] regolamento». Ciò avviene, segnatamente, nel caso dei regolamenti OCM che disciplinano taluni compiti e talune modalità di intervento sui mercati agricoli. Tali regolamenti, infatti, assegnano alle entità operanti nel settore della produzione e della commercializzazione dei prodotti agricoli, e più precisamente alle OP e alle AOP, taluni compiti e missioni specifiche che possono condurle ad attuare determinate forme di coordinamento.

68.      A tal riguardo, occorre sottolineare che l’OCM è destinata a disciplinare la totalità della produzione e della commercializzazione dei prodotti agricoli degli Stati membri. Essa costituisce uno strumento essenziale al fine di raggiungere gli obiettivi della PAC enunciati nel Trattato e, in particolare, la stabilizzazione dei mercati agricoli e il mantenimento di un tenore di vita equo per gli agricoltori.

69.      Nella sua parte interna, l’OCM prevede pertanto un certo numero di misure destinate a tenere conto delle specificità del mercato agricolo, il quale è caratterizzato da una concentrazione crescente della domanda e, parallelamente, da una frammentazione dell’offerta.

70.      In un contesto in cui, come menzionato dal considerando 7 del regolamento n. 2200/96, «il raggruppamento dell’offerta (…) appare più che mai come una necessità economica per consolidare la posizione dei produttori sul mercato», le OP e poi le AOP sono state concepite, nella normativa relativa all’OCM nel settore ortofrutticolo, come entità che possono svolgere un ruolo utile ai fini, in particolare, della concentrazione dell’offerta e della stabilizzazione dei prezzi (31) e, pertanto, come operatori principali di tale OCM. In tal senso, detto considerando precisa che le «[OP] rappresentano gli elementi portanti dell’[OCM], della quale garantiscono, al loro livello, il funzionamento decentrato» (32).

71.      Di conseguenza, allorché il Consiglio prevede, nei regolamenti che disciplinano le OCM e nei regolamenti recanti modalità di applicazione di questi ultimi, talune misure di concertazione, lo stesso esclude, così facendo, l’applicazione delle regole di concorrenza e, segnatamente, il divieto delle intese anticoncorrenziali previsto all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. In altri termini, gli accordi, decisioni e pratiche concordate delle OP e della AOP che si conformano a tali regolamenti sfuggono necessariamente all’applicazione di quest’ultima disposizione.

72.      Nella specie, la prima questione pregiudiziale mi induce pertanto ad esaminare il ruolo assegnato a tali operatori principali delle OCM, e segnatamente dell’OCM del settore degli ortofrutticoli, ossia alle OP e alle AOP, in forza della normativa rilevante.

–       Una necessità giustificata, in particolare, dal ruolo conferito alle OP e alle AOP nell’ambito delle OCM

73.      Per quanto riguarda le OP (33), esse rispondono all’esigenza imperativa di rafforzare la posizione dei produttori dei mercati e sono definite come persone giuridiche costituite, su base volontaria ed utile, su iniziativa dei produttori, segnatamente al fine di perseguire determinati obiettivi. Tali produttori mirano in generale a condividere i loro mezzi al fine di riequilibrare i rapporti commerciali intrattenuti con gli operatori economici situati a valle della loro filiera e, in particolare, di rafforzare il loro potere di negoziazione in occasione della vendita dei loro prodotti. Il raggruppamento delle OP viene effettuato sulla base di un programma operativo. Deve essere riconosciuta la qualità di OP ai gruppi di produttori che danno prova, in particolare, di un numero minimo di produttori e di un certo volume di produzione commercializzabile (v. articoli da 15 a 23 del regolamento n. 2200/96).

74.      Le OP sono costituite ad uno scopo preciso definito dalla legge (34). Fra gli obiettivi perseguiti con la costituzione di un’ OP figurano, segnatamente, la programmazione della produzione e l’adeguamento della stessa alla domanda, la promozione della concentrazione dell’offerta e l’immissione sul mercato della produzione degli aderenti, nonché la riduzione dei costi di produzione e la regolarizzazione dei prezzi alla produzione (35).

75.      Ai fini della realizzazione di tali obiettivi, l’OP deve avere il controllo delle condizioni di vendita e, segnatamente, del prezzo di vendita dei prodotti dei produttori associati. Questi ultimi si impegnano, da parte loro, ad applicare talune regole fissate dall’OP, ad essere membri di una sola OP e a vendere, per il tramite dell’OP alla quale sono associati, la totalità della loro produzione (36). Occorre parimenti rilevare che, per ciascun settore, sono fissate soglie, basate sul numero di produttori oppure, ancora, sul valore della produzione commercializzata, che l’OP deve obbligatoriamente raggiungere per essere riconosciuta.

76.      Inoltre, sempre in forza della normativa rilevante, le OP possono formare AOP (37) oppure organizzazioni professionali (38).

77.      L’articolo 125 quater del regolamento n. 1234/2007 prevede che la realizzazione di tali compiti venga estesa alle AOP (39).

78.      La normativa applicabile prevede che tali operatori siano tenuti a i) assicurare la programmazione della produzione e l’adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, ii) promuovere la concentrazione dell’offerta e l’immissione sul mercato della produzione degli aderenti, iii) ridurre i costi di produzione e regolarizzare i prezzi alla produzione e iv) promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione e di gestione dei rifiuti che rispettino l’ambiente, in particolare per tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e per preservare e/o favorire la biodiversità (40).

79.      Al fine di svolgere effettivamente tali compiti, tanto le OP quanto le AOP possono dunque essere indotte, in primo luogo, a negoziare direttamente le condizioni di vendita della totalità dei prodotti dei loro membri con i gruppi di acquisto.

80.      In secondo luogo, esse possono essere indotte ad adottare misure di gestione delle quantità immesse sul mercato.

81.      A tal riguardo, la normativa europea prevedeva espressamente che le OP potevano procedere a misure di ritiro, vale a dire decidere di non mettere in vendita determinate quantità di prodotti in determinati periodi da esse reputati opportuni. Nel corso del periodo di applicazione del regolamento n. 2200/96, ossia fino alla fine del 2007, tali misure erano concepite come misure di intervento adottate dalle OP e applicabili dunque sia ai loro aderenti sia ai loro non aderenti, a condizione che l’OP di cui trattasi fosse considerata rappresentativa (41). La gestione del regime di tali operazioni di ritiro, effettuata tramite un fondo e un programma operativi (42), esige infatti un certo controllo delle OP e delle AOP, entità legittimate ad elaborare regole che possono essere rese obbligatorie dallo Stato membro di cui trattasi per tutti i produttori di una determinata circoscrizione. Il regime delle misure di ritiro è stato sostanzialmente modificato dal regolamento n. 1234/2007, in quanto esse sono ormai unicamente concepite come facenti parte dei programmi operativi di prevenzione e di gestione delle crisi (43).

82.      Oltre che di tali misure di ritiro, le OP e le AOP dispongono parimenti del potere di pianificare la produzione al fine di adeguarla alla domanda in conformità agli obiettivi definiti dalla normativa rilevante (44).

83.      Risulta dall’insieme di tali disposizioni che le OP e le AOP sono inevitabilmente chiamate a svolgere un ruolo decisivo in materia di centralizzazione della commercializzazione dei prodotti dei loro membri. Esse costituiscono per definizione luoghi di concertazione collettiva.

84.      Il perseguimento dei loro compiti esige, salvo privare di effetto utile le normative relative all’OCM, che alcune delle azioni da esse attuate e che sono strettamente necessarie all’espletamento dei loro compiti possano sottrarsi all’applicazione del diritto della concorrenza. Per portare a termine i compiti affidati loro dal legislatore dell’Unione nell’ambito dell’OCM, tali operatori sono chiamati ad attuare forme di coordinamento e di concertazione che sfuggono alle leggi del mercato e che sono, pertanto, antitetiche rispetto all’idea di concorrenza.

85.      Infatti, il perseguimento di tali obiettivi implica inevitabilmente, come il Tribunale ha avuto occasione di sottolineare (45), che l’OP considerata abbia un effettivo controllo delle condizioni di vendita e, in particolare, dei prezzi di vendita. È esattamente tale controllo che i produttori associati si impegnano ad assicurare tramite il rispetto di una certa disciplina, in conformità all’articolo 11, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 2200/96.

86.      Ciò non implica tuttavia che OP e AOP estranee alla produzione siano legittimate ad agire di concerto per fissare i prezzi. Analogamente, ciò non dovrebbe avere come conseguenza quella di sottrarre all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, azioni poste in essere all’interno di entità o organizzazioni che non sono state incaricate dai loro membri della commercializzazione dei loro prodotti. Esaminerò questo aspetto successivamente.

87.      Oltre alle summenzionate deroghe generali, le pratiche seguite da tali operatori, salvo negare la portata dei meccanismi di regolazione attuati dai regolamenti che disciplinano le OCM, devono sfuggire in una certa misura all’applicazione delle norme in materia di concorrenza, e segnatamente all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

88.      Più che una deroga «specifica», si tratta di trarre tutte le conseguenze dalla deroga agricola prevista dai Trattati.

89.      Si pone cionondimeno la questione se sia tuttavia sufficiente, come sostenuto da talune parti intervenienti, che misure adottate da OP o da AOP concorrano, in modo più o meno diretto, alla realizzazione dei compiti loro assegnati dai regolamenti OCM al fine di poter sfuggire all’applicazione del diritto della concorrenza.

90.      Ritengo di no.

91.      Come preciserò nelle considerazioni che seguono, dovrebbero sottrarsi all’applicazione delle regole di concorrenza solo le pratiche che rientrano nei compiti specificamente devoluti alle OP, alle AOP e alle organizzazioni professionali incaricate della commercializzazione dei prodotti di cui trattasi.

–       Una necessità risultante dal ruolo attribuito alle OP e alle AOP incaricate della commercializzazione dei prodotti di cui trattasi

92.      È ovvio che le ipotesi di esclusione dell’applicazione del diritto della concorrenza in relazione a determinate misure non possono essere sancite solo per il fatto che concorrono, secondo le OP o le AOP di cui trattasi, alla realizzazione di obiettivi generali, quali la riduzione dei costi di produzione o la regolarizzazione dei prezzi alla produzione.

93.      In generale, occorre precisare, come fatto valere dalla Commissione, che, per poter essere sottratte all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, deve essere assicurato che le pratiche in questione siano state effettivamente adottate ad un «livello corretto» e dall’«entità corretta», ossia da un’OP o da un’AOP effettivamente incaricata della gestione della produzione e della commercializzazione del prodotto di cui trattasi.

94.      A parte il caso in cui il regolamento che disciplina l’OCM in questione definisca con precisione le misure specifiche che le OP o le AOP possono adottare, come le summenzionate misure di ritiro, le pratiche che intervengono fra OP o fra AOP o che coinvolgono eventualmente operatori non membri sul mercato devono vedersi applicare le norme in materia di concorrenza.

95.      Pertanto, una concertazione sui prezzi, sulle quantità prodotte e sulla trasmissione di informazioni commerciali sensibili non può avere ad oggetto collusioni fra diverse OP o AOP, persino all’interno di un’entità che, a prescindere dalla sua denominazione effettiva o presunta, non sia stata incaricata dai suoi membri della commercializzazione dei prodotti di cui trattasi.

96.      Tale requisito mi sembra risultare implicitamente ma necessariamente dalle disposizioni applicabili che definiscono i compiti di concentrazione dell’offerta e di regolarizzazione dei prezzi assegnati a tali entità. Affinché pratiche di concertazione fra OP o AOP diverse possano sottrarsi all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, i regolamenti che disciplinano l’OCM in questione avrebbero dovuto prevederlo espressamente.

97.      In tal senso, l’articolo 11, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 2200/96, l’articolo 3 del regolamento n. 1182/2007 e l’articolo 122, primo comma, del regolamento n. 1234/2007 indicano effettivamente che il ruolo assegnato alle OP riguarda unicamente la produzione dei membri o dei produttori associati all’organizzazione.

98.      In tal senso, il Tribunale (46) ha già avuto l’occasione di dichiarare che la promozione della concentrazione dell’offerta, prevista all’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), punto 2, del regolamento n. 2200/96, sarebbe possibile solo se una parte significativa della produzione dei membri sia venduta tramite l’organizzazione di produttori. In assenza di un siffatto requisito, le misure adottate dalle OP e/o dalle AOP avranno unicamente un impatto estremamente ridotto sul mercato e sulla concentrazione dell’offerta.

99.      Orbene, è precisamente l’efficacia del ruolo che tali entità possono essere chiamate a svolgere in tale concentrazione dell’offerta e, in definitiva, nella stabilizzazione dei prezzi, che è idonea, se del caso, a giustificare l’attuazione, da parte di queste ultime, di forme di concertazione che sfuggono alle regole di concorrenza, e in particolare all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

100. Pertanto, al di fuori delle misure d’intervento rigorosamente previste dal regolamento OCM, ritengo che le pratiche di concertazione adottate non solo fra OP o AOP diverse, ma anche all’interno di entità incaricate soltanto di una parte significativa della produzione dei loro membri debbano vedersi applicare il diritto della concorrenza.

101. Infatti, pratiche poste in essere all’interno di un’OP o di un’AOP che è stata effettivamente incaricata della gestione della produzione e della commercializzazione dei prodotti dei suoi membri sono equiparabili a quelle adottate all’interno di una società o di un gruppo che si presenta, sul mercato rilevante e tenuto conto delle peculiarità del mercato agricolo, come un’entità economica unica. Siffatte pratiche «interne» esulano dall’applicazione del diritto della concorrenza. In una fattispecie del genere, gli agricoltori rappresentati non hanno più alcun controllo, ai fini della vendita della loro produzione, in materia di negoziazione sulla cosa e sul prezzo.

102. Viceversa, e indipendentemente, ancora una volta, dai meccanismi espressamente previsti dalla normativa applicabile, le pratiche messe in atto fra OP o AOP, all’interno di entità non incaricate della commercializzazione dai loro membri, ovvero quelle fra un’OP/AOP e altri tipi di operatori sul mercato rilevante, non possono sottrarsi a tale applicazione, in quanto tali pratiche intervengono fra entità economiche che si presume indipendenti.

103. Infatti, anche se l’obiettivo di concentrazione dell’offerta perseguito dalla normativa relativa all’OCM implica che i membri delle OP e delle AOP incaricate effettivamente della commercializzazione possano agire di concerto, esso non consente di sottrarre all’applicazione delle norme in materia di intese anticoncorrenziali accordi relativi alle condizioni di produzione e di commercializzazione conclusi fra diverse OP, AOP e altre entità eventualmente non riconosciute dalla normativa applicabile. Esso non consente neanche di convalidare pratiche, segnatamente di fissazione dei prezzi, all’interno di una di tali entità, qualora essa non abbia il controllo della commercializzazione dei prodotti dei suoi membri. In tal caso, la questione rilevante non è più la concentrazione dell’offerta, bensì una concertazione fra entità che continuano a competere sul mercato finale del prodotto di cui trattasi.

104. È vero che tale requisito potrebbe sembrare facilmente eludibile tramite la creazione, risultante dalla loro fusione, di OP e AOP su vasta scala. Non si deve tuttavia trascurare il fatto che la dimensione di un’OP o di un’AOP è un elemento di cui viene tenuto conto, in linea di principio, nella fase del suo riconoscimento o del mantenimento del suo riconoscimento. Infatti, è espressamente previsto nella normativa relativa all’OCM che gli Stati membri possono riconoscere, su richiesta, un’OP o un’AOP se, segnatamente, essa «non detiene una posizione dominante in un dato mercato», tranne qualora ciò sia necessario ai fini della PAC (47).

105. Di conseguenza, qualsiasi comportamento o pratica che eccede quanto strettamente necessario all’esercizio dei compiti conferiti alle OP e alle AOP con riferimento ai produttori associati, è idoneo a ricadere nel divieto delle intese ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

106. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che accordi, decisioni o pratiche di OP, AOP e organizzazioni professionali, benché non rientrino in nessuna delle deroghe generali previste in successione all’articolo 2 dei regolamenti n. 26 e n. 1184/2006 e all’articolo 176 del regolamento n. 1234/2007, possono essere sottratti al divieto delle intese previsto all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, qualora sia accertato che tali comportamenti, in primo luogo, sono necessari o consentiti per l’espletamento del compito assegnato all’OP, all’AOP oppure all’organizzazione professionale effettivamente incaricata della commercializzazione dei prodotti di cui trattasi e, in secondo luogo, sono adottati nell’ambito e in conformità alla normativa relativa all’OCM di cui trattasi.

 Sulla seconda questione

107. Con la seconda questione pregiudiziale si chiede se le pratiche controverse nella causa principale, le quali hanno ad oggetto, rispettivamente, i) la fissazione collettiva di un prezzo minimo, ii) la concertazione sulle quantità di prodotti immesse sul mercato e iii) lo scambio di informazioni sensibili/strategiche, possano sfuggire all’applicazione dell’articolo 101 TFUE, nella misura in cui sono intese, segnatamente, allo svolgimento dei compiti di regolarizzazione dei prezzi alla produzione e di adeguamento della produzione alla domanda, assegnati alle OP e alle AOP (v. articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2200/96; articolo 3 del regolamento n. 1182/2007, e articolo 122, primo comma, del regolamento n. 1234/2007).

108. Anzitutto, mi preme sottolineare che il fatto, menzionato segnatamente in udienza, che le misure siano state adottate dagli operatori di cui trattasi con l’intenzione di far fronte alle difficoltà presunte o reali dei produttori di indivia, in particolare alla luce di una situazione economica difficile di conflitto con gli operatori della grande distribuzione, non può essere determinante. A tal riguardo, la Corte ha precisato che, quand’anche sia dimostrato che le parti di un accordo hanno agito senza alcuna intenzione soggettiva di restringere la concorrenza, bensì allo scopo di rimediare agli effetti di una crisi del settore, siffatte considerazioni non sono rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, ma possono essere eventualmente esaminate per derogare al divieto sancito al paragrafo 3 del medesimo articolo (48).

109. Inoltre, senza voler anticipare totalmente l’esame dei fatti, il quale compete unicamente, in definitiva, al giudice nazionale, occorre rilevare che, secondo le indicazioni risultanti dal fascicolo sottoposto alla Corte, le pratiche di cui al caso di specie non vengono messe in atto unicamente all’interno di un’OP o di un’AOP incaricata della commercializzazione dai loro membri, bensì ben oltre. Stando ai dati raccolti dall’Autorité de la concurrence in occasione delle sue indagini, le pratiche controverse chiamavano in causa non solo dieci OP e quattro AOP, ma anche cinque gruppi non riconosciuti, ai quali non è affidato alcun compito particolare in forza della normativa rilevante.

110. Occorre pertanto effettuare, in primo luogo, talune precisazioni preliminari quanto alle misure che possono essere effettivamente poste in essere dai diversi gruppi e OP in materia di regolazione dei prezzi e di adeguamento della produzione alla domanda.

111. In secondo luogo, e alla luce degli orientamenti elaborati sul punto, esaminerò uno ad uno i diversi tipi di misure di cui alla causa principale, distinguendo, in relazione a ciascuna di esse, il caso in cui esse riguardano i membri di un’OP o di un’AOP incaricata della commercializzazione dei prodotti dei suoi membri (in prosieguo: la «fattispecie interna») da quello in cui esse vengono poste in essere all’interno di entità che, sebbene siano state qualificate come «OP» o come «AOP», non sono incaricate della commercializzazione dei prodotti dei loro membri, di OP o AOP differenti e/o con entità non riconosciute (in prosieguo: la «fattispecie esterna»).

 Considerazioni preliminari sulle misure che possono essere adottate dalle OP e dalle AOP nel loro compito di regolazione dei prezzi e di adeguamento alla domanda

112. Come menzionato in precedenza, il ruolo attribuito alle OP e alle AOP in materia di regolazione dei prezzi e di adeguamento della domanda possono portarle ad attuare forme di scambio e di concertazione con i loro membri.

113. La questione centrale che si pone nella specie è se un siffatto compito di regolazione e di adeguamento possa sfociare nella fissazione, all’interno di un’OP o di un’AOP e in concertazione con i suoi membri, di un prezzo minimo di vendita dei prodotti presi in considerazione dall’OCM.

114. Ritengo che una situazione del genere non sia in alcun caso configurabile.

115. Infatti, in una fattispecie interna, qualora i membri di un’OP o di un’AOP abbiano effettivamente assegnato alla medesima, come richiesto dalla normativa relativa all’OCM, il compito di commercializzare tutta o quasi tutta la loro produzione, risulta indispensabile che l’OP o l’AOP negozino con i distributori un prezzo unico applicabile alla totalità di tale produzione. L’OP o l’AOP di cui trattasi si vede in qualche modo accordare, da parte dei suoi membri, la qualità di unico negoziatore, segnatamente con gli operatori situati a valle della filiera. Tale prezzo unico, determinato in funzione dei periodi di commercializzazione e della qualità del prodotto considerato, è, per definizione, variabile.

116. Di conseguenza, nel caso in cui l’integrazione della commercializzazione dei prodotti di cui trattasi all’interno dell’OP o dell’AOP sfoci nella determinazione di un siffatto prezzo unico, la fissazione, all’interno di una di tali entità, di un prezzo minimo, il quale non sarebbe suscettibile di alcuna variazione, non ha, per definizione, più senso.

117. Infatti, le pratiche di fissazione di un prezzo minimo sono concepibili soltanto in un contesto in cui i produttori del prodotto considerato dispongono sempre di un certo potere in materia di negoziazione del prezzo di vendita di tale prodotto.

118. Come rilevato segnatamente dall’Autorité de la concurrence, il compito di «regolarizzazione dei prezzi alla produzione» («stabilising producer prices») assegnato alle OP/AOP deve essere considerato nel contesto dell’obiettivo di stabilizzazione dei mercati perseguito dall’OCM e alla luce dei mezzi espressamente previsti nella normativa europea (misure di ritiro e/o piani di produzione) e non può avere come conseguenza quella di sottrarre all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, la fissazione del prezzo minimo, come quella sulla quale sembra vertere la causa principale, ossia una fissazione di prezzi imposti a tutte le OP/AOP e applicabili a tutti i prodotti in oggetto sulla quasi totalità della produzione nazionale.

119. Quanto alla fattispecie esterna, anche se le OP/AOP, in forza delle disposizioni successive rilevanti (49), vengono investite di compiti importanti, segnatamente di concentrazione dell’offerta e di regolarizzazione dei prezzi alla produzione, l’importanza di tali compiti non può essere interpretata nel senso che autorizza azioni collusive di fissazione dei prezzi imposti in generale all’insieme dei loro membri e alla globalità dei prodotti commercializzati.

120. In conclusione, l’esclusione dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE non può essere estesa alle pratiche di concertazione poste in essere fra diverse OP o AOP, persino all’interno di entità o gruppi non riconosciuti.

 Esame delle misure oggetto della causa principale

–       Sulle pratiche di fissazione collettiva dei prezzi

121. Alla luce delle considerazioni che precedono, a pratiche di fissazione dei prezzi fra OP o fra AOP o fra queste e altre entità, vale a dire nella fattispecie esterna, dovrebbe essere applicato in ogni caso il diritto della concorrenza, fermo restando che è pacifico che le pratiche di fissazione dei prezzi sono considerate, per il loro stesso oggetto, dannose per il buon funzionamento della concorrenza (50).

122. Tale conclusione vale parimenti nel caso in cui un’entità, benché sia stata designata come OP o come AOP, non sia stata effettivamente incaricata dai suoi membri della commercializzazione dei loro prodotti. Sembra essere questo il caso delle AOP cosiddette «di governance» (51) menzionate nella causa principale.

123. Per quanto riguarda la fattispecie interna, sulla scia di quanto menzionato in precedenza, la fissazione di un prezzo minimo all’interno di un’OP o di un’AOP incaricata effettivamente della commercializzazione non ha ragion d’essere, a motivo stesso dell’esistenza di un sistema di prezzo unico per i prodotti dei suoi membri.

124. In generale, mi sembra utile ricordare che, in base all’economia del sistema attuato nell’ambito, segnatamente, dell’OMC unica, la stabilizzazione/regolarizzazione dei prezzi deve necessariamente essere effettuata tramite misure esplicitamente previste nella normativa relativa all’OCM e intese a regolare le quantità di prodotti immessi sul mercato rilevante, ossia misure di ritiro e i piani di produzione che possono essere attuati all’interno delle OP e delle AOP.

125. Tale compito di stabilizzazione/regolazione dei prezzi può assumere, ad esempio, la forma di una diffusione, da parte dell’OP o dell’AOP di cui trattasi, di dati che riportano l’evoluzione del mercato, ma non può concretizzarsi, in nessun caso, in un listino dei prezzi raccomandati. Tale compito può altresì sfociare nell’emissione di determinate raccomandazioni da parte delle OP o delle AOP di cui trattasi, al fine di incidere sui volumi dei prodotti che verranno immessi sul mercato.

126. A tal riguardo, ritengo che non possa essere fatta valere, per giustificare una pratica dei prezzi minimi attuata fra OP o AOP, l’esistenza di prezzi cosiddetti «di ritiro», teoricamente possibili prima dell’introduzione dell’OCM unica da parte del regolamento n. 1234/2007. Il prezzo di ritiro è infatti definito come un prezzo al di sotto del quale i produttori associati non metteranno in vendita una certa quantità (e non la totalità) dei prodotti forniti dai loro aderenti, i quali ricevono come contropartita un indennizzo. La restante produzione dei membri dell’OP o dell’AOP resta soggetta alle forze del mercato e non potrà pertanto essere commercializzata ad un prezzo minimo fissato in anticipo da tali membri.

127. Di conseguenza, un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata concernenti il prezzo, e segnatamente intesi alla fissazione di un prezzo minimo, non possono in alcun caso essere sottratti a priori all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

128. In conclusione, una politica di fissazione di un prezzo minimo fra produttori non può sfuggire, a mio avviso, all’applicazione dell’articolo 101 TFUE, a prescindere da se essa venga posta essere all’interno di una stessa OP o di un’AOP incaricata di commercializzare la produzione dei suoi membri oppure fra OP o AOP diverse.

–       Sulle pratiche di concertazione sulle quantità immesse sul mercato

129. Occorre riconoscere che una pratica di concertazione sulle quantità di prodotti immesse sul mercato può contribuire, segnatamente in un contesto caratterizzato da una frammentazione della produzione agricola – il che può dar luogo ad un squilibrio, tenuto conto della domanda, in generale estremamente concentrata, dei prodotti di cui trattasi –, alla programmazione della produzione e al suo adeguamento alla domanda. Essa può contribuire, a lungo termine, non solo ad assicurare una stabilizzazione dei mercati rilevanti – regolando la natura e il volume dei prodotti offerti sul mercato – ma anche a regolare i prezzi al fine di assicurare un equo tenore di vita alla popolazione agricola.

130. La normativa rilevante prevede, a tal riguardo, che le OP/AOP possano adottare regole al fine di adeguare il volume dell’offerta di un determinato prodotto alle esigenze del mercato, vale a dire programmare la quantità di prodotti offerta in un determinato momento al fine di mantenere i tassi di vendita ad un certo livello.

131. Fino all’adozione dell’OCM unica da parte del regolamento n. 1234/2007, la normativa applicabile in materia prevedeva anche la possibilità di adottare misure di ritiro, le quali consentivano di attuare piani di azione congiunturali variando i volumi immessi sul mercato. Le OP e le AOP potevano dunque decidere di non mettere in vendita una certa quantità di prodotti forniti dai loro membri durante determinati periodi.

132. Come ho indicato in precedenza, il regolamento n. 1234/2007 ha tuttavia ridotto la possibilità di ricorrere a tali misure di ritiro, in quanto esse sono ormai viste unicamente come uno strumento di prevenzione e di gestione delle crisi, che, in linea di principio, non può più essere esteso a tutti i produttori, come avveniva in precedenza.

133. Tuttavia, sviluppando le considerazioni svolte supra in relazione alle pratiche di regolazione dei prezzi, sono dell’avviso che, indipendentemente dalla possibilità di adottare misure di ritiro nell’ambito di piani di azione congiunturali approvati in precedenza (ai sensi, in particolare, dell’articolo 23 del regolamento n. 2200/96) (52), le pratiche di concertazione aventi ad oggetto le quantità immesse sul mercato devono essere intese in maniera diversa a seconda della fattispecie presa in considerazione.

134. In una fattispecie interna, misure come quelle adottate nell’ambito dei piani di produzione previsti nella legislazione europea possono sottrarsi all’applicazione di tale disposizione allorché esse siano effettivamente intese a regolare la produzione al fine di stabilizzare i prezzi dei prodotti considerati.

135. Per contro, in una fattispecie esterna, pratiche del genere non possono essere sottratte all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Occorre sottolineare che, a partire dall’istituzione dell’OCM unica da parte del regolamento n. 1234/2007, non è più possibile estendere le misure di ritiro adottate all’interno delle OP e delle AOP ai produttori che non sono più membri di tali entità.

136. Nella specie, sembra che le pratiche contestate consistessero in concertazioni aventi ad oggetto limitazione e controllo generalizzato delle quantità immesse sul mercato a livello della totalità del mercato dell’indivia. Un accordo di tale portata nazionale, concluso fra diverse OP e AOP e che comporta, in definitiva, una limitazione della produzione a lungo termine, non sfugge all’applicazione delle regole di concorrenza.

–       Sulle pratiche di scambio di informazioni strategiche

137. Al pari dell’approccio seguito in precedenza, occorre effettuare una distinzione fra le pratiche osservate all’interno di un’OP o di un’AOP e quelle che mirano in realtà ad attuare una politica globale e nazionale dei prezzi fra tutti i produttori, e ciò indipendentemente dalla loro affiliazione all’una o all’altra di tali organizzazioni o associazioni.

138. Nella fattispecie interna, si deve riconoscere che i compiti devoluti alle OP e alle AOP nell’ambito di una OCM implicano necessariamente scambi di informazioni strategiche all’interno di un’AOP. La realizzazione dei compiti di stabilizzazione dei prezzi e/o di pianificazione della produzione e di adeguamento alla domanda loro assegnati potrebbero essere effettivamente compromessi in modo significativo in assenza di trasmissione di dati relativi alla natura e ai volumi di produzione delle specie, ma anche sui volumi commercializzati o immagazzinati.

139. Tale necessità è stata riconosciuta dal regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 (53), che dispone, al suo articolo 23, che «gli Stati membri si accertano che le organizzazioni di produttori dispongano del personale, dell’infrastruttura e dell’attrezzatura necessari (…) all’espletamento delle loro funzioni essenziali», in particolare per quanto riguarda «la conoscenza della produzione dei loro soci» e «la raccolta, la cernita, il magazzinaggio e il condizionamento della produzione dei loro soci».

140. Di conseguenza, in una siffatta fattispecie interna, sarà necessario che il giudice verifichi se gli scambi di informazioni contestati siano inerenti al perseguimento dei compiti delle OP e delle AOP e, pertanto, non possano vedersi applicare le norme in materia di concorrenza, e segnatamente l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

141. Per contro, in una fattispecie esterna, a pratiche di scambi di informazioni deve essere applicato l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

142. Tornando al procedimento principale, sembrerebbe che gli scambi di informazioni censurati consistessero in comunicazioni di prezzi fra OP, AOP e altre entità concorrenti. Mi sembra escluso poter concludere che esse siano connesse ai compiti assegnati alle OP/AOP nell’ambito dell’OCM.

143. A tal riguardo, occorre sottolineare che, secondo una giurisprudenza constante, gli scambi di informazioni possono essere qualificati come aventi un oggetto anticoncorrenziale allorché sono idonei ad eliminare le incertezze relative al comportamento che le imprese interessate intendono adottare (54).

144. Tuttavia, scambi di informazioni possono essere considerati conformi alle regole di concorrenza in determinate circostanze: carattere poco concentrato del mercato, informazioni pubbliche e aggregate, nonché esistenza di informazioni non assimilabili a listini dei prezzi e/o che non consentono di ricostruire la totalità dei costi degli operatori.

145. Pertanto, i mercati agricoli presentano talune peculiarità, segnatamente a causa dell’istituzione delle OCM, le quali sono idonee a giustificare scambi di informazioni a condizioni meno restrittive che su un mercato meno regolamentato.

146. Tuttavia, nella specie, risulta che non sia stato dimostrato che gli scambi di informazioni controversi, i quali, con ogni probabilità, erano in realtà intesi a raggiungere un accordo sui prezzi dei prodotti in questione, si imponevano alla luce della specificità del mercato rilevante.

147. In conclusione, l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2200/96, l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1182/2007 e l’articolo 122, primo comma, del regolamento n. 1234/2007, i quali fissano, fra gli obiettivi assegnati alle OP e alle loro associazioni, quello di regolarizzare i prezzi alla produzione e quello di adeguare la produzione alla domanda, devono essere interpretati nel senso che pratiche di fissazione collettiva di un prezzo minimo fra OP e/o AOP non possono in alcun caso essere sottratte a priori all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Per quanto riguarda le pratiche di scambi di informazioni strategiche concernenti i prezzi minimi attuate da e fra tali organizzazioni o loro associazioni, neanch’esse sfuggono al divieto delle intese previsto all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per il solo motivo che esse sono idonee a contribuire agli obiettivi generali assegnati alle OP e alle loro associazioni. Affinché ciò avvenga, spetta segnatamente al giudice nazionale verificare che la pratica in questione, in primo luogo, sia necessaria o consentita per l’espletamento del compito specificamente assegnato all’OP, all’AOP o all’organizzazione professionale effettivamente incaricata della commercializzazione dei prodotti considerati e, in secondo luogo, sia stata adottata nell’ambito e in conformità alla normativa relativa all’OCM di cui trattasi.

148. Pratiche come quelle di cui al procedimento principale, attuate fra diverse OP, AOP ed entità non riconosciute, le quali sono intese alla fissazione di un prezzo minimo, a concertazioni sui prezzi e a scambi di informazioni strategiche, non sono pratiche che possono essere sottratte a priori all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

 Conclusione

149. Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di risolvere nel modo seguente le questioni pregiudiziali sottopostele dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia):

1)      Accordi, decisioni o pratiche di organizzazioni di produttori, di associazioni di organizzazioni di produttori e di organizzazioni professionali, benché non rientrino nell’ambito di nessuna delle deroghe generali previste in successione all’articolo 2 dei regolamenti n. 26 del Consiglio, del 4 aprile 1962, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio di prodotti agricoli, e (CE) n. 1184/2006 del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio di taluni prodotti agricoli, e all’articolo 176 del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM), possono essere sottratti al divieto delle intese previsto all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, nel caso in cui sia accertato che tali comportamenti, in primo luogo, siano necessari o consentiti per l’espletamento del compito assegnato all’organizzazione di produttori, all’associazione di organizzazioni di produttori o all’organizzazione professionale effettivamente incaricata della commercializzazione dei prodotti considerati e, in secondo luogo, vengano adottati nell’ambito e in conformità alla normativa relativa all’organizzazione comune dei mercati di cui trattasi.

2)      L’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio, del 28 ottobre 1996, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli, l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1182/2007 del Consiglio, del 26 settembre 2007, recante norme specifiche per il settore ortofrutticolo, recante modifica delle direttive 2001/112/CE e 2001/113/CE e dei regolamenti (CEE) n. 827/68, (CE) n. 2200/96, (CE) n. 2201/96, (CE) n. 2826/2000, (CE) n. 1782/2003 e (CE) n. 318/2006 e che abroga il regolamento (CE) n. 2202/96, e l’articolo 122, primo comma, del regolamento n. 1234/2007, i quali fissano, fra gli obiettivi assegnati alle organizzazioni di produttori o associazioni di organizzazioni di produttori e alle loro associazioni, quello di regolarizzare i prezzi alla produzione e quello di adeguare la produzione alla domanda, devono essere interpretati nel senso che pratiche di fissazione collettiva di un prezzo minimo non possono in alcun caso essere sottratte a priori all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Per quanto riguarda le pratiche di scambi di informazioni strategiche concernenti i prezzi attuate da tali organizzazioni o loro associazioni, neanch’esse sfuggono al divieto delle intese previsto all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per il solo motivo che esse sono idonee a contribuire agli obiettivi generali assegnati alle organizzazioni di produttori e alle loro associazioni. Affinché ciò avvenga, spetta segnatamente al giudice nazionale verificare che la pratica in questione, in primo luogo, sia necessaria o consentita per l’espletamento del compito specificamente assegnato all’organizzazione di produttori o all’associazione di organizzazioni di produttori effettivamente incaricata della commercializzazione dei prodotti considerati e, in secondo luogo, sia stata adottata nell’ambito e in conformità con la normativa relativa all’organizzazione comune dei mercati di cui trattasi.

Pratiche come quelle di cui al procedimento principale, attuate fra diverse organizzazioni di produttori, di associazioni di organizzazioni di produttori ed entità non riconosciute, le quali sono intese alla fissazione di un prezzo minimo, a concertazioni sui prezzi e a scambi di informazioni strategiche, non sono pratiche che possono essere sottratte a priori all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.


1      Lingua originale: il francese.


2      V., segnatamente, Report of the Agricultural Markets Task Force, «Improving market outcomes» (Bruxelles, novembre 2016) (disponibile all’indirizzo https://ec.europa.eu/agriculture/agri-markets-task-force_fr), secondo il quale «questions about the precise scope of the possibilities and constraints applying to producer cooperation abound. Ambiguity of rules also risks giving rise to diverging approaches by national competition authorities thereby undermining the internal market» (punto 147).


3      Lo testimonia la circostanza, relativamente eccezionale (17 volte in 12 anni), che la Commissione europea sia intervenuta nel procedimento principale in qualità di amicus curiae in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1). Quest’ultima disposizione prevede segnatamente che, qualora sia necessario ai fini dell’applicazione uniforme delle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza, la Commissione, agendo d’ufficio, può presentare osservazioni scritte agli organi giurisdizionali degli Stati membri.


4      Sentenza del 29 ottobre 1980, Maizena/Consiglio (139/79, EU:C:1980:250, punto 23).


5      Regolamento del 4 aprile 1962, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio di prodotti agricoli (GU 1962, 30, pag. 993).


6      Regolamento del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio di taluni prodotti agricoli (GU 2006, L 214, pag. 7).


7      Regolamento del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU 2007, L 299, pag. 1).


8      Regolamento del Consiglio, del 28 ottobre 1996, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli (GU 1996, L 297, pag. 1).


9      Regolamento del Consiglio, del 26 settembre 2007, recante norme specifiche per il settore ortofrutticolo, recante modifica delle direttive 2001/112/CE e 2001/113/CE e dei regolamenti (CEE) n. 827/68, (CE) n. 2200/96, (CE) n. 2201/96, (CE) n. 2826/2000, (CE) n. 1782/2003 e (CE) n. 318/2006 e che abroga il regolamento (CE) n. 2202/96 (GU 2007, L 273, pag. 1).


10      Regolamento del Consiglio, del 14 aprile 2008, che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 (GU 2008, L 121, pag. 1).


11      Regolamento del Consiglio, del 25 maggio 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 (GU 2009, L 154, pag. 1).


12      Sentenze del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punti 57 e 58), e del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou (C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 37).


13      Sentenze del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punto 81), e del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou (C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 39).


14      V., a tal riguardo, sentenza del 29 ottobre 1980, Maizena/Consiglio (139/79, EU:C:1980:250, punto 23).


15      Sentenza del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punto 61), e ordinanza del 22 marzo 2010, SPM/Consiglio e Commissione (C‑39/09 P, non pubblicata, EU:C:2010:157, punto 47).


16      Sentenze del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punti 57 e 58), e del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou (C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 37).


17      V. sentenza del 13 dicembre 2006, FNCBV e a./Commissione (T‑217/03 e T‑245/03, EU:T:2006:391, punti 52, 53 e 86).


18      Sentenze del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punto 81), e del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou (C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 39).


19      V., segnatamente, sentenza dell’11 settembre 2014, CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata).


20      V. segnatamente, in tal senso, sentenza del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punto 94).


21      V. articolo 2 del regolamento n. 1184/2006 e successivamente articoli 175 e 176 bis del regolamento n. 1234/2007.


22      A partire dall’entrata in vigore del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (GU 2013, L 347, pag. 671), non applicabile ai fatti di cui al caso di specie, tali deroghe «generali» sono ormai due e il requisito di un previo intervento della Commissione non è più richiesto (regime di eccezione legale) (v. articolo 209, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013).


23      Mi sembra che l’unico caso di ammissione faccia seguito ad una domanda della Repubblica francese nel settore delle patate [v. decisione 88/109/CEE della Commissione, del 18 dicembre 1987 relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 85 del Trattato CEE (IV/31.735 – Patate primaticce) (GU 1988, L 59, pag. 25).


24      V., segnatamente, sentenza del 12 dicembre 1995, Oude Luttikhuis e a. (C‑399/93, EU:C:1995:434, punto 23).


25      L’indivia è disciplinata da un’OCM a partire dall’adozione del regolamento (CEE) n. 1035/72 del Consiglio, del 18 maggio 1972, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli (GU 1972, L 118, pag. 1).


26      V., segnatamente, sentenze del 15 maggio 1975, Nederlandse Vereniging voor de fruit en groentenimporthandel e Frubo/Commissione (71/74, EU:C:1975:61, punti da 24 a 26); del 12 dicembre 1995, Oude Luttikhuis e a. (C‑399/93, EU:C:1995:434, punto 25), e del 30 marzo 2000, VBA/Florimex e a. (C‑265/97 P, EU:C:2000:170, punto 94). V., parimenti, sentenze del 14 maggio 1997, Florimex e VGB/Commissione (T‑70/92 e T‑71/92, EU:T:1997:69, punto 153), e del 13 dicembre 2006, FNCBV e a./Commissione (T‑217/03 e T‑245/03, EU:T:2006:391, punto 199).


27      Sul carattere autonomo e specifico di tale deroga v., segnatamente, sentenza del 12 dicembre 1995, Dijkstra e a. (C‑319/93, C‑40/94 e C‑224/94, EU:C:1995:433, punto 20).


28      Tanto il giudice a quo quanto le convenute nel procedimento pendente dinanzi alla Cour de cassation sembrano ammettere che le deroghe generali sono inapplicabili.


29      Sentenze del 26 giugno 1979, McCarren (177/78, EU:C:1979:164, punto 9); del 16 gennaio 2003, Hammarsten (C‑462/01, EU:C:2003:33, punto 26), e del 26 maggio 2005, Kuipers (C‑283/03, EU:C:2005:314, punto 32).


30      Sentenze del 9 settembre 2003, Milk Marque e National Farmers’ Union (C‑137/00, EU:C:2003:429, punto 94 e la giurisprudenza ivi citata), e del 1o ottobre 2009, Compañía Española de Comercialización de Aceite (C‑505/07, EU:C:2009:591, punto 55).


31      V. parimenti, a tal riguardo, considerando 131 del regolamento n. 1308/2013, subentrato al regolamento n. 1234/2007.


32      Per una panoramica generale della posizione occupata dalle OP nell’ambito della PAC, mi permetto di rinviare alle mie conclusioni nella causa Fruition Po (C‑500/11, EU:C:2013:259, in particolare paragrafi da 24 a 31).


33      V, segnatamente, considerando 7 e 16, nonché articoli da 11 a 18 del regolamento n. 2200/96; articoli 3 e 4 del regolamento n. 1182/2007, nonché articolo 122 del regolamento n. 1234/2007.


34      V., segnatamente, articolo 11, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2200/96 e articolo 122, lettera c), del regolamento n. 1234/2007 – applicabili ai fatti del caso di specie – i quali riprendono l’articolo 13 del regolamento (CEE) n. 335/72 della Commissione, del 16 febbraio 1972, che fissa le restituzioni all’esportazione per lo zucchero bianco e per lo zucchero greggio allo stato naturale (GU 1972, L 42, pag. 8).


35      V. articolo 11, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2200/96, il cui contenuto è ripreso all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1182/2007 e all’articolo 122, primo comma, del regolamento n. 1234/2007.


36      V., segnatamente, articolo 11, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 2200/96.


37      V. articolo 16 del regolamento n. 2200/96; articolo 5 del regolamento n. 1182/2007; articolo 125 quater del regolamento n. 1234/2007.


38      V. articoli da 19 a 21 del regolamento n. 2200/96; articoli 20 e 21 del regolamento n. 1182/2007; articolo 123 del regolamento n. 1234/2007.


39      In forza di tale disposizione, introdotta dal regolamento n. 361/2008, gli Stati membri possono riconoscere, su richiesta, un’associazione di organizzazioni di produttori se lo Stato membro ritiene che l’associazione sia capace di svolgere efficacemente le suddette attività e tale associazione non detiene una posizione dominante su un dato mercato, tranne qualora ciò sia necessario ai fini della PAC.


40      Articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2200/96; articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1182/2007; articolo 122, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1234/2007 [quest’ultimo non contempla più la promozione delle pratiche colturali e tecniche di produzione e di gestione dei rifiuti che rispettino l’ambiente, in particolare per tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e per preservare e/o favorire la biodiversità, la quale si ritrova cionondimeno, in parte, all’articolo 125 ter, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento].


41      V., segnatamente, considerando 16 e 18, nonché articoli 23 e 24 del regolamento n. 2200/96.


42      Articoli da 15 a 18 del regolamento n. 2200/96.


43      V. articolo 103 quater, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1234/2007.


44      V. articolo 9, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1182/2007; articolo 15, paragrafo 2, lettera a), e articolo 3 del regolamento n. 2200/96, nonché articolo 103 quater, lettera a), del regolamento n. 1234/2007.


45      V. sentenza del 30 settembre 2009, Francia/Commissione (T‑432/07, non pubblicata, EU:T:2009:373, punti da 53 a 56).


46      V. sentenza del 30 settembre 2009, Francia/Commissione (T‑432/07, non pubblicata, EU:T:2009:373, punti da 53 a 56).


47      V., per quanto riguarda le OP, articolo 4, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1182/2007 e articolo 125 ter, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 1234/2007 e, per quanto riguarda le AOP, articolo 5, primo comma, lettera b), del regolamento n. 1182/2007 e articolo 125 quater, primo comma, lettera b), del regolamento n. 1234/2007.


48      V., segnatamente, sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers (C‑209/07, EU:C:2008:643, punti da 19 a 21).


49      V. articolo 11, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 2200/96 e articolo 122 del regolamento n. 1234/2007. L’articolo 122, primo comma, del regolamento n. 1234/2007, nella sua versione risultante dal regolamento n. 361/2008.


50      V. sentenza dell’11 settembre 2014, CB/Commissione (C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 51).


51      In risposta ad un quesito scritto della Corte, la Commissione ha indicato che tali AOP di governance, riconosciute nel diritto francese, ma non previste dalla normativa OCM, non sono incaricate di commercializzare i prodotti. Esse svolgerebbero un ruolo di guida nazionale per prodotto e per gruppo di prodotti, ai fini di un migliore collegamento tra offerta e domanda e di un’ottimizzazione delle azioni di prevenzione e di gestione delle crisi.


52      Sembra essere stato questo il caso nel procedimento principale. Si evince dal fascicolo di tale procedimento che, dal 1998 al 2007, le AOP hanno praticato misure di ritiro che prevedevano che le OP e le loro associazioni potessero non mettere più in vendita i prodotti forniti dai loro membri fino ad un certo volume e per un determinato periodo.


53      Regolamento della Commissione, del 7 giugno 2011, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 nei settori degli ortofrutticoli freschi e degli ortofrutticoli trasformati (GU 2011, L 157, pag. 1).


54      V., segnatamente, sentenza del 28 maggio 1998, Deere/Commissione (C‑7/95 P, EU:C:1998:256, punto 88).