Language of document : ECLI:EU:C:2012:776

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

6 dicembre 2012 (*)

«Cittadinanza dell’Unione – Articolo 20 TFUE − Direttiva 2003/86/CE − Diritto al ricongiungimento familiare − Cittadini dell’Unione in tenera età residenti con le loro madri, cittadine di paesi terzi, nel territorio dello Stato membro del quale tali minori possiedono la cittadinanza − Diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro delle madri cui è stato concesso l’affidamento esclusivo dei cittadini dell’Unione − Ricostituzione delle famiglie a seguito del nuovo matrimonio delle madri con cittadini di paesi terzi e della nascita di figli, anch’essi cittadini di paesi terzi, nati da tali matrimoni − Domande di ricongiungimento familiare nello Stato membro di origine dei cittadini dell’Unione − Diniego del diritto di soggiorno ai nuovi coniugi dovuto all’assenza di risorse sufficienti − Diritto al rispetto della vita familiare − Presa in considerazione dell’interesse superiore dei minori»

Nelle cause riunite C‑356/11 e C‑357/11,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Korkein hallinto-oikeus (Finlandia), con decisioni del 5 luglio 2011, pervenute in cancelleria il 7 luglio 2011, nei procedimenti

O.,

S.

contro

Maahanmuuttovirasto (C‑356/11),

e

Maahanmuuttovirasto,

contro

L. (C‑357/11),

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, dai sigg. U. Lõhmus, A. Ó Caoimh (relatore), A. Arabadjiev e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la sig.ra L., da J. Streng, asianajaja,

–        per il governo finlandese, da J. Heliskoski, in qualità di agente,

–        per il governo danese, da V. Pasternak Jørgensen e C. Vang, in qualità di agenti,

–        per il governo tedesco, da T. Henze e A. Wiedmann, in qualità di agenti,

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da W. Ferrante, avvocato dello Stato,

–        per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti,

–        per il governo polacco, da M. Szpunar, in qualità di agente,

–        per la Commissione europea, da D. Maidani e E. Paasivirta, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 settembre 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE.

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie pendenti tra, da un lato, il sig. O. e la sig.ra S., entrambi cittadini di paesi terzi, e il Maahanmuuttovirasto (Ufficio per l’immigrazione) (causa C‑356/11) e, dall’altro, tra quest’ultimo e la sig.ra L., anch’essa cittadina di un paese terzo (causa C‑357/11), in merito al rigetto delle loro domande di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

 La direttiva 2003/86/CE

3        I considerando 2, 4, 6 e 9 della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, pag. 12), sono così formulati:

«(2)      Le misure in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in conformità con l’obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare che è consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti in particolare nell’articolo 8 della [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950], e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la “Carta”].

(...)

(4)      Il ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita familiare. Esso contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l’integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, permettendo d’altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità [europea], enunciato nel trattato [CE].

(…)

(6)      Al fine di assicurare la protezione della famiglia ed il mantenimento o la creazione della vita familiare è opportuno fissare, sulla base di criteri comuni, le condizioni materiali per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare.

(…)

(9)      Il ricongiungimento familiare dovrebbe riguardare in ogni caso i membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge e i figli minorenni».

4        Come risulta dall’articolo 1 della suddetta direttiva, lo scopo della medesima «è quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri».

5        L’articolo 2 della medesima direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

a)      “cittadino di un paese terzo”: chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato;

(…)

c)      “soggiornante”: il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare;

d)      “ricongiungimento familiare”: l’ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in tale Stato membro, al fine di conservare l’unità familiare, indipendentemente dal fatto che il legame familiare sia anteriore».

6        L’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2003/86 prevede quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica quando il soggiornante è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da tale Stato membro per un periodo di validità pari o superiore a un anno, e ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, se i membri della sua famiglia sono cittadini di paesi terzi, indipendentemente dal loro status giuridico.

(…)

3.      La presente direttiva non si applica ai familiari di cittadini dell’Unione».

7        L’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva così dispone:

«In virtù della presente direttiva e subordinatamente alle condizioni stabilite al capo IV e all’articolo 16, gli Stati membri autorizzano l’ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari:

a)      il coniuge del soggiornante;

b)      i figli minorenni del soggiornante e del coniuge (…)

c)      i figli minorenni (…) del soggiornante, quando quest’ultimo sia titolare dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento (…)

d)      i figli minorenni (…) del coniuge, quando quest’ultimo sia titolare dell’affidamento e responsabile del loro mantenimento».

8        Nell’esame della domanda di ingresso e di soggiorno, gli Stati membri devono tenere nella dovuta considerazione l’interesse superiore dei minori, conformemente all’articolo 5, paragrafo 5, della medesima direttiva.

9        L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 prevede quanto segue:

«Al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato può chiedere alla persona che ha presentato la richiesta di dimostrare che il soggiornante dispone:

(…)

c)      di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano queste risorse rispetto alla loro natura e regolarità e possono tener conto della soglia minima delle retribuzioni e delle pensioni nazionali, nonché del numero di familiari».

10      L’articolo 17 della suddetta direttiva è così formulato:

«In caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine».

 La direttiva 2004/38/CE

11      L’articolo 1 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e rettifica GU L 229, pag. 35), così recita:

«La presente direttiva determina:

a)      le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

b)      il diritto di soggiorno permanente nel territorio degli Stati membri dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

(…)».

12      L’articolo 2 della suddetta direttiva, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2)      “familiare”:

a)      il coniuge;

(…)

c)      i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge (…)

d)      gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge (…)

3)      “Stato membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».

13      L’articolo 3 della medesima direttiva, intitolato «Aventi diritto», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».

 Il diritto finlandese

14      L’articolo 37, paragrafo 1, della legge sugli stranieri (Ulkomaalaislaki) prevede quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione della presente legge, sono considerati familiari il coniuge della persona residente in Finlandia nonché i figli non coniugati minori di 18 anni affidati alla persona residente in Finlandia. Se la persona residente in Finlandia è un minore, familiare è la persona che ne ha l’affidamento (…)».

15      L’articolo 39, paragrafo 1, della suddetta legge è così formulato:

«Il rilascio di un permesso di soggiorno presuppone che lo straniero disponga di risorse sufficienti, salvo disposizioni contrarie previste dalla presente legge. In casi particolari, può essere concessa una deroga al requisito delle risorse sufficienti se ciò sia giustificato da circostanze eccezionalmente gravi oppure qualora lo richieda l’interesse superiore del figlio (...)».

16      L’articolo 47, paragrafo 3, di tale medesima legge enuncia quanto segue:

«Ai familiari di uno straniero, al quale venga rilasciato un permesso di soggiorno continuato o permanente, viene rilasciato un permesso di soggiorno continuato».

17      L’articolo 66 bis della legge sugli stranieri così prevede:

«Allorché il permesso di soggiorno venga richiesto in base ad un legame familiare, in sede di valutazione dell’eventuale rigetto della domanda si devono prendere in considerazione la natura e la solidità dei legami familiari dello straniero, la durata del suo soggiorno all’interno del paese nonché l’esistenza di vincoli familiari, culturali o sociali col suo paese di origine (...)».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 Causa C‑356/11

18      Il 4 luglio 2001 la sig.ra S., una cittadina ghanese residente in Finlandia sulla base di un permesso di soggiorno permanente, si è unita in matrimonio con un cittadino finlandese dal quale ha avuto un figlio nato l’11 luglio 2003. Quest’ultimo possiede la cittadinanza finlandese e ha sempre risieduto in Finlandia. A partire dal 2 giugno 2005 alla sig.ra S. è stato concesso l’affidamento esclusivo del figlio. I coniugi hanno divorziato il 19 ottobre 2005. Il padre del bambino risiede in Finlandia.

19      Emerge dalla decisione di rinvio che, durante il suo soggiorno in Finlandia, la sig.ra S. ha studiato, ha fruito di un congedo di maternità, ha seguito una formazione ed esercitato un’attività professionale.

20      Il 26 giugno 2008 la sig.ra S. ha sposato il sig. O., cittadino ivoriano. Il 3 luglio 2008 quest’ultimo ha presentato al Maahanmuuttovirasto una domanda di permesso di soggiorno sulla base di tale matrimonio. Da tale unione, il 21 novembre 2009, in Finlandia, è nato un figlio di cittadinanza ghanese del quale entrambi i coniugi hanno la cura. Il sig. O. abita con la sig.ra S. e i suoi due figli.

21      Dalla decisione di rinvio emerge che il 1° gennaio 2010 il sig. O. ha sottoscritto un contratto di lavoro della durata di un anno che prevedeva un orario lavorativo di otto ore giornaliere e una retribuzione oraria di EUR 7,50. Tuttavia, egli non ha prodotto documenti comprovanti l’effettiva prestazione lavorativa conformemente a tale contratto.

22      Con decisione del 21 gennaio 2009 il Maahanmuuttovirasto ha respinto la domanda di permesso di soggiorno sottoposta al suo vaglio in ragione del fatto che il sig. O. non disponeva di risorse sufficienti. Esso ha inoltre ritenuto che, nel caso di specie, non sussistesse alcun motivo per derogare al requisito dei mezzi di sussistenza, come consentito dall’articolo 39, paragrafo 1, della legge sugli stranieri in presenza di circostanze eccezionalmente gravi oppure qualora lo richieda l’interesse del figlio.

23      Con sentenza del 27 agosto 2009, lo Helsingin hallinto-oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki) ha respinto il ricorso di annullamento presentato dal sig. O. avverso la suddetta decisione di rigetto.

24      Pertanto, la sig.ra S. e il sig. O. hanno impugnato detta sentenza dinanzi al Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema).

 Causa C‑357/11

25      La sig.ra L., cittadina algerina, soggiorna regolarmente in Finlandia dal 2003. Essa ha ottenuto in tale paese un permesso di soggiorno permanente a seguito del suo matrimonio con un cittadino finlandese. Da tale unione è nato nel 2004 un figlio che possiede la doppia cittadinanza, finlandese e algerina, e che ha sempre risieduto in Finlandia. I coniugi hanno divorziato il 10 dicembre 2004 e la sig.ra L. ha ottenuto l’affidamento esclusivo del loro figlio. Il padre del bambino risiede in Finlandia.

26      Il 19 ottobre 2006 la sig.ra L. ha sposato il sig. M., cittadino algerino, giunto legalmente in Finlandia nel marzo 2006, dove ha chiesto asilo politico e dove, stando alle sue dichiarazioni, ha vissuto con la sig.ra L. a partire dall’aprile del medesimo anno. Il sig. M. è stato rinviato nel suo paese di origine nell’ottobre 2006.

27      Il 29 novembre 2006 la sig.ra L. ha chiesto al Maahanmuuttovirasto il rilascio di un permesso di soggiorno in Finlandia per il coniuge sulla base del loro matrimonio.

28      Il 14 gennaio 2007 dalla suddetta unione è nato in Finlandia un figlio di cittadinanza algerina per la cura del quale sono responsabili entrambi i coniugi. Non vi sono prove che il sig. M. abbia incontrato suo figlio.

29      Dalla decisione di rinvio risulta che la sig.ra L. non ha mai svolto un’attività lavorativa durante il suo soggiorno in Finlandia. Essa trae il proprio reddito da un sussidio sociale e da altre prestazioni. Non è noto che il suo coniuge abbia svolto un’attività lavorativa in Finlandia, benché lo stesso si sia dichiarato convinto di poter lavorare in tale paese tenuto conto delle sue conoscenze linguistiche.

30      Con decisione del 15 agosto 2008 il Maahanmuuttovirasto ha respinto la domanda di permesso di soggiorno riguardante il sig. M. sulla base del rilievo che i suoi mezzi di sussistenza non erano garantiti.

31      Con sentenza del 21 aprile 2009 lo Helsingin hallinto-oikeus ha accolto il ricorso di annullamento proposto dalla sig.ra L. avverso la suddetta decisione di rigetto. Il Maahanmuuttovirasto ha quindi impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

32      Nelle sue domande di pronuncia pregiudiziale, il Korkein hallinto-oikeus rileva che, poiché ai sigg. O. e M. è stato negato il rilascio dei permessi di soggiorno, è possibile che le loro mogli e i figli ad esse affidati, compresi quelli aventi lo status di cittadini dell’Unione, siano costretti a lasciare il territorio dell’Unione europea per poter vivere in famiglia. A tal riguardo, tale giudice si interroga sull’applicabilità dei principi enunciati dalla Corte nella sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C‑34/09, Racc. pag. I1177).

33      In tale contesto, il Korkein hallinto-oikeus ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 Causa C‑356/11

«1)      Se l’articolo 20 TFUE osti a che ad un cittadino di un paese terzo sia negato il permesso di soggiorno a causa della mancanza di mezzi di sussistenza, in una situazione familiare in cui il coniuge del cittadino medesimo ha l’affidamento del figlio, cittadino dell’Unione, ed in cui il cittadino del paese terzo non ne è il padre biologico né la persona titolare dell’affidamento.

2)      In caso di soluzione negativa della prima questione, se l’efficacia dell’articolo 20 TFUE debba essere valutata altrimenti, qualora il cittadino di un paese terzo senza permesso di soggiorno, il suo coniuge ed il figlio affidato a quest’ultimo e che è cittadino dell’Unione vivano insieme».

 Causa C‑357/11

«1)      Se l’articolo 20 TFUE osti a che ad un cittadino di un paese terzo sia negato il permesso di soggiorno a causa della mancanza di mezzi di sussistenza, in una situazione familiare in cui il coniuge del cittadino medesimo ha l’affidamento del figlio, cittadino dell’Unione, ed in cui il cittadino del paese terzo non ne è il padre biologico, non è titolare dell’affidamento né convive col coniuge o col figlio in questione.

2)      In caso di soluzione negativa della prima questione, se l’efficacia dell’articolo 20 TFUE debba essere valutata altrimenti, qualora il cittadino del paese terzo senza permesso di soggiorno, che non vive in Finlandia, ed il coniuge abbiano un figlio comune, della cura del quale sono responsabili entrambi i genitori, il quale vive in Finlandia ed è cittadino di un paese terzo».

34      Con ordinanza del presidente della Corte dell’8 settembre 2011, le domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C‑356/11 e C‑357/11 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza. Quanto alla domanda del giudice del rinvio diretta a che tali due cause siano trattate secondo il procedimento accelerato in applicazione degli articoli 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 104 bis, primo comma, del regolamento di procedura di quest’ultima, nel testo allora vigente, essa è stata respinta.

 Sulle questioni pregiudiziali

35      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di cittadinanza dell’Unione debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a che uno Stato membro neghi a un cittadino di un paese terzo un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, sebbene tale cittadino intenda vivere con sua moglie, anch’essa cittadina di un paese terzo residente legalmente in tale Stato membro e madre di un bambino, nato da un primo matrimonio e che è cittadino dell’Unione, nonché con il figlio nato dalla loro unione, anch’egli in possesso della qualità di cittadino di un paese terzo.

36      Il giudice del rinvio chiede a tal riguardo se il fatto che il richiedente il permesso di soggiorno viva sotto lo stesso tetto con sua moglie, non sia il padre biologico del bambino, che è cittadino dell’Unione, e non eserciti il diritto di affidamento su tale bambino possa incidere sull’interpretazione che occorre dare alle disposizioni in materia di cittadinanza dell’Unione.

37      I governi finlandese, danese, tedesco, italiano, olandese e polacco nonché la Commissione europea ritengono che l’articolo 20 TFUE non osti a che uno Stato membro neghi un diritto di soggiorno a un cittadino di un paese terzo che si trovi in situazioni come quelle oggetto dei procedimenti principali.

38      Detti governi e detta istituzione affermano in sostanza che i principi enunciati dalla Corte nella citata sentenza Ruiz Zambrano riguardano ipotesi assolutamente eccezionali, nelle quali l’applicazione di un provvedimento nazionale giungerebbe a negare il godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione. Nelle presenti fattispecie, tuttavia, i fatti all’origine dei procedimenti principali differirebbero in modo sostanziale da quelli che hanno portato a detta sentenza. Infatti, i sigg. O. e M. non sarebbero i padri biologici dei bambini in tenera età, i quali sono cittadini dell’Unione e dai quali tali persone vorrebbero far derivare il loro diritto a un permesso di soggiorno. Questi ultimi non sarebbero responsabili della cura di tali bambini. Inoltre, poiché le madri di questi ultimi godono esse stesse di un diritto di soggiorno permanente in Finlandia, i loro figli, cittadini dell’Unione, non sarebbero obbligati a lasciare il territorio dell’Unione diversamente da quanto accadeva per i bambini oggetto della causa che ha portato alla citata sentenza Ruiz Zambrano. Se le madri di tali cittadini dell’Unione dovessero decidere di lasciare il territorio dell’Unione al fine di preservare l’unità familiare, non si tratterebbe di una conseguenza ineluttabile del diniego del diritto di soggiorno opposto ai loro coniugi.

39      I governi tedesco e italiano sottolineano in particolare che i sigg. O. e M. non fanno parte della famiglia nucleare dei cittadini dell’Unione interessati, non essendo i padri biologici di tali bambini né le persone responsabili del loro mantenimento.

40      In via preliminare, occorre precisare che, indipendentemente dal sapere chi sono i richiedenti nei procedimenti principali in base alle disposizioni del diritto nazionale, dagli atti di causa risulta chiaramente che le domande di permesso di soggiorno riguardanti i sigg. O. e M. presentate per ricongiungimento familiare si riferiscono alle sig.re S. e L., residenti legalmente in Finlandia, in qualità di soggiornanti, ossia in qualità di persone con riferimento alle quali è stato chiesto il ricongiungimento.

 Sulle disposizioni del diritto dell’Unione relative alla cittadinanza dell’Unione

41      Per quanto riguarda, anzitutto, la direttiva 2004/38, occorre ricordare che a trarre da tale direttiva diritti di ingresso e soggiorno in uno Stato membro non sono tutti i cittadini di paesi terzi familiari di un cittadino dell’Unione, bensì unicamente quelli che risultino familiari di un cittadino dell’Unione che abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione, stabilendosi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di cui egli ha la cittadinanza (sentenze del 25 luglio 2008, Metock e a., C‑127/08, Racc. pag. I‑6241, punto 73, nonché del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, Racc. pag. I11315, punto 56).

42      Nel caso di specie, poiché i cittadini dell’Unione interessati, entrambi bambini in tenera età, non hanno mai fatto uso del loro diritto alla libera circolazione e hanno sempre soggiornato nello Stato membro di cui possiedono la cittadinanza, occorre constatare che essi non rientrano nella nozione di «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, per cui quest’ultima non è applicabile né a loro stessi né ai loro familiari (sentenza Dereci e a., cit., punto 57).

43      Riguardo poi all’articolo 20 TFUE, la Corte ha già avuto occasione di dichiarare che la situazione di un cittadino dell’Unione, il quale, così come i figli di cittadinanza finlandese nei procedimenti principali, non abbia fatto uso del diritto alla libera circolazione, non può essere assimilata, per questa sola ragione, a una situazione puramente interna, ossia a una situazione che non presenta alcun fattore di collegamento con una qualsiasi delle situazioni contemplate dal diritto dell’Unione (v. sentenza Ruiz Zambrano, cit., sentenza del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, Racc. pag. I3375, punto 46, nonché Dereci e a., cit., punto 61).

44      Infatti, poiché lo status di cittadino dell’Unione è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri, i figli nati dai primi matrimoni delle sig.re S. e L., in qualità di cittadini di uno Stato membro, godono dello status di cittadino dell’Unione in forza dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE e, pertanto, possono avvalersi, anche nei confronti dello Stato membro di cui hanno la cittadinanza, dei diritti connessi a tale status (v. citate sentenze McCarthy, punto 48, nonché Dereci e a., punto 63).

45      Su tale base, la Corte ha dichiarato che l’articolo 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali, comprese le decisioni di diniego di soggiorno ai familiari di un cittadino dell’Unione, che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento effettivo e sostanziale dei diritti attribuiti dal loro status (v. sentenza Ruiz Zambrano, cit., punto 42).

46      Infine, per quanto riguarda il diritto di soggiorno di una persona, cittadina di un paese terzo, nello Stato membro in cui risiedono i suoi figli in tenera età, i quali sono cittadini di detto Stato membro, che essa ha a proprio carico e della cura dei quali è responsabile insieme al coniuge, la Corte ha dichiarato che un diniego di soggiorno condurrebbe alla conseguenza che tali figli, cittadini dell’Unione, sarebbero costretti a lasciare il territorio dell’Unione per accompagnare i loro genitori e che detti cittadini dell’Unione si troverebbero, di fatto, nell’impossibilità di godere del nucleo essenziale dei diritti attribuiti dal loro status (sentenza Ruiz Zambrano, cit., punti 43 e 44).

47      Nelle cause sfociate nelle citate sentenze Ruiz Zambrano nonché Dereci e a., il criterio relativo alla privazione del nucleo essenziale dei diritti attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione sarebbe riferito a ipotesi contrassegnate dalla circostanza che il cittadino dell’Unione si trovava obbligato, di fatto, a lasciare il territorio non solo dello Stato membro di cui è cittadino, ma anche quello dell’Unione considerato nel suo complesso.

48      Questo criterio riveste pertanto un carattere molto particolare in quanto riguarda ipotesi in cui, in via eccezionale, al cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino di uno Stato membro, non può essere negato un diritto di soggiorno, a pena di trascurare l’efficacia pratica della cittadinanza dell’Unione di cui gode quest’ultimo cittadino (sentenza Dereci e a., cit., punto 67).

49      Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio stabilire se il rigetto delle domande di soggiorno presentate per ricongiungimento familiare in circostanze come quelle di cui ai procedimenti principali comportano, per i cittadini dell’Unione interessati, la privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti attribuiti dal loro status.

50      Nell’ambito di tale valutazione, deve essere preso in considerazione il fatto che le madri dei cittadini dell’Unione godono di permessi di soggiorno permanenti nello Stato membro interessato, cosicché, dal punto di vista giuridico, non esiste alcun obbligo, né per esse né per i cittadini dell’Unione a loro carico, di lasciare il territorio di tale Stato membro e quello dell’Unione considerato nel suo complesso.

51      Per sapere se ai cittadini dell’Unione interessati sia di fatto impossibile esercitare il nucleo essenziale dei diritti attribuiti dal loro status, sono altresì rilevanti la questione dell’affidamento dei figli delle soggiornanti e il fatto che questi figli facciano parte di famiglie ricostituite. Da un lato, dal momento che le sig.re S. e L. hanno l’affidamento esclusivo dei cittadini dell’Unione in tenera età interessati, una loro decisione di lasciare il territorio dello Stato membro di cui tali bambini possiedono la cittadinanza, al fine di mantenere l’unità familiare, avrebbe l’effetto di privare tali cittadini dell’Unione di qualsivoglia contatto con i loro padri biologici, nell’ipotesi in cui un tale contatto fosse stato mantenuto sino ad allora. Dall’altro, qualsiasi decisione di restare nel territorio di detto Stato membro al fine di preservare l’eventuale relazione dei cittadini dell’Unione in tenera età con i loro padri biologici produrrebbe l’effetto di pregiudicare la relazione degli altri figli, cittadini di paesi terzi, con i loro padri biologici.

52      A tal riguardo, tuttavia, la mera circostanza che, per ragioni economiche o per mantenere l’unità familiare nel territorio dell’Unione, possa apparire auspicabile che membri di una famiglia, composta da cittadini di paesi terzi e da un cittadino dell’Unione in tenera età, possano soggiornare con tale cittadino nel territorio dell’Unione nello Stato membro del quale quest’ultimo ha la cittadinanza non basta di per sé a far ritenere che il suddetto cittadino sia costretto a lasciare il territorio dell’Unione se un tale diritto di soggiorno non è concesso (v., in tal senso, sentenza Dereci e a., cit., punto 68).

53      Infatti, nell’ambito della valutazione menzionata al punto 49 della presente sentenza, che è compito del giudice del rinvio effettuare, spetta a quest’ultimo esaminare tutte le circostanze del caso di specie al fine di stabilire se, di fatto, le decisioni di diniego dei permessi di soggiorno oggetto dei procedimenti principali possano giungere a trascurare l’efficacia pratica della cittadinanza dell’Unione di cui godono i cittadini dell’Unione interessati.

54      Nel procedere a tale valutazione, il fatto che la persona per la quale si richiede un diritto di soggiorno per ricongiungimento familiare viva o meno sotto lo stesso tetto del soggiornante e degli altri familiari non è determinante, giacché non può escludersi che alcuni familiari che sono oggetto di una domanda di ricongiungimento familiare arrivino nello Stato membro interessato indipendentemente dal resto della famiglia.

55      Occorre inoltre rilevare che, contrariamente a quanto affermano i governi tedesco e italiano, sebbene i principi enunciati nella citata sentenza Ruiz Zambrano siano applicabili soltanto in circostanze eccezionali, non risulta dalla giurisprudenza della Corte che la loro applicazione sia riservata a situazioni in cui esiste un legame biologico tra il cittadino di un paese terzo per il quale si richiede un diritto di soggiorno e il cittadino dell’Unione, che è un bambino in tenera età, dal quale deriverebbe eventualmente il diritto di soggiorno del richiedente.

56      Per contro, sia il diritto di soggiorno permanente delle madri dei cittadini dell’Unione in tenera età interessati sia il fatto che i cittadini di paesi terzi per i quali si richiede un diritto di soggiorno non siano responsabili dal punto di vista legale, finanziario o affettivo di tali cittadini devono essere presi in considerazione in sede di esame della questione se questi ultimi siano, a seguito della decisione di diniego di soggiorno, nell’impossibilità di esercitare il nucleo essenziale dei diritti attribuiti dal loro status. Infatti, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, è la relazione di dipendenza tra il cittadino dell’Unione in tenera età e il cittadino di un paese terzo al quale è negato un diritto di soggiorno che può mettere in discussione l’efficacia pratica della cittadinanza dell’Unione dal momento che è tale dipendenza a far sì che il cittadino dell’Unione sia costretto, di fatto, ad abbandonare non soltanto il territorio dello Stato membro del quale è cittadino, ma anche quello dell’Unione considerato nel suo complesso, come conseguenza di una siffatta decisione di diniego (v. citate sentenze Ruiz Zambrano, punti 43 e 45, nonché Dereci e a., punti 65‑67).

57      Fatta salva la verifica che il giudice del rinvio deve effettuare, dalle informazioni in possesso della Corte sembra evincersi che tale dipendenza potrebbe non sussistere nei procedimenti principali.

58      Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre rilevare che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro neghi a un cittadino di un paese terzo un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, sebbene tale cittadino intenda vivere con sua moglie, anch’essa cittadina di un paese terzo residente legalmente in tale Stato membro e madre di un bambino, nato da un primo matrimonio e che è cittadino dell’Unione, nonché con il figlio nato dalla loro unione, anch’egli cittadino di un paese terzo, a condizione che un siffatto diniego non comporti, per il cittadino dell’Unione interessato, la privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

59      Qualora tale giudice dovesse dichiarare che, nelle circostanze dei procedimenti sottoposti alla sua cognizione, dalle decisioni di diniego dei permessi di soggiorno oggetto dei procedimenti principali non deriva una siffatta privazione, ciò lascerebbe impregiudicata la questione relativa all’esistenza di altri fondamenti, segnatamente nell’ambito del diritto relativo alla tutela della vita familiare, che non consentono di negare un diritto di soggiorno ai sigg. O. e M. Tale questione deve essere affrontata nella cornice delle norme relative alla tutela dei diritti fondamentali e in funzione della loro rispettiva applicabilità (v. sentenza Dereci e a., cit., punto 69).

60      A tal proposito, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, quest’ultima può essere indotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la propria questione e che possono essere utili per dirimere la controversia sottopostagli (v., in particolare, sentenza del 26 aprile 2007, Alevizos, C‑392/05, Racc. pag. I‑3505, punto 64).

 Sulla direttiva 2003/86

61      Nella fattispecie, il giudice del rinvio ha fatto riferimento, nelle sue domande di pronuncia pregiudiziale, alla direttiva 2003/86 senza però sollevare una questione in merito alla stessa.

62      Del pari, i governi finlandese, in parte, italiano, olandese e polacco nonché la Commissione affermano che il diritto di soggiorno dei sigg. O. e M. e la situazione delle loro famiglie sono state o avrebbero dovuto essere esaminate alla luce delle disposizioni della direttiva 2003/86.

63      A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 1 della citata direttiva, lo scopo della medesima è quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri.

64      La definizione dei familiari di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva comprende il coniuge del soggiornante, i figli comuni a quest’ultimo e al suo coniuge, i figli minorenni rispettivamente del soggiornante e del suo coniuge, qualora questi ultimi siano titolari dell’affidamento e responsabili del mantenimento dei loro rispettivi figli.

65      Ne consegue che il legislatore dell’Unione ha concepito in modo ampio la famiglia nucleare cui fa riferimento il considerando 9 della direttiva 2003/86.

66      Tuttavia, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della citata direttiva, quest’ultima non si applica ai familiari di un cittadino dell’Unione.

67      Al punto 48 della citata sentenza Dereci e a., la Corte ha dichiarato che poiché, nella cornice delle cause principali, erano i cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro e i loro familiari, cittadini di paesi terzi, che intendevano fare ingresso e soggiornare in detto Stato per mantenere l’unità familiare con detti cittadini, la direttiva 2003/86 non era applicabile a tali cittadini di paesi terzi.

68      Tuttavia, contrariamente alle circostanze che caratterizzano le cause che hanno dato luogo alla citata sentenza Dereci e a., le sig.re S. e L. sono cittadine di paesi terzi che risiedono legalmente in uno Stato membro e chiedono di beneficiare del ricongiungimento familiare. Ad esse deve dunque essere riconosciuta la qualità di «soggiornanti» ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2003/86. Inoltre, i figli comuni di queste ultime e dei loro coniugi sono a loro volta cittadini di paesi terzi e non godono dunque dello status di cittadini dell’Unione conferito dall’articolo 20 TFUE.

69      Tenuto conto dell’obiettivo perseguito dalla direttiva 2003/86, che è quello di favorire il ricongiungimento familiare (sentenza del 4 marzo 2010, Chakroun, C‑578/08, Racc. pag. I‑1839, punto 43), e della protezione che essa intende concedere ai cittadini di paesi terzi, segnatamente ai minori, l’applicazione di tale direttiva non può escludersi per la sola ragione che uno dei genitori di un minore, cittadino di un paese terzo, è anche il genitore di un cittadino dell’Unione, nato da un primo matrimonio.

70      L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti. Esso impone loro, nelle ipotesi contemplate da tale direttiva, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni familiari del soggiornante senza potersi avvalere di discrezionalità (v. sentenza del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03, Racc. pag. I‑5769, punto 60).

71      La suddetta disposizione vale tuttavia salvo il rispetto delle condizioni previste in particolare dal capo IV della direttiva 2003/86. L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della stessa fa parte di tali condizioni e consente agli Stati membri di esigere la prova che il soggiornante disponga di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato. La medesima disposizione precisa che gli Stati membri valutano queste risorse rispetto alla loro natura e regolarità e possono tener conto della soglia minima delle retribuzioni e delle pensioni nazionali, nonché del numero di familiari (sentenza Chakroun, cit., punto 42).

72      Per quanto riguarda il suddetto articolo 4, paragrafo 1, occorre anzitutto sottolineare che sono, in linea di principio, le risorse del soggiornante ad essere oggetto dell’esame individualizzato delle domande di ricongiungimento prescritto dalla direttiva 2003/86 e non le risorse del cittadino di un paese terzo per il quale un diritto di soggiorno è richiesto per ricongiungimento familiare (v. sentenza Chakroun, cit., punti 46 e 47).

73      Inoltre, riguardo alle citate risorse, l’espressione «ricorrere al sistema di assistenza sociale» di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86 non consente ad uno Stato membro di negare il ricongiungimento familiare a un soggiornante che dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari, ma che, alla luce del livello del suo reddito, potrà nondimeno ricorrere all’assistenza speciale per provvedere a spese di sostentamento particolari e individualmente stabilite o a provvedimenti di sostegno del reddito (v. sentenza Chakroun, cit., punto 52).

74      Essendo l’autorizzazione al ricongiungimento familiare la regola generale, la Corte ha poi dichiarato che la facoltà prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86 deve essere interpretata restrittivamente. La discrezionalità riconosciuta agli Stati membri non deve essere impiegata dagli stessi in modo da pregiudicare l’obiettivo della direttiva e il suo effetto utile (sentenza Chakroun, cit., punto 43).

75      Infine, occorre ricordare che, come risulta dal considerando 2 della direttiva 2003/86, quest’ultima riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti dalla Carta.

76      L’articolo 7 della Carta, che contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dall’articolo 8, paragrafo 1, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Tale disposizione della Carta deve inoltre essere letta in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del bambino, sancito dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta medesima, tenendo conto parimenti della necessità per il bambino di intrattenere regolarmente rapporti personali con i due genitori, necessità affermata dal paragrafo 3 del medesimo articolo (v. sentenze Parlamento/Consiglio, cit., punto 58, e del 23 dicembre 2009, Detiček, C‑403/09 PPU, Racc. pag. I‑12193, punto 54).

77      L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86 non può essere interpretato e applicato in modo che tale applicazione violi i diritti fondamentali enunciati nelle succitate disposizioni della Carta.

78      Infatti, gli Stati membri sono tenuti non solo a interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme al diritto dell’Unione, ma anche a fare in modo di non basarsi su un’interpretazione di norme di diritto derivato che entri in conflitto con i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione (v. citate sentenze Parlamento/Consiglio, punto 105, e Detiček, punto 34).

79      Vero è che, gli articoli 7 e 24 della Carta, pur sottolineando l’importanza, per i figli, della vita familiare, non possono essere interpretati nel senso che essi priverebbero gli Stati membri del potere discrezionale di cui dispongono nell’esaminare le domande di ricongiungimento familiare (v., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, cit., punto 59).

80      Tuttavia, nel corso di un siffatto esame e nello stabilire, segnatamente, se i requisiti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 sono soddisfatti, le disposizioni di detta direttiva devono essere interpretate e applicate alla luce degli articoli 7 e 24, paragrafi 2 e 3, della Carta, come risulta del resto dal tenore letterale del considerando 2 e dall’articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, i quali impongono agli Stati membri di esaminare le domande di ricongiungimento in questione nell’interesse dei minori di cui trattasi e nell’ottica di favorire la vita familiare.

81      Spetta alle autorità nazionali competenti, in sede di attuazione della direttiva 2003/86 e dell’esame delle domande di ricongiungimento familiare, procedere a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco, tenendo conto in particolare di quelli dei minori interessati.

82      Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che:

–        l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro neghi a un cittadino di un paese terzo un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, sebbene tale cittadino intenda vivere con sua moglie, anch’essa cittadina di un paese terzo residente legalmente in tale Stato membro e madre di un figlio, nato da un primo matrimonio e che è cittadino dell’Unione, nonché con il figlio nato dalla loro unione, anch’egli cittadino di un paese terzo, a condizione che un siffatto diniego non comporti, per il cittadino dell’Unione in questione, la privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare;

–        domande di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare come quelle oggetto dei procedimenti principali rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/86. L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di quest’ultima deve essere interpretato nel senso che, se è pur vero che gli Stati membri possono chiedere che il soggiornante dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari, tale facoltà deve però essere esercitata alla luce degli articoli 7 e 24, paragrafi 2 e 3, della Carta, i quali impongono agli Stati membri di esaminare le domande di ricongiungimento familiare nell’interesse dei minori interessati oltre che nell’ottica di favorire la vita familiare, nonché evitando di pregiudicare sia l’obiettivo di tale direttiva sia il suo effetto utile. Spetta al giudice del rinvio verificare se le decisioni di diniego dei permessi di soggiorno oggetto dei procedimenti principali siano state adottate nel rispetto di tali requisiti.

 Sulle spese

83      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro neghi a un cittadino di un paese terzo un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, sebbene tale cittadino intenda vivere con sua moglie, anch’essa cittadina di un paese terzo residente legalmente in tale Stato membro e madre di un figlio, nato da un primo matrimonio e che è cittadino dell’Unione, nonché con il figlio nato dalla loro unione, anch’egli cittadino di un paese terzo, a condizione che un siffatto diniego non comporti, per il cittadino dell’Unione in questione, la privazione del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Domande di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare come quelle oggetto dei procedimenti principali rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare. L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di quest’ultima deve essere interpretato nel senso che, se è pur vero che gli Stati membri possono chiedere che il soggiornante dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari, tale facoltà deve però essere esercitata alla luce degli articoli 7 e 24, paragrafi 2 e 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, i quali impongono agli Stati membri di esaminare le domande di ricongiungimento familiare nell’interesse dei minori interessati oltre che nell’ottica di favorire la vita familiare, nonché evitando di pregiudicare sia l’obiettivo di tale direttiva sia il suo effetto utile. Spetta al giudice del rinvio verificare se le decisioni di diniego dei permessi di soggiorno oggetto dei procedimenti principali siano state adottate nel rispetto di tali requisiti.

Firme


* Lingua processuale: il finlandese.