Language of document : ECLI:EU:C:2015:533

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 3 settembre 2015 (1)

Causa C‑388/14

Timac Agro Deutschland GmbH

contro

Finanzamt Sankt Augustin

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Köln (Germania)]

«Libertà di stabilimento – Articolo 49 TFUE – Deduzione dall’utile di una società delle perdite subite dalla sua sede stabilita in un altro Stato membro – Normativa fiscale di uno Stato membro che prevede la reintegrazione di tali perdite in caso di cessione di detta sede»





1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 49 TFUE. Essa verte, più precisamente, sulla tematica, già affrontata a più riprese dalla Corte a partire dalla sentenza Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763), della deduzione, da parte di un’impresa stabilita in uno Stato membro, delle perdite di una stabile organizzazione da essa detenuta in un altro Stato membro.

I –    Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

2.        L’articolo 49 TFUE garantisce la libertà di stabilimento dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea. Ai sensi di tale articolo:

«(...) le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».

B –    La normativa tedesca

3.        L’articolo 2 bis, paragrafo 3, frasi dalla prima alla terza, della legge tedesca relativa all’imposta sul reddito (Einkommensteuergesetz; in prosieguo: l’«EStG»), nella versione applicabile agli esercizi fiscali 1997 e 1998, prevede quanto segue:

«[1.] Qualora i risultati dell’attività industriale o commerciale di una sede stabilita in uno Stato estero siano esentati dall’imposta sul reddito da una convenzione diretta a prevenire le doppie imposizioni, la perdita relativa a tali risultati ai sensi delle disposizioni tributarie nazionali va dedotta, su domanda del soggetto passivo, nel calcolo dell’importo complessivo dei risultati, nei limiti in cui il soggetto passivo potrebbe compensare o dedurre detta perdita se i risultati non fossero esenti dall’imposta sul reddito, e a condizione che essa ecceda i risultati positivi derivanti da un’attività industriale o commerciale di altre sedi stabilite nello stesso Stato estero ed esentate in forza della convenzione citata.

[2.] Qualora ciò non comporti la compensazione della perdita, ne è ammessa la deduzione se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 10 quinquies.

[3.] Qualora, in un esercizio fiscale successivo, i risultati complessivi provenienti da attività industriali o commerciali delle stabili organizzazioni situate in tale Stato estero esenti dall’imposta sul reddito siano positivi, la perdita dedotta a norma della prima e della seconda frase deve essere reintegrata nell’importo totale dei risultati calcolati per detto esercizio fiscale.

[4.] La terza frase non trova applicazione qualora il soggetto passivo dimostri che, in forza delle disposizioni dello Stato estero ad esso applicabili, non gli è consentito in via generale esigere il riporto della deduzione per perdite su un esercizio diverso da quello in cui le perdite sono state subite».

4.        L’articolo 52, paragrafo 3, frasi terza e quinta, dell’EStG, nella versione applicabile nel 2005, enuncia quanto segue:

«L’articolo 2 bis, paragrafo 3, terza, quinta e sesta frase, nella versione pubblicata il 16 aprile 1997 (BGBl I, pag. 821) continua ad essere applicabile agli esercizi fiscali dal 1999 al 2008 nella misura in cui venga realizzato un risultato positivo ai sensi dell’articolo 2 bis, paragrafo 3, terza frase, o nella misura in cui una stabile organizzazione situata in uno Stato estero ai sensi dell’articolo 2 bis, paragrafo 4, nella versione della quinta frase, venga trasformata in società di capitali, ceduta o chiusa. (...) L’articolo 2 bis, paragrafo 4, è applicabile nella versione successiva agli esercizi fiscali dal 1999 al 2008:

“4.   Qualora una stabile organizzazione situata in uno Stato estero venga

1.      trasformata in una società di capitali oppure

2.      ceduta a titolo oneroso o gratuito oppure

3.      chiusa (...), la perdita dedotta in forza del paragrafo 3, prima e seconda frase, verrà reintegrata nell’importo totale dei risultati dell’esercizio nel corso del quale hanno avuto luogo la trasformazione, la cessione o la chiusura, applicando in via analogica il paragrafo 3, terza frase, nella misura in cui detta perdita non sia stata reintegrata in forza del paragrafo 3, terza frase, né debba essere ancora reintegrata”».

C –    Le convenzioni intese a prevenire la doppia imposizione

5.        L’articolo 4, paragrafo 1, della convenzione stipulata tra la Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria il 4 ottobre 1954, diretta a evitare la doppia imposizione nel campo delle imposte sul reddito e sul patrimonio, nonché delle imposte professionali e delle imposte fondiarie (BGBl. 1955 II, pag. 749), come modificata dalla convenzione dell’8 luglio 1992 (BGBl. 1994 II, pag. 122), prevede quanto segue:

«[s]e una persona domiciliata in uno degli Stati contraenti percepisce redditi, in quanto titolare o co-titolare di un’impresa industriale o commerciale la cui attività sia estesa al territorio dell’altro Stato contraente, tale altro Stato ha il diritto di tassare i suddetti redditi solo nei limiti in cui essi derivino da una stabile organizzazione situata sul suo territorio».

6.        L’articolo 7, paragrafo 1, della convenzione stipulata fra la Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria il 24 agosto 2000, intesa ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposta sul reddito e sul patrimonio (BGBl. 2000 II, pag. 734; in prosieguo: la «convenzione tedesco‑austriaca») dispone quanto segue:

«Gli utili di un’impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in tale Stato, a meno che l’impresa non eserciti la sua attività nell’altro Stato contraente per il tramite di una stabile organizzazione ivi situata. Qualora l’impresa eserciti la propria attività secondo tale modalità, i suoi utili sono imponibili nell’altro Stato, ma unicamente nei limiti in cui essi siano imputabili a tale stabile organizzazione».

7.        L’articolo 23, paragrafo 1, prima frase, della convenzione tedesco‑austriaca così recita:

«L’imposta delle persone residenti nella Repubblica federale di Germania viene fissata nel modo seguente:

a)      fatto salvo il disposto della seguente lettera b), non rientrano nella base imponibile ai fini della determinazione dell’imposta tedesca i redditi provenienti dalla Repubblica d’Austria e gli elementi patrimoniali situati nella Repubblica d’Austria, i quali, in forza della presente convenzione, sono imponibili nella Repubblica d’Austria» (2).

II – Fatti del procedimento principale

8.        La Timac Agro Deutschland (in prosieguo: la «Timac Agro») è una società di capitali tedesca, che fa parte di un gruppo francese. Dal 1997, essa deteneva una stabile organizzazione in Austria. Il 31 agosto 2005, quest’ultima è stata ceduta a titolo oneroso ad una società stabilita in Austria, appartenente al medesimo gruppo societario della Timac Agro. Costituivano oggetto del contratto di cessione in particolare le scorte di beni mobili e immobili. La clientela è stata ceduta al prezzo di EUR 1, in considerazione del fatto che i clienti erano già clienti della consociata acquirente.

9.        Si è posta pertanto la questione del trattamento delle perdite di tale stabile organizzazione non residente, in quanto, fra il 1997 e il 2005, la summenzionata stabile organizzazione austriaca aveva realizzato perdite nell’ambito di tutti i suoi esercizi, salvo che nel 2000 e nel 2005, e tali perdite erano state dedotte in Germania dalla Timac Agro.

10.      A seguito di un controllo fiscale, le basi imponibili della Timac Agro sono state rettificate per gli anni dal 1997 al 2004. Da un lato, le perdite della stabile organizzazione austriaca, inizialmente dedotte dai risultati prodotti dalla Timac Agro per il 1997 e il 1998, sono state reintegrate nel calcolo del risultato imponibile per il 2005. Dall’altro, è stata negata la presa in considerazione delle perdite della medesima stabile organizzazione nella base imponibile della Timac Agro per gli anni dal 1999 al 2004.

11.      La Timac Agro, contestando tali rettifiche, ha proposto un ricorso dinanzi al Finanzgericht Köln (Sezione Tributaria del Tribunale di Colonia). A sostegno di tale ricorso, essa fa valere che sia la reintegrazione delle perdite subite dalla sua stabile organizzazione austriaca per gli anni 1997 e 1998 sia l’impossibilità di dedurre le perdite di tale organizzazione per gli anni dal 1999 al 2004 sono incompatibili con la libertà di stabilimento.

12.      Per quanto attiene alla reintegrazione di cui trattasi, il giudice del rinvio ritiene che la Corte non abbia ancora risolto la questione della conformità al diritto dell’Unione di una reintegrazione delle perdite a seguito della cessione di una stabile organizzazione non residente.

13.      Tale giudice indica che, sebbene i fatti alla base della sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588) siano certamente comparabili, in parte, ai fatti di cui al procedimento principale, tale sentenza verteva tuttavia sulla questione della reintegrazione delle perdite della stabile organizzazione non residente fino a concorrenza dei suoi utili. Per contro, nella causa principale, la reintegrazione delle perdite è stata provocata dalla cessione della stabile organizzazione non residente, in assenza di un legame con eventuali utili di tale organizzazione.

14.      Di conseguenza, per il caso in cui la Corte dovesse dichiarare che i principi della sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588) devono applicarsi anche al caso di specie, il giudice del rinvio si chiede se i principi relativi alle perdite definitive enunciati dalla Corte ai punti 55 e 56 della sentenza Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763) (in prosieguo: l’«eccezione Marks & Spencer») (3) siano applicabili alle perdite degli esercizi 1997 e 1998, le quali, essendo reintegrate, non vengono più prese in considerazione in Germania.

15.      Per quanto attiene al rifiuto di prendere in considerazione le perdite della stabile organizzazione austriaca relativamente agli esercizi dal 1999 al 2004, il giudice del rinvio indica che, ai sensi delle disposizioni della convenzione tedesco‑austriaca, la Repubblica d’Austria era competente in via esclusiva ad assoggettare ad imposta i redditi di tale stabile organizzazione austriaca. Il regime di tale convenzione intesa ad evitare le doppie imposizioni non copre dunque solo gli utili, bensì anche le perdite. Il ricorso della Timac Agro potrebbe pertanto essere accolto solo qualora detta convenzione violasse la libertà di stabilimento.

16.      Detto giudice si chiede anche se, per tale periodo, debbano essere prese in considerazione perdite definitive ai sensi dell’eccezione Marks & Spencer. Esso sottolinea di non essere tuttora riuscito a stabilire i criteri che consentono di determinare le situazioni in cui l’eccezione Marks & Spencer è applicabile.

17.      È in tale contesto che il Finanzgericht Köln ha deciso di sospendere il procedimento e interpellare la Corte in via pregiudiziale.

III – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

18.      Con decisione del 19 febbraio 2014, pervenuta presso la cancelleria della Corte il 14 agosto 2014, il Finanzgericht Köln ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

«1)      Se l’articolo 49 TFUE (…) debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa, quale l’articolo 52, paragrafo 3, dell’EStG, nei limiti in cui la causa della circostanza che nel calcolo della base imponibile venga incluso un importo pari alle perdite precedentemente considerate ai fine di deduzione di una stabile organizzazione [non residente] è la vendita di tale stabile organizzazione ad un’altra società di capitali, appartenente al medesimo gruppo societario della [società controllante residente], e non il conseguimento di profitti.

2)      Se l’articolo 49 TFUE (…) debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa, quale l’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), [della convenzione tedesco‑austriaca] in base a cui sono esclusi dalla base imponibile ai fini della tassazione tedesca redditi provenienti dall’Austria se detti redditi possono essere tassati in Austria, allorché le perdite subite in una stabile organizzazione austriaca di una società di capitali tedesca non possono quindi più essere prese in considerazione in Austria, poiché la stabile organizzazione è venduta ad una società di capitali austriaca, appartenente al medesimo gruppo societario della società di capitali tedesca».

19.      Osservazioni scritte sono state presentate dal Finanzamt Sankt Augustin (Ufficio tributario di Sankt Augustin), dai governi tedesco, francese, austriaco e del Regno Unito, nonché dalla Commissione europea.

20.      Tutte le parti che hanno depositato osservazioni scritte, fatta salva una risposta più sfumata della Commissione e del Regno Unito che non ha trattato la prima questione nelle sue osservazioni scritte, propongono di risolvere negativamente le questioni pregiudiziali (4).

21.      Inoltre, tali parti si sono tutte espresse all’udienza tenutasi il 1° luglio 2015.

IV – Analisi

A –    Sul requisito preliminare della comparabilità delle situazioni

1.      La fiscalità diretta e il diritto dell’Unione

22.      Anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (5) e più specificamente delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di circolazione; la presente causa verte sulla libertà di stabilimento, sancita dall’articolo 49 TFUE.

23.      Da una giurisprudenza costante della Corte emerge che tale libertà viene ostacolata qualora, ai sensi della legislazione di uno Stato membro, una società che risiede in tale Stato membro e che detiene una stabile organizzazione in un altro Stato membro subisca una disparità di trattamento fiscale svantaggiosa rispetto a una società residente che detiene una stabile organizzazione nel suo Stato di residenza (6).

24.      In tale contesto, una disposizione, la quale consenta di prendere in considerazione le perdite di una stabile organizzazione ai fini della determinazione dei risultati e del calcolo del reddito imponibile della società da cui dipende, costituisce un’agevolazione fiscale (7). «La concessione o il diniego di siffatta agevolazione riguardo ad una stabile organizzazione situata in uno Stato membro diverso da quello ove la suddetta società è stabilita deve pertanto essere considerato quale elemento atto a mettere a repentaglio la libertà di stabilimento» (8).

25.      Infatti, il diniego di tale agevolazione alle sole stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro costituisce un trattamento fiscale svantaggioso, in quanto può dissuadere una società situata in uno Stato membro dell’Unione dallo svolgere le proprie attività per il tramite di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro. Tuttavia, affinché siffatta disparità di trattamento costituisca una restrizione vietata dall’articolo 49 TFUE, la giurisprudenza della Corte esige che le situazioni siano oggettivamente comparabili (9).

26.      In altri termini, a meno che non sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (10), una siffatta disparità di trattamento è compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento solo se riguarda situazioni che non sono oggettivamente comparabili (11).

2.      Il requisito della comparabilità oggettiva

a)      I criteri

27.      Anche se il requisito di una comparabilità oggettiva di situazioni meramente nazionali e transfrontaliere per sanzionare, a titolo dell’esercizio di una libertà di circolazione, una disparità di trattamento fiscale fra non residente e residente (nel caso in esame, fra una società stabilita in Germania che detiene una stabile organizzazione in Austria e un’altra società stabilita in Germania che detiene una stabile organizzazione nel medesimo territorio) può fare pensare più a una discriminazione che a un semplice ostacolo o ad una semplice restrizione, tale requisito si trova in maniera costante nella giurisprudenza della Corte relativa ai rapporti fra le disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali di circolazione e la materia delle fiscalità dirette nazionali (12).

28.      Nella giurisprudenza della Corte, le situazioni fiscali dei residenti e dei non residenti sono, nella maggior parte dei casi, ritenute oggettivamente comparabili (13); la comparazione deve essere effettuata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali fiscali in questione (14).

29.      Occorre tuttavia fare attenzione a non circoscrivere l’analisi al solo obiettivo della misura in questione, con il rischio di avere una visione distorta della situazione fiscale globale del destinatario della norma.

30.      Infatti, se si accetta che una misura che autorizza il soggetto passivo a dedurre le perdite subite dalle sue stabili organizzazioni mira, verosimilmente, a diminuire la base imponibile di detto soggetto passivo, e che tale misura viene analizzata in astratto, la situazione di una società rispetto ad un’organizzazione residente e quella di una società rispetto ad un’organizzazione non residente saranno sempre comparabili. Entrambe desiderano beneficiare della deducibilità al fine di diminuire la loro base imponibile (15).

31.      In definitiva, come illustrato recentemente dall’avvocato generale Jääskinen nelle sue conclusioni nelle cause riunite Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:429), l’elemento determinante per comparare le situazioni dei soggetti passivi residenti e non residenti al fine di qualificare un’eventuale restrizione vietata riguardo al Trattato, «è non tanto l’obiettivo della normativa in questione (...), quanto piuttosto il fatto che una normativa di uno Stato membro non possa introdurre una disparità di trattamento che ha come effetto in pratica che un onere fiscale più gravoso risulti alla fine sostenuto dai non residenti e che sia pertanto idoneo a dissuaderli dall’avvalersi di detta libertà» (16).

32.      Tale metodo impone di esaminare in via preliminare se lo Stato membro in questione (nella specie, lo Stato di residenza della società principale che chiede la deduzione delle perdite della sua stabile organizzazione situata in un altro Stato membro) sia titolare o meno di un potere di tassazione dei redditi di cui trattasi.

b)      Applicazione

33.      In termini generali, i casi in cui la Corte ha statuito che la non comparabilità oggettiva delle rispettive situazioni dei residenti e dei non residenti escludeva la contrarietà alle libertà di circolazione della disparità di trattamento sono, in definitiva, estremamente rari (17).

34.      In relazione al problema in esame, ossia la deduzione, da parte di una società stabilita in uno Stato membro, delle perdite di una stabile organizzazione da essa detenuta in un altro Stato membro, riassumerò la giurisprudenza della Corte nei seguenti termini.

35.      La Corte ha dichiarato, in maniera costante nelle cause concernenti tale tematica, l’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento dopo aver reputato comparabili le situazioni in cui si trovavano, da un lato, la società residente in uno Stato membro che detiene una stabile organizzazione in un altro Stato membro e, dall’altro, la società residente in uno Stato membro che detiene una stabile organizzazione in questo stesso Stato. Tale accertamento della comparabilità può essere stato effettuato in maniera espressa (18) oppure implicita (19).

36.      La Corte ha parimenti concluso nel senso della comparabilità delle situazioni nei casi in cui uno Stato membro aveva deciso di tassare gli utili delle stabili organizzazioni situate in altri Stati membri. Infatti, in tali ipotesi, lo Stato membro «ha assimilato [dette organizzazioni] alle stabili organizzazioni residenti» (20).

37.      Per contro, le rispettive situazioni dei residenti e dei non residenti non sono comparabili con riferimento al regime fiscale di uno Stato membro se tale Stato membro non ha il potere o non esercita il potere di tassare i non residenti.

38.      È questo stesso requisito che spiega la presunzione espressa dalla Corte nella sentenza Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087), secondo la quale «le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro (…) non si trovano in una situazione comparabile a quella delle stabili organizzazioni residenti in riferimento alle misure previste da uno Stato membro al fine di prevenire o di attenuare la doppia imposizione degli utili di una società residente» (21).

39.      L’idea non è nuova. In tal senso, nella sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773), la Corte aveva già statuito che gli azionisti persone fisiche di una società controllante non residente nel Regno Unito non potevano beneficiare dello stesso credito d’imposta degli azionisti persone fisiche di una società controllante residente nel Regno Unito sui dividendi versati da controllate residenti nel Regno Unito quando, su tali dividendi in uscita, non veniva riscossa alcuna imposta britannica. La Corte aveva precisato, nella sua sentenza, che la situazione sarebbe stata diversa se, in forza di una convenzione volta a prevenire la doppia imposizione o sulla base di una decisione unilaterale, il Regno Unito avesse conservato il diritto di assoggettare i dividendi in uscita all’imposta britannica sul reddito.

40.      Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha statuito che gli articoli 49 TFUE e 63 TFUE «non ostano a che uno Stato membro, al momento di una distribuzione di dividendi da parte di una società residente nel detto Stato, conceda alle società beneficiarie di detti dividendi che risiedono anch’esse nel detto Stato un credito d’imposta corrispondente alla frazione dell’imposta versata dalla società distributrice sugli utili distribuiti, ma non lo conceda alle società beneficiarie che risiedono in un altro Stato membro e che non sono assoggettate all’imposta in questo primo Stato a titolo di tali dividendi» (22).

41.      In conclusione, è solo qualora la disparità di trattamento riguardi situazioni comparabili che si potrà concludere nel senso dell’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento, la quale potrà poi essere dichiarata compatibile con il Trattato solo se è giustificata da una ragione imperativa di interesse generale.

B –    Applicazione alla presente causa

1.      Necessità di distinguere due periodi di applicazione della normativa tedesca in questione

42.      Prima dell’esercizio fiscale 1999, era possibile dedurre dall’insieme dei redditi di un’impresa stabilita in Germania le perdite subite da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro. Tali perdite venivano reintegrate, in linea di principio, in due ipotesi: nel caso in cui la stabile organizzazione situata all’estero realizzasse degli utili (e, in tal caso, a concorrenza di tali utili) oppure in caso di trasformazione, di cessione o di chiusura di detta stabile organizzazione. Tuttavia, a partire dall’esercizio fiscale 1999, l’articolo 52, paragrafo 3, dell’EStG ha comportato l’abrogazione dell’articolo 2 bis, paragrafo 3, prima frase, dell’EstG, rendendo impossibile la deduzione di tali perdite.

43.      Tale modifica legislativa spiega le due questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio, là dove ciascuna questione si riferisce ad una normativa diversa.

2.      Sulla prima questione pregiudiziale

44.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 49 TFUE osti ad una disposizione come l’articolo 52, paragrafo 3, dell’EStG, il quale prevede la reintegrazione di perdite di un’organizzazione non residente, in precedenza prese in considerazione per ridurre la base imponibile della società principale residente, a causa non della realizzazione di utili, bensì della cessione di tale organizzazione ad un’altra società di capitali facente parte del medesimo gruppo della cedente e anch’essa non residente.

45.      Come precisato dal giudice del rinvio stesso, non è la prima volta che la Corte viene interrogata su tale regime fiscale.

a)      Esistenza di una restrizione

46.      Infatti, nella sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588), la Corte ha ravvisato in siffatto regime una restrizione alla libertà di stabilimento ma ha statuito che la reintegrazione delle perdite – in tal caso, in occasione del sopravvenire di utili in capo alla stabile organizzazione situata all’estero che era all’origine di dette perdite e non della cessione di detta organizzazione – era giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale tedesco (23). La misura è stata inoltre reputata adeguata al conseguimento di siffatto obiettivo e proporzionata al medesimo (24).

47.      Prima di concludere nel senso dell’esistenza di una restrizione, la Corte ha implicitamente ammesso la comparabilità delle situazioni, rilevando che la Repubblica federale di Germania, ammettendo la deduzione, da parte della società principale, delle perdite realizzate dalla sua stabile organizzazione situata in Austria, aveva «concesso un’agevolazione fiscale alla società residente da cui dipendeva la stabile organizzazione situata in Austria, come sarebbe avvenuto se detta sede fosse stata situata in Germania» (25).

48.      La Corte ha poi statuito che, procedendo alla reintegrazione delle perdite della stabile organizzazione situata in Austria nella base imponibile della società da cui essa dipendeva, il regime fiscale tedesco aveva revocato il beneficio costituito da detta agevolazione fiscale e in tal modo «assoggettato le società residenti, titolari di [stabili organizzazioni] in Austria, ad un trattamento fiscale meno favorevole rispetto a quello di cui fruiscono le società residenti titolari di [stabili organizzazioni] situate in Germania» (26).

49.      Tale conclusione imponeva di esaminare le eventuali ragioni imperative di interesse generale idonee a giustificare la restrizione alla libertà di stabilimento (27).

b)      Esistenza di una giustificazione

50.      In primo luogo, la Corte ha ritenuto, nella sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588) che la reintegrazione delle perdite in occasione del sopravvenire di utili in capo alla stabile organizzazione situata all’estero che era all’origine di dette perdite, era giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale tedesco (28). Si trattava, inoltre, di una misura adeguata al conseguimento di detto obiettivo e proporzionata al medesimo (29).

51.      Infatti, secondo la Corte, «la reintegrazione delle perdite nella base imponibile, prevista dal regime fiscale tedesco, di cui alla causa principale non può essere disgiunta dalla precedente presa in considerazione delle stesse. Detta reintegrazione, nel caso di una società titolare di una stabile organizzazione situata in uno Stato diverso, rispetto alla quale lo Stato di residenza della suddetta società non dispone di alcun diritto impositivo, riflette (…) una logica simmetrica (…). Pertanto sussisteva un nesso diretto, personale e materiale tra i due elementi del meccanismo fiscale di cui alla causa principale, e di conseguenza la reintegrazione costituiva il complemento logico della deduzione precedentemente accordata» (30).

52.      È giocoforza constatare che la stessa logica simmetrica prevale in occasione della cessione della stabile organizzazione situata all’estero.

53.      La Corte stessa, nella sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588), aveva peraltro già osservato che «[l]a valutazione in base alla quale la restrizione derivante dal summenzionato regime fiscale è giustificata dalla necessità di garantire la coerenza di quest’ultimo non può essere rimessa in discussione nemmeno dal fatto (…) che la società da cui dipende la stabile organizzazione di cui trattasi abbia ceduto quest’ultima e che i profitti realizzati e le perdite subite da detta stabile organizzazione nel corso della sua esistenza diano luogo ad un saldo negativo» (31). Infatti, «la reintegrazione dell’importo delle perdite della stabile organizzazione nei risultati della società da cui essa dipende è il complemento inscindibile e logico della presa in considerazione delle stesse precedentemente operata» (32).

54.      In secondo luogo, sebbene il ricorrere di più giustificazioni non sia necessario per concludere che una restrizione alla libertà di stabilimento non è incompatibile con il Trattato (33), ritengo che l’obiettivo della ripartizione equilibrata del potere impositivo che, come ripetuto dalla Corte nella sentenza Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087), «mira a salvaguardare la simmetria tra il diritto di imposizione degli utili e la facoltà di deduzione delle perdite» (34), possa parimenti essere invocato per giustificare la reintegrazione delle perdite previste dalla normativa tedesca in caso di cessione della stabile organizzazione (35).

55.      Infatti, se uno Stato membro (la Repubblica federale di Germania nella presente causa) «fosse privato della facoltà di reintegrare nell’utile imponibile della società cedente [tedesca] le perdite così dedotte, una volta che esso ha perduto il potere impositivo su eventuali utili futuri, una siffatta costruzione eroderebbe artificialmente la sua base imponibile e, pertanto, pregiudicherebbe la ripartizione del potere impositivo risultante dalla Convenzione [tedesco‑austriaca]» (36).

56.      Come spiegato dalla Corte nella sentenza Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087), «la necessità di salvaguardare tale simmetria esige che le perdite dedotte in relazione a una stabile organizzazione possano essere compensate dall’imposizione degli utili di quest’ultima realizzati nella vigenza della competenza tributaria dello Stato membro considerato, vale a dire tanto gli utili realizzati durante tutto il periodo in cui detta stabile organizzazione dipendeva dalla società residente, quanto quelli realizzati al momento della cessione della stessa stabile organizzazione» (37).

57.      Nella specie, a differenza di quanto disponeva la normativa danese che aveva dato luogo alla sentenza Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087), gli eventuali utili che verrebbero realizzati in occasione della cessione di una stabile organizzazione situata in Austria non sono imponibili in Germania. È pertanto logico reintegrare, in occasione di tale cessione, le perdite prese precedentemente in considerazione.

58.      Inoltre, la Corte ha parimenti ritenuto che l’obiettivo dell’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri potesse essere compromesso dall’esistenza, in capo ai soggetti passivi, di una «possibilità di optare per la presa in considerazione delle loro perdite nello Stato membro in cui sono registrate o in un altro Stato membro (…), dato che la base imponibile si troverebbe aumentata per il primo Stato e ridotta nel secondo, considerate le perdite trasferite» (38). Orbene, ritengo che lo stesso avvenga qualora un soggetto passivo, a fronte di una possibilità di reintegrare gli utili della sua stabile organizzazione non residente fino all’ammontare delle perdite dedotte in precedenza, sia del tutto libero di decidere in merito all’importo del prezzo della cessione di detta organizzazione e, pertanto, di privare uno Stato membro dell’esercizio del suo potere di reintegrare gli ulteriori utili di tale organizzazione nei suoi redditi imponibili.

59.      Infine, aggiungo, in terzo luogo, un riferimento all’obiettivo di prevenzione dell’evasione fiscale, connesso, come rilevato dalla Corte, all’obiettivo di un’equilibrata ripartizione del potere impositivo (39).

60.      «In effetti, comportamenti consistenti nel creare costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica e finalizzate a eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale, sono tali da violare il diritto degli Stati membri di esercitare la propria competenza tributaria in relazione a tali attività e da compromettere un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri» (40).

61.      Combinata alla difficoltà di determinare il valore dei trasferimenti intragruppo alla luce del principio di piena concorrenza che deve essere applicato in tali circostanze, la cessione, all’interno del medesimo gruppo, di una stabile organizzazione situata all’estero dopo averne dedotto le perdite potrebbe corrispondere alla situazione descritta supra.

62.      Una normativa come quella di cui al procedimento principale mi sembra pertanto giustificata alla luce della coerenza del regime fiscale rilevante, dal momento che tale ragione imperativa di interesse generale è accompagnata, se del caso, da quelle concernenti una ripartizione equilibrata del potere impositivo e la prevenzione dell’evasione fiscale.

c)      La proporzionalità e l’inapplicabilità dell’eccezione Marks & Spencer

63.      Resta da esaminare il carattere proporzionato della normativa in questione.

64.      Qualora uno Stato membro non disponga di alcuna possibilità di tassare gli eventuali utili che verrebbero realizzati in occasione della cessione della stabile organizzazione non residente all’origine delle perdite, una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale mi sembra non solo idonea a conseguire gli obiettivi da essa perseguiti, ma anche proporzionata ai medesimi.

65.      È vero che, nella sentenza Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763), la Corte ha dichiarato che la misura restrittiva di cui trattasi era sproporzionata. In tale sentenza, la Corte ha ritenuto che ricorresse una violazione della libertà di stabilimento quando una controllata non residente aveva esaurito le possibilità di presa in considerazione delle perdite previste nel suo Stato di residenza e, inoltre, non aveva alcun modo per farle prendere in considerazione in futuro (41). In questo caso eccezionale, la società controllante deve vedersi garantire la facoltà di dedurre le perdite di una siffatta controllata non residente dai redditi tassati nel proprio Stato di residenza.

66.      Il giudice del rinvio ha manifestato il proprio malcontento nei confronti di tale eccezione alla giustificazione di una restrizione alla libertà di stabilimento imposta in modo costante dalla Corte a partire dalla sentenza Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763). Le recenti prese di posizione adottate da taluni avvocati generali a tal riguardo (42), il numero di contributi dottrinali dedicati al problema (43), nonché le osservazioni scritte depositate dai diversi Stati membri e dalla Commissione nella presente causa confermano la difficoltà di applicazione di tale eccezione. Tuttavia, la Corte ha recentemente confermato in maniera esplicita la sua applicabilità (44).

67.      In ogni caso, è giocoforza constatare che l’intervento della Repubblica d’Austria ha consentito di eliminare qualsiasi dubbio sull’eventuale esistenza di perdite definitive. Le perdite di cui al procedimento principale non sono definitive (45) e non occorre pertanto esaminare ulteriormente la possibilità di applicare o meno detta eccezione.

68.      Inoltre, fatta salva la competenza del giudice nazionale sul punto, nulla nel fascicolo trasmesso alla Corte indica una prova contraria fornita dal soggetto passivo.

3.      Sulla seconda questione pregiudiziale

69.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 49 TFUE osti ad una disposizione come l’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), della convenzione tedesco‑austriaca, che esclude dalla base imponibile ai fini della tassazione tedesca i redditi provenienti dall’Austria e tassabili in Austria, nel caso in cui perdite subite in una stabile organizzazione austriaca di una società di capitali tedesca non possano più essere prese in considerazione in Austria, poiché la sede è stata venduta ad una società di capitali austriaca appartenente al medesimo gruppo societario della società di capitali tedesca.

70.      Mi associo al governo francese allorché esso afferma, nelle sue osservazioni scritte e all’udienza del 1° luglio 2015, che tale questione poggia sulla premessa erronea che le perdite subite dalla sede austriaca della società ricorrente nel procedimento principale non possano più essere prese in considerazione in Austria in quanto tale sede è stata ceduta ad una società di capitali austriaca.

71.      Infatti, si evince incontestabilmente dalle informazioni fornite dal governo austriaco, nell’ambito delle sue osservazioni scritte, che le perdite di cui al procedimento principale non erano definitive.

72.      In tali circostanze, la seconda questione può essere intesa nel senso che essa chiede se l’articolo 49 TFUE osti al regime fiscale di uno Stato membro, come quello di cui al procedimento principale, il quale, in forza di una convenzione intesa a prevenire la doppia imposizione, che esonera dall’imposta i redditi delle stabili organizzazioni situate nell’altro Stato membro parte della convenzione, osti alla considerazione delle perdite di queste stesse organizzazioni.

a)      In via principale: non comparabilità oggettiva delle situazioni e inesistenza di una restrizione

73.      Conformemente agli articoli 7, paragrafo 1, e 23, paragrafo 1, della convenzione tedesco‑austriaca e a differenza della situazione vigente per gli esercizi fiscali anteriori al 1999, la Repubblica federale di Germania, tramite una modifica legislativa, ha rinunciato al potere impositivo esercitato in precedenza sulle perdite relative ai «risultati dell’attività industriale o commerciale di una sede stabilita in uno Stato estero [che sono] esentati dall’imposta sul reddito da una convenzione diretta a prevenire le doppie imposizioni» (46).

74.      Di conseguenza, poiché non può sussistere un’agevolazione fiscale in assenza di potere impositivo (47), la situazione di una società come la Timac Agro non mi sembra paragonabile a quella di una società che è stabilita in Germania e che detiene una stabile organizzazione in questo stesso Stato membro.

75.      Inoltre, alla luce della ripartizione dei poteri impositivi prevista dalla convenzione tedesco‑austriaca, non vedo quali modalità potrebbero essere previste dalla Repubblica federale di Germania per garantire l’obiettivo della deducibilità delle perdite, consistente, secondo il governo tedesco, nell’accordare temporaneamente un vantaggio in termini di tesoreria. Senza incidenza sulla tassazione degli eventuali ulteriori utili della sede all’origine delle perdite quando essa è stabilita nel territorio austriaco, le situazioni non sono comparabili.

76.      In assenza di situazioni oggettivamente comparabili, una normativa come quella in questione non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento (48).

b)      In subordine: esistenza di una giustificazione

77.      Tuttavia, nel caso in cui la Corte dovesse concludere nel senso della comparabilità delle situazioni e dell’esistenza di una restrizione, ritengo che essa sarebbe giustificata.

78.      La Corte, infatti, è già stata chiamata a pronunciarsi su un meccanismo di esclusione generale delle perdite nella sentenza Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278). In tale causa, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 49 TFUE ostasse ad un regime tributario nazionale che esclude la possibilità, per una società residente, in occasione della determinazione dei propri utili e del calcolo del proprio reddito imponibile, di dedurre perdite subite in un altro Stato membro da una stabile organizzazione di sua appartenenza, mentre il suddetto regime tributario ammette tale possibilità in relazione a perdite subite da una stabile organizzazione residente.

79.      Orbene, in tale sentenza, la Corte ha ritenuto che le ragioni imperative di interesse generale relative all’esigenza di salvaguardare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri di cui trattasi, da un lato, e di prevenire il rischio di una doppia deduzione delle perdite, dall’altro, fossero fondate (49).

80.      La Corte ha parimenti ritenuto che questo tipo di regime tributario fosse idoneo a garantire la realizzazione dei summenzionati obiettivi (50) e proporzionato (51), in quanto la società di cui trattasi non aveva dimostrato che la sua controllata non residente avesse esaurito le possibilità di presa in considerazione delle perdite subite nello Stato membro in cui essa ha sede per l’esercizio fiscale considerato, nonché per gli esercizi fiscali precedenti, e in cui le perdite della detta controllata non possono essere prese in considerazione nel suddetto Stato per gli esercizi futuri (52).

81.      La Corte ne ha concluso che «l’articolo [49 TFUE] non osta a che una società stabilita in uno Stato membro non possa dedurre dalla sua base imponibile le perdite relative ad una stabile organizzazione di sua appartenenza situata in un altro Stato membro, nella misura in cui, in forza di una convenzione contro la doppia imposizione, i redditi di tale organizzazione siano tassati in tale ultimo Stato membro, nel quale le suddette perdite possono essere prese in considerazione nell’ambito della tassazione del reddito di tale stabile organizzazione per esercizi futuri» (53).

82.      È giocoforza constatare che l’insieme degli elementi che hanno portato a tale conclusione sono ravvisabili nel regime oggetto del procedimento principale, e che la risposta della Corte dovrebbe essere identica.

V –    Conclusione

83.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dal Finanzgericht Köln:

«1)      L’articolo 49 TFUE non osta ad un regime tributario nazionale che, dopo aver ammesso la presa in considerazione delle perdite subite da una stabile organizzazione situata in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilita la società da cui tale organizzazione dipende, prevede, ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito di tale società, la reintegrazione fiscale di dette perdite a causa della cessione di tale organizzazione ad un’altra società di capitali appartenente al medesimo gruppo della cedente.

2)      L’articolo 49 TFUE non osta ad un regime tributario nazionale che non consente ad una società residente di dedurre dalla sua base imponibile le perdite relative ad una stabile organizzazione di sua appartenenza situata in un altro Stato membro, quando, in forza di una convenzione contro la doppia imposizione, i redditi di tale stabile organizzazione sono esenti da imposta nel primo Stato membro e tassati nell’altro».


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      L’articolo 23, paragrafo 1, lettera b), non è rilevante ai fini del trattamento delle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio. Quest’ultimo, del resto, non lo richiama nella sua decisione, al pari delle parti che hanno depositato osservazioni scritte.


3 –      In tale sentenza (punti 55 e 56), la Corte ha ritenuto, in sostanza, che una misura restrittiva in materia di deduzione delle perdite di controllate estere potesse essere sproporzionata in una situazione in cui la controllata non residente avesse esaurito le possibilità di presa in considerazione delle perdite esistenti nel suo Stato di residenza, circostanza che spetterebbe alla controllante dimostrare.


4 –      In linea di principio, la Commissione ritiene che, nel caso di una cessione della stabile organizzazione non residente, una reintegrazione delle perdite precedentemente ammesse possa essere giustificata per le ragioni imperative di interesse generale connesse alla ripartizione equilibrata del potere impositivo fra gli Stati membri e alla prevenzione dell’evasione fiscale. Tuttavia, essa è dell’avviso che una siffatta misura sarebbe proporzionata solo nel caso in cui la reintegrazione si limitasse all’importo degli utili realizzati da tale organizzazione, inclusi gli eventuali utili «nascosti» nel prezzo di cessione della medesima al momento del trasferimento. Se esistessero dubbi quanto al valore della transazione, il diritto dell’Unione non impedirebbe allo Stato di residenza della società controllante di verificare la conformità del prezzo di cessione al criterio di piena concorrenza.


5 –      V., ex multis, sentenze Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 21); Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 29); Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773, punto 36); Oy AA (C‑231/05, EU:C:2007:439, punto 18); FIM Santander Top 25 Euro Fi (C‑338/11 à C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 14), nonché Blanco e Fabretti (C‑344/13 e C‑367/13, EU:C:2014:2311, punto 24).


6 –      V., in tal senso, sentenza Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata).


7 –      V., in tal senso, sentenze Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 23); Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588, punto 32), nonché Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 20).


8 –      Sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588, punto 32).


9 –      V., in tal senso, sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773, punto 46); Philips Electronics UK (C‑18/11, EU:C:2012:532, punto 17); A (C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 33), nonché Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 23).


10 –      V., in tal senso, sentenza Felixstowe Dock and Railway Company e a. (C‑80/12, EU:C:2014:200, punto 25).


11 –      Si noti che, nella sentenza SCA Group Holding e a. (da C‑39/13 a C‑41/13, EU:C:2014:1758), la Corte, contrariamente a tale approccio tradizionale, ha valutato la comparabilità delle situazioni nell’ambito dell’esame delle eventuali giustificazioni alla restrizione precedentemente constatata (punti 28 – 31 e punto 52).


12 – Se la Corte ha esitato sempre di più a parlare di discriminazione, mantenendo al contempo il requisito della comparabilità delle situazioni, è forse per conservare la libertà di esaminare, a titolo di giustificazioni, le ragioni imperative di interesse generale e non solo le ragioni di giustificazione elencate in via tassativa dal Trattato. Infatti, ad eccezione della libera circolazione delle merci (che non è materia qui in discussione), le sole giustificazioni di discriminazione ammesse dal Trattato sono l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica e la salute pubblica. Motivi del genere sono difficilmente invocabili in materia di fiscalità dirette. Orbene, la Corte ha indicato, nella sua giurisprudenza, che si trattava delle sole giustificazioni ammesse in caso di discriminazione, escludendo ipso facto i motivi imperativi di interesse generale. Può tuttavia osservarsi che la Corte si è essa stessa contraddetta talvolta sul punto. In tal senso, nella sentenza Svensson e Gustavsson (C‑484/93, EU:C:1995:379), la Corte, dopo aver espressamente escluso che la discriminazione constatata potesse essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, ha cionondimeno proseguito il proprio ragionamento verificando se occorresse accogliere o meno l’argomento della coerenza fiscale. Anche se tale argomento alla fine è stato respinto, la Corte, per la rigida osservanza dei principi, non avrebbe dovuto esaminarlo, in quanto tale giustificazione non era espressamente prevista dal Trattato.


13 –      In relazione alle stabili organizzazioni situate all’estero, la Corte ha ad esempio dichiarato, nella sentenza X Holding (C‑337/08, EU:C:2010:89), che «la situazione di una società controllante residente che intende costituire un’entità fiscale unica con una controllata residente e quella di una società controllante residente che desidera costituire un’entità fiscale unica con una controllata non residente sono, alla luce dell’obiettivo di un regime fiscale come quello della causa principale, oggettivamente comparabili, dal momento che entrambe mirano a trarre vantaggio da tale regime, che consente, in particolare, di consolidare in capo alla società controllante gli utili e le perdite delle società comprese nell’entità fiscale unica e di attribuire carattere fiscalmente neutro alle operazioni intragruppo» (punto 24).


14 –      V., in tal senso, sentenze X Holding (C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 22); Philips Electronics UK (C‑18/11, EU:C:2012:532, punto 17); A (C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 33), nonché Felixstowe Dock and Railway Company e a. (C‑80/12, EU:C:2014:200, punto 25).


15 –      Come già osservava in maniera pertinente l’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nella causa A (C‑123/11, EU:C:2012:488), «[se è] sufficiente che, in entrambi i casi, il soggetto passivo residente miri a trarre vantaggio da una normativa fiscale, allora l’esame di tale condizione è meramente formale, dato che in ogni caso (…) essa sarà soddisfatta» (paragrafo 40).


16 –      Paragrafo 55. Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Jääskinen sostiene parimenti il concetto della considerazione della situazione nella sua «globalità», ritenendo che «occorra piuttosto inglobare nella sua analisi l’insieme dell’imposizione sui redditi» in questione (paragrafo 62, il corsivo è mio).


17 –      Rilevo, fra tali casi, la non comparabilità di principio delle situazioni dei residenti e dei non residenti nei confronti delle disposizioni fiscali sulle agevolazioni connesse alla situazione personale e familiare del soggetto passivo (salvo il caso in cui il non residente non disponga di redditi significativi nel suo Stato di residenza). V. sentenza Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31) e, per un’applicazione recente, sentenza Kieback (C‑9/14, EU:C:2015:406). V. anche sentenze Blanckaert (C‑512/03, EU:C:2005:516), e Schulz-Delzers e Schulz (C‑240/10, EU:C:2011:591).


18 –      V., segnatamente, sentenze Philips Electronics UK (C‑18/11, EU:C:2012:532, punto 19); A (C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 35), nonché Felixstowe Dock and Railway Company e a. (C‑80/12, EU:C:2014:200, punto 26).


19 –      V. sentenze Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 33 e 34); Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punti 25 e 26), nonché Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588, punti 35 – 39).


20 –      Sentenza Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 24). In tal senso, v. parimenti sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773), nella quale la Corte ha dichiarato che, «a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o per via convenzionale, assoggetti all’imposta sul reddito non soltanto gli azionisti residenti, ma anche gli azionisti non residenti, per i dividendi che essi percepiscono da una società residente, la situazione dei detti azionisti non residenti si avvicina a quella degli azionisti residenti» (punto 68).


21 –       Punto 24. Il corsivo è mio.


22 –      Sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773, punto 74). Per un caso recente in cui la Corte ha dichiarato che la differenza di situazione oggettiva derivava dalla rinuncia, da parte di uno Stato membro, all’esercizio della propria giurisdizione fiscale sui dividendi distribuiti dalle società residenti in un altro Stato membro in seguito alla conclusione di una convenzione volta a prevenire la doppia imposizione, si veda la sentenza Kronos International (C‑47/12, EU:C:2014:2200, punti 80 – 82).


23 –      Punto 43.


24 –      Ibidem (punti 44 e 45).


25 –      Ibidem (punto 35).


26 –      Sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588, punto 37).


27 –      Ibidem (punto 40). V. parimenti, in tal senso, sentenze Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 35), e A (C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 33).


28 –      Punto 43.


29 –      Ibidem (punti 44 e 45).


30 –      Sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt (C‑157/07, EU:C:2008:588, punto 42).


31 –      Punto 53.


32 –      Ibidem (punto 54).


33 –      Sentenza Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 40).


34 –      Punto 32 e la giurisprudenza ivi citata.


35 –      Infatti, gli obiettivi della coerenza impositiva e della ripartizione equilibrata del potere impositivo coincidono (v., in tal senso, sentenza National Grid Indus, C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 80).


36 –      Sentenza Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 30). Tale causa riguardava il Regno di Danimarca.


37 –      Punto 33. Il corsivo è mio.


38 –      Sentenza Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 46).


39 –      Sentenza Oy AA (C‑231/05, EU:C:2007:439, punto 62).


40 –       Idem. Le ragioni imperative di interesse generale riconosciute come giustificazioni alle normative nazionali che negano la presa in considerazione di una perdita legata ad un’attività esercitata all’estero, qualora tale attività non venga essa stessa tassata, sono in realtà ancora più numerose e combinate in modo variabile nella giurisprudenza della Corte. Nelle conclusioni da ella presentate nella causa Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2014:2321), l’avvocato generale Kokott si è dedicata ad un esercizio di recensione. Secondo l’avvocato generale Kokott, «la Corte [può] denomin[are] tale aspetto come “garanzia della coerenza di un regime fiscale” [v. sentenza K, C‑322/11, EU:C:2013:716, punti da 64 a 71], “tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri” [v. sentenze Marks & Spencer, C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 45; Lidl Belgium, C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 31; X Holding, C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 28; A, C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 42; K (C‑322/11, EU:C:2013:716, punto 55), e Nordea Bank Danmark, C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 32], “salvaguardia della simmetria tra il diritto di imposizione degli utili e la facoltà di deduzione delle perdite” [v. sentenze National Grid Indus, C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 58, e Nordea Bank Danmark, (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata], contrasto al “duplice uso delle perdite” [v. sentenze Marks & Spencer, EU:C:2005:763, punti 47 e 48; Lidl Belgium, C‑414/06, EU:C:2008:278, punti 35 e 36, e A, C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 44] o contrasto all’“evasione fiscale” [v. sentenze Marks & Spencer, C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 49, e A, C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 45]. V. anche sentenze National Grid Indus [C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 80, e K [C‑322/11, EU:C:2013:716, punto 72], nelle quali la Corte riscontra un’identità quantomeno parziale del motivo di giustificazione riguardante la coerenza fiscale e quello della ripartizione del potere impositivo. La giurisprudenza richiamata trova, inoltre, conferma nelle affermazioni della Corte sulla comparabilità oggettiva delle situazioni che, come già rilevato (…), riconosce importanza essenziale al fatto se uno Stato membro assoggetti o meno a tassazione un’attività estera» (paragrafo 31).


41 –      Punto 55.


42 –      V., a tal riguardo, le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa A (C‑123/11, EU:C:2012:488, paragrafi da 47 a 54) e nella causa Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2014:2321, paragrafi da 49 a 53), nonché le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa K (C‑322/11, EU:C:2013:183, paragrafi da 63 a 89).


43 –      Per un tentativo di sintesi recente delle difficoltà poste dall’eccezione Marks & Spencer alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte in questi ultimi dieci anni, v. Lang, M., «Has the Case Law of the ECJ on Final Losses Reached the End of the Line?», European Taxation, dicembre 2014, pagg. 530 – 540. Per un tentativo di definizione della nozione di perdite definitive alla luce della recente giurisprudenza della Corte, v., segnatamente, Pezella, D., «Final Losses under EU Tax Law: Proposal for a Better Approach», European Taxation, febbraio/marzo 2014, pagg. 71 – 79.


44 –      V. sentenza Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2015:50, punti 33 – 36).


45 –      Secondo le osservazioni scritte del governo austriaco, le perdite della stabile organizzazione austriaca accumulate fino al 2005 erano in linea di principio valorizzabili e idonee ad essere riportate. Le perdite riportate potevano in tal modo essere imputate ad un’eventuale plusvalenza da cessione, sussistendo l’eventuale saldo, in linea di principio, per un tempo indeterminato in quanto perdite riportate della Timac Agro. Queste potevano pertanto essere utilizzate successivamente nell’ipotesi in cui la ricorrente nel procedimento principale riprendesse le sue attività in Austria (punto 44 delle osservazioni scritte del governo austriaco). Le perdite potevano parimenti essere trasferite alla società di capitali subentrante qualora la stabile organizzazione fosse ceduta «in neutralità fiscale» (punto 46 delle osservazioni scritte del governo austriaco).


46 –      Articolo 2 bis, paragrafo 3, prima frase, dell’EStG nella versione applicabile agli esercizi fiscali 1997 e 1998.


47 –      Secondo il principio enunciato al punto 24 della sentenza Nordea Bank Danmark (C‑48/13, EU:C:2014:2087) e applicato in precedenza nella sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773).


48 –      La disparità di trattamento discende in realtà dalla «competenza che hanno [gli Stati membri] a stabilire, al fine di eliminare le doppie imposizioni, i criteri di ripartizione fra esse del loro potere impositivo» (sentenza Gilly, C‑336/96, EU:C:1998:221, punto 30), in quanto la ripartizione di tale potere avviene necessariamente prima dell’esercizio del potere impositivo.


49 –      Sentenza Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punti 30 – 37).


50 –      Ibidem (punto 43).


51 –      Ibidem (punto 53).


52 –      Ricordo che si tratta delle condizioni enunciate ai punti 55 e 56 della sentenza Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763).


53 –      Sentenza Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 54 e dispositivo).