Language of document : ECLI:EU:T:2023:845

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

20 dicembre 2023 (*)

«Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (SRM) – Fondo di risoluzione unico (SRF) – Decisione del SRB (CRU) relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 – Obbligo di motivazione – Principio di buona amministrazione – Principio di tutela giurisdizionale effettiva – Eccezione di illegittimità – Limitazione degli effetti della sentenza nel tempo»

Nella causa T‑383/21,

La Banque postale, con sede in Parigi (Francia), rappresentata da A. Gosset-Grainville e M. Trabucchi, avvocati,

ricorrente,

contro

Comitato di risoluzione unico (SRB), rappresentato da J. Kerlin, C. De Falco e C. Flynn, in qualità di agenti, assistiti da H.-G. Kamann, F. Louis, P. Gey e V. Del Pozo Espinosa de los Monteros, avvocati,

convenuto,

sostenuto dal

Parlamento europeo, rappresentato da J. Etienne, O. Denkov e M. Menegatti, in qualità di agenti,

dal

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da E. d’Ursel, A. Westerhof Löfflerová e J. Bauerschmidt, in qualità di agenti,

e dalla

Commissione europea, rappresentata da D. Triantafyllou, A. Nijenhuis e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

intervenienti,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata),

composto da A. Kornezov, presidente, G. De Baere, D. Petrlík (relatore), K. Kecsmár e S. Kingston, giudici,

cancelliere: S. Jund, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 10 marzo 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, La Banque postale, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione SRB/ES/2021/22 del Comitato di risoluzione unico (SRB o CRU), del 14 aprile 2021, relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 al Fondo di risoluzione unico (in prosieguo: la «decisione impugnata»), nella parte che la riguarda.

I.      Fatti

2        La ricorrente è un ente creditizio con sede in Francia.

3        Con la decisione impugnata, il SRB (CRU) ha fissato, conformemente all’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1), i contributi ex ante al Fondo di risoluzione unico (SRF) (in prosieguo: i «contributi ex ante») per il 2021 (in prosieguo: il «periodo di contribuzione 2021») dovuti dagli enti rientranti nel combinato disposto dell’articolo 2 e dell’articolo 67, paragrafo 4, di detto regolamento (in prosieguo: gli «enti»), tra cui la ricorrente.

4        Con avviso di riscossione del 28 aprile 2021, l’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (Autorità di controllo prudenziale e di risoluzione, Francia) (ACPR), nella sua qualità di autorità nazionale di risoluzione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 3, del regolamento n. 806/2014, ha intimato alla ricorrente di versare il suo contributo ex ante per il periodo di contribuzione 2021, come fissato dal SRB.

II.    Decisione impugnata

5        La decisione impugnata è composta da un corpo accompagnato da tre allegati.

6        Il corpo della decisione impugnata descrive la procedura seguita per determinare i contributi ex ante per il periodo di contribuzione 2021, applicabile a tutti gli enti.

7        Più in particolare, nella sezione 5 di detta decisione, il SRB ha determinato il livello-obiettivo annuale, menzionato all’articolo 4 del regolamento di esecuzione (UE) 2015/81 del Consiglio, del 19 dicembre 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante al Fondo di risoluzione unico (GU 2015, L 15, pag. 1), per il periodo di contribuzione 2021 (in prosieguo: il «livello-obiettivo annuale»).

8        Il SRB ha spiegato di aver fissato detto livello-obiettivo annuale a un ottavo dell’1,35% dell’ammontare medio, nel 2020, dei depositi protetti di tutti gli enti calcolato su base trimestrale (in prosieguo: l’«ammontare medio dei depositi protetti nel 2020»), come ottenuto a partire dai dati comunicati dai sistemi di garanzia dei depositi in conformità dell’articolo 16 del regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione, del 21 ottobre 2014, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione (GU 2015, L 11, pag. 44).

9        Nella sezione 6 della decisione impugnata, il SRB ha descritto il metodo da seguire per il calcolo dei contributi ex ante per il periodo di contribuzione 2021. A questo proposito, al considerando 59 di detta decisione, esso ha precisato che, per tale periodo, il 13,33% dei contributi ex ante era stato calcolato sulla «base nazionale», vale a dire sulla base dei dati comunicati dagli enti autorizzati nel territorio dello Stato membro partecipante interessato (in prosieguo: la «base nazionale»), conformemente all’articolo 103 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), e conformemente all’articolo 4 del regolamento delegato 2015/63. La parte restante dei contributi ex ante (vale a dire l’86,67%) è stato calcolato sulla «base dell’unione bancaria», vale a dire sulla base dei dati comunicati da tutti gli enti autorizzati sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti al meccanismo di risoluzione unico (SRM) (in prosieguo: la «base dell’unione» e gli «Stati membri partecipanti»), ai sensi degli articoli 69 e 70 del regolamento n. 806/2014 e dell’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2015/81.

10      Il SRB ha poi calcolato i contributi ex ante degli enti, come la ricorrente, passando per le seguenti fasi principali.

11      Nella prima fase, il SRB ha calcolato, conformemente all’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014, il contributo annuale di base di ciascun ente, che è proporzionale all’ammontare delle passività dell’ente considerato, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, rapportato alle passività totali, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, di tutti gli enti autorizzati sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti. In linea con l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63, il SRB ha dedotto talune tipologie di passività dalle passività totali dell’ente da prendere in considerazione ai fini della determinazione di detto contributo.

12      Nella seconda fase del calcolo del contributo ex ante, il SRB ha apportato una correzione al contributo annuale di base in funzione del profilo di rischio dell’ente considerato, conformemente all’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera b), del regolamento n. 806/2014. Esso ha valutato detto profilo di rischio sulla base delle quattro categorie di rischio menzionate all’articolo 6 del regolamento delegato 2015/63, che sono composte da indicatori di rischio. Per classificare gli enti in funzione del loro livello di rischio, il SRB ha anzitutto stabilito, per ciascun indicatore di rischio applicato per il periodo di contribuzione 2021, taluni intervalli (panieri) all’interno dei quali sono stati raggruppati gli enti, conformemente all’allegato I, titolo «Fase 2», punto 3, di detto regolamento delegato. Agli enti rientranti in uno stesso intervallo è stato attribuito un valore comune per l’indicatore di rischio, detto «valore discretizzato». Combinando i valori discretizzati per ciascun indicatore di rischio, il SRB ha calcolato il «fattore di correzione per il rischio» dell’ente interessato (in prosieguo: il «fattore di correzione»). Moltiplicando il contributo annuale di base di detto ente per il fattore di correzione dello stesso, il SRB ha ottenuto il «contributo annuale di base corretto in funzione del profilo di rischio» di detto ente.

13      Il SRB ha poi sommato tutti i contributi annuali di base corretti in funzione dei profili di rischio per ottenere un «denominatore comune» utilizzato per calcolare la parte di livello-obiettivo annuale che ciascun ente doveva versare.

14      Infine, il SRB ha calcolato il contributo ex ante di ciascun ente ripartendo il livello-obiettivo annuale tra tutti gli enti sulla base del rapporto tra il contributo annuale di base corretto in funzione del profilo di rischio, da un lato, e il denominatore comune, dall’altro.

15      L’allegato I della decisione impugnata contiene una scheda individuale per ciascun ente tenuto al versamento di contributi ex ante, tra cui la ricorrente, che include i risultati del calcolo del contributo ex ante di ciascuno di detti enti (in prosieguo: la «scheda individuale»). Ognuna di dette schede indica l’importo del contributo annuale di base dell’ente interessato oltre al valore del suo fattore di correzione, sia a livello di unione che a livello nazionale, indicando, per ciascun indicatore di rischio, il numero di intervallo cui l’ente di cui trattasi è assegnato. Inoltre, la scheda individuale illustra i dati che sono stati utilizzati ai fini del calcolo dei contributi ex ante di tutti gli enti interessati, quantificati dal SRB sommando e combinando i dati individuali di tutti questi enti. Infine, detta scheda contiene i dati dichiarati dall’ente interessato nel formulario di dichiarazione e utilizzati nel calcolo del suo contributo ex ante.

16      L’allegato II della decisione impugnata comprende i dati statistici relativi al calcolo dei contributi ex ante per ciascuno Stato membro partecipante, in forma sintetica ed aggregata. Detto allegato precisa, segnatamente, per ognuno di detti Stati membri, l’importo complessivo dei contributi ex ante che gli enti interessati sono tenuti a versare. Inoltre, il suddetto allegato elenca, per ciascun indicatore di rischio, il numero di intervalli, il numero di enti rientranti in ciascuno di essi e i valori minimi e massimi di detti intervalli. Per ragioni di riservatezza, nel caso di intervalli relativi alla base nazionale, detti valori sono diminuiti o aumentati di un valore casuale, mantenendo tuttavia la ripartizione originale degli enti.

17      L’allegato III della decisione impugnata, intitolato «Esame dei commenti presentati nell’ambito della consultazione sui contributi ex ante al Fondo di risoluzione unico per il 2021», analizza le osservazioni presentate dagli enti nel corso della procedura di consultazione condotta dal SRB tra il 5 e il 19 marzo 2021 in vista dell’adozione della decisione impugnata.

III. Conclusioni delle parti

18      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte che la riguarda;

–        condannare il SRB alle spese.

19      Il SRB chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese;

–        in subordine, laddove accolga il sesto, il settimo o l’ottavo motivo di ricorso, annullare unicamente la sezione 11 della decisione impugnata vertente sugli impegni di pagamento irrevocabili (in prosieguo: gli «IPI»);

–        in subordine, in caso di annullamento della decisione impugnata, mantenere gli effetti di detta decisione fino alla sua sostituzione o, quanto meno, per un periodo di sei mesi dalla data in cui la sentenza sarà definitiva.

20      Il Parlamento europeo chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso nella misura in cui è fondato sulle eccezioni di illegittimità del regolamento n. 806/2014;

–        condannare la ricorrente alle spese.

21      Il Consiglio dell’Unione europea chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

22      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

IV.    In diritto

23      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce otto motivi, vertenti, il primo, sulla violazione del principio di parità di trattamento, il secondo, sulla violazione del principio di proporzionalità, il terzo, sulla violazione del principio della certezza del diritto, il quarto, sulla violazione del principio di buona amministrazione, il quinto, sulla violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva, il sesto, sulla violazione dell’obbligo di motivazione della decisione impugnata per quanto concerne il ricorso agli IPI, il settimo, su errori manifesti di valutazione del SRB per quanto concerne la limitazione del ricorso agli IPI al 15% dell’importo dei contributi ex ante e la limitazione delle garanzie ai soli contanti e, l’ottavo, su un errore di diritto con riferimento alla limitazione del ricorso agli IPI.

24      In udienza, la ricorrente ha comunicato la propria rinuncia al sesto motivo di ricorso.

A.      Sulle eccezioni di irricevibilità

25      I primi cinque motivi di ricorso contengono una serie di eccezioni di illegittimità vertenti su numerose disposizioni del regolamento n. 806/2014, del regolamento delegato 2015/63 e del regolamento di esecuzione 2015/81.

26      La Commissione ritiene che le eccezioni di illegittimità dedotte a sostegno dei primi tre motivi di ricorso debbano essere respinte in quanto irricevibili.

27      Nella presente causa, il SRB non ha sollevato alcuna eccezione di irricevibilità.

28      Orbene, posto che la Commissione, quale parte interveniente, può formulare eccezioni di irricevibilità unicamente nella misura in cui esse siano state sollevate dalla parte che essa sostiene (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 24 marzo 1993, CIRFS e a./Commissione, C‑313/90, EU:C:1993:111, punti da 20 a 22; del 17 giugno 1998, Svenska Journalistförbundet/Consiglio, T‑174/95, EU:T:1998:127, punti 77 e 78, e del 7 marzo 2013, Cindu Chemicals e a./ECHA, T‑95/10, EU:T:2013:108, punto 32), condizione questa non soddisfatta nel caso di specie, le eccezioni di irricevibilità da essa dedotte sono irricevibili.

29      Tuttavia, occorre esaminare d’ufficio la ricevibilità delle eccezioni di illegittimità sollevate dalla ricorrente, dato che le suddette eccezioni di irricevibilità costituiscono eccezioni di ordine pubblico.

30      In base ad esse, la Commissione ritiene che la ricorrente non dimostri l’esistenza di un nesso di collegamento tra la decisione impugnata e le disposizioni contestate e che essa non abbia alcun interesse ad ottenere che sia dichiarata l’illegittimità delle disposizioni di cui trattasi.

31      A tal proposito, da un lato, dalla giurisprudenza risulta che un’eccezione di illegittimità, sollevata in via incidentale in forza dell’articolo 277 TFUE al momento della contestazione in via principale della legittimità di un terzo atto, è ricevibile solo se esiste un nesso di collegamento tra quest’atto e la norma di cui viene eccepita la presunta illegittimità (sentenze del 30 aprile 2019, Wattiau/Parlamento, T‑737/17, EU:T:2019:273, punto 56, e del 16 giugno 2021, Krajowa Izba Gospodarcza Chłodnictwa i Klimatyzacji/Commissione, T‑126/19, EU:T:2021:360, punto 33).

32      Nel caso di specie, dalla decisione impugnata emerge che tutte le disposizioni di cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità trovano applicazione in detta decisione, o poiché tali disposizioni costituiscono la base dei contributi ex ante ad essa richiesti, come nel caso dell’articolo 70, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 806/2014, o poiché determinano i parametri del calcolo di detti contributi, come nel caso degli articoli 6 e 7 e dell’allegato I del regolamento delegato 2015/63. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, esiste un nesso giuridico diretto tra la decisione impugnata e le disposizioni contestate.

33      Dall’altro, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile, certamente, solo ove quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento di detto atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto. L’interesse ad agire di una parte ricorrente deve essere concreto e attuale. Esso non può riguardare una situazione futura ed ipotetica (v. sentenza del 5 maggio 2021, Pharmaceutical Works Polpharma/EMA, T‑611/18, EU:T:2021:241, punti 139 e 141 e giurisprudenza ivi citata).

34      Ciò premesso, nel caso di specie, tutte le disposizioni oggetto delle eccezioni di illegittimità o costituiscono il fondamento dei contributi ex ante richiesti alla ricorrente per l’anno 2021, o determinano i parametri di calcolo di detti contributi, cosicché la ricorrente vanta un interesse concreto e attuale ad ottenere l’accertamento della loro illegittimità. Infatti, qualora la causa si concluda positivamente per la ricorrente, tali contributi sarebbero privi di fondamento giuridico. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la ricorrente ha interesse ad ottenere che sia dichiarata l’illegittimità di dette disposizioni.

35      Le eccezioni di irricevibilità della Commissione devono, pertanto, essere respinte.

B.      Sulle eccezioni di illegittimità del regolamento n. 806/2014, del regolamento delegato 2015/63 e del regolamento di esecuzione 2015/81

1.      Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di parità di trattamento

36      Con il suo primo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che l’articolo 70, paragrafo 1 e paragrafo 2, secondo comma, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014, nonché gli articoli 6 e 7 e l’allegato I del regolamento delegato 2015/63 violano il principio della parità di trattamento. L’argomento dedotto a sostegno di questo motivo di ricorso si articola in quattro parti relative, la prima, alla mancata presa in considerazione delle differenti situazioni degli enti dell’unione bancaria, la seconda, sul carattere ingiustificato dell’esclusione dei depositi protetti dalla base di calcolo del contributo annuale di base, la terza, sul carattere ingiustificato della mancata deduzione delle passività ammissibili e, la quarta, sull’inadeguatezza dei criteri di correzione del contributo annuale di base in funzione del profilo di rischio.

37      In via preliminare, occorre precisare che nessuna di queste parti può essere interpretata nel senso che la ricorrente sostiene, in realtà, che le disposizioni succitate sono viziate da un errore di valutazione per i motivi ricordati al precedente punto 36. Infatti, in udienza, in risposta a un quesito del Tribunale, la ricorrente ha confermato che, con l’intero primo motivo di ricorso, essa deduceva la sola violazione del principio della parità di trattamento e non un errore di valutazione.

38      Per quanto attiene, inoltre, alla violazione del principio della parità di trattamento, occorre ricordare che detto principio, quale principio generale del diritto dell’Unione, impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr, C‑555/19, EU:C:2021:89, punto 95).

39      Essendo stata la ricorrente a invocare la violazione del principio della parità di trattamento, incombe ad essa individuare con precisione le situazioni paragonabili che ritiene siano state trattate in maniera diversa o le situazioni diverse che ritiene siano state trattate in maniera identica [sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 311].

40      Secondo una giurisprudenza costante, la comparabilità di siffatte situazioni è valutata alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano. Tali elementi devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto che stabilisce la distinzione di cui trattasi. Devono, inoltre, essere presi in considerazione i principi e gli obiettivi del settore cui tale atto si riferisce (v. sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr, C‑555/19, EU:C:2021:89, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).

41      Per quanto attiene all’oggetto e allo scopo del regolamento n. 806/2014 e del regolamento delegato 2015/63, va ricordato che, al pari della direttiva 2014/59, detti atti ricadono nel settore del SRM, la cui istituzione mira, conformemente al considerando 12 del regolamento n. 806/2014, a garantire un approccio neutro per il trattamento degli enti in dissesto, a rafforzare la stabilità degli enti negli Stati membri partecipanti e a impedire alle crisi di produrre ricadute negli Stati membri non partecipanti a detto meccanismo, al fine di agevolare il funzionamento del mercato interno nel suo complesso.

42      Nell’ottica di assicurare un finanziamento delle attività del SRM, la direttiva 2014/59, il regolamento n. 806/2014 e il regolamento delegato 2015/63 hanno istituito i contributi ex ante la cui natura specifica consiste, come emerge dai considerando da 105 a 107 di detta direttiva e dal considerando 41 di detto regolamento, nel garantire, in una logica di ordine assicurativo, che il settore finanziario procuri risorse finanziarie sufficienti al SRM affinché esso possa adempiere le sue funzioni e nell’incoraggiare gli enti ad adottare modalità di funzionamento meno rischiose (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 113).

43      È alla luce di queste considerazioni che occorre esaminare la legittimità delle disposizioni di cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità.

44      Tra tali disposizioni figura, anzitutto, l’articolo 70, paragrafo 1 e paragrafo 2, secondo comma, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014, che contiene la definizione di livello-obiettivo annuale da ripartire tra gli enti autorizzati sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti.

45      Inoltre, la ricorrente contesta la legittimità degli articoli 6 e 7 del regolamento delegato 2015/63, che precisano i criteri di correzione dei contributi ex ante al profilo di rischio degli enti, come fissati dall’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59. Più in concreto, l’articolo 6 di detto regolamento delegato elenca le categorie di rischio e gli indicatori di rischio di cui il SRB deve tener conto per valutare il profilo di rischio degli enti, mentre l’articolo 7 di detto regolamento delegato precisa la ponderazione relativa di ciascuna categoria di rischio e ciascun indicatore di rischio che il SRB deve applicare quando valuta il profilo di rischio di ciascun ente.

46      Infine, la ricorrente eccepisce l’illegittimità dell’allegato I del regolamento delegato 2015/63, che precisa le diverse fasi del metodo di calcolo utilizzato dal SRB al fine di determinare l’importo dei contributi ex ante e indica le formule matematiche che devono essere applicate dal SRB.

a)      Sulla prima e sulla seconda parte, vertenti sulla mancata presa in considerazione delle differenti situazioni degli enti dellunione bancaria e sul carattere ingiustificato dellesclusione dei depositi protetti dalla base di calcolo del contributo annuale di base

47      La prima parte del primo motivo di ricorso è suddivisa in due censure relative, la prima, alla mancata presa in considerazione delle differenti situazioni nei settori bancari degli Stati membri partecipanti e, la seconda, all’incoerenza risultante dalla mancata presa in considerazione dei criteri di valutazione utilizzati nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (SSM).

48      Con la seconda parte del primo motivo di ricorso, la ricorrente afferma, in sostanza, che l’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014 viola il principio della parità di trattamento poiché prevede un’esclusione dei depositi protetti dalle passività di cui è tenuto conto ai fini del calcolo del contributo annuale di base.

49      Il SRB, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione contestano tale argomento.

1)      Sulla prima censura della prima parte, vertente sulla mancata presa in considerazione delle differenti situazioni nei settori bancari degli Stati membri partecipanti, e sulla seconda parte, vertente sul carattere ingiustificato dell’esclusione dei depositi protetti dalla base di calcolo del contributo annuale di base

50      In primo luogo, nel quadro della prima censura della prima parte, la ricorrente sostiene che la ripartizione dei contributi ex ante tra i diversi enti dell’unione bancaria, realizzata ai sensi dell’articolo 70, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 806/2014 e degli articoli 6 e 7, nonché dell’allegato I del regolamento delegato 2015/63, è applicata sulla base di criteri le cui modalità di calcolo non tengono conto delle differenti situazioni nei settori bancari degli Stati membri partecipanti. In particolare, le disposizioni di cui trattasi non avrebbero preso in considerazione le caratteristiche specifiche e il particolare profilo degli enti con sede in Francia (in prosieguo: gli «enti francesi»), come la ricorrente. Così, benché questi enti si trovino in situazioni diverse da quelle degli enti con sede in altri Stati membri partecipanti (in prosieguo: gli «enti degli altri Stati membri»), essi sarebbero trattati in modo identico dal punto di vista del calcolo dell’importo di detti contributi.

51      A tal proposito, la ricorrente osserva che gli enti francesi si differenziano dagli enti degli altri Stati membri poiché, pur registrando, in generale, un ammontare complessivo delle passività importante, essi dispongono di un ammontare di depositi protetti relativamente ridotto.

52      La ricorrente sostiene di aver dedotto tale caratteristica per lamentare la violazione del principio della parità di trattamento di cui essa stessa sarebbe vittima. Tale violazione deriverebbe dal fatto che il limitato ammontare dei suoi depositi protetti non le consentirebbe di ridurre il suo contributo annuale di base e aumenterebbe così «artificiosamente» il peso relativo di detto contributo nel calcolo dell’importo complessivo del suo contributo ex ante.

53      Pertanto, l’argomento della ricorrente deve essere inteso nel senso che essa lamenta, in sostanza, di essere svantaggiata rispetto agli enti aventi depositi protetti in misura elevata che sono, segnatamente, stabiliti negli altri Stati membri, in ragione della possibilità, per questi ultimi, di beneficiare di una riduzione più consistente delle passività utilizzate ai fini del calcolo del contributo ex ante, cosicché essa dovrebbe, in realtà, essere trattata in maniera diversa rispetto a questi altri enti.

54      Tale argomento coincide con quelli sollevati nell’ambito della seconda parte del primo motivo di ricorso, vertente sul carattere ingiustificato dell’esclusione dei depositi protetti dalla base di calcolo del contributo annuale di base. È pertanto opportuno esaminarli insieme.

55      A tal proposito, occorre, anzitutto, osservare che l’esclusione dei depositi protetti dalla base di calcolo del contributo annuale di base, prevista all’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014, si applica alla stessa maniera a tutti gli enti rientranti nel suo ambito di applicazione, ivi compresi, quindi, gli enti francesi, tra cui la ricorrente, e gli enti degli altri Stati membri, indipendentemente dall’ammontare dei loro depositi protetti.

56      Per quanto attiene poi alla questione se gli enti francesi, tra cui la ricorrente, si trovino in una situazione comparabile a quella degli enti degli altri Stati membri ai fini dell’applicazione di detta esclusione, va ricordato che la direttiva 2014/59 e il regolamento n. 806/2014 mirano, segnatamente, a garantire, in una logica di ordine assicurativo, che il settore finanziario procuri risorse finanziarie sufficienti al SRM affinché esso possa adempiere le sue funzioni, come indicato al precedente punto 42. A fronte dei loro obblighi di versamento dei contributi ex ante, tutti gli enti beneficiano di detti contributi grazie alla stabilità del sistema finanziario assicurata dal SRF. Tale beneficio sussiste a prescindere dall’ammontare dei depositi protetti di cui gli enti dispongono e dalla misura in cui essi possono escludere detto importo dalla base di calcolo del loro contributo annuale di base.

57      In tali circostanze, il solo fatto che gli enti dispongano di depositi protetti di ammontare differente non fa sì che essi si trovino in posizioni differenti alla luce dell’oggetto e dell’obiettivo della direttiva 2014/59 e del regolamento n. 806/2014.

58      Infine, il fatto che l’applicazione di questi criteri determini importi dei contributi ex ante differenti per la ricorrente e per gli altri enti, è riconducibile unicamente al diverso ammontare dei rispettivi depositi protetti.

59      Orbene, anche ammettendo che gli enti francesi, tra cui la ricorrente, dispongano di un ammontare di depositi protetti più contenuto rispetto a quello degli enti degli altri Stati membri, tale circostanza non è sufficiente a comprovare una violazione del principio della parità di trattamento.

60      A tal proposito, dalla giurisprudenza emerge che l’adozione, da parte del legislatore dell’Unione, di una disciplina in un settore d’azione particolare può avere ripercussioni diverse per determinati operatori economici in considerazione della loro situazione individuale o delle disposizioni nazionali cui essi sono parimenti assoggettati, fermo restando che una siffatta conseguenza non può essere considerata come una violazione del principio della parità di trattamento se la normativa di cui trattasi si fonda su criteri obiettivi e adeguati alle finalità da essa perseguite (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou, C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

61      Nella specie, da un lato, va osservato che l’esclusione dei depositi protetti dalla base di calcolo del contributo annuale di base si fonda su criteri oggettivi. A tale riguardo, dall’articolo 3, paragrafo 1, punto 11, del regolamento n. 806/2014, che rinvia all’articolo 2, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 2014, L 173, pag. 149), risulta che la nozione di «depositi protetti», ai sensi del regolamento n. 806/2014, corrisponde, ai fini dell’esclusione di tali depositi dalla base di calcolo del contributo annuale di base, alla nozione di «depositi coperti» nell’ambito del sistema di garanzia dei depositi (SGD). Orbene, quest’ultima nozione è definita sulla base dei criteri previsti all’articolo 2, punti 3 e 4, e all’articolo 6 della direttiva 2014/49, che hanno carattere oggettivo.

62      Dall’altro, si deve osservare che questa esclusione si fonda su criteri adeguati alle finalità perseguite dall’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014. Infatti, come spiegato dal SRB, l’esclusione di cui trattasi mira, segnatamente, ad evitare un effetto di doppio conteggio dei depositi protetti. A tale riguardo, occorre ricordare che, in ragione dei suddetti depositi, gli enti sono tenuti, in applicazione della direttiva 2014/49, a versare contributi al SGD in cui rientrano. Orbene, se, come rivendica la ricorrente, i depositi protetti non fossero esclusi dalla base di calcolo dei contributi ex ante, gli enti sarebbero tenuti a versare, in ragione di detti stessi depositi protetti, contributi ex ante in parallelo ai contributi che consentono il finanziamento del SGD.

63      In tali circostanze, si può considerare che la scelta operata dal legislatore dell’Unione all’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014, di escludere i depositi protetti dalle passività totali degli enti di cui occorre tener conto ai fini del calcolo del contributo annuale di base si fonda su criteri oggettivi e adeguati alle finalità perseguite dalla disposizione di cui trattasi.

64      Pertanto, occorre respingere il primo argomento dedotto dalla ricorrente a sostegno della prima censura della prima parte del primo motivo di ricorso e della seconda parte di detto motivo.

65      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il metodo di calcolo previsto dalle disposizioni citate al precedente punto 50 comporta che i contributi ex ante degli enti francesi siano considerevolmente superiori a quelli degli enti degli altri Stati membri e che essi siano fortemente aumentati a partire dal 2016.

66      A questo proposito, anzitutto, la ricorrente non nega che i criteri di calcolo di tali contributi ex ante si applichino allo stesso modo agli enti francesi, di cui essa fa parte, e agli enti degli altri Stati membri.

67      Inoltre, la ricorrente non spiega in che modo la circostanza ricordata al precedente punto 65 rilevi nello stabilire se essa si trovi in una situazione diversa da quella degli enti degli altri Stati membri.

68      Infine, e in ogni caso, l’importo elevato dei contributi ex ante degli enti francesi è giustificato da numerosi fattori che la ricorrente non contesta.

69      Sotto un primo profilo, il SRB ha precisato, senza essere contraddetto, che gli enti francesi avevano, di norma, una componente di passività totali maggiore rispetto agli enti degli altri Stati membri, corrispondente a più di un terzo di dette passività durante il periodo pertinente per il calcolo dei contributi ex ante.

70      Una siffatta circostanza ha un impatto significativo sull’importo dei contributi annuali di base degli enti interessati e, di conseguenza, sull’importo dei loro contributi ex ante. Infatti, a norma dell’articolo 103, paragrafo 2, della direttiva 2014/59 e dell’articolo 70, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il contributo annuale di base dovuto da ciascun ente è proporzionale all’ammontare delle sue passività, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, in relazione alle passività totali, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, di tutti gli enti autorizzati nei territori di tutti gli Stati membri partecipanti. L’applicazione di queste disposizioni comporta così che i contributi annuali degli enti francesi siano spesso superiori rispetto a quelli degli enti degli altri Stati membri.

71      Orbene, la ricorrente non ha contestato la legittimità dell’articolo 103, paragrafo 2, della direttiva 2014/59 e dell’articolo 70, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, in forza dei quali il legislatore dell’Unione ha deciso di fondare il calcolo dei contributi ex ante sull’ammontare delle passività degli enti.

72      Sotto un secondo profilo, la ricorrente non ha neppure contestato l’affermazione del SRB secondo cui l’entità dei bilanci degli enti francesi e delle loro passività era aumentata tra il 2016 e il 2021, con conseguente incremento del contributo annuale di base di detti enti e, quindi, dei contributi ex ante che la ricorrente era tenuta a versare.

73      Sotto un terzo profilo, il SRB ha spiegato, senza essere contraddetto, che l’aumento dei contributi ex ante degli enti francesi era stato accelerato dal meccanismo detto di «phasing-in» del calcolo di tali contributi, come previsto all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/81 (in prosieguo: il «meccanismo di ‟phasing-in”»). In base a detto meccanismo, applicabile peraltro a tutti gli enti interessati, una parte sempre più importante dei contributi ex ante degli enti è calcolata sulla base dell’unione, invece che sulla base nazionale, fermo restando che, per il periodo di contribuzione 2021, detta parte ammonta all’86,67% per il calcolo dei contributi ex ante.

74      A questo proposito, il SRB ha precisato che tale circostanza faceva sì che il profilo di rischio degli enti francesi fosse sempre più fortemente determinato con riferimento a quello degli enti degli altri Stati membri. Così, tenuto conto della quota delle passività totali degli enti francesi rispetto alle passività totali degli altri Stati membri, come indicata al precedente punto 69, il meccanismo di «phasing-in» spiega – in base alle medesime precisazioni non contestate del SRB – perché l’importo dei contributi ex ante degli enti francesi, tra cui la ricorrente, sia aumentato tra il 2016 e il 2021 in misura maggiore rispetto a quello degli enti degli altri Stati membri.

75      Di conseguenza, l’incremento del contributo ex ante degli enti francesi, come la ricorrente, si spiega alla luce di un insieme di fattori oggettivi, tra cui il crescente ammontare delle loro passività, e non in ragione di una disparità di trattamento di cui essi sarebbero vittime.

76      Tanto premesso, la ricorrente non ha dimostrato che le disposizioni citate al precedente punto 50 violassero il principio della parità di trattamento.

77      In terzo luogo, non può essere accolto nemmeno l’argomento della ricorrente secondo cui, in sostanza, il meccanismo di «phasing-in» farebbe sì che non si tenga conto delle caratteristiche specifiche di ciascun settore bancario e darebbe origine a una distorsione tra i settori bancari a danno del settore francese.

78      Tale argomento mira, infatti, a mettere in discussione l’esistenza stessa del meccanismo di «phasing-in», senza che la ricorrente eccepisca l’illegittimità della disposizione che lo prevede, vale a dire l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/81.

79      In ogni caso, la disposizione di cui trattasi riguarda tutti gli enti, tra cui la ricorrente. Di conseguenza, il meccanismo di «phasing-in» si applica allo stesso modo agli enti francesi, tra cui la ricorrente, e agli enti degli altri Stati membri. Inoltre, se la critica della ricorrente dovesse essere intesa nel senso che quest’ultima eccepisce che, nell’ambito del meccanismo di «phasing-in», gli enti francesi non si trovano in una posizione comparabile a quella degli enti degli altri Stati membri, va osservato che la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto atto a dimostrare che i primi si trovano, effettivamente, in una posizione diversa da quella dei secondi nell’ambito di detto meccanismo.

80      In quarto luogo, la ricorrente sostiene che, oltre a non presentare il medesimo rischio degli enti degli altri Stati membri, difficilmente essa potrà beneficiare del SRF, in considerazione del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (in prosieguo: il «MREL») cui essa è soggetta, nonché della necessaria attuazione dello strumento di bail-in in misura rilevante e prima di qualsiasi intervento del SRF.

81      Anzitutto, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, punto 40, del regolamento n. 806/2014, i fondi propri corrispondono ai mezzi messi a disposizione di un ente dai suoi azionisti o da altri investitori, oltre agli utili da esso realizzati e non distribuiti.

82      Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, punto 49, del regolamento n. 806/2014, le «passività ammissibili» sono le passività e gli strumenti di capitale che non sono qualificabili come strumenti di capitale di determinate classi e che non sono esclusi dall’ambito di applicazione dello strumento del bail-in.

83      L’articolo 12, paragrafo 16, primo comma, lettere da a) a f), del regolamento n. 806/2014 prevede, altresì, che una passività ammissibile emessa per rispettare il MREL ai sensi del paragrafo 1 di detta stessa disposizione deve essere uno strumento emesso e interamente versato, che non deve trattarsi di una passività dovuta all’ente stesso, o da esso garantita, che l’acquisto dello strumento non deve essere stato finanziato dall’ente, né direttamente né indirettamente, che la passività deve avere una durata residua di almeno un anno, che la passività non deve risultare né da un prodotto derivato, né da un deposito che gode della preferenza nella gerarchia della procedura di insolvenza nazionale.

84      Infine, va ricordato che, come risulta dal considerando 73 e dall’articolo 27 del regolamento n. 806/2014, lo strumento del bail-in riduce al minimo i costi della risoluzione di un’entità in dissesto sostenuti dai contribuenti garantendo che gli azionisti e creditori dell’entità in dissesto sostengano una congrua quota di perdite e si facciano carico di una quota adeguata dei costi derivanti dal dissesto dell’ente. Parimenti, dal considerando 83 del regolamento n. 806/2014 si evince che, per garantire l’efficacia dello strumento del bail-in, l’articolo 12 del regolamento di cui trattasi prevede che gli enti debbano detenere un ammontare sufficiente di fondi propri e di passività ammissibili per assorbire le perdite e ricapitalizzare gli enti in dissesto.

85      Ciò premesso, la ricorrente non nega che il regolamento n. 806/2014 e il regolamento delegato 2015/63 la trattino allo stesso modo degli altri enti interessati per quanto attiene alla presa in considerazione dei requisiti in materia di MREL e all’attuazione dello strumento del bail-in.

86      Se, in tali circostanze, l’argomento dedotto dalla ricorrente dovesse essere inteso nel senso che essa sostiene, in realtà, di essere stata svantaggiata in ragione del fatto che il regolamento n. 806/2014 e il regolamento delegato 2015/63 non hanno adeguatamente tenuto conto dei requisiti in materia di MREL e di attuazione dello strumento del bail-in ai fini del calcolo dell’importo dei contributi ex ante, va osservato quanto segue.

87      Anzitutto, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto volto a contestare l’affermazione del SRB secondo cui sono gli enti con passività significative, come la ricorrente stessa, a trarre il maggior beneficio dai meccanismi di risoluzione introdotti dal regolamento n. 806/2014, e ciò malgrado i requisiti cui detti enti sono assoggettati in materia di MREL o altri requisiti prudenziali. Su tale punto, il considerando 5 del regolamento delegato 2015/63 sottolinea, peraltro, che, più grande è l’ente, più probabile è che, in caso di difficoltà, l’autorità di risoluzione ne ritenga la risoluzione nell’interesse pubblico e si avvalga del SRF per assicurare un’applicazione efficace degli strumenti di risoluzione.

88      Inoltre, nell’ambito della valutazione del profilo di rischio degli enti, l’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), del regolamento delegato 2015/63 prevede un indicatore di rischio fondato, segnatamente, sui requisiti in materia di MREL al fine di calcolare l’importo del loro contributo ex ante. Orbene, la ricorrente non ha sostenuto che, nell’ambito del calcolo dei contributi ex ante, il peso di detto indicatore di rischio fosse insufficiente.

89      A tal proposito, va aggiunto che, benché l’articolo 20 del regolamento delegato 2015/63 consenta al SRB di non tener conto, in via transitoria, di detto indicatore di rischio nel calcolo del contributo ex ante, la ricorrente non ha, tuttavia, contestato la validità di detta disposizione.

90      Infine, dagli articoli 22 e 27 del regolamento n. 806/2014 emerge che, nell’ambito dell’adozione di una risoluzione ai sensi di detto regolamento, lo strumento del bail-in è destinato ad applicarsi allo stesso modo a tutti gli enti che hanno accesso al SRF. Inoltre, la possibilità di ricorrere allo strumento del bail-in non esclude un eventuale ricorso al SRF. Date le circostanze, la ricorrente non ha dimostrato che gli enti francesi si trovassero in una situazione diversa da quella degli enti degli altri Stati membri in ragione dei loro MREL e della possibilità, per loro, di applicare lo strumento del bail-in.

91      In quinto luogo, la ricorrente sostiene che, in occasione della riunione del 9 dicembre 2014, il Consiglio avrebbe stabilito, mediante accordo politico, che i «contributi francesi e tedeschi» dovessero restare al medesimo livello durante il periodo transitorio.

92      Tuttavia, il raggiungimento di un siffatto accordo non risulta dal verbale di detta riunione del Consiglio, pubblicato sul sito Internet di quest’ultimo.

93      Occorre, pertanto, respingere l’argomento della ricorrente.

94      In sesto luogo, la ricorrente ritiene di essere stata vittima di una disparità di trattamento per non aver potuto beneficiare del regime di calcolo dei contributi ex ante applicabile agli enti di piccole e medie dimensioni.

95      L’articolo 10 del regolamento delegato 2015/63 e l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione 2015/81 prevedono regimi particolari a favore degli enti di piccole e medie dimensioni, da cui risulta, da un lato, che i contributi ex ante degli enti di piccole dimensioni sono costituiti, in linea di principio e salvo circostanze particolari, da importi forfettari e, dall’altro, che i contributi ex ante degli enti di medie dimensioni, per una parte, sono forfettari e, per un’altra, possono essere calcolati con le regole applicabili a tutti gli altri enti. Tuttavia, tenuto conto delle considerazioni svolte al precedente punto 87, gli enti di grandi dimensioni che hanno un ammontare delle passività molto elevato, come la ricorrente, non presentano, per quanto attiene all’utilizzo del SRF, un profilo di rischio equivalente o meno elevato di quello degli enti di piccole o medie dimensioni. Pertanto, queste due categorie non si trovano in una situazione comparabile ai fini del calcolo dei contributi ex ante.

96      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la ricorrente non ha, quindi, dimostrato che l’articolo 70, paragrafo 1 e paragrafo 2, secondo comma, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014, nonché gli articoli 6 e 7 e l’allegato I del regolamento delegato 2015/63 violassero il principio della parità di trattamento.

97      Occorre, pertanto, respingere la prima censura della prima parte e la seconda parte del primo motivo di ricorso in quanto infondate.

2)      Sulla seconda censura della prima parte, vertente sull’incoerenza risultante dalla mancata presa in considerazione dei criteri di valutazione utilizzati nell’ambito del SSM

98      La ricorrente sostiene che, tenuto conto della continuità e dello stretto rapporto tra il SSM e il SRM, non è coerente valutare il rischio rappresentato da un ente nell’ambito del SRM senza tener conto dei criteri di valutazione impiegati nell’ambito del SSM che consentono di garantire che gli enti con maggiore probabilità di ricorrere al SRF siano quelli che più contribuiscono al suo finanziamento. La mancata presa in considerazione dei criteri di valutazione utilizzati nell’ambito del SSM penalizzerebbe così gli enti che, in ragione, segnatamente, della loro solidità riconosciuta nell’ambito del SSM, è meno probabile ricorrano al SRF.

99      A tal proposito, occorre anzitutto osservare che, malgrado i requisiti risultanti dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 38 e 39, la ricorrente non spiega con sufficiente chiarezza in che modo l’asserito requisito della coerenza con i criteri menzionati al precedente punto 98 sia pertinente nello stabilire se essa sia stata vittima di una violazione del principio della parità di trattamento.

100    Se, in tali circostanze, l’argomento della ricorrente deve essere inteso nel senso che essa sostiene, in realtà, di essere stata trattata allo stesso modo di altri enti con un profilo di rischio più elevato alla luce dei criteri di valutazione utilizzati nell’ambito del SSM, benché, in base a detti stessi criteri, la probabilità che essa ricorra al SRF sia inferiore, va osservato quanto segue.

101    È indubbiamente vero, come emerge dai considerando 11, 13, 15 e 52 del regolamento n. 806/2014, che esiste un legame di complementarità tra le regole stabilite nell’ambito del SRM e quelle adottate nel quadro del SSM.

102    In particolare, taluni dei criteri di valutazione impiegati nell’ambito del SRM sono simili a quelli utilizzati nell’ambito del SSM, come previsti, segnatamente, dal regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).

103    Così, numerosi criteri della normativa in materia di SRM utilizzano nozioni corrispondenti a quelle della normativa adottata nell’ambito del SSM e sono definiti essi stessi mediante rimando a quest’ultima. È il caso, in particolare, delle nozioni di «fondi propri», di «coefficiente di leva finanziaria» o di «coefficiente di capitale primario di classe 1», che sono determinanti ai fini dell’applicazione degli indicatori di rischio elencati all’articolo 6, paragrafo 2, lettere da a) a c), del regolamento delegato 2015/63 e che sono definiti all’articolo 3 di detto regolamento delegato richiamando il regolamento n. 575/2013.

104    Tuttavia, malgrado questo legame di complementarità, occorre constatare che, come sostiene il SRB senza essere contraddetto su questo punto, gli obiettivi perseguiti dalla normativa sul SRM in materia di risoluzione degli enti sono diversi da quelli perseguiti dalla normativa sul SSM per quanto attiene ai requisiti di vigilanza.

105    Così, da un lato, come emerge dal precedente punto 42, la normativa dell’Unione in materia di risoluzione degli enti mira, quanto ai contributi ex ante, a garantire, in una logica di ordine assicurativo, che il settore finanziario procuri risorse finanziarie sufficienti al SRM affinché esso possa adempiere le sue funzioni e ad incoraggiare gli enti ad adottare modalità di funzionamento meno rischiose.

106    Dall’altro, in base al considerando 32 del regolamento n. 575/2013, la normativa dell’Unione sui requisiti prudenziali ha, quanto ad essa, l’obiettivo di incoraggiare le attività bancarie economicamente utili che soddisfano l’interesse generale e di scoraggiare la speculazione finanziaria insostenibile priva di reale valore aggiunto; tuttavia, in forza del considerando 42 di detto regolamento, essa mira altresì ad applicare metodi migliori per la misurazione e la gestione del rischio e ad utilizzarli anche a fini regolamentari in materia di fondi propri.

107    Ne consegue, più in particolare, che la valutazione del rischio in sede di applicazione della normativa sul SRM e la valutazione del rischio nell’ambito del SSM rispondono ad obiettivi differenti. Così, la valutazione del rischio nell’ambito della categoria II del SSM è compiuta al fine di soddisfare i requisiti prudenziali da esso fissati nell’ottica di garantire che un determinato ente disponga di fondi propri sufficienti per far fronte a tutti i rischi specifici che non sarebbero coperti dalla categoria I del SSM, il che corrisponde alla valutazione trasversale del rischio di un ente. Il risultato di una siffatta valutazione mira a determinare i requisiti prudenziali cui un determinato ente deve essere assoggettato al fine di evitare che esso possa venire a trovarsi in una situazione di dissesto.

108    Per contro, la valutazione del rischio nell’ambito della correzione del contributo annuale di base in funzione del profilo di rischio, prevista all’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera b), del regolamento n. 806/2014 e agli articoli da 5 a 9 del regolamento delegato 2015/63, è compiuta al fine di ripartire i contributi ex ante tra tutti gli enti interessati. Il risultato di una siffatta valutazione mira a determinare non soltanto il rischio di dissesto di un determinato ente, ma anche, in termini più generali, il rischio di ricorso al SRF da parte di un ente in dissesto.

109    Inoltre, la normativa in materia di SRM risponde a una logica particolare, nel senso che il profilo di rischio di un determinato ente è valutato anche alla luce del profilo di rischio della totalità degli altri enti interessati.

110    Tenuto conto dell’oggetto e della finalità specifiche della normativa in materia di SSM e di quella relativa al SRM, nonché della logica comparativa di quest’ultima, nessuna violazione del principio della parità di trattamento può essere ravvisata nel solo fatto che il contesto giuridico disciplinante il calcolo dei contributi ex ante del SRM non riprende, in quanto tali, i criteri di valutazione del rischio previsti nell’ambito del SSM.

111    La seconda censura della prima parte del primo motivo di ricorso deve, pertanto, essere respinta in quanto infondata e, con essa, detta parte nella sua interezza.

b)      Sulla terza parte, vertente sul carattere ingiustificato della mancata deduzione delle passività ammissibili conformi ai requisiti prudenziali ai sensi del MREL

112    La ricorrente sostiene che l’articolo 70, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 806/2014 e gli articoli 6 e 7, nonché l’allegato I del regolamento delegato 2015/63 violano il principio della parità di trattamento poiché né l’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014, né l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63 prevedono la deduzione delle passività ammissibili dalle passività di cui si tiene conto per calcolare il contributo annuale di base. Tale normativa avrebbe dovuto prevedere una siffatta deduzione, poiché le passività ammissibili costituirebbero dei «quasi fondi propri» creati per rispondere ai requisiti prudenziali ai sensi del MREL e che servirebbero ad assorbire perdite e a dare attuazione allo strumento del bail-in.

113    Il SRB, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione contestano tale argomento.

114    Alla luce delle precisazioni fornite dalla ricorrente in udienza, va osservato che essa afferma, sostanzialmente, in primo luogo, che la violazione del principio della parità di trattamento deriva dal fatto che le passività ammissibili sono in una situazione comparabile ai fondi propri, ma sono trattate in maniera diversa da detti fondi, nella misura in cui non sono escluse, ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014, dalle passività di cui è tenuto conto per calcolare il contributo annuale di base.

115    A tal proposito, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014, i fondi propri sono esclusi dal passivo di cui viene tenuto conto per calcolare il contributo annuale di base. Per contro, né l’articolo 70, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 né l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63, che prevedono l’esclusione di determinate passività dal calcolo del contributo annuale di base, hanno escluso le passività ammissibili da detto passivo.

116    Alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 40, occorre esaminare se, in considerazione dell’oggetto e dell’obiettivo del regolamento n. 806/2014, le passività ammissibili si trovino in una situazione comparabile a quella dei fondi propri, cosicché esse dovrebbero essere escluse dal calcolo del contributo annuale di base.

117    Su tale punto, va osservato che, conformemente all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 e all’articolo 48, paragrafo 1, della direttiva 2014/59, in caso di applicazione dello strumento del bail-in a un determinato ente nell’ambito di una procedura di risoluzione, le autorità nazionali di risoluzione esercitano i poteri di riduzione e di conversione dei crediti, anzitutto, sui fondi propri e poi – «se, e soltanto se» i fondi propri disponibili non sono stati sufficienti ad assorbire le perdite – sulle passività ammissibili.

118    Inoltre, in forza dell’articolo 21, paragrafi 1 e 7 bis, del regolamento n. 806/2014, indipendentemente da un intervento di risoluzione il SRB esercita i poteri di svalutazione o di conversione delle passività ammissibili unicamente con riferimento alle passività ammissibili che soddisfano le condizioni specifiche e restrittive dell’articolo 12 octies, paragrafo 2, lettera a), di detto regolamento, fatta eccezione per la condizione legata alla durata residua delle passività, menzionata all’articolo 72 quater, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013. Queste disposizioni dimostrano che le possibilità per il SRB di procedere, indipendentemente da un intervento di risoluzione, alla svalutazione e alla conversione delle passività ammissibili sono circoscritte da condizioni specifiche e limitative, a differenza di quanto accade per i fondi propri.

119    Infine, l’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014 prevede che, in circostanze eccezionali, ove si applichi lo strumento del bail-in, talune passività ammissibili possono essere escluse, integralmente o parzialmente, dall’applicazione dei poteri di svalutazione e di conversione. Orbene, una siffatta possibilità non esiste con riferimento ai fondi propri.

120    Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, le passività ammissibili non hanno la medesima capacità dei fondi propri di assorbire le perdite degli enti.

121    In tali circostanze, occorre concludere che, malgrado i requisiti risultanti dalla giurisprudenza citata al precedente punto 39, la ricorrente non ha dimostrato che le passività ammissibili si trovassero in una situazione comparabile a quella dei fondi propri sotto il profilo della loro capacità di assorbire perdite e di dare attuazione allo strumento del bail-in.

122    In secondo luogo, la ricorrente critica il fatto che l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63 non preveda la deduzione delle passività ammissibili dalle passività assunte come base di calcolo per determinare il contributo annuale di base.

123    A tal proposito, va osservato che la disposizione di cui trattasi non prevede neppure l’esclusione dei fondi propri dalle passività impiegate come base di calcolo per determinare il contributo annuale di base, fermo restando che detta esclusione è prevista all’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014.

124    Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che la presa in considerazione del principio della parità di trattamento non può giustificare la deduzione delle passività ammissibili dalle passività che fungono da base di calcolo per determinare il contributo annuale di base, poiché il regolamento delegato 2015/63 ha distinto situazioni che presentano particolarità notevoli, direttamente connesse ai rischi presentati dalle passività in questione (v., in tal senso, sentenza del 3 dicembre 2019, Iccrea Banca, C‑414/18, EU:C:2019:1036, punto 95).

125    Da quanto precede si evince che il fatto di non aver previsto, all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63, la deduzione delle passività ammissibili dalle passività impiegate come base di calcolo per determinare il contributo annuale di base non integra una violazione del principio della parità di trattamento.

126    La terza parte del primo motivo di ricorso deve, pertanto, essere respinta in quanto infondata.

c)      Sulla quarta parte, vertente sul fatto che i contributi ex ante non sono rappresentativi del rischio realmente sopportato in ragione dei criteri di calcolo del fattore di correzione

127    Con la quarta parte del primo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che l’articolo 70, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 806/2014 e gli articoli 6 e 7, nonché l’allegato I del regolamento delegato 2015/63 violano il principio della parità di trattamento poiché i contributi ex ante non sono rappresentativi del rischio realmente sopportato in ragione dei criteri di calcolo del fattore di correzione. A tal proposito, la ricorrente deduce tre censure relative, la prima, alla mancata presa in considerazione del profilo di rischio complessivo intrinseco di ciascun ente, la seconda, alla mancata valutazione dei fattori di rischio alla luce di tutti i requisiti imposti dall’autorità di vigilanza nell’ambito del SSM e, la terza, all’impossibilità di tener conto in maniera completa di ciascuna specificità individuale di ciascun ente.

1)      Sulla prima censura, vertente sulla mancata presa in considerazione del profilo di rischio complessivo intrinseco di ciascun ente

128    La ricorrente sostiene che i criteri fissati negli «articoli 6 e seguenti» del regolamento delegato 2015/63 si fondano sulla presa in considerazione di fattori di rischio valutati singolarmente e non sulla presa in considerazione del profilo di rischio globale intrinseco di ciascun ente.

129    Il SRB, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione contestano tale argomento.

130    Anzitutto, va osservato che, in violazione della giurisprudenza citata al precedente punto 39, la ricorrente non ha individuato con precisione le situazioni comparabili che, a suo avviso, sono state trattate in maniera differente o le situazioni tra loro diverse che essa ritiene siano state trattate dal legislatore dell’Unione in maniera identica sotto il profilo della determinazione dei criteri di correzione del contributo annuale di base in funzione del profilo di rischio.

131    È altresì pacifico che i criteri di calcolo del fattore di correzione che portano alla correzione del contributo annuale di base in funzione del criterio del rischio si applicano a tutti gli enti interessati, come la ricorrente, fatta eccezione per quelli che possono essere chiamati a versare un contributo forfettario ai sensi dell’articolo 10 del regolamento delegato 2015/63 e per quelli menzionati all’articolo 11 di detto regolamento delegato. In tali circostanze, la ricorrente non è trattata in maniera differente dal punto di vista di detti criteri.

132    Inoltre, la ricorrente non ha sostenuto, né tanto meno dimostrato, che la violazione del principio della parità di trattamento derivi dal fatto che essa non dovrebbe essere trattata come gli altri enti per quanto attiene all’applicazione dei succitati criteri di calcolo del fattore di correzione.

133    Anche ammettendo che la critica della ricorrente debba essere intesa nel senso che quest’ultima sostiene di non trovarsi in una situazione comparabile a quella degli altri enti e di dover essere trattata in maniera diversa, occorre peraltro osservare che la ricorrente non ha presentato al Tribunale nessun elemento concreto che dimostri che essa si trova in una siffatta situazione.

134    Infine, e in ogni caso, l’argomento della ricorrente si fonda su premesse errate. In primo luogo, la ricorrente sostiene, a torto, che i criteri fissati dal regolamento delegato 2015/63 non tengono conto del profilo di rischio globale intrinseco degli enti. Alcune delle quattro categorie di rischio menzionate all’articolo 6 del regolamento delegato 2015/63, segnatamente, quella relativa all’importanza dell’ente per la stabilità del sistema finanziario o dell’economia, consentono infatti di compiere una siffatta analisi globale.

135    In secondo luogo, vanno respinte le critiche sollevate dalla ricorrente in relazione ai criteri previsti agli «articoli 6 e seguenti» del regolamento delegato 2015/63 per il fatto che essi tengono conto di banche regionali di piccole dimensioni, il che peserebbe negativamente sugli enti di grandi dimensioni in ragione della detenzione, da parte di dette banche regionali, di un ammontare significativo di depositi protetti, diversamente da quanto accade per gli enti di grandi dimensioni, come la ricorrente, le cui attività non sarebbero, tuttavia, più rischiose.

136    Infatti, da un lato, dai precedenti punti da 51 a 63 emerge che la ricorrente non ha dimostrato che l’esclusione dei depositi protetti ai fini del calcolo del contributo ex ante violasse il principio della parità di trattamento. Dall’altro, tenuto conto delle considerazioni svolte nei precedenti punti 94 e 96, gli enti di grandi dimensioni che hanno un ammontare delle passività molto elevato, come la ricorrente, non presentano un profilo di rischio equivalente o inferiore rispetto a quello degli enti di piccole o medie dimensione. Pertanto, queste due categorie non si trovano in una situazione comparabile ai fini della valutazione che il SRB è chiamato a compiere per calcolare i contributi ex ante.

137    Occorre, pertanto, respingere la presente censura in quanto infondata.

2)      Sulla seconda censura, vertente sulla mancata valutazione dei fattori di rischio alla luce di tutti i requisiti imposti dall’autorità di vigilanza nell’ambito del SSM

138    La ricorrente sostiene che il metodo di correzione del contributo annuale di base in funzione del profilo di rischio fa sì che i fattori di rischio siano valutati indipendentemente da tutti i requisiti imposti dall’autorità di vigilanza nell’ambito del SSM. Orbene, secondo i criteri rientranti nel SSM, gli enti francesi sarebbero quelli meno esposti a rischi all’interno dell’unione bancaria, mentre risulterebbero essere i più a rischio in base ai criteri di valutazione enunciati dal regolamento delegato 2015/63.

139    Il SRB e il Consiglio contestano tale argomento.

140    La presente censura e la seconda censura della prima parte del primo motivo di ricorso, respinta ai precedenti punti da 100 a 110, sono sostanzialmente sovrapponibili.

141    La presente censura deve, pertanto, essere respinta per i medesimi motivi.

3)      Sulla terza censura, vertente sull’impossibilità di tener conto in maniera completa di ciascuna specificità individuale di ciascun ente

142    La ricorrente ritiene che l’articolo 70, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 806/2014 e gli articoli 6 e 7, nonché l’allegato I del regolamento delegato 2015/63 violino il principio della parità di trattamento poiché, nell’ambito di una procedura applicata in maniera uniforme a tutti gli enti e nell’ottica di ripartire l’importo corrispondente al livello-obiettivo annuale in maniera equa e proporzionata tra di loro, non è possibile tener conto in maniera completa di ciascuna specificità individuale di ciascun ente.

143    Il SRB e il Consiglio contestano tale argomento.

144    Anzitutto, va osservato che, con la formulazione della sua censura, la ricorrente riconosce essa stessa che il contestato metodo di calcolo dei contributi ex ante si applica allo stesso modo a tutti gli enti.

145    Inoltre, se la critica della ricorrente dovesse essere intesa nel senso che quest’ultima sostiene di non trovarsi in una situazione comparabile a quella degli altri enti e di dover essere trattata in maniera diversa, andrebbe osservato che la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto idoneo a dimostrare che essa si trova in una siffatta situazione.

146    Infine, e in ogni caso, l’argomento dedotto dalla ricorrente equivale a sostenere, in realtà, che i criteri di correzione del contributo annuale di base in funzione del profilo di rischio non sono appropriati. Orbene, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento circostanziato diretto a dimostrare, in concreto, l’inadeguatezza di detti criteri, limitandosi a formulare affermazioni prive di fondamento.

147    La terza censura deve, pertanto, essere respinta e, con essa, la quarta parte del primo motivo di ricorso, nonché detto motivo nella sua interezza.

2.      Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

148    La ricorrente sostiene che l’articolo 70, paragrafo 1 e paragrafo 2, secondo comma, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014, nonché gli articoli 6 e 7 e l’allegato I del regolamento delegato 2015/63 stabiliscono modalità di calcolo dei contributi ex ante lesive del principio di proporzionalità.

149    Il SRB, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione contestano tale argomento.

150    Il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano i limiti di quanto è necessario alla realizzazione di tali obiettivi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenze del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a., C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 165, e del 20 gennaio 2021, ABLV Bank/SRB, T‑758/18, EU:T:2021:28, punto 142; v., altresì, in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2010, Vodafone e a., C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 51).

151    Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle condizioni menzionate al precedente punto 150, occorre ricordare che, nel determinare la modalità di calcolo dei contributi ex ante, il legislatore dell’Unione gode di un ampio potere discrezionale in quanto è chiamato a intervenire in un settore che richiede, da parte sua, scelte di natura politica ed economica e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punti 117 e 118).

152    Parimenti, nel contesto di un potere delegato ai sensi dell’articolo 290 TFUE, la Commissione dispone, nell’ambito dell’esercizio delle competenze ad essa demandate, di un ampio margine di discrezionalità quando è chiamata, in particolare, ad effettuare apprezzamenti e valutazioni complessi (v., in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Dyson/Commissione, C‑44/16 P, EU:C:2017:357, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

153    Ciò vale, segnatamente, per il regolamento delegato 2015/63, con cui la Commissione ha precisato le regole di correzione dei contributi ex ante in funzione del profilo di rischio, in applicazione dell’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59.

154    Infatti, come risulta dai documenti relativi all’adozione del regolamento delegato 2015/63, in particolare i documenti «JRC technical work supporting Commission second level legislation on risk based contributions to the (single) resolution fund» [Studio tecnico del JRC a supporto della normativa di secondo livello della Commissione sui contributi al Fondo di risoluzione (unico) basati sui rischi; in prosieguo: lo «studio tecnico del JRC»] e «Commission Staff Working Document: estimates of the application of the proposed methodology for the calculation of contributions to resolution financing arrangements» (Documento di lavoro dei servizi della Commissione: stime dell’applicazione del metodo proposto per il calcolo dei contributi ai dispositivi di finanziamento delle risoluzioni), l’elaborazione di tali regole comportava apprezzamenti e valutazioni complessi da parte della Commissione nella misura in cui essa doveva esaminare i diversi elementi alla luce dei quali erano state affrontate le diverse tipologie di rischio nei settori bancario e finanziario.

155    In tali circostanze e conformemente alla giurisprudenza (v., in tal senso, sentenze del 4 maggio 2016, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑358/14, EU:C:2016:323, punti 79, 96 e 97 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 dicembre 2022, Firearms United Network e a./Commissione, T‑187/21, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2022:848, punti 122 e 123 e giurisprudenza citata), il controllo, da parte del Tribunale, del rispetto del principio di proporzionalità deve limitarsi a esaminare se le misure adottate dal legislatore dell’Unione e dalla Commissione sono manifestamente inadeguate rispetto all’obiettivo perseguito, se vanno manifestamente al di là di quanto necessario per il raggiungimento di detto obiettivo o se comportano inconvenienti manifestamente sproporzionati rispetto a detto obiettivo.

156    A questo proposito, la ricorrente deduce, sostanzialmente, tre argomenti.

157    In primo luogo, occorre esaminare l’argomento della ricorrente secondo cui l’articolo 70, paragrafo 1 e paragrafo 2, secondo comma, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014 e gli articoli 6 e 7 e l’allegato I del regolamento delegato 2015/63 violano il principio di proporzionalità poiché il calcolo del contributo ex ante di ciascun ente dipende dalla situazione di altri enti, senza tuttavia che sia rispettato l’obiettivo della ripartizione equilibrata in funzione del rischio. In particolare, detta interdipendenza tra gli enti comporterebbe un onere sproporzionato a carico del settore bancario francese.

158    Per quanto attiene, anzitutto, all’adeguatezza del metodo di calcolo dei contributi ex ante, da un lato, va ricordato che la Corte ha già riconosciuto che il legislatore dell’Unione ha potuto optare, nell’ambito dell’ampio potere discrezionale di cui dispone, per una modalità di calcolo dei contributi ex ante fondata sulla valutazione comparata, in particolare, della situazione finanziaria di ciascun ente autorizzato (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 118).

159    Dall’altro, la ricorrente non ha dedotto alcun elemento che possa mettere in discussione i motivi a sostegno di detta constatazione o dell’affermazione del SRB secondo cui un siffatto metodo di calcolo mira a incoraggiare gli enti ad adottare modalità di funzionamento meno rischiose stimolandoli, in particolare, a migliorare la loro posizione rispetto a quella di altri enti.

160    In tali circostanze, la ricorrente non può sostenere che il calcolo dei contributi ex ante sulla base della presa in considerazione comparativa della situazione finanziaria di ciascun ente costituisce una misura manifestamente inadeguata ad ottenere l’obiettivo menzionato al precedente punto 159.

161    Per quanto attiene al carattere necessario del metodo menzionato al precedente punto 159, la ricorrente sostiene che i contributi ex ante avrebbero potuto essere calcolati mediante un altro metodo, fondato unicamente sui dati specifici dell’ente considerato. Tuttavia, anche ammettendo che un siffatto metodo sfoci nella quantificazione di un contributo ex ante più contenuto e che esso sia, pertanto, meno gravoso per gli enti, non è stato dimostrato che esso consentirebbe di conseguire l’obiettivo enunciato nel precedente punto 159 con la stessa efficacia del metodo di calcolo comparativo introdotto dal legislatore dell’Unione e dalla Commissione.

162    Alla luce degli argomenti come formulati dalla ricorrente, non è stato quindi dimostrato che il metodo di calcolo vada manifestamente al di là di quanto necessario per conseguire l’obiettivo menzionato al precedente punto 159.

163    Infine, la ricorrente non ha dimostrato che il calcolo dei contributi ex ante sulla base della valutazione comparativa della situazione finanziaria di ciascun ente comporterebbe inconvenienti manifestamente sproporzionati rispetto all’obiettivo perseguito, come descritto al precedente punto 159.

164    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la valutazione del profilo di rischio degli enti ai fini del calcolo dei contributi ex ante si fonda su criteri che non sono correlati con quelli applicati nell’ambito del SSM. A causa di questa assenza di correlazione, la ricorrente sarebbe assoggettata a un contributo ex ante di un importo artificiosamente elevato e sproporzionato.

165    Per quanto concerne, sotto un primo profilo, l’adeguatezza dei criteri di valutazione del profilo di rischio degli enti, come stabiliti dall’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59 – cui peraltro rinvia l’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera b), del regolamento n. 806/2014 – e dagli articoli 6 e 7, nonché dall’allegato I del regolamento delegato 2015/63, dal loro contenuto e dal considerando 107 della direttiva 2014/59, dal considerando 109 del regolamento n. 806/2014 e dal considerando 5 del regolamento delegato 2015/63 emerge che i criteri di cui trattasi mirano a garantire che gli enti con modalità di funzionamento più rischiose siano tenuti a versare contributi ex ante più elevati rispetto a quelli che hanno adottato modalità di funzionamento meno rischiose.

166    Orbene, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto che rimetta in discussione il fatto che tali criteri consentono di conseguire un siffatto obiettivo. A tal proposito, essa si è limitata a formulare un’affermazione non suffragata, secondo cui i criteri impiegati ai fini della valutazione del rischio nell’ambito del SSM sarebbero più adeguati a garantire che gli enti implicanti un rischio elevato contribuiscano in maniera maggiore al SRF. Orbene, alla luce delle considerazioni svolte ai precedenti punti da 104 a 111, un tale argomento non può essere accolto, posto che gli obiettivi della normativa in materia di SRM e quelli della normativa relativa al SSM non coincidono.

167    In tali circostanze, devono essere respinti gli argomenti della ricorrente volti a dimostrare che le disposizioni citate al precedente punto 165, contenenti i criteri di correzione dei contributi ex ante al profilo di rischio degli enti, sono manifestamente inadeguate rispetto all’obiettivo ricordato nel suddetto punto.

168    Per quanto attiene, sotto un secondo profilo, al carattere necessario della presa in considerazione dei criteri previsti dalle disposizioni citate nel precedente punto 165, la ricorrente asserisce che l’eventuale ricorso ai criteri utilizzati nell’ambito del SSM per calcolare i contributi ex ante potrebbe portare alla quantificazione di oneri più contenuti a carico degli enti interessati.

169    Tuttavia, come osservato dalla Corte nella sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU (C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 113), i criteri previsti dalle disposizioni citate nel precedente punto 165 mirano a ripartire l’ammontare del livello-obiettivo annuale tra gli enti interessati. Così, se criteri sostitutivi rispetto a quelli previsti dalle disposizioni di cui trattasi, come i criteri utilizzati nell’ambito del SSM, comportassero oneri ridotti per taluni enti, essi genererebbero, allo stesso tempo, oneri maggiori per altri enti. Malgrado ciò, la ricorrente non ha spiegato in che modo l’applicazione di detti criteri sostitutivi comporterebbe l’insorgenza di oneri più contenuti in capo a tutti gli enti interessati.

170    Inoltre, anche ammettendo che tali criteri comportino un contributo ex ante inferiore per gli enti, la ricorrente non precisa in che modo la loro applicazione consentirebbe di conseguire l’obiettivo enunciato al precedente punto 165 in maniera tanto efficace quanto l’applicazione dei criteri previsti dalle disposizioni menzionate nel suddetto punto, e ciò benché, come emerge dai precedenti punti da 104 a 111, gli obiettivi perseguiti dal SSM e, segnatamente, dalla normativa dell’Unione sui requisiti di vigilanza non coincidano con quelli previsti dalla normativa specifica per la risoluzione degli enti.

171    Tanto premesso, la ricorrente non ha dimostrato per quale motivo i criteri previsti dalle disposizioni citate nel precedente punto 165 vadano manifestamente al di là di quanto necessario per conseguire l’obiettivo enunciato in detto medesimo punto.

172    Sotto un terzo profilo, la ricorrente non ha dimostrato neppure che la correzione dei contributi ex ante in funzione del profilo di rischio degli enti in linea con i criteri previsti dalle disposizioni citate al precedente punto 165 abbia comportato inconvenienti manifestamente sproporzionati rispetto all’obiettivo perseguito, come descritto nel suddetto punto.

173    In terzo luogo, la ricorrente eccepisce la violazione del principio di proporzionalità poiché l’importo dei contributi ex ante è determinato quasi esclusivamente attraverso il contributo annuale di base. A suo avviso, il parametro principale dei contributi ex ante resta l’entità del bilancio e non il fattore di correzione che, variando da 0,8 a 1,5, avrebbe un’influenza limitata. Un siffatto meccanismo comporterebbe una sopravvalutazione dei contributi annuali di base degli enti di grandi dimensioni benché essi presentino un profilo di rischio debole nell’ambito del SSM.

174    A tal proposito, dall’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 806/2014, in combinato disposto con il considerando 5 del regolamento delegato 2015/63, emerge che il contributo annuale di base è proporzionale all’ammontare delle passività dell’ente considerato, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, rapportato alle passività totali, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, di tutti gli enti autorizzati sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti, cosicché detto contributo è fondato sulla dimensione dell’ente.

175    Per quanto attiene all’adeguatezza della presa in considerazione della dimensione degli enti ai fini del calcolo del contributo annuale di base, va ricordato, tenuto conto delle considerazioni illustrate al precedente punto 87, che per gli enti con passività importanti – e che presentano, quindi, una grande dimensione – sussiste una probabilità maggiore che venga loro applicato uno strumento di risoluzione e che essi beneficino così dei finanziamenti del SRF.

176    Orbene, è proprio fondandosi sul criterio della rilevanza delle passività degli enti – e, quindi, sulla loro dimensione – che il legislatore dell’Unione e la Commissione hanno voluto garantire gli obiettivi ricordati al precedente punto 42, che consistono, da un lato, nel procurare al SRM risorse finanziarie sufficienti per un’applicazione efficiente degli strumenti di risoluzione e, dall’altro, nell’incoraggiare gli enti ad adottare modalità di funzionamento meno rischiose riducendo, in particolare, le loro passività.

177    A questo titolo, la ricorrente non ha dimostrato che, fondando il calcolo del contributo annuale di base sulla dimensione degli enti, il legislatore dell’Unione e la Commissione avrebbero promosso una misura manifestamente inidonea a raggiungere gli obiettivi menzionati al precedente punto 176.

178    Per quanto concerne il carattere necessario del criterio relativo alla dimensione, la ricorrente deduce, sostanzialmente, che, se il calcolo dei contributi ex ante fosse fondato più sul fattore di correzione che sulla dimensione degli enti, l’importo di detti contributi risulterebbe inferiore poiché esso rifletterebbe il moderato profilo di rischio degli enti.

179    Orbene, se l’argomento dedotto dalla ricorrente dovesse essere interpretato nel senso che quest’ultima richiede l’applicazione di una forcella del fattore di correzione più ampia rispetto a quanto previsto all’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento delegato 2015/63, vale a dire una forcella che comprenda anche valori superiori all’1,5%, essa non avrebbe comunque dimostrato che il calcolo dei contributi ex ante sulla base di una siffatta forcella comporterebbe oneri meno gravosi a carico degli enti. Infatti, in una siffatta ipotesi, il fattore di correzione potrebbe essere fissato a un valore superiore all’1,5%, con conseguente incremento di detti contributi.

180    Pertanto, non si può sostenere che, fondando il calcolo del contributo ex ante più sulla dimensione degli enti che sul fattore di correzione, il metodo di calcolo di detti contributi previsto dal legislatore dell’Unione e precisato dalla Commissione vada manifestamente al di là di quanto necessario per raggiungere l’obiettivo menzionato al precedente punto 176.

181    La ricorrente non ha quindi dimostrato che la presa in considerazione della dimensione degli enti ai fini del calcolo dei contributi ex ante comportasse inconvenienti manifestamente sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti.

182    Alla luce di quanto precede, occorre respingere il secondo motivo di ricorso in quanto infondato.

3.      Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto

183    Con il suo terzo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che l’articolo 69, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 70, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 806/2014, l’articolo 4, paragrafo 2, gli articoli 6 e 7, e l’allegato I del regolamento delegato 2015/63, nonché l’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2015/81 violano il principio della certezza del diritto. L’argomento dedotto a fondamento di questo motivo di ricorso si compone di tre parti, vertenti, la prima, sull’impossibilità per gli enti di conoscere in anticipo l’importo dei loro contributi ex ante, la seconda, sulla mancata presa in considerazione di taluni indicatori di rischio e, la terza, su modalità inadeguate di determinazione del «tasso di incremento dei depositi protetti» destinato a determinare il livello-obiettivo annuale. Nell’ambito del presente motivo di ricorso, la ricorrente ha altresì dedotto una quarta parte, relativa alla violazione dell’articolo 290 TFUE.

184    In via preliminare, occorre precisare la portata della presente eccezione di illegittimità.

185    A tal proposito, va osservato che, benché la ricorrente sollevi formalmente un’eccezione di illegittimità rispetto a tutte le disposizioni menzionate nel precedente punto 183, l’argomento da essa dedotto a fondamento di tale eccezione si riferisce alla sola conformità degli articoli 6 e 7 e dell’allegato I del regolamento delegato 2015/63 al principio della certezza del diritto. Pertanto, la ricorrente non deduce alcun argomento relativo specificamente alla legittimità, alla luce di detto principio, dell’articolo 69, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 70, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 806/2014, dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63, nonché dell’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2015/81. In tali circostanze, si deve osservare che la presente eccezione di illegittimità verte, in realtà, sui soli articoli 6 e 7, nonché sull’allegato I del regolamento delegato 2015/63.

a)      Sulla prima parte, vertente sullimpossibilità di conoscere in anticipo il livello del contributo ex ante

186    La ricorrente sostiene, essenzialmente, che gli articoli 6 e 7, nonché l’allegato I del regolamento delegato 2015/63, violano il principio della certezza del diritto, poiché essa non può conoscere, con adeguato anticipo, l’importo del contributo ex ante che le sarà imposto. Anzitutto, il metodo di calcolo nel suo insieme non sarebbe trasparente. Inoltre, la correzione del contributo annuale di base in funzione del profilo di rischio dipenderebbe da modalità, previste dalle suddette disposizioni, non trasparenti. Infine, la sua assegnazione ai diversi intervalli avverrebbe in maniera unilaterale e opaca.

187    La fissazione dei contributi ex ante si fonderebbe, inoltre, sull’utilizzo di dati che non sono stati resi pubblici. Infine, l’importo dei contributi ex ante dipenderebbe dall’evoluzione della situazione di altri enti, il che creerebbe delle interdipendenze forti tra gli importi dei contributi individuali dei diversi enti, impedendo di calcolare in anticipo con esattezza un contributo ex ante.

188    Il SRB, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione contestano tale argomento.

189    Il principio della certezza del diritto esige, da un lato, che le norme di diritto siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per i soggetti dell’ordinamento, in particolare quando esse possono avere conseguenze sfavorevoli. Detto principio impone, in particolare, che una normativa consenta agli interessati di conoscere con esattezza la portata degli obblighi che essa impone loro e che essi possano conoscere senza ambiguità i loro diritti e i loro obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenze del 29 aprile 2021, Banco de Portugal e a., C‑504/19, EU:C:2021:335, punto 51, e del 16 febbraio 2022, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑157/21, EU:C:2022:98, punto 319).

190    Tuttavia, tali esigenze non possono essere intese nel senso che ostano a che un’istituzione dell’Unione, nell’ambito di una norma che essa adotta, utilizzi una nozione giuridica astratta, né nel senso che impongono che una simile norma astratta menzioni le diverse ipotesi concrete in cui essa può essere applicata, in quanto detta istituzione non può determinare in anticipo tutte le suddette ipotesi (v., per analogia, sentenze del 20 luglio 2017, Marco Tronchetti Provera e a., C‑206/16, EU:C:2017:572, punti 39 e 40, e del 16 febbraio 2022, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑157/21, EU:C:2022:98, punto 320).

191    Di conseguenza, una disposizione di un atto dell’Unione viola il principio della certezza del diritto, a causa della sua mancanza di chiarezza, solo ove essa presenti un’ambiguità tale da costituire un ostacolo a che i singoli possano eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi quanto alla portata o al senso di tale disposizione (v., in tal senso, sentenze del 14 aprile 2005, Belgio/Commissione, C‑110/03, EU:C:2005:223, punto 31, e del 22 maggio 2007, Mebrom/Commissione, T‑216/05, EU:T:2007:148, punto 108).

192    Parimenti, il fatto che un atto dell’Unione conferisca un potere discrezionale alle autorità preposte alla sua attuazione non disattende di per sé l’esigenza di prevedibilità, a condizione che l’estensione e le modalità di esercizio di un simile potere vengano definite con sufficiente chiarezza, in considerazione del legittimo obiettivo in gioco, per fornire una protezione adeguata contro l’arbitrio (v. sentenza del 16 febbraio 2022, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑157/21, EU:C:2022:98, punto 321 e giurisprudenza ivi citata).

193    Pertanto, conformemente alla giurisprudenza citata ai precedenti punti 191 e 192, nel caso di specie occorre esaminare se la normativa applicabile presenti un’ambiguità tale da costituire un ostacolo a che gli enti possano eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi quanto alla portata o al senso degli articoli 6 e 7, nonché dell’allegato I del regolamento delegato 2015/63, di cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità.

194    In primo luogo, per quanto attiene all’asserita opacità del metodo di calcolo nel suo complesso, spetta alla ricorrente individuare la mancanza di chiarezza, le imprecisioni o la carenza di prevedibilità nelle norme di diritto che essa contesta. Orbene, la ricorrente non le ha individuate, limitandosi a formulare affermazioni generali e non suffragate.

195    In ogni caso, dalla giurisprudenza si evince che la normativa applicabile non deve necessariamente consentire agli enti di verificare l’esattezza del calcolo del loro contributo ex ante, poiché una siffatta esigenza significherebbe, necessariamente, vietare al legislatore dell’Unione e alla Commissione di stabilire un metodo di calcolo di tale contributo che includa dati il cui carattere riservato è tutelato dal diritto dell’Unione e, pertanto, ridurre eccessivamente l’ampio potere discrezionale di cui devono disporre, a tal fine, il legislatore e la Commissione, impedendo loro, segnatamente, di optare per un metodo di calcolo idoneo ad assicurare un adeguamento dinamico del finanziamento del SRF all’evoluzione del settore finanziario, mediante la valutazione comparata, in particolare, della situazione finanziaria di ciascun ente autorizzato sul territorio di uno Stato membro partecipante al SRF (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 118).

196    Pertanto, è sufficiente che le persone interessate da una decisione che fissa contributi ex ante, pur non vedendosi trasmettere dati coperti dal segreto commerciale, dispongano del metodo di calcolo utilizzato dal SRB e di informazioni sufficienti per comprendere, in sostanza, in che modo la loro situazione individuale sia stata presa in considerazione ai fini del calcolo del loro contributo ex ante, tenuto conto della situazione di tutti gli altri enti interessati (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 122).

197    Tra le informazioni che devono, quindi, essere messe a disposizione degli enti figurano, in particolare, i valori limite di ogni intervallo e quelli dei relativi indicatori di rischio, sulla base dei quali il contributo ex ante degli enti è stato corretto in funzione del rispettivo profilo di rischio (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 167).

198    Inoltre, il regolamento delegato 2015/63 non osta in alcun modo alla possibilità, per il SRB, di comunicare, in forma aggregata e anonima, informazioni sufficienti a consentire a un ente di comprendere in che modo la sua situazione individuale sia stata presa in considerazione nel calcolo del suo contributo ex ante, tenuto conto della situazione di tutti gli altri enti interessati (sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 139).

199    In tali circostanze, occorre respingere la prima censura.

200    In secondo luogo, per quanto attiene alla correzione del contributo annuale di base degli enti in funzione del profilo di rischio, occorre osservare che la ricorrente si limita a sostenere che gli articoli 6 e 7 del regolamento delegato 2015/63 sono «opachi in ragione della loro ampiezza» e, quindi, ad eccepire, in termini generali, che le nozioni impiegate all’interno di dette disposizioni sarebbero viziate da una carenza di chiarezza tale da comportare una violazione del principio della certezza del diritto.

201    Tuttavia, la ricorrente non ha fornito al Tribunale alcun elemento concreto al fine di contestare la legittimità degli articoli 6 e 7 del regolamento delegato 2015/63 in ragione della loro asserita mancanza di chiarezza, imprecisione o carente prevedibilità.

202    La seconda censura non può, pertanto, essere accolta.

203    In terzo luogo, per quanto attiene all’argomento della ricorrente secondo cui il metodo detto di «binning», descritto al seguente punto 204, e in particolare l’assegnazione a diversi intervalli, sarebbe stato applicato in maniera unilaterale e opaca, va osservato quanto segue.

204    In applicazione dell’allegato I, al titolo «Fase 2», del regolamento delegato 2015/63, compete al SRB calcolare, in un primo momento, un numero di intervalli al fine di comparare tra loro gli enti alla luce dei diversi indicatori e sotto-indicatori di rischio. In un secondo momento, il SRB deve assegnare gli enti a ciascun intervallo e, in un terzo momento, attribuire a tutti gli enti all’interno di un determinato intervallo lo stesso punteggio, denominato «indicatore discretizzato», di cui esso deve tener conto nel prosieguo del calcolo del rispettivo fattore di correzione.

205    Inoltre, l’allegato I del regolamento delegato 2015/63 precisa, segnatamente, le diverse fasi del metodo di binning e indica le formule matematiche che devono essere applicate dal SRB.

206    Orbene, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto diretto a dimostrare una carenza di chiarezza, precisione o prevedibilità per quanto attiene alle suddette diverse fasi o formule.

207    In ogni caso, alla luce delle considerazioni enunciate ai precedenti punti da 195 a 197, la Commissione non era tenuta a prevedere che fossero forniti agli enti dati idonei a consentire loro di verificare, in modo completo, l’esattezza dell’applicazione del metodo di binning.

208    Inoltre, il regolamento delegato 2015/63 non impediva affatto al SRB di divulgare, per soddisfare i requisiti di cui ai precedenti punti 196 e 197, i valori limite di ogni intervallo e gli indicatori ad esso relativi, al fine di consentire all’ente interessato di assicurarsi, in particolare, che la classificazione che gli è stata attribuita in occasione della discretizzazione degli indicatori, quale definita nell’allegato I di tale regolamento delegato, corrisponda effettivamente alla sua situazione economica, che tale discretizzazione sia stata effettuata in modo conforme al metodo definito da tale regolamento delegato sulla base di dati plausibili e che siano stati effettivamente presi in considerazione tutti i fattori di rischio che devono essere considerati in applicazione del regolamento n. 806/2014 nonché del suddetto regolamento delegato.

209    In quarto luogo, la ricorrente non può invocare, a fondamento della presente eccezione di illegittimità, il fatto che lo strumento di calcolo messo a disposizione degli enti dal SRB prima dell’adozione della decisione impugnata non avrebbe consentito di controllare le analisi compiute da quest’ultimo per assegnare gli enti ai diversi intervalli. Infatti, detto strumento di calcolo non è stato previsto dalla normativa applicabile, più precisamente, dal regolamento delegato 2015/63. Di conseguenza, una siffatta critica riguarda la legittimità degli atti del SRB e non la legittimità del regolamento delegato.

210    Anche ammettendo che la suddetta censura debba essere intesa nel senso che, attraverso di essa, la ricorrente contesta la legittimità della decisione impugnata, basti osservare che quest’ultima non spiega in che modo dati asseritamente insufficienti nello strumento di calcolo menzionato al precedente punto 209 pregiudichino la validità della decisione di cui trattasi e ciò benché la normativa applicabile non obblighi il SRB a mettere a disposizione degli enti detto strumento e la comunicazione di quest’ultimo preceda l’adozione della decisione di cui trattasi. In ogni caso, dalla giurisprudenza citata nei precedenti punti 195 e 196 emerge che il SRB non è tenuto a divulgare dati coperti dal segreto commerciale relativi alla situazione economica di ciascuno degli altri enti interessati.

211    In quinto luogo, la ricorrente sottolinea che la pubblicazione, all’interno delle decisioni che fissano i contributi ex ante di un determinato anno, di taluni insiemi di dati riservati sarebbe insufficiente, poiché il SRB non provvederebbe sempre alla pubblicazione di altri elementi non riservati necessari per la corretta comprensione e per la previsione dei calcoli.

212    Orbene, con un siffatto argomento, la ricorrente non mette in discussione nemmeno le disposizioni della normativa applicabile, citate nel precedente punto 186, di cui essa eccepisce l’illegittimità alla luce del principio della certezza del diritto.

213    Infatti, la ricorrente si limita a criticare la mancata pubblicazione, da parte del SRB, di taluni elementi non riservati necessari per il calcolo dei contributi ex ante, precedentemente all’adozione delle decisioni che fissano tali contributi. Di conseguenza, tale censura non riguarda la legittimità della normativa applicabile, ma le modalità della sua applicazione da parte del SRB.

214    Anche ammettendo che tale censura debba essere intesa nel senso che, attraverso di essa, la ricorrente contesta la legittimità della decisione impugnata, quest’ultima non illustra con sufficiente chiarezza gli elementi concreti che il SRB era tenuto a pubblicare per soddisfare i requisiti risultanti dalla giurisprudenza citata nei precedenti punti 195 e 196 e che non ha pubblicato. A tal proposito, da tale medesima giurisprudenza emerge peraltro che sarebbe eccessivo pretendere che il SRB comunichi ciascuno dei dati numerici sui quali si basa il calcolo del contributo di ciascun ente interessato (v. sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 123 e giurisprudenza ivi citata).

215    In sesto luogo, per quanto attiene al fatto che il calcolo dei contributi ex ante di un ente dipenderebbe da dati riservati relativi alla situazione di altri enti, il che aggraverebbe l’imprevedibilità del metodo di calcolo, va osservato che la ricorrente non ha in alcun modo sviluppato l’argomento dedotto al riguardo.

216    In ogni caso, detto argomento contrasta con gli insegnamenti tratti dalla sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU (C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601), che vertono sì sul rispetto dell’obbligo di motivazione, ma valgono allo stesso modo per il rispetto del principio della certezza del diritto.

217    Nella sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU (C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601), la Corte ha ammesso che il principio stesso del metodo di calcolo dei contributi ex ante, come risultava dalla direttiva 2014/59 e dal regolamento n. 806/2014, poteva implicare l’impiego, da parte del SRB, di dati di altri enti coperti dal segreto commerciale (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 114).

218    In tale contesto, da un lato, la ricorrente non può basarsi unicamente sulla circostanza che, non essendole comunicati i dati di altri enti, essa non può calcolare in anticipo il contributo ex ante che è tenuta a versare.

219    Dall’altro, come osservato al precedente punto 198, il regolamento delegato 2015/63 non osta in alcun modo alla possibilità per il SRB di comunicare, in forma aggregata e anonima, informazioni sufficienti a consentire a un ente di comprendere in che modo la sua situazione individuale sia stata presa in considerazione nel calcolo del suo contributo ex ante, tenuto conto della situazione di tutti gli altri enti interessati.

220    Occorre, quindi, respingere la prima parte del terzo motivo di ricorso.

b)      Sulla seconda parte, vertente sullimprevedibilità dellapplicazione di taluni indicatori di rischio

221    La ricorrente sostiene che taluni indicatori di rischio non sono stati applicati nel calcolare i contributi ex ante per il periodo di contribuzione 2021, vale a dire il «coefficiente netto di finanziamento stabile», il MREL, nonché la «complessità» e la «possibilità di risoluzione». La mancata presa in considerazione di detti indicatori di rischio, oltre all’imprevedibilità della loro applicazione, contrasterebbero con il principio della certezza del diritto, nella misura in cui la ricorrente non potrebbe prevederne l’applicazione.

222    Inoltre, il fatto che il regolamento delegato 2015/63 riconosca al SRB, nelle sue disposizioni transitorie, la possibilità di non prendere in considerazione determinati indicatori di rischio, consentendogli tuttavia di correggere il contributo annuale di base in funzione del profilo di rischio, genererebbe una situazione di incertezza giuridica.

223    Il SRB e la Commissione contestano tale argomento.

224    Conformemente alla giurisprudenza citata ai precedenti punti da 189 a 192, occorre esaminare se, nel caso di specie, la normativa applicabile presenti un’ambiguità tale da costituire un ostacolo a che gli enti possano eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi quanto all’applicazione di taluni indicatori di rischio, quali il «coefficiente netto di finanziamento stabile», il MREL, nonché la «complessità» e la «possibilità di risoluzione».

225    Le condizioni nelle quali il SRB può astenersi, in via transitoria, dall’applicare tali indicatori di rischio sono previste all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63 ai sensi del quale «[l]addove l’obbligo applicabile di segnalazione a fini di vigilanza di cui all’articolo 14 [di detto regolamento delegato] non contempli, per l’anno di riferimento, le informazioni richieste da un indicatore specifico di cui all’allegato II [di detto regolamento delegato], detto indicatore di rischio non si applica finché non è applicabile l’obbligo di segnalazione a fini di vigilanza».

226    L’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento delegato 2015/63 prevede così due condizioni in cui il SRB non applica, in via transitoria, un indicatore di rischio, vale a dire, in primo luogo, quando le informazioni richieste da un siffatto indicatore non rientrano nell’obbligo di segnalazione a fini di vigilanza citato all’articolo 14 di detto regolamento delegato e, in secondo luogo, quando tale indicatore è menzionato nell’allegato II di detto regolamento delegato, intitolato «Dati da trasmettere all’autorità di risoluzione» e contenente quindici categorie di dati. Orbene, la ricorrente non ha sostenuto, né tanto meno dimostrato, che dette condizioni presentavano un’ambiguità tale da costituire un ostacolo a che gli enti potessero eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi quanto all’applicazione di taluni indicatori di rischio.

227    Date le circostanze, devono pertanto essere respinti gli argomenti della ricorrente diretti a dimostrare che il regolamento n. 806/2014 o il regolamento delegato 2015/63 sarebbero illegittimi in ragione di un’asserita violazione del principio della certezza del diritto a causa dell’imprevedibilità sotto il profilo dell’attuazione degli indicatori di rischio.

228    Occorre, quindi, respingere la seconda parte del terzo motivo di ricorso.

c)      Sulla terza parte, vertente sulle modalità di determinazione del «tasso di incremento dei depositi protetti»

229    La ricorrente ritiene che l’obiettivo di raggiungere un livello-obiettivo finale pari all’1% dell’ammontare dei depositi protetti dell’unione bancaria implica che, ogni anno, il SRB debba valutare un «tasso di incremento di detti depositi protetti», che sarebbe determinato in maniera non trasparente e la cui evoluzione sarebbe difficilmente prevedibile da parte degli enti.

230    Il SRB contesta tale argomento.

231    Occorre osservare che la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento concreto diretto a dimostrare che le disposizioni citate al precedente punto 183 presentino un’ambiguità tale da costituire un ostacolo a che gli enti possano eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi quanto alla determinazione del livello-obiettivo finale o del livello-obiettivo annuale.

232    Inoltre, con una parte del suo argomento, la ricorrente contesta, in realtà, un difetto di motivazione della decisione impugnata per quanto concerne la determinazione del livello-obiettivo annuale. Detta censura non riguarda la legittimità delle disposizioni menzionate nel precedente punto 183 e sarà esaminata più avanti ai punti da 271 a 308.

233    Pertanto, occorre respingere la terza parte del terzo motivo di ricorso nella misura in cui la ricorrente contesta la legittimità di dette disposizioni.

d)      Sulla quarta parte, vertente sulla violazione dellarticolo 290 TFUE da parte dei criteri di calcolo definiti dal regolamento delegato 2015/63

234    Nell’ambito del terzo motivo di ricorso, la ricorrente ha altresì ritenuto che il fatto che i criteri essenziali di calcolo siano stati definiti dal regolamento delegato 2015/63, e non dal regolamento n. 806/2014, implicasse una violazione dell’articolo 290 TFUE. In udienza, la ricorrente ha precisato che, con detto argomento, essa intendeva sostenere che la direttiva 2014/59 aveva fissato unicamente le categorie generali di rischio, da essa raggruppate in quattro categorie di rischio, senza pronunciarsi tuttavia sui criteri stessi, che erano stati definiti dalla Commissione nel regolamento delegato 2015/63.

235    Il Parlamento contesta la fondatezza di questa parte del terzo motivo di ricorso e si interroga sulla sua ricevibilità, non essendo stata sollevata in maniera sufficientemente chiara e precisa nel ricorso.

236    A tal proposito, dalla giurisprudenza emerge che, al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia, è necessario, perché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si basa emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso stesso. Pertanto, qualsiasi motivo di ricorso che non sia sufficientemente sviluppato nell’atto introduttivo del giudizio deve essere considerato irricevibile. Requisiti analoghi sono imposti quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto. Tale eccezione di irricevibilità di ordine pubblico deve essere rilevata d’ufficio dal giudice dell’Unione (v. sentenze del 30 giugno 2021, Italia/Commissione, T‑265/19, non pubblicata, EU:T:2021:392, punto 33 e giurisprudenza citata, e del 7 luglio 2021, Bateni/Consiglio, T‑455/17, EU:T:2021:411, punto 135 e giurisprudenza ivi citata).

237    Nel caso di specie, il ricorso si è limitato, al suo punto 125, a indicare che «la funzione essenzialmente strutturante e decisiva dei criteri di calcolo definiti dal [r]egolamento delegato [2015/63] porta[va] a ritenere che detti criteri [fossero], per definizione, essenziali al [regolamento n. 806/2014], il che implica[va] una violazione dell’articolo 290 del TFUE» e, al suo punto 139, ad enunciare che «il fatto che criteri essenziali di calcolo siano stati adottati nell’ambito del [r]egolamento delegato e non del [regolamento no 806/2014] viola[va] l’articolo 290, [paragrafo 1,] del TFUE».

238    Tali affermazioni non sono accompagnate, nel ricorso, da alcuna argomentazione. La ricorrente non ha quindi individuato, in particolare, le disposizioni del regolamento delegato 2015/63 che, a suo avviso, contenevano elementi essenziali ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, TFUE, che avrebbero dovuto figurare nella direttiva 2014/59. Parimenti, la ricorrente non ha né precisato quali elementi concreti di dette disposizioni rivestirebbero un carattere «essenziale», né ha dedotto una qualche argomentazione a tal fine.

239    Infine, la mancanza di chiarezza della presente parte è aggravata dal fatto che essa è stata dedotta nell’ambito di un motivo di ricorso vertente sulla violazione di una norma di diritto diversa, vale a dire il principio della certezza del diritto.

240    Occorre pertanto constatare che gli elementi essenziali di fatto e di diritto su cui si fonda la censura relativa alla violazione dell’articolo 290 TFUE non emergono, neppure sommariamente, dal testo del ricorso stesso. Una censura siffatta non risponde, quindi, ai requisiti enunciati al precedente punto 236.

241    Date le circostanze, l’argomento sollevato dalla ricorrente in udienza non può essere considerato come un ampliamento della censura formulata nei punti 125 e 139 del ricorso dal momento che tale censura non è stata dedotta validamente.

242    Occorre, quindi, respingere la quarta parte del terzo motivo di ricorso in quanto irricevibile.

4.      Sul quarto e sul quinto motivo di ricorso, vertenti sulla violazione del principio di buona amministrazione e sulla violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva, nella misura in cui integrano uneccezione di illegittimità

243    La ricorrente ritiene che sia l’articolo 4, paragrafo 2, l’articolo 6 e l’articolo 7, nonché l’allegato I del regolamento delegato 2015/63, sia la decisione impugnata, fondata su dette disposizioni, violino il principio di buona amministrazione, che comprende l’obbligo di motivazione, e il principio della tutela giurisdizionale effettiva. A parere della ricorrente, gli enti non hanno accesso a tutti i dati che sono essenziali per consentire loro di comprendere e di verificare la decisione impugnata. In particolare, le modalità dettagliate del calcolo del «tasso di correzione dei depositi protetti» non sarebbero note agli enti, il che impedirebbe loro di verificare la validità dei calcoli compiuti a tale titolo.

244    Il SRB contesta tale argomento.

245    In primo luogo, va ricordato che, quando, come nel caso di specie, le istituzioni o gli organi dell’Unione dispongono di un potere discrezionale, il principio di buona amministrazione esige il rispetto, nei procedimenti amministrativi, delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico dell’Unione, tra cui figurano, segnatamente, l’obbligo per l’istituzione o per l’organo competente di esaminare in modo accurato ed imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14; del 30 settembre 2003, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑191/98, da T‑212/98 a T‑214/98, EU:T:2003:245, punto 404, e del 9 aprile 2019, Qualcomm e Qualcomm Europe/Commissione, T‑371/17, non pubblicata, EU:T:2019:232, punto 200).

246    In secondo luogo, secondo una giurisprudenza consolidata, l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione di detta motivazione, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione in questione (v. sentenze del 26 aprile 2018, Donnellan, C‑34/17, EU:C:2018:282, punto 55, e del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken, C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43).

247    Inoltre, il principio del contraddittorio, che fa parte dei diritti della difesa menzionati all’articolo 47 della Carta, implica il diritto delle parti in un processo di prendere conoscenza di tutti gli atti o le osservazioni presentati al giudice per formare il suo convincimento e di discuterli. Infatti, il diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva non consente di porre a base di una decisione giudiziaria circostanze e documenti di cui le parti stesse, o una di esse, non abbiano avuto conoscenza e sui quali non abbiano, conseguentemente, potuto esprimersi (v. sentenze del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punti 55 e 56, e del 23 ottobre 2014, Unitrading, C‑437/13, EU:C:2014:2318, punto 21).

248    Tuttavia, in taluni casi eccezionali, un’autorità dell’Unione può opporsi alla comunicazione all’interessato dei motivi precisi e completi alla base di una decisione adottata nei suoi confronti, invocando ragioni connesse alla protezione di dati riservati. In un siffatto caso, è necessario attuare tecniche e norme di diritto che consentano di conciliare, da un lato, le legittime preoccupazioni relative alla protezione dei dati riservati presi in considerazione nell’adottare la decisione di cui trattasi e, dall’altro, la necessità di garantire adeguatamente all’interessato il rispetto dei suoi diritti processuali, quali il diritto ad essere sentito e il principio del contraddittorio (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punti da 115 a 120; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 125).

249    Una siffatta conciliazione deve avvenire anche nell’ambito del calcolo dei contributi ex ante in considerazione della loro natura specifica. Infatti, come risulta dai considerando da 105 a 107 della direttiva 2014/59 e dal considerando 41 del regolamento n. 806/2014, i contributi di cui trattasi mirano a garantire, in una logica di ordine assicurativo, che il settore finanziario procuri risorse finanziarie sufficienti al SRM affinché esso possa adempiere le sue funzioni, incoraggiando l’adozione, da parte degli enti interessati, di modalità di funzionamento meno rischiose. Pertanto, il calcolo di tali contributi si fonda non sull’applicazione di un’aliquota a una base imponibile, bensì, in applicazione degli articoli 102 e 103 della direttiva 2014/59 nonché degli articoli 69 e 70 del regolamento n. 806/2014, sulla definizione di un livello-obiettivo finale che dovrà essere raggiunto mediante la somma di detti stessi contributi riscossi entro la fine del periodo iniziale di otto anni a decorrere dal 1° gennaio 2016 (in prosieguo: il «periodo iniziale» e il «livello-obiettivo finale») e, successivamente, di un livello-obiettivo annuale da ripartire tra gli enti autorizzati sul territorio di tutti gli Stati membri partecipanti (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 113).

250    Poiché il livello-obiettivo finale è definito in funzione del raggiungimento dell’1% dell’importo dei depositi protetti di tutti i suddetti enti e il contributo annuale di base di ciascun ente è calcolato in percentuale dell’ammontare delle sue passività, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, in relazione alle passività aggregate, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, di tutti gli enti autorizzati nei territori di tutti gli Stati membri partecipanti, emerge che il principio stesso del metodo di calcolo dei contributi ex ante, come risultante dalla direttiva 2014/59 e dal regolamento n. 806/2014, implica l’impiego, da parte del SRB, di dati coperti dal segreto commerciale (sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 114).

251    Orbene, le istituzioni e gli organismi dell’Unione sono, in via di principio, tenuti, in applicazione del principio di tutela del segreto commerciale, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione il quale si concretizza, in particolare, all’articolo 339 TFUE, a non rivelare ai concorrenti di un operatore privato informazioni riservate fornite da quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punti 109 e 114 e giurisprudenza ivi citata).

252    Competeva, pertanto, alla Commissione e al Consiglio dell’Unione europea, in sede di istituzione del sistema di calcolo dei contributi ex ante mediante il regolamento delegato 2015/63 e il regolamento di esecuzione 2015/81, conciliare il rispetto del segreto commerciale con il principio della tutela giurisdizionale effettiva, con la conseguenza che i dati coperti da detto segreto non possono essere comunicati agli interessati e non possono, segnatamente, essere inclusi nella motivazione delle decisioni che stabiliscono l’importo dei contributi ex ante.

253    Questa caratteristica del sistema di calcolo dei contributi ex ante non preclude, tuttavia, l’esercizio di un controllo giurisdizionale effettivo da parte del giudice dell’Unione.

254    Infatti, da un lato, nulla nelle disposizioni di cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità osta a che, conformemente all’articolo 88, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 806/2014, il SRB, nell’adottare la sua decisione che fissa i contributi ex ante, divulghi informazioni riservate ricevute nell’ambito della sua attività o in forma sommaria o aggregata, in modo tale che gli enti interessati non possono essere identificati (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 136).

255    Dall’altro lato, quando la motivazione di una siffatta decisione deve essere limitata per assicurare la protezione di dati riservati, spetta all’autore di detta decisione, in caso di ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione che metta in discussione tali dati, fornire giustificazioni dinanzi a questi ultimi nella fase istruttoria del contenzioso (v., in tal senso, sentenze del 1º luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 110, e del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 145).

256    Se del caso, al fine di esercitare un controllo giurisdizionale effettivo, conforme ai requisiti di cui all’articolo 47 della Carta, i giudici dell’Unione possono chiedere al SRB la produzione di dati idonei a giustificare i calcoli la cui esattezza è contestata dinanzi ad essi, assicurando, se necessario, la riservatezza di tali dati (v. sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 146).

257    Inoltre, compete al giudice dell’Unione, nell’esaminare il complesso degli elementi di diritto e di fatto forniti dal SRB, verificare la fondatezza delle ragioni fatte valere da quest’ultimo per opporsi alla comunicazione dei dati utilizzati ai fini del calcolo del contributo ex ante (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 126).

258    Qualora risulti che le ragioni addotte dal SRB effettivamente ostano alla comunicazione di informazioni o elementi probatori prodotti dinanzi al giudice dell’Unione, sarà necessario bilanciare adeguatamente le esigenze imposte dal diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, e in particolare dal rispetto del principio del contraddittorio, con quelle derivanti dalla tutela del segreto commerciale (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 128).

259    Da quanto precede emerge che il calcolo dei contributi ex ante sulla base di dati coperti dal segreto commerciale, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, agli articoli 6 e 7 e all’allegato I del regolamento delegato 2015/63, e senza che detti dati siano messi a disposizione degli interessati, non comporta, di per sé, che dette disposizioni siano incompatibili con il principio di buona amministrazione e con il principio della tutela giurisdizionale effettiva.

260    Siffatta conclusione non è messa in discussione dagli argomenti della ricorrente.

261    A tale riguardo, sotto un primo profilo, la ricorrente non può fondarsi sulle sentenze del 28 novembre 2019, Portigon/SRB (T‑365/16, EU:T:2019:824), e del 23 settembre 2020, Landesbank Baden-Württemberg/SRB (T‑411/17, EU:T:2020:435). Da un lato, quest’ultima sentenza è stata annullata dalla Corte con la sua sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU (C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601), non essendo state condivise le considerazioni relative al principio della tutela giurisdizionale effettiva su cui la ricorrente si fonda. Dall’altro lato, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la sentenza del 28 novembre 2019, Portigon/SRB (T‑365/16, EU:T:2019:824), non contiene nessuna analisi riguardante, specificamente, il principio della tutela giurisdizionale effettiva.

262    Sotto un secondo profilo, la ricorrente non può contestare la legittimità del regolamento delegato 2015/63 per il fatto che né il regolamento n. 806/2014, né la direttiva 2014/59 impongono un metodo di calcolo dei contributi ex ante che prevede che venga anzitutto definito un livello-obiettivo e operata poi una distribuzione tra gli enti di tali stessi contributi.

263    A questo proposito, basti ricordare che, come osservato ai precedenti punti da 254 a 258, la Corte ha riconosciuto la possibilità per il legislatore dell’Unione di ricorrere a un metodo di calcolo fondato sulla definizione di un livello-obiettivo, e successivamente di un livello-obiettivo annuale che deve essere ripartito tra tutti gli enti, senza che siano tuttavia violati l’obbligo di motivazione o il principio della tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punti 136, 145 e 146).

264    Di conseguenza, anche il regolamento delegato 2015/63 poteva attuare un siffatto metodo.

265    Sotto un terzo profilo, la ricorrente ritiene che gli enti non abbiano accesso a tutti i dati essenziali per consentire loro di comprendere e di verificare la decisione impugnata.

266    Al riguardo, da un lato, è sufficiente ricordare che le disposizioni citate al precedente punto 243 non impediscono in alcun modo al SRB di divulgare, per soddisfare i requisiti di cui ai precedenti punti da 245 a 258, le informazioni necessarie per consentire agli enti interessati di sincerarsi, segnatamente, di aver accesso a tutti i dati che sono essenziali per comprendere e verificare la decisione impugnata.

267    Dall’altro, nella misura in cui la suddetta censura verte sulla legittimità della decisione impugnata, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun argomento per sostenerla.

268    Una siffatta censura non può pertanto essere accolta.

269    Sotto un quarto profilo, per quanto attiene all’argomento della ricorrente vertente sulla mancanza, nella decisione impugnata, di dati relativi alla fissazione del «tasso di correzione dei depositi protetti» destinati a determinare il livello-obiettivo annuale, un argomento siffatto non mette in discussione le disposizioni citate al precedente punto 243, di cui la ricorrente eccepisce l’illegittimità alla luce del principio di buona amministrazione e del principio della tutela giurisdizionale effettiva, ma la legittimità della decisione impugnata. Pertanto, essa sarà esaminata nei seguenti punti da 309 a 314.

270    Occorre, quindi, respingere il quarto e il quinto motivo di ricorso nella misura in cui essi sono stati dedotti a fondamento dell’eccezione di illegittimità dell’articolo 4, paragrafo 2, degli articoli 6 e 7, nonché dell’allegato I del regolamento delegato 2015/63.

C.      Sui motivi di ricorso vertenti sulla legittimità della decisione impugnata

1.      Sulla motivazione della determinazione del livello-obiettivo annuale

271    Come indicato al precedente punto 232, con la terza parte del terzo motivo di ricorso, la ricorrente contesta, segnatamente, in realtà, il difetto di motivazione della decisione impugnata nella parte riguardante la determinazione del livello-obiettivo annuale.

272    A tal proposito, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 69, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, al termine del periodo iniziale, i mezzi finanziari disponibili nel SRF devono raggiungere il livello-obiettivo finale, che corrisponde ad almeno l’1% dell’ammontare dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi autorizzati nel territorio di tutti gli Stati membri partecipanti.

273    Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, nel periodo iniziale i contributi ex ante devono essere scaglionati nel tempo nel modo più uniforme possibile fino al raggiungimento del livello-obiettivo finale di cui al precedente punto 272, tenendo tuttavia debitamente conto della fase del ciclo economico e dell’impatto che i contributi prociclici possono avere sulla situazione finanziaria degli enti.

274    L’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 precisa che, ogni anno, i contributi dovuti da tutti gli enti autorizzati nei territori di tutti gli Stati membri partecipanti non superano il 12,5% del livello-obiettivo.

275    Per quanto concerne le modalità di calcolo dei contributi ex ante, l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento delegato 2015/63 prevede che il SRB ne determina l’importo in base al livello-obiettivo annuale, tenuto conto del livello-obiettivo finale, e in base all’ammontare medio dei depositi protetti dell’anno precedente, calcolato su base trimestrale, di tutti gli enti autorizzati nel territorio di tutti gli Stati membri partecipanti.

276    Parimenti, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2015/81, il SRB calcola il contributo ex ante a carico di ciascun ente basandosi sul livello-obiettivo annuale che deve essere stabilito alla luce del livello-obiettivo finale e secondo la metodologia prevista dal regolamento delegato 2015/63.

277    Nel caso di specie, come emerge dal considerando 48 della decisione impugnata, il SRB ha fissato, per il periodo di contribuzione 2021, l’importo del livello-obiettivo annuale in EUR 11 287 677 212,56.

278    Nei considerando 36 e 37 della decisione impugnata, il SRB ha spiegato, in sostanza, che il livello-obiettivo annuale doveva essere determinato sulla base di un’analisi vertente sull’andamento dei depositi protetti nel corso degli anni precedenti, su qualsiasi evoluzione pertinente della situazione economica, nonché su un’analisi degli indicatori relativi alla fase del ciclo economico e sugli effetti dei contributi prociclici sulla situazione finanziaria degli enti. Il SRB ha poi ritenuto opportuno fissare un coefficiente basato su tale analisi e sui mezzi finanziari disponibili nel SRF (in prosieguo: il «coefficiente»). Il SRB ha applicato detto coefficiente a un ottavo dell’ammontare medio dei depositi protetti nel 2020, al fine di ottenere il livello-obiettivo annuale.

279    Nei considerando da 38 a 47 della decisione impugnata il SRB ha illustrato l’iter seguito per fissare il coefficiente.

280    Al considerando 38 della decisione impugnata, il SRB ha riconosciuto una tendenza costante di crescita dei depositi protetti per tutti gli enti degli Stati membri partecipanti. In particolare, per il 2020, l’ammontare medio di detti depositi, calcolato su base trimestrale, era pari a EUR 6 689 miliardi.

281    Ai considerando 40 e 41 della decisione impugnata, il SRB ha illustrato la prevista evoluzione dei depositi protetti per i tre restanti anni del periodo iniziale, vale a dire dal 2021 al 2023. Esso ha ritenuto che i tassi annuali di crescita dei depositi protetti sino alla fine del periodo iniziale si sarebbero collocati tra il 4% e il 7%.

282    Ai considerando da 42 a 45 della decisione impugnata, il SRB ha presentato una valutazione della fase del ciclo economico e del potenziale effetto prociclico che i contributi ex ante avrebbero potuto avere sulla situazione finanziaria degli enti. A tal fine, esso ha indicato di aver tenuto conto di molteplici indicatori, come la previsione di crescita del prodotto interno lordo della Commissione e le proiezioni in materia della Banca centrale europea (BCE) o il flusso di crediti del settore privato in percentuale del prodotto interno lordo.

283    Al considerando 46 della decisione impugnata, il SRB ha concluso che, pur potendosi ragionevolmente attendere un’ulteriore crescita dei depositi protetti all’interno dell’unione bancaria, il ritmo di tale crescita sarebbe stato inferiore rispetto a quello dell’anno 2020. A tal proposito, al considerando 47 della decisione impugnata, il SRB ha indicato di aver adottato un «approccio prudente» per quanto riguardava il tasso di crescita dei depositi protetti per gli anni successivi sino al 2023.

284    Alla luce di tali considerazioni, al considerando 48 della decisione impugnata, il SRB ha fissato il valore del coefficiente all’1,35%. Esso ha poi calcolato l’importo del livello-obiettivo annuale moltiplicando l’ammontare medio dei depositi protetti nel 2020 per tale coefficiente e dividendo il risultato di tale calcolo per otto, conformemente alla seguente formula matematica, contenuta nel considerando 48 della decisione di cui trattasi:

«Obiettivo0 [importo del livello-obiettivo annuale] = Totale depositi protetti2020 * 0,0135 * ⅛ = EUR 11 287 677 212,56».

285    Tuttavia, in udienza, il SRB ha indicato di aver determinato il livello-obiettivo annuale per il periodo di contribuzione 2021 con le seguenti modalità.

286    In primo luogo, fondandosi su un’analisi prospettica, il SRB ha fissato l’ammontare dei depositi protetti dell’insieme degli enti autorizzati nel territorio di tutti gli Stati membri partecipanti, stimato, per la fine del periodo iniziale, in circa EUR 7 500 miliardi. Per giungere a tale importo, il SRB ha tenuto conto dell’ammontare medio dei depositi protetti nel 2020, vale a dire EUR 6 689 miliardi, di un tasso di crescita annuo dei depositi protetti pari al 4%, nonché del numero di periodi di contribuzione restanti sino alla fine del periodo iniziale, vale a dire tre.

287    In secondo luogo, conformemente all’articolo 69, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il SRB ha calcolato l’1% di detti EUR 7 500 miliardi per ottenere l’importo stimato del livello-obiettivo finale che doveva essere raggiunto al termine del periodo iniziale, ovvero circa EUR 75 miliardi.

288    In terzo luogo, il SRB ha dedotto da quest’ultimo importo le risorse finanziarie già disponibili nel SRF nel 2021, vale a dire circa EUR 42 miliardi, per ottenere l’importo che doveva essere ancora riscosso nei periodi di contribuzione restanti sino alla fine del periodo iniziale, vale a dire dal 2021 al 2023. Detto importo ammontava, quindi, a circa EUR 33 miliardi.

289    In quarto luogo, il SRB ha diviso quest’ultimo importo per tre al fine di ripartirlo uniformemente tra i suddetti tre periodi di contribuzione restanti. Il livello-obiettivo annuale per il periodo di contribuzione 2021 è stato così fissato nell’importo indicato al precedente punto 277, vale a dire in circa EUR 11,287 miliardi.

290    In udienza, il SRB ha altresì sostenuto di aver reso pubblici gli elementi di informazione su cui aveva basato il metodo descritto nel precedenti punti da 286 a 289, i quali avrebbero consentito alla ricorrente di comprendere il metodo di determinazione del livello-obiettivo annuale. In particolare, esso ha precisato di aver pubblicato, sul proprio sito Internet, nel maggio 2021, vale a dire dopo l’adozione della decisione impugnata ma prima della presentazione del presente ricorso, una scheda informativa denominata «Fact Sheet 2021» (in prosieguo: la «scheda informativa»), indicante l’importo stimato del livello-obiettivo finale. Parimenti, il SRB ha sostenuto che l’ammontare dei mezzi finanziari disponibili nel SRF era anch’esso disponibile sul suo sito Internet, nonché reperibile mediante altre fonti pubbliche, prima dell’adozione della decisione impugnata.

291    Per stabilire se il SRB abbia rispettato il suo obbligo di motivazione per quanto attiene alla determinazione del livello-obiettivo annuale, occorre anzitutto ricordare che un difetto o un’insufficienza di motivazione costituiscono un motivo di ordine pubblico che può, o addirittura deve, essere rilevato d’ufficio dal giudice dell’Unione (v. sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, il Tribunale può, o meglio deve, prendere in considerazione anche altri difetti di motivazione, oltre a quelli invocati dalla ricorrente, e ciò, segnatamente, quando essi emergono nel corso del procedimento.

292    A tal fine, nella fase orale del procedimento, le parti sono state sentite su tutti gli eventuali difetti di motivazione da cui sarebbe viziata la decisione impugnata sotto il profilo della determinazione del livello-obiettivo annuale. In particolare, sentito espressamente in proposito, il SRB ha confermato il metodo da esso effettivamente seguito per determinare il livello-obiettivo annuale per il periodo di contribuzione 2021, come illustrato ai precedenti punti da 286 a 289.

293    Per quanto attiene, poi, al contenuto dell’obbligo di motivazione, dalla giurisprudenza si evince che la motivazione di una decisione di un’istituzione, di un organo o di un organismo dell’Unione riveste un’importanza particolare in quanto consente all’interessato di decidere con piena cognizione di causa se intende ricorrere contro tale decisione e al giudice competente di esercitare il suo controllo, e costituisce quindi una delle condizioni di efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta (v. sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

294    Una siffatta motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale esso è stato adottato. A tale riguardo, la motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi e, in particolare, in funzione dell’interesse che coloro che sono interessati dall’atto possono avere a ricevere spiegazioni. Di conseguenza, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

295    Inoltre, detta motivazione deve essere, segnatamente, priva di contraddizioni per consentire agli interessati di conoscerne i reali motivi, al fine di difendere i loro diritti dinanzi al giudice competente, e a quest’ultimo di esercitare il suo controllo (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 169 e giurisprudenza ivi citata; del 22 settembre 2005, Suproco/Commissione, T‑101/03, EU:T:2005:336, punti 20 e da 45 a 47, e del 16 dicembre 2015, Grecia/Commissione, T‑241/13, EU:T:2015:982, punto 56).

296    Inoltre, quando, nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione, l’autore della decisione impugnata fornisce talune spiegazioni sui motivi ad essa sottostanti, tali spiegazioni devono essere coerenti con le considerazioni illustrate in detta decisione (v., in tal senso, sentenze del 22 settembre 2005, Suproco/Commissione, T‑101/03, EU:T:2005:336, punti da 45 a 47, e del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punti 54 e 55).

297    Infatti, se le considerazioni illustrate nella decisione impugnata non sono coerenti con tali spiegazioni fornite nel corso del procedimento giurisdizionale, la motivazione della decisione interessata non soddisfa le funzioni ricordate ai precedenti punti 293 e 294. In particolare, una siffatta incoerenza impedisce, da un lato, agli interessati di conoscere i reali motivi della decisione impugnata prima della proposizione del ricorso e di preparare la propria difesa al riguardo e, dall’altro, al giudice dell’Unione di individuare i motivi che sono serviti da reale supporto giuridico a detta decisione e di esaminare la loro conformità alle norme applicabili.

298    Infine, occorre ricordare che il SRB, nell’adottare una decisione che stabilisce i contributi ex ante, deve mettere gli enti interessati a conoscenza del metodo di calcolo di detti contributi (v. sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 122).

299    Lo stesso deve valere per il metodo di determinazione del livello-obiettivo annuale, posto che detto importo riveste un’importanza essenziale nell’economia di una tale decisione. Infatti, come risulta dall’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2015/81, il metodo di calcolo dei contributi ex ante consiste nella ripartizione di tale importo tra tutti gli enti interessati, cosicché un suo aumento o una sua riduzione comporta un corrispondente aumento o riduzione del contributo ex ante di ciascuno di detti enti.

300    Dalle considerazioni che precedono emerge che, se il SRB è tenuto a fornire agli enti, attraverso la decisione impugnata, spiegazioni sul metodo di determinazione del livello-obiettivo annuale, tali spiegazioni devono essere coerenti con quelle da esso fornite nel corso del procedimento giurisdizionale e vertenti sul metodo effettivamente applicato.

301    Orbene, ciò non si verifica nella presente causa.

302    Infatti, va anzitutto osservato che nel considerando 48 della decisione impugnata è stata illustrata una formula matematica ivi presentata come fondamento della determinazione del livello-obiettivo annuale. Orbene, è emerso che detta formula non integra gli elementi del metodo realmente applicato dal SRB, come esposto in udienza. Infatti, come risulta dai precedenti punti da 286 a 289, il SRB ha ottenuto l’importo del livello-obiettivo annuale, nell’ambito di detto metodo, deducendo dal livello-obiettivo finale i mezzi finanziari disponibili nel SRF al fine di calcolare l’importo che doveva essere ancora riscosso entro il termine del periodo iniziale e dividendo detto importo per tre. Orbene, questi due passaggi del calcolo non trovano alcuna espressione nella suddetta formula matematica.

303    Inoltre, tale constatazione non può essere messa in discussione dall’affermazione del SRB secondo cui quest’ultimo avrebbe pubblicato, nel maggio 2021, la scheda informativa, contenente una forcella indicante i potenziali importi del livello-obiettivo finale e, sul suo sito Internet, l’ammontare dei mezzi finanziari disponibili nel SRF. Infatti, indipendentemente dalla questione se la ricorrente fosse o meno effettivamente a conoscenza di tali importi, questi ultimi non erano, di per sé, idonei a consentirle di comprendere che le due operazioni menzionate nel precedente punto 302 erano state effettivamente applicate dal SRB, fermo restando, inoltre, che la formula matematica prevista al considerando 48 della decisione impugnata non li menzionava neppure.

304    Analoghe incoerenze si riscontrano anche per quanto concerne le modalità di fissazione del coefficiente dell’1,35%, che tuttavia svolge un ruolo fondamentale nella formula matematica menzionata nel precedente punto 303. Infatti, tale coefficiente potrebbe essere inteso nel senso che esso si fonda, tra gli altri parametri, sulla crescita prevista dei depositi protetti nel corso dei restanti anni del periodo iniziale. Orbene, tale lettura non è coerente con le spiegazioni fornite dal SRB in udienza, da cui risulta che il coefficiente di cui trattasi è stato fissato in modo da poter giustificare il risultato del calcolo dell’importo del livello-obiettivo annuale, vale a dire dopo che il SRB ha calcolato detto importo in applicazione dei quattro passaggi illustrati nei precedenti punti da 286 a 289 e, segnatamente, dividendo per tre l’importo risultante dalla deduzione dei mezzi finanziari disponibili nel SRF dal livello-obiettivo finale. Orbene, tale modo di procedere non risulta affatto dalla decisione impugnata.

305    Occorre, inoltre, ricordare che, secondo la scheda informativa, l’importo del livello-obiettivo finale stimato si colloca in una forcella compresa tra EUR 70 e 75 miliardi. Orbene, a quanto risulta, detta forcella non è coerente con la forcella del tasso di crescita dei depositi protetti, compreso tra il 4% e il 7%, presente nel considerando 41 della decisione impugnata. Infatti, in udienza il SRB ha indicato che, ai fini della determinazione del livello-obiettivo annuale, esso aveva tenuto conto di un tasso di crescita dei depositi protetti del 4% – che era il tasso più basso della seconda forcella – e che aveva così ottenuto il livello-obiettivo finale stimato di EUR 75 miliardi – che rappresentava il valore massimo della prima forcella. In tal modo, risulta sussistere una discordanza tra dette due forcelle. Infatti, da un lato, la forcella relativa al tasso di crescita dei depositi protetti comprende anche valori superiori al tasso del 4%, la cui applicazione avrebbe, tuttavia, portato a un importo stimato del livello-obiettivo finale superiore a quello inserito nella forcella relativa a detto livello-obiettivo. Dall’altro, per la ricorrente è impossibile comprendere per quale motivo il SRB abbia incluso nella forcella relativa a detto livello-obiettivo importi inferiori a EUR 75 miliardi. Infatti, per arrivare a tali importi, sarebbe stato necessario applicare un tasso inferiore al 4%, che, tuttavia, non è compreso nella forcella relativa al tasso di crescita dei depositi protetti. Date le circostanze, la ricorrente non era in grado di stabilire in che modo il SRB si fosse avvalso della forcella relativa al tasso di crescita di detti depositi per pervenire al calcolo del livello-obiettivo finale stimato.

306    Ne consegue che, per quanto attiene alla determinazione del livello-obiettivo annuale, il metodo effettivamente applicato dal SRB, come illustrato in udienza, non corrisponde a quello descritto nella decisione impugnata, cosicché le ragioni reali prese in considerazione ai fini della fissazione di detto livello-obiettivo non potevano essere individuate sulla base della decisione impugnata né dagli enti né dal Tribunale.

307    Alla luce di quanto precede, occorre constatare che la decisione impugnata è inficiata da vizi di motivazione per quanto riguarda la determinazione del livello-obiettivo annuale.

308    Deve, pertanto, essere accolta la terza parte del terzo motivo di ricorso, nella misura in cui verte su un vizio di motivazione della decisione impugnata sotto il profilo della determinazione del livello-obiettivo annuale. Tuttavia, tenuto conto delle questioni di carattere giuridico ed economico sollevate dalla presente causa, è nell’interesse di una corretta amministrazione della giustizia continuare con l’esame degli altri motivi di ricorso.

2.      Sulla parte restante del quarto e del quinto motivo di ricorso, vertenti sulla violazione del principio di buona amministrazione e sulla violazione, da parte del SRB, del principio della tutela giurisdizionale effettiva nella decisione impugnata

309    Come emerge dal precedente punto 269, con il quarto e quinto motivo di ricorso, la ricorrente eccepisce anche la violazione del principio di buona amministrazione e del principio della tutela giurisdizionale effettiva da parte della decisione impugnata stessa.

310    L’argomento dedotto dalla ricorrente verte, più specificamente, sull’assenza, nella decisione impugnata, di dati relativi alla fissazione del «tasso di correzione dei depositi protetti» destinati a determinare il livello-obiettivo annuale, vale a dire il coefficiente.

311    Come risulta dall’esame di cui ai precedenti punti da 271 a 308, il SRB ha violato l’obbligo di motivazione per quanto atteneva alla fissazione del livello-obiettivo annuale.

312    Inoltre, dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta e dalla giurisprudenza citata al precedente punto 246 deriva che la motivazione di una decisione di un organo dell’Unione costituisce una delle condizioni di effettività dei principi di buona amministrazione e di tutela giurisdizionale effettiva.

313    Ne consegue che la violazione dell’obbligo di motivazione della decisione impugnata per quanto attiene alla determinazione del livello-obiettivo annuale costituisce anche una violazione del principio di buona amministrazione e del principio della tutela giurisdizionale effettiva.

314    Occorre pertanto accogliere il quarto e il quinto motivo di ricorso nella misura in cui si riferiscono alla violazione dei principi di buona amministrazione e della tutela giurisdizionale effettiva in ragione della violazione dell’obbligo di motivazione.

3.      Sul settimo e sullottavo motivo di ricorso, vertenti su errori manifesti di valutazione e sullerrore di diritto risultante dalle limitazioni imposte allutilizzo degli IPI

315    Con il settimo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che il SRB è incorso in numerosi errori manifesti di valutazione nel valutare il livello di utilizzo degli IPI e le garanzie da accettare in contropartita.

316    Con l’ottavo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che il SRB ha violato l’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 e l’articolo 103, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 nel fissare il livello di utilizzo degli IPI e le garanzie da accettare in contropartita.

317    Il SRB contesta tale argomento.

318    In via preliminare, occorre ricordare che i contributi ex ante possono essere corrisposti mediante un versamento immediato in contanti, o mediante un IPI, conformemente all’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014. In caso di utilizzo di un IPI, l’ente conclude con il SRB un accordo in forza del quale esso si assume l’impegno di versare la somma corrispondente, quale parte del contributo ex ante, a prima richiesta.

319    A tal proposito, va precisato che, nella decisione impugnata, il SRB ha limitato l’utilizzo degli IPI al 15% dell’importo dei contributi ex ante dovuti per il periodo di contribuzione 2021 e le garanzie presentata per gli IPI ai soli contanti.

320    Si deve, inoltre, ricordare che l’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 prevede che i mezzi finanziari disponibili che concorrono al raggiungimento del livello-obiettivo finale possono comprendere IPI integralmente coperti dalla garanzia di attività a basso rischio non gravate da diritti di terzi, a libera disposizione e destinate all’uso esclusivo del SRB, fermo restando che la quota degli IPI non può superare il 30% dell’importo complessivo dei contributi ex ante di ogni anno. Una siffatta possibilità è prevista anche all’articolo 103, paragrafo 3, della direttiva 2014/59.

321    Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento delegato 2015/63, compete al SRB precisare, nella decisione relativa ai contributi ex ante per un determinato periodo di contribuzione, la quota di IPI di cui ciascun ente può valersi, fermo restando che il SRB accetta solo le garanzie reali del tipo e secondo condizioni che consentano un rapido realizzo, anche nel caso di decisione di risoluzione adottate durante il fine settimana.

322    Conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/81, nel definire la quota di detti IPI, il SRB deve accertarsi che l’utilizzo degli IPI non pregiudichi in alcun modo la capacità finanziaria o la liquidità del SRF.

323    Infine, l’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione 2015/81 indica che, nel periodo iniziale, in circostanze normali, il SRB autorizza l’utilizzo di IPI su richiesta di un ente e lo ripartisce equamente tra gli enti che lo richiedono. La disposizione in parola precisa altresì che gli IPI assegnati non sono inferiori al 15% degli obblighi di pagamento complessivi dell’ente e che, nel calcolare i contributi annuali di ciascun ente, il SRB provvede a che, per ogni anno, la somma di tali IPI non superi il 30% dell’importo complessivo di detti contributi.

324    Dalle disposizioni succitate risulta, da un lato, che l’aliquota specifica degli IPI assegnati a un ente che ne fa domanda è pari, almeno, al 15% dei suoi obblighi di pagamento complessivi e, dall’altro, che la somma di tutti gli IPI autorizzati non può superare il limite massimo del 30% dell’importo complessivo dei contributi ex ante per l’intero periodo di contribuzione considerato. Quest’ultima soglia, fissata dal legislatore dell’Unione è volta, come conferma l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/81, a non mettere in pericolo la liquidità e la capacità operativa del SRF.

325    Spetta, pertanto, al SRB fissare la quota precisa di IPI accordati a un ente che ne fa richiesta, fermo restando che detta quota non può essere inferiore al 15% dei suoi obblighi di pagamento complessivi, garantendo nel contempo che non sia superata la soglia massima menzionata nel precedente punto 324 relativa alla totalità degli IPI autorizzati. Inoltre, benché tali disposizioni non precisino la natura delle garanzie ammissibili, resta il fatto che il SRB può accettare gli IPI solo se coperti da garanzie di attività a basso rischio non gravate da diritti di terzi e secondo condizioni che consentano un rapido realizzo.

326    La determinazione della quota precisa degli IPI riconosciuta a un ente che ne fa richiesta e della natura delle garanzie accettabili implica, pertanto, valutazioni complesse di carattere economico e tecnico, cosicché il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi a verificare che l’esercizio del potere discrezionale riconosciuto al SRB non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere e che il SRB non abbia manifestamente oltrepassato i limiti di detto potere.

327    È alla luce di queste considerazioni che occorre esaminare gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

328    In primo luogo, per quanto attiene alla limitazione dell’utilizzo degli IPI al 15% dell’importo dei contributi ex ante, la ricorrente ritiene che una siffatta limitazione sia contraria allo spirito, al contesto e agli obiettivi dell’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014, poiché il SRB non avrebbe cercato di offrire agli enti la piena possibilità di utilizzare gli IPI al di là di detta soglia del 15%.

329    A tal proposito, come già indicato al precedente punto 320, l’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 precisa che la quota degli IPI non può superare la soglia del 30% dell’importo complessivo di tutti i contributi ex ante versati ogni anno. Per contro, la disposizione di cui trattasi non prevede che il SRB debba fissare la quota degli IPI al 30% degli obblighi di pagamento complessivi dell’ente che ne fa richiesta.

330    Inoltre, la determinazione, da parte del SRB, della quota degli IPI riconosciuta agli enti che ne fanno richiesta deve essere fondata su una valutazione concreta della situazione di detti enti e della situazione del SRF, fermo restando che il SRB deve altresì accertarsi che l’utilizzo degli IPI non pregiudichi in alcun modo la capacità finanziaria o la liquidità del SRF, conformemente al considerando 16 e all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/81.

331    Orbene, come risulta, segnatamente, dal considerando 150 della decisione impugnata, il SRB ha deciso di non fissare la quota degli IPI a un livello superiore al 15% dell’importo dei contributi ex ante sulla base di un esame concreto di tutte le circostanze da esso ritenute pertinenti, in particolare, quelle legate alla pandemia di COVID-19, e delle conseguenze a lungo termine che un ricorso a un importo maggiore degli IPI avrebbe avuto sulla situazione degli enti.

332    In tali circostanze, la ricorrente non può sostenere che la limitazione dell’utilizzo degli IPI al 15% degli obblighi di pagamento complessivi dell’ente che ne fa richiesta violi l’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014.

333    In secondo luogo, per quanto attiene al requisito imposto dal SRB, secondo cui le garanzie degli IPI devono essere costituite da contanti, la ricorrente sostiene che né l’articolo 103, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, né l’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 rimettono al SRB la scelta di definire la tipologia di garanzia che gli enti possono fornire. Pertanto, imponendo, in linea di principio e quasi come regola, una siffatta tipologia di garanzia, il SRB andrebbe al di là delle prescrizioni di legge che inquadrano le sue competenze.

334    A tal proposito, come constatato al precedente punto 326, dalle disposizioni menzionate nei precedenti punti da 320 a 323, risulta che il SRB dispone di un potere discrezionale per quanto attiene alle modalità di utilizzo degli IPI e alla natura delle garanzie che devono essere accettate in loro contropartita.

335    Certamente, tale potere è circoscritto dal requisito secondo cui dette garanzie devono essere attività a basso rischio non gravate da diritti di terzi, a libera disposizione e destinate all’uso esclusivo del SRB, che non pregiudichino in alcun modo la capacità finanziaria o la liquidità del SRF.

336    Tuttavia, riguardo a tali condizioni, la ricorrente non ha presentato al Tribunale alcun elemento idoneo a dimostrare quali altre tipologie di attivi avrebbero integrato garanzie comparabili ai contanti.

337    Di conseguenza, la ricorrente non può sostenere che, nel definire il tipo di garanzia che gli enti dovevano fornire ai fini degli IPI, il SRB ha violato l’articolo 103, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 e l’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014.

338    Detta conclusione non è messa in discussione dal fatto che il SRB ha giustificato tale requisito richiamandosi, al considerando 152 della decisione impugnata, a IPI già concordati nei precedenti periodi di contribuzione poiché una siffatta circostanza non incide in alcun modo sull’errore di diritto dedotto.

339    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che l’inquadramento dell’utilizzo degli IPI non è trasparente, avendo il SRB respinto la richiesta di taluni enti di ricevere comunicazione o di ottenere la pubblicazione della sua decisione SRB/ES/2020/71, del 16 dicembre 2020, che fissa la politica per il periodo di contribuzione 2021 con riferimento agli IPI (in prosieguo: la «decisione che fissa la politica IPI»).

340    A tale riguardo, la ricorrente non spiega adeguatamente l’incidenza di tale circostanza sull’esame dell’errore di diritto invocato nell’ambito dei presenti motivi di ricorso.

341    Inoltre, nella misura in cui la presente censura deve essere intesa nel senso che, con essa, la ricorrente mette in dubbio l’adeguatezza della motivazione della decisione impugnata, occorre osservare che la censura di cui trattasi e il sesto motivo di ricorso, vertente su un difetto di motivazione della decisione impugnata con riferimento agli IPI, si sovrappongono. Orbene, in udienza, la ricorrente ha ritirato tale motivo di ricorso, sottintendendo così che essa non contestava più la motivazione della decisione impugnata sotto il profilo dell’utilizzo degli IPI.

342    In ogni caso, in risposta a una misura istruttoria del Tribunale del 9 novembre 2022, il SRB ha prodotto le decisioni intermedie pertinenti ai fini del calcolo dei contributi ex ante per il periodo di contribuzione 2021. Dette decisioni, che sono state poi notificate alla ricorrente in versione non riservata, contengono, segnatamente, la decisione che fissa la politica IPI. Inoltre, la decisione impugnata stessa fornisce, nei suoi considerando da 145 a 155, una motivazione relativa agli IPI.

343    La ricorrente non ha peraltro individuato alcun elemento contenuto nella decisione che fissa la politica IPI che non sia stato ripreso nella decisione impugnata stessa.

344    Pertanto, nulla indica che la mancata pubblicazione della decisione che fissa la politica IPI abbia in qualche modo inciso sulla portata delle informazioni di cui la ricorrente disponeva ai fini del potere di verificare la legittimità dell’utilizzo degli IPI.

345    In quarto luogo, la ricorrente sostiene che il SRB è incorso in errori manifesti di valutazione per quanto concerne i rischi di liquidità e di prociclicità legati a un utilizzo degli IPI superiore al 15% dei contributi ex ante. Infatti, contrariamente a quanto ritenuto dal SRB, l’utilizzo degli IPI sarebbe stato previsto per attenuare gli effetti prociclici che i contributi ex ante potrebbero comportare in ragione del loro ammontare. Pertanto, tenuto conto del contesto macroeconomico dell’anno 2020, un utilizzo maggiore degli IPI avrebbe consentito di controbilanciare l’incremento di detti contributi dovuto all’aumento dei depositi degli enti.

346    A questo proposito, è vero che, se il SRB fissa la quota degli IPI di ciascun ente che ne fa richiesta a un livello superiore al 15% dei rispettivi obblighi di pagamento complessivi, detto livello può comportare uno sgravio a breve termine per gli enti di cui trattasi, come sostiene la ricorrente, poiché riduce la quota di contributi ex ante che deve essere da loro versata immediatamente in contanti.

347    Tuttavia, come osserva in sostanza il SRB senza essere contraddetto su tale punto, un livello superiore al 15% rischia di avere, a lungo termine, effetti prociclici sulla posizione degli enti. Infatti, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2015/81 prevede che, in caso di intervento di risoluzione del SRF a norma dell’articolo 76 del regolamento n. 806/2014, il SRB chiede di ottemperare a una parte o alla totalità degli IPI per garantire che le somme corrispondenti siano versate al SRF. Ne consegue che, in una situazione siffatta, gli enti che si sono serviti di IPI sono tenuti ad onorarli e a versare le somme corrispondenti, il che comporta a loro carico un rischio di perdite importanti che sarebbe ancora superiore se la quota degli IPI fosse fissata a un livello elevato.

348    Ciò vale, a maggior ragione, se si considera che la decisione impugnata è stata adottata in circostanze particolari caratterizzate da una situazione di incertezza economica legata alla pandemia di COVID-19. In tale contesto, gli effetti provocati da un eventuale ricorso agli IPI sulla posizione degli enti avrebbero potuto essere ancor più gravi, come osserva, in sostanza, il SRB nei considerando 150, 152 e 153 della decisione impugnata.

349    Date le circostanze, il SRB poteva ritenere che un livello superiore di IPI avrebbe potuto spiegare effetti prociclici a lungo termine per gli enti aumentando le loro perdite a seguito del pagamento di somme corrispondenti agli IPI nell’ambito di un intervento di risoluzione.

350    Pertanto, la ricorrente non ha dimostrato che, fissando per il periodo di contribuzione 2021 la quota degli IPI al 15% dell’importo dei contributi ex ante, il SRB sia incorso in un errore manifesto di valutazione o in uno sviamento di potere o che esso abbia manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale.

351    Questa constatazione non è messa in discussione dalle sentenze citate dalla ricorrente, vale a dire le sentenze del 9 settembre 2020, Société générale/BCE (T‑143/18, non pubblicata, EU:T:2020:389), del 9 settembre 2020, Crédit agricole e a./BCE (T‑144/18, non pubblicata, EU:T:2020:390), del 9 settembre 2020, Confédération nationale du Crédit mutuel e a./BCE (T‑145/18, non pubblicata, EU:T:2020:391), del 9 settembre 2020, BPCE e a./BCE (T‑146/18, non pubblicata, EU:T:2020:392), del 9 settembre 2020, Arkéa Direct Bank e a./BCE (T‑149/18, non pubblicata, EU:T:2020:393), e del 9 settembre 2020, BNP Paribas/BCE (T‑150/18 e T‑345/18, EU:T:2020:394). Dette sentenze vertono su decisioni della BCE con cui quest’ultima ha imposto che gli importi cumulativi degli IPI sottoscritti nei confronti del SRF o degli SGD fossero dedotti dai fondi propri. In tali sentenze, il giudice dell’Unione non si è pronunciato sulla determinazione, da parte del SRB, del livello di utilizzo degli IPI, né sulle garanzie che possono essere accettate in contropartita.

352    In quinto luogo, la ricorrente sostiene che il SRB non ha spiegato in che modo sussistesse un rischio di liquidità in caso di garanzie costituite esclusivamente in contanti ed espresse in euro. A tal proposito, il modello di accordo relativo agli IPI prevederebbe un meccanismo che assicura la buona liquidità del SRF, poiché contemplerebbe, da un lato, la possibilità per il SRB di accedere, in tempi brevi, a contanti corrispondenti agli IPI forniti a titolo di garanzia, e, dall’altro, la piena proprietà del SRB su detti contanti e la possibilità per quest’ultimo di disporne liberamente in caso di mancato pagamento da parte dell’ente interessato.

353    Nella misura in cui anche la presente censura deve essere intesa nel senso che, con essa, la ricorrente mette in dubbio l’adeguatezza della motivazione della decisione impugnata per quanto attiene al rischio di liquidità in caso di garanzie esclusivamente costituite in contanti ed espresse in euro, occorre osservare che la censura di cui trattasi e il sesto motivo di ricorso, vertente su un difetto di motivazione della decisione impugnata con riferimento agli IPI, si sovrappongono. Orbene, come indicato nel precedente punto 341, in udienza la ricorrente ha ritirato detto motivo di ricorso.

354    Inoltre, se l’argomento dalla ricorrente relativo a detta censura dovesse esse inteso nel senso che essa addebita al SRB di essere incorso in un errore manifesto di valutazione nel limitare la quota degli IPI al 15% dell’importo dei contributi ex ante, benché tali garanzie siano costituite esclusivamente da contanti e non presentino pertanto alcun rischio di liquidità in considerazione del modello di accordo sugli IPI, va osservato quanto segue.

355    Da un lato, benché sia pacifico che le garanzie relative agli IPI composte esclusivamente di contanti sono attività a basso rischio in considerazione della possibilità di liquidarle in tempi brevi, tale circostanza non mette in discussione le considerazioni svolte nei precedenti punti da 347 a 349, secondo cui, nelle particolari circostanze che caratterizzavano il periodo interessato, il SRB poteva ritenere, senza incorrere in alcun errore manifesto di valutazione, che un tasso di utilizzo degli IPI superiore al 15% dell’importo dei contributi ex ante avrebbe potuto comportare effetti prociclici a lungo termine per gli enti.

356    Dall’altro lato, la ricorrente si basa, a torto, sul modello di accordo relativo agli IPI per sostenere che il SRB avrebbe dovuto autorizzare una quota di IPI superiore al 15% in ragione del fatto che detto modello riconoscerebbe al SRB la piena proprietà dei contanti trasferiti, che costituirebbero così attività a basso rischio.

357    Certamente, il modello di accordo sugli IPI prevede, nel suo articolo 3.1, che, per garantire il pagamento integrale e puntuale degli obblighi garantiti, l’ente costituisce una garanzia in contanti a favore del SRB e gli trasferisce la piena proprietà di un importo in contanti pari all’ammontare degli IPI e, al suo articolo 3.5, che il SRB ha la piena proprietà dei contanti trasferiti e ha diritto di utilizzarli liberamente, fatto salvo l’obbligo di restituire l’importo corrispondente alla garanzia in contanti in caso di pagamento delle obblighi garantiti alla loro scadenza.

358    Peraltro, gli articoli 2, 5 e 6 del modello di accordo sugli IPI prevedono una procedura con cui il SRB chiede l’adempimento degli IPI, oltre alle conseguenze per l’ente interessato.

359    In base agli articoli 2.1 e 2.2 del modello di accordo sugli IPI, il SRB invia all’ente un avviso con cui richiede l’adempimento degli IPI. L’articolo 5 di detto stesso modello di accordo stabilisce che, all’atto del ricevimento del pagamento richiesto, il SRB restituisce garanzie in contanti di importo corrispondente a quello del pagamento richiesto e versato. L’articolo 6 del modello di accordo sugli IPI prevede, segnatamente, che, in caso di mancato pagamento a prima richiesta da parte dell’ente, il SRB ha diritto di confiscare la garanzia in contanti per adempiere gli obblighi garantiti e può, in particolare, a tale titolo, procedere a una compensazione tra l’importo degli obblighi garantiti insoluti e il suo obbligo di rimborsare la garanzia in contanti.

360    Dall’analisi delle disposizioni del modello di accordo sugli IPI emerge che, benché il SRB disponga della piena proprietà dei contanti che garantiscono gli IPI, egli può liberarli, a favore del SRF, solo seguendo una particolare procedura.

361    In tali circostanze, il SRB poteva ritenere, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 2015/81, che, sotto il profilo della capacità finanziaria e della liquidità del SRF, tali IPI non offrivano un livello di garanzia pari a un versamento immediato in contanti.

362    In sesto luogo, la ricorrente, pur addebitando al SRB di non aver menzionato la possibilità di ricorrere a tipologie di attività diverse dai contanti che potessero comunque essere considerate come a basso rischio e non gravate da diritti di terzi, non ha precisato quali altri tipi di attività avrebbero offerto garanzie comparabili ai contanti senza pregiudicare la capacità finanziaria o la liquidità del SRF, cosicché detto argomento deve essere respinto.

363    Date le circostanze, la ricorrente non ha dimostrato che il SRB sia incorso in errori manifesti di valutazione o in un errore di diritto nel limitare l’utilizzo degli IPI al 15% dell’importo dei contributi ex ante dovuti per il periodo di contribuzione 2021 e le garanzie presentate ai fini degli IPI ai soli contanti.

364    Occorre, quindi, respingere il settimo e l’ottavo motivo di ricorso.

D.      Conclusione

365    Tenuto conto della fondatezza della terza parte del terzo motivo, nonché del quarto e del quinto motivo di ricorso nella misura in cui sono proposti direttamente avverso la decisione impugnata, occorre annullare la decisione impugnata, nella parte in cui riguarda la ricorrente.

E.      Sulla limitazione nel tempo degli effetti della sentenza

366    In caso di annullamento della decisione impugnata, il SRB chiede al Tribunale di mantenerne gli effetti sino alla sua sostituzione o, quantomeno, per un periodo di sei mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà definitiva.

367    In udienza, la ricorrente ha osservato che un eventuale annullamento della decisione impugnata per illegittimità nel merito dovrebbe portare il SRB a restituirle l’importo del suo contributo ex ante. Inoltre, un siffatto annullamento non avrebbe alcun impatto sul funzionamento del SRB, né sulla stabilità finanziaria dell’Unione, posto che il SRF sarebbe in una fase molto avanzata della sua costituzione.

368    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, il giudice dell’Unione può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.

369    A tal proposito, dalla giurisprudenza risulta che, in considerazione di motivi relativi alla certezza del diritto, gli effetti di tale atto possono essere mantenuti, in particolare, qualora gli effetti immediati del suo annullamento comportino gravi conseguenze negative e qualora la legittimità dell’atto impugnato sia contestata non a causa della sua finalità o del suo contenuto, ma per motivi attinenti alla violazione di forme sostanziali (v. sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU, C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 175 e giurisprudenza ivi citata).

370    Nel caso di specie, la decisione impugnata è stata adottata in violazione di forme sostanziali. Per contro, nell’ambito del presente procedimento, il Tribunale non ha riscontrato errori che inficino la legittimità nel merito della decisione di cui trattasi.

371    Inoltre, in linea con quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Landesbank Baden-Württemberg e CRU (C‑584/20 P e C‑621/20 P, EU:C:2021:601, punto 177), occorre riconoscere che pronunciare l’annullamento della decisione impugnata senza prevedere il mantenimento dei suoi effetti fino alla sua sostituzione con un nuovo atto potrebbe pregiudicare l’attuazione della direttiva 2014/59, del regolamento n. 806/2014 e del regolamento delegato 2015/63, che costituiscono una parte essenziale dell’unione bancaria, la quale contribuisce alla stabilità della zona euro.

372    In tali circostanze, occorre mantenere gli effetti della decisione impugnata, nella parte riguardante la ricorrente, fino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole che non può superare sei mesi a partire dalla data di pronuncia della presente sentenza, di una nuova decisione del SRB che fissa il contributo ex ante al SRF della ricorrente per il periodo di contribuzione 2021.

 Sulle spese

373    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il SRB è rimasto soccombente, occorre condannarlo a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alla domanda di quest’ultima.

374    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione si faranno carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione SRB/ES/2021/22 del Comitato di risoluzione unico (SRB), del 14 aprile 2021, relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2021 al Fondo di risoluzione unico è annullata nella parte in cui riguarda La Banque postale.

2)      Gli effetti della decisione SRB/ES/2021/22, nella parte in cui riguarda La Banque postale, sono mantenuti fino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole che non può superare sei mesi a partire dalla data di pronuncia della presente sentenza, di una nuova decisione del SRB che fissa il contributo ex ante al Fondo di risoluzione unico di tale ente per il periodo di contribuzione 2021.

3)      Il SRB si farà carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute da La Banque postale.

4)      Il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea si faranno carico delle proprie spese.

Kornezov

De Baere

Petrlík

Kecsmár

 

Kingston

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 dicembre 2023.

Il cancelliere

 

Il presidente

T. Henze


Indice


I. Fatti

II. Decisione impugnata

III. Conclusioni delle parti

IV. In diritto

A. Sulle eccezioni di irricevibilità

B. Sulle eccezioni di illegittimità del regolamento n. 806/2014, del regolamento delegato 2015/63 e del regolamento di esecuzione 2015/81

1. Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di parità di trattamento

a) Sulla prima e sulla seconda parte, vertenti sulla mancata presa in considerazione delle differenti situazioni degli enti dell’unione bancaria e sul carattere ingiustificato dell’esclusione dei depositi protetti dalla base di calcolo del contributo annuale di base

1) Sulla prima censura della prima parte, vertente sulla mancata presa in considerazione delle differenti situazioni nei settori bancari degli Stati membri partecipanti, e sulla seconda parte, vertente sul carattere ingiustificato dell’esclusione dei depositi protetti dalla base di calcolo del contributo annuale di base

2) Sulla seconda censura della prima parte, vertente sull’incoerenza risultante dalla mancata presa in considerazione dei criteri di valutazione utilizzati nell’ambito del SSM

b) Sulla terza parte, vertente sul carattere ingiustificato della mancata deduzione delle passività ammissibili conformi ai requisiti prudenziali ai sensi del MREL

c) Sulla quarta parte, vertente sul fatto che i contributi ex ante non sono rappresentativi del rischio realmente sopportato in ragione dei criteri di calcolo del fattore di correzione

1) Sulla prima censura, vertente sulla mancata presa in considerazione del profilo di rischio complessivo intrinseco di ciascun ente

2) Sulla seconda censura, vertente sulla mancata valutazione dei fattori di rischio alla luce di tutti i requisiti imposti dall’autorità di vigilanza nell’ambito del SSM

3) Sulla terza censura, vertente sull’impossibilità di tener conto in maniera completa di ciascuna specificità individuale di ciascun ente

2. Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

3. Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto

a) Sulla prima parte, vertente sull’impossibilità di conoscere in anticipo il livello del contributo ex ante

b) Sulla seconda parte, vertente sull’imprevedibilità dell’applicazione di taluni indicatori di rischio

c) Sulla terza parte, vertente sulle modalità di determinazione del «tasso di incremento dei depositi protetti»

d) Sulla quarta parte, vertente sulla violazione dell’articolo 290 TFUE da parte dei criteri di calcolo definiti dal regolamento delegato 2015/63

4. Sul quarto e sul quinto motivo di ricorso, vertenti sulla violazione del principio di buona amministrazione e sulla violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva, nella misura in cui integrano un’eccezione di illegittimità

C. Sui motivi di ricorso vertenti sulla legittimità della decisione impugnata

1. Sulla motivazione della determinazione del livello-obiettivo annuale

2. Sulla parte restante del quarto e del quinto motivo di ricorso, vertenti sulla violazione del principio di buona amministrazione e sulla violazione, da parte del SRB, del principio della tutela giurisdizionale effettiva nella decisione impugnata

3. Sul settimo e sull’ottavo motivo di ricorso, vertenti su errori manifesti di valutazione e sull’errore di diritto risultante dalle limitazioni imposte all’utilizzo degli IPI

D. Conclusione

E. Sulla limitazione nel tempo degli effetti della sentenza

Sulle spese


*      Lingua processuale: il francese.