Language of document : ECLI:EU:T:2002:174

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

4 luglio 2002 (1)

«Dazi antidumping e compensativi definitivi - Salmoni di allevamento dell'Atlantico - Ricorso di annullamento - Impegno - Elusione - Obbligo di collaborazione - Violazione - Principio di proporzionalità - Domanda di risarcimento»

Nella causa T-340/99,

Arne Mathisen AS, con sede in Værøy (Norvegia), rappresentata dall'avv. S. Knudtzon, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dal sig. S. Marquardt, in qualità di agente, assistito dall'avv. G. Berrisch,

convenuto,

sostenuto da

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Kreuschitz e dalla sig.ra S. Meany, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

avente ad oggetto, da un lato, il ricorso diretto all'annullamento del regolamento (CE) del Consiglio 27 agosto 1999, n. 1895, recante modifica del regolamento (CE) n. 772/1999 che istituisce un dazio antidumping e un dazio compensativo definitivi sulle importazioni di salmoni dell'Atlantico di allevamento originari della Norvegia (GU L 233, pag. 1), e, dall'altro, la domanda di risarcimento del danno subito a causa dell'adozione del regolamento,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione ampliata),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dai sigg. J. Pirrung, P. Mengozzi e A.W.H. Meij, giudici,

cancelliere: J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 24 gennaio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Ambito normativo e di fatto

1.
    La Arne Mathisen AS (in prosieguo: la «ricorrente») è una società di diritto norvegese specializzata nel commercio di salmoni di allevamento dell'Atlantico. Tra i suoi fornitori figura la società di diritto norvegese Ex-com AS (in prosieguo: la «Ex-com»), a sua volta controllata dalla società di diritto danese Tomex Danmark AS (in prosieguo: la «Tomex»), importatore indipendente di salmone sul mercato comunitario ed unico cliente della ricorrente nella Comunità.

2.
    All'epoca dei fatti, i rapporti commerciali fra le tre società citate si sviluppavano nell'ambito di un accordo commerciale triangolare basato su un sistema di compensazione. La ricorrente si riforniva presso la Ex-com per la maggior parte dei salmoni di allevamento dell'Atlantico che rivendeva alla Tomex. Tuttavia, la ricorrente non pagava direttamente la Ex-com per tali acquisti. Era la Tomex a pagare la Ex-com. Invece di ricevere l'importo totale delle fatture di esportazione che inviava alla Tomex, la ricorrente riceveva solo la differenza fra tale importo e l'importo delle fatture di acquisto emesse dalla Ex-com in nome della ricorrente.

3.
    In seguito alle denunce presentate nel luglio 1996 dalla Scottish Salmon Growers' Association Ltd e dalla Shetland Salmon Farmers' Association in nome dei loro membri, il 31 agosto 1996 la Commissione ha annunciato, con due diversi avvisi, l'avvio di un procedimento antidumping e di un procedimento antisovvenzioni relativi alle importazioni di salmone dell'Atlantico d'allevamento originario della Norvegia (GU C 253, pagg. 18 e 20).

4.
    Dopo aver cercato e verificato tutte le informazioni ritenute necessarie per le sue conclusioni definitive, la Commissione ha affermato la necessità di istituire misure antidumping e misure antisovvenzioni definitive al fine di eliminare gli effetti dannosi delle pratiche di dumping e delle sovvenzioni denunciate.

5.
    In seguito a tali sviluppi, il 2 giugno 1997 il governo norvegese e la Commissione hanno concluso un accordo relativo alle esportazioni di salmone norvegese verso la Comunità europea per il periodo tra il 1° luglio 1997 e il 30 giugno 2002 (in prosieguo: l'«Accordo sul salmone»), diretto ad eliminare gli effetti dannosi delle sovvenzioni accordate nell'ambito delle esportazioni di salmone norvegese verso la Comunità. Nell'Accordo sul salmone le autorità norvegesi hanno accettato di adottare diverse misure tra le quali figurano, in particolare, la fissazione di un prezzo minimo per le esportazioni nella Comunità, l'imposizione di dazi agli esportatori che non si impegnassero nei confronti della Commissione a rispettare tale prezzo minimo (punto 3 dell'Accordo sul salmone) e un meccanismo di massimali indicativi per le esportazioni nella Comunità (punto 2 dell'Accordo sul salmone).

6.
    Nell'ambito dell'attuazione del punto 3 dell'Accordo sul salmone e in conformità all'art. 8 del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 384/96, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 56, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento antidumping di base» o il «regolamento n. 384/96»), nonché all'art. 10 del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3284, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 349, pag. 22), numerosi esportatori norvegesi di salmone, tra i quali la ricorrente, hanno presentato alla Commissione una proposta d'impegno.

7.
    Tali esportatori si sono impegnati, in particolare, a far sì che il prezzo trimestrale medio delle loro vendite di salmone d'allevamento dell'Atlantico ai loro primi clienti indipendenti nella Comunità non fosse inferiore a taluni prezzi minimi fissati secondo lo stato di preparazione del pesce (in prosieguo: il «prezzo minimo» o il «prezzo minimo all'esportazione») (art. C.3 dell'impegno) ed a far sì che il prezzo di ciascuna transazione individuale non fosse inferiore all'85% del prezzo minimo citato, salvo circostanze eccezionali, e fino al raggiungimento, per un dato trimestre, di un massimo del 2% del totale delle vendite di tali esportatori ai loro primi clienti indipendenti nella Comunità realizzate nel corso del trimestre precedente (art. C.4 dell'impegno). Tali esportatori, inoltre, si sono impegnati a notificare ogni trimestre alla Commissione, in conformità alle specificazioni tecniche richieste, tutte le loro vendite di salmoni di allevamento dell'Atlantico ai loro primi clienti indipendenti nella Comunità ed a collaborare con la Commissione fornendole qualsiasi informazione ritenuta necessaria da quest'ultima per accertarsi del rispetto dell'impegno (artt. E.10 e E.11 dell'impegno).

8.
    Ai sensi dell'art. D.8 dell'impegno, ciascun esportatore norvegese interessato ha altresì sottoscritto l'obbligo di non eludere le disposizioni dell'impegno:

«-    con accordi di compensazione con i suoi clienti indipendenti nella Comunità relativi a vendite di altri prodotti o a vendite del prodotto in territori diversi da quello comunitario;

-    con dichiarazioni o rapporti ingannevoli circa la natura, il tipo o l'origine dei prodotti venduti, o l'identità dell'esportatore;

-    in qualsiasi altro modo».

9.
    Inoltre, gli artt. F.12 ed F.14 dell'impegno prevedono che:

«12.    La società si impegna a consultare la Commissione europea sia di propria iniziativa, sia su domanda della Commissione europea, per qualsiasi difficoltà che dovesse sopravvenire in merito all'interpretazione o all'applicazione del presente impegno.

13.    (...)

14.    La società è inoltre consapevole del fatto che:

-    l'elusione dell'impegno o il fatto di non collaborare con la Commissione europea nella salvaguardia dell'impegno sarà interpretato come una violazione di quest'ultimo. Ciò include il fatto di non sottoporre il rapporto trimestrale richiesto ai sensi dell'art. [E.]10 nel termine prescritto, salvo il caso di forza maggiore;

-    in applicazione dell'art. 8, n. 10, del regolamento n. 384/96 (...) e dell'art. 10, n. 10, del regolamento n. 3284/94 (...), possono essere imposti, previa consultazione, sulla base delle migliori informazioni disponibili, dazi antidumping ed antisovvenzioni provvisori quando la Commissione abbia motivo di ritenere che l'impegno sia stato violato;

-    in applicazione dell'art. 8, n. 9, del regolamento n. 384/96 (...) e dell'art. 10, n. 9, del regolamento n. 3284/94 (...), in caso di violazione o di revoca dell'impegno da parte della Commissione europea o della società, possono essere imposti dazi antidumping e antisovvenzioni definitivi in base ai fatti accertati nel corso dell'inchiesta nel cui ambito è stato accettato l'impegno, a condizione che tale inchiesta sia stata conclusa con un accertamento definitivo del dumping, delle sovvenzioni e del danno, e che la stessa società abbia avuto la possibilità di presentare le sue osservazioni».

10.
    Infine, in conformità all'art. G.17 dell'impegno, quest'ultimo entrerà in vigore il giorno seguente la data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee della decisione della Commissione che accetta l'impegno. Secondo questa stessa disposizione:

«Tuttavia, l'obbligo di rispettare il prezzo minimo (...) si applicherà all'insieme delle vendite realizzate dalla società ai suoi primi clienti indipendenti nella Comunità fatturate a partire dal 1° luglio 1997. Il primo rapporto trimestrale che la società deve inviare ai sensi dell'art. [E.]10 sarà relativo al trimestre fra il 1° luglio ed il 30 settembre 1997 e dovrà essere inviato alla Commissione entro il 31 ottobre 1997».

11.
    Con la sua decisione 26 settembre 1997, 97/634/CE, che accetta gli impegni offerti in relazione ai procedimenti antidumping e antisovvenzioni nei confronti delle importazioni di salmone dell'Atlantico di allevamento originario della Norvegia (GU L 267, pag. 81), la Commissione ha accettato gli impegni offerti da una serie di esportatori norvegesi di tali prodotti, fra i quali la ricorrente. Nei confronti di tali esportatori, le inchieste antidumping e antisovvenzioni sono state chiuse.

12.
    Lo stesso giorno, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1890/97, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di salmoni dell'Atlantico d'allevamento originari della Norvegia (GU L 267, pag. 1), e il regolamento (CE) n. 1891/97, che impone un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di salmoni d'allevamento dell'Atlantico originari della Norvegia (GU L 267, pag. 19). Conformemente all'art. 1, n. 2, di ciascuno di tali due regolamenti, sono stati esentati da tali dazi i salmoni dell'Atlantico d'allevamento originari della Norvegia esportati dalle società che hanno offerto gli impegni accettati dalla Commissione, tra le quali la ricorrente. Poiché la forma dei detti dazi è stata poi riesaminata, tali due regolamenti sono stati sostituiti dal regolamento (CE) del Consiglio 30 marzo 1999, n. 772, che istituisce un dazio antidumping e un dazio compensativo definitivi sulle importazioni di salmoni dell'Atlantico d'allevamento originari della Norvegia e abroga i regolamenti n. 1890/97 e n. 1891/97 (GU L 101, pag. 1).

13.
    Ritenendo che taluni esportatori norvegesi non rispettassero i loro impegni che erano stati accettati con la sua decisione 97/634, la Commissione ha adottato il regolamento (CE) 13 gennaio 1999, n. 82, che istituisce dazi antidumping e dazi compensativi provvisori su talune importazioni di salmone d'allevamento dell'Atlantico originario della Norvegia e modifica la decisione 97/634 (GU L 8, pag. 8). Tale regolamento è stato adottato ai sensi dell'art. 8, n. 10, del regolamento n. 384/96 e dell'art. 13, n. 10, del regolamento (CE) del Consiglio 6 ottobre 1997, n. 2026, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 288, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento antisovvenzioni di base» o il «regolamento n. 2026/97»), che ha sostituito il regolamento n. 3284/94.

14.
    Allo stesso tempo, la Commissione ha constatato che le prassi commerciali di taluni esportatori norvegesi, attuate nell'ambito di un accordo detto «accordo commerciale triangolare», erano all'origine di un forte calo dei prezzi sul mercato comunitario del salmone ed eludevano così l'impegno di tali esportatori a praticare un prezzo trimestrale medio almeno uguale al prezzo minimo d'esportazione fissato all'art. C.3 dell'impegno. Pertanto, il 28 novembre 1998 la Commissione ha introdotto all'art. D.8, terzo trattino, dell'impegno una modifica del seguente tenore:

«Al riguardo,

a)    se una qualsivoglia vendita all'esportatore in Norvegia soggetto al presente impegno proviene da una fonte diversa da:

    i)    allevatori o cooperative di allevamento;

    ii)    trasformatori indipendenti da qualsiasi società nella Comunità che si sono riforniti solo presso allevatori, cooperative di allevamento o esportatori soggetti a un impegno; o

    ii)    un altro esportatore soggetto a un impegno;

la Commissione considererà l'impegno inapplicabile e ritirerà di conseguenza la sua accettazione;

b)    se una qualsivoglia vendita del prodotto da parte di un importatore stabilito nella Comunità ha origine da una società diversa dal suo esportatore collegato in Norvegia e soggetto al presente impegno, l'importatore rispetterà il prezzo minimo per ciascuna delle sue transazioni nella Comunità. Né la regola della media trimestrale delle transazioni di vendita né la regola dell'85% saranno applicabili in tal caso. Di conseguenza, la Commissione considererà che tutte le transazioni uniche realizzate da tale importatore con un cliente indipendente nella Comunità al di sopra del prezzo minimo violeranno l'impegno, con la conseguenza che la Commissione ritirerà la sua accettazione».

15.
    Tale modifica si applicava alla totalità delle vendite realizzate dagli esportatori di salmone ai loro primi clienti indipendenti nella Comunità fatturate a partire dal 1° dicembre 1998.

16.
    Il 29 aprile 1999 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 929, che modifica il regolamento n. 82/1999, che istituisce dazi antidumping e dazi compensativi provvisori su talune importazioni di salmone d'allevamento dell'Atlantico originario della Norvegia e modifica la decisione 97/634, nonché il regolamento n. 772/1999 (GU L 115, pag. 13). Ai sensi dell'art. 2, n. 1, lett. a), del regolamento n. 929/1999, sono stati istituiti dazi antidumping e dazi compensativi provvisori sulle importazioni di salmoni d'allevamento dell'Atlantico originari della Norvegia ed esportati da quattro società, tra le quali la ricorrente, che hanno altresì violato, secondo la Commissione, il loro impegno inizialmente accettato dalla Commissione nella sua decisione 97/634.

17.
    L'inchiesta svolta successivamente dalla Commissione ha stabilito che tre delle quattro società interessate dal regolamento n. 929/1999, e fra queste la ricorrente, avevano violato il loro impegno. In particolare, la Commissione ha considerato che i rapporti presentati dalla ricorrente durante cinque trimestri di riferimento consecutivi, tra il luglio 1997 e il novembre 1998, non erano affidabili in quanto non rivelavano la reale natura del procedimento di pagamento per compensazione delle transazioni della ricorrente con la Ex-com e la Tomex, né il fatto che tali due società erano società collegate. Si è considerato altresì che la ricorrente aveva ingannato la Commissione circa la sua autentica funzione di esportatrice e la sua reale capacità di rispettare il suo impegno sul prezzo minimo all'esportazione, dato che il flusso monetario fra le tre società non rifletteva il flusso delle fatture di acquisto e di rivendita.

18.
    Di conseguenza, il 23 agosto 1999 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 1826, che modifica il regolamento (CE) n. 929/1999 che istituisce dazi antidumping e dazi compensativi provvisori sulle importazioni di salmone d'allevamento dell'Atlantico originario della Norvegia per quanto riguarda taluni esportatori, modifica la decisione 97/634 e modifica il regolamento (CE) n. 772/1999 (GU L 223, pag. 3). Nel contempo, la Commissione ha presentato al Consiglio una proposta di regolamento diretto a istituire dazi antidumping e compensativi definitivi nei confronti delle tre società sopra menzionate.

19.
    Il Consiglio ha quindi adottato il regolamento (CE) 27 agosto 1999, n. 1895, recante modifica del regolamento (CE) n. 772/1999 che istituisce un dazio antidumping e un dazio compensativo definitivi sulle importazioni di salmoni di allevamento dell'Atlantico originari della Norvegia (GU L 233, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). Ai sensi dell'art. 1 e degli allegati I e II del regolamento impugnato, le tre società sopra menzionate, tra le quali la ricorrente, sono state estromesse dall'elenco delle società esentate dai dazi antidumping e compensativi definitivi e sono state iscritte nell'elenco delle società soggette a tali dazi. Inoltre, conformemente all'art. 2 del detto regolamento, sono stati definitivamente riscossi gli importi depositati a titolo dei dazi antidumping e dei dazi compensativi provvisori istituiti dal regolamento n. 929/1999 in relazione ai salmoni di allevamento dell'Atlantico originari della Norvegia ed esportati in particolare dalla ricorrente.

Procedimento

20.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 1° dicembre 1999 la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

21.
    Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 giugno 2000 la Commissione ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

22.
    Con ordinanza 11 settembre 2000 il presidente della Prima Sezione ampliata del Tribunale ha ammesso tale intervento.

23.
    Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 5 ottobre 2000 l'interveniente ha comunicato che non avrebbe depositato osservazioni scritte.

24.
    Con decisione del Tribunale 20 settembre 2001 il giudice relatore è stato assegnato alla Quarta Sezione ampliata del Tribunale alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

25.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha invitato il Consiglio a produrre taluni documenti ed a rispondere ad un quesito scritto. Il Consiglio ha soddisfatto tale richiesta nel termine impartito.

26.
    Le conclusioni delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite durante la trattazione orale svoltasi il 24 gennaio 2002.

27.
    Durante l'udienza, il rappresentante del Consiglio ha presentato al Tribunale e comunicato alle altre parti quattro documenti contenenti una spiegazione schematica di taluni esempi impiegati, durante la sua esposizione, a titolo di illustrazione della prassi commerciale attuata dalla ricorrente e dai suoi partner commerciali Tomex ed Ex-com. Il rappresentante della ricorrente si è opposto all'inclusione di dali documenti nel fascicolo.

28.
    Con lettera del cancelliere del Tribunale datata 28 gennaio 2002 le parti sono state informate della decisione del presidente della Quarta Sezione ampliata di includere i documenti di cui trattasi nel fascicolo, considerato che essi non costituiscono mezzi di prova nuovi, bensì semplici illustrazioni delle opinioni espresse dal rappresentante del Consiglio durante l'esposizione delle sue conclusioni.

Conclusioni delle parti

29.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    annullare il regolamento impugnato nella parte in cui esso riguarda la ricorrente;

-    condannare il Consiglio al pagamento di un importo diretto a risarcire il danno subito a causa dell'adozione del regolamento impugnato, aumentato di interessi calcolati al tasso annuale del 12%;

-    condannare il Consiglio alle spese.

30.
    Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

-    dichiarare infondata la domanda di annullamento;

-    dichiarare irricevibile e, in via subordinata, infondata, la domanda di risarcimento;

-    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla domanda di annullamento

31.
    La ricorrente fa valere due motivi a sostegno della sua domanda di annullamento attinenti, in primo luogo, ad un errore manifesto di valutazione del Consiglio e, in secondo luogo, ad una violazione del principio di proporzionalità.

Sul primo motivo, attinente all'esistenza di un errore manifesto di valutazione

32.
    Tale motivo è diviso in tre parti attinenti, in primo luogo, al fatto che la prassi commerciale triangolare posta in essere dalla ricorrente fino al 1° dicembre 1998 non sarebbe oggetto dell'impegno nella sua forma iniziale, in secondo luogo, all'assenza di violazione o di elusione da parte della ricorrente dell'impegno nella parte in cui esso determina un prezzo minimo all'esportazione e, in terzo luogo, alla non violazione da parte della ricorrente del suo obbligo di collaborare con la Commissione alla salvaguardia dell'impegno.

Sulla prima parte, attinente al fatto che la prassi commerciale della ricorrente non sarebbe oggetto dell'impegno nella sua forma iniziale

- Argomenti delle parti

33.
    Secondo la ricorrente, fino al 1° dicembre 1998, data della modifica da parte della Commissione dell'art. D.8 dell'impegno, la sua prassi commerciale non era oggetto di quest'ultimo. Infatti, se fosse stato altrimenti, la Commissione non avrebbe avuto alcun motivo di modificare l'impegno e di vietare una forma di elusione a partire dal 1° dicembre 1998.

34.
    Il Consiglio sostiene al contrario che la prassi commerciale della ricorrente era oggetto dell'impegno nella sua forma iniziale. Esso considera che la modifica, avvenuta il 28 novembre 1998, dell'art. D.8, terzo trattino, dell'impegno non rappresenta in nessun caso una modifica del contenuto o dell'obiettivo dell'impegno in quanto tale. La modifica avrebbe semplicemente lo scopo di facilitare e di garantire l'applicazione effettiva del sistema degli impegni nel suo insieme in seguito all'attuazione, da parte di taluni esportatori soggetti all'impegno, di prassi commerciali che coinvolgevano altri operatori non vincolati ad un impegno e che sfuggivano al potere di controllo della Commissione.

- Giudizio del Tribunale

35.
    Dal contenuto dell'art. D.8, terzo trattino, dell'impegno, nella sua formulazione iniziale, risulta che qualsiasi prassi commerciale, indipendentemente dalla sua forma, che non rispetta l'obbligo relativo al prezzo minimo all'esportazione o che non garantisce in modo efficace il rispetto del detto obbligo rappresenta un'elusione dell'impegno, vietata da tale disposizione.

36.
    Di conseguenza, il fatto che l'art. D.8 dell'impegno nella sua formulazione iniziale non faccia espressamente riferimento ad una prassi commerciale triangolare come quella attuata dalla ricorrente non implica affatto che una siffatta prassi esuli dalla sfera d'applicazione dell'impegno.

37.
    Occorre al riguardo precisare che il punto determinante non è se questa o quella prassi commerciale sia espressamente menzionata nel testo dell'impegno come una forma speciale di elusione, bensì se una prassi, anche non formalmente designata, violi o eluda l'impegno di cui trattasi. Infatti, una stessa prassi commerciale può, a seconda delle condizioni in cui è attuata, sfociare in una violazione o in un'elusione dell'impegno sopra menzionato sul prezzo minimo all'esportazione, oppure essere conforme a tale impegno.

38.
    Comunque, anche a supporre che la ricorrente abbia avuto delle perplessità quanto alla portata dell'art. D.8, terzo trattino, dell'impegno nella sua formulazione iniziale, essa doveva interpellare la Commissione, conformemente all'art. F.12 dell'impegno, affinché fossero dissolte tutte le incertezze relative all'interpretazione e all'applicazione di tale disposizione.

39.
    Contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, tali considerazioni non possono essere rimesse in discussione dal fatto che la nuova versione dell'art. D.8, terzo trattino, dell'impegno, applicabile alle esportazioni di salmone fatturate a partire dal 1° dicembre 1998, elenca talune forme di elusione dell'impegno, tra le quali la prassi commerciale triangolare attuata dalla ricorrente nel caso di specie, che non erano formalmente menzionate da tale disposizione nella sua formulazione iniziale.

40.
    Una siffatta interpretazione della nuova versione dell'art. D.8, terzo trattino, è incompatibile con l'oggetto e lo scopo dell'impegno nella sua totalità e, più in particolare, con l'obbligo che la ricorrente aveva sottoscritto dal principio di garantire effettivamente il rispetto del prezzo minimo all'esportazione.

41.
    Infatti, la nuova versione dell'art. D.8, terzo trattino, citato, mira, da un lato, a chiarire e a precisare la portata dell'impegno nella sua versione iniziale, alla luce di talune prassi illecite poste in essere da determinati esportatori dopo l'accettazione del loro impegno da parte della Commissione con la decisione 97/634 e, dall'altro, a garantire la salvaguardia efficace del sistema di impegni, considerato il numero rilevante di esportatori impegnati, e a conservarlo nell'interesse di tutte le parti interessate piuttosto che ad abrogarlo a causa dell'attuazione di prassi siffatte. Per queste ragioni l'art. D.8, terzo trattino, modificato, precisa che l'attuazione di tali prassi comporta l'inapplicabilità dell'impegno e il ritiro immediato da parte della Commissione della sua accettazione.

42.
    Ciò nondimeno, la nuova versione dell'art. D.8, terzo trattino, dell'impegno non implica che una prassi commerciale, quale la prassi commerciale triangolare controversa, attuata prima dell'entrata in vigore di tale disposizione, sia al riparo da qualsiasi sanzione, se tale prassi conduce alla violazione da parte dell'esportatore interessato del suo obbligo di rispettare il prezzo minimo all'esportazione o se essa non offre alcuna garanzia e non consente la verifica del rispetto effettivo di tale obbligo. Qualsiasi altra interpretazione sarebbe contraria all'art. D.8, terzo trattino, la cui formulazione iniziale aveva una portata generale - «in qualsiasi altro modo» -, e priverebbe tale disposizione del suo effetto utile.

43.
    Ne discende che la ricorrente non può dedurre alcun argomento a contrario dal fatto che la modifica dell'impegno si applica alle esportazioni di salmone fatturate a partire dal 1° dicembre 1998. Al di là delle considerazioni già svolte al punto 41, supra, la fissazione di una data per l'entrata in vigore di tale modifica si basa altresì sul fatto che la regola del prezzo trimestrale medio delle esportazioni e la regola dell'85% che figurano, rispettivamente, agli artt. C.3 e C.4 dell'impegno (v. punto 7, supra) non trovano più applicazione ai casi indicati dalla nuova versione dell'art. D.8, terzo trattino, lett. b), dell'impegno.

44.
    Considerato quanto precede, la prima parte di tale motivo non è fondata e deve essere respinta.

Sulla seconda parte, attinente all'assenza di violazione o di elusione dell'impegno da parte della ricorrente

- Argomenti delle parti

45.
    Innanzitutto, la ricorrente sostiene che l'accordo commerciale con la Ex-com e con la Tomex non era stato concluso al fine di eludere l'impegno. Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che i rapporti commerciali della ricorrente con la Tomex risalirebbero al 1990. Inoltre, da una fattura del 30 aprile 1997 inviata dalla Ex-com alla ricorrente risulterebbe che quest'ultima aveva iniziato a rifornirsi di salmone presso la Ex-com nell'aprile 1997, prima che l'impegno entrasse in vigore il 1° luglio 1997. In più, la conclusione di un siffatto accordo commerciale risponderebbe alla logica di tutte le transazioni oggetto di una compensazione intesa a ridurre il bisogno di liquidità e le spese di transazione. D'altra parte, la prassi commerciale controversa riguarderebbe solo una parte limitata del volume totale delle esportazioni della ricorrente, in quanto avrebbe ad oggetto solo il commercio con la Tomex del salmone che la ricorrente acquisterebbe presso la Ex-com, società che rappresenterebbe solo uno dei fornitori secondari della ricorrente.

46.
    La ricorrente sostiene poi di non aver agito come un mero intermediario tra la Tomex e la Ex-com.

47.
    In tal senso, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al diciannovesimo e al venticinquesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/99, da una lettera della società contabile norvegese Noraudit del 30 luglio 1999 risulterebbe che le vendite alla Tomex dei salmoni acquistati dalla ricorrente presso la Ex-com erano effettivamente ed integralmente pagati.

48.
    Sarebbe parimenti inesatta la valutazione della Commissione, espressa al ventiseiesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999, secondo cui la ricorrente non svolgeva alcun controllo sugli elementi costitutivi del prezzo. Infatti, la circostanza che la ricorrente fosse a conoscenza del rapporto esistente fra la Tomex e la Ex-com di per sé non significherebbe affatto che la ricorrente doveva altresì sapere che i prezzi e i flussi monetari fra tali due società erano puramente fittizi e che si trattava, in realtà, solo di prezzi di trasferimento tra soggetti collegati. La ricorrente non avrebbe avuto alcun motivo di mettere in discussione le informazioni fornite dalla Ex-com relativamente agli accordi con la Tomex, informazioni sulle quali sarebbero fondati il controllo dei conti e i rapporti forniti alla Commissione dalla ricorrente.

49.
    D'altra parte, secondo la ricorrente, la Commissione non ha provato le sue affermazioni circa il carattere fittizio dei flussi monetari e circa la mancanza di pagamento adeguato tra la Tomex e la Ex-com. In tale contesto, la ricorrente osserva che, in seguito alla visita di verifica effettuata presso la Tomex (v. ventisettesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999), la Commissione non ha contestato l'argomento della ricorrente secondo cui i prezzi di rivendita praticati dalla Tomex erano superiori al prezzo minimo all'esportazione. Ciò sarebbe un indizio in favore dell'affermazione della ricorrente secondo cui essa non aveva alcun motivo di ritenere che la Ex-com non ricevesse pagamenti da parte della Tomex per le sue consegne alla ricorrente.

50.
    In ogni caso, la ricorrente considera che l'art. C.3 dell'impegno non le imponeva esplicitamente né implicitamente l'obbligo di controllare i suoi partner commerciali o di verificare se il suo cliente nell'Unione europea pagasse effettivamente la differenza netta alla società, con sede al di fuori dell'Unione europea, controllata da quest'ultimo. Sembrerebbe, infatti, impossibile esigere da un esportatore il controllo dei rapporti reali o potenziali che possono esistere tra un fornitore e un importatore della Comunità.

51.
    Il Consiglio ribatte che, ponendo in essere la prassi commerciale triangolare di cui trattasi, la ricorrente ha violato ed eluso il suo impegno di rispettare il prezzo minimo all'esportazione.

52.
    Di conseguenza, secondo il Consiglio, né la Commissione, revocando la sua accettazione dell'impegno ed imponendo dazi antidumping e compensativi provvisori, né il Consiglio, imponendo dazi antidumping e compensativi definitivi alla ricorrente, avrebbero commesso errori di fatto o di diritto idonei a giustificare l'annullamento del regolamento impugnato.

- Giudizio del Tribunale

53.
    In via preliminare, occorre rammentare che, nell'ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni comunitarie godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare (sentenze del Tribunale 5 giugno 1996, causa T-162/94, NMB France e a./Commissione, Racc. pag. II-427, punto 72; 29 gennaio 1998, causa T-97/95, Sinochem/Consiglio, Racc. pag. II-85, punto 51, e 17 luglio 1998, causa T-118/96, Thai Bicycle/Consiglio, Racc. pag. II-2991, punto 32).

54.
    Ne consegue che il controllo del giudice comunitario sulle valutazioni delle istituzioni deve limitarsi alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell'esattezza materiale dei fatti considerati nell'operare la scelta contestata, dell'insussistenza di errore manifesto nella valutazione dei fatti o di sviamento di potere (sentenza della Corte 7 maggio 1987, causa 240/84, NTN Toyo Bearing/Consiglio, Racc. pag. 1809, punto 19; sentenza Thai Bicycle/Consiglio, citata, punto 33, e la giurisprudenza ivi citata).

55.
    Nel caso di specie occorre constatare, in primo luogo, che, secondo l'art. F.14, primo trattino, dell'impegno, «l'elusione dell'impegno (...) sarà interpretata come una violazione di quest'ultimo». Pertanto, la distinzione proposta dalla ricorrente nelle sue memorie tra «violazione» ed «elusione» dell'impegno, alla quale essa non ricollega, peraltro, alcuna conseguenza precisa, è irrilevante ai fini della valutazione di questa parte del primo motivo.

56.
    Ne deriva che, in caso di elusione dell'impegno offerto da un esportatore, possono essere istituiti dazi antidumping e dazi compensativi definitivi ai sensi degli artt. 8, n. 9, e 9, n. 4, del regolamento antidumping di base e degli artt. 13, n. 9, e 15, n. 1, del regolamento antisovvenzioni di base, come nel caso di violazione diretta dell'impegno offerto.

57.
    Occorre poi rilevare che la Commissione dispone di un potere discrezionale per accettare o respingere un impegno sul prezzo e, in particolare, può respingere un impegno sul prezzo di cui ritiene difficile verificare l'applicazione. A maggior ragione, la constatazione della violazione di un impegno è sufficiente per consentire alla Commissione di revocare la sua accettazione dell'impegno e di sostituirlo con un dazio antidumping (sentenza del Tribunale 30 marzo 2000, causa T-51/96, Miwon/Consiglio, Racc. pag. II-1841, punto 52). Lo stesso accade quando un esportatore il cui impegno sul prezzo è stato accettato non viola in modo diretto le disposizioni dell'impegno, ma le elude attuando una prassi commerciale che rende difficile, se non impossibile, la verifica del loro effettivo rispetto da parte dell'esportatore di cui trattasi. Ciò accade in particolare qualora l'attuazione di una prassi siffatta implichi la partecipazione di altri operatori sui quali l'esportatore impegnato non esercita alcun controllo e che, non essendo vincolati da un impegno analogo, non sono neanche soggetti alla vigilanza della Commissione.

58.
    E' giocoforza constatare, infine, che, conformemente a tali principi, l'art. F.14, terzo trattino, dell'impegno afferma che, in caso di violazione dell'impegno, alla quale è equiparata l'elusione di quest'ultimo ai sensi del primo trattino di tale articolo, possono essere istituiti dazi antidumping e dazi antisovvenzioni definitivi in base ai fatti accertati nel corso dell'inchiesta nel cui ambito è stato accettato l'impegno, a condizione che essa si sia conclusa con l'accertamento definitivo del dumping, delle sovvenzioni e del danno e che la società abbia avuto la possibilità di presentare le sue osservazioni.

59.
    Nel caso di specie occorre rammentare che la ricorrente esportava il prodotto di cui trattasi ad un solo importatore indipendente nella Comunità (Tomex). La ricorrente si riforniva per la maggior parte dei salmoni così esportati presso un fornitore norvegese (Ex-com), rispetto al quale non era stato accettato alcun impegno, che era una società collegata all'unico cliente della ricorrente nella Comunità. Tuttavia, in realtà, la ricorrente non pagava il valore della merce a Ex-com. Per quanto riguarda le esportazioni di merci fornite dalla Ex-com, se il prezzo riportato sulle fatture di esportazione emesse dalla ricorrente rispettava il prezzo minimo all'esportazione, il pagamento delle merci corrispondenti era effettuato direttamente dalla Tomex alla Ex-com e non alla ricorrente. Quest'ultima, invece di percepire l'importo totale fatturato, riceveva solo la differenza tra l'importo menzionato sulla fattura d'acquisto e quello menzionato sulla fattura di esportazione. Nelle sue memorie, la ricorrente conferma allo stesso tempo le modalità di tale accordo commerciale con i suoi partner commerciali citati ed il fatto che il flusso monetario non rifletteva il flusso delle fatture di acquisto e di rivendita.

60.
    Nelle sue conclusioni provvisorie e definitive, esposte rispettivamente nel regolamento n. 929/1999 (trentaquattresimo e trentaseiesimo ‘considerando’) e nel regolamento n. 1826/1999 (diciannovesimo ‘considerando’ e segg.) ai quali rinvia l'ottavo ‘considerando’ del regolamento impugnato, la Commissione ha considerato che una prassi commerciale di questo tipo è incompatibile con gli obblighi imposti dall'impegno della ricorrente, dal momento che quest'ultima non è in grado di verificare che l'importo figurante sulla fattura di esportazione sia stato effettivamente pagato dal suo cliente nella Comunità e, di conseguenza, che il prezzo reale di vendita non sia inferiore al prezzo minimo all'importazione. Pertanto, la Commissione ha ritenuto che la ricorrente non potesse essere considerata un esportatore ai sensi dell'impegno (trentacinquesimo ‘considerando’ del regolamento n. 929/1999 e diciannovesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999, in combinato disposto con il venticinquesimo ‘considerando’ dello stesso regolamento).

61.
    Al ventunesimo e al ventiseiesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999 la Commissione precisa che, per poter ritenere accettabile un impegno, essa deve essere persuasa che esso possa essere sottoposto ad un monitoraggio efficace, il che è evidentemente impossibile nel caso di una società come la ricorrente, la quale non ha alcun controllo sul prezzo finale che il cliente nella Comunità paga direttamente al fornitore norvegese. Ora, poiché la ricorrente ha ammesso di essere al corrente del rapporto esistente tra il fornitore norvegese (Ex-com) e il suo unico cliente nella Comunità (Tomex) e poiché non ha svolto alcun controllo sugli elementi costitutivi del prezzo reale finale, doveva altresì sapere che i prezzi ed i flussi monetari fra tali due società erano puramente fittizi e che si trattava, in realtà, solo di prezzi di trasferimento fra soggetti collegati.

62.
    La Commissione, dal canto suo, non poteva svolgere controlli sul prezzo finale all'esportazione, dato che non disponeva di un potere di controllo sulla Tomex e sulla Ex-com, le quali non erano vincolate da un impegno nei suoi confronti. La Commissione non era quindi in grado di accertare la reale natura e gli effetti del meccanismo di pagamento per compensazione instaurato fra tali società.

63.
    Occorre al riguardo rilevare, in primo luogo, che durante la verifica svolta nel novembre 1998 dalla Commissione negli uffici della Tomex, con il consenso di quest'ultima, non le sono stati mostrati dati o documenti idonei a chiarire la reale natura dei pagamenti per compensazione avvenuti fra tale società e la sua controllata Ex-com.

64.
    Si deve poi osservare che le modalità sopra menzionate di attuazione del meccanismo di compensazione tra la Tomex e la Ex-com spiegano la ragione per cui la ricorrente acquistava salmone presso la Ex-com solo se era previamente «ordinato» dalla Tomex. Così, la ricorrente poteva realizzare il suo margine di profitto senza correre rischi commerciali per eventuali perdite che potessero derivare da difficoltà di vendita del prodotto di cui trattasi. Tale interpretazione, che è stata accolta dalla Commissione nell'informazione finale da essa trasmessa alla ricorrente, con lettera 28 luglio 1999, in applicazione degli artt. 20 del regolamento antidumping di base e 30 del regolamento antisovvenzioni di base, non è stata contestata dalla ricorrente nelle sue osservazioni del 9 agosto 1999 su tale informazione finale.

65.
    Inoltre, la constatazione fatta alla luce della tabella riepilogativa prodotta dal Consiglio in risposta ai quesiti del Tribunale e relativa alla totalità degli acquisti di salmone da parte della ricorrente presso tutti i suoi fornitori nel 1998, secondo cui la ricorrente acquistava dalla Ex-com a un prezzo annuale medio superiore dell'11,8% al prezzo annuale medio d'acquisto presso gli altri suoi fornitori, chiarisce quali possibilità l'opaco meccanismo di compensazione realizzato potrebbe offrire ai soggetti partecipanti. Come rilevato dal Consiglio nelle sue memorie, l'attuazione della prassi commerciale triangolare controversa poteva consentire, in primo luogo, alla ricorrente di realizzare il suo margine di profitto, che le veniva versato direttamente dalla Tomex, in secondo luogo, alla Tomex di acquistare, tramite il meccanismo di compensazione citato, salmone presso la sua controllata Ex-com senza pagare i dazi antidumping che essa avrebbe dovuto corrispondere se avesse acquistato direttamente da quest'ultima, e di svolgere così le transazioni al prezzo di mercato in Norvegia - vale a dire un prezzo inferiore a quello praticato fra la ricorrente e la Ex-com - e, in terzo luogo, alla Ex-com di vendere i suoi salmoni al prezzo di mercato norvegese senza subire perdite.

66.
    Comunque, come esposto ai punti 60-62, supra, la prassi di cui trattasi non offriva affatto la garanzia alla Commissione che l'impegno della ricorrente relativamente al prezzo minimo all'esportazione fosse effettivamente rispettato.

67.
    Contrariamente alle affermazioni della ricorrente fatte durante il procedimento amministrativo e nell'atto introduttivo, la differenza di prezzo dell'11,8% menzionata sopra al punto 65, non è giustificata da fluttuazioni stagionali che avrebbero condotto la ricorrente a rifornirsi presso la Ex-com, con sede nel sud della Norvegia, durante i mesi estivi. Infatti, come sottolineato a giusto titolo dal Consiglio nel suo controricorso e come risulta chiaramente dalla tabella allegata all'informazione finale trasmessa dalla ricorrente il 28 luglio 1999, l'analisi dei dati contabili ottenuti durante la visita in loco effettuata presso la ricorrente il 27 gennaio 1999 ha consentito di accertare che gli acquisti di salmone effettuati dalla ricorrente presso la Ex-com durante il periodo tra gennaio e novembre 1998 hanno raggiunto il loro apice non durante il periodo estivo bensì durante l'inverno e l'inizio della primavera del 1998.

68.
    Risulta da quanto precede che la prassi commerciale triangolare controversa posta in essere dalla ricorrente e dai suoi partner commerciali Tomex ed Ex-com non garantiva affatto che la ricorrente controllasse efficacemente il prezzo reale delle sue esportazioni e che, pertanto, rispettasse effettivamente l'impegno a non esportare al di sotto del prezzo minimo al quale si era impegnata.

69.
    Di conseguenza, da un lato, la Commissione ha legittimamente denunciato l'accettazione dell'impegno della ricorrente ed ha proposto l'istituzione di dazi antidumping e compensativi definitivi e, dall'altro, il Consiglio ha giustamente imposto i detti dazi alla ricorrente con il regolamento impugnato.

70.
    I diversi argomenti fatti valere dalla ricorrente per rimettere in discussione tale valutazione non possono essere accolti.

71.
    In primo luogo, l'argomento secondo cui il procedimento di pagamento per compensazione sarebbe una prassi commerciale corrente in Norvegia diretta, secondo la ricorrente, a «ridurre il bisogno di liquidità e le spese di transazione» non è suffragato da alcun elemento di prova. D'altronde, la ricorrente non spiega le ragioni per cui la prassi «corrente» di cui trattasi si limitava esclusivamente ai suoi rapporti commerciali con la Ex-com e con la Tomex e non si applicava alle sue transazioni con altri fornitori di salmone. Inoltre, l'affermazione secondo cui tale prassi sarebbe corrente, almeno nel settore della commercializzazione del salmone, è smentita dalla circostanza, fatta valere dal Consiglio e non contestata dalla ricorrente, che la Commissione, dopo aver visitato gli uffici di 38 diversi esportatori ed importatori norvegesi, non ha trovato alcun elemento a sostegno di tale affermazione. Infatti, dal diciassettesimo al trentesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999 della Commissione risulta che la prassi commerciale di cui trattasi è stata osservata solo per quanto riguarda la ricorrente ed un'altra società (Brødrene Eilertsen A/S), il cui impegno è stato altresì denunciato.

72.
    In ogni caso, supponendo che la prassi in esame sia una prassi commerciale corrente in Norvegia, come fatto valere dalla ricorrente, una circostanza del genere non può esonerare la ricorrente dal suo compito di accertarsi del rispetto effettivo del prezzo minimo all'esportazione e di evitare qualsiasi elusione dell'impegno offerto a tal fine.

73.
    In secondo luogo, per quanto riguarda l'argomento attinente al fatto che la prassi commerciale controversa sarebbe in realtà iniziata prima dell'entrata in vigore dell'Accordo sul salmone - come risulterebbe dalla prima fattura, datata 30 aprile 1997, e inviata dalla Ex-com alla ricorrente - per cui tale pratica non sarebbe stata attuata per eludere l'impegno di quest'ultima, anch'esso dev'essere respinto.

74.
    Innanzitutto tale affermazione è inficiata dalla dichiarazione riportata dalla stessa ricorrente nel ricorso, secondo cui tale prassi commerciale è stata conservata durante un periodo limitato tra il 1° luglio 1997, data di entrata in vigore dell'Accordo sul salmone, e la fine del mese di novembre 1998. Nulla indica poi, nella fattura del 30 aprile 1997, citata, che il procedimento di pagamento per compensazione fosse già applicato in quella data. Infine, anche supponendo che ciò si sia verificato, non ne sarebbe influenzata la conclusione secondo cui le modalità di attuazione di tale prassi, a partire dal 1° luglio 1997, erano dirette a rimettere in discussione l'impegno della ricorrente di rispettare il prezzo minimo per le sue vendite al suo primo cliente indipendente stabilito nella Comunità, vendite fatturate dopo tale data.

75.
    In terzo luogo, è privo di fondamento e deve essere respinto l'argomento secondo cui la Commissione avrebbe illegittimamente constatato, nel diciannovesimo e venticinquesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999, che la ricorrente rilasciava alla Tomex fatture di esportazione senza registrarne mai il pagamento. Infatti, la lettera 30 luglio 1999 della società di controllo norvegese Noraudit, fatta valere dalla ricorrente per contestare tale constatazione, non contiene affatto la dimostrazione che la Tomex abbia effettivamente pagato alla ricorrente l'importo totale figurante sulle fatture di esportazione di cui trattasi. Tale lettera riassume il risultato dell'esame dei conti della ricorrente nei confronti della Tomex e della Ex-com per il periodo 1° gennaio 1998 - 30 aprile 1999 ed è redatta nei termini seguenti:

«(...)

Sulla base del nostro esame dei detti conti, vi confermiamo con la presente che avete ricevuto il pagamento completo di tutte le fatture di vendita inviate alla Tomex. L'importo di NOK 85 115 586,86 è stato saldato con il valore d'acquisto di salmone fresco acquistato presso la Ex-com ed il resto è stato saldato con pagamenti in contanti.

Non è insolito, nel mondo degli affari, vedere saldati i debiti commerciali in questa maniera quando due società appartengono ad uno stesso gruppo e una di loro agisce in quanto fornitore e l'altro agisce in quanto cliente di una società terza estranea al gruppo. Per la società del gruppo che agisce in quanto fornitore, in questo caso la Ex-com, tale metodo rappresenta un modo più sicuro di ottenere il pagamento delle sue forniture di salmone fresco alla Arne Mathisen, in quanto le evita il rischio di perdita connesso al fallimento della Arne Mathisen».

76.
    Da tale lettera risulta che i pagamenti effettuati dalla Tomex nei confronti della ricorrente non erano conformi alle fatture di esportazione e che i pagamenti realmente riscossi e registrati dalla ricorrente corrispondevano agli importi figuranti su tali fatture dopo deduzione degli importi dovuti dalla Tomex alla Ex-com. Tali ultimi importi erano coperti dal meccanismo di pagamento per compensazione operante tra la Tomex e la Ex-com, società collegate e non soggette al controllo della Commissione.

77.
    Di conseguenza, tale lettera della società Noraudit non solo non rimette in discussione le constatazioni della Commissione riportate al diciannovesimo ed al venticinquesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999 ma, al contrario, le conferma.

78.
    In quarto luogo, l'argomento attinente al fatto che la ricorrente avrebbe cessato di rifornirsi di salmone presso la Ex-com quando questo tipo di approvvigionamento è stato vietato alla fine del mese di novembre 1998 con la modifica dell'art. D.8, terzo trattino, dell'impegno (v. punti 14 e 15, supra) è irrilevante e deve essere respinto. Infatti, come affermato dalla Commissione al ventottesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999, a quell'epoca la ricorrente aveva già violato il suo impegno per più di cinque trimestri consecutivi di riferimento.

79.
    In quinto luogo, l'asserzione della ricorrente secondo cui la Ex-com sarebbe un suo fornitore secondario e la prassi commerciale nei confronti della quale la Commissione ha espresso la sua sfiducia riguarderebbe una parte limitata del volume totale delle vendite della ricorrente alla Tomex è infondata e deve essere respinta.

80.
    Occorre al riguardo rilevare che, secondo la giurisprudenza, nessuna disposizione dei regolamenti antidumping e antisovvenzioni di base prescrive, né direttamente né indirettamente, che le informazioni sulle quali la Commissione o il Consiglio si basano per valutare se un operatore economico abbia violato il suo impegno debbano riguardare una percentuale minima delle sue vendite. Al contrario, qualsiasi violazione di un impegno è sufficiente per consentire alla Commissione di revocare la sua accettazione dell'impegno e di sostituirlo con un dazio antidumping (v. sentenza Miwon/Consiglio, citata, punto 52).

81.
    In ogni caso, tale asserzione manca di fondamento. Da un lato, nel ricorso, la ricorrente ammette che «il quantitativo di forniture proveniente dalla Ex-com variava secondo le condizioni del mercato tra il 45% e il 75% circa della totalità delle esportazioni della Arne Mathisen verso la Tomex» e che «la Arne Mathisen ha acquistato solo una parte del suo salmone presso la Ex-com in una proporzione che varia tra il 40% e il 70% nel corso del periodo tra il luglio 1997 ed il novembre 1998». Dall'altro, come risulta dalla tabella riepilogativa prodotta dal Consiglio in risposta ai quesiti scritti del Tribunale e menzionata al punto 65, supra, nel 1998, su una totalità di trenta fornitori, la sola Ex-com ha fornito alla ricorrente circa il 42% del quantitativo totale di salmone acquistato da quest'ultima e destinato all'esportazione. Questa constatazione, confermata dal ventiduesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999, ai sensi del quale tali vendite «rappresentavano una quota significativa delle esportazioni totali effettuate dalla [ricorrente]», conduce alla conclusione che la Ex-com non può essere considerata un fornitore secondario della ricorrente.

82.
    In sesto luogo, è privo di fondamento anche l'argomento secondo cui l'art. C.3 dell'impegno non imporrebbe alla ricorrente alcun obbligo esplicito o implicito di controllare i suoi partner commerciali o di verificare se il suo cliente nella Comunità, la Tomex, pagasse effettivamente alla sua controllata Ex-com l'importo figurante sulle fatture d'esportazione in seguito a deduzione della somma versata dalla Tomex alla ricorrente.

83.
    Infatti, l'elemento determinante della violazione dell'impegno da parte della ricorrente risiede nel fatto che essa non ha rispettato l'obbligo di vigilare affinché il prezzo minimo all'esportazione fosse effettivamente rispettato, mentre essa si era impegnata in tal senso. Inoltre, anche se la lettera dell'impegno non si riferisce esplicitamente a un siffatto obbligo di controllo, dalla lettura combinata degli artt. C.3 e D.8 dell'impegno risulta che tali disposizioni impongono a ciascun esportatore un obbligo positivo di controllo del prezzo reale del salmone esportato verso la Comunità. In mancanza di ciò, l'impegno relativo al prezzo minimo all'esportazione sarebbe privo di senso.

84.
    Deve infine essere respinto, in quanto irrilevante, l'argomento della ricorrente secondo cui i prezzi di rivendita della Tomex sul mercato comunitario sarebbero superiori al prezzo minimo all'esportazione e non sarebbero quindi dannosi.

85.
    Al riguardo, come rammentato all'art. F.14 dell'impegno, ai sensi degli artt. 8, n. 9, del regolamento antidumping di base e 13, n. 9, del regolamento antisovvenzioni di base, in caso di violazione o di elusione dell'impegno «può essere imposto un dazio definitivo (...) in base ai fatti accertati nel corso dell'inchiesta nel cui ambito è stato accettato l'impegno», a condizione che tale inchiesta sia stata conclusa con l'accertamento definitivo del dumping, delle sovvenzioni e del danno e che l'esportatore interessato abbia avuto la possibilità di presentare le sue osservazioni.

86.
    Ne discende che la violazione o l'elusione di un impegno è sufficiente per l'istituzione di dazi definitivi, senza che sia necessario provare nuovamente il dumping e il danno che sono già stati accertati nell'ambito dell'inchiesta che è sfociata nell'impegno alle condizioni previste dalle disposizioni citate dei regolamenti antidumping e antisovvenzioni di base. Ora, la ricorrente non contesta affatto che tali condizioni siano soddisfatte nel caso di specie. Inoltre, un esportatore che ha offerto un impegno sul prezzo accettato dalla Commissione ha la possibilità di evitare l'imposizione dei dazi definitivi rispettando scrupolosamente l'impegno così offerto e astenendosi da qualsiasi violazione o elusione di tale impegno, evitando così di infrangere il rapporto di fiducia intessuto con le istituzioni, rapporto sul quale si fonda l'accettazione dell'impegno.

87.
    Pertanto, la rivendita dei salmoni da parte della Tomex sul mercato comunitario ad un prezzo uguale o superiore al prezzo minimo all'esportazione non ha «nulla a che vedere con il fatto di stabilire se la Arne Mathisen A/S abbia o meno rispettato il suo impegno», come indicato al ventisettesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999. Inoltre, come è precisato al ventottesimo ‘considerando’ dello stesso regolamento, «per poter stabilire se tali prezzi di rivendita non hanno avuto (...) effetti negativi, sarebbe necessario estendere la portata dell'inchiesta alle parti collegate del suddetto importatore in Norvegia e nella Comunità». Ora, né il regolamento antidumping di base né il regolamento antisovvenzioni di base esigono tale tipo di conclusione per accertare che un impegno è stato violato o per denunciare la sua accettazione.

88.
    Infine, la prassi commerciale triangolare controversa, poiché poteva consentire, a causa della sua opacità, alla Tomex di importare sul mercato comunitario il salmone esportato dalla ricorrente a un prezzo inferiore al prezzo minimo, poteva conferire alla Tomex, al momento della rivendita di tale prodotto nella Comunità a un prezzo superiore al prezzo minimo all'esportazione, un vantaggio concorrenziale rispetto ai suoi concorrenti. Infatti, la Tomex poteva realizzare un margine di profitto più rilevante di quello dei suoi concorrenti sul mercato comunitario, i quali si approvvigionavano di salmone ad un prezzo effettivo almeno uguale al prezzo minimo all'esportazione.

89.
    Ne consegue che la seconda parte del primo motivo dev'essere respinta.

Sulla terza parte, attinente all'assenza di violazione da parte della ricorrente del suo obbligo di collaborazione alla salvaguardia dell'impegno

- Argomenti delle parti

90.
    La ricorrente sostiene di aver sempre agito in buona fede e di non aver voluto in nessun momento ingannare la Commissione. D'altra parte, essa afferma di non aver avuto alcun motivo di ritenere che la Commissione si sarebbe sbagliata sulla base dei rapporti forniti dalla Ex-com. Dunque la ricorrente non avrebbe violato il suo obbligo di collaborazione né eluso l'impegno ingannando consapevolmente la Commissione con rapporti inesatti.

91.
    Il Consiglio sostiene che la ricorrente ha presentato a più riprese dichiarazioni ingannevoli in violazione dell'art. D.8, secondo trattino, dell'impegno.

- Giudizio del Tribunale

92.
    Occorre rammentare che, ai sensi degli artt. 8, n. 7, del regolamento antidumping di base e 13, n. 7, del regolamento antisovvenzioni di base, la Commissione deve chiedere ai paesi o agli esportatori i cui impegni sono stati accettati di fornire informazioni periodiche inerenti all'adempimento di tali impegni e di autorizzare la verifica dei relativi dati. L'inosservanza di tale obbligo è considerata come una violazione dell'impegno.

93.
    Secondo la giurisprudenza, da tali disposizioni risulta che è considerato una violazione dell'impegno il mero fatto che una parte il cui impegno è stato accettato non fornisca periodicamente le informazioni utili per consentire la verifica dei dati pertinenti (sentenza Miwon/Consiglio, citata, punto 52).

94.
    Conformemente alle disposizioni citate dei regolamenti antidumping e antisovvenzioni di base, gli artt. D.8, secondo trattino, E.10, E.11 e G.17 dell'impegno prevedono che ciascun esportatore si impegni, da un lato, a non eludere l'impegno con dichiarazioni o rapporti ingannevoli circa la natura, il tipo o l'origine dei prodotti venduti o l'identità dell'esportatore, e, dall'altro, a cooperare con la Commissione fornendole tutte le informazioni considerate necessarie da quest'ultima per accertarsi del rispetto dell'impegno.

95.
    Inoltre, secondo l'art. F.14, primo trattino, dell'impegno, il fatto di non collaborare con la Commissione alla salvaguardia dell'impegno sarà interpretato come una violazione di quest'ultimo.

96.
    Per quanto riguarda il rispetto, da parte della ricorrente, del suo obbligo di collaborazione con la Commissione nel caso di specie, occorre, in primo luogo, constatare che, come rilevato al trentaseiesimo ‘considerando’ del regolamento n. 929/1999 e dal ventesimo al venticinquesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999, le relazioni trimestrali di vendita della ricorrente nella Comunità presentate alla Commissione sono state considerate inaffidabili in quanto riflettevano solo gli importi fatturati e non, come richiesto dall'impegno, il valore effettivo delle transazioni finanziarie.

97.
    In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il Consiglio ha prodotto una copia della relazione di vendita redatta dalla ricorrente per il quarto trimestre del 1998 e da questa comunicata alla Commissione. Nella sua risposta il Consiglio ha altresì precisato, senza essere contestato sul punto, che le relazioni di vendita della ricorrente relative agli altri periodi sono simili e possono, eventualmente, essere messe a disposizione del Tribunale. Dal documento di cui trattasi risulta che le relazioni di vendita comunicate dalla ricorrente alla Commissione riflettono solo gli importi figuranti sulle fatture d'esportazione redatte dalla ricorrente all'attenzione della Tomex. Esse non mostrano quali sono le transazioni finanziarie soggiacenti, vale a dire gli importi effettivamente pagati dalla Tomex alla ricorrente per una data fattura. Al contrario, le dette relazioni lasciano credere che le fatture di esportazione redatte a nome della Tomex (colonne 5 e 6 della relazione trasmessa) erano pagate nella loro totalità (colonne 9, 101 e 102 della stessa relazione) da quest'ultima. Non era affatto menzionato che la ricorrente percepiva dalla Tomex soltanto gli importi corrispondenti alla differenza fra il prezzo figurante sulle fatture d'acquisto dei salmoni e quello figurante sulle fatture d'esportazione.

98.
    Inoltre non era precisato che l'importo non versato dalla Tomex alla ricorrente veniva pagato mediante un meccanismo di compensazione fra la ricorrente, la Ex-com e la Tomex, né dichiarato che, al momento di tale compensazione, il prezzo reale all'esportazione era almeno pari al prezzo minimo.

99.
    Occorre poi sottolineare che la ricorrente non ha neanche attirato l'attenzione della Commissione sulla reale natura del procedimento di pagamento per compensazione, né sul fatto che essa era informata del rapporto esistente fin dall'inizio tra la Tomex e la Ex-com, vale a dire fin dall'attuazione della prassi commerciale triangolare controversa.

100.
    Infine, la ricorrente non ha spiegato né provato, nelle sue relazioni, perché essa si approvvigionasse di salmone presso la Ex-com ad un prezzo medio superiore dell'11,8% a quello praticato da tutti gli altri suoi fornitori.

101.
    La ricorrente non contesta effettivamente le affermazioni citate, ma si limita a far valere la sua buona fede ed il fatto di non aver avuto alcun motivo di ritenere che la Commissione si sbagliasse sulla base dei rapporti forniti.

102.
    Considerati tali elementi, occorre concludere che la ricorrente non ha rispettato il suo obbligo di collaborare con la Commissione alla salvaguardia dell'impegno derivante dagli artt. D.8, secondo trattino, E.10 e E.11 di quest'ultimo, dato che le relazioni trimestrali di vendita della ricorrente nella Comunità e le informazioni presentate alla Commissione per oltre cinque trimestri consecutivi (v. venticinquesimo e ventottesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999) non erano affidabili quanto alla natura e al prezzo reale di tali vendite, da un lato, e quanto all'effettiva identità dell'esportatore ed alla reale capacità della ricorrente di rispettare l'impegno, dall'altro. Come già rilevato, il mancato rispetto di tale obbligo è sufficiente, di per sé, per dichiarare la violazione dell'impegno da parte della ricorrente.

103.
    Ne consegue che la terza parte del primo motivo deve essere respinta.

104.
    Viste le considerazioni che precedono, il primo motivo deve essere dichiarato infondato nella sua totalità.

Sul secondo motivo, attinente alla violazione del principio di proporzionalità

Argomenti delle parti

105.
    La ricorrente sostiene, in primo luogo, che il regolamento impugnato è manifestamente inappropriato al raggiungimento dell'obiettivo da esso perseguito, che sembra essere la protezione del mercato comunitario del salmone, e che tale regolamento viola il principio di proporzionalità, considerato che la prassi commerciale contestata è stata abbandonata dalla ricorrente appena la Commissione ha modificato l'impegno. Pertanto, nel caso di specie il regolamento impugnato non sarebbe necessario per garantire l'efficacia amministrativa del sistema di vigilanza della Commissione e implicherebbe l'esclusione permanente della ricorrente da un settore importante delle sue attività commerciali, vale a dire l'esportazione di salmone verso la Comunità. Una tale esclusione, sebbene informale, sarebbe assimilabile ad una «sanzione» o ad un'«ammenda» imposta alla ricorrente per la sua asserita violazione dell'impegno e contraria al principio di proporzionalità (sentenza della Corte 20 febbraio 1979, causa 122/78, Buitoni, Racc. pag. 677, punto 20).

106.
    Inoltre, il regolamento impugnato comporterebbe una sanzione sproporzionata, considerato che la Commissione non avrebbe affermato che la ricorrente non aveva rispettato il prezzo minimo all'esportazione, suo obbligo principale nel caso di specie [sentenza della Corte 24 settembre 1985, causa 181/84, Man (Sugar), Racc. pag. 2889, punto 20].

107.
    La ricorrente, poi, non contesta che le istituzioni comunitarie godano di un ampio potere discrezionale nel settore della protezione contro le pratiche di dumping (sentenza NMB France e a./Commissione, citata, punti 69-71). Tuttavia, un siffatto potere non significherebbe che le misure antidumping sfuggano al sindacato giurisdizionale, sebbene limitato, svolto dal giudice comunitario ed al rispetto dei principi generali del diritto comunitario, come il principio di proporzionalità. Tale principio, contrariamente a quanto sembra sostenere il Consiglio, non si applicherebbe solo rispetto al problema di sapere se l'importo dei dazi imposti sia proporzionato al danno subito dall'industria comunitaria in applicazione degli artt. 7, n. 2, e 9, n. 4, del regolamento antidumping di base, ma altresì rispetto al problema di sapere se le istituzioni comunitarie abbiano il diritto di imporre misure antidumping.

108.
    Nel caso di specie, considerato il principio di proporzionalità e il margine discrezionale più ristretto di cui disporrebbe il Consiglio rispetto alla Commissione in questa materia, l'adozione del regolamento impugnato non sarebbe necessaria per raggiungere l'obiettivo perseguito. A tal fine, la sola sanzione proporzionata alla violazione dell'impegno della ricorrente fatta valere dalla Commissione sarebbe l'esclusione dal mercato comunitario del salmone subita dalla ricorrente per quattro mesi (dal 4 maggio al 3 settembre 1999), periodo nel corso del quale essa è stata oggetto dei dazi antidumping e compensativi provvisori.

109.
    Inoltre, la ricorrente ritiene che il Consiglio abbia superato i limiti del suo potere discrezionale nel caso di specie per i motivi che seguono. In primo luogo, il volume totale delle esportazioni della ricorrente nel corso degli anni 1997 e 1998 sarebbe inferiore, rispettivamente, all'1% e al 2,5% delle esportazioni combinate nell'ambito dell'Accordo sul salmone. Di conseguenza, l'esclusione permanente della ricorrente dal mercato comunitario del salmone non può essere necessaria per tutelare tale mercato. In secondo luogo, il Consiglio non avrebbe tenuto conto del fatto che la ricorrente acquistava solo una parte del suo salmone presso la Ex-com nel corso del periodo di cui trattasi, parte che variava tra il 40 e il 70% delle sue esportazioni, e che essa aveva posto fine alla prassi commerciale triangolare controversa dopo la modifica dell'impegno entrata in vigore il 1° dicembre 1998. Pertanto, considerati in particolare i quantitativi trascurabili di salmone di cui trattasi, il mercato comunitario non avrebbe subito danni a causa delle prassi commerciali della ricorrente. Qualsiasi altra affermazione equivarrebbe per le istituzioni comunitarie all'imposizione di una «tolleranza zero» o, di fatto, a praticare una «politica senza pietà» di cui la ricorrente sarebbe la vittima. Infine, il Consiglio avrebbe ignorato l'ambiguità del testo dell'impegno relativo agli accordi commerciali triangolari, il quale non era né esplicito né chiaro, ciò che ha condotto la Commissione a modificarlo. Di conseguenza, non sarebbe ragionevole per un'istituzione comunitaria esigere che un privato assuma la totalità del rischio causato dall'ambiguità della legge.

110.
    Il Consiglio osserva, in primo luogo, che nell'ambito normativo instaurato dal regolamento antidumping di base e dal regolamento antisovvenzioni di base, la decisione di imporre dazi antidumping e compensativi è, in via generale, considerata una misura appropriata quando talune condizioni sono soddisfatte. Dunque, l'imposizione propriamente detta di tali dazi definitivi non può essere rimessa in discussione dal principio di proporzionalità.

111.
    In secondo luogo, il Consiglio fa valere di non aver superato i limiti del suo potere discrezionale nel caso di specie.

Giudizio del Tribunale

112.
    Occorre rammentare che, in forza del principio di proporzionalità, sancito dall'art. 5, terzo comma, CE, la legittimità di una normativa comunitaria è subordinata alla condizione che i mezzi che essa impiega siano idonei a realizzare l'obiettivo da essa legittimamente perseguito e non vadano al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo, fermo restando che, qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere, in linea di principio, alla meno restrittiva (sentenza NMB France e a./Commissione, citata, punto 69, e sentenza del Tribunale 29 settembre 2000, causa T-87/98, International Potash Company/Consiglio, Racc. pag. II-3179, punto 39).

113.
    Tuttavia, trattandosi di un settore come quello della politica commerciale comune in cui il legislatore comunitario dispone di un ampio potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che il Trattato gli attribuisce, solo il carattere «manifestamente inidoneo» di un provvedimento emanato, rispetto allo scopo che l'istituzione competente è tenuta a perseguire, può inficiare la legittimità di un siffatto provvedimento (sentenza NMB France e a./Commissione, citata, punti 70 e 71).

114.
    Tale ampio potere discrezionale di cui dispone il legislatore comunitario in materia corrisponde all'ampio potere discrezionale che una giurisprudenza costante riconosce alle istituzioni comunitarie allorché, in applicazione dei regolamenti di base, esse adottano azioni di protezione antidumping concrete (v., ad esempio, sentenza della Corte 4 ottobre 1983, causa 191/82, FEDIOL/Commissione, Racc. pag. 2913, punto 30; sentenze del Tribunale 2 maggio 1995, cause riunite T-163/94 e T-165/94, NTN Corporation e Koyo Seiko/Consiglio, Racc. pag. II-1381, punti 70 e 113, e NMB France e a./Commissione, citata, punto 72).

115.
    Ne consegue che il controllo del giudice deve limitarsi, nel settore della protezione contro le misure di dumping, ad accertare se i provvedimenti emanati dal legislatore comunitario siano manifestamente inadeguati rispetto allo scopo perseguito (sentenza NMB France e a./Commissione, citata, punto 73).

116.
    Nel caso di specie, la ricorrente, afferma in sostanza, che l'istituzione dei dazi antidumping e compensativi definitivi con il regolamento impugnato rappresenta, di per sé, una misura manifestamente inadeguata che viola il principio di proporzionalità. Secondo la ricorrente, dato il modesto volume delle sue esportazioni rispetto al volume totale delle esportazioni realizzate nell'ambito dell'Accordo sul salmone durante gli anni 1997 e 1998 e dato che la prassi commerciale in esame è stata abbandonata dopo la modifica dell'impegno nel novembre 1998, la sola sanzione proporzionale nel caso di specie sarebbe imporle i dazi antidumping e compensativi provvisori per i quattro mesi tra il 4 maggio 1999 (data di pubblicazione del regolamento n. 929/1999) e il 3 settembre 1999 (data di pubblicazione del regolamento impugnato).

117.
    Tale argomentazione non può essere accolta.

118.
    In primo luogo, dagli artt. 8, nn. 7 e 9, del regolamento antidumping di base e 13, nn. 7 e 9, del regolamento antisovvenzioni di base risulta che qualsiasi violazione di un impegno o di un obbligo di collaborazione nell'esecuzione e nella salvaguardia del detto impegno è sufficiente per consentire alla Commissione di revocare la sua accettazione dell'impegno e di sostituirlo con un dazio antidumping e un dazio compensativo definitivo sulla base dei fatti accertati nel corso dell'inchiesta nel cui ambito è stato accettato l'impegno, a condizione che l'inchiesta sia stata conclusa con l'accertamento definitivo del dumping, delle sovvenzioni e del danno, e che l'esportatore interessato abbia avuto la possibilità di presentare le sue osservazioni. Ora, come già rilevato (punto 86, supra), la ricorrente non contesta che tali presupposti siano soddisfatti nel caso di specie. Di conseguenza, la questione del regolamento impugnato non può essere considerata, di per sé, come inadeguata o manifestamente inappropriata.

119.
    In secondo luogo, in linea con il sistema istituito dai regolamenti antidumping e antisovvenzioni di base (v., rispettivamente, gli artt. 10, n. 2, del regolamento n. 384/96 e 16, n. 2, del regolamento n. 2026/97), la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti dalla Commissione è effettuata mediante l'adozione di una decisione da parte del Consiglio.

120.
    D'altra parte, è solo in via eccezionale che il Consiglio può essere indotto a non riscuotere dazi definitivi in caso di violazione di un impegno qualora, ad esempio, ritenga, nell'ambito del potere discrezionale riconosciutogli, che l'interesse comunitario non necessiti di un'azione del genere, conformemente alle disposizioni degli artt. 9, n. 4, e 21 del regolamento n. 384/96 e degli artt. 15, n. 1, e 31 del regolamento n. 2026/97. Ora, nel caso di specie, il Consiglio non ha superato i limiti del suo potere discrezionale istituendo dazi definitivi nei confronti della ricorrente, dato che sono soddisfatti i presupposti previsti a tal fine.

121.
    In terzo luogo, se è vero che il principio di proporzionalità trova applicazione al problema di stabilire se l'importo dei dazi antidumping e compensativi istituiti sia adeguato al danno subito dall'industria comunitaria (sentenza della Corte 1° aprile 1993, causa C-136/91, Findling Wälzlager, Racc. pag. I-1793, punto 13), esso non si applica invece al problema dell'imposizione vera e propria dei detti dazi.

122.
    Ne consegue che la legittimità dell'istituzione dei dazi antidumping e compensativi definitivi nei confronti della ricorrente con il regolamento impugnato non può essere, in quanto tale, messa in discussione alla luce del principio di proporzionalità.

123.
    Tale conclusione non può essere inficiata dal fatto che il volume delle esportazioni della ricorrente durante gli anni 1997 e 1998 sarebbe «trascurabile» rispetto al volume totale delle esportazioni di salmone verso la Comunità nell'ambito dell'Accordo sul salmone nel corso dello stesso periodo. Infatti, secondo la giurisprudenza, l'esistenza di un danno per l'industria comunitaria a seguito di importazioni effettuate a prezzi di dumping è valutato globalmente senza che sia necessario, né del resto possibile, determinare in che misura tale danno sia imputabile a ciascuna delle società responsabili (sentenza della Corte 7 maggio 1987, causa 255/84, Nachi Fujikoshi/Consiglio, Racc. pag. 1861, punto 46, e sentenza del Tribunale 20 ottobre 1999, causa T-171/97, Swedish Match Philippines/Consiglio, Racc. pag. II-3241, punti 65 e 66).

124.
    Inoltre, contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, il carattere appropriato o ragionevole del regolamento impugnato non può essere inficiato dal fatto che quest'ultima avrebbe posto fine alla prassi commerciale in esame non appena l'art. D.8, terzo trattino, dell'impegno è stato modificato. Da un lato, la ricorrente allora aveva già violato il suo impegno per più di cinque trimestri consecutivi (v. ventottesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1826/1999, punto 102, supra). Dall'altro, la violazione dell'impegno da parte della ricorrente ha avuto l'effetto di infrangere il rapporto di fiducia sul quale si fonda l'accettazione dell'impegno da parte della Commissione ed ha giustificato l'istituzione dei dazi definitivi.

125.
    D'altra parte, l'argomento della ricorrente secondo cui il regolamento impugnato avrebbe l'effetto di escluderla da una parte considerevole delle sue attività commerciali e le imporrebbe una «sanzione» sproporzionata alla luce della sentenza Buitoni, citata, non è rilevante e deve essere respinto. Come giustamente sottolineato dal Consiglio, il regolamento antidumping di base impone come unico obbligo di evitare il dumping e come unica «sanzione» l'imposizione di dazi antidumping. Di conseguenza, a differenza della causa all'origine della sentenza Buitoni, citata, non si potrebbe, nel caso di specie, procedere ad una valutazione rispetto ad altri obblighi e sanzioni nell'ambito di un controllo del rispetto del principio di proporzionalità.

126.
    Infine, è altresì privo di rilevanza l'argomento attinente alla sentenza Man (Sugar), citata (punto 20), secondo cui «una disciplina comunitaria, che opera una differenziazione fra un obbligo principale (...) ed un obbligo secondario (...) non può sanzionare con pari rigore l'inosservanza dell'obbligo secondario e l'inosservanza dell'obbligo principale senza violare il principio di proporzionalità». Da un lato, dall'impegno della ricorrente non deriva alcuna differenziazione di questo tipo. Dall'altro, anche supponendo che tale sia il caso, la ricorrente non ha rispettato nella fattispecie il suo obbligo «principale» consistente nel far sì che il prezzo reale all'esportazione non fosse inferiore al prezzo minimo. Infine, come già rilevato, qualsiasi violazione di un impegno da parte di un operatore, compresa la violazione del suo obbligo di collaborare con la Commissione alla salvaguardia dell'impegno, è sufficiente per consentire alla Commissione di revocare la sua accettazione e di imporre un dazio andidumping.

127.
    Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto.

128.
    Dall'insieme delle considerazioni che precedono risulta che la domanda diretta all'annullamento del regolamento impugnato è infondata e deve essere respinta.

Sulla domanda di risarcimento

Argomenti delle parti

129.
    La ricorrente fa valere di aver subito un danno derivante dal regolamento impugnato e ne chiede il risarcimento. Il danno principale causato alla ricorrente consisterebbe nella perdita di opportunità commerciali e in danni indiretti subiti a causa della sua esclusione dal commercio all'esportazione di salmone verso la Comunità nell'ambito dell'Accordo sul salmone.

130.
    Vista la natura di tale perdita, sarebbe difficile stimarne la portata, ma ci si potrebbe basare sull'esperienza effettiva del settore. La ricorrente si dichiara pronta a proporre un importo specifico dei danni da risarcire ed a comprovarlo in seguito se la convenuta lo domanda. In ogni caso, la ricorrente sarebbe pronta a trattare con la convenuta al fine di accertare la portata della perdita economica da essa subita, dopo che il Tribunale avrà deciso.

131.
    Infine, la ricorrente, facendo riferimento alle sue entrate nette trimestrali medie [900 000 corone norvegesi (NOK)] durante il periodo tra il 1° luglio 1997 ed il 4 maggio 1999, in cui essa commerciava nell'ambito dell'Accordo sul salmone, ritiene che l'importo dei danni da risarcirle debba essere aumentato della somma di NOK 1 200 000. Tale somma corrisponderebbe alle sue entrate per il periodo tra il 4 maggio 1999 ed il 3 settembre 1999, durante il quale la ricorrente è stata oggetto di dazi antidumping provvisori.

132.
    Il Consiglio contesta la ricevibilità della domanda di risarcimento in quanto non è conforme alle disposizioni dell'art. 19 dello Statuto (CE) della Corte e dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale.

133.
    In via subordinata, il Consiglio ritiene che la domanda di risarcimento non sia neanche fondata.

Giudizio del Tribunale

134.
    Secondo una giurisprudenza costante, la domanda di risarcimento danni deve essere respinta qualora presenti uno stretto legame con la domanda di annullamento, la quale sia stata essa stessa respinta (sentenze del Tribunale 21 gennaio 1999, cause riunite T-185/96, T-189/96 e T-190/96, Riviera auto service e a./Commissione, Racc. pag. II-93, punto 90; 13 dicembre 1999, cause riunite T-189/95, T-39/96 e T-123/96, SGA/Commissione, Racc. pag. II-3587, punto 72, e 13 dicembre 1999, cause riunite T-9/96 e T-211/96, Européenne automobile/Commissione, Racc. pag. II-3639, punto 61).

135.
    Nel caso di specie esiste uno stretto legame tra il ricorso per risarcimento e il ricorso di annullamento. Di conseguenza, la domanda di risarcimento danni deve essere respinta, in quanto l'esame dei motivi fatti valere a sostegno della domanda di annullamento non ha rivelato alcun illecito commesso dal Consiglio e, quindi, alcuna mancanza tale da chiamare in causa la sua responsabilità.

136.
    Conseguentemente, occorre respingere la domanda di risarcimento, senza che si debba accertare se gli argomenti della ricorrente relativi alla natura e all'entità del danno, nonché al nesso di causalità tra il comportamento addebitato al Consiglio e tale danno siano sufficienti con riferimento alle condizioni di cui all'art. 19 dello Statuto della Corte e all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale (v., in particolare, sentenze SGA/Commissione, citata, punto 73, e Européenne automobile/Commissione, citata, punto 62).

Sulle spese

137.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la parte ricorrente, rimasta soccombente nei suoi motivi, deve essere condannata a sostenere le proprie spese, nonché quelle sostenute dal Consiglio. Ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, la Commissione, intervenuta nella causa, sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dal Consiglio.

3)    La Commissione sopporterà le proprie spese.

Vilaras
Tiili
Pirrung

Mengozzi

Meij

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 luglio 2002.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

M. Vilaras


1: Lingua processuale: l'inglese.

Racc.