Language of document : ECLI:EU:C:2018:968

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

29 novembre 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 314 – Articolo 316 – Articolo 322 – Regimi speciali applicabili agli oggetti d’arte – Regime del margine – Soggetti passivi‑rivenditori – Cessione di oggetti d’arte da parte dell’autore o dei suoi aventi diritto – Operazioni intracomunitarie – Rifiuto delle autorità tributarie nazionali di riconoscere ad un soggetto passivo il beneficio del diritto di optare per l’applicazione del regime del margine – Presupposti d’applicazione – Diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte – Oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato»

Nella causa C‑264/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania), con decisione dell’11 maggio 2017, pervenuta in cancelleria il 17 maggio 2017, nel procedimento

Harry Mensing

contro

Finanzamt Hamm,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente della Settima Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Juhász e C. Vajda (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: R. Șereș, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 giugno 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per H. Mensing, da O.-G. Lippross, Rechtsanwalt, e H. Portheine, revisore dei conti;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios, F. Clotuche-Duvieusart, M. Wasmeier e R. Lyal, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 settembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 322, lettera b), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Harry Mensing, un commerciante di oggetti d’arte, e il Finanzamt Hamm (amministrazione tributaria di Hamm, Germania) in merito al diniego di quest’ultimo di concedere il beneficio del regime del margine alle cessioni di oggetti d’arte acquistati dal ricorrente nel procedimento principale in altri Stati membri.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        I considerando 4, 7 e 51 della direttiva IVA così recitano:

«(4)      La realizzazione dell’obiettivo di instaurare un mercato interno presuppone l’applicazione, negli Stati membri, di legislazioni relative alle imposte sul volume di affari che non falsino le condizioni di concorrenza e non ostacolino la libera circolazione delle merci e dei servizi. È pertanto necessario realizzare un’armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sul volume di affari mediante un sistema d’imposta sul valore aggiunto (IVA), al fine di eliminare, per quanto possibile, i fattori che possono falsare le condizioni di concorrenza, tanto sul piano nazionale quanto sul piano comunitario.

(…)

(7)      Il sistema comune d’IVA dovrebbe portare, anche se le aliquote e le esenzioni non sono completamente armonizzate, ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione.

(…)

(51)      È opportuno adottare un regime comunitario d’imposizione applicabile ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato, inteso ad evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi».

4        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva:

«Il principio del sistema comune d’IVA consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero delle operazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase d’imposizione.

A ciascuna operazione, l’IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

Il sistema comune d’IVA è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso».

5        L’articolo 311, paragrafo 1, di detta direttiva, dispone quanto segue:

«Ai fini del presente capo, e salvo altre disposizioni comunitarie, sono considerati:

(…)

2)      “oggetti d’arte”, i beni indicati nell’allegato IX, parte A;

(…)

5)      “soggetto passivo‑rivenditore”, il soggetto passivo che, nell’ambito della sua attività economica, acquista o utilizza ai fini della sua impresa o importa per rivenderli beni d’occasione, oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, sia che agisca in proprio sia per conto terzi in virtù di un contratto di commissione per l’acquisto o per la vendita;

(…)».

6        L’articolo 314 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Il regime del margine si applica alle cessioni di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato effettuate da un soggetto passivo‑rivenditore, quando tali beni gli siano stati ceduti nella Comunità da una delle persone seguenti:

a)      una persona che non sia soggetto passivo;

b)      un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo sia esentata conformemente all’articolo 136;

c)      un altro soggetto passivo, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo benefici della franchigia per le piccole imprese prevista agli articoli da 282 a 292 e riguardi un bene d’investimento;

d)      un altro soggetto passivo‑rivenditore, qualora la cessione del bene da parte di quest’ultimo sia stata assoggettata all’IVA conformemente al presente regime speciale».

7        Ai sensi dell’articolo 315 della direttiva IVA:

«La base imponibile delle cessioni di beni di cui all’articolo 314 è costituita dal margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, diminuito dell’importo dell’IVA relativa al margine stesso.

Il margine del soggetto passivo-rivenditore è pari alla differenza tra il prezzo di vendita chiesto dal soggetto passivo-rivenditore per il bene e il prezzo di acquisto».

8        L’articolo 316 di tale direttiva prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri accordano ai soggetti passivi-rivenditori il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine alle cessioni dei beni seguenti:

a)      gli oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato che hanno essi stessi importato;

b)      gli oggetti d’arte che sono stati loro ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto;

c)      gli oggetti d’arte che sono stati loro ceduti da un soggetto passivo diverso da un soggetto passivo-rivenditore, qualora la cessione da parte di tale altro soggetto passivo sia stata assoggettata all’aliquota ridotta in virtù dell’articolo 103.

2.      Gli Stati membri stabiliscono le modalità di esercizio dell’opzione prevista al paragrafo 1, che, comunque, ha una durata di almeno due anni civili».

9        L’articolo 317 di detta direttiva così dispone:

«Quando un soggetto passivo-rivenditore esercita l’opzione prevista all’articolo 316, la base imponibile è determinata conformemente all’articolo 315.

Per le cessioni di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione che lo stesso soggetto passivo-rivenditore ha importato, il prezzo d’acquisto da prendere in considerazione per il calcolo del margine è pari alla base imponibile all’importazione, determinata conformemente agli articoli da 85 a 89, aumentata dell’IVA dovuta o assolta all’importazione».

10      L’articolo 322 della medesima direttiva stabilisce quanto segue:

«Qualora i beni siano utilizzati ai fini delle sue cessioni assoggettate al regime del margine, il soggetto passivo-rivenditore non può detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)      l’IVA dovuta o assolta per gli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione che egli stesso ha importato;

b)      l’IVA dovuta o assolta per gli oggetti d’arte che gli sono o gli saranno ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto;

c)      l’IVA dovuta o assolta per gli oggetti d’arte che gli sono o gli saranno ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto».

 Diritto tedesco

11      L’articolo 25bis dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UStG») prevede quanto segue:

«(1)      Le cessioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, di beni mobili sono soggette a tassazione secondo le modalità previste dalle seguenti disposizioni (regime del margine) qualora ricorrano le seguenti condizioni:

1.      L’imprenditore è un rivenditore. Per rivenditore si intende il soggetto che commercia a scopo di lucro beni mobili materiali o vende tali beni a nome proprio nell’ambito di aste pubbliche.

2.      I beni sono stati ceduti al rivenditore nel territorio della Comunità. Per tale cessione:

a)      non è stata versata o, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, non è stata riscossa un’imposta sulla cifra d’affari, oppure

b)      è stato applicato il regime del margine.

(…)

(2) Entro e non oltre la data di deposito della prima dichiarazione IVA relativa a un anno civile, il rivenditore può dichiarare all’amministrazione finanziaria l’applicazione del regime del margine, fin dall’inizio di detto anno, anche ai beni seguenti:

(…)

2.      oggetti d’arte, qualora la cessione nei suoi confronti sia stata imponibile e non eseguita da un rivenditore.

La dichiarazione vincola il soggetto passivo per un periodo minimo di due anni civili.

(3)      La cifra d’affari viene calcolata in base alla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto del bene, laddove il primo è maggiore rispetto al secondo.

(…)

(7)      Si applicano le seguenti disposizioni specifiche:

1.      Il regime del margine non si applica

a)      alle cessioni di un bene acquistato dal rivenditore all’interno della Comunità, qualora tali cessioni siano state soggette all’applicazione dell’esenzione prevista per le cessioni intracomunitarie nel restante territorio della Comunità,

(…)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12      Il sig. Mensing è un commerciante d’arte stabilito in Germania, che gestisce gallerie in varie città tedesche. Nel 2014, gli sono stati ceduti oggetti d’arte provenienti da artisti stabiliti in altri Stati membri. Tali cessioni sono state dichiarate nello Stato membro di stabilimento degli artisti come cessioni intracomunitarie esenti. Il sig. Mensing ha versato l’IVA a titolo di acquisto intracomunitario degli stessi.

13      Il sig. Mensing ha chiesto all’amministrazione tributaria di Hamm l’applicazione a tali cessioni del regime del margine. L’amministrazione tributaria di Hamm ha respinto la sua domanda ed egli è stato dichiarato debitore di un importo supplementare di IVA pari a EUR 19 763,31.

14      Il sig. Mensing non ha esercitato il suo diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte, anche se, secondo il giudice del rinvio, dal punto di vista procedurale, tale possibilità veniva ancora offerta a quest’ultimo.

15      A seguito del rigetto del suo reclamo avverso la cartella di pagamento, il sig. Mensing ha proposto ricorso dinanzi al Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania). Egli sostiene che la normativa nazionale in questione non è conforme al diritto dell’Unione e chiede l’applicazione diretta dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.

16      Il giudice del rinvio dubita della compatibilità dell’articolo 25 bis, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG con l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA. Esso rileva che, secondo il diritto tedesco, il regime del margine non si applica alle cessioni di un bene che il rivenditore ha acquistato all’interno dell’Unione, qualora la cessione di tale bene al rivenditore sia stata oggetto di un’esenzione per le cessioni intracomunitarie negli altri Stati membri dell’Unione. Tuttavia, tale esclusione dal campo di applicazione di detto regime non risulterebbe dall’articolo 316, paragrafo 1, lettera b) della direttiva IVA e potrebbe portare ad una distorsione della concorrenza.

17      Il giudice del rinvio precisa che, a suo avviso, il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine previsto all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA si applica soltanto alle cessioni di beni effettuate da una delle categorie di persone elencate all’articolo 314 di tale direttiva. Ebbene, le cessioni intracomunitarie esenti non rientrerebbero nell’ambito di applicazione di tale ultima disposizione. Pertanto, detto diritto non si applicherebbe alle cessioni di oggetti d’arte che il soggetto passivo-rivenditore ha acquistato nell’ambito di un acquisto intracomunitario esente.

18      Nel caso in cui una persona nella situazione del sig. Mensing possa tuttavia beneficiare dell’applicazione del regime del margine di cui all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, il giudice del rinvio si domanda anche se tale persona possa avvalersi al contempo del regime in parola e del diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte. Tale giudice ritiene che la possibilità di applicare il regime del margine e, allo stesso tempo, esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta assolta a monte è contraria al sistema istituito dalla direttiva IVA.

19      In tali condizioni, il Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva [IVA] debba essere interpretato nel senso che i soggetti passivi-rivenditori possono optare per l’applicazione del regime del margine anche con riguardo alle cessioni di oggetti d’arte che siano stati loro ceduti, a livello intracomunitario, dall’autore o dai suoi aventi causa non costituenti persone ai sensi dell’articolo 314 della direttiva [IVA].

2)      In caso di risposta affermativa alla questione sub 1), se l’articolo 322, lettera b), della direttiva [IVA] imponga, in capo al rivenditore, il diniego del diritto alla detrazione dell’imposta a monte sull’acquisto intracomunitario degli oggetti d’arte anche in assenza di una disposizione nazionale contenente analoga clausola».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

20      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che un soggetto passivo-rivenditore può optare per l’applicazione del regime del margine a una cessione di oggetti d’arte che gli sono stati ceduti a monte, nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente, dall’autore o dai suoi aventi diritto, nonostante questi ultimi non rientrino nelle categorie di persone elencate all’articolo 314 di tale direttiva.

21      In via preliminare, occorre rilevare, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, che la controversia principale riguarda cessioni di oggetti d’arte di cui all’articolo 311, paragrafo 1, punto 2, della direttiva IVA, a un soggetto passivo‑rivenditore, quale definito all’articolo 311, paragrafo 1, punto 5, di tale direttiva.

22      Occorre inoltre ricordare che il regime d’imposizione del margine di utile realizzato dal soggetto passivo-rivenditore in occasione della cessione di oggetti d’arte costituisce un regime speciale dell’IVA, che deroga al sistema generale della direttiva IVA. Pertanto, gli articoli 314 e 316 di tale direttiva, che individuano i casi di applicazione di detto regime speciale, devono essere interpretati restrittivamente (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 2017, Litdana, C‑624/15, EU:C:2017:389, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

23      Tuttavia, questa regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per definire detto regime debbano essere interpretati in un modo che priverebbe quest’ultimo dei suoi effetti. Infatti, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da detto regime e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale (v., per analogia, sentenza del 21 marzo 2013, PFC Clinic, C‑91/12, EU:C:2013:198, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

24      Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 21 settembre 2017, Aviva, C‑605/15, EU:C:2017:718, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

25      In primo luogo, per quanto riguarda la formulazione dell’articolo 316 della direttiva IVA, quest’ultimo stabilisce che gli Stati membri accordano ai soggetti passivi-rivenditori il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine alle cessioni dei beni tassativamente previste da tale articolo. Ebbene, dalla formulazione di detta disposizione non risulta che tale diritto di opzione è subordinato al rispetto delle condizioni di cui all’articolo 314, lettere da a) a d), di tale direttiva o che gli Stati membri, che devono stabilire le modalità di esercizio di detto diritto, dispongono di un margine discrezionale per quanto riguarda le condizioni alle quali possono assoggettare il diritto di un soggetto passivo-rivenditore di optare per l’applicazione di detto regime.

26      Sarebbe pertanto contrario alla formulazione stessa dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA che uno Stato membro subordini il diritto di un soggetto passivo-rivenditore di applicare il regime del margine ad una cessione consecutiva ad una cessione intracomunitaria di un oggetto d’arte, ai sensi di tale disposizione, alla condizione che l’oggetto d’arte sia ceduto da una delle persone elencate all’articolo 314, lettere da a) a d), di detta direttiva.

27      In secondo luogo, tale interpretazione è confermata dall’analisi del contesto in cui si inserisce l’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva IVA.

28      Da tale analisi risulta innanzitutto che l’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva IVA ha un ambito di applicazione autonomo e supplementare rispetto a quello dell’articolo 314 della stessa direttiva. Infatti, l’articolo 314 prevede l’obbligo di applicare il regime del margine a talune cessioni effettuate da un soggetto passivo‑rivenditore, mentre l’articolo 316, paragrafo 1, prevede semplicemente il diritto di optare, a determinate condizioni, per l’applicazione di detto regime. Ebbene, tale diritto di opzione sarebbe privo di senso se il suo esercizio fosse sottoposto alle stesse condizioni previste da detto articolo 314 per l’applicazione obbligatoria del regime del margine. Pertanto, sebbene l’ambito di applicazione dell’articolo 314 di detta direttiva sia limitato alle cessioni di beni all’interno dell’Unione, tale limitazione non si applica all’articolo 316, paragrafo 1, della direttiva.

29      In secondo luogo, un’analisi combinata dell’articolo 322, lettera b), della direttiva IVA e dell’articolo 316, paragrafo 1, di tale direttiva conferma il carattere autonomo e supplementare di tale ultimo articolo rispetto all’articolo 314 della direttiva in parola. Infatti, tale articolo 322, lettera b), esclude, in sostanza, il diritto di un soggetto passivo-rivenditore di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta per un oggetto d’arte ceduto conformemente all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA.

30      Ebbene, siffatta esclusione, che presuppone l’esistenza di un diritto alla detrazione e, pertanto, l’esistenza di un’operazione tassata a monte, non può essere applicata nelle situazioni contemplate dall’articolo 314 della direttiva IVA, le quali presuppongono che la cessione dell’oggetto d’arte al soggetto passivo-rivenditore non sia soggetta a IVA o ne sia esente.

31      In terzo luogo, occorre rilevare che un’analisi del contesto in cui si inserisce l’articolo 316 della direttiva IVA consente altresì di respingere l’argomento del governo tedesco secondo il quale il regime del margine non può essere applicato alla cessione di oggetti d’arte acquistati da operatori stabiliti in altri Stati membri invocando che il fatto generatore dell’imposta, ovvero l’acquisto intracomunitario, non è menzionato nell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b) di tale direttiva. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue conclusioni, il regime del margine disciplina la tassazione dei beni non nella fase del loro acquisto da parte del soggetto passivo-rivenditore, ma nella fase della loro vendita, il che è confermato dal fatto che la base imponibile è calcolata, secondo gli articoli 315 e 317 di tale direttiva, con riferimento al prezzo di vendita del bene chiesto dal soggetto passivo-rivenditore.

32      In terzo luogo, per quanto riguarda, da un lato, gli obiettivi generali perseguiti dalla direttiva IVA, dai considerando 4 e 7 della stessa risulta che quest’ultima mira a istituire un sistema dell’IVA che non falsi le condizioni di concorrenza e non ostacoli la libera circolazione delle merci e dei servizi. Inoltre, da una costante giurisprudenza risulta che il principio di neutralità fiscale caratterizza il sistema comune dell’IVA istituito dalla direttiva e che tale principio osta in particolare a che operatori economici che effettuano le stesse operazioni siano trattati diversamente in materia di riscossione dell’IVA (v., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2014, ATP PensionService, C‑464/12, EU:C:2014:139, punti 42 e 44 nonché giurisprudenza ivi citata).

33      Ebbene, l’interpretazione proposta dal governo tedesco, secondo la quale l’articolo 316 della direttiva IVA non è applicabile a cessioni precedute da un’operazione intracomunitaria, rischia di violare i principi su cui si fonda il sistema dell’IVA. Infatti, tale interpretazione porterebbe alla creazione, in particolare, di una discriminazione tra il regime fiscale applicabile, da un lato, alle cessioni di oggetti d’arte ceduti a monte nel territorio di tale Stato membro e, dall’altro, alle cessioni di oggetti d’arte che sono stati oggetto a monte di una cessione intracomunitaria esente. Come è stato riconosciuto dal governo tedesco in udienza, un divieto, come quello di cui all’articolo 25 bis, paragrafo 7, punto 1, lettera a), dell’UStG, comporta una discriminazione fondata sull’origine nazionale o intracomunitaria degli oggetti d’arte ceduti al soggetto passivo-rivenditore nella misura in cui un soggetto passivo-rivenditore non può, secondo tale disposizione nazionale, optare per l’applicazione del regime del margine alla cessione di un oggetto d’arte che è stato oggetto di una cessione intracomunitaria a monte, ma può, invece, applicare detto regime per quanto riguarda la cessione di un oggetto d’arte che è stato ceduto a monte all’interno del territorio della Germania.

34      La discriminazione che risulta da detta disposizione nazionale, oltre al rischio di compromettere la libera circolazione di detti oggetti d’arte e di falsare la concorrenza tra i soggetti passivi-rivenditori all’interno dell’Unione, rischia di rimettere in discussione il principio della neutralità fiscale, in quanto i soggetti passivi-rivenditori che effettuano le stesse operazioni, in particolare l’acquisto e la rivendita di oggetti d’arte, si vedranno applicare un trattamento diverso per quanto riguarda la possibilità di optare per l’applicazione del regime del margine per detti oggetti, a seconda che essi siano ceduti, a monte, nel territorio dello Stato membro o che siano stati oggetto a monte di una cessione intracomunitaria esente.

35      D’altra parte, per quanto riguarda, più in particolare, gli obiettivi perseguiti dal regime del margine, occorre rilevare che, ai sensi del considerando 51 della direttiva IVA, tale regime è volto, nell’ambito dei beni d’occasione e degli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato, ad evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi.

36      A tale riguardo, occorre rilevare che, in tale ambito, potrebbe risultare difficile accertare se un determinato bene sia stato in precedenza gravato dell’IVA, poiché, vista la natura stessa degli oggetti d’arte, da collezione e di antiquariato, il bene potrebbe essere antico o essere precedentemente stato oggetto di numerosi scambi tra diverse persone che non sono soggetti passivi. È proprio in considerazione di tali difficoltà nel determinare l’IVA che aveva eventualmente già gravato su tali prodotti, che la direttiva IVA prevede il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine e calcolare l’IVA dovuta, come è stato sottolineato al punto 31 della presente sentenza, facendo riferimento, in sostanza, al prezzo di vendita di tali beni.

37      Ebbene, siffatte difficoltà non possono sorgere quando un oggetto d’arte di cui all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, viene ceduto da una delle persone elencate all’articolo 314, lettere da a) a d), della medesima direttiva, dato che tale cessione non è stata soggetta a IVA o ne è stata esentata, come risulta dal punto 30 della presente sentenza. In siffatta ipotesi, l’obiettivo di cui al punto 35 della presente sentenza non avrebbe giustificato l’introduzione, nella direttiva IVA, del regime del margine per le cessioni di beni di cui all’articolo 316 di tale direttiva.

38      Discende pertanto dal tenore letterale dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, ma anche dal contesto e dagli obiettivi perseguiti sia da tale disposizione che dalla normativa di cui fa parte, che uno Stato membro non può esigere che un soggetto passivo-rivenditore soddisfi le condizioni di cui all’articolo 314, lettere da a) a d), della direttiva IVA, al fine di poter optare per l’applicazione del regime del margine.

39      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo-rivenditore può optare per l’applicazione del regime del margine a una cessione di oggetti d’arte che gli sono stati ceduti a monte, nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente, dall’autore o dai suoi aventi diritto, nonostante questi ultimi non rientrino nelle categorie di persone elencate all’articolo 314 di tale direttiva.

 Sulla seconda questione

40      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un soggetto passivo-rivenditore possa optare per l’applicazione del regime del margine di cui all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, ad una cessione di oggetti d’arte che gli sono stati ceduti a monte, nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente, e al contempo far valere il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte nei casi in cui tale diritto è escluso ai sensi dell’articolo 322, lettera b), di tale direttiva, qualora tale ultima disposizione non sia stata recepita nel diritto nazionale.

 Sulla ricevibilità

41      In via preliminare, occorre esaminare l’argomento del governo tedesco secondo il quale la seconda questione è irricevibile. Secondo tale governo, tale questione verte su un problema ipotetico e non determinante per l’esito della controversia di cui al procedimento principale, dal momento che, per quanto riguarda le cessioni di cui trattasi, il sig. Mensing non ha esercitato un diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

42      A tale riguardo, occorre ricordare che, nell’ambito della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se la questione sollevata verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire. La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure nel caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 17 marzo 2016, Aspiro, C‑40/15, EU:C:2016:172, punto 17, e giurisprudenza ivi citata).

43      Ebbene, nonostante sia pacifico che il sig. Mensing non abbia ancora esercitato il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, risulta tuttavia dalla decisione di rinvio, come sintetizzata al punto 14 della presente sentenza, che, dal punto di vista del diritto processuale nazionale, egli può ancora far valere siffatto diritto nell’ambito del procedimento principale.

44      In tali condizioni, la seconda questione pregiudiziale non può essere ritenuta manifestamente priva di qualsiasi relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia e deve essere dichiarata ricevibile.

 Nel merito

45      Costituisce un principio centrale del sistema dell’IVA il fatto che il diritto alla detrazione dell’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi rientrino negli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni soggette ad imposta a valle le quali danno diritto a detrazione (sentenza del 28 novembre 2013, MDDP, C‑319/12, EU:C:2013:778, punto 41).

46      Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 71 e 72 delle sue conclusioni, sarebbe contrario a tale principio il fatto di consentire ad un soggetto passivo‑rivenditore di detrarre l’IVA assolta a monte nel caso previsto all’articolo 322, lettera b), della direttiva IVA, qualora quest’ultimo opti per l’applicazione del regime del margine ai sensi dell’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva. Infatti, quando viene applicato il regime derogatorio del margine, la base imponibile è costituita, ai sensi degli articoli 315 e 317 della direttiva IVA, dal margine realizzato dal soggetto passivo-rivenditore, diminuito dell’importo dell’IVA relativa al margine stesso. In tali circostanze, l’IVA pagata nel prezzo di acquisto non è inclusa nell’imposta gravante sulla vendita e, di conseguenza, non conferisce alcun diritto alla detrazione.

47      Pertanto, l’articolo 322, lettera b), della direttiva IVA stabilisce che il soggetto passivo-rivenditore non può detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta per gli oggetti d’arte che gli sono o gli saranno ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto, qualora i beni siano utilizzati ai fini delle sue cessioni assoggettate al regime del margine.

48      In altri termini, egli non può, per siffatta cessione, optare per l’applicazione del regime del margine di cui all’articolo 316, paragrafo 1 lettera b), di tale direttiva, e al contempo far valere il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

49      Nel caso di specie, occorre rilevare che il sig. Mensing invoca direttamente il diritto di opzione di cui all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede per le cessioni intracomunitarie di oggetti d’arte. Ne consegue che il sig. Mensing può beneficiare del regime del margine ai sensi di tale articolo soltanto alle condizioni stabilite da tale direttiva, vale a dire quando esso non si avvale, per tali prestazioni, del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

50      In tali condizioni, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che un soggetto passivo-rivenditore non può optare per l’applicazione del regime del margine di cui all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, ad una cessione di oggetti d’arte che gli sono stati ceduti a monte, nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente, e al contempo far valere il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte nei casi in cui tale diritto è escluso ai sensi dell’articolo 322, lettera b), di tale direttiva, se tale ultima disposizione non è stata recepita nel diritto nazionale.

 Sulle spese

51      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo-rivenditore può optare per l’applicazione del regime del margine a una cessione di oggetti d’arte che gli sono stati ceduti a monte, nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente, dall’autore o dai suoi aventi diritto, nonostante questi ultimi non rientrino nelle categorie di persone elencate all’articolo 314 di tale direttiva.

2)      Un soggetto passivo-rivenditore non può optare per l’applicazione del regime del margine di cui all’articolo 316, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112, ad una cessione di oggetti d’arte che gli sono stati ceduti a monte, nell’ambito di una cessione intracomunitaria esente, e al contempo far valere il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte nei casi in cui tale diritto è escluso ai sensi dell’articolo 322, lettera b), di tale direttiva, se tale ultima disposizione non è stata recepita nel diritto nazionale.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.