Language of document : ECLI:EU:T:2012:309

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

19 giugno 2012 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo H.EICH – Marchio nazionale figurativo anteriore H SILVIAN HEACH – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑557/10,

H.Eich Srl, con sede a Signa, rappresentata da D. Mainini, T. Rubin, A. Masetti Zannini de Concina, M. Bucarelli, G. Petrocchi e B. Passaretti, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da G. Mannucci e R. Pethke, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Arav Holding Srl, con sede a Palma Campania, rappresentata da R. Bocchini, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 9 settembre 2010 (procedimento R 1411/2009‑1), relativa ad un procedimento di opposizione tra l’Arav Holding Srl e la H.Eich Srl,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. N.J. Forwood, presidente, F. Dehousse (relatore) e J. Schwarcz, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Heeren, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 3 dicembre 2010,

visto il controricorso dell’UAMI depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 marzo 2011,

visto il controricorso dell’interveniente depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 marzo 2011,

vista la misura di organizzazione del procedimento del 21 novembre 2011,

vista la risposta depositata nella cancelleria del Tribunale dalla ricorrente il 1° dicembre 2011,

in seguito all’udienza del 13 marzo 2012, alla quale l’UAMI non ha partecipato,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 5 settembre 2007 la ricorrente, H.Eich Srl, ha presentato una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo H.EICH.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 18 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria».

4        La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 4/2008, del 28 gennaio 2008.

5        Il 28 aprile 2008, l’Arav Sas di Marano Nunziata Anna Maria Gaetana & C., divenuta Arav Holding Srl, interveniente, ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 41 del regolamento n. 207/2009), alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti indicati al precedente punto 3.

6        L’opposizione era basata sul seguente marchio figurativo anteriore, oggetto della registrazione italiana n. 976125, del 28 settembre 2005, estesa con il numero 880562 al Benelux, alla Repubblica ceca, alla Germania, alla Grecia, alla Spagna, alla Francia, all’Ungheria, all’Austria, alla Polonia, al Portogallo, alla Romania, al Regno Unito e alla Svezia:

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7        I prodotti segnatamente contraddistinti dal marchio anteriore su cui si basa l’opposizione rientrano nelle classi 18 e 25 e corrispondono, per ciascuna di dette classi, alla seguente descrizione: «cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria», della classe 18, e «articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria», della classe 25.

8        Il motivo fatto valere a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009].

9        Il 30 settembre 2009 la divisione di opposizione ha respinto l’opposizione asserendo, in particolare, che i marchi, pur designando prodotti identici, non erano simili sul piano visivo e fonetico.

10      Il 23 novembre 2009 l’interveniente ha proposto ricorso all’UAMI, ai sensi degli articoli 57‑62 del regolamento n. 40/94 (divenuti articoli 58‑64 del regolamento n. 207/2009), contro la decisione della divisione di opposizione.

11      Con decisione del 9 settembre 2010 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI ha annullato la decisione della divisione di opposizione, ha accolto l’opposizione e ha respinto la domanda di registrazione di marchio comunitario. In particolare, essa ha dichiarato che la divisione di opposizione aveva commesso un errore escludendo l’Italia dal territorio rilevante e non tenendo conto della percezione dei segni da parte del consumatore italiano. Essa ha ritenuto che il pubblico di riferimento fosse composto da consumatori medi e che i prodotti fossero identici. Quanto al confronto dei marchi, ha affermato che i due segni potrebbero essere compresi come nomi di persone. Essa ha rilevato che l’elemento dominante nel marchio anteriore era il nome Silvian Heach, che la lettera «h» farebbe riferimento a un patronimo e che «silvian» sarebbe inteso come un prenome. A suo giudizio, la funzione distintiva era svolta, in senso lato, dal nome Silvian Heach e, in senso stretto, dall’elemento «heach». Essa ha ritenuto che la lettera «h» esplicasse un ruolo subordinato, poiché ripeteva, abbreviandolo, il termine «heach». Nel marchio richiesto, la «h» seguita da un punto verrebbe considerata come un’iniziale e «eich» come un cognome. Il punto potrebbe non venire notato e il termine «heich» sarebbe compreso come un cognome straniero dal consumatore italiano. La commissione di ricorso ha dichiarato che il fatto che i due marchi facessero riferimento a un nome di persona, oltretutto straniera, era un fattore di somiglianza – indipendentemente dalla questione di stabilire se un nome di persona fosse un «concetto» – al quale si aggiungeva la forte somiglianza visiva e fonetica tra «h.eich» e «heach». Rapportata al marchio anteriore nel suo complesso, la somiglianza visiva era quindi da ritenersi media. Sul piano fonetico, considerata la difficoltà di determinare quale, fra le possibili pronunce, sarebbe la più utilizzata dal consumatore italiano, essa ha ritenuto che i marchi presentassero un grado di somiglianza medio. Essa ha dunque concluso che i marchi presentavano, globalmente, un grado di somiglianza medio. Pertanto, ha dichiarato che sussisteva un rischio di confusione a danno del consumatore italiano. A suo avviso, in base al principio di interdipendenza dei fattori, l’identità dei prodotti controbilanciava il non elevato grado di somiglianza tra i marchi. Essa ha aggiunto che era plausibile pensare che la vista di un articolo recante il marchio H.EICH potesse evocare nel consumatore, che spesso si orienta in base al suo ricordo imperfetto dei marchi, «il ricordo del nome, per qualche verso simile, “heach”, ma che tale consumatore, non ricordando bene l’ortografia delle due denominazioni, fini[sse] per confondere un marchio con l’altro».

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        dichiarare la validità del marchio richiesto;

–        condannare l’UAMI alle spese, comprese quelle sostenute dinanzi all’UAMI.

13      L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

14      Nel corso dell’udienza, la ricorrente ha dichiarato di rinunciare al suo secondo capo delle conclusioni, e di ciò si è preso atto nel verbale d’udienza.

15      Inoltre, l’interveniente ha dichiarato di rinunciare alla sua domanda di ritiro dal fascicolo degli allegati al ricorso, e di ciò si è parimenti preso atto nel verbale d’udienza.

 In diritto

16      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un motivo unico, relativo alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

17      Essa confuta la valutazione della somiglianza dei segni in conflitto compiuta dalla commissione di ricorso e sostiene che quest’ultima ha erroneamente ravvisato la sussistenza di un rischio di confusione.

18      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

19      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Peraltro, a mente dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), ii) e iii), per marchi anteriori sono da intendersi i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario ed i marchi registrati in base ad accordi internazionali con effetto in uno Stato membro.

20      Per giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico creda che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, sulla scorta della percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc. pag. II‑2821, punti 30‑33 e la giurisprudenza citata].

21      Nella fattispecie, è pacifico tra le parti che i prodotti di cui trattasi sono identici, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 13 della decisione impugnata.

22      Inoltre, i prodotti su cui verte il presente ricorso sono prodotti di consumo corrente. Pertanto, è altresì pacifico che il pubblico di riferimento è costituito dal consumatore medio, da ritenersi normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

23      Peraltro, la commissione di ricorso ha dichiarato, al punto 10 della decisione impugnata, che la divisione di opposizione aveva erroneamente escluso l’Italia dal territorio rilevante, mentre tale paese era importante dal punto di vista commerciale per l’interveniente, che è un’impresa italiana e ha depositato il proprio marchio anteriore in primo luogo in Italia. La commissione di ricorso ha quindi ritenuto, al punto 12 della decisione impugnata, che il pubblico di riferimento corrispondesse tanto a quello italiano quanto a quello dei paesi designati nella registrazione internazionale anteriore, circostanza non contestata nel caso di specie.

24      È alla luce di tali considerazioni che si deve esaminare se la commissione di ricorso abbia correttamente ravvisato la sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi di cui trattasi.

 Sul confronto tra i segni

25      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza della Corte del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc. pag. I‑4529, punto 35 e la giurisprudenza citata).

26      Peraltro, secondo costante giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra i medesimi un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti [sentenze del Tribunale del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, Racc. pag. II‑4335, punto 30, e del 26 gennaio 2006, Volkswagen/UAMI – Nacional Motor (Variant), T‑317/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 46].

27      La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in discussione ciascuno nel suo insieme, il che non esclude che l’impressione globale prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza UAMI/Shaker, punto 25 supra, punto 41 e la giurisprudenza citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze della Corte UAMI/Shaker, punto 25 supra, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata nella Raccolta, punto 43). Ciò potrebbe verificarsi segnatamente quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (v., in tal senso, sentenza Nestlé/UAMI, cit., punto 43).

28      Nel caso di specie, il marchio anteriore è composto dall’elemento «silvian heach», riprodotto in caratteri tipografici maiuscoli stilizzati, e dall’elemento costituito dalla lettera «h», riprodotta in carattere maiuscolo di fantasia e di maggior dimensione, collocato sopra le parole «silvian heach». Il marchio richiesto è composto dall’elemento «h.eich».

 Sugli elementi distintivi e dominanti

29      La commissione di ricorso ha dichiarato che l’elemento dominante del marchio anteriore era il nome Silvian Heach e che «heach» sarebbe stato compreso come un cognome. Essa ha indicato che la funzione distintiva era svolta, in senso lato, dai termini «silvian heach» e, in senso stretto, dall’elemento «heach», mentre la lettera «h» esplicava un ruolo subordinato.

30      Si deve ricordare che, per quanto riguarda la valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti, paragonandole con quelle di altre componenti. Inoltre, e in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle varie componenti nella configurazione del marchio complesso [sentenze del Tribunale MATRATZEN, punto 26 supra, punto 35, e del 23 novembre 2010, Codorniu Napa/UAMI – Bodegas Ontañon (ARTESA NAPA VALLEY), T‑35/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35].

31      Nella fattispecie, l’elemento «silvian heach» del marchio anteriore, scritto in lettere maiuscole utilizzando uno stile di caratteri molto leggibile, è immediatamente percepibile e assai facilmente riconoscibile. L’elemento «h» non è trascurabile, tenuto conto della sua dimensione e del suo carattere leggermente stilizzato. Tuttavia, esso non si presenta con una configurazione elaborata a tal punto da poter influenzare in modo significativo l’impressione complessiva prodotta dal segno richiesto. Il citato elemento «h» può essere percepito dal consumatore come essenzialmente decorativo e non come indicazione dell’origine commerciale dei prodotti.

32      Alla luce di tali considerazioni, la commissione di ricorso ha quindi correttamente dichiarato che l’elemento «silvian heach» era dominante nel marchio anteriore, pur non essendo trascurabile l’elemento «h».

33      Peraltro, quanto al carattere distintivo dei marchi di cui trattasi, è pacifico tra le parti che, da un lato, il marchio anteriore sarà compreso come un prenome, Silvian, seguito da un cognome, Heach, e che, dall’altro, anche il marchio richiesto sarebbe compreso come un nome, formato dall’iniziale – «h» – di un prenome e dal cognome Eich. Nei settori dell’abbigliamento o della moda, interessati dalla presente controversia, l’uso di segni costituiti da cognomi è frequente [v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 1° marzo 2005, Sergio Rossi/UAMI – Sissi Rossi (SISSI ROSSI), T‑169/03, Racc. pag. II‑685, punto 83, e del 14 aprile 2011, TTNB/UAMI – March Juan (Tila March), T‑433/09, non pubblicata nella Raccolta, punto 30].

34      Il Tribunale rammenta che, con riferimento ai segni composti dal nome e dal cognome di una persona (reale o fittizia), la percezione di siffatti segni può variare nei diversi paesi dell’Unione. Non si può escludere che, in taluni Stati membri, i consumatori tengano a mente il cognome piuttosto che il nome quando sono in presenza di marchi costituiti dalla combinazione di un nome e di un cognome, dato che la percezione di tali segni può variare da paese a paese. Questa regola generale, che è dettata dall’esperienza, non può tuttavia essere applicata automaticamente senza tener conto delle peculiarità del caso di specie. Occorre sempre operare il confronto fra i marchi di cui trattasi considerandoli ciascuno nel suo complesso [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 luglio 2006, Rossi/UAMI – Marcorossi (MARCOROSSI), T‑97/05, non pubblicata nella Raccolta, punti 44 e 45 nonché la giurisprudenza citata]. Parimenti, pur potendo certamente accadere che in una parte dell’Unione il cognome abbia, in generale, un carattere maggiormente distintivo rispetto al nome, occorre tuttavia prendere in considerazione gli elementi propri del caso di specie e, in particolare, la circostanza che il cognome di cui trattasi sia raro o, invece, molto comune, perché essa può influire su detto carattere distintivo [sentenza della Corte del 24 giugno 2010, Becker/Harman International Industries, C‑51/09 P, Racc. pag. I‑5805, punto 36, e sentenza del Tribunale del 5 ottobre 2011, Cooperativa Vitivinícola Arousana/UAMI – Sotelo Ares (ROSALIA DE CASTRO), T‑421/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 50]. Così, in un marchio composto, il cognome non mantiene in tutti i casi una posizione distintiva autonoma per il solo fatto di essere percepito come un cognome. La constatazione di una siffatta posizione distintiva può infatti fondarsi solo su un esame del complesso dei fattori pertinenti nel caso di specie (sentenza Becker/Harman International Industries, cit., punto 38).

35      Nella fattispecie, è pacifico tra le parti che il cognome Heach riveste carattere distintivo. Le parti dissentono, invece, sulla possibilità che possa dirsi altrettanto del prenome Silvian. La ricorrente afferma che i termini «silvian» e «heach» rivestono lo stesso carattere distintivo, mentre l’UAMI e l’interveniente sostengono che il cognome ha carattere maggiormente distintivo rispetto al prenome per il pubblico italiano e che quindi l’elemento «heach» è più distintivo.

36      Il Tribunale rileva, a tale riguardo, che non è dimostrato che il prenome Silvian sia di uso comune. Al contrario, il fatto che si tratti di una declinazione di altri prenomi, Silvano o Silvio in italiano e Sylvain in francese – come indicato contemporaneamente dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, dall’UAMI e dall’interveniente – tende a dimostrare che, in quanto tale, detto nome non è frequente in Italia, ossia il territorio particolarmente interessato dalla decisione impugnata. Inoltre, anche l’elemento «silvian», posto all’inizio del marchio anteriore, è idoneo ad attirare l’attenzione del consumatore. Pertanto, in applicazione della summenzionata giurisprudenza (v. punto 34 supra), non si deve ritenere che il termine «heach» sia l’elemento più distintivo del marchio anteriore.

37      Tale conclusione non è infirmata dall’argomento dell’UAMI secondo cui la lettera «h» situata sopra «silvian heach» richiama l’elemento «heach» e ne conferma la «preminenza». Infatti, al punto 18 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha correttamente dichiarato che l’elemento dominante del marchio anteriore era costituito dal nome completo Silvian Heach (v. punto 32 supra). Inoltre, anche qualora si ritenga che la lettera «h» richiami il cognome Heach, ciò nulla toglie al carattere a sua volta distintivo del prenome Silvian. L’UAMI sostiene, poi, che il nome Heach non è comune per il pubblico italiano e che la giurisprudenza – segnatamente la sentenza Becker/Harman International Industries, punto 34 supra – che esclude qualunque particolare carattere distintivo dei cognomi molto comuni non è applicabile al caso di specie. Tuttavia, il Tribunale rileva che, anche se la scarsa diffusione del nome Heach può conferirgli un certo carattere distintivo, tale circostanza, nondimeno, non sottrae nella fattispecie ogni valore distintivo al prenome Silvian. Al contrario, in applicazione della sentenza Becker/Harman International Industries, punto 34 supra, la constatazione della portata distintiva autonoma di un cognome non può fondarsi sul solo motivo che si tratti di un cognome.

38      Infine, il Tribunale rileva che, al punto 21 della decisione impugnata, la commissione di ricorso stessa ha affermato che il ruolo distintivo nel marchio anteriore era svolto «in senso lato, [dal] patronimo “silvian heach”».

39      Occorre dunque dichiarare che entrambi gli elementi «silvian» e «heach» rivestono carattere distintivo nel marchio anteriore.

40      È tenendo conto di tali elementi che occorre procedere al confronto tra i segni in conflitto sul piano visivo, fonetico e concettuale.

 Sul confronto visivo

41      Per quanto concerne il confronto tra i segni sul piano visivo, occorre ricordare, anzitutto, che nulla si oppone a che sia verificata l’esistenza di una somiglianza visiva tra un marchio denominativo ed un marchio figurativo, dato che questi due tipi di marchio hanno una configurazione grafica che può dar luogo ad un’impressione visiva [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 4 maggio 2005, Chum/UAMI – Star TV (STAR TV), T‑359/02, Racc. pag. II‑1515, punto 43 e la giurisprudenza citata].

42      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha rilevato una forte somiglianza visiva tra «h.eich» e «heach» e ha ritenuto che il punto nel marchio richiesto non avesse un importante impatto visivo. Essa ha dichiarato pertanto che la somiglianza visiva, rapportata al marchio anteriore nel suo complesso, era media.

43      La ricorrente sostiene che i segni in questione si differenziano significativamente sul piano visivo.

44      L’UAMI, sostenuto dall’interveniente, deduce che, sul piano visivo, i consumatori potrebbero non notare il punto che separa le lettere «h» ed «e» nel marchio richiesto. I termini «heich» e «heach» avrebbero allora in comune quattro lettere su cinque. L’interveniente aggiunge che, poiché i termini distintivi e dominanti «h.eich» e «heach» sono pressoché identici, il marchio richiesto sarebbe interamente contenuto nel marchio anteriore. Il grado di somiglianza visiva sarebbe quindi stato correttamente considerato medio, e non elevato, e ciò per tenere conto della parola «silvian» e della lettera «h».

45      Il Tribunale rileva che gli elementi denominativi dei marchi in conflitto sono scritti in maniera diversa e sono composti da un numero differente di lettere, vale a dire dodici lettere per il marchio anteriore e cinque per il marchio richiesto. I cognomi iniziano con lettere diverse, vale a dire «hea» nel marchio anteriore e «ei» nel marchio richiesto. La struttura del marchio richiesto è particolarmente breve e i segni in conflitto hanno sillabazioni differenti.

46      Inoltre, il punto che separa l’iniziale «h» dal cognome Eich nel marchio richiesto costituisce un elemento non trascurabile, tanto più che, come rilevato dalla ricorrente, il prenome è scritto per intero nel marchio anteriore. La giurisprudenza citata dall’UAMI non modifica tale valutazione. Infatti, nella sentenza del Tribunale del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE) (T‑346/04, Racc. pag. II‑4891, punto 46), il punto che è stato considerato trascurabile era posto sotto la «a» di «arthur» e non aveva il senso di separazione che ha in questo caso. Neppure la sentenza del Tribunale del 7 maggio 2009, NHL Enterprises/UAMI – Glory & Pompea (LA KINGS) (T‑414/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 34) è pertinente, dato che riguardava la grafica del punto sulla «i» di «king». Nella sentenza del Tribunale del 17 dicembre 2009, Notartel/UAMI – SAT.1 (R.U.N.) (T‑490/07, non pubblicata nella Raccolta), l’influenza dei punti non è stata affrontata e, nella sentenza del Tribunale del 5 ottobre 2005, Bunker & BKR/UAMI – Marine Stock (B.K.R.) (T‑423/04, Racc. pag. II‑4035), i punti sono stati presi in considerazione poiché si è ritenuto, al punto 66 della sentenza, che essi potessero indurre i consumatori dei prodotti in questione a considerare il segno richiesto un’abbreviazione.

47      Inoltre, il fatto che la presenza del punto tra «h» ed «eich» non sia sempre facile da rilevare negli estratti della pagina Internet della ricorrente, come indicato dalla commissione di ricorso, non può essere preso in considerazione. Infatti, la somiglianza dei marchi in conflitto dev’essere valutata dal punto di vista del consumatore medio, facendo riferimento alle qualità intrinseche di detti marchi e non a circostanze relative al comportamento della persona che chiede la registrazione di un marchio comunitario (sentenza della Corte del 2 settembre 2010, Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, Racc. pag. I‑7989, punto 46).

48      Pertanto, se è pur vero che gli elementi «heach» e «h.eich» presentano una certa somiglianza visiva, questa può al massimo essere definita media, e non, come ha ritenuto la commissione di ricorso, forte. A tale riguardo non si può affermare, come fatto dall’interveniente, che il marchio richiesto è interamente contenuto nel marchio anteriore.

49      Peraltro, il termine «silvian», collocato prima dell’elemento «heach» nel marchio anteriore, è idoneo ad attirare l’attenzione del consumatore tanto quanto quest’ultimo, in particolare ove si consideri che il consumatore attribuisce, di regola, maggiore importanza alla parte iniziale delle parole [sentenza del Tribunale del 17 marzo 2004, El Corte Inglés/UAMI – González Cabello e Iberia Líneas Aéreas de España (MUNDICOR), T‑183/02 e T‑184/02, Racc. pag. II‑965, punto 81]. Il citato termine «silvian», che fa parte dell’elemento dominante del marchio anteriore (v. punto 32 supra) e costituisce altresì un elemento distintivo, non esiste nel marchio richiesto. Esso rappresenta quindi un’importante differenza visiva tra i segni di cui trattasi.

50      Infine, la lettera «h» – la cui gamba sinistra è leggermente distanziata dal resto dell’elemento – situata sopra l’elemento «silvian heach» è di grande dimensione e posizionata centralmente rispetto a quest’ultimo. Detto elemento «h», pur non essendo l’elemento dominante del marchio anteriore, non può essere reputato trascurabile e deve quindi essere preso in considerazione nel confronto tra i due segni in conflitto, conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 27. Esso costituisce quindi un altro elemento di differenza visiva.

51      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso ha tenuto conto degli elementi «h» e «silvian» nella valutazione complessiva della somiglianza visiva dei segni in questione.

52      Tuttavia, la commissione di ricorso ha erroneamente dichiarato che la somiglianza visiva tra gli elementi «heach» e «h.eich» era forte (v. punto 48 supra). Essa ha altresì sopravvalutato la somiglianza visiva dei segni, affermando che, rispetto al marchio anteriore nel suo complesso, questa era da considerarsi media.

53      Alla luce delle suesposte considerazioni, i soli elementi di somiglianza visiva che possono essere rilevati tra i termini «heach», del marchio anteriore, e «h.eich», del marchio richiesto, non consentono di ravvisare una somiglianza visiva tra i marchi controversi considerati ciascuno nel suo complesso e tenendo conto dei loro elementi dominanti e distintivi.

54      Pertanto, nell’ambito della valutazione visiva d’insieme, i segni in conflitto appaiono globalmente diversi.

 Sul confronto fonetico

55      Sul piano fonetico, la commissione di ricorso ha ritenuto che occorresse confrontare «h.eich» e «silvian heach», avendo l’elemento «h» nel marchio anteriore mera funzione simbolica. Dopo aver esaminato le diverse possibili pronunce dei termini «heach» e «heich» da parte del consumatore italiano, a seconda che questi comprenda o meno l’inglese e il tedesco, essa ha rilevato che, in un caso, il termine «heich» potrebbe essere pronunciato in modo da produrre un suono identico ad uno di quelli ipotizzati per la componente «heach» del marchio anteriore. Essa ne ha concluso che, tenuto conto delle difficoltà di determinare quale delle possibili pronunce sarà la più usata dal consumatore‑tipo italiano, poteva ragionevolmente ritenere che, in esito alla comparazione fonetica dei marchi globalmente considerati, questi ultimi presentassero un grado di somiglianza medio.

56      La ricorrente sostiene che i segni in esame sono foneticamente diversi, a causa, in particolare, del punto nel marchio richiesto, della presenza del termine «silvian» nel marchio anteriore e della pronuncia differente in tutte le lingue di riferimento dei termini «h.eich» e «heach».

57      L’UAMI, sostenuto dall’interveniente, sottolinea che il diverso numero di sillabe in ciascuno dei marchi non è sufficiente ad escludere la somiglianza dei segni e che, nella fattispecie, le «parti salienti» dei marchi verrebbero pronunciate in maniera simile. La pronuncia separata della lettera «h» e l’assonanza delle sillabe finali confermerebbero tale somiglianza fonetica.

58      Il Tribunale rileva che la commissione di ricorso ha sostanzialmente confrontato i termini «heach» e «h.eich». Orbene, non si può escludere che l’iniziale «h» e il simbolo «punto» siano pronunciati separatamente nel marchio richiesto, come sostenuto dalla ricorrente dinanzi al Tribunale.

59      Inoltre, anche non prendendo in considerazione una pronuncia separata del simbolo «punto» tra «h» e «eich» nel marchio richiesto e anche ammettendo che un consumatore italiano che non parli inglese e/o tedesco potrebbe pronunciare gli elementi «heach» e «h.eich» in maniera abbastanza simile, resta il fatto che l’elemento «silvian» costituisce un elemento importante di differenziazione fonetica, tanto sul piano della pronuncia quanto su quello del ritmo. La pronuncia separata della lettera «h» nei due marchi e l’assonanza delle sillabe finali, richiamate dall’UAMI, non infirmano tale conclusione.

60      Pertanto, considerati globalmente, i segni in conflitto presentano un grado di somiglianza fonetica debole e, quindi, la commissione di ricorso ha commesso un errore nel qualificarla come media.

 Sul confronto concettuale

61      Sul piano concettuale, la commissione di ricorso ha ritenuto che i due marchi in conflitto vengano compresi come nomi di persona e trasmettano quindi, da questo punto di vista, un messaggio comune al consumatore. Essa ha aggiunto che, con particolare riferimento al pubblico italiano, i due nomi presentavano un aspetto «straniero», poco familiare, il che costituiva un fattore di somiglianza che non poteva essere ignorato.

62      La ricorrente fa valere che i due marchi, formati da un nome e da un cognome, sono privi di qualsiasi valore semantico particolare, il che escluderebbe ogni somiglianza concettuale. Inoltre, il confronto dovrebbe prendere in considerazione la parola «silvian» e, in ogni caso, gli stessi cognomi Eich e Heach sarebbero assai diversi.

63      L’UAMI sostiene che, per il pubblico italiano, i segni sarebbero compresi come cognomi stranieri poco familiari, il che riveste un certo valore concettuale nel settore dei prodotti di cui trattasi, legati al mondo della moda. Esso aggiunge che la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che il pubblico italiano resterebbe incerto quanto all’origine dei nomi. Esso sottolinea inoltre che, per il pubblico italiano, il cognome ha carattere più distintivo del nome, in particolare nei settori coperti dalle classi 18 e 25. L’interveniente sostiene altresì che, trattandosi di due cognomi, esiste una somiglianza concettuale.

64      Il Tribunale rileva che il pubblico percepirà gli elementi denominativi dei marchi in esame come nomi di persona privi di particolare significato concettuale, a meno che il nome non sia particolarmente noto per essere quello di una persona celebre [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 18 maggio 2011, IIC/UAMI – McKenzie (McKENZIE), T‑502/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 40]. Orbene, la ricorrenza di tale ipotesi non è stata dimostrata. A tale riguardo, l’interveniente indica, ai punti 49‑51 delle sue osservazioni, che il suo marchio H SILVIAN HEACH è un «marchio forte». Nella misura in cui essa sostiene, con ciò, che il suo marchio è noto e che il nome Silvian Heach è celebre, occorre constatare, da un lato, che la decisione impugnata non ne fa menzione e, dall’altro lato, che l’interveniente rinvia in proposito a quanto è stato affermato dinanzi all’UAMI, senza identificare con precisione i passaggi pertinenti. In tali circostanze, il Tribunale non è tenuto a ricercare negli allegati gli argomenti ai quali potrebbe essere fatto riferimento né a esaminarli, dato che siffatti argomenti sono irricevibili [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 21 aprile 2004, Concept/UAMI (ECA), T‑127/02, Racc. pag. II‑1113, punti 17‑21]. In ogni caso, da nessun elemento del fascicolo emerge che il nome Silvian Heach sarebbe particolarmente conosciuto dal pubblico di riferimento.

65      Così, il suddetto pubblico assocerà gli elementi denominativi dei segni in conflitto a nomi di persone distinte, dato che tali nomi sono diversi (v., in tal senso, sentenza McKENZIE, punto 64 supra, punto 41). Di conseguenza, non c’è somiglianza concettuale tra i marchi di cui trattasi.

66      L’argomento dell’UAMI secondo cui il pubblico italiano identificherebbe i nomi in questione come stranieri e poco familiari, pur restando incerto quanto alla loro origine, non modifica tale conclusione. Infatti, come indicato dalla ricorrente, il marchio anteriore verrebbe presumibilmente associato a un nome anglofono, mentre il marchio richiesto rinvierebbe piuttosto a un nome germanico. Il fatto che essi abbiano in comune di essere identificati come stranieri non è sufficiente, nel caso di specie, a determinare una somiglianza concettuale. La sentenza del Tribunale del 13 aprile 2010, Esotrade/UAMI – Segura Sánchez (YoKaNa) (T‑103/06, non pubblicata nella Raccolta), richiamata dall’UAMI, non è pertinente a tale riguardo, dal momento che i marchi in conflitto in detta causa rinviavano a una medesima origine asiatica, mentre nel presente caso i nomi in questione rimandano, al contrario, a due origini differenti.

67      Peraltro, l’UAMI e l’interveniente fanno valere che, per il pubblico italiano, il cognome ha carattere più distintivo del prenome, in particolare nei settori contraddistinti dalle classi 18 e 25. Tuttavia, come indicato in precedenza (v. punti 33‑38 supra), i termini «silvian heach» devono, nella fattispecie, considerarsi entrambi dotati di carattere distintivo nel marchio anteriore. Questo argomento deve quindi essere respinto.

68      Inoltre, anche supponendo che il cognome «heach» possa essere considerato dominante nel marchio H SILVIAN HEACH, neppure il confronto tra «heach» e «h.eich» porta a ravvisare una somiglianza concettuale media. Infatti, il punto collocato dopo la «h» indica chiaramente che tale lettera rappresenta l’iniziale del prenome nel marchio richiesto. Non è dunque corretto farne astrazione sul piano concettuale. Il confronto tra i cognomi conduce quindi a confrontare Heach e Eich, che rinviano a nomi di persone ben distinte.

69      Di conseguenza, occorre dichiarare che, nonostante talune somiglianze rilevabili tra gli elementi «heach» e «h. eich», è poco probabile che il consumatore percepisca detti marchi come due nomi di persone appartenenti alla stessa famiglia di creatori. I due marchi sono, quindi, concettualmente diversi.

70      Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che occorre concludere che, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, i segni in conflitto sono globalmente diversi.

 Sulla valutazione globale del rischio di confusione

71      Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’esistenza del rischio di confusione per il pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Sempre da costante giurisprudenza risulta che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai medesimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. Il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. giurisprudenza citata al punto 25 supra e sentenza Klein Trademark Trust/UAMI, punto 47 supra, punti 44 e 45 nonché la giurisprudenza citata).

72      La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può, pertanto, essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [v., in tal senso, sentenza della Corte del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, Racc. pag. I‑5507, punto 17, e sentenza del Tribunale del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquardo e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Racc. pag. II‑5409, punto 74].

73      Occorre rammentare che sussiste un rischio di confusione qualora, in via cumulativa, siano sufficientemente elevati il grado di somiglianza dei marchi di cui trattasi e il grado di somiglianza dei prodotti o servizi designati da tali marchi (sentenza MATRATZEN, punto 26 supra, punto 45).

74      Nella fattispecie, la commissione di ricorso, dopo aver rilevato un grado di somiglianza medio tra i marchi in causa, ha dichiarato che l’identità tra i prodotti era sufficiente a controbilanciare, in virtù dell’interdipendenza dei fattori, tale grado non elevato di somiglianza tra i marchi e che ciò bastava ad affermare l’esistenza di un rischio di confusione a danno del consumatore medio italiano.

75      Nel caso di specie, tale analisi non può essere condivisa.

76      Infatti, come precedentemente spiegato (v. punti 25‑70 supra), i segni in conflitto, tenendo conto dell’impressione complessiva e, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti, sono globalmente diversi, in particolare sul piano visivo (punto 54 supra). A tale riguardo, come la ricorrente – senza essere contestata – ha ricordato, per i prodotti delle classi 18 e 25, oggetto della domanda di marchio, l’aspetto visivo riveste maggiore importanza nell’esame globale del rischio di confusione [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 6 ottobre 2004, New Look/UAMI – Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection), da T‑117/03 a T‑119/03 e T‑171/03, Racc. pag. II‑3471, punto 50].

77      Pertanto, e nonostante l’identità dei prodotti, l’accertata assenza di somiglianza tra i marchi in conflitto osta al riconoscimento, nella fattispecie, di un rischio di confusione.

78      Gli argomenti dell’interveniente non infirmano tale conclusione.

79      In primo luogo, l’interveniente deduce che il suo marchio H SILVIAN HEACH è «forte». Nella misura in cui essa sostiene con ciò che il marchio anteriore è dotato di carattere distintivo elevato, va rammentato che i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (v. sentenza della Corte del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, Racc. pag. I‑3819, punto 20 e la giurisprudenza citata).

80      Tuttavia, nella fattispecie, per quanto riguarda, da un lato, il carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, occorre rilevare che quest’ultimo è realizzato in maniera tale che sarà percepito dal pubblico di riferimento come l’associazione di un nome e di un cognome, il che è un concetto banale nel settore dell’abbigliamento [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 1° febbraio 2005, SPAG/UAMI – Dann e Backer (HOOLIGAN), T‑57/03, Racc. pag. II‑287, punto 67]. Inoltre, nulla indica che il nome e il cognome scelti possano essere considerati particolarmente significativi per il pubblico di riferimento.

81      Quanto, d’altro lato, alla notorietà del marchio anteriore sul mercato, come precedentemente affermato (v. punto 64 supra), non è stato versato agli atti alcun elemento che consenta di ravvisare l’esistenza del carattere distintivo elevato del marchio anteriore a motivo della sua notorietà, sebbene tale prova spetti alla parte che intende far valere il fatto che il suo marchio è conosciuto (v., in tal senso, sentenza McKENZIE, punto 64 supra, punto 61).

82      Pertanto, l’argomento dell’interveniente secondo cui il marchio anteriore è dotato di carattere distintivo forte e gode di una protezione più ampia deve essere respinto.

83      In secondo luogo, l’interveniente sostiene che esiste un rischio di associazione tra i due marchi.

84      Occorre ricordare che, nel settore dell’abbigliamento, è frequente che il medesimo marchio presenti diverse configurazioni a seconda del tipo di prodotti che esso contraddistingue. È altresì abituale che una stessa impresa utilizzi sottomarchi, ovvero segni derivanti da un marchio principale e che condividono con quest’ultimo un elemento dominante comune, al fine di distinguere le sue varie linee di prodotti. Di conseguenza, è ipotizzabile che il pubblico di riferimento ritenga che i prodotti contraddistinti dai marchi in conflitto appartengano, in effetti, a due distinte gamme di prodotti, ma provengano, tuttavia, dalla stessa impresa [v. sentenze del Tribunale del 23 ottobre 2002, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), T‑104/01, Racc. pag. II‑4359, punto 49, e LA KINGS, punto 46 supra, punto 72 e la giurisprudenza citata].

85      Tuttavia, tale situazione non corrisponde al caso di specie. Infatti, come rilevato al precedente punto 32, il marchio anteriore è dominato dall’elemento «silvian heach». Quanto al marchio richiesto, esso è dominato dall’elemento «h.eich». Pertanto, i marchi controversi non condividono alcun elemento dominante comune.

86      Tale conclusione si imporrebbe quand’anche il cognome Heach dovesse essere considerato, come sostenuto dall’UAMI e dall’interveniente, l’elemento più distintivo del marchio anteriore. In tal caso, infatti, dovrebbe applicarsi lo stesso ragionamento al cognome Eich nel marchio richiesto, a maggior ragione in quanto il nome vi è indicato con una semplice iniziale. Orbene, gli elementi «heach» e «eich» non possono essere considerati comuni. Del resto, gli elementi «heach» e «h.eich», pur presentando taluni elementi di somiglianza visiva (v. punto 48 supra), non sono comuni neppure per il consumatore medio, che solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto tra i vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha conservato nella memoria (sentenza Fifties, punto 84 supra, punto 28).

87      Di conseguenza, il pubblico di riferimento non sarà in grado di stabilire un nesso tra i due marchi in conflitto, dato che il marchio anteriore non contiene l’elemento «h.eich» né, d’altronde, l’elemento «eich». Occorre dunque respingere l’argomento vertente sul rischio di associazione tra i marchi in conflitto.

88      In terzo luogo, l’interveniente sostiene che l’uso che potrebbe essere fatto dalla ricorrente del marchio denominativo H.EICH accresce il rischio di confusione con il suo marchio anteriore.

89      Il Tribunale rammenta che la tutela derivante dalla registrazione di un marchio denominativo ha ad oggetto la parola indicata nella domanda di registrazione e non gli aspetti grafici o stilistici particolari che tale marchio potrebbe, eventualmente, presentare. Non occorre quindi prendere in considerazione, ai fini dell’esame della somiglianza, la rappresentazione grafica che il marchio richiesto potrebbe assumere in futuro [sentenza del Tribunale del 7 maggio 2009, Klein Trademark Trust/UAMI – Zafra Marroquineros (CK CREACIONES KENNYA), T‑185/07, Racc. pag. II‑1323, punto 48, confermata a seguito di impugnazione dalla sentenza Klein Trademark Trust/UAMI, punto 47 supra, punto 46].

90      Pertanto, l’argomento vertente sul comportamento asseritamente abusivo del richiedente il marchio dev’essere respinto.

91      Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che, tenuto conto dell’impressione globale prodotta dai segni in conflitto e, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti, occorre dichiarare che, nonostante l’esistenza di un’identità fra i prodotti in questione, le differenze tra i segni di cui trattasi costituiscono motivi sufficienti per escludere la sussistenza di un rischio di confusione nella percezione del pubblico di riferimento.

92      Di conseguenza, si deve dichiarare che la commissione di ricorso ha applicato erroneamente l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

93      Occorre pertanto accogliere il motivo unico ed annullare la decisione impugnata.

 Sulle spese

94      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’UAMI, rimasto soccombente, dev’essere condannato a sopportare le spese sostenute dalla ricorrente nel procedimento dinanzi al Tribunale, conformemente alle conclusioni di quest’ultima. L’interveniente, rimasta soccombente, sopporterà le proprie spese, in conformità dell’articolo 87, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento di procedura.

95      Peraltro, la ricorrente ha chiesto la condanna dell’UAMI alle spese del procedimento di ricorso svoltosi dinanzi all’UAMI. Si deve ricordare in proposito che, ai sensi dell’articolo 136, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Ciò non vale tuttavia per le spese sostenute nel procedimento dinanzi alla divisione d’opposizione. Pertanto, la domanda della ricorrente può essere accolta solo con riferimento alle spese indispensabili da essa sostenute per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) del 9 settembre 2010 (procedimento R 1411/2009‑1) è annullata.

2)      L’UAMI sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla H.Eich Srl nel procedimento dinanzi al Tribunale.

3)      L’UAMI sopporterà le spese indispensabili sostenute ai fini del procedimento dinanzi alla prima commissione di ricorso.

4)      L’Arav Holding Srl sopporterà le proprie spese.

Forwood

Dehousse

Schwarcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 giugno 2012.

Firme


*Lingua processuale: l’italiano.