Language of document : ECLI:EU:T:2021:632

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

29 settembre 2021 (*)

«Agricoltura – Regolamento (UE) 2016/2031 – Misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante – Elenco degli organismi nocivi regolamentati non da quarantena rilevanti per l’Unione – Soglia a partire dalla quale un organismo nocivo regolamentato non da quarantena rilevante per l’Unione sulle piante da impianto ha un impatto economico inaccettabile – Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2072 – Associazioni professionali – Ricorso di annullamento – Legittimazione ad agire – Ricevibilità – Proporzionalità – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑116/20,

Società agricola Vivai Maiorana Ss, con sede in Curinga (Italia),

Confederazione Italiana Agricoltori – CIA, con sede in Roma (Italia),

MIVA – Moltiplicatori Italiani Viticoli Associati, con sede in Faenza (Italia),

rappresentate da E. Scoccini e G. Scoccini, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Eggers e F. Moro, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Emmerechts, A. Vitro e S. Barbagallo, in qualità di agenti,

e da

Parlamento europeo, rappresentato da L. Knudsen e G. Mendola, in qualità di agenti,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda di annullamento dell’allegato IV, parti A, B, C, F, I e J, del regolamento di esecuzione (UE) 2019/2072 della Commissione, del 28 novembre 2019, che stabilisce condizioni uniformi per l’attuazione del regolamento (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante e che abroga il regolamento (CE) n. 690/2008 della Commissione e modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2018/2019 della Commissione (GU 2019, L 319, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da M.J. Costeira, presidente, D. Gratsias (relatore) e M. Kancheva, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il regolamento (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che modifica i regolamenti (UE) n. 228/2013, (UE) n. 652/2014 e (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga le direttive 69/464/CEE, 74/647/CEE, 93/85/CEE, 98/57/CE, 2000/29/CE, 2006/91/CE e 2007/33/CE del Consiglio (GU 2016, L 317, pag. 4), ha ad oggetto l’adozione di misure per determinare i rischi fitosanitari presentati dagli organismi nocivi che minacciano la sanità delle piante e per ridurre tali rischi a un livello accettabile.

2        Ai sensi dell’articolo 36 del regolamento 2016/2031:

«Un organismo nocivo è un “organismo nocivo regolamentato non da quarantena rilevante per l’Unione” ed è inserito nell’elenco di cui all’articolo 37 se soddisfa tutte le condizioni seguenti:

a)      la sua identità è stata accertata ai sensi dell’allegato I, sezione 4, punto 1;

b)      è presente nel territorio dell’Unione;

c)      non è un organismo nocivo da quarantena rilevante per l’Unione, né un organismo nocivo soggetto alle misure adottate ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1;

d)      è trasmesso prevalentemente attraverso specifiche piante da impianto, conformemente all’allegato I, sezione 4, punto 2;

e)      la sua presenza su tali piante da impianto ha un impatto economico inaccettabile in relazione all’uso previsto di tali piante da impianto, conformemente all’allegato I, sezione 4, punto 3;

f)      sono disponibili misure realizzabili ed efficaci per impedirne la presenza sulle piante da impianto in questione».

3        L’articolo 37, paragrafo 2, del regolamento 2016/2031 prevede essenzialmente che la Commissione europea stabilisca, mediante un atto di esecuzione, l’elenco degli organismi nocivi regolamentati non da quarantena rilevanti per l’Unione (in prosieguo: gli «ORNQ») e delle specifiche piante da impianto. A norma dell’articolo 37, paragrafo 1, primo comma, del regolamento 2016/2031, «[g]li operatori professionali non introducono un [ORNQ], né spostano tale organismo nocivo nel territorio dell’Unione sulle piante da impianto attraverso le quali è trasmesso specificate nell’elenco di cui al paragrafo 2».

4        L’articolo 37, paragrafo 8, del regolamento 2016/2031 dispone che, se la condizione di cui all’articolo 36, lettera e), del medesimo regolamento è soddisfatta solo qualora l’organismo nocivo in questione sia presente con un’incidenza superiore a una determinata soglia maggiore di zero, tale soglia figura nell’elenco di cui all’articolo 37, paragrafo 2, con la precisazione che il divieto di introduzione e di spostamento si applica solo al di sopra di tale soglia. Tuttavia, affinché la Commissione fissi una siffatta soglia occorre altresì, ai sensi della stessa disposizione, che gli operatori professionali possano garantire che l’incidenza degli ORNQ su dette piante da impianto non ecceda tale soglia e che sia possibile verificare che essa non sia superata nei lotti di piante in questione.

5        La nozione di «operatore professionale» è definita nell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031 come ricomprendente ogni soggetto di diritto pubblico o di diritto privato che svolge a titolo professionale una o più attività seguenti in relazione alle piante, ai prodotti vegetali e agli altri oggetti, e ne è giuridicamente responsabile:

–        impianto;

–        riproduzione;

–        produzione, incluse la coltivazione, la moltiplicazione e il mantenimento;

–        introduzione, spostamento nel territorio dell’Unione e in uscita dal territorio dell’Unione;

–        messa a disposizione sul mercato;

–        immagazzinamento, raccolta, spedizione e trasformazione.

6        Sulla base, segnatamente, dell’articolo 37, paragrafo 2, del regolamento 2016/2031 (v. punto 3 supra), la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2019/2072, del 28 novembre 2019, che stabilisce condizioni uniformi per l’attuazione del regolamento 2016/2031 per quanto riguarda le misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante e che abroga il regolamento (CE) n. 690/2008 della Commissione e modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2018/2019 della Commissione (GU 2019, L 319, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione impugnato»).

7        L’articolo 5 del regolamento di esecuzione impugnato così dispone:

«L’elenco degli [ORNQ] e delle specifiche piante da impianto comprendente categorie e soglie di cui all’articolo 37, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/2031 figura nell’allegato IV del presente regolamento. Tali piante da impianto non sono introdotte o spostate nell’Unione se la presenza su di esse di ORNQ, o di sintomi causati dagli ORNQ, è superiore alle soglie.

Il divieto di introduzione e spostamento di cui al primo comma si applica soltanto alle categorie di piante da impianto di cui all’allegato IV».

8        L’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato fissa l’elenco degli ORNQ riguardante dodici specifiche piante. L’allegato di cui trattasi è così suddiviso in dodici parti, che vanno dalla lettera A alla lettera L, di cui:

–        la parte A indica due combinazioni di ORNQ e di sementi di piante foraggere;

–        la parte B indica due combinazioni di ORNQ e di sementi di cereali;

–        la parte C indica nove combinazioni di ORNQ e di materiali di moltiplicazione della vite;

–        la parte F indica tredici combinazioni di ORNQ e di sementi di ortaggi;

–        la parte I indica quindici combinazioni di ORNQ e di piantine di ortaggi e materiali di moltiplicazione di ortaggi, escluse le sementi;

–        la parte J indica 155 combinazioni di ORNQ e di materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e di piante da frutto destinate alla produzione di frutti.

9        In forza di dette parti dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, la Commissione ha fissato, con quattro eccezioni, la soglia di presenza degli ORNQ allo 0%.

 Procedimento e conclusioni delle parti

10      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2020, le ricorrenti, ossia la Società agricola Vivai Maiorana Ss, la Confederazione Italiana Agricoltori – CIA (in prosieguo: la «CIA») e la MIVA – Moltiplicatori Italiani Viticoli Associati (in prosieguo: la «MIVA»), hanno proposto il presente ricorso.

11      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, l’11 e il 27 maggio 2020, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con rispettive decisioni dell’8 e del 22 luglio 2020, la presidente della Nona Sezione del Tribunale ha ammesso detti interventi. Gli intervenienti hanno depositato le loro memorie e le parti principali hanno presentato le loro osservazioni su queste ultime entro i termini impartiti.

12      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’allegato IV, parti A, B, C, F, I e J, del regolamento di esecuzione impugnato laddove recanti soglie di presenza degli ORNQ sulle piante considerate;

–        dichiarare l’invalidità dell’articolo 36, dell’articolo 37, paragrafo 2, e dell’allegato I, sezione 4, punto 3, del regolamento 2016/2031;

–        condannare la Commissione alle spese.

13      La Commissione, il Parlamento e il Consiglio chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso, in quanto in parte irricevibile e in parte infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

14      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo ha posto alle ricorrenti quesiti scritti l’8 febbraio e il 30 aprile 2021. Le ricorrenti hanno ottemperato a tali misure con lettere rispettivamente del 24 febbraio e del 14 maggio 2021. Con lettera del 17 maggio 2021, la Commissione ha presentato le proprie osservazioni sugli elementi depositati dalle ricorrenti il 24 febbraio 2021.

15      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

16      A causa dell’impedimento del giudice relatore inizialmente designato, la presente causa è stata attribuita a un nuovo giudice relatore, appartenente alla Nona Sezione, con decisione del presidente del Tribunale dell’8 giugno 2021. Inoltre, con decisione dell’8 giugno 2021, la presidente della Nona Sezione ha designato un altro giudice al fine di integrare la Sezione.

 In diritto

17      A sostegno del loro ricorso le ricorrenti deducono quattro motivi, concernenti rispettivamente:

–        la violazione dell’articolo 36, lettere e) ed f), del regolamento 2016/2031, la violazione del principio di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione;

–        la violazione del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (in prosieguo: l’«ITPGRFA»), la cui conclusione è stata approvata, a nome della Comunità europea, con la decisione 2004/869/CE del Consiglio, del 24 febbraio 2004 (GU 2004, L 378, pag. 1);

–        la violazione del regolamento (UE) 2018/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio (GU 2018, L 150, pag. 1);

–        l’incompatibilità delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato con la politica agricola comune.

18      Prima di contestare la fondatezza del ricorso, la Commissione solleva dubbi quanto alla ricevibilità del ricorso sotto il profilo dell’interesse ad agire e della legittimazione ad agire delle ricorrenti nonché della chiarezza dei motivi dedotti. Il Parlamento e il Consiglio, dal canto loro, ritengono che l’eccezione di illegittimità sollevata in merito al regolamento 2016/2031 non faccia apparire con la dovuta chiarezza i motivi sui quali essa è fondata, cosicché debba essere respinta in quanto irricevibile.

 Sulla ricevibilità

 Sulla legittimazione ad agire

19      La Commissione sottolinea innanzitutto che il regolamento di esecuzione impugnato costituisce un atto regolamentare che non comporta alcuna misura di esecuzione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Pertanto, affinché il ricorso controverso sia ricevibile, occorrerebbe che il regolamento di cui trattasi interessasse le ricorrenti direttamente ai sensi di quest’ultima disposizione.

20      Orbene, ciò non si verificherebbe nel caso della Società agricola Vivai Maiorana, vivaista viticolo e prima ricorrente, in quanto essa non dichiarerebbe di essere un operatore professionale interessato dall’allegato IV, parti A, B, F, I e J del regolamento di esecuzione impugnato. Quale vivaista viticolo, la prima ricorrente sarebbe quindi direttamente interessata solo dalla parte C di detto allegato.

21      Per quanto concerne le due associazioni ricorrenti, vale a dire la CIA e la MIVA, a parere della Commissione esse sarebbero legittimate a chiedere l’annullamento del regolamento di esecuzione impugnato solo in tre ipotesi: in primo luogo, ove la legge riconosca loro espressamente un siffatto diritto, in secondo luogo, ove taluni degli associati da esse rappresentati siano legittimati ad agire individualmente, oppure, in terzo luogo, ove esse possano vantare un interesse proprio.

22      Orbene, anzitutto, tali ricorrenti non affermerebbero che la prima di dette ipotesi ricorre nel caso di specie.

23      Inoltre, le associazioni ricorrenti non preciserebbero quali tra i loro associati sarebbero operatori professionali attivi nel settore della produzione e commercializzazione delle piante oggetto delle parti dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato di cui chiedono l’annullamento. Tale informazione non risulterebbe dagli statuti della CIA e della MIVA, né potrebbe essere ricavata dai documenti prodotti in allegato alla replica. Peraltro, dal momento che la prima ricorrente ha proposto il ricorso in proprio nome, la MIVA non potrebbe fondare la propria legittimazione ad agire sul fatto che la ricorrente di cui trattasi rientra tra i suoi associati. Per quanto riguarda gli operatori citati nella risposta delle ricorrenti del 24 febbraio 2021, queste ultime non avrebbero dimostrato che essi erano iscritti nel registro ufficiale degli operatori professionali che gli Stati membri dovevano tenere e aggiornare conformemente all’articolo 65 del regolamento 2016/2031. Inoltre, la Commissione contesta la pertinenza delle fatture prodotte dalle ricorrenti. Al riguardo, la Commissione sostiene, a seconda dell’operatore professionale in questione, vuoi che esse non riguardano le piante indicate nelle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, vuoi che esse riguardano soltanto alcune di dette piante, vuoi ancora che recano una data successiva alla data di proposizione del ricorso. La Commissione aggiunge che i dubbi che persistono circa la legittimazione ad agire delle ricorrenti renderebbero incerta la portata del ricorso e potrebbero ledere i suoi diritti della difesa.

24      Infine, nei limiti in cui la CIA fa valere un interesse proprio al fine di fondare la propria legittimazione ad agire, la Commissione sottolinea che le parti dell’allegato IV del regolamento impugnato di cui è chiesto l’annullamento non modificano i diritti e gli obblighi della CIA in quanto associazione, cosicché quest’ultima non sarebbe direttamente interessata dalle parti di cui trattasi.

25      Le ricorrenti, dal canto loro, considerano anch’esse che il regolamento di esecuzione impugnato costituisca un atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione, ma ritengono di essere direttamente interessate dalle sue disposizioni. A tal riguardo, esse replicano, in primo luogo, che gli associati della CIA sono operatori che coprono l’intero spettro delle attività agricole, mentre quelli della MIVA sono esclusivamente produttori di materiale di moltiplicazione della vite. Ne conseguirebbe che tutti gli associati delle associazioni ricorrenti sarebbero legittimati a chiedere l’annullamento delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato quali produttori o acquirenti delle sementi oggetto di dette parti. A tal riguardo, in risposta a una misura di organizzazione del procedimento, le associazioni ricorrenti hanno prodotto elementi attestanti, a loro avviso, che esse annoveravano almeno un operatore professionale attivo in un settore rientrante nell’allegato IV, parti A, B, C, F, I o J, del regolamento di esecuzione impugnato.

26      Tenuto conto del numero dei suoi associati, la CIA sarebbe inoltre un’associazione particolarmente rappresentativa. Nella specie, essa intenderebbe tutelare interessi collettivi in conformità ai suoi scopi sociali concernenti lo sviluppo e la valorizzazione del mondo rurale, lo sviluppo dell’agricoltura e la promozione della biodiversità.

27      Occorre anzitutto ricordare che il regolamento di esecuzione impugnato è stato adottato sul fondamento, in particolare, dell’articolo 37, paragrafo 2, del regolamento 2016/2031. Nei limiti in cui esso mira ad attuare quest’ultima disposizione, il regolamento di esecuzione impugnato ha lo scopo, secondo i suoi considerando 2, 14 e 15, di istituire un elenco degli ORNQ e delle categorie specifiche per le pertinenti piante da impianto, fissando al contempo soglie di presenza massima di ORNQ, ove siano soddisfatte le condizioni per farlo (v. punti 3, 4 e 6 supra).

28      In tale contesto, l’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato contiene l’elenco degli ORNQ e delle specifiche piante da impianto comprendente categorie e soglie. Ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di esecuzione impugnato, tali piante da impianto non sono introdotte o spostate nell’Unione se la presenza su di esse di ORNQ, o di sintomi causati dagli ORNQ, è superiore alle soglie (v. punti da 7 a 9 supra).

29      Al riguardo, come sostenuto dalle ricorrenti e dalla Commissione (v. punti 19 e 25 supra), in quanto atto di portata generale non legislativo, il regolamento di esecuzione impugnato costituisce un atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263 TFUE (v., in tal senso, ordinanza del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, T‑18/10, EU:T:2011:419, punto 56).

30      Occorre inoltre rilevare, ancora una volta al pari di quanto affermato dalle ricorrenti e dalla Commissione, che, nei limiti in cui fissano le soglie di presenza di ORNQ sulle piante da impianto interessate, le parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato non comportano misure di esecuzione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Inoltre, l’articolo 5 di quest’ultimo regolamento sancisce un divieto di introduzione e spostamento nell’Unione se la presenza di ORNQ o di sintomi causati dagli ORNQ su tali piante da impianto è superiore alle soglie, divieto che non comporta neppure misure di esecuzione.

31      Di conseguenza, affinché le ricorrenti siano legittimate ad agire, è sufficiente dimostrare che esse sono direttamente interessate, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, dalle disposizioni di cui chiedono l’annullamento.

32      Il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del ricorso, requisito previsto all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi. Da un lato, la misura contestata deve produrre direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo. Dall’altro, tale misura non deve lasciare alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

33      Senza sollevare un’eccezione di irricevibilità con atto separato, la Commissione contesta che il primo requisito, relativo all’incidenza sulla situazione giuridica delle ricorrenti, sia soddisfatto nel caso di specie nei confronti di tutte le ricorrenti e per quanto riguarda tutte le parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato (v. punti da 19 a 24 supra).

34      Occorre rilevare che il divieto risultante dall’articolo 5 del regolamento di esecuzione impugnato di introdurre e di spostare piante da impianto, se la presenza di ORNQ o di sintomi causati dagli ORNQ è superiore alle soglie fissate dalle parti controverse dell’allegato IV di tale regolamento, interessa direttamente gli «operatori professionali» ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031 (v. punto 5 supra). Infatti, conformemente all’articolo 37, paragrafo 1, del regolamento 2016/2031, sono tali operatori ad essere interessati dal divieto in questione (v. punto 3 supra). Detto divieto non lascia alcun potere discrezionale agli Stati membri incaricati della sua attuazione. Di conseguenza, il divieto stabilito da quest’ultimo regolamento incide direttamente sulla situazione giuridica di un operatore professionale ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031, che svolge le sue attività in relazione alla categoria delle piante interessata da una o più parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato.

35      A quest’ultimo riguardo, si deve rilevare, in primo luogo, che il regolamento 2016/2031 opera una distinzione tra, da un lato, gli «operatori professionali», come definiti al suo articolo 2, punto 9, e, dall’altro, gli «operatori registrati», i quali, a norma dell’articolo 2, punto 10, del medesimo regolamento, sono gli operatori professionali registrati ai sensi dell’articolo 65 dello stesso. Tale ultima disposizione prevede essenzialmente che l’autorità nazionale competente tenga e aggiorni un registro degli operatori professionali che soddisfano taluni requisiti. Tuttavia, dall’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento 2016/2031 risulta che gli operatori professionali che soddisfano determinati criteri legati al rischio fitosanitario presentato dalle piante che essi coltivano non devono essere iscritti nel registro in questione.

36      Conseguentemente, il divieto di introdurre e spostare piante da impianto se la presenza di ORNQ o di sintomi causati dagli ORNQ è superiore alle soglie fissate dalle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato riguarda gli «operatori professionali» ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2013 e non soltanto gli operatori registrati ai sensi dell’articolo 2, punto 10, del medesimo regolamento. L’argomento della Commissione secondo il quale non sarebbe certo che gli operatori associati della seconda e della terza ricorrente siano operatori registrati deve pertanto essere respinto.

37      In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031, la nozione di «operatore professionale» ricomprende ogni soggetto di diritto pubblico o di diritto privato che svolge a titolo professionale una o più attività citate al punto 5 supra, in relazione, in particolare, alle piante.

38      Orbene, il termine «piante» è definito all’articolo 2, punto 1, del regolamento 2016/2031 come comprendente le piante vive e le parti vive di piante, quali, segnatamente, sementi, frutti, ortaggi, tuberi, occhi, talee e marze.

39      Inoltre, dall’articolo 37, paragrafi 1 e 2, del regolamento 2016/2031 risulta che l’elenco degli ORNQ e delle specifiche piante da impianto, che la Commissione stabilisce mediante un regolamento di esecuzione come il regolamento di esecuzione impugnato, non include necessariamente tutte le piante da impianto, ma unicamente le piante da impianto «attraverso le quali è trasmesso [l’ORNQ]». In particolare, come esposto al punto 8 supra, l’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato è suddiviso in dodici parti, che vanno dalla lettera A alla lettera L, e ciascuna di esse indica un certo numero di combinazioni di piante e di ORNQ.

40      Così, a titolo esemplificativo, la direttiva 66/401/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1966, relativa alla commercializzazione delle sementi di piante foraggere (GU 1966, P 125, pag. 2298), elenca, all’articolo 2, paragrafo 1, lettera A), 87 generi e specie di piante foraggere. Tuttavia, la parte A dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, intitolata «ORNQ rilevanti per le sementi di piante foraggere», elenca solo la specie di erba medica (alfalfa) (Medicago sativa L.), mediante la quale sono diffusi i due ORNQ ivi menzionati (Clavibacter michiganensis e Ditylenchus dipsaci).

41      Ne consegue che la nozione di «operatore professionale» include tutti gli operatori che svolgono una o più attività enumerate all’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031 e in relazione alle «piante», piante definite all’articolo 2, punto 1, del regolamento 2016/2031 ed elencate in ciascuna delle direttive relative alla loro commercializzazione.

42      Pertanto, certamente, il divieto risultante dall’articolo 5 del regolamento di esecuzione impugnato, in combinato disposto con l’articolo 37, paragrafo 1, del regolamento 2016/2031, di introdurre e spostare ORNQ nel territorio dell’Unione riguarda, ratione materiae, le piante da impianto elencate nell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato. Tuttavia, tale divieto riguarda, ratione personae, tutti gli operatori professionali ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031.

43      In tal modo, il legislatore ha inteso limitare il rischio di diffusione di ORNQ proveniente non solo dagli «operatori registrati» o dagli operatori che hanno svolto attività in relazione, specificamente, alle piante indicate nell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, ma da qualsiasi operatore professionale attivo nel settore delle piante, il quale, pertanto, può svolgere attività in relazione alle piante attraverso le quali sono trasmessi gli ORNQ elencati nel sopracitato allegato IV.

44      Ne consegue che non può essere accolto l’approccio della Commissione secondo il quale è interessata unicamente la situazione giuridica degli operatori professionali che hanno svolto la loro attività in relazione alle sole piante elencate negli allegati controversi del regolamento di esecuzione impugnato. Oltre al fatto che l’approccio in questione è in contrasto con le disposizioni applicabili (v. punti da 35 a 41 supra), esso si basa sulla premessa secondo cui il divieto risultante dall’articolo 5 del regolamento di esecuzione impugnato non si impone a tutti gli operatori professionali ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031, ma soltanto a quelli che hanno svolto in precedenza la loro attività in relazione alle piante attraverso le quali sono trasmessi gli ORNQ. Orbene, accettare tale tesi comporterebbe la conseguenza di compromettere seriamente l’effetto utile della politica intesa a prevenire la diffusione di ORNQ nell’Unione.

45      In detto contesto, è giocoforza constatare che, in quanto impresa vivaista viticola attiva nel settore dei materiali di moltiplicazione della vite, la prima ricorrente è un operatore professionale ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031. Tuttavia la situazione giuridica della prima ricorrente, in tale qualità, è interessata, come sostenuto dalla Commissione, dalla sola parte C dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, relativa agli ORNQ rilevanti per i materiali di moltiplicazione della vite. Pertanto, è unicamente nei limiti in cui la prima ricorrente chiede l’annullamento di detta parte del regolamento di esecuzione impugnato che essa è legittimata ad agire.

46      Per quanto riguarda le due associazioni ricorrenti, la CIA e la MIVA, occorre ricordare che un’associazione incaricata di difendere gli interessi collettivi dei suoi membri è legittimata a proporre un ricorso di annullamento in quanto lesa nei propri interessi come associazione o quando le persone che essa rappresenta o alcune di esse sono legittimate ad agire individualmente (sentenza del 30 aprile 2019, UPF/Commissione, T‑747/17, EU:T:2019:271, punto 20).

47      Per quanto concerne la prima di tali condizioni invocata dalla CIA (v. punto 26 supra), si deve constatare, come osservato dalla Commissione, che le parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato non modificano i diritti o gli obblighi di detta associazione in quanto tale, cosicché esse non incidono sulla posizione giuridica della stessa. Ne consegue che la CIA non può validamente affermare di essere legittimata ad agire in quanto lesa nei propri interessi.

48      Per quanto riguarda la legittimazione ad agire dei soggetti rappresentati dalla CIA, occorre anzitutto rilevare che, ai sensi dell’articolo 3, diciottesimo trattino, del suo statuto, tale organizzazione ha lo scopo di promuovere gli interessi dei suoi associati. Le ricorrenti hanno allegato alla replica un elenco contenente i nomi e gli indirizzi di 584 842 associati di quest’ultima. In risposta alle misure di organizzazione del procedimento (v. punto 14 supra), le ricorrenti hanno prodotto elementi idonei a dimostrare che otto associati della CIA sono operatori professionali attivi nei settori delle sementi delle piante foraggere, delle sementi di cereali, dei materiali di moltiplicazione della vite, delle sementi di ortaggi, delle piantine di ortaggi e delle piante da frutto. Tali settori sono interessati dall’allegato IV, parti A, B, C, F, I e J, del regolamento di esecuzione impugnato.

49      Per quanto riguarda la MIVA, dall’articolo 8 dello statuto di tale associazione risulta che essa ha come associati operatori professionali ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031 per quanto riguarda i materiali di moltiplicazione della vite. Ciò si verifica certamente nel caso della prima ricorrente. Tuttavia, tale circostanza non è idonea a comportare la ricevibilità del ricorso in quanto proposto dalla MIVA, poiché la prima ricorrente ha proposto il ricorso in proprio nome (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2019, UPF/Commissione, T‑747/17, EU:T:2019:271, punti da 25 a 27).

50      Orbene, in risposta alla misura di organizzazione del procedimento adottata l’8 febbraio 2021, le ricorrenti hanno prodotto elementi idonei a dimostrare che tre associati della MIVA, diversi dalla prima ricorrente, sono operatori professionali attivi nei settori dei materiali di moltiplicazione della vite, delle piantine di ortaggi e delle piante da frutto. Detti settori sono interessati dall’allegato IV, parti C, I e J, del regolamento di esecuzione (UE) 2019/2072. Occorre aggiungere, al riguardo, che, ai sensi dell’articolo 3 dello statuto della MIVA, tale associazione ha lo scopo di promuovere gli interessi relativi alle attività dei suoi associati, senza escludere da questi ultimi attività agricole riguardanti piante diverse dai materiali di moltiplicazione della vite.

51      Quanto all’argomento della Commissione, secondo il quale talune fatture prodotte dalle ricorrenti recano una data successiva alla data di proposizione del ricorso, esso non può essere accolto. La qualità di «operatore professionale» ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031 è infatti, per sua stessa natura, da dimostrare mediante un insieme di indizi concordanti. Invero, seguire la logica della Commissione implicherebbe che solo le prove recanti una data identica a quella in cui il ricorso è stato proposto sarebbero idonee a dimostrare la qualità di operatore professionale, poiché, ad esempio, fatture anteriori a tale data non consentirebbero di escludere che l’operatore in questione non abbia nel frattempo abbandonato l’attività in relazione alle piante interessate.

52      Orbene, nel caso di specie, le ricorrenti hanno prodotto diverse fatture, per importi non trascurabili da cui risulta che i loro emittenti, associati delle associazioni ricorrenti, sono operatori professionali ai sensi dell’articolo 2, punto 9, del regolamento 2016/2031. Inoltre, come sostenuto dalle ricorrenti in udienza, la commercializzazione delle piante da impianto richiede l’attuazione di tutta una serie di azioni preliminari che, a seconda della pianta in questione, si suddividono su periodi più o meno lunghi. Ne consegue che il fatto di aver prodotto fatture recanti una data posteriore a quella di proposizione del ricorso al fine di dimostrare che gli associati della seconda e della terza ricorrente hanno la qualità di operatori professionali, nel senso sopra indicato, non è, di per sé, idoneo a escludere la pertinenza di tali elementi di prova.

53      Infine, poiché la Commissione è stata posta in condizione di presentare utilmente, per iscritto e oralmente, le sue osservazioni sull’insieme degli elementi prodotti dalle ricorrenti relativamente alla loro legittimazione ad agire, non può essere constatata alcuna lesione dei suoi diritti della difesa.

54      Ne consegue che le ricorrenti dimostrano la loro legittimazione ad agire secondo le seguenti precisazioni:

–        la prima ricorrente è legittimata ad agire per l’annullamento dell’allegato IV, parte C, del regolamento di esecuzione impugnato;

–        la CIA è legittimata ad agire per l’annullamento dell’allegato IV, parti A, B, C, F, I e J, del regolamento di esecuzione impugnato;

–        la MIVA è legittimata ad agire per l’annullamento dell’allegato IV, parti C, I e J, del regolamento di esecuzione impugnato.

 Sull’interesse ad agire

55      La Commissione afferma che l’eventuale annullamento dell’allegato IV, parti A, B, C, F, I e J, del regolamento di esecuzione impugnato invaliderebbe le soglie di presenza degli ORNQ fissate in forza delle parti in questione, con la conseguenza che le piante interessate non sarebbero più soggette al divieto di introduzione e di spostamento nel territorio dell’Unione. Tuttavia, un siffatto annullamento non pregiudicherebbe gli obblighi di risanamento gravanti sugli operatori professionali come quelli risultanti dalle diverse direttive sulla commercializzazione delle stesse piante. Tali direttive costituirebbero atti autonomi che si limitano a tener conto delle soglie di presenza degli ORNQ fissate dalle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato. Pertanto, esse non possono essere qualificate come atti di esecuzione del regolamento di esecuzione impugnato, la cui validità sarebbe pregiudicata dall’eventuale annullamento di quest’ultimo. Ne conseguirebbe che, quand’anche le ricorrenti ottenessero l’annullamento nella specie richiesto, gli operatori professionali interessati rimarrebbero comunque tenuti a rispettare i requisiti fitosanitari fissati da dette direttive per quanto attiene sia al risanamento poco oneroso a livello di produzione, sia al risanamento necessario per la commercializzazione delle piante interessate. Infine, l’interesse delle ricorrenti consistente nella protezione della biodiversità sarebbe fondato su mere ipotesi.

56      Da giurisprudenza costante risulta che un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento di detto atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v. sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

57      Al riguardo, la Commissione sostiene che le ricorrenti non trarrebbero alcun beneficio dall’eventuale annullamento delle parti controverse dall’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, giacché un siffatto annullamento lascerebbe impregiudicati gli obblighi di risanamento delle piante da impianto interessate risultanti dalle rispettive direttive sulla commercializzazione di dette piante.

58      Al fine di valutare la fondatezza di tale argomento della Commissione, occorre esporre gli elementi di base del regime fitosanitario dell’Unione per quanto riguarda gli ORNQ, quali risultano dal regolamento 2016/2031, dal regolamento di esecuzione impugnato e dalle direttive sulla commercializzazione delle piante oggetto del presente ricorso.

59      In particolare, da un lato, come emerge dall’articolo 36 del regolamento 2016/2031, gli ORNQ sono organismi nocivi, presenti nel territorio dell’Unione, diffusi soprattutto mediante talune piante da impianto e la cui presenza su dette piante ha un impatto economico inaccettabile in relazione all’uso previsto delle piante in questione.

60      Secondo il considerando 23 del regolamento 2016/2031, per limitare la presenza degli ORNQ è opportuno vietarne l’introduzione o lo spostamento nel territorio dell’Unione sulle piante da impianto in questione qualora tali organismi siano presenti con un’incidenza superiore a una determinata soglia.

61      Come esposto ai punti 3 e 4 supra, la Commissione stabilisce l’elenco degli ORNQ e delle specifiche piante da impianto, comprendente, se del caso, soglie superiori a zero a partire dalle quali la presenza di un ORNQ sulle piante da impianto ha un impatto economico inaccettabile. Tale elenco è contenuto nell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato (v. punto 8 supra).

62      Dall’altro, le norme sulla commercializzazione di ciascuna pianta da impianto interessata da una parte dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato sono stabilite in forza di direttive. La corrispondenza tra gli ORNQ elencati in ciascuna parte controversa dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato e le relative direttive di commercializzazione figura nella seguente tabella:

Parte dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato

Direttiva sulla commercializzazione

Parte A

ORNQ rilevanti per le sementi di piante foraggere

Direttiva 66/401

Parte B

ORNQ rilevanti per le sementi di cereali

Direttiva 66/402/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1966, relativa alla commercializzazione delle sementi di cereali (GU 1966, 125, pag. 2309)

Parte C

ORNQ rilevanti per i materiali di moltiplicazione della vite

Direttiva 68/193/CEE del Consiglio, del 9 aprile 1968, relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite (GU 1968, L 93, pag. 15)

Parte F

ORNQ rilevanti per le sementi di ortaggi

Direttiva 2002/55/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alla commercializzazione delle sementi di ortaggi (GU 2002, L 193, pag. 33)

Parte I

ORNQ rilevanti per le piantine di ortaggi e i materiali di moltiplicazione di ortaggi, escluse le sementi

Direttiva 2008/72/CE del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativa alla commercializzazione delle piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi (GU 2008, L 205, pag. 28)

Direttiva 93/61/CEE della Commissione, del 2 luglio 1993, che stabilisce le schede relative ai requisiti da rispettare per le piantine e i materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi, conformemente alla direttiva 92/33/CEE del Consiglio (GU 1993, L 250, pag. 19)

Parte J

ORNQ rilevanti per i materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e le piante da frutto destinate alla produzione di frutti

Direttiva 2008/90/CE del Consiglio, del 29 settembre 2008, relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti (GU 2008, L 267, pag. 8).

Direttiva di esecuzione 2014/98/UE della Commissione, del 15 ottobre 2014, recante modalità di esecuzione della direttiva 2008/90 per quanto riguarda i requisiti specifici per il genere e la specie delle piante da frutto di cui al suo allegato I, i requisiti specifici per i fornitori e le norme dettagliate riguardanti le ispezioni ufficiali (GU 2014, L 298, pag. 22).

63      Le direttive sulla commercializzazione prevedono le misure fitosanitarie che devono essere adottate al fine di gestire il rischio di presenza di ORNQ e di garantire che le piante introdotte e spostate nell’Unione siano conformi alle prescrizioni della relativa parte dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato per quanto riguarda la presenza di ORNQ.

64      Così, dopo l’adozione del regolamento di esecuzione impugnato, le direttive sulla commercializzazione delle piante sono state modificate dalla direttiva di esecuzione (UE) 2020/177 della Commissione, dell’11 febbraio 2020, che modifica le direttive 66/401, 66/402, 68/193, 2002/55, 2002/56/CE e 2002/57/CE del Consiglio, le direttive 93/49/CEE e 93/61 e le direttive di esecuzione 2014/21/UE e 2014/98 della Commissione per quanto riguarda gli organismi nocivi per le piante sulle sementi e altro materiale riproduttivo vegetale (GU 2020, L 41, pag. 1).

65      In particolare, dai considerando 5, 6, 8, da 10 a 12, 14 e da 19 a 23 della direttiva di esecuzione 2020/177 risulta che le direttive sulla commercializzazione delle piante oggetto delle parti controverse del regolamento di esecuzione impugnato hanno dovuto essere modificate per prevedere misure affinché il materiale riproduttivo vegetale rientrante nel loro ambito di applicazione soddisfacesse i requisiti relativi, in particolare, agli ORNQ, stabiliti dalle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato. La direttiva 66/401 relativa alla commercializzazione delle sementi di piante foraggere costituisce un’eccezione parziale, nel senso che è stata modificata per indicare che le sementi di cui trattasi dovevano soddisfare anche i requisiti relativi agli ORNQ stabiliti ai sensi dell’allegato IV, parte A, del regolamento di esecuzione impugnato, senza tuttavia prevedere requisiti supplementari rispetto a quelli in vigore prima dell’adozione della direttiva di esecuzione 2020/177.

66      Tale rapporto sistematico tra il regolamento di esecuzione impugnato, da un lato, e le direttive sulla commercializzazione delle piante da impianto rientranti nelle parti controverse dell’allegato IV del regolamento in parola, dall’altro, è esplicitamente affermato dalla Commissione ai punti da 24 a 27 del controricorso e 68 e 70 della controreplica.

67      Da dette constatazioni risulta che, sebbene, come affermato dalla Commissione, le direttive di cui trattasi non costituiscano atti di esecuzione del regolamento di esecuzione impugnato, esse prevedono tuttavia obblighi a carico degli operatori, che tengono conto delle norme di presenza di ORNQ stabilite da quest’ultimo regolamento e che mirano a garantire che gli operatori in questione ottemperino a dette norme. Tale conclusione vale anche per la direttiva 66/401, la quale prevede ormai che la coltura e le sementi di piante foraggere debbano soddisfare anche i requisiti relativi alla presenza di ORNQ stabiliti ai sensi dell’allegato IV, parte A, del regolamento di esecuzione impugnato, benché essa non abbia adottato misure supplementari al riguardo.

68      La Commissione non può quindi validamente sostenere che un eventuale annullamento delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato non possa in nessun caso procurare un beneficio alla prima ricorrente o agli associati della CIA e della MIVA. Infatti, tenuto conto della coerenza interna del regime fitosanitario dell’Unione, caratterizzata dal rapporto sistematico tra il regolamento di esecuzione impugnato e le relative direttive sulla commercializzazione delle piante da impianto, in caso di annullamento parziale di detto regolamento di esecuzione, il legislatore potrebbe essere indotto, in funzione dei motivi dell’annullamento e delle misure che devono essere adottate conformemente all’articolo 266 TFUE, a riesaminare le direttive di cui trattasi, che avrebbero perso il loro substrato normativo nella versione attuale.

69      Di conseguenza, le disposizioni delle direttive sulla commercializzazione delle piante da impianto non inficiano l’interesse delle ricorrenti a chiedere l’annullamento delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, le quali incidono direttamente sulla loro situazione giuridica secondo le precisazioni esposte ai punti da 34 a 54 supra. Ne consegue, peraltro, che, ai fini della ricevibilità del ricorso dal punto di vista dell’interesse ad agire, non è necessario che le ricorrenti dimostrino un interesse proprio, specifico alla protezione della biodiversità, cosicché l’argomento della Commissione relativo al carattere asseritamente ipotetico di un siffatto interesse deve essere respinto in quanto inconferente.

 Sulla chiarezza del ricorso

70      Sostenuta dal Parlamento e dal Consiglio, in primo luogo, la Commissione afferma che dall’esposizione dei motivi non si evincono le norme di diritto asseritamente violate dall’articolo 36, dall’articolo 37, paragrafo 2, e dall’allegato I, sezione 4, punto 3, del regolamento 2016/2031, la cui violazione – secondo le conclusioni delle ricorrenti – comporterebbe l’invalidità di tali disposizioni. In secondo luogo, la Commissione osserva che solo con riferimento all’allegato IV, parte C, del regolamento di esecuzione impugnato le ricorrenti illustrano argomenti specifici che consentono di comprendere l’asserita illegittimità. Per contro, la domanda di annullamento delle altre parti controverse dell’allegato IV del regolamento di cui trattasi si fonderebbe unicamente su osservazioni generiche prive della precisione richiesta dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, anche tenendo conto delle spiegazioni fornite nella replica. In ogni caso, il regolamento 2016/2031 non sarebbe viziato da nessuno dei profili di illegittimità che si possano ritenere invocati rispetto ad esso.

71      È certamente vero che il ricorso non contiene considerazioni idonee a motivare in modo circostanziato l’asserita illegittimità del regolamento 2016/2031 e che esso non contiene una specifica analisi relativa alle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato diverse dalla parte C dell’allegato di cui trattasi. È anche vero, inoltre, che vari argomenti delle ricorrenti sono presentati sotto forma di conclusioni il cui nesso con le parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato è spesso non evidente.

72      Tuttavia, in primo luogo, le ricorrenti hanno incluso nella replica argomenti riguardanti talune parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, diverse dalla parte C. Detti argomenti, che rientrano nell’ambito dei motivi dedotti nel ricorso, costituiscono un ampliamento ricevibile di questi ultimi. In secondo luogo, sebbene il nesso tra determinati argomenti esposti a sostegno dei motivi dedotti non sia sempre evidente, l’esame dettagliato del contesto normativo nel suo complesso consente di comprendere la portata delle censure sollevate dalle ricorrenti. In terzo luogo, i riferimenti all’asserita violazione, da parte del regolamento 2016/2031, del principio di proporzionalità, consentono al Tribunale, tenuto conto dell’argomentazione dedotta, nel suo insieme, dalle ricorrenti, di esercitare il suo controllo nei confronti del medesimo.

73      Di conseguenza, l’eccezione di irricevibilità relativa alla chiarezza del ricorso deve essere respinta.

 Nel merito

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 36, lettere e) ed f), del regolamento 2016/2031 e sulla violazione del principio di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione

74      Le ricorrenti ricordano che, in forza dell’articolo 36 del regolamento 2016/2031, un organismo nocivo può essere inserito nell’elenco degli ORNQ solo se soddisfa le condizioni previste da detta disposizione. Tra tali condizioni rientrano quella relativa all’impatto economico inaccettabile determinato dalla presenza di detto organismo, ai sensi dell’allegato I, sezione 4, punto 3, del suddetto regolamento, e quella relativa alla disponibilità di misure realizzabili ed efficaci per impedire tale presenza sulle piante in questione [articolo 36, lettere e) ed f), del regolamento 2016/2031]. Orbene, le soglie fissate in forza delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato non sarebbero giustificate in ragione di un’analisi circostanziata dell’impatto economico che avrebbe la presenza di ORNQ sulle piante considerate, né si fonderebbero sulla disponibilità di misure realizzabili ed efficaci per impedire detta presenza. Inoltre, la fissazione delle soglie di presenza di ORNQ allo 0% comporterebbe obblighi di risanamento fitosanitario, mediante selezione genetica, delle varietà interessate, il che, a sua volta, distruggerebbe definitivamente la diversità delle varietà di categoria «standard», che attualmente non sarebbero risanate, e cancellerebbe la distinzione tra varietà rientranti nelle categorie «standard», da un lato, e «certificata», dall’altro.

75      Così, a titolo esemplificativo, le soglie fissate in forza dell’allegato IV, parte C, del regolamento di esecuzione impugnato comporterebbero il divieto di commercializzare – fatti salvi i cloni che possono garantire il rispetto della soglia di presenza pari a zero degli ORNQ – il 57,7% delle varietà di vite iscritte al registro italiano della vite da vino. Tale divieto comporterebbe l’impossibilità, per almeno un decennio, di rinnovare o realizzare nuovi impianti di varietà autoctone rientranti nelle denominazioni di origine o nelle indicazioni geografiche e andrebbe a semplificare radicalmente determinati biotipi di varietà. La considerevole riduzione della biodiversità intravarietale sarebbe soprattutto il risultato delle misure di risanamento necessarie per contrastare i virus, i viroidi e le malattie da agenti virus-simili. Tuttavia, tali effetti nefasti non sarebbero collegati ad alcun beneficio, né garantirebbero che le piante risanate non vengano infettate, attraverso insetti vettori, dopo il loro impianto. Orbene, la Commissione avrebbe dovuto tener conto di detti effetti nel valutare l’impatto economico inaccettabile degli ORNQ sulle piante da impianto. La situazione attuale dimostrerebbe, per contro, che la presenza degli ORNQ oggetto delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato non ha pregiudicato la redditività delle imprese agricole interessate; non vi sarebbe pertanto ragione di ritenere che detta presenza comporti un impatto economico inaccettabile ai sensi dell’articolo 36, lettera e), del regolamento 2016/2031.

76      In tale contesto, si dovrebbe constatare che lo studio dell’Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle piante (in prosieguo: l’«EPPO»), su cui la Commissione si è fondata ai fini dell’adozione delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, sarebbe viziato da errori e carenze nella parte in cui è giunto alla fissazione delle soglie di presenza dello 0% rispetto agli ORNQ presenti in Europa da molto tempo senza che essi siano associati a un impatto economico negativo.

77      Le ricorrenti aggiungono che il risanamento imposto comporta un costo di EUR 120 000 per ciascuna varietà e dieci anni di lavoro in strutture specializzate, senza una prospettiva di ripagare tali spese. Detto onere finanziario non sarebbe sostenibile ove la superficie coltivata sia inferiore a un migliaio circa di ettari per varietà, come accadrebbe nel caso delle varietà autoctone a ridotta diffusione. Nei rari casi in cui il risanamento in questione sarebbe economicamente conveniente, esso ridurrebbe il pool genico della varietà di partenza. Orbene, la Commissione non avrebbe tenuto conto di tale impatto prima di fissare le soglie di presenza degli ORNQ in forza delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, cosicché la condizione prevista all’articolo 36, lettera f), del regolamento 2016/2031 non sarebbe soddisfatta.

78      In tale contesto, occorrerebbe constatare che il fatto che gli articoli 36 e 37 del regolamento 2016/2031 non abbiano previsto la fissazione di soglie di presenza proporzionate, da una parte, al rischio che gli ORNQ rappresentano per gli specifici territori e, dall’altra, ai costi di risanamento, integrerebbe una violazione del principio di proporzionalità e dell’obbligo di tutelare le identità territoriali.

79      Le ricorrenti affermano, infine, che le conseguenze della fissazione di una soglia di presenza degli ORNQ allo 0% sulla biodiversità e sui costi di risanamento mediante selezione genetica ora richiesti avrebbero dovuto essere oggetto di una valutazione d’impatto conformemente all’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione (GU 2016, L 123, pag. 1). A causa della mancanza di una valutazione siffatta, le parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato sarebbero affette da un vizio di motivazione e violerebbero il principio di proporzionalità.

80      La Commissione, da parte sua, contesta tali valutazioni.

81      Nell’ambito del primo motivo, le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione ha violato l’articolo 36, lettere e) ed f), del regolamento 2016/2031. A sostegno di tale conclusione, le ricorrenti deducono essenzialmente tre censure.

82      La prima censura verte sulle asserite conseguenze nefaste che la fissazione della soglia di presenza degli ORNQ allo 0% comporterebbe per la biodiversità. Nell’ambito di tale censura, le ricorrenti sostengono che la fissazione di detta soglia di presenza allo 0% produce l’effetto di imporre obblighi di risanamento mediante selezione genetica, il che ridurrebbe drasticamente la diversità delle piante da impianto di categoria «standard», le quali sarebbero tuttavia molto numerose attualmente. Tale circostanza cancellerebbe anche la distinzione tra la categoria dei materiali «standard» e quella dei materiali «certificati» (v. punto 92 infra) e comporterebbe conseguenze nefaste per il settore viticolo. Secondo le ricorrenti, la Commissione avrebbe dovuto tener conto di tali elementi al fine di valutare se la minima presenza di ORNQ sulle piante da impianto avesse un impatto economico inaccettabile conformemente all’articolo 36, lettera e), del regolamento 2016/2031, ma anche per verificare la disponibilità di misure realizzabili ed efficaci per impedire tale presenza ai sensi dell’articolo 36, lettera f), del medesimo regolamento. In tale contesto, le ricorrenti aggiungono che la diffusione degli ORNQ può avvenire attraverso insetti vettori e che l’analisi dell’impatto economico degli ORNQ effettuata dall’EPPO è carente (v. punti da 74 a 76 supra).

83      La seconda censura verte sul fatto che la Commissione non avrebbe tenuto conto del costo delle misure di risanamento resesi necessarie a seguito della fissazione allo 0% della soglia di presenza degli ORNQ elencati, il che costituirebbe una violazione dell’articolo 36, lettera f), del regolamento 2016/2031 (v. punto 77 supra). Inoltre, le ricorrenti sostengono che, nel consentire un approccio siffatto, gli articoli 36 e 37 del regolamento 2016/2031 sono inficiati da una violazione del principio di proporzionalità e dell’obbligo di «tutelare le identità territoriali» (v. punto 78 supra).

84      La terza censura riguarda il fatto che la Commissione non avrebbe fatto precedere l’adozione del regolamento di esecuzione impugnato da un’analisi dell’impatto ambientale, sociale ed economico. In tale contesto, le ricorrenti deducono altresì un difetto di motivazione e una violazione del principio di proporzionalità (v. punto 79 supra).

85      Tutte le suesposte censure si basano su un’unica premessa. Si tratta dell’affermazione secondo cui la fissazione allo 0% della soglia di presenza degli ORNQ elencati nelle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato comporta un obbligo di risanamento mediante selezione genetica delle piante da impianto interessate dalle parti in questione. L’obbligo in parola avrebbe conseguenze nefaste per la biodiversità, da un lato, e comporterebbe costi di risanamento esorbitanti per gli operatori professionali, dall’altro. Il fatto che la Commissione non abbia tenuto conto di tali circostanze in sede di fissazione delle soglie di presenza degli ORNQ sulle piante da impianto costituirebbe, principalmente, una violazione dell’articolo 36, lettere e) ed f), del regolamento 2016/2031. Ove si giungesse alla conclusione che l’articolo 36, lettere e) ed f), del regolamento 2016/2031 non imponeva di prendere in considerazione tali circostanze, la disposizione in parola violerebbe, secondo le ricorrenti, il principio di proporzionalità e l’obbligo di «tutelare le identità territoriali».

86      In primo luogo, si deve rilevare che, come esposto al considerando 12 del regolamento di esecuzione impugnato, l’EPPO ha effettuato una rivalutazione degli organismi nocivi fino ad allora elencati nella direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell’8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (GU 2000, L 169, pag. 1), da un lato, nonché nelle direttive di commercializzazione delle piante da impianto, dall’altro.

87      Secondo il considerando 13 del regolamento di esecuzione impugnato, tale rivalutazione è stata necessaria per aggiornare lo status fitosanitario di tali organismi nocivi in base agli ultimi sviluppi tecnici e scientifici come pure per valutare la loro conformità ai criteri di cui all’articolo 36 del regolamento 2016/2031 per quanto riguarda il territorio dell’Unione e all’allegato I, sezione 4, del medesimo regolamento (v. punto 2 supra).

88      A seguito di detto riesame, si è concluso che taluni organismi nocivi erano conformi alle condizioni di cui all’articolo 36 del regolamento 2016/2031 in riferimento al territorio dell’Unione e dovevano quindi essere inclusi nell’elenco degli ORNQ (considerando 14 del regolamento di esecuzione impugnato). Si è altresì tenuto conto delle condizioni stabilite dall’articolo 37, paragrafo 8, del medesimo regolamento per quanto riguarda l’eventuale fissazione di soglie di presenza di ORNQ superiori allo 0% (considerando 15 del regolamento di esecuzione impugnato).

89      Tale processo ha dato luogo all’adozione dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, che stabilisce le norme di presenza di ORNQ sulle piante da impianto ai fini dell’introduzione e dello spostamento di queste ultime nell’Unione.

90      In secondo luogo, il presente motivo si basa, nella sua interezza, su una percezione errata degli obblighi che comporta, per gli operatori professionali interessati, la fissazione allo 0% della soglia di presenza degli ORNQ elencati nelle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato.

91      In particolare, come esposto al punto 63 supra, le direttive sulla commercializzazione delle piante da impianto prevedono le misure che devono essere adottate al fine di gestire il rischio e di garantire che le piante introdotte e spostate nell’Unione siano conformi alle prescrizioni della relativa parte dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato per quanto riguarda la presenza di ORNQ.

92      In tale contesto, alcune delle direttive in parola suddividono le piante da impianto in categorie. A titolo esemplificativo, la direttiva 68/193 relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, sulla quale le ricorrenti focalizzano la loro analisi, suddivide, all’articolo 2, paragrafo 1, punti D, E, F e G, i materiali di moltiplicazione rientranti nel suo ambito di applicazione, rispettivamente, in materiali «iniziali», materiali «di base», materiali «certificati» e materiali «standard».

93      Al riguardo, l’ottavo considerando della direttiva 68/193 era così formulato:

«considerando che risulta opportuno limitare la commercializzazione ai materiali di moltiplicazione della vite certificati, ottenuti per selezione clonale; che, tuttavia, è attualmente impossibile conseguire tale obiettivo dato che i fabbisogni della Comunità non potrebbero essere coperti totalmente da tali materiali; che occorre pertanto ammettere provvisoriamente la commercializzazione di materiali standard controllati, che devono anch’essi possedere l’identità e la purezza della varietà, pur non offrendo sempre la stessa garanzia delle talee, marze e barbatelle di viti ottenute per selezione clonale; che nondimeno tale categoria deve scomparire progressivamente».

94      Orbene, dall’articolo 2, paragrafo 1, punto G, nonché dall’allegato I, sezione 8, punto 6, lettera c), della direttiva 68/193, come modificata dalla direttiva di esecuzione 2020/177, risulta che la categoria «standard» dei materiali di moltiplicazione della vite è tuttora commercializzata (v. punto 101 infra). In particolare, la tabella contenuta nell’allegato IV, parte C, del regolamento di esecuzione impugnato fissa una soglia di presenza di ORNQ per i materiali di moltiplicazione «iniziali», «di base» e «certificati», da un lato, e una soglia per i materiali «standard», dall’altro.

95      Le ricorrenti considerano, dal canto loro, che gli effetti derivanti dalla fissazione delle soglie di presenza degli ORNQ allo 0% riguardano soprattutto le categorie «standard» delle piante da impianto. Secondo le ricorrenti, tali categorie ricomprendono materiali autoctoni, oggetto di commercializzazione limitata a territori specifici.

96      Per quanto riguarda gli effetti delle soglie di presenza degli ORNQ, è certamente vero che le direttive sulla commercializzazione, come modificate dalla direttiva di esecuzione 2020/177 (v. punti 64 e 65 supra), prevedono, a tal fine, determinate misure di risanamento dei materiali di moltiplicazione. Tuttavia, come indicato dalla Commissione, nessuna di dette direttive impone agli operatori professionali interessati di procedere a un risanamento mediante selezione genetica idoneo ad avere un impatto sulla biodiversità nei modi descritti dalle ricorrenti.

97      Più specificamente:

–        la direttiva 66/401 relativa alla commercializzazione delle sementi di piante foraggere è stata modificata allo scopo di disporre che la coltura e le sementi di piante foraggere dovessero soddisfare anche i requisiti relativi alla presenza di ORNQ stabiliti ai sensi dell’allegato IV, parte A, del regolamento di esecuzione impugnato, benché in essa non siano previsti ulteriori requisiti per specifici ORNQ (v. considerando 8, articolo 1 e allegato I della direttiva di esecuzione 2020/177);

–        la direttiva 66/402 relativa alla commercializzazione delle sementi di cereali, è stata modificata allo scopo di prevedere che la presenza di ORNQ sulle colture e sulle sementi soddisfacesse i requisiti stabiliti ai sensi dell’allegato IV, parte B, del regolamento di esecuzione impugnato. Inoltre, la versione modificata di tale direttiva precisa il numero massimo di piante sintomatiche riscontrate durante le ispezioni su un campione rappresentativo affinché la coltura sia considerata «praticamente esente» dal fungo Gibberella fujikuroi Sawada [GIBBFU], come richiesto dalla parte B dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato (v. considerando 10, articolo 2 e allegato II della direttiva di esecuzione 2020/177);

–        la direttiva 68/193 relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite è stata modificata per prevedere, in sostanza, che i vigneti di viti-madri nonché i vivai di viti dovessero essere ispezionati visivamente e, se del caso, sottoposti a campionamento e analisi per assicurarsi che essi fossero esenti dagli ORNQ elencati nell’allegato IV, parte C, del regolamento di esecuzione impugnato. Ove sia accertata la presenza di ORNQ o di sintomi ad essi relativi, l’allegato I della direttiva 68/193, come modificata, prescrive, in funzione dell’ORNQ e della categoria del materiale di moltiplicazione, l’adozione di misure quali l’estirpazione e la distruzione delle viti interessate, l’esclusione di queste ultime dalla moltiplicazione, il trattamento con acqua calda, il trattamento con un battericida, il mantenimento in strutture a prova di insetto vettore, l’innesto appropriato o la fumigazione (v. considerando 11, articolo 3 e allegato III della direttiva di esecuzione 2020/117);

–        la direttiva 2002/55 relativa alla commercializzazione delle sementi di ortaggi è stata modificata per prevedere che la presenza di ORNQ sulle sementi di ortaggi non superasse, almeno all’ispezione visiva, le rispettive soglie fissate nell’allegato IV, parte F, del regolamento di esecuzione impugnato (v. considerando 14, articolo 6 e allegato VI della direttiva di esecuzione 2020/177);

–        la direttiva 93/61 relativa alla commercializzazione delle piantine e i materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi, è stata modificata per prevedere che la presenza di ORNQ su tali piante non superi, almeno a un’ispezione visiva, le soglie fissate nell’allegato IV, parte I, del regolamento di esecuzione impugnato (v. considerando 12, articolo 5 e allegato V della direttiva di esecuzione 2020/177);

–        la direttiva di esecuzione 2014/98, che stabilisce requisiti specifici riguardanti, in particolare, la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti, è stata modificata per prevedere che si dovesse accertare, mediante ispezione visiva e, in caso di dubbi, mediante campionamento e ispezione, che le piante madri di pre-base, il materiale di pre-base, le piante madri di base, il materiale di base, le piante madri certificate e il materiale certificato fossero esenti dagli ORNQ elencati nell’allegato IV, parte J, del regolamento di esecuzione impugnato. Ove sia accertata la presenza di ORNQ o di sintomi ad essi relativi, l’allegato IV della direttiva di esecuzione 2014/98, come modificata, prescrive, in funzione dell’ORNQ e della categoria del materiale di moltiplicazione, l’adozione di misure quali l’estirpazione e la distruzione dei materiali di moltiplicazione e delle piante interessate nonché l’analisi di un campione rappresentativo dei materiali di moltiplicazione e delle piante asintomatici (v. considerando da 19 a 23, articolo 10 e allegato X della direttiva di esecuzione 2020/177).

98      Da tali elementi risulta che, come osserva la Commissione, le soglie di presenza di ORNQ fissate in forza delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato implicano, certamente, l’obbligo di adottare talune misure consistenti nell’osservazione visiva delle piante e, in caso di comparsa di sintomi riferibili agli ORNQ, nell’applicazione di misure di igiene o di trattamenti appropriati. Tuttavia, dalle disposizioni controverse del regolamento di esecuzione impugnato o dalle direttive sulla commercializzazione delle piante interessate non risulta alcun obbligo per gli operatori professionali di procedere a un risanamento mediante selezione genetica.

99      Le ricorrenti non invocano peraltro alcuna disposizione che imponga un siffatto obbligo.

100    Al riguardo, le ricorrenti si focalizzano (v. punto 75 supra) sugli asseriti effetti che l’allegato IV, parte C, del regolamento di esecuzione impugnato comporterebbe sulla diversità dei materiali di moltiplicazione della vite infetti da virus, viroidi o da malattie da agenti virus-simili. Le ricorrenti affermano che, in assenza di misure di igiene o di farmaci antivirali adeguati, le varietà interessate da tali malattie possono essere risanate solo con metodi quali la termoterapia, la coltura di apici meristematici o l’embriogenesi somatica, che implicano, a loro avviso, una considerevole riduzione della biodiversità intravarietale.

101    Cionondimeno, è sufficiente osservare che, ai sensi dell’allegato I, sezione 2, punti 2 e 3, e sezione 8, punto 6, lettera c), della direttiva 68/193, come modificata dalla direttiva di esecuzione 2020/177, a seguito di un’ispezione visiva, sintomi di tali ORNQ sono tollerabili su non più del 10% delle viti nei vigneti di viti-madri destinate alla produzione di materiali di categoria «standard», dovendo le viti interessate essere escluse dalla moltiplicazione. Per contro, dalla sezione 8, punto 5, lettera c), dello stesso allegato della direttiva in parola risulta che i materiali di moltiplicazione «iniziali», «di base» e «certificati» (v. punto 93 supra) obbediscono a norme più rigorose per quanto riguarda i sintomi di cui trattasi, sebbene, tuttavia, anche in tal caso non sia ivi prevista una selezione genetica.

102    Inoltre, le ricorrenti non sostengono che i materiali di categoria «standard» sono per loro natura tutti affetti da ORNQ di modo che l’applicazione di una soglia di presenza dello 0% comporti automaticamente un obbligo di escluderle integralmente dalla moltiplicazione. La previsione stessa della soglia massima del 10% nell’allegato I, sezione 8, punto 6, lettera c), della direttiva 68/193, come modificata dalla direttiva di esecuzione 2020/177 (v. punto 101 supra) mostra piuttosto il contrario.

103    Di conseguenza, come osservato dalla Commissione, l’allegato IV, parte C, del regolamento di esecuzione impugnato non ha né lo scopo né l’effetto di imporre agli operatori professionali di attuare metodi di risanamento mediante selezione genetica, come quelli menzionati al punto 100 supra, o di vietare la commercializzazione del materiale di moltiplicazione della vite rientrante nella categoria «standard».

104    Nello stesso contesto, occorre aggiungere, come affermato dalla Commissione, che varie direttive sulla commercializzazione delle piante da impianto contengono disposizioni derogatorie aventi proprio lo scopo di promuovere la diversità genetica.

105    Si tratta, in particolare:

–        dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 68/193 relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite;

–        dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2008/72 relativa alla commercializzazione delle piantine di ortaggi e dei materiali di moltiplicazione di ortaggi, ad eccezione delle sementi; e

–        dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2008/90 relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione delle piante da frutto e delle piante da frutto destinate alla produzione di frutti.

106    Le succitate disposizioni hanno lo scopo di consentire la commercializzazione di taluni quantitativi di piante da impianto anche laddove esse non soddisfino le relative condizioni fitosanitarie, qualora detta commercializzazione miri a contribuire alla conservazione della diversità genetica.

107    A tal proposito, occorre fare riferimento anche all’articolo 44, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2002/55 relativa alla commercializzazione delle sementi di ortaggi, sulla base del quale è stata adottata la direttiva 2009/145/CE della Commissione, del 26 novembre 2009, che prevede talune deroghe per l’ammissione di ecotipi e varietà vegetali tradizionalmente coltivati in particolari località e regioni e minacciati dall’erosione genetica, nonché di varietà vegetali prive di valore intrinseco per la produzione vegetale a fini commerciali ma sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari e per la commercializzazione di sementi di tali ecotipi e varietà (GU 2009, L 312, pag. 44).

108    L’argomento delle ricorrenti relativo all’asserita inefficacia della fissazione delle soglie di presenza degli ORNQ allo 0%, in quanto tali organismi possono essere diffusi attraverso insetti vettori, deve essere parimenti respinto. Invero, come precisato dalla Commissione, il fatto di prevedere che qualsiasi materiale vegetale da impianto debba essere esente da ORNQ secondo quanto stabilito dalle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato è idoneo a prevenire la diffusione degli organismi di cui trattasi attraverso insetti vettori.

109    Quanto all’argomento relativo all’analisi asseritamente carente dell’impatto economico degli ORNQ effettuata dall’EPPO (v. punto 76 supra), si deve rilevare che la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione della vite di categoria «standard» da diversi anni non è tale da escludere l’esistenza di un impatto economico inaccettabile in relazione all’uso previsto delle piante da impianto a causa della presenza di ORNQ ai sensi dell’articolo 36, lettera e), del regolamento 2016/2031. Infatti, come risulta dallo studio che presenta in forma sintetica i lavori effettuati in seno all’EPPO, il fatto che un ORNQ sia già presente nel territorio dell’Unione implica che l’impatto in parola abbia potuto essere constatato sulla base di informazioni dettagliate di prima mano già disponibili.

110    Ne deriva altresì, a tal riguardo, che, essendo gli ORNQ già oggetto di sistemi di certificazione che limitano l’impatto economico della loro presenza, la relativa analisi deve tener conto dell’impatto che si verificherebbe se le restrizioni esistenti fossero eliminate. Così, la valutazione dell’impatto economico è stata fondata su informazioni fornite dalle autorità nazionali per la protezione delle piante nonché dalle parti interessate che sono intervenute nel procedimento di valutazione.

111    Nei limiti in cui l’analisi dell’EPPO è rimessa in discussione a motivo dell’asserita mancata considerazione dell’imminente scomparsa di materiali di moltiplicazione rientranti nella categoria «standard» a causa dei costi di risanamento esorbitanti, tale argomento deve essere respinto per i motivi esposti ai punti da 90 a 108 supra.

112    Di conseguenza, non deve essere accolta la domanda delle ricorrenti volta all’adozione della misura istruttoria relativa alla nomina di un perito.

113    Da dette valutazioni risulta che la prima censura delle ricorrenti, vertente sulla violazione dell’articolo 36, lettere e) ed f), del regolamento 2016/2031, a motivo delle asserite conseguenze nefaste che la fissazione della soglia di presenza degli ORNQ allo 0% comporterebbe per la biodiversità, è fondata sulla premessa errata secondo cui la soglia di cui trattasi imporrebbe l’applicazione dei metodi di risanamento mediante selezione genetica delle piante da impianto. Tale censura deve pertanto essere respinta.

114    Per gli stessi motivi, deve essere parimenti respinta la seconda censura, relativa al fatto che la Commissione non avrebbe tenuto conto del costo delle misure di risanamento resesi necessarie a seguito della fissazione della soglia di presenza degli ORNQ elencati allo 0%, il che costituirebbe una violazione dell’articolo 36, lettera f), del regolamento 2016/2031 (v. punto 83 supra).

115    Infatti, da un lato, gli argomenti delle ricorrenti relativi ai costi asseritamente esorbitanti delle misure di risanamento derivanti dalla fissazione della soglia di presenza degli ORNQ allo 0% si basano altresì sulla premessa secondo cui il risanamento in questione deve essere effettuato mediante selezione genetica. Orbene, come risulta dai punti da 90 a 113 supra, tale premessa è errata.

116    Dall’altro lato, come sostenuto dalla Commissione, dal combinato disposto dell’articolo 36, lettere e) ed f), e dell’articolo 37, paragrafo 8, del regolamento 2016/2031 emerge che la disponibilità di misure realizzabili ed efficaci per impedire la presenza di un organismo nocivo sulle piante da impianto costituisce una condizione affinché l’organismo in parola sia inserito nell’elenco degli ORNQ e non riguarda la possibilità di fissare una soglia di presenza di tale organismo superiore allo 0%. Orbene, le ricorrenti non chiedono l’annullamento delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato nei limiti in cui, in forza di queste ultime, la Commissione ha stabilito l’elenco degli ORNQ, ma unicamente nei limiti in cui le parti in questione hanno fissato soglie di presenza di detti organismi allo 0%.

117    Risulta altresì dall’erroneità della premessa su cui si fonda la prima censura di tale motivo che l’eccezione di illegittimità sollevata avverso gli articoli 36 e 37 del regolamento 2016/2031 deve essere respinta. Infatti, a sostegno di detta eccezione, le ricorrenti affermano, essenzialmente, che le disposizioni in parola sono inficiate da una violazione del principio di proporzionalità in quanto esse non avrebbero impedito alla Commissione di imporre, nel fissare la soglia di presenza degli ORNQ allo 0%, obblighi sproporzionati relativi al risanamento mediante selezione genetica. Orbene, poiché il regolamento di esecuzione impugnato non ha né per scopo né per effetto di imporre siffatti obblighi, la censura relativa al fatto che le disposizioni di cui trattasi del regolamento 2016/2031 sono inficiate da una violazione del principio di proporzionalità o dalla violazione di un qualsivoglia obbligo di «tutelare il territorio» deve, in ogni caso, essere respinta in quanto inconferente (v. punto 78 supra).

118    Per quanto concerne la terza censura, relativa all’assenza di valutazione d’impatto (v. punto 79 supra), essa è parimenti destinata a essere respinta, in quanto si basa sulle asserite conseguenze nefaste per la biodiversità e sui costi asseritamente esorbitanti delle misure di risanamento mediante selezione genetica derivanti dalla fissazione della soglia di presenza degli ORNQ allo 0%, affermazioni che sono tuttavia infondate (v. punti da 90 a 113 supra).

119    Quanto all’argomento relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione, si deve rammentare che la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del fatto che la motivazione di un atto soddisfi o meno i requisiti dell’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi. A quest’ultimo riguardo, ove si tratti, come nella fattispecie, di un atto di applicazione generale, la motivazione può limitarsi ad indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e, dall’altro, gli obiettivi generali che esso si prefigge (sentenza del 7 settembre 2006, Spagna/Consiglio, C‑310/04, EU:C:2006:521, punti 57 e 58).

120    Orbene, è giocoforza constatare che i considerando da 12 a 15 del regolamento di esecuzione impugnato (v. punti da 86 a 88 supra) indicano con chiarezza il contesto della sua adozione e gli obiettivi che esso si prefigge. Inoltre, il contenuto della direttiva di esecuzione 2020/177 attesta che i requisiti fitosanitari raccomandati dall’EPPO per la commercializzazione delle piante da impianto a seguito della fissazione della soglia di presenza degli ORNQ allo 0% non prevedevano un risanamento mediante selezione genetica. Di conseguenza, la Commissione non era tenuta a motivare l’adozione delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato con riferimento al costo di tali metodi di risanamento o alle asserite conseguenze di questi ultimi sulla biodiversità.

121    Ne consegue che il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’ITPGRFA

122    Le ricorrenti affermano che la fissazione di una soglia di presenza di ORNQ dello 0% sulle varietà autoctone di piante viola l’articolo 9, paragrafo 3, dell’ITPGRFA. Tale disposizione accorderebbe agli agricoltori i diritti di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi o materiale di moltiplicazione. Orbene, la selezione genetica imposta dalle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato ai fini del risanamento richiesto comprometterebbe la conservazione del pool genico delle risorse vegetali al punto di privare di contenuto i diritti di cui gli agricoltori dovrebbero godere in forza della disposizione succitata.

123    Al pari del primo, il secondo motivo si basa sulla premessa errata secondo cui la fissazione allo 0% della soglia di presenza degli ORNQ elencati nelle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato comporta un obbligo di risanamento mediante selezione genetica delle piante da impianto interessate dalle parti in questione. Tale motivo deve perciò essere respinto.

124    In ogni caso, l’esame della validità di un atto di diritto dell’Unione alla luce di un trattato internazionale richiede, in particolare, che la norma invocata stabilisca un obbligo chiaro e preciso che non sia subordinato, quanto alla sua esecuzione o ai suoi effetti, all’intervento di alcun atto ulteriore (sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 55).

125    A tal riguardo, l’articolo 9 dell’ITPGRFA dispone che le parti contraenti dovrebbero «se necessario, e salvo quanto previsto dalla normativa nazionale» adottare apposite misure per proteggere e promuovere i diritti degli agricoltori.

126    Il paragrafo 2 dell’articolo in parola prevede, in particolare, che, in funzione delle proprie esigenze e priorità, ogni parte contraente dovrebbe «se necessario, e salvo quanto previsto dalla normativa nazionale» adottare apposite misure per proteggere e promuovere i diritti degli agricoltori e per garantire, tra l’altro:

–        la protezione delle conoscenze tradizionali che presentino un interesse per le risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura;

–        il diritto di partecipare equamente alla ripartizione dei vantaggi derivanti dall’utilizzazione delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura;

–        il diritto di partecipare all’adozione di decisioni, a livello nazionale, sulle questioni relative alla conservazione e all’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura.

127    In detto contesto, l’articolo 9, paragrafo 3, dell’ITPGRFA, invocato dalle ricorrenti, prevede che «[f]atta salva la legislazione nazionale e secondo necessità», nessuna disposizione di tale articolo 9 dovrà essere interpretata come comportante una limitazione del diritto degli agricoltori di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi o materiale di moltiplicazione.

128    È certamente vero che l’articolo 9, paragrafo 3, dell’ITPGRFA ha lo scopo di escludere che il medesimo articolo sia interpretato nel senso che esso comporta una limitazione dei diritti degli agricoltori di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi o materiale di moltiplicazione. Tuttavia, questi ultimi diritti non sono garantiti dall’articolo 9, paragrafo 3, dell’ITPGRFA. Infatti, come prevede espressamente l’articolo 9, paragrafo 3, dell’ITPGRFA, i diritti di cui trattasi, laddove siano conferiti dalla legislazione nazionale, devono essere esercitati fatte salve le disposizioni di quest’ultima.

129    Di conseguenza, l’articolo 9, paragrafo 3, dell’ITPGRFA non comporta un qualsivoglia obbligo a carico dell’Unione, cosicché la legittimità del regolamento 2016/2031 o delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato non può, in ogni caso, essere valutata alla luce di detta disposizione (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2012, Association Kokopelli, C‑59/11, EU:C:2012:447, punti da 90 a 92).

130    Il secondo motivo deve, pertanto, essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del regolamento 2018/848

131    Le ricorrenti affermano che la fissazione di una soglia di presenza dello 0% di ORNQ sulle varietà autoctone di piante viola l’articolo 13 del regolamento 2018/848. Nell’ottica di preservare la variabilità fitogenetica, detta disposizione consentirebbe la commercializzazione del materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico senza rispettare i requisiti di registrazione e senza rispettare le categorie di certificazione dei materiali «prebase», «di base» e «certificati», o i requisiti per altre categorie, stabiliti nelle direttive sulla commercializzazione delle piante da impianto.

132    Occorre anzitutto rilevare che, essendo dello stesso rango del regolamento 2016/2031, il regolamento 2018/848 non può essere invocato al fine di contestare la validità del primo dei regolamenti in parola. Tale motivo può quindi essere inteso soltanto come riguardante esclusivamente il regolamento di esecuzione impugnato.

133    Inoltre, è certamente vero che il considerando 18 del regolamento 2018/848 si riferisce alla necessità di concentrarsi sui risultati agronomici, sulla diversità genetica, sulla resistenza alle malattie, sulla longevità e sull’adattamento a diverse condizioni pedoclimatiche locali e di rispettare le barriere naturali per quanto riguarda gli incroci.

134    Così, secondo il considerando 36 del regolamento 2018/848, dalle ricerche condotte nell’Unione sul materiale riproduttivo vegetale che non soddisfa la definizione di varietà per quanto concerne l’uniformità emerge che l’uso di tale materiale eterogeneo potrebbe comportare benefici, in particolare per quanto riguarda la produzione biologica, ad esempio per ridurre la diffusione di malattie, migliorare la resilienza e aumentare la biodiversità.

135    In detto contesto, il considerando 37 del regolamento 2018/848 precisa che il materiale riproduttivo vegetale che non appartenga a una varietà, ma piuttosto a un insieme vegetale nell’ambito di un unico taxon botanico con un elevato livello di diversità genetica e fenotipica tra le singole unità riproduttive, dovrebbe essere disponibile per l’uso nella produzione biologica. È per tale ragione che, secondo il medesimo considerando, il legislatore ha consentito agli operatori di commercializzare materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico senza dover rispettare i requisiti di registrazione e le categorie di certificazione dei materiali «prebase», «di base» e «certificati» o i requisiti per altre categorie a norma delle direttive sulla commercializzazione.

136    Al riguardo, l’articolo 13 del regolamento 2018/848 è così formulato:

«1. Il materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico può essere commercializzato senza rispettare i requisiti di registrazione e senza rispettare le categorie di certificazione dei materiali prebase, di base e certificati, o i requisiti per altre categorie, stabiliti nelle direttive [66/401], [66/402], [68/193], 98/56/CE, 2002/53/CE, 2002/54/CE, [2002/55], 2002/56/CE, 2002/57/CE, [2008/72] e [2008/90] o negli atti adottati ai sensi di tali direttive.

2. Il materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico di cui al paragrafo 1 può essere commercializzato previa notifica del materiale eterogeneo biologico da parte del fornitore agli organismi ufficiali responsabili di cui alle direttive [66/401], [66/402], [68/193], 98/56/CE, 2002/53/CE, 2002/54/CE, [2002/55], 2002/56/CE, 2002/57/CE, [2008/72] e [2008/90] (...)».

137    L’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento 2018/848 prevede altresì il contenuto essenziale della notifica menzionata nella medesima disposizione nonché le relative norme procedurali, mentre il paragrafo 3 dello stesso articolo conferisce alla Commissione il potere di definire norme che disciplinano la produzione e la commercializzazione di materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico di generi o specie particolari.

138    Così, anziché mettere in dubbio la legittimità della fissazione delle soglie di presenza di ORNQ in forza delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, l’articolo 13 del regolamento 2018/848 consente, in via eccezionale e in un ambito rigorosamente definito, di commercializzare materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico senza dover rispettare i requisiti stabiliti nelle direttive sulla commercializzazione. Ne consegue che tale disposizione non può essere invocata per contestare la legittimità delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, in quanto, in forza di queste ultime, le soglie di presenza di ORNQ sulle piante da impianto sono state fissate allo 0%.

139    Il terzo motivo deve, pertanto, essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sull’incompatibilità delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato con la politica agricola comune

140    Le ricorrenti affermano che la fissazione, in forza delle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato, di soglie di presenza degli ORNQ allo 0%:

–        rende impossibile, per via del processo di selezione genetica di un numero ridotto di specie che esso impone, rispettare l’obbligo di contrastare l’introduzione di specie non autoctone previsto in forza di disposizioni specifiche della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7);

–        contrasta con la politica di mantenimento delle risorse vegetali autoctone non risanate, attuata in forza del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1);

–        compromette il principio dello sviluppo sostenibile in agricoltura e della valorizzazione della biodiversità vegetale, finanziati in forza degli strumenti previsti dal regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 487);

–        non è coerente, in primo luogo, con le norme di diritto internazionale e del diritto dell’Unione a tutela della biodiversità agraria, in secondo luogo, con le disposizioni del diritto dell’Unione poste a tutela degli habitat seminaturali e dello sviluppo rurale e, in terzo luogo, con le direttive sulla commercializzazione delle sementi e dei materiali di propagazione dei fruttiferi.

141    Occorre anzitutto rilevare che, essendo dello stesso rango del regolamento 2016/2031, i regolamenti riportati al punto 140 supra, trattini dal primo al terzo, non possono essere invocati per contestare la validità del succitato regolamento. Tale motivo può quindi essere inteso soltanto come riguardante esclusivamente il regolamento di esecuzione impugnato.

142    Orbene, dall’insieme degli argomenti dedotti a sostegno di tale motivo risulta che anch’esso è fondato sull’ipotesi che la fissazione allo 0% della soglia di presenza degli ORNQ elencati nelle parti controverse dell’allegato IV del regolamento di esecuzione impugnato comporti un obbligo di risanamento mediante selezione genetica delle piante da impianto, interessate dalle parti in questione, il che provocherebbe conseguenze nefaste per la biodiversità. Dunque, come risulta dall’analisi dedicata al primo motivo (v. punti da 90 a 113 supra), tale premessa è errata.

143    Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere il quarto motivo e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza.

 Sulle spese

144    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di tale istituzione.

145    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dalle istituzioni intervenute nella causa restano a loro carico. Si deve pertanto dichiarare che il Parlamento e il Consiglio sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Società agricola Vivai Maiorana Ss, la Confederazione Italiana Agricoltori – CIA e la MIVA – Moltiplicatori Italiani Viticoli Associati sopporteranno, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 settembre 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.