Language of document : ECLI:EU:T:2022:314

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

1º giugno 2022 (*)

«Unione economica e monetaria – Unione bancaria – Meccanismo di risoluzione unico degli enti creditizi e di talune imprese di investimento (MRU) – Procedura di risoluzione applicabile in caso di dissesto o rischio di dissesto di un’entità – Adozione da parte del CRU di un programma di risoluzione per il Banco Popular Español – Delega di poteri – Obbligo di motivazione – Principio di buona amministrazione – Articolo 20 del regolamento (UE) n. 806/2014 – Diritto di essere ascoltato – Diritto di proprietà»

Nella causa T‑570/17,

Algebris (UK) Ltd, con sede in Londra (Regno Unito),

Anchorage Capital Group LLC, con sede in New York, New York (Stati Uniti),

rappresentate da T. Soames, N. Chesaites, avvocati, e R. East, solicitor,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Flynn e A. Steiblytė, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta dal

Comitato di risoluzione unico (CRU), rappresentato da J. King e M. Fernández Rupérez, in qualità di agenti, assistite da B. Meyring, S. Schelo, F. Fernández de Trocóniz Robles, T. Klupsch e S. Ianc, avvocati,

e dal

Banco Santander, SA, con sede in Santander (Spagna), rappresentato da J. Rodríguez Cárcamo, A.M. Rodríguez Conde, D. Sarmiento Ramírez-Escudero, avvocati, e G. Cahill, barrister,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione (UE) 2017/1246 della Commissione, del 7 giugno 2017, che approva il programma di risoluzione per il Banco Popular Español, SA (GU 2017, L 178, pag. 15),

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata),

composto da M. van der Woude, presidente, M. Jaeger, V. Kreuschitz, G. De Baere (relatore) e G. Steinfatt, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 giugno 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        A seguito della crisi finanziaria del 2008, si è deciso di creare, nell’Unione europea, un’unione bancaria basata su un corpus di norme unico, completo e dettagliato sui servizi finanziari per il mercato interno nel suo complesso e comprendente un meccanismo di vigilanza unico e nuovi quadri di garanzia dei depositi e di risoluzione delle crisi bancarie.

2        Il primo passo verso la creazione dell’unione bancaria è consistito nell’istituzione di un meccanismo di vigilanza unico (MVU) da parte del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63). Secondo il considerando 12 di tale regolamento, si dovrebbe assicurare, tramite un MVU, che la politica dell’Unione in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi sia attuata in maniera coerente ed efficace, che il corpus unico di norme sui servizi finanziari sia applicato nella stessa maniera agli enti creditizi in tutti gli Stati membri interessati e che tali enti creditizi siano sottoposti a una vigilanza ottimale sotto il profilo qualitativo e libera da considerazioni estranee all’ottica prudenziale. A tale scopo, il regolamento n. 1024/2013 attribuisce alla Banca centrale europea (BCE) compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione e di ciascuno Stato membro.

3        Successivamente, è stata adottata la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190). Al considerando 1, essa enuncia quanto segue:

«La crisi finanziaria ha evidenziato una mancanza significativa di strumenti adeguati a livello di Unione per gestire con efficacia gli enti creditizi e le imprese di investimento (...) in crisi o in dissesto. Tali strumenti sono necessari, in particolare, per prevenire stati di insolvenza o, in caso di insolvenza, per ridurre al minimo le ripercussioni negative preservando le funzioni dell’ente interessato aventi rilevanza sistemica. Durante la crisi, queste sfide sono state un fattore determinante che ha costretto gli Stati membri a procedere al salvataggio degli enti utilizzando il denaro dei contribuenti. L’obiettivo di un quadro credibile di risanamento e di risoluzione è quello di ovviare quanto più possibile alla necessità di un’azione di questo tipo».

4        Lo scopo della direttiva 2014/59 è quello di stabilire disposizioni comuni di armonizzazione minima delle norme nazionali che disciplinano la risoluzione delle banche nell’Unione e prevede la cooperazione tra le autorità di risoluzione in caso di dissesto di banche transfrontaliere. A tal proposito, la direttiva 2014/59 prevede, segnatamente, all’articolo 3, paragrafo 1, che ciascuno Stato membro designi una o, in via eccezionale, più autorità di risoluzione, abilitate ad applicare gli strumenti e a esercitare i poteri di risoluzione.

5        Tuttavia, considerando, da un lato, che la direttiva 2014/59 non stabiliva la centralizzazione del processo decisionale in materia di risoluzione, che essa prevedeva essenzialmente strumenti e poteri comuni di risoluzione messi a disposizione delle autorità nazionali di ciascuno Stato membro, alle quali lasciava una certa discrezionalità nell’applicazione degli strumenti e nel ricorso ai meccanismi di finanziamento nazionali a sostegno delle procedure di risoluzione, e considerando, dall’altro lato, che tale direttiva non escludeva completamente l’eventualità che gli Stati membri adottassero, riguardo alla risoluzione dei gruppi transfrontalieri, decisioni distinte e potenzialmente incongruenti, si è deciso di istituire un meccanismo di risoluzione unico (MRU).

6        Così, il secondo passo verso la creazione dell’unione bancaria è consistito nell’adozione del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del[l’MRU] e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).

7        Il considerando 12 del regolamento n. 806/2014 così recita:

«Il completamento del mercato interno dei servizi finanziari presuppone necessariamente l’efficacia nell’Unione delle decisioni di risoluzione adottate per le banche in dissesto, anche relativamente all’impiego dei finanziamenti reperiti a livello di Unione. Nel mercato interno il dissesto di banche in uno Stato membro può compromettere la stabilità dei mercati finanziari nell’Unione nel suo complesso. Assicurare l’efficacia e l’uniformità delle norme in materia di risoluzione e la parità di condizioni nel finanziamento della risoluzione nei diversi Stati membri è nell’interesse superiore non soltanto dello Stato membro in cui le banche operano, ma anche, in generale, in quello di tutti gli Stati membri, perché costituiscono un mezzo per assicurare condizioni eque di concorrenza e migliorare il funzionamento del mercato interno. I sistemi bancari sono estremamente interconnessi nel mercato interno, i gruppi bancari hanno dimensione internazionale e le banche detengono attività estere in percentuali elevate. Senza l’[MRU], le crisi bancarie che si verificassero negli Stati membri partecipanti all’[MVU] avrebbero un più forte impatto sistemico negativo anche negli Stati membri che non vi partecipano. L’istituzione dell’[MRU] garantirà un approccio neutro per il trattamento delle banche in dissesto e pertanto rafforzerà la stabilità delle banche degli Stati membri partecipanti e impedirà alle crisi di produrre ricadute negli Stati membri non partecipanti, agevolando così il funzionamento del mercato interno nel suo complesso. È opportuno che i meccanismi di cooperazione tra gli enti stabiliti negli Stati membri partecipanti e non partecipanti siano chiari e che nessuno Stato membro o gruppo di Stati membri sia direttamente o indirettamente discriminato come luogo di prestazione di servizi finanziari».

8        Il regolamento n. 806/2014, ai sensi del suo articolo 1, primo comma, ha lo scopo di stabilire regole e una procedura uniformi per la risoluzione delle entità definite all’articolo 2 stabilite negli Stati membri partecipanti, vale a dire le banche la cui autorità di vigilanza centrale è la BCE o l’autorità nazionale competente negli Stati membri la cui moneta è l’euro e negli Stati membri la cui moneta non è l’euro che abbiano instaurato una cooperazione stretta a norma dell’articolo 7 del regolamento n. 1024/2013 (v. considerando 15 del regolamento n. 806/2014).

9        L’articolo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che tali regole e procedura uniformi siano applicate dal Comitato di risoluzione unico (CRU) istituito ai sensi dell’articolo 42 del medesimo regolamento, insieme al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea e alle autorità nazionali di risoluzione nell’ambito dell’MRU stabilito dal medesimo regolamento. È anche previsto che l’MRU sia sostenuto da un Fondo di risoluzione unico (FRU).

10      Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU decide in merito a un’azione di risoluzione in relazione ad un ente finanziario stabilito in uno Stato membro partecipante, quando sono soddisfatte le tre condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento stesso.

11      La prima condizione richiede che l’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto. La valutazione di questa condizione è effettuata dalla BCE, previa consultazione del CRU, o dal CRU, e si considera soddisfatta se l’entità si trova in una o più delle situazioni elencate all’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento n. 806/2014.

12      La seconda condizione presuppone che non si possa ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa di intervento del settore privato o di vigilanza permetta di evitare il dissesto dell’entità in tempi ragionevoli.

13      La terza condizione implica che un’azione di risoluzione sia necessaria nell’interesse pubblico, vale a dire che sia necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione e che la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consenta di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.

14      L’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 definisce gli obiettivi della risoluzione così individuati: garantire la continuità delle funzioni essenziali; evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio; salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; tutelare i depositanti e gli investitori, tutelare i fondi e le attività dei clienti.

15      L’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che, prima di decidere in merito a un’azione di risoluzione o all’esercizio del potere di svalutare o convertire gli strumenti di capitale pertinenti, il CRU provveda affinché una valutazione equa, prudente e realistica delle attività e passività di un’entità venga effettuata da una persona indipendente da qualsiasi autorità pubblica, compresi il CRU e l’autorità nazionale di risoluzione, e dall’entità interessata.

16      Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 15, del regolamento n. 806/2014, la valutazione è parte integrante della decisione di applicare uno strumento di risoluzione o di esercitare un potere di risoluzione o della decisione di esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale.

17      Se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU adotta un programma di risoluzione.

18      Quando agiscono nell’ambito della procedura di risoluzione, il CRU, il Consiglio e la Commissione devono garantire che l’azione di risoluzione sia avviata conformemente a taluni principi elencati all’articolo 15 del regolamento n. 806/2014, tra i quali figurano il principio secondo cui gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sostengono per primi le perdite nonché il principio secondo cui nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’entità interessata fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza.

19      Nel programma di risoluzione, il CRU determina l’applicazione degli strumenti di risoluzione. L’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014 elenca i diversi strumenti di risoluzione disponibili, vale a dire lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, lo strumento dell’ente-ponte, lo strumento di separazione delle attività e lo strumento del bail-in.

20      Nel programma di risoluzione, il CRU può altresì esercitare il potere di svalutazione o conversione degli strumenti di capitale dell’entità interessata alle condizioni previste all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014. Secondo l’articolo 19 del regolamento n. 806/2014, l’azione di risoluzione può anche prevedere la concessione di aiuti di Stato o il ricorso al FRU.

21      Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, immediatamente dopo l’adozione del programma di risoluzione, il CRU lo trasmette alla Commissione. Entro 24 ore dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, la Commissione lo approva o obietta ad esso per quanto riguarda gli aspetti discrezionali di quest’ultimo non contemplati dal terzo comma, ossia il rispetto del criterio dell’interesse pubblico o una modifica significativa dell’importo del FRU. Per quanto riguarda questi ultimi aspetti discrezionali, entro 12 ore dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU, la Commissione può proporre al Consiglio di obiettare al programma di risoluzione adottato dal CRU a motivo del fatto che esso non soddisfa il criterio dell’interesse pubblico o di approvare o di obiettare a una modifica significativa dell’importo del FRU previsto nel programma di risoluzione del CRU. Il programma di risoluzione può entrare in vigore soltanto se il Consiglio o la Commissione non hanno espresso obiezioni entro un periodo di 24 ore dopo la trasmissione da parte del CRU.

22      L’articolo 18, paragrafo 9, del regolamento n. 806/2014 stabilisce che il CRU garantisce che l’azione di risoluzione necessaria per attuare tale piano sia avviata dalle autorità nazionali di risoluzione pertinenti. Il programma di risoluzione è indirizzato a queste ultime e dà istruzioni a tali autorità, le quali prendono tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla decisione del CRU a norma dell’articolo 29 del medesimo regolamento, esercitando i poteri di risoluzione.

23      Successivamente all’adozione di un’azione di risoluzione, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014, il CRU provvede a che una persona indipendente effettui una valutazione al fine di stabilire se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se l’ente soggetto a risoluzione fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014, detta valutazione può portare a pagare gli indennizzi agli azionisti o creditori se essi hanno sostenuto perdite maggiori rispetto a quelle che avrebbero sostenuto in una liquidazione con procedura ordinaria di insolvenza.

 Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

24      Le ricorrenti, ossia l’Algebris (UK) Ltd e l’Anchorage Capital Group LLC, sono gestori di fondi di investimento che detenevano strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 e strumenti di capitale di classe 2 emessi dal Banco Popular Español, SA (in prosieguo: il «Banco Popular») prima dell’adozione di un programma di risoluzione in relazione a quest’ultimo.

 Sulla situazione del Banco Popular prima delladozione del programma di risoluzione

25      Alla data della risoluzione, il gruppo Banco Popular, di cui il Banco Popular era la società madre, era il sesto gruppo bancario spagnolo.

26      Nel 2016, il Banco Popular ha proceduto a un aumento di capitale di 2,5 miliardi di EUR.

27      Il 5 dicembre 2016, la sessione esecutiva del CRU ha adottato un piano di risoluzione per il gruppo Banco Popular. Lo strumento di risoluzione scelto in tale piano di risoluzione era lo strumento del bail-in previsto all’articolo 27 del regolamento n. 806/2014.

28      Il 3 febbraio 2017, il Banco Popular ha pubblicato la propria relazione annuale per il 2016, nella quale ha annunciato la necessità di accantonamenti straordinari per un importo di 5,7 miliardi di EUR, con una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR, nonché la nomina di un nuovo presidente.

29      Il 10 febbraio 2017, la DBRS Ratings Limited (DBRS) (ora DBRS Morningstar) ha declassato il rating del Banco Popular, con outlook negativo, in considerazione dell’indebolimento della posizione patrimoniale del Banco Popular a seguito di una perdita netta superiore a quella prevista nella sua relazione annuale, di cui al precedente punto 28, nonché degli sforzi del Banco Popular per ridurre il suo stock ancora elevato di attività in sofferenza.

30      Il 3 aprile 2017, il Banco Popular ha annunciato il risultato di revisioni interne che indicavano che avrebbero potuto rendersi necessarie rettifiche alla relazione annuale per il 2016. Tali rettifiche sono state effettuate nella relazione finanziaria del Banco Popular per il primo trimestre del 2017.

31      Il 10 aprile 2017, all’assemblea generale degli azionisti del Banco Popular, il presidente del consiglio di amministrazione ha annunciato che la banca stava considerando un aumento di capitale o un’operazione societaria a causa della posizione patrimoniale del gruppo e del suo livello di attività in sofferenza. L’amministratore delegato del Banco Popular è stato sostituito meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico.

32      A seguito dell’annuncio del 3 aprile 2017, relativo alla necessità di rettifica dei risultati finanziari del 2016, il 6 aprile la DBRS ha declassato il rating del Banco Popular mantenendo il suo outlook negativo. Anche Standard & Poor’s, il 7 aprile, e Moody’s Investors service (in prosieguo: «Moody’s»), il 21 aprile 2017, hanno declassato il rating del Banco Popular con outlook negativo.

33      In aprile 2017, il Banco Popular ha avviato una procedura di vendita privata allo scopo di realizzare la sua vendita a un concorrente forte, il che avrebbe dovuto ripristinare la sua situazione finanziaria. La scadenza affinché gli eventuali acquirenti interessati all’acquisizione del Banco Popular presentassero la loro offerta era stata fissata al 10 giugno 2017 ed è stata poi prorogata alla fine del mese di giugno 2017.

34      Il 5 maggio 2017, il Banco Popular ha presentato la sua relazione finanziaria per il primo trimestre del 2017, annunciando perdite per un importo di 137 milioni di EUR.

35      Il 12 maggio 2017, il requisito in materia di copertura della liquidità (Liquidity Coverage Requirement) del Banco Popular è sceso al di sotto della soglia minima dell’80% fissata dall’articolo 460, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1).

36      Con lettera del 16 maggio 2017, il Banco Santander, SA ha informato il Banco Popular di non essere in grado di presentare un’offerta vincolante nella procedura di vendita privata.

37      Il 16 maggio 2017, il Banco Popular, in una comunicazione di un fatto rilevante alla Comisión nacional del mercado de valores (CNMV, Commissione nazionale del mercato degli strumenti finanziari, Spagna), ha indicato che potenziali acquirenti avevano manifestato il loro interesse nella procedura di vendita privata, ma che non era stata ricevuta alcuna offerta vincolante.

38      Il 19 maggio 2017, l’agenzia FITCH ha declassato il rating a lungo termine del Banco Popular.

39      Il 23 maggio 2017, la presidente del CRU, Elke König, ha rilasciato un’intervista al canale televisivo Bloomberg, in cui le è stato chiesto, segnatamente, della situazione del Banco Popular.

40      Nel corso del mese di maggio 2017, numerosi articoli di stampa hanno riferito delle difficoltà del Banco Popular. A titolo di esempio, va menzionato un articolo dell’11 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, intitolato «Saracho encarga la venta urgente del Popular a JP Morgan y Lazard por riesgo de quiebra» (Saracho incarica JP Morgan e Lazard della vendita urgente del Popular a causa di un rischio di fallimento). In tale articolo si afferma che il presidente della banca aveva incaricato JP Morgan e Lazard di organizzare la vendita urgente della banca a causa di un rischio di fallimento, dovuto a ingenti deflussi di depositi dei clienti privati e istituzionali e che esso considerava che l’unico modo per garantire la sostenibilità economica della banca fosse la vendita completa ed imminente dell’intero gruppo. L’articolo riporta che, «data la persistenza dei deflussi di depositi e la chiusura di fonti di finanziamento esterne, la banca correva un serio rischio di fallimento e che [il suo presidente] era stato quindi costretto ad attivare la misura più drastica e a non vendere gradualmente le sue attività per migliorare i coefficienti di capitale e soddisfare le condizioni imposte dalla BCE».

41      Il 15 maggio 2017, un articolo pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, intitolato «El BCE inspecciona a Banco Popular durante dos meses en pleno proceso de venta» (La BCE ispeziona il Banco Popular per due mesi nel mezzo della procedura di vendita), riporta che il piano di vendita del Banco Popular, attuato dal suo presidente, è stato avviato dopo l’ispezione della BCE, che aveva confermato la carenza di accantonamenti. Secondo tale articolo, gli ispettori della BCE avevano concluso che le difficoltà del Banco Popular sarebbero state legate alla sua carenza di accantonamenti per coprire la sua esposizione immobiliare e che sarebbe stato necessario evitare i deflussi occasionali di depositi. Detti ispettori avrebbero altresì espresso la loro insoddisfazione riguardo alla presentazione dei conti del 2016.

42      Il 31 maggio 2017, l’agenzia Reuters ha pubblicato un articolo intitolato «EU warned of wind-down risk for Spain’s Banco Popular» (UE, avvertimento del rischio di risoluzione del Banco Popular). Tale articolo menziona in particolare che, secondo un funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che il Banco Popular avrebbe potuto essere liquidato qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente. Secondo detto articolo, tale funzionario ha altresì indicato che la presidente del CRU aveva recentemente emesso un’«allerta rapida» e aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (del Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento.

43      Lo stesso giorno, il CRU ha pubblicato un comunicato stampa diretto a contestare il contenuto di tale articolo.

44      I primi giorni del giugno 2017, il Banco Popular ha dovuto far fronte a un assalto agli sportelli.

45      Il 5 giugno 2017, il Banco Popular ha presentato, il mattino, una prima domanda di assistenza di liquidità di emergenza al Banco de España (Banca di Spagna), poi una seconda domanda, nel pomeriggio, contenente un’estensione dell’importo richiesto, a causa di movimenti di liquidità significativi. Sulla base di una domanda della Banca di Spagna e a seguito della valutazione dello stesso giorno della BCE relativa alla domanda di assistenza di liquidità di emergenza del Banco Popular, il consiglio direttivo della BCE non ha sollevato obiezioni a un’assistenza di liquidità di emergenza al Banco Popular per il periodo fino all’8 giugno 2017. Il Banco Popular ha ricevuto una parte di tale assistenza di liquidità di emergenza, dopodiché la Banca di Spagna ha affermato di non essere in grado di fornire un’assistenza di liquidità di emergenza supplementare al Banco Popular.

46      Il 6 giugno 2017, la DBRS e Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular.

 Su altri fatti precedenti alladozione del programma di risoluzione

47      Il 23 maggio 2017, il CRU ha incaricato la Deloitte, in qualità di esperto indipendente, di procedere alla valutazione del Banco Popular ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014.

48      Il 24 maggio 2017, il CRU ha chiesto al Banco Popular, sulla base dell’articolo 34 del regolamento n. 806/2014, le informazioni necessarie per la realizzazione della sua valutazione. Il 2 giugno 2017, esso ha altresì chiesto al Banco Popular di fornire informazioni sulla procedura di vendita privata nonché di prevedere un accesso alla sala dati virtuale protetta che quest’ultimo aveva istituito nell’ambito di tale procedura.

49      Il 3 giugno 2017, la sessione esecutiva del CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2017/06, indirizzata al Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria (FROB, Fondo di ristrutturazione bancaria ordinata, Spagna), riguardante la commercializzazione del Banco Popular. Il CRU ha approvato l’avvio immediato della procedura di vendita del Banco Popular da parte del FROB e ha indicato a quest’ultimo i requisiti riguardanti la vendita conformemente all’articolo 39 della direttiva 2014/59. Il CRU indicava, in particolare, che il FROB doveva contattare i cinque potenziali acquirenti che erano stati invitati a presentare un’offerta nell’ambito della procedura di vendita privata.

50      Dei cinque potenziali acquirenti, due hanno deciso di non partecipare alla procedura di vendita e uno è stato escluso dalla BCE per motivi prudenziali.

51      Il 4 giugno 2017, i due potenziali acquirenti che avevano deciso di partecipare alla procedura di vendita, il Banco Santander e il Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, SA (BBVA), hanno firmato un accordo di non divulgazione e, il 5 giugno 2017, hanno avuto accesso alla sala dati virtuale.

52      Il 5 giugno 2017, il CRU ha adottato una prima valutazione (in prosieguo: la «valutazione 1»), ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, che era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del medesimo regolamento.

53      Il 6 giugno 2017, la BCE ha effettuato una valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, previa consultazione del CRU, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 806/2014.

54      In tale valutazione, la BCE ha indicato che, nei mesi precedenti, il Banco Popular aveva subito un grave deterioramento della sua posizione di liquidità, dovuto principalmente a un significativo impoverimento della sua base di depositi. Il Banco Popular ha dovuto far fronte a deflussi sostanziali di liquidità in tutti i segmenti di clientela. La BCE ha elencato gli eventi che avevano portato ai problemi di liquidità cui doveva far fronte il Banco Popular.

55      A tale riguardo, essa ha rilevato che, nel febbraio 2017, al momento della presentazione dei suoi conti annuali, il Banco Popular aveva reso nota la necessità di accantonamenti straordinari per un importo di 5,7 miliardi di EUR, con perdite di 3,485 miliardi di EUR nel 2016, nonché la sostituzione del suo presidente di lunga data, il quale aveva intrapreso una revisione della strategia della banca. L’annuncio di accantonamenti aggiuntivi e di perdite di fine esercizio aveva comportato un declassamento del rating del Banco Popular da parte della DBRS, il 10 febbraio 2017, e aveva suscitato vive preoccupazioni da parte della clientela del Banco Popular, che si erano tradotte in prelievi importanti e inattesi di depositi e con una frequenza elevata di visite di clienti presso le succursali della banca.

56      La BCE ha altresì indicato che la pubblicazione da parte del Banco Popular, il 3 aprile 2017, di una dichiarazione pubblica ad hoc che informava del risultato di varie revisioni interne che potevano avere un’incidenza significativa sui bilanci dell’ente nonché la conferma che l’amministratore delegato dell’ente sarebbe stato sostituito meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico avevano provocato un’altra ondata di ritiri di depositi. La BCE ha rilevato che tale ondata di ritiri di depositi era stata alimentata anche da:

–        un declassamento del rating del Banco Popular da parte di Standard & Poor’s il 7 aprile 2017;

–        l’annuncio da parte del Banco Popular, il 10 aprile 2017, che non avrebbe versato dividendi e che un aumento di capitale o un’operazione imprenditoriale avrebbero potuto rendersi necessari a causa della posizione patrimoniale difficile e del necessario allineamento ai suoi omologhi riguardo alla copertura delle attività in sofferenza;

–        un declassamento del rating del Banco Popular da parte di Moody’s il 21 aprile 2017;

–        la divulgazione dei risultati del primo trimestre del 2017 che erano peggiori del previsto;

–        la copertura mediatica negativa e continua, tra cui gli articoli dell’11 e del 15 maggio 2017 menzionati ai precedenti punti 40 e 41, stando ai quali il presidente del Banco Popular avrebbe ordinato una vendita urgente della banca a causa di un rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità e la banca avrebbe dovuto procedere a un aumento significativo degli accantonamenti all’esito di un’ispezione in loco da parte del supervisore.

57      La BCE ha parimenti sottolineato che i depositi persi a partire dal 31 maggio 2017 erano particolarmente significativi dopo la divulgazione nei media del fatto che la banca avrebbe potuto essere messa in liquidazione se la procedura di vendita in corso non fosse stata fruttuosa entro brevissimo termine.

58      Inoltre, la BCE ha rilevato che, sebbene il Banco Popular avesse elaborato varie misure per generare liquidità supplementare nelle settimane precedenti ed avesse iniziato ad attuarle, l’entità degli afflussi realizzati e ancora attesi era insufficiente a porre rimedio al deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular alla data della valutazione. Essa ha altresì indicato che, anche con il ricorso all’assistenza di liquidità di emergenza su cui il consiglio direttivo della BCE non aveva sollevato obiezioni il 5 giugno 2017, la liquidità a tale data non era sufficiente a garantire la capacità del Banco Popular di pagare le proprie passività al più tardi entro il 7 giugno 2017.

59      La BCE ha ritenuto che le misure già adottate dal Banco Popular non fossero state sufficientemente efficaci per contrastare il deterioramento della sua posizione di liquidità. Essa ha rilevato che, come misura alternativa per garantire la sua capacità di pagare le proprie passività in scadenza, il Banco Popular tentava di attuare un’operazione imprenditoriale, vale a dire la sua vendita a un concorrente più forte. Tuttavia, la BCE ha considerato che, tenuto conto del deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular, dell’assenza di prove della capacità di quest’ultimo di risanare la situazione della propria liquidità in un prossimo futuro e del fatto che le trattative fino ad allora non avevano condotto a un risultato positivo, la conferma di una siffatta operazione privata non era prevedibile in un lasso di tempo che consentisse al Banco Popular di poter pagare i propri debiti o altre passività in scadenza.

60      La BCE ha constatato che, allo stesso tempo, non esistevano misure di vigilanza o di intervento precoce disponibili che consentissero di ripristinare la liquidità del Banco Popular in modo immediato e che gli garantissero un tempo sufficiente per attuare un’operazione imprenditoriale o un’altra soluzione. Le misure a disposizione della BCE in qualità di autorità competente, in forza della trasposizione nazionale dell’articolo 104 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), e degli articoli da 27 a 29 della direttiva 2014/59 o dell’articolo 16 del regolamento n. 1024/2013, non potevano garantire che il Banco Popular sarebbe stato in grado di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza, tenuto conto dell’entità e della rapidità del deterioramento osservato.

61      In conclusione, la BCE, prendendo in considerazione, in particolare, i deflussi eccessivi di liquidità, la rapidità con la quale la liquidità era stata perduta dalla banca e l’incapacità di quest’ultima di generare altre liquidità, ha ritenuto che esistessero elementi oggettivi indicativi del fatto che il Banco Popular non sarebbe stato probabilmente in grado, in un prossimo futuro, di pagare i propri debiti o altre passività in scadenza. La BCE ha concluso che il dissesto del Banco Popular era considerato accertato o, in ogni caso, che ve ne sussisteva il rischio in un prossimo futuro, conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 806/2014.

62      Il 6 giugno 2017, il consiglio di amministrazione del Banco Popular ha informato la BCE di essere giunto alla conclusione che la banca era a rischio di dissesto.

63      Lo stesso giorno, il FROB ha adottato una lettera contenente le informazioni sulla procedura di vendita (in prosieguo: la «lettera di procedura») e che stabiliva il termine per la presentazione delle offerte al 6 giugno 2017 a mezzanotte.

64      Sempre lo stesso giorno, la BBVA, uno dei due potenziali acquirenti del Banco Popular, ha informato il FROB che essa non avrebbe presentato offerte.

65      Alla medesima data del 6 giugno 2017, la Deloitte ha consegnato al CRU una seconda valutazione (in prosieguo: la «valutazione 2»), redatta ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014. La valutazione 2 aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Tale valutazione ha segnatamente stimato il valore economico del Banco Popular in 1,3 miliardi di EUR nello scenario migliore, a meno 8,2 miliardi di EUR nello scenario più sfavorevole e a meno 2 miliardi di EUR per la migliore stima.

66      Il 7 giugno 2017, il Banco Santander ha presentato un’offerta vincolante.

67      Con lettera del 7 giugno 2017, il FROB ha informato il CRU che il Banco Santander aveva presentato un’offerta il 7 giugno alle ore 3:12 e che il prezzo offerto dal Banco Santander per la vendita delle azioni del Banco Popular era di EUR 1. Il FROB ha dichiarato che il suo comitato direttivo aveva considerato il Banco Santander aggiudicatario nella procedura di vendita concorrenziale del Banco Popular e aveva deciso di proporre al CRU di designare il Banco Santander come acquirente nella decisione del CRU relativa all’adozione di un programma di risoluzione per il Banco Popular.

 Sul programma di risoluzione del Banco Popular del 7 giugno 2017

68      Il 7 giugno 2017, la sessione esecutiva del CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2017/08 concernente un programma di risoluzione per il Banco Popular (in prosieguo: il «programma di risoluzione»), sulla base del regolamento n. 806/2014.

69      Ai sensi dell’articolo 1 del programma di risoluzione, il CRU, ritenendo soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, ha deciso di sottoporre il Banco Popular a una procedura di risoluzione a decorrere dalla data della risoluzione.

70      Pertanto, il CRU ha ritenuto, in primo luogo, che il Banco Popular fosse in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non esistessero altre misure che avrebbero potuto evitare il dissesto del Banco Popular in tempi ragionevoli e, in terzo luogo, che un’azione di risoluzione sotto forma di strumento per la vendita dell’attività d’impresa del Banco Popular fosse necessaria nell’interesse pubblico. A tale riguardo, il CRU ha indicato che la risoluzione era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia garantire la continuità delle funzioni essenziali della banca ed evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria.

71      All’articolo 5.1 del programma di risoluzione, il CRU ha così deciso:

«Lo strumento di risoluzione applicato al Banco Popular consisterà in una vendita dell’attività d’impresa in forza dell’articolo 24 del regolamento n. 806/2014 mediante la cessione delle azioni a un acquirente. La svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale saranno effettuate immediatamente prima dell’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa».

72      L’articolo 6 del programma di risoluzione riguarda la svalutazione degli strumenti di capitale e lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. All’articolo 6.1, il CRU ha indicato le misure che aveva adottato in applicazione del suo potere di svalutazione previsto all’articolo 21 del regolamento n. 806/2014.

73      Così, all’articolo 6.1 del programma di risoluzione, il CRU ha deciso:

–        anzitutto, di svalutare il valore nominale del capitale sociale del Banco Popular di un importo pari a EUR 2 098 429 046, portando così all’annullamento del 100% delle azioni del Banco Popular;

–        successivamente, di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 emessi dal Banco Popular e in circolazione alla data della decisione di risoluzione in nuove azioni emesse dal Banco Popular, le «nuove azioni I»;

–        poi, di azzerare il valore nominale delle «nuove azioni I», portando così all’annullamento del 100% di tali «nuove azioni I»;

–        infine, di convertire l’intero valore nominale degli strumenti di capitale di classe 2 emessi dal Banco Popular e in circolazione alla data della decisione di risoluzione in nuove azioni emesse dal Banco Popular, le «nuove azioni II».

74      L’articolo 6.3 del programma di risoluzione indica che tali misure di svalutazione e di conversione sono basate sulla valutazione 2, corroborata dai risultati di una procedura di vendita trasparente ed aperta realizzata dall’autorità di risoluzione spagnola, il FROB.

75      All’articolo 6.5 del programma di risoluzione, il CRU ha precisato che agiva nell’esercizio dei poteri conferitigli dall’articolo 24, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014, relativo allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa e che ordinava che le «nuove azioni II» fossero cedute al Banco Santander, libere ed esenti da qualsiasi diritto o privilegio di terzi, contro pagamento di un prezzo di acquisto di EUR 1. Veniva precisato che l’acquirente aveva già acconsentito alla cessione.

76      Il CRU ha altresì indicato che la cessione delle «nuove azioni II» avrebbe dovuto essere effettuata sulla base dell’offerta vincolante dell’acquirente del 7 giugno 2017 e avrebbe dovuto essere attuata dal FROB in applicazione della Ley 11/2015 de recuperación y resolución de entidades de crédito y empresas de servicios de inversión (legge 11/2015 sul salvataggio e sulla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di servizi di investimento), del 18 giugno 2015 (BOE n. 146, del 19 giugno 2015, pag. 50797).

77      Il programma di risoluzione è stato presentato alla Commissione per approvazione il 7 giugno 2017 alle ore 5:13.

78      Il 7 giugno 2017, alle ore 6:30, la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2017/1246, che approva il programma di risoluzione per il Banco Popular (GU 2017, L 178, pag. 15; in prosieguo: la «decisione impugnata»), e l’ha notificata al CRU. Di conseguenza, il programma di risoluzione è entrato in vigore lo stesso giorno.

79      Dal considerando 4 della decisione impugnata risulta quanto segue:

«La Commissione è d’accordo con il programma di risoluzione. In particolare, concorda con [il CRU] sulle ragioni per le quali la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 806/2014».

80      Lo stesso giorno, il FROB ha adottato le azioni necessarie per attuare la decisione di risoluzione, conformemente all’articolo 29 del regolamento n. 806/2014. In tale contesto, il FROB ha acconsentito alla cessione delle nuove azioni del Banco Popular derivanti dalla conversione degli strumenti di capitale di classe 2 (le «nuove azioni II») al Banco Santander.

 Sui fatti successivi alladozione della decisione di risoluzione

81      Il 14 giugno 2018, la Deloitte ha trasmesso al CRU la valutazione della differenza di trattamento, prevista all’articolo 20, paragrafi da 16 a 18, del regolamento n. 806/2014, realizzata al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza (in prosieguo: la «valutazione 3»). Il 31 luglio 2018, la Deloitte ha inviato al CRU un addendum a tale valutazione, correggendo alcuni errori formali.

82      Il 28 settembre 2018, a seguito di una fusione per incorporazione, il Banco Santander è succeduto a titolo universale al Banco Popular.

83      Il 17 marzo 2020, il CRU ha adottato la decisione SRB/EES/2020/52 volta a stabilire se agli azionisti e ai creditori interessati dovesse essere concesso un indennizzo ai sensi delle misure di risoluzione adottate nei confronti del Banco Popular. Un comunicato relativo a tale decisione è stato pubblicato il 20 marzo 2020 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2020, C 91, pag. 2). In tale decisione, il CRU ha ritenuto che gli azionisti e i creditori che erano stati interessati dalla risoluzione del Banco Popular non avessero diritto a un indennizzo da parte del FRU ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera e), del regolamento n. 806/2014.

 Procedimento e conclusioni delle parti

84      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 agosto 2017, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

85      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 20 novembre e il 18 dicembre 2017, il Banco Santander e il CRU hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con ordinanze del 12 aprile 2019, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha autorizzato gli interventi del CRU e del Banco Santander. Gli intervenienti hanno depositato le loro memorie e le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in relazione alle medesime nei termini impartiti.

86      Con lettera del 6 luglio 2018, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti principali. Queste ultime hanno dato seguito a detta richiesta nei termini impartiti.

87      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 31 ottobre 2019, le ricorrenti hanno presentato una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. La Commissione e il CRU hanno depositato le loro osservazioni nei termini impartiti.

88      Poiché è stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

89      Su proposta della Terza Sezione, il Tribunale ha deciso, in forza dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

90      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 ottobre 2020, le ricorrenti hanno presentato una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. La Commissione, il CRU e il Banco Santander hanno depositato le loro osservazioni entro i termini impartiti.

91      Il 15 marzo 2021, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato la Commissione a produrre diversi documenti. Con lettera del 30 marzo 2021, la Commissione ha comunicato che non poteva dar seguito alla richiesta del Tribunale, ma che avrebbe potuto produrre i documenti richiesti nel quadro di un mezzo istruttorio.

92      Il 15 aprile 2021, il Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato il CRU a produrre diversi documenti. Con lettera del 20 aprile 2021, il CRU ha risposto che i documenti richiesti erano in parte riservati e che avrebbero potuto essere prodotti se il Tribunale avesse adottato un mezzo istruttorio.

93      Con ordinanza del 21 maggio 2021, il Tribunale ha ordinato alla Commissione, sulla base, da un lato, dell’articolo 24, primo comma, dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e, dall’altro, dell’articolo 91, lettera b), dell’articolo 92, paragrafo 3, nonché dell’articolo 103 del regolamento di procedura, di produrre le versioni integrali del programma di risoluzione, della valutazione 2 e della valutazione della BCE del 6 giugno 2017 sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular. Il Tribunale ha altresì ordinato al CRU di produrre le versioni non riservata e riservata della lettera del Banco Popular alla BCE del 6 giugno 2017, compreso il relativo allegato, e della lettera della BCE al Banco Popular del 18 maggio 2017.

94      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 4 giugno 2021, le ricorrenti hanno presentato una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Le altre parti sono state invitate a presentare in udienza le loro osservazioni in merito a detta domanda.

95      Con ordinanza del 16 giugno 2021, da un lato, il Tribunale ha ritirato dal fascicolo le versioni riservate dei documenti prodotti dalla Commissione e dal CRU in esecuzione dell’ordinanza del 21 maggio 2021 e, dall’altro lato, ha trasmesso alle altre parti la lettera del 6 giugno 2017 del Banco Popular alla BCE senza il relativo allegato.

96      A causa di un impedimento di due membri della Terza Sezione ampliata, il presidente del Tribunale ha designato altri due giudici al fine di integrare la Sezione.

97      Le parti hanno svolto le proprie difese e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 24 giugno 2021.

98      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata o, in subordine, il suo articolo 1;

–        condannare la Commissione alle spese.

99      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

100    Il Banco Santander e il CRU chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

101    A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono sei motivi. Il primo motivo di ricorso verte sul fatto che la Commissione non avrebbe esaminato il programma di risoluzione prima di approvarlo. Il secondo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione. Il terzo motivo di ricorso verte sulla violazione degli obblighi di segreto professionale e di buona amministrazione. Il quarto motivo di ricorso verte su errori manifesti di valutazione nell’applicazione degli articoli 14, 18, da 20 a 22 e 24 del regolamento n. 806/2014. Il quinto motivo di ricorso verte sulla violazione del diritto di proprietà. Il sesto motivo di ricorso verte sulla violazione del diritto di essere ascoltato.

102    In via preliminare, va ricordato che, per quanto concerne la portata del controllo esercitato dal Tribunale, le ricorrenti sostengono che quest’ultimo deve compiere un controllo completo e approfondito del programma di risoluzione.

103    La Commissione ritiene che, nel quadro dei ricorsi di annullamento, i giudici dell’Unione siano tenuti, quando si presenta una questione tecnica complessa, a esaminare l’esattezza degli accertamenti di fatto e di diritto su cui è fondato l’atto impugnato, a verificare l’assenza di un errore manifesto o di uno sviamento di potere e a controllare che la convenuta non abbia chiaramente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale.

104    A questo riguardo, va osservato che la giurisprudenza ha limitato la portata del controllo esercitato dal Tribunale tanto in situazioni in cui l’atto impugnato si fonda su una valutazione di elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi, quanto nel caso di valutazioni economiche complesse.

105    Da un lato, per quanto riguarda situazioni nelle quali le autorità dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale, segnatamente quanto alla valutazione di elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi per determinare la natura e l’ampiezza delle misure che esse adottano, il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi ad esaminare se l’esercizio di un tale potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o, ancora, se tali autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale. In tale contesto, il giudice dell’Unione non può, infatti, sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico a quella delle autorità dell’Unione cui il Trattato FUE ha assegnato in via esclusiva tale compito (sentenze del 21 luglio 2011, Etimine, C‑15/10, EU:C:2011:504, punto 60, e del 7 marzo 2013, Bilbaína de Alquitranes e a./ECHA, T‑93/10, EU:T:2013:106, punto 76; v., altresì, sentenza dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA, T‑115/15, EU:T:2017:329, punto 163 e giurisprudenza ivi citata).

106    Dall’altro lato, per quanto riguarda il controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse effettuate dalle autorità dell’Unione, si tratta di un controllo ristretto che si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché all’assenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere. Nell’ambito di tale controllo, non spetta dunque al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella dell’autorità dell’Unione competente (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, 42/84, EU:C:1985:327, punto 34; del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 100 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 gennaio 2020, Iberpotash/Commissione, T‑257/18, EU:T:2020:1, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

107    Poiché le decisioni che il CRU deve adottare nell’ambito della procedura di risoluzione sono fondate su valutazioni economiche e tecniche altamente complesse, occorre considerare che i principi risultanti dalla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti 105 e 106 si applicano al sindacato che il giudice è tenuto ad esercitare.

108    Tuttavia, sebbene sia riconosciuto al CRU un potere discrezionale in materia economica e tecnica, ciò non implica che il giudice dell’Unione debba astenersi dal controllare l’interpretazione, fornita dal CRU, dei dati di natura economica su cui si basa la sua decisione. Infatti, come la Corte ha statuito, anche nel caso delle valutazioni complesse, il giudice dell’Unione deve verificare non soltanto l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati, la loro affidabilità e la loro coerenza, ma anche controllare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per la valutazione di una situazione complessa e se essi siano idonei a corroborare le conclusioni che ne sono tratte (v. sentenze del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing, C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 57 e giurisprudenza ivi citata; del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 104 e giurisprudenza citata, e del 10 dicembre 2020, Comune di Milano/Commissione, C‑160/19 P, EU:C:2020:1012, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

109    A tale riguardo, per dimostrare che il CRU sia incorso in un errore manifesto di valutazione nell’esame dei fatti, tale da giustificare l’annullamento del programma di risoluzione, gli elementi di prova forniti dalle ricorrenti devono essere sufficienti per privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerate in detto programma (v., per analogia, sentenze del 14 giugno 2018, Lubrizol France/Consiglio, C‑223/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:442, punto 39; del 12 dicembre 1996, AIUFFASS e AKT/Commissione, T‑380/94, EU:T:1996:195, punto 59, e del 13 dicembre 2018, Comune di Milano/Commissione, T‑167/13, EU:T:2018:940, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe esaminato il programma di risoluzione prima di approvarlo

110    Le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione, in considerazione del breve termine di cui disponeva per approvare il programma di risoluzione, non è stata in grado di valutarne adeguatamente gli aspetti discrezionali, in violazione dei principi in materia di delega dei poteri sanciti dalla sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). A loro parere, la Commissione si sarebbe limitata ad approvare il programma di risoluzione, delegando in maniera illegittima l’esercizio del suo potere discrezionale al CRU.

111    La Commissione sostiene che, a partire dal 2 maggio 2017, data in cui il CRU l’ha informata dei problemi di liquidità che il Banco Popular stava affrontando e del fatto che si sarebbe potuta rendere necessaria un’azione di risoluzione, essa è stata coinvolta nell’elaborazione di tutti i possibili scenari. Essa sarebbe stata presente in veste di osservatore permanente in seno agli organi decisionali del CRU, avrebbe avuto accesso a tutti i documenti e i suoi esperti avrebbero assistito il CRU nella redazione del programma di risoluzione. Essa sostiene di aver quindi potuto compiere la valutazione richiesta di detto programma nel termine a sua disposizione.

112    Va ricordato che, al punto 41 della sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18), la Corte ha osservato che, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), essa aveva essenzialmente sottolineato che le conseguenze scaturenti da una delega di poteri erano molto diverse a seconda che essa avesse riguardato, da un lato, poteri di esecuzione nettamente circoscritti e il cui esercizio, per tale ragione, era soggetto a un controllo rigoroso in base a criteri oggettivi stabiliti dall’autorità delegante, oppure, dall’altro, un «potere discrezionale che [avesse comportato] una ampia libertà di valutazione ed atto ad esprimere, con l’uso che ne [veniva] fatto, una politica economica vera e propria».

113    La Corte ha aggiunto di aver anche osservato, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7), che una delega del primo tipo non poteva modificare in modo notevole le conseguenze derivanti dall’esercizio dei poteri che essa attribuiva, mentre una delega del secondo tipo, con il sostituire gli apprezzamenti dell’autorità delegata a quelli dell’autorità delegante, determinava un «vero e proprio spostamento di responsabilità» (sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2014:18, punto 42).

114    Per valutare la portata del presente motivo di ricorso, occorre precisare qual è la procedura di adozione dei programmi di risoluzione previsti dal regolamento n. 806/2014 e, segnatamente, qual è il ruolo conferito alla Commissione.

115    A tale riguardo, va osservato che la procedura di adozione delle azioni di risoluzione prevista dal legislatore nel regolamento n. 806/2014 faceva seguito alle osservazioni formulate dal servizio giuridico del Consiglio in un parere del 7 ottobre 2013, sulla proposta di regolamento della Commissione, volto a valutare la compatibilità della procedura prevista inizialmente nella proposta di regolamento con i principi in materia di delega di poteri, come interpretati nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

116    Inizialmente, nella proposta di regolamento esaminata nel suddetto parere, la ripartizione delle competenze tra la Commissione e il CRU era diversa da quella accolta, alla fine, nel regolamento n. 806/2014. La Commissione poteva, in particolare, sottoporre un’entità a risoluzione, stabilire un quadro di utilizzo degli strumenti di risoluzione e decidere se e come dovessero essere impiegati i poteri di svalutazione e di conversione del capitale, mentre il CRU, conformemente al quadro fissato dalla Commissione, era competente ad adottare le decisioni dirette alle autorità nazionali di risoluzione.

117    Nel suo parere, il servizio giuridico del Consiglio ha osservato che determinate misure che il CRU poteva prevedere in una decisione di risoluzione non erano definite in maniera sufficientemente precisa. Il servizio giuridico del Consiglio ha considerato che l’economia generale e la struttura della proposta di regolamento, nell’ambito delle quali la Commissione adotta la decisione di risoluzione di base e il CRU è tenuto ad agire nel quadro dei criteri da quest’ultima stabiliti, erano conformi al diritto dell’Unione come interpretato nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7). Tuttavia, esso ha ritenuto che i poteri del CRU riguardo all’attuazione degli strumenti di risoluzione e delle decisioni sembrassero, in una certa misura, avere carattere discrezionale e oltrepassare l’esercizio di poteri puramente tecnici. Esso ne ha quindi concluso che avrebbe potuto rendersi necessario o includere nel regolamento ulteriori disposizioni nell’ottica di disciplinare correttamente l’applicazione da parte del CRU degli strumenti di risoluzione, o coinvolgere nell’esercizio di detti poteri un’istituzione dell’Unione investita di competenze esecutive.

118    Il legislatore dell’Unione, tenendo conto di detto parere del servizio giuridico del Consiglio, ha modificato il meccanismo di adozione delle azioni di risoluzione. Posto che l’adozione di un’azione di risoluzione implica una valutazione discrezionale, il legislatore ha riservato detta competenza a un’istituzione e non al CRU.

119    Ciò emerge, in particolare, dai considerando 24 e 26 del regolamento n. 806/2014, i quali prevedono quanto segue:

«(24)      Dato che solo le istituzioni dell’Unione possono stabilire la politica di risoluzione dell’Unione e che l’adozione di ogni specifico programma di risoluzione lascia un margine di discrezionalità, è necessario prevedere un’adeguata partecipazione del Consiglio e della Commissione in quanto istituzioni che possono esercitare competenze di esecuzione a norma dell’articolo 291 TFUE. La valutazione degli aspetti discrezionali delle decisioni di risoluzione assunte dal [CRU] dovrebbe essere operata dalla Commissione. Stante il notevole impatto delle decisioni di risoluzione sulla stabilità finanziaria degli Stati membri e sull’intera Unione nonché sulla sovranità di bilancio degli Stati membri, è importante che al Consiglio siano conferiti i poteri di esecuzione necessari all’adozione di determinate decisioni in materia di risoluzione. Dovrebbe pertanto essere il Consiglio, su proposta della Commissione, ad esercitare un controllo efficace sulla valutazione fatta dal [CRU] della sussistenza di un interesse pubblico e a valutare eventuali modifiche non irrilevanti dell’ammontare delle risorse del Fondo da utilizzare per un dato intervento di risoluzione. (…)

(26)      (…) Se ritiene che siano soddisfatti tutti i criteri per far scattare l’intervento di risoluzione, il [CRU] dovrebbe adottare il programma di risoluzione. L’iter di adozione del programma di risoluzione, che coinvolge la Commissione e il Consiglio, rafforza la necessaria autonomia operativa del [CRU], nel rispetto del principio della delega di poteri alle agenzie così come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (...). Pertanto, il presente regolamento prevede che il programma di risoluzione adottato dal [CRU] entri in vigore solo se, nelle 24 ore successive alla sua adozione da parte del [CRU], non vi siano obiezioni da parte del Consiglio o della Commissione, o se il programma di risoluzione sia approvato dalla Commissione. I motivi per i quali al Consiglio è consentito di muovere obiezioni, su proposta della Commissione, al programma di risoluzione del [CRU] dovrebbero essere strettamente limitati alla sussistenza di un pubblico interesse e a modifiche non irrilevanti apportate dalla Commissione all’ammontare delle risorse del Fondo che il [CRU] propone di utilizzare. (…) In quanto osservatore alle riunioni del [CRU], la Commissione dovrebbe costantemente verificare che il programma di risoluzione adottato dal [CRU] rispetti pienamente il presente regolamento, assicuri un opportuno equilibrio delle varie finalità e interessi in gioco, rispetti il pubblico interesse e che l’integrità del mercato interno sia preservata. Considerando che l’azione di risoluzione richiede un processo decisionale estremamente rapido, il Consiglio e la Commissione dovrebbero instaurare una stretta cooperazione reciproca; il Consiglio dal canto suo non dovrebbe duplicare lavori preparatori già intrapresi dalla Commissione (...)».

120    Così, per quanto attiene alla procedura di risoluzione, l’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014 prevede che la Commissione approva il programma di risoluzione o obietta ad esso per quanto riguarda i suoi aspetti discrezionali, e che un programma di risoluzione può entrare in vigore soltanto se il Consiglio o la Commissione non hanno espresso obiezioni entro un periodo di 24 ore dopo la trasmissione da parte del CRU.

121    Pertanto, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, è necessario che un’istituzione dell’Unione, vale a dire la Commissione o il Consiglio, approvi il programma di risoluzione per quanto riguarda i suoi aspetti discrezionali affinché esso produca effetti giuridici. Il legislatore dell’Unione ha così affidato a un’istituzione la responsabilità giuridica e politica di determinare la politica dell’Unione in materia di risoluzione, evitando in tal modo un «vero spostamento di responsabilità» ai sensi della sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

122    Pertanto, la Commissione deve aver effettivamente valutato gli aspetti discrezionali del programma di risoluzione prima della sua entrata in vigore. In caso contrario, come sostengono le ricorrenti, la Commissione avrebbe illegittimamente delegato il suo potere discrezionale al CRU in violazione dei principi in materia di delega di potere derivanti dalla sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

123    Se, come dedotto dalle ricorrenti, il programma di risoluzione è entrato in vigore a seguito di un’approvazione da parte della Commissione non fondata su una valutazione, bensì su una semplice convalida, ciò comporterebbe che il CRU sarebbe stato il solo a valutare gli aspetti discrezionali implicanti una scelta di politica economica e quindi la necessità di attuare la risoluzione, il che non sarebbe conforme ai principi sanciti nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7).

124    A tale riguardo, al considerando 4 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che essa era d’accordo con il programma di risoluzione, in particolare che concordava con il CRU sulle ragioni per le quali la risoluzione era necessaria nell’interesse pubblico.

125    La Commissione ha dunque approvato la decisione del CRU di sottoporre il Banco Popular a un’azione di risoluzione ritenendo, segnatamente, che la scelta dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa fosse necessaria e proporzionata per conseguire gli obiettivi diretti a garantire la continuità delle funzioni essenziali e ad evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria.

126    Con i loro argomenti, le ricorrenti sostengono che, considerato lo svolgimento della procedura, la Commissione si è limitata ad approvare il programma di risoluzione, senza esaminarlo e delegando in maniera illegittima l’esercizio del suo potere discrezionale al CRU.

127    Le ricorrenti deducono, in primo luogo, che il programma di risoluzione è stato trasmesso alla Commissione il 7 giugno 2017 alle ore 5:13 ed è entrato in vigore lo stesso giorno alle ore 6:30. Esse ritengono impossibile che la Commissione abbia potuto, in così poco tempo, adempiere il suo obbligo di valutare in maniera adeguata gli aspetti discrezionali del programma di risoluzione.

128    In secondo luogo, le ricorrenti osservano che il verbale della riunione della Commissione del 7 giugno 2017 indica che il programma di risoluzione è stato approvato al termine di una procedura scritta d’urgenza. A parere delle ricorrenti, la direzione generale della Stabilità finanziaria, dei servizi finanziari e dell’Unione dei mercati dei capitali doveva verificare se il CRU fosse pervenuto a conclusioni adeguate in merito agli aspetti discrezionali del programma di risoluzione e doveva poi raccomandare alla Commissione di approvare il programma di risoluzione. Tale raccomandazione avrebbe dovuto essere comunicata ai gabinetti dei commissari, alle direzioni generali e al servizio giuridico, precisando un termine entro il quale dovevano essere formulate eventuali obiezioni e, in mancanza di obiezioni, la decisione avrebbe dovuto essere considerata adottata conformemente all’articolo 12 del regolamento interno della Commissione. Secondo le ricorrenti, è impossibile per la Commissione procedere a un esame adeguato degli aspetti discrezionali del programma di risoluzione espletando tale procedura in 77 minuti. L’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014 le concedeva un termine di 24 ore.

129    Va osservato che le ricorrenti non contestano che il programma di risoluzione dovesse essere adottato con urgenza.

130    Dall’articolo 30 del regolamento n. 806/2014 risulta, da un lato, che il CRU informa la Commissione di ogni azione intrapresa al fine di preparare la risoluzione di crisi e, dall’altro lato, che, nell’esercizio delle rispettive competenze ai sensi del regolamento di cui trattasi, il CRU e, segnatamente, la Commissione cooperano strettamente, in particolare nelle fasi di pianificazione della risoluzione, intervento precoce e risoluzione, e si forniscono reciprocamente tutte le informazioni necessarie per l’assolvimento delle loro funzioni.

131    Inoltre, l’articolo 43, paragrafo 3, del regolamento n. 806/2014 prevede che la Commissione designi un rappresentante che ha il diritto di partecipare alle riunioni del CRU in sessione esecutiva e plenaria in qualità di osservatore permanente e che il suo rappresentante abbia il diritto di partecipare alle discussioni e abbia accesso a tutti i documenti.

132    Come indicano il CRU e la Commissione, quest’ultima è stata coinvolta nelle diverse fasi che hanno preceduto l’adozione del programma di risoluzione a partire dal maggio 2017, conformemente agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del regolamento n. 806/2014.

133    A tale riguardo, la Commissione illustra in dettaglio, nel controricorso, le diverse tappe della sua partecipazione alle fasi preparatorie dell’adozione del programma di risoluzione. Essa cita, in particolare, numerose riunioni tenute con il CRU a partire dal 22 maggio 2017, oltre a riunioni quotidiane a decorrere dal 30 maggio 2017, la ricezione il 6 e il 7 giugno 2017 di progetti preliminari del programma di risoluzione trasmessi dal CRU e l’attività dei suoi diversi servizi a partire dal 6 giugno 2017 alle ore 17:30 sino al 7 giugno alle ore 5:13.

134    La Commissione indica altresì che, in qualità di osservatore permanente, essa ha avuto accesso a tutti i documenti utili alla preparazione del programma di risoluzione, segnatamente a quelli relativi alla situazione finanziaria del Banco Popular, e che i suoi esperti hanno partecipato alla preparazione del programma di risoluzione con il CRU, elaborando in particolare un modello di programma di risoluzione. Essa aggiunge che, a partire dal 6 giugno 2017, i suoi esperti erano presenti nei locali del CRU al fine di supportare quest’ultimo nella redazione del programma di risoluzione.

135    A questo proposito, in risposta a una misura di organizzazione del procedimento, la Commissione ha prodotto, in primo luogo, un elenco di verbali delle riunioni del CRU, in sessione esecutiva, alle quali essa ha partecipato a partire dal 22 maggio 2017. Detto elenco attesta la partecipazione della Commissione a tre riunioni, il 24 maggio, il 2 giugno e il 6 e 7 giugno 2017. In secondo luogo, la Commissione ha prodotto un elenco delle relazioni interne informali dei suoi servizi relative alla preparazione del programma di risoluzione, recanti la data del 22, 24 e 29 maggio e del 2 e 6 giugno 2017. In terzo luogo, la Commissione ha prodotto numerosi messaggi di posta elettronica scambiati tra i suoi servizi e il CRU, datate 1, 3, 6 e 7 giugno 2017 e concernenti la trasmissione di modelli di risoluzione secondo lo scenario della vendita dell’attività di impresa oltre a progetti preliminari del programma di risoluzione. Detti messaggi di posta elettronica attestano, in particolare, il ricevimento da parte della Commissione di progetti preliminari del programma di risoluzione in data 6 giugno 2017 alle ore 18:59 e in data 7 giugno 2017 alle ore 00:33.

136    Se ne evince che i servizi della Commissione hanno partecipato a varie riunioni con il CRU e che tale istituzione aveva preso conoscenza dei progetti preliminari del programma di risoluzione, e partecipato alla loro redazione, prima del 7 giugno 2017 alle ore 5:13.

137    In udienza, le ricorrenti hanno riconosciuto che la Commissione aveva partecipato alle fasi preparatorie dell’adozione del programma di risoluzione. Tuttavia, esse hanno sostenuto che la Commissione non aveva in alcun modo dimostrato che la versione definitiva del programma di risoluzione era stata oggetto di discussione.

138    Orbene, vista la sua partecipazione alle fasi preparatorie dell’adozione del programma di risoluzione, la Commissione era già a conoscenza delle difficoltà incontrate dal Banco Popular, delle misure previste dal CRU per porvi rimedio e del contenuto essenziale del programma di risoluzione. Le ricorrenti non possono quindi sostenere che non avesse già avuto il tempo per valutare il programma di risoluzione. Il fatto che le discussioni tenutesi nelle fasi preparatorie non abbiano riguardato la redazione definitiva del programma di risoluzione è, a questo riguardo, irrilevante.

139    Il presente motivo di ricorso si fonda pertanto su un’ipotesi errata avanzata dalle ricorrenti, secondo cui l’intervento della Commissione nelle fasi preparatorie dell’adozione del programma di risoluzione si sarebbe limitata all’intervallo compreso tra la trasmissione da parte del CRU del programma di risoluzione, il 7 giugno 2017 alle ore 5:13, e la sua approvazione da parte della Commissione.

140    Va pertanto respinto, in quanto fondato su un’ipotesi errata, l’argomento dedotto dalle ricorrenti secondo cui la Commissione si sarebbe limitata ad approvare il programma di risoluzione senza compiere una valutazione adeguata dei suoi aspetti discrezionali, in violazione dei principi in materia di delega dei poteri.

141    Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli altri argomenti delle ricorrenti.

142    Per quanto concerne l’argomento addotto dalle ricorrenti secondo cui i dettagli del programma di risoluzione erano diversi da quelli previsti nel piano di risoluzione adottato in applicazione dell’articolo 8 del regolamento n. 806/2014 e approvato nel dicembre 2016, basti osservare che si tratta di un argomento inconferente. Il programma di risoluzione adottato dal CRU e approvato dalla Commissione non si basa infatti su detto piano, come indicato nei considerando da 44 a 46 del programma di risoluzione.

143    Per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014 accorda alla Commissione un termine di 24 ore per adottare il programma di risoluzione, basti osservare che si tratta di un termine massimo. Come sottolinea la Commissione, quello di 24 ore rappresenta il termine più lungo di cui essa potrebbe disporre quando una risoluzione interviene nel corso del fine settimana. Orbene, quando, come nel caso di specie, il dissesto di un ente creditizio si verifica in un giorno infrasettimanale, l’azione di risoluzione deve essere adottata nel corso della notte al fine di garantire la continuità delle funzioni essenziali di detto ente. Il programma di risoluzione doveva pertanto essere adottato con urgenza prima del 7 giugno 2017 alle ore 7, orario di apertura dei mercati.

144    Pertanto, il primo motivo di ricorso dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellobbligo di motivazione

145    Le ricorrenti sostengono che la motivazione della decisione impugnata presente nel considerando 4 è insufficiente. In primo luogo, esse deducono che il considerando 4 della decisione impugnata rinvia in maniera generica alle ragioni dedotte dal CRU, senza indicare un motivo particolare o disposizioni specifiche del programma di risoluzione. In secondo luogo, le «ragioni» concernenti il criterio dell’interesse pubblico non rivelerebbero nulla della valutazione compiuta dalla Commissione, ma si limiterebbero ad approvare il programma di risoluzione. In terzo luogo, la decisione impugnata non conterrebbe alcuna motivazione in merito agli aspetti discrezionali del programma di risoluzione che la Commissione era tenuta a valutare. La Commissione si sarebbe limitata a dichiarare che approvava il programma di risoluzione, senza fornire alcuna spiegazione o motivazione aggiuntiva.

146    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi imposti dall’articolo 296 TFUE dev’essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenze dell’8 maggio 2019, Landeskreditbank BadenWürttemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:C:2019:372, punti 85 e 87 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 ottobre 2020, BCE/Estate of Espírito Santo Financial Group, C‑396/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:845, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

147    Inoltre, il grado di precisione della motivazione di una decisione dev’essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenze del 6 novembre 2012, Éditions Odile Jacob/Commissione, C‑551/10 P, EU:C:2012:681, punto 48 e giurisprudenza ivi citata; del 23 maggio 2019, KPN/Commissione, T‑370/17, EU:T:2019:354, punto 139 e giurisprudenza ivi citata, e del 27 gennaio 2021, KPN/Commissione, T‑691/18, non pubblicata, EU:T:2021:43, punto 162).

148    Occorre ricordare che dal considerando 4 della decisione impugnata risulta quanto segue:

«La Commissione è d’accordo con il programma di risoluzione. In particolare, concorda con [il CRU] sulle ragioni per le quali la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma dell’articolo 5 del regolamento (UE) n. 806/2014».

149    Inoltre, da un lato, nel considerando 2 della decisione impugnata, la Commissione ha menzionato il fatto che, nel programma di risoluzione, il CRU aveva affermato che, nel caso del Banco Popular, erano soddisfatte tutte le condizioni per la risoluzione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 806/2014 e che esso aveva valutato i motivi per i quali l’azione di risoluzione era necessaria nell’interesse pubblico. Dall’altro lato, nel considerando 3 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, conformemente all’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento n. 806/2014, il programma di risoluzione sottoponeva il Banco Popular a risoluzione e prevedeva l’applicazione dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa e indicava altresì i motivi per i quali tutti questi elementi erano adeguati.

150    Ne consegue che, nella decisione impugnata, la Commissione ha fatto esplicito riferimento ai motivi per i quali il CRU aveva ritenuto che le condizioni per l’adozione del programma di risoluzione fossero soddisfatte e che occorresse applicare lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Pertanto, l’approvazione del programma di risoluzione di cui al considerando 4 della decisione impugnata deve essere letta alla luce degli altri considerando menzionati e riguarda l’insieme di tali motivi. Nel suddetto considerando, la Commissione ha dichiarato esplicitamente di concordare sulle ragioni, indicate nel programma di risoluzione, per le quali l’adozione di un’azione di risoluzione per il Banco Popular era necessaria, in particolare per quanto riguarda il criterio dell’interesse pubblico. Così, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, nella decisione impugnata la Commissione ha fatto espressamente riferimento agli aspetti discrezionali del programma di risoluzione, segnatamente al rispetto del criterio dell’interesse pubblico.

151    Pertanto, si deve ritenere che il programma di risoluzione e la sua motivazione facciano parte del contesto nel quale la decisione impugnata è stata adottata.

152    Orbene, come sottolineato dalla Commissione, le ricorrenti non sostengono che il programma di risoluzione non sia sufficientemente motivato.

153    Va poi ricordato che, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, la Commissione «approva» il programma di risoluzione o obietta ad esso per quanto riguarda gli aspetti discrezionali di quest’ultimo.

154    Ne consegue che, quando la Commissione approva, come nel caso di specie, il programma di risoluzione, la motivazione della sua decisione può limitarsi a indicare che essa è d’accordo con i motivi in esso contenuti. Qualsiasi altra giustificazione supplementare della sua approvazione finirebbe per consistere in una mera ripetizione degli elementi già contenuti nel programma di risoluzione. Orbene, secondo l’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, la Commissione non deve ripetere l’analisi del CRU nella sua decisione, ma soltanto approvarla.

155    Peraltro, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 147, occorre tener conto del termine molto breve di cui disponeva la Commissione in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, per adottare la sua decisione a partire dalla trasmissione del programma di risoluzione da parte del CRU.

156    Ne deriva che occorre considerare sufficiente, per giustificare un’approvazione, una motivazione con cui la Commissione indichi di essere d’accordo con il contenuto del programma di risoluzione e con i motivi dedotti dal CRU per giustificare la sua adozione.

157    Pertanto, il secondo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione degli obblighi di segreto professionale e di buona amministrazione

158    Le ricorrenti deducono una violazione del principio di riservatezza e del segreto professionale previsto all’articolo 339 TFUE, oltre che del diritto a una buona amministrazione sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

159    Secondo le ricorrenti, l’intervista concessa il 23 maggio 2017 al canale televisivo Bloomberg dalla presidente del CRU e l’articolo della Reuters del 31 maggio 2017, citato al precedente punto 42, integrerebbero una violazione dell’obbligo di riservatezza e del segreto professionale imputabile al CRU o alla Commissione. Esse sostengono che le divulgazioni del 23 e del 31 maggio 2017 hanno provocato la grave crisi di liquidità del Banco Popular portando così alla sua risoluzione. Le ricorrenti deducono uno scenario controfattuale secondo cui, in assenza di dette divulgazioni e quindi della crisi di liquidità, il programma di risoluzione non sarebbe stato adottato o avrebbe avuto un contenuto diverso.

160    La Commissione sostiene che, ai fini dell’adozione e dell’approvazione di un programma di risoluzione, è sufficiente che siano soddisfatte le condizioni della risoluzione e che le ragioni che hanno determinato tale situazione non incidano sulla validità della decisione impugnata. Anche il CRU deduce che gli avvenimenti invocati dalle ricorrenti non potevano pregiudicare la legittimità della decisione impugnata posto che l’individuazione dell’origine del dissesto del Banco Popular non è rilevante.

161    Si deve osservare che, anche laddove le ricorrenti avessero dimostrato che il CRU o la Commissione avevano divulgato informazioni riservate alla stampa, secondo una giurisprudenza costante, un’irregolarità come quella appena esaminata può comportare l’annullamento della decisione di cui trattasi se si dimostra che, in mancanza della stessa, la suddetta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (v. sentenze del 6 luglio 2000, Volkswagen/Commissione, T‑62/98, EU:T:2000:180, punto 283 e giurisprudenza ivi citata; del 5 aprile 2006, Degussa/Commissione, T‑279/02, EU:T:2006:103, punto 416 e giurisprudenza ivi citata, e del 3 marzo 2011, Siemens/Commissione, T‑110/07, EU:T:2011:68, punto 402 e giurisprudenza ivi citata).

162    A questo proposito, come sostenuto dalla Commissione e dal CRU, un programma di risoluzione è validamente adottato quando sono soddisfatte le condizioni previste dal regolamento n. 806/2014, indipendentemente dai motivi che hanno portato l’entità in questione al dissesto o al rischio di dissesto.

163    Orbene, le ricorrenti non contestano che le condizioni previste dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte all’atto dell’adozione del programma di risoluzione.

164    Pertanto, il CRU, avendo ritenuto che le condizioni previste all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, ha adottato il programma di risoluzione e la Commissione, considerando che il programma di risoluzione fosse conforme alle disposizioni del regolamento n. 806/2014, lo ha approvato. Le circostanze che hanno condotto a che il Banco Popular soddisfacesse le condizioni che giustificavano l’adozione del programma di risoluzione, in particolare la condizione che esso fosse in dissesto o a rischio di dissesto, non sono pertinenti.

165    Di conseguenza, l’asserito nesso di causalità, invocato dalle ricorrenti, tra le divulgazioni del 23 e del 31 maggio 2017 e la crisi di liquidità del Banco Popular è irrilevante e non può condurre all’annullamento della decisione impugnata.

166    Parimenti inconferente è pertanto l’argomento dedotto dalle ricorrenti in udienza secondo cui la Commissione avrebbe violato il principio di buona amministrazione approvando il programma di risoluzione benché la risoluzione del Banco Popular fosse il risultato della violazione da parte del CRU dei suoi obblighi di riservatezza e di segreto professionale.

167    Le ricorrenti non possono del resto validamente sostenere che le divulgazioni del 23 e del 31 maggio 2017 hanno provocato la grave crisi di liquidità del Banco Popular e che, in assenza di divulgazioni illecite e quindi della crisi di liquidità a inizio giugno 2017, la risoluzione del Banco Popular non si sarebbe resa necessaria o sarebbe stata diversa.

168    Tali argomenti si fondano su una rappresentazione parziale ed erronea dei fatti all’origine della crisi di liquidità del Banco Popular e delle cause che hanno condotto al dissesto o al rischio di dissesto dello stesso.

169    Occorre così ricordare che, nella sua valutazione sul dissesto o sul rischio di dissesto del Banco Popular, citata ai precedenti punti da 53 a 61, la BCE ha menzionato i diversi avvenimenti all’origine del deterioramento della posizione di liquidità di detto istituto.

170    Al considerando 24 del programma di risoluzione, il CRU ha citato altre circostanze che avevano condotto al rapido deterioramento della posizione di liquidità del Banco Popular, ossia:

–        nel febbraio 2017, il Banco Popular ha annunciato la necessità di accantonamenti straordinari per 5,7 miliardi di EUR, con una perdita consolidata di 3,485 miliardi di EUR e ha nominato un nuovo presidente;

–        il 10 febbraio 2017, la DBRS ha declassato il rating del Banco Popular;

–        il 3 aprile 2017, il Banco Popular ha pubblicato una dichiarazione pubblica ad hoc che informava del risultato di revisioni interne che potevano avere un’incidenza significativa sui bilanci dell’ente e ha confermato la sostituzione del suo amministratore delegato meno di un anno dopo l’assunzione dell’incarico;

–        il 7 aprile 2017, Standard & Poor’s e, il 21 aprile, Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular;

–        il 12 maggio 2017, il Banco Popular ha violato il requisito in materia di copertura della liquidità dell’80% e, in seguito, non è più stato in grado di ripristinare il rispetto del limite normativo;

–        la copertura mediatica negativa e continua sui risultati finanziari del Banco Popular e sul presunto rischio imminente di fallimento o di carenza di liquidità ha causato un aumento dei ritiri di depositi;

–        il 6 giugno 2017, la DBRS e Moody’s hanno declassato il rating del Banco Popular.

171    Il CRU ha rilevato che l’insieme di tali circostanze aveva comportato significativi ritiri di depositi.

172    Da tali fatti, non contestati dalle ricorrenti, risulta che la situazione del Banco Popular si era già deteriorata ben prima del 23 maggio 2017 e che la crisi di liquidità del Banco Popular era causata da molteplici fattori, che avevano origine negli scarsi risultati della banca annunciati nel febbraio e nell’aprile 2017. In particolare, il requisito in materia di copertura della liquidità del Banco Popular non rispettava i requisiti di legge sin dal 12 maggio 2017.

173    Si deve rilevare che le ricorrenti non possono ignorare tutte le circostanze oggettive che hanno causato i problemi di liquidità del Banco Popular, in particolare dal mese di aprile 2017. Esse non possono validamente sostenere che la dichiarazione del 23 maggio 2017 e l’articolo del 31 maggio 2017, anche supponendo che abbiano origine in una violazione del principio di riservatezza da parte del CRU o della Commissione, siano stati la causa della crisi di liquidità del Banco Popular e che, pertanto, in mancanza di dette dichiarazioni, la liquidazione non sarebbe stata necessaria.

174    Ne consegue che lo scenario controfattuale invocato dalle ricorrenti e illustrato nella perizia da loro allegata all’atto introduttivo, diretto a dimostrare che, in assenza di divulgazioni illecite e di fughe di notizie e quindi della crisi di liquidità a inizio giugno 2017, la risoluzione del Banco Popular non si sarebbe resa necessaria o sarebbe stata diversa, si fonda su una premessa errata.

175    Nella misura in cui le soluzioni prospettate nella perizia allegata all’atto introduttivo si basano sull’ipotesi, puramente teorica, secondo cui il Banco Popular non avrebbe dovuto fronteggiare una crisi di liquidità e considerano l’ipotesi secondo cui il Banco Popular avrebbe dovuto affrontare una carenza di capitali, occorre affermare che detto scenario controfattuale non è pertinente.

176    Ne consegue altresì che la nuova offerta di prova depositata dalle ricorrenti nella cancelleria del Tribunale il 31 ottobre 2019, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, consistente in una lettera della Pacific Investment Management Company LLC (PIMCO), del 30 maggio 2017, indirizzata alla Deutsche Bank, e vertente sull’esistenza di una soluzione alternativa alla risoluzione nel quadro dello scenario controfattuale non è pertinente ai fini della soluzione della controversia.

177    In ogni caso, le ricorrenti non hanno dimostrato l’esistenza di una violazione dell’obbligo di riservatezza o di segreto professionale imputabile alla Commissione.

178    Con una prima censura, le ricorrenti sostengono che il legislatore dell’Unione ha dotato il CRU di importanti poteri di risoluzione delle banche e che il semplice fatto di suggerire che esso sarebbe sul punto di esaminare la necessità di applicare i propri poteri rispetto a una determinata entità rappresenta un evento importante per il mercato che indurrebbe gli investitori, i creditori e i depositari ad adottare misure di protezione per evitare le perdite. Il rigoroso rispetto da parte del CRU del principio del segreto professionale sarebbe quindi essenziale e l’articolo 88, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 imporrebbe un obbligo di segreto professionale in capo al CRU e ai suoi funzionari.

179    A tale riguardo, esse sostengono che l’intervista concessa il 23 maggio 2017 dalla presidente del CRU al canale televisivo Bloomberg, in cui quest’ultima dichiarava che il CRU «sorvegliava» il Banco Popular, costituiva un’informazione secondo cui il CRU stava esaminando la banca ai sensi del considerando 116 del regolamento n. 806/2014, e che essa è imputabile al CRU. Tale dichiarazione costituirebbe quindi una violazione da parte del CRU degli obblighi di segreto professionale e di buona amministrazione.

180    Occorre osservare che, con detta censura, le ricorrenti invocano una violazione degli obblighi di segreto professionale e di riservatezza che sarebbe stata commessa dal CRU e non dalla Commissione. Orbene, posto che il CRU non è parte della presente controversia, detta censura deve essere respinta come inconferente.

181    A tale riguardo, con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale in data 4 giugno 2021, le ricorrenti hanno presentato un’offerta di prova relativa, da un lato, a un’ordinanza del Juzgado Central de Instruccion n. 4 dell’Audiencia Nacional (giudice istruttore n. 4 della Corte centrale, Spagna), del 19 maggio 2021, che prevedeva l’audizione della presidente del CRU in merito alle dichiarazioni da lei rese in occasione dell’intervista rilasciata a Bloomberg e, dall’altro, a un articolo di elconfidencial, del 27 maggio 2021, in cui si indica che, nel quadro del medesimo procedimento dinanzi all’Audiencia Nacional (Corte centrale), il presidente del FROB si era lamentato proprio delle suddette dichiarazioni della presidente del CRU.

182    Basti osservare che questi documenti, riguardanti il CRU e non la Commissione, non sono rilevanti ai fini della definizione della presente controversia.

183    Con una seconda censura, le ricorrenti sostengono che un articolo pubblicato da Reuters il 31 maggio 2017 che cita un «funzionario dell’Unione», secondo cui il CRU seguiva il Banco Popular «in vista di un eventuale intervento», integra una violazione dell’obbligo di segreto professionale imputabile al CRU o ai funzionari di altre istituzioni dell’Unione, come la Commissione, e una violazione del diritto a una buona amministrazione.

184    A tale riguardo, per il medesimo motivo indicato al precedente punto 180, gli argomenti dedotti dalle ricorrenti, diretti a imputare al CRU le dichiarazioni attribuite a un funzionario dell’Unione rimasto anonimo e riportate in detto articolo e a dimostrare che il CRU avrebbe agito in violazione dell’articolo 88 del regolamento n. 806/2014, devono essere respinti come inconferenti.

185    L’articolo 339 TFUE prevede quanto segue:

«I membri delle istituzioni dell’Unione, i membri dei comitati e parimenti i funzionari e agenti dell’Unione sono tenuti, anche dopo la cessazione dalle loro funzioni, a non divulgare le informazioni che per loro natura siano protette dal segreto professionale e in particolare quelle relative alle imprese e riguardanti i loro rapporti commerciali ovvero gli elementi dei loro costi».

186    Secondo la giurisprudenza, benché questa norma riguardi soprattutto le informazioni ottenute da imprese, l’avverbio «in particolare» dimostra che si tratta di un principio generale che comprende anche altre informazioni riservate (v., per analogia, sentenza del 3 marzo 2011, Siemens/Commissione, T‑110/07, EU:T:2011:68, punto 400 e giurisprudenza ivi citata).

187    Dal considerando 116 del regolamento n. 806/2014 emerge peraltro quanto segue:

«Le azioni di risoluzione dovrebbero essere debitamente notificate e, salvo le limitate eccezioni stabilite nel presente regolamento, essere rese pubbliche. Tuttavia, poiché è probabile che siano sensibili, le informazioni ottenute dal [CRU], dalle autorità nazionali di risoluzione e dai loro consulenti professionali durante la procedura di risoluzione dovrebbero essere soggette a obblighi in materia di segreto professionale. Occorre tenere conto del fatto che le informazioni sui contenuti e i particolari dei piani di risoluzione, nonché i risultati di qualsiasi valutazione di tali piani, possono avere conseguenze di ampia portata soprattutto per le imprese interessate. Tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa, che si tratti di accertare se le condizioni per la risoluzione siano soddisfatte, dell’uso di uno specifico strumento o di qualsiasi azione in corso di procedura, devono essere considerate come suscettibili di avere ripercussioni sugli interessi, pubblici e privati, implicati dall’azione. Tuttavia, potrebbe bastare l’informazione che il [CRU] e le autorità nazionali di risoluzione stiano esaminando una data entità per avere effetti negativi su di essa, per cui è necessario assicurare che vi siano strumenti adeguati per mantenere riservate informazioni quali il contenuto e i particolari dei piani di risoluzione e il risultato di qualsiasi valutazione svolta in tale contesto».

188    Va ricordato il contenuto dell’articolo pubblicato da Reuters il 31 maggio 2017, dal titolo «EU warned of wind-down risk for Spain’s Banco Popular» (UE, avvertimento del rischio di risoluzione del Banco Popular). Tale articolo indica che, secondo un funzionario dell’Unione rimasto anonimo, una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa aveva avvertito i funzionari dell’Unione che il Banco Popular avrebbe potuto essere liquidato qualora non fosse riuscito a trovare un acquirente e che la presidente del CRU aveva recentemente emesso un’«allerta rapida». Secondo tale articolo, detto funzionario ha altresì riferito che la presidente del CRU aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento e ha aggiunto che l’offerta di fusione della banca avrebbe potuto essere infruttuosa.

189    Il medesimo articolo di Reuters indica altresì che, secondo un’altra fonte, anch’essa anonima, erano in corso preparativi generali sebbene non fosse stata ancora adottata alcuna misura concreta. Secondo lo stesso articolo, un portavoce del Banco Popular aveva dichiarato che la banca lavorava su diversi piani comprendenti una fusione, un aumento di capitale e vendite di attività.

190    Occorre anche rilevare che tale articolo menziona il comunicato stampa del CRU dello stesso giorno, nel quale il CRU ha indicato che non commentava le difficoltà specifiche di una banca, che non poteva confermare le interpretazioni relative alle asserite citazioni della sua presidente e che non emetteva mai allerta a proposito delle banche.

191    Occorre ritenere che le ricorrenti non sollevano alcun argomento idoneo a dimostrare che detto articolo trae origine da una violazione del segreto professionale imputabile alla Commissione.

192    In primo luogo, le dichiarazioni di detto funzionario dell’Unione, riportate nell’articolo di cui trattasi, non vertevano su informazioni riservate che solo i membri della Commissione potevano conoscere.

193    Così, in primo luogo, per quanto concerne l’affermazione di detto funzionario secondo cui egli sarebbe stato informato della possibilità di una messa in liquidazione del Banco Popular qualora questo non fosse riuscito a trovare un acquirente, basti osservare che detta informazione era già di dominio pubblico.

194    Infatti, come indicato ai precedenti punti da 40 a 42, numerosi articoli di stampa menzionavano già nel corso del mese di maggio le difficoltà in cui versava il Banco Popular e il fatto che quest’ultimo aveva avviato una procedura di vendita privata.

195    In particolare, da un articolo dell’11 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, emerge che il presidente del Banco Popular aveva ordinato la vendita urgente della banca a causa di un rischio di fallimento. Il riferimento, nell’articolo del 31 maggio 2017, al fatto che i funzionari dell’Unione sarebbero stati informati da «una delle principali autorità di vigilanza bancaria in Europa» sembra corrispondere all’informazione fornita in tale articolo, secondo la quale, a causa di un serio rischio di fallimento dovuto, in particolare, ai continui deflussi di depositi, il presidente del Banco Popular era stato costretto ad attuare la procedura di vendita al fine di soddisfare le condizioni imposte dalla BCE. Inoltre, un articolo del 15 maggio 2017, pubblicato sul sito Internet elconfidencial.com, indicava che il piano di vendita del Banco Popular era stato attuato dal suo presidente dopo l’ispezione della BCE.

196    In secondo luogo, il funzionario avrebbe menzionato un’«allerta rapida» che sarebbe stata emessa dalla presidente del CRU. Orbene, basti rilevare che tale affermazione non corrisponde a una competenza del CRU, circostanza che quest’ultimo ha peraltro ricordato nel suo comunicato stampa del 31 maggio 2017.

197    In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione di tale funzionario secondo la quale «la presidente del CRU aveva dichiarato che il CRU seguiva la procedura (Banco Popular) con particolare attenzione in vista di un possibile intervento», è sufficiente constatare che tali dichiarazioni riprendono quanto affermato pubblicamente dalla presidente del CRU durante la sua intervista concessa al canale televisivo Bloomberg il 23 maggio 2017, ossia che il Banco Popular era «sorvegliato». Per di più, l’interpretazione data a tali dichiarazioni è stata smentita dal CRU nel suo comunicato stampa.

198    Inoltre, il fatto che tale articolo riporti parole asseritamente pronunciate dalla presidente del CRU non può essere sufficiente a dimostrarne l’autenticità, tanto più che la persona che si presume aver riferito tali parole è essa stessa non identificata.

199    In quarto luogo, per quanto riguarda l’affermazione di detto funzionario secondo cui l’offerta di fusione della banca avrebbe potuto essere infruttuosa, dal medesimo articolo risulta che lo stesso Banco Popular aveva indicato di dover prorogare la scadenza fissata inizialmente al 10 giugno 2017 per presentare offerte nell’ambito della procedura di vendita privata.

200    Pertanto, la possibilità che la procedura di vendita privata avviata nell’aprile 2017 potesse essere infruttuosa non può essere considerata un’informazione riservata, ma una semplice deduzione dalle circostanze, ossia dal fatto che, il 31 maggio 2017, il Banco Popular non aveva ancora trovato un acquirente nel quadro di tale procedura e che la relativa data di chiusura era stata posticipata.

201    Ne consegue che, contrariamente a quanto asseriscono le ricorrenti, le dichiarazioni del funzionario dell’Unione rimasto anonimo riportate in tale articolo non contengono informazioni riservate concernenti l’attuazione di una procedura di risoluzione relativa al Banco Popular, come quelle di cui al considerando 116 del regolamento n. 806/2014, che avrebbero potuto essere conosciute solo da funzionari della Commissione.

202    In secondo luogo, le ricorrenti non hanno dimostrato che il funzionario dell’Unione citato in detto articolo fosse un funzionario della Commissione.

203    Occorre infatti considerare che numerose persone diverse dai membri del CRU o dai funzionari della Commissione potevano rendere simili dichiarazioni, alla luce, in particolare, delle possibilità di scambio di informazioni previste, segnatamente, dall’articolo 88, paragrafo 6, del regolamento n. 806/2014.

204    A tale riguardo, va osservato che le ricorrenti ammettono che la fuga di notizie del 31 maggio 2017 deve essere imputabile al CRU o a funzionari di altre istituzioni, come la Commissione, che erano a conoscenza delle informazioni ricevute dal CRU. Inoltre, le ricorrenti si limitano a sostenere che l’attribuzione delle dichiarazioni formulate in detto articolo a un funzionario dell’Unione è «plausibile». Le ricorrenti non possono quindi fondarsi sulla giurisprudenza secondo cui il Tribunale imputerebbe una fuga di notizie a un’istituzione o a un’agenzia dell’Unione se è evidente che poteva provenire solo da essa.

205    Va altresì respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui, posto che l’imminente assoggettamento del Banco Popular a risoluzione era noto solo a una cerchia ristretta di persone in seno al CRU o alla Commissione, la sola conclusione logica sarebbe che dette informazioni provenivano dalle suddette istituzioni. Queste ultime non avrebbero peraltro fornito alcuna prova per dimostrare il contrario.

206    Infatti, anche supponendo che le dichiarazioni riportate in tale articolo abbiano origine in una fuga di notizie da parte di un funzionario dell’Unione e che da detto articolo si possa dedurre che era prevista una risoluzione del Banco Popular, poiché non è stato dimostrato che i servizi della Commissione siano responsabili della fuga di informazioni di cui testimonia l’articolo di stampa al quale le ricorrenti fanno riferimento, dalla giurisprudenza risulta che l’origine della fuga di notizie non può essere presunta (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, EU:T:2006:74, punto 605).

207    Inoltre, anche nel caso in cui fosse verosimile che la Commissione possa essere all’origine di tale fuga di notizie, questa sola eventualità non è sufficiente, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, a far gravare su di essa l’onere della prova contraria (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2006, Degussa/Commissione, T‑279/02, EU:T:2006:103, punto 412).

208    Nel caso di specie, non sussiste alcuna presunzione che la Commissione sia stata all’origine dell’asserita fuga di informazioni e non incombe ad essa dimostrare di non esserlo stata.

209    Occorre pertanto respingere come inconferenti gli argomenti delle ricorrenti concernenti il fatto che la Commissione non ha indagato sull’origine della fuga di notizie del 31 maggio 2017, né ha fornito prova alcuna per dimostrare che detta fuga non era ad essa imputabile.

210    Infatti, da un lato, dall’assenza di un’indagine interna non può in alcun caso desumersi la prova della violazione, da parte della Commissione, dei suoi obblighi di riservatezza. Dall’altro, il fatto che la Commissione non abbia svolto un’indagine interna per determinare l’origine delle potenziali fughe di informazioni, dopo l’adozione della decisione di risoluzione, non è rilevante per valutare la legittimità della decisione impugnata.

211    A questo proposito, con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 16 ottobre 2020, le ricorrenti hanno presentato una nuova offerta di prova ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura. Tale offerta di prova verteva su due messaggi di posta elettronica interni del CRU del 10 e del 18 agosto 2017, concernenti una potenziale fuga di informazioni all’origine dell’articolo di Reuters del 31 maggio 2017. Secondo le ricorrenti, queste nuove prove confermano che il CRU non ha cercato di indagare correttamente sulla fuga di notizie del 31 maggio, ma si è accontentato, in sostanza, di riassumere le misure in materia di riservatezza vigenti in seno al CRU.

212    Posto che queste nuove prove si riferiscono unicamente al CRU e non sono idonee a dimostrare che l’asserita fuga di informazioni all’origine dell’articolo di Reuters del 31 maggio 2017 sia imputabile alla Commissione, esse devono essere considerate come non pertinenti ai fini della soluzione della controversia.

213    Alla luce di quanto precede, le ricorrenti non hanno dimostrato la violazione, da parte della Commissione, del principio di riservatezza e di segreto professionale.

214    Di conseguenza, il terzo motivo di ricorso dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente su errori manifesti di valutazione nellapplicazione degli articoli 14, 18, da 20 a 22 e 24 del regolamento n. 806/2014

215    Le ricorrenti sostengono che la valutazione 2 effettuata dalla Deloitte non era «equa, prudente e realistica», ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014. Esse ritengono, di conseguenza, che la valutazione 2 non potesse supportare la decisione impugnata e che il CRU e la Commissione abbiano commesso un errore manifesto nel ritenere che il programma di risoluzione soddisfacesse i requisiti di cui agli articoli 14, 18, da 20 a 22, e 24 del regolamento n. 806/2014.

216    In sede di replica, le ricorrenti spiegano che, con questo motivo di ricorso, esse sostengono che, in ragione della manifesta erroneità della valutazione 2 alla luce dell’articolo 20 del regolamento n. 806/2014, il programma di risoluzione adottato sulla base di tale valutazione è illegittimo.

217    Come osservato dalla Commissione, le ricorrenti non sollevano alcun argomento specifico concernente errori manifesti in cui essa sarebbe incorsa nell’applicare gli articoli 14, 18, 21, 22 e 24 del regolamento n. 806/2014.

218    Si deve pertanto ritenere che, con detto motivo, le ricorrenti si limitino a sostenere che la valutazione 2 non era «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 e che, pertanto, la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione approvando il programma di risoluzione sulla base della valutazione 2.

219    Nel caso di specie, occorre ricordare che la valutazione del Banco Popular, effettuata prima dell’adozione del programma di risoluzione, comprende due relazioni allegate al programma di risoluzione.

220    La valutazione 1, datata 5 giugno 2017, è stata redatta dal CRU ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 806/2014, ed era intesa ad orientare l’accertamento del soddisfacimento delle condizioni per la risoluzione, quali definite all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

221    La valutazione 2, datata 6 giugno 2017, è stata redatta dalla Deloitte, in qualità di esperto indipendente, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

222    Il programma di risoluzione riporta che, tenuto conto dell’urgenza, la valutazione 2, realizzata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, aveva lo scopo di determinare il valore delle attività e delle passività del Banco Popular, di fornire una stima sul trattamento che gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto se il Banco Popular fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza, nonché di orientare la decisione sulle azioni e i titoli di proprietà da cedere e l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

223    Nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di essersi basata sui requisiti dell’articolo 36 della direttiva 2014/59 (corrispondente all’articolo 20 del regolamento n. 806/2014) e sul capo III del progetto definitivo di norme tecniche di regolamentazione dell’Autorità bancaria europea (ABE) n. 2017/05 e 2017/06, del 23 maggio 2017, sulla valutazione ai fini della risoluzione e sulla valutazione al fine di determinare la differenza di trattamento a seguito della risoluzione prevista dalla direttiva 2014/59.

224    L’articolo 36, paragrafo 15, della direttiva 2014/59 autorizza l’ABE a elaborare progetti di norme tecniche di regolamentazione per precisare i criteri in base ai quali devono essere effettuate le valutazioni realizzate in occasione di una procedura di risoluzione.

225    Il capo III del progetto definitivo di norme tecniche di regolamentazione dell’ABE, citato al precedente punto 223, riguarda il progetto di norme tecniche di regolamentazione n. 2017/05 sulla valutazione ai fini della risoluzione (in prosieguo: le «norme tecniche di regolamentazione») e contiene, segnatamente, ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 15, della direttiva 2014/59, un progetto di regolamento delegato della Commissione che integra la direttiva 2014/59 con norme tecniche di regolamentazione che specificano i criteri della metodologia da utilizzare per valutare il valore delle attività e delle passività di enti o entità.

226    Occorre inoltre rilevare che, alla data della risoluzione, tali norme tecniche di regolamentazione non erano vincolanti, in quanto l’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU, il Consiglio e la Commissione sono soggetti alle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione vincolanti elaborate dall’ABE una volta che esse sono state adottate dalla Commissione. Tali norme tecniche di regolamentazione sono state recepite nel regolamento delegato (UE) 2018/345 della Commissione, del 14 novembre 2017, che integra la direttiva 2014/59 per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che precisano i criteri applicabili alla metodologia per valutare il valore delle attività e delle passività di enti o entità (GU 2018, L 67, pag. 8).

227    A tale riguardo, va osservato che, all’articolo 6.3 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che, per decidere sulla svalutazione e sulla conversione degli strumenti di capitale del Banco Popular, esso si era basato sulla valutazione 2, come integrata e corroborata dai risultati della procedura di vendita condotta dal FROB.

228    Poiché la valutazione 2 contiene valutazioni tecniche ed economiche complesse, occorre riconoscere che il CRU disponeva di un ampio potere discrezionale quando ha considerato che la valutazione 2 costituisse una base valida per decidere sulle azioni di risoluzione, al pari della Commissione quando ha approvato il programma di risoluzione.

229    Pertanto, in applicazione della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 104 a 109, il controllo effettuato dal Tribunale è un controllo ristretto che si limita a verificare l’assenza di errore manifesto di valutazione da parte della Commissione allorché ha approvato il programma di risoluzione sulla base della valutazione 2. Spetta alle ricorrenti fornire elementi di prova sufficienti a privare di plausibilità la valutazione 2.

230    A fondamento del loro argomento volto a dimostrare che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione, le ricorrenti sollevano, in sostanza, tre censure dirette a provare che la valutazione 2 non era «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014. Con la prima censura, esse contestano l’attendibilità della valutazione 2 e il suo carattere provvisorio. Con la seconda e la terza censura, esse contestano la valutazione effettuata dalla Deloitte affermando, da un lato, che gli adeguamenti da quest’ultima apportati al bilancio del Banco Popular erano errati e, dall’altro lato, che l’intervallo considerato nella valutazione 2 non era attendibile.

 Sulla prima censura, relativa all’attendibilità della valutazione 2 e al suo carattere provvisorio

231    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Deloitte ha indicato che la valutazione 2 non era attendibile a causa dei limiti di tempo per la sua predisposizione e della carenza di informazioni disponibili.

232    A questo proposito, va osservato che, nella lettera che accompagnava la comunicazione della valutazione 2 al CRU, la Deloitte ha indicato che, data la difficile posizione di liquidità del Banco Popular, essa era stata invitata a realizzare la propria valutazione entro un termine estremamente breve. Il lavoro principale è stato limitato a dodici giorni a partire dal giorno in cui ha avuto accesso alla documentazione, mentre un siffatto progetto dovrebbe normalmente richiedere sei settimane. La Deloitte ha rilevato che esisteva un certo numero di lacune e di incoerenze tra le informazioni disponibili. La Deloitte ha menzionato il fatto che la valutazione doveva essere considerata altamente incerta e provvisoria in forza dell’articolo 36 della direttiva 2014/59 e che, nella valutazione, era stata inclusa una riserva per perdite aggiuntive, ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59, che corrisponde all’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

233    L’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 prevede espressamente l’ipotesi in cui, a causa dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, non sia possibile rispettare i requisiti stabiliti ai paragrafi 7 e 9 di tale articolo, vale a dire, in particolare, il caso in cui non sia possibile completare la valutazione con talune informazioni contenute nei libri e nei registri contabili. Tale disposizione, poi, riconosce l’esistenza di incertezze inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria prevedendo, al secondo comma, che quest’ultima includa una riserva per perdite aggiuntive.

234    Pertanto, conformemente a detta disposizione, la Deloitte si è limitata a indicare che, dato il poco tempo disponibile per effettuare la valutazione, essa doveva basarsi su informazioni incomplete e ha precisato che la valutazione da essa effettuata doveva essere considerata una valutazione provvisoria ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 9, della direttiva 2014/59.

235    Inoltre, dall’articolo 20, paragrafo 13, del regolamento n. 806/2014 risulta che, in considerazione dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, il CRU poteva basarsi sulla valutazione 2, effettuata a norma dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, per adottare il programma di risoluzione.

236    Il fatto che la Deloitte abbia riconosciuto che, in considerazione del tempo a disposizione, talune informazioni erano lacunose non è sufficiente a rimettere in discussione la possibilità di fondare l’adozione del programma di risoluzione sulla valutazione 2.

237    Occorre inoltre osservare, in linea con la Commissione, che, a norma dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014, la valutazione 2, realizzata nel quadro di una situazione di urgenza, doveva rispettare i requisiti indicati ai paragrafi 1, 7 e 9 del medesimo articolo solo «per quanto ragionevolmente possibile a seconda dei casi». Contrariamente a quanto deducono le ricorrenti, con tale argomento, la Commissione non ha sostenuto che il CRU ed essa stessa potevano basarsi su una valutazione che non fosse «equa, prudente e realistica».

238    Peraltro, le incertezze inerenti alla valutazione 2 sono evidenziate nelle norme tecniche di regolamentazione, da cui risulta che, quando procede alla stima e all’attualizzazione dei flussi di cassa che l’entità può attendersi dalle attività e dalle passività esistenti, il perito deve basarsi su ipotesi eque, prudenti e realistiche e tener conto di diversi fattori e circostanze.

239    In particolare, per quanto concerne le stime riguardanti il valore di cessione, l’articolo 12, paragrafo 5, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 5, del regolamento delegato 2018/345, prevede quanto segue:

«Il valore di cessione è determinato dal perito sulla base dei flussi di cassa, al netto dei costi di cessione e al netto del valore atteso delle eventuali garanzie fornite, che l’entità può ragionevolmente attendersi alla luce delle condizioni di mercato prevalenti da una regolare vendita o cessione di attività o passività. Ove opportuno, tenendo conto delle azioni da intraprendere nell’ambito del programma di risoluzione, il perito può stabilire il valore di cessione applicando una riduzione, in virtù di un eventuale sconto per vendita accelerata, al prezzo di mercato osservabile di tale vendita o cessione. Per determinare il valore di cessione delle attività che non hanno un mercato liquido, il perito tiene conto dei prezzi osservabili sui mercati nei quali sono negoziate attività analoghe o di calcoli modellizzati utilizzando parametri di mercato osservabili, tenendo opportunamente conto degli sconti per illiquidità».

240    L’articolo 12, paragrafo 6, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 6, del regolamento delegato 2018/345, indica diversi fattori, di cui il perito tiene conto, che potrebbero incidere sui valori di cessione e sui periodi di cessione.

241    Ne consegue che la valutazione 2 si basava su ipotesi e dipendeva da molteplici fattori. Così, conformemente alle norme tecniche di regolamentazione, per determinare il valore di cessione del Banco Popular alla data della risoluzione, la Deloitte, nella valutazione 2, si è basata su stime e valutazioni prognostiche.

242    Pertanto, occorre considerare che, dati i limiti di tempo e le informazioni disponibili, talune incertezze e approssimazioni sono inerenti a qualsiasi valutazione provvisoria effettuata in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 e che le riserve formulate dalla Deloitte non possono significare che la valutazione 2 non fosse «equa, prudente e realistica» ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

243    Ne consegue che, in considerazione dell’urgenza dettata dalle circostanze del caso, la Commissione ha correttamente ritenuto che il CRU potesse adottare il programma di risoluzione sulla base della valutazione 2, effettuata a norma dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

244    In secondo luogo, le ricorrenti contestano il fatto che la valutazione 2 fosse provvisoria. Ciò sarebbe in contraddizione con la conferma, da parte del CRU, dell’assenza di una valutazione definitiva ex post in forza dell’articolo 20, paragrafo 11, del regolamento n. 806/2014. La Deloitte avrebbe inoltre incluso una riserva per perdite aggiuntive che fa parte integrante della valutazione. Orbene, la valutazione 2, dovendo essere considerata come definitiva, non avrebbe potuto includere una siffatta riserva.

245    Va ricordato, da un lato, che l’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014 prevede espressamente che la valutazione provvisoria includa una riserva per perdite aggiuntive e, dall’altro, che, a norma dell’articolo 20, paragrafo 13, del medesimo regolamento, una valutazione provvisoria, come la valutazione 2, costituisce un fondamento valido per adottare il programma di risoluzione.

246    Il fatto che, successivamente all’adozione della decisione impugnata, il CRU abbia indicato che non sarebbe stata compiuta una valutazione definitiva ex post non può modificare retroattivamente i requisiti relativi alla realizzazione della valutazione effettuata a norma dell’articolo 20, paragrafo 10, del regolamento n. 806/2014.

247    Infine, nelle loro osservazioni sulla memoria di intervento del CRU, le ricorrenti sostengono che quest’ultimo ha fissato i parametri della procedura di vendita all’interno della lettera di procedura sulla base della valutazione 2, inducendo gli offerenti a presumere che il valore degli attivi fosse di meno 2 miliardi di EUR. L’offerta da EUR 1 sarebbe in realtà un’offerta negativa di meno 2 miliardi di EUR.

248    A tale riguardo, basti constatare che detto argomento è puramente speculativo e si fonda su un errore di fatto posto che la lettera di procedura cui le ricorrenti rinviano è stata redatta dal FROB.

249    Occorre quindi respingere la prima censura.

 Sulla seconda censura, relativa agli adeguamenti apportati dalla Deloitte

250    Le ricorrenti sostengono che gli adeguamenti al ribasso apportati dalla Deloitte al bilancio del Banco Popular non erano corretti, poiché riducevano il suo valore patrimoniale netto in maniera ingiustificata. La Deloitte avrebbe apportato adeguamenti che oltrepassavano ampiamente l’accantonamento compiuto dal Banco Santander dopo l’acquisto da parte sua del Banco Popular e la stima contenuta nella valutazione 2 non avrebbe potuto discostarsi in maniera così marcata dal valore preso in considerazione dal Banco Santander. A loro avviso, adottando l’approccio del Banco Santander in tutti i settori ad eccezione delle attività in sofferenza e sostituendo la sua valutazione di questi ultimi con lo scenario di base della Deloitte si arriverebbe a una valutazione positiva del Banco Popular di 1 miliardo di EUR. Esse ritengono che la stima del valore economico del Banco Popular realizzata nella perizia integrativa da esse prodotta, compresa tra 4,5 e 7,3 miliardi di EUR, rappresenti un’indicazione corretta dell’ordine di grandezza della valutazione. Le differenze tra i valori indicati dal loro esperto e quelli indicati dal Banco Santander sarebbero limitate e rifletterebbero le diverse finalità per le quali tali stime sono state realizzate, posto che gli esperti delle ricorrenti miravano a determinare il valore economico del Banco Popular, mentre la valutazione del Banco Santander sarebbe stata predisposta per fini contabili.

251    Sulla base della perizia integrativa da esse prodotta, le ricorrenti contestano l’analisi degli adeguamenti delle attività del Banco Popular operati dalla Deloitte nella misura in cui essi riguardano i crediti non deteriorati, gli accantonamenti per rischi giuridici, le attività fiscali differite del Banco Popular e le attività non essenziali del Banco Popular sotto forma di imprese comuni, società figlie e di imprese associate. Esse non contestano l’adeguamento delle attività in sofferenza del Banco Popular compiuto nella valutazione 2, ma il livello degli adeguamenti operati dal Banco Santander. A loro avviso, la Deloitte non ha attribuito il corretto valore alle attività immateriali del Banco Popular.

252    Per quanto riguarda la metodologia utilizzata, la Deloitte ha indicato, nella valutazione 2, che lo scenario utilizzato per determinare il valore economico era la vendita della banca secondo lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, lettera f), del regolamento n. 806/2014, la valutazione era intesa a orientare la decisione sulle attività, i diritti, le passività o titoli di proprietà da cedere nonché l’accertamento, da parte del CRU, delle condizioni commerciali ai fini dell’articolo 24, paragrafo 2, lettera b), del medesimo regolamento.

253    La Deloitte ha spiegato che «la [sua] valutazione economica [era] diretta a fornire una stima del valore che [poteva] essere proposto da un potenziale acquirente per la banca nel suo complesso, a seguito di una procedura d’asta aperta, equa e competitiva (un “valore di cessione” ai sensi dell’articolo 11 delle norme tecniche di regolamentazione [...])».

254    Dal considerando 6 delle norme tecniche di regolamentazione risulta che la scelta del criterio di valutazione più appropriato (il valore di possesso o il valore di cessione) dovrebbe essere effettuata per le specifiche azioni di risoluzione prese in considerazione dall’autorità di risoluzione.

255    Per quanto riguarda la scelta del criterio di valutazione, l’articolo 11, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento delegato 2018/345, prevede quanto segue:

«Se le azioni di risoluzione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, prescrivono che le attività e le passività devono essere mantenute da un’entità che continua a trovarsi in situazione di continuità operativa, il perito utilizza il valore di possesso come criterio di valutazione appropriato. Se considerato equo, prudente e realistico, il valore di possesso può essere predittivo di una normalizzazione delle condizioni di mercato.

Il valore di possesso non è utilizzato come criterio di valutazione in caso di cessione di attività a un veicolo di gestione delle attività a norma dell’articolo 42 della direttiva 2014/59/UE o a un ente-ponte a norma dell’articolo 40 della medesima direttiva, o in caso di utilizzo di uno strumento per la vendita dell’attività d’impresa a norma dell’articolo 38 della direttiva 2014/59/UE».

256    Secondo l’articolo 12, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafo 4, del regolamento delegato 2018/345, «[s]e la situazione di un’entità le impedisce di detenere un’attività o di proseguire un’attività d’impresa, o se la vendita è comunque ritenuta necessaria dall’autorità di risoluzione per conseguire gli obiettivi della risoluzione, i flussi di cassa attesi fanno riferimento ai valori di cessione attesi entro un determinato periodo di cessione».

257    I fattori da prendere in considerazione per determinare il valore di cessione, ai fini dello strumento per la vendita dell’attività d’impresa, sono definiti all’articolo 12, paragrafi da 5 a 7, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 12, paragrafi da 5 a 7, del regolamento delegato 2018/345.

258    A tale riguardo, va ricordato che le ricorrenti non contestano la decisione del CRU di applicare lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa al Banco Popular. Posto che la valutazione 2 è stata effettuata tenendo conto del fatto che sarebbe stato applicato lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, il valore di cessione utilizzato dalla Deloitte rappresentava pertanto la metodologia corretta per valutare il valore del Banco Popular nel quadro di detta valutazione 2.

259    Occorre osservare che, per contestare la stima delle attività del Banco Popular compiuta nella valutazione 2, le ricorrenti si fondano, da un lato, sulla perizia integrativa da esse prodotta in allegato alla replica e, dall’altro, sul valore preso in considerazione dal Banco Santander.

260    In primo luogo, per quanto attiene alla perizia succitata, il Banco Santander afferma che essa si fonda su una metodologia errata.

261    A questo proposito, la perizia allegata all’atto introduttivo indica che «[o]ve sia ceduta l’impresa nel suo insieme e ove tali attività non siano oggetto di una cessione separata, riteniamo che la base del valore di possesso sia corretta». Non solo, al pari del Banco Santander, nella perizia integrativa allegata alla replica si espone quanto segue:

«Come indicato sopra, per determinare il valore economico di ciascuna attività è necessario stabilire se la base adeguata sia il “valore di possesso” (…) o il “valore di cessione” (…). Riteniamo che la determinazione del valore equo descritto dal Banco Popular sia simile a quello richiesta per rispondere a una valutazione predisposta sulla base di un “valore di possesso”, come definito all’articolo 1 delle norme tecniche di regolamentazione».

262    Le ricorrenti sostengono che le perizie da loro prodotte hanno fornito una stima delle attività del Banco Popular conforme agli orientamenti definiti nelle norme tecniche di regolamentazione. Esse deducono che dette perizie hanno valutato il valore della banca secondo il principio della continuità dell’esercizio, stimando i flussi di cassa che la banca avrebbe generato mantenendo o cedendo determinate attività. Esse sostengono che, a seconda delle aspettative dell’acquirente, le diverse categorie di attività dovrebbero essere valutate come attività detenute o cedute. L’approccio adottato nella perizia integrativa prodotta dalle ricorrenti sarebbe conforme all’articolo 11, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, ai sensi del quale, ai fini della vendita di un’entità che, come nel caso di specie, continua a trovarsi in situazione di continuità operativa, il perito deve servirsi del valore di possesso.

263    Così, come ammesso dalle ricorrenti, le perizie da loro prodotte si fondavano sul valore di possesso e non sul valore di cessione per determinare il valore delle diverse categorie di attività del Banco Popular.

264    Orbene, basti osservare che l’articolo 11, paragrafo 4, delle norme tecniche di regolamentazione, citato al precedente punto 255, prevede espressamente che il valore di possesso non è utilizzato come criterio di valutazione quando è applicato lo strumento per la vendita dell’attività d’impresa.

265    Inoltre, dagli argomenti delle ricorrenti sembra emergere che, per giustificare il metodo utilizzato nella loro perizia, esse tengono conto del valore a cui l’acquirente stesso sarebbe stato disponibile a cedere in tutto o in parte il Banco Popular, una volta acquisito.

266    Così, nelle loro osservazioni sulla memoria di intervento del Banco Santander, esse giustificano il fatto che le perizie da esse prodotte hanno consentito di stimare il valore economico del Banco Popular in continuità di esercizio. Esse osservano che, a seconda delle intenzioni dell’acquirente, le diverse categorie di attività dovrebbero essere valutate come attività detenute o cedute. Esse aggiungono, ad esempio, che ci si potrebbe attendere che un acquirente ceda le attività in sofferenza entro un determinato termine, ma desideri mantenere i crediti non deteriorati che generano ricavi. A seconda dei casi, le attività dovrebbero essere valutate secondo il valore di cessione o il valore di possesso.

267    Questi argomenti traggono origine da un errore. La valutazione 2 era diretta a stabilire il valore del Banco Popular nel quadro del ricorso allo strumento per la vendita dell’attività d’impresa, vale a dire a determinare il prezzo a cui un potenziale acquirente sarebbe stato disponibile ad acquistare il Banco Popular alla data della risoluzione. Nella sua relazione sulla valutazione 2, la Deloitte indicava che la sua valutazione economica mirava a fornire una stima del prezzo che avrebbe potuto essere offerto da un potenziale acquirente per la banca nel suo complesso. Non si trattava di stabilire, come sembrano ritenere le ricorrenti, il valore del Banco Popular, una volta venduto all’acquirente, in ragione delle attività che quest’ultimo avrebbe inteso cedere o conservare.

268    Ne consegue che la metodologia utilizzata nelle perizie prodotte dalle ricorrenti non corrisponde a quella di cui la Deloitte doveva servirsi nella valutazione. Inoltre, come sottolinea la Commissione, la perizia integrativa si fonda su dati successivi all’acquisto del Banco Popular da parte del Banco Santander che non rilevano pertanto nel valutare la stima compiuta nella valutazione 2 diretta a stabilire il valore di cessione per un potenziale acquirente prima della risoluzione.

269    Si deve pertanto ritenere che tali perizie non siano rilevanti per stabilire se la valutazione 2 abbia correttamente determinato il valore delle attività del Banco Popular. In particolare, la stima del valore economico del Banco Popular realizzata nella perizia integrativa prodotta dalle ricorrenti, compresa tra 4,5 e 7,3 miliardi di EUR, si fonda su una metodologia errata e non è quindi pertinente. Il confronto, compiuto dalle ricorrenti, tra i risultati delle stime di diverse categorie di attività contenuti, da un lato, nella perizia integrativa di cui trattasi e, dall’altro, nella valutazione 2, deve essere considerato inconferente.

270    In secondo luogo, le ricorrenti richiamano gli adeguamenti operati dal Banco Santander successivamente all’acquisizione del Banco Popular, in sede di presentazione del bilancio di quest’ultimo. Esse sostengono che una stima del valore economico del Banco Popular nella valutazione 2 non può essere considerata «equa, prudente e realistica» se diversa da quella presa in considerazione dall’acquirente.

271    Va osservato, in linea con il CRU, che la registrazione a fini contabili delle acquisizioni del Banco Santander non può essere comparata con i risultati della valutazione 2, posto che essa non risponde alla medesima finalità e non utilizza la stessa metodologia.

272    A tale riguardo, in sede di replica le ricorrenti ammettono che la valutazione compiuta dal Banco Santander rispondeva a un obiettivo diverso da quello dei loro esperti e che non era diretta a stimare il valore economico del Banco Popular, bensì il suo valore contabile.

273    La valutazione 2 mirava inoltre a stabilire il valore di cessione del Banco Popular per ogni potenziale acquirente. Orbene, come sottolinea il CRU, il Banco Santander riconosce a livello contabile, sulla base delle norme in materia, un valore particolare alle attività e alle passività del Banco Popular a seguito dell’integrazione di quest’ultimo nelle sue operazioni.

274    In ogni caso, va considerato che il valore economico attribuito al Banco Popular dal Banco Santander alla data di adozione del programma di risoluzione è il valore indicato nella sua offerta di acquisto, vale a dire EUR 1.

275    Devono essere inoltre respinti come inconferenti gli argomenti dedotti dalle ricorrenti e diretti a contestare gli adeguamenti concernenti le attività in sofferenza compiuti dal Banco Santander successivamente alla risoluzione.

276    Nelle loro osservazioni sulle memorie di intervento, le ricorrenti ritengono in via subordinata che, anche laddove le attività del Banco Popular avessero dovuto essere valutate secondo il valore di cessione relativo alle attività individuali che il Banco Popular doveva continuare a detenere in regime di continuità di esercizio, il valore di quest’ultimo sarebbe stato compreso tra 1,5 e 4,3 miliardi di EUR.

277    A questo proposito, le ricorrenti si limitano a fornire una tabella di cifre contenente una comparazione tra i valori del Banco Popular come stimati dalla Deloitte nella valutazione 2, dal Banco Santander e nella perizia da loro prodotta, con e senza adeguamenti. La produzione dei risultati dei calcoli effettuati dai loro esperti previa rettifica, senza spiegazione alcuna sul metodo impiegato e sulla natura degli adeguamenti compiuti, non consente tuttavia al Tribunale di comprendere la portata di tale argomento.

278    Da detta tabella emerge, ad esempio, che il rigo corrispondente all’«adeguamento del valore delle attività» nella perizia integrativa portava a un intervallo compreso tra 5,2 e 7,9 miliardi di EUR e che il medesimo valore «previo adeguamento» è compreso tra 8,2 e 11 miliardi di EUR. Le ricorrenti non spiegano in alcun modo tali differenze.

279    In terzo luogo, in sede di replica, le ricorrenti sollevano argomenti specifici diretti a contestare il metodo utilizzato dalla Deloitte per valutare determinate categorie di attività.

280    Per quanto attiene ai crediti non deteriorati, le ricorrenti sostengono che la Deloitte avrebbe riconosciuto, nella valutazione 2, di non essersi avvalsa del metodo del flusso di cassa attualizzato (Discounting Cash Flows)  e di aver adottato un metodo che non era idoneo, vale a dire il principio contabile IFRS 9 [International Financial Reporting Standard  (principio internazionale d’informativa finanziaria)], che riguarda la contabilizzazione degli strumenti finanziari.

281    Nella valutazione 2, riferendosi ai prestiti e ai crediti, la Deloitte ha osservato quanto segue:

«(…) non è possibile applicare per questo portafoglio un approccio basato su una modellizzazione dei flussi di cassa attualizzati completi che sia sufficientemente solido. In considerazione dei dati e del tempo disponibili, abbiamo invece preso in considerazione due approcci in materia di valutazione:

un approccio “ascendente”, adeguato in funzione delle perdite attese, che tiene conto dei dati concernenti l’esposizione sottostante della banca in caso di dissesto, la probabilità di dissesto sulla durata di vita (stimata a partire dalla probabilità di dissesto indicata in un dato momento) e le perdite in caso di dissesto, e che adegua i parametri in base agli indici di riferimento del mercato, degli indici di riferimento della Banca di Spagna per le perdite in caso di dissesto e dell’analisi della Deloitte, il tutto sulla base di ipotesi prudenziali. Questo approccio riflette essenzialmente il modo in cui un acquirente del settore bancario gestirebbe i portafogli in futuro (...)».

282    La Deloitte ha osservato che il suo metodo di calcolo del valore economico dei prestiti e dei crediti consisteva nello stimare la perdita di realizzo attesa e ha spiegato i parametri scelti per determinare l’esposizione al rischio di dissesto e le probabilità di dissesto.

283    Si deve ritenere che detto metodo sia conforme alle norme tecniche di regolamentazione.

284    A tale riguardo, va osservato che la valutazione dei prestiti e dei crediti presenta incertezze che sono illustrate all’articolo 8, lettera a), delle norme tecniche di regolamentazione, ripreso all’articolo 8, lettera a), del regolamento delegato 2018/345, ai sensi del quale:

«Il perito si concentra in particolare sugli ambiti soggetti a una notevole incertezza di valutazione che hanno un impatto significativo sulla valutazione complessiva. Per tali ambiti il perito fornisce i risultati della valutazione sotto forma di migliori stime puntuali e, se del caso, di intervalli di valori, come stabilito all’articolo 2, paragrafo 3. Tali ambiti comprendono:

a)      i prestiti o i portafogli di prestiti, i cui flussi di cassa attesi dipendono dalla capacità, dalla disponibilità o dall’incentivo della controparte ad adempiere ai suoi obblighi, se tali aspettative si basano su ipotesi relative ai tassi di insolvenza, alla probabilità di default, alla perdita in caso di default o alle caratteristiche dello strumento, specialmente se evidenziate dai modelli di perdita per un portafoglio di prestiti».

285    Inoltre, alle pagine da 4 a 11 dell’allegato alla valutazione 2, la Deloitte ha spiegato che gli adeguamenti da essa compiuti riguardavano la valutazione dei prestiti e dei crediti, in particolare in considerazione dei rischi di mancato pagamento. Le ricorrenti non sollevano alcun argomento diretto a contestare tali adeguamenti.

286    Le ricorrenti ammettono inoltre che, tenuto conto del termine di cui la Deloitte disponeva, quest’ultima non poteva realizzare un’analisi completa e solida dei flussi di cassa attualizzati.

287    Quanto agli argomenti concernenti l’asserita inidoneità del principio IFRS 9, che è un principio contabile, basti osservare che la Deloitte ha indicato nella valutazione 2 che, «pur comprendendo che il nuovo principio IFRS 9 implicherà un incremento degli accantonamenti, essa non modificherà i calcoli compiuti nel caso di specie». Ne consegue che la Deloitte non si è servita di detto metodo e che gli argomenti dedotti dalle ricorrenti sono inconferenti.

288    Per quanto concerne la valutazione degli adeguamenti degli accantonamenti per rischi giuridici, occorre rilevare che il confronto effettuato dalle ricorrenti tra la valutazione 2 e la valutazione 3, successiva all’adozione della decisione impugnata, non è pertinente. Basti osservare che la valutazione 3 è stata realizzata seguendo un metodo e con un obiettivo che differivano da quelli della valutazione 2. Parimenti, il confronto compiuto con la valutazione realizzata da Bankia sulla base di un articolo di stampa non è pertinente, tanto più che non viene precisato né se detta valutazione si riferisse a tutti i rischi giuridici analizzati nella valutazione 2, né se i risultati fossero realmente comparabili.

289    Per quanto concerne la valutazione delle attività fiscali differite, le ricorrenti riconoscono che è incerta e che dipende in ampia misura dall’acquirente. Esse ritengono che l’intervallo considerato dalla Deloitte sia troppo stretto, aspetto questo che avrebbe dovuto indicare al CRU e alla Commissione che l’approccio della Deloitte non era adeguato e che detto intervallo non corrisponda all’adeguamento compiuto dal Banco Santander.

290    A pagina 32 dell’allegato alla valutazione 2, la Deloitte ha segnatamente osservato che la valutazione delle attività fiscali differite non protette dipendeva dall’acquirente, in particolare dal fatto che si trattasse di un’entità spagnola o straniera e che, nell’ipotesi in cui l’acquirente fosse stata una banca spagnola, la loro ripetibilità e la loro contabilizzazione in bilancio sarebbero dipese dal piano economico-finanziario del Banco Popular e da quello dell’acquirente. L’allegato alla valutazione 2 indica che la valutazione effettuata dalla Deloitte tiene conto di queste diverse ipotesi.

291    Le ricorrenti non spiegano in che modo le incertezze sottolineate dalla Deloitte avrebbero giustificato adeguamenti differenti nello scenario migliore e peggiore. A questo riguardo, nella perizia integrativa allegata alla replica, l’esperto si limita a rilevare il carattere «sorprendente» di detto intervallo. Va inoltre ricordato che il confronto compiuto con gli adeguamenti operati dal Banco Santander non è pertinente.

292    Per quanto concerne la valutazione delle attività immateriali, le ricorrenti sostengono che la Deloitte non ha attribuito alcun valore economico, da un lato, alle attività immateriali legate ai «core deposit» (Core Deposit Intangibles), benché i ritiri riguardassero probabilmente i depositi meno stabili, né, dall’altro, al marchio Banco Popular pur avendo riconosciuto un valore minimo al marchio Banco Pastor. A parere delle ricorrenti, tale approccio era sufficiente per riconoscere l’inattendibilità della valutazione 2.

293    Da un lato, per quanto attiene alle attività immateriali legate ai «core deposit», nella valutazione 2 la Deloitte ha considerato che un acquirente potenziale non avrebbe attribuito loro alcun valore in ragione dei consistenti ritiri di depositi registrati alla data della valutazione.

294    Va osservato che, alla luce della portata dei deflussi di liquidità alla data in cui la valutazione 2 è stata compiuta, nessun elemento consente di sostenere, come fanno le ricorrenti, che la maggior parte dei depositi stabili era rimasta in seno alla banca.

295    Dall’altro lato, per quanto riguarda l’avviamento, la Deloitte ha spiegato che un potenziale acquirente non avrebbe attribuito alcun valore a un avviamento preesistente in quanto non si trattava di un’attività identificabile nel contesto di un raggruppamento di imprese. Essa ha indicato che, data la forte presenza del marchio Banco Pastor in Galizia, tale marchio avrebbe un valore per i terzi e ha spiegato di aver stimato l’intervallo di valore applicando il metodo delle royalties, che è il metodo più utilizzato per valutare i marchi.

296    Le ricorrenti non sollevano alcun argomento specifico idoneo a rimettere in discussione tali spiegazioni.

297    Per quanto riguarda la valutazione delle imprese comuni, delle società figlie e delle imprese associate, le ricorrenti si limitano a sostenere che, sulla base di relazioni di analisi contestuali e di transazioni reali o asserite, l’importo preso in considerazione dalla Deloitte rappresenta una sottovalutazione e che un importo ragionevole si attesterebbe su 1,5 miliardi di EUR.

298    Basti osservare, da un lato, che le ricorrenti non stabiliscono su quale base si fonderebbe detta stima e, dall’altro, che detti argomenti non consentono di individuare gli errori in cui sarebbe incorsa la Deloitte nella valutazione 2.

299    Si deve peraltro ricordare che, ai sensi dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo una costante giurisprudenza, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto di ricorso stesso. Sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme supra ricordate, devono figurare nel ricorso [v. sentenze del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 94 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 ottobre 2020, HeidelbergCement e Schwenk Zement/Commissione, T‑380/17, EU:T:2020:471, punto 92 (non pubblicata) e giurisprudenza ivi citata]. Inoltre non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (v. sentenze del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 94 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 114 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

300    In assenza di argomenti svolti all’interno della memoria di replica, non occorre esaminare i generici rinvii operati dalle ricorrenti alla perizia integrativa ad essa allegata.

301    Va osservato che, nella valutazione 2, la Deloitte ha spiegato, per ciascuna categoria di attività, il metodo utilizzato ai fini della valutazione e le incertezze che giustificavano gli adeguamenti operati. Da quanto precede emerge che gli argomenti delle ricorrenti non rimettono in discussione gli adeguamenti compiuti dalla Deloitte nella valutazione 2 con riferimento alle diverse categorie di attività del Banco Popular e non consentono di concludere che la valutazione 2 non fosse «equa, prudente e realistica» conformemente all’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

302    In via subordinata, le ricorrenti deducono altresì che, rispetto a quattro elementi chiave che non dipenderebbero dal metodo di valutazione applicabile, la stima effettuata dalla Deloitte nella valutazione 2 comporterebbe una sottovalutazione compresa tra 4,8 e 5 miliardi di EUR del valore del Banco Popular. Le ricorrenti si riferiscono all’attività fiscale differita, alla mancata presa in considerazione delle attività immateriali, segnatamente di quelle legate ai «core deposit», alla sovrastima di potenziali rischi di carattere giuridico e alla sottostima delle imprese comuni, delle società figlie e delle imprese associate presenti nella valutazione 2.

303    A tale riguardo, basti constatare che, da un lato, le ricorrenti si limitano ad effettuare un confronto tra le stime presenti nella valutazione 2 e quelle contenute nella loro perizia integrativa. Dall’altro lato, esse non spiegano per quale motivo, ai fini della valutazione di dette quattro categorie di attività, il metodo di valutazione sarebbe indifferente.

304    Occorre quindi respingere la seconda censura.

 Sulla terza censura, relativa all’intervallo considerato nella valutazione 2

305    Le ricorrenti sostengono che l’ampiezza dell’intervallo considerato nella valutazione 2 e la circostanza che esso si discostasse da stime recenti del patrimonio netto del Banco Popular avrebbero dovuto allertare il CRU e la Commissione sul fatto che detta valutazione non era «equa, prudente e realistica» e non forniva una base attendibile per adottare il programma di risoluzione.

306    A tale riguardo, va ricordato che, nella valutazione 2, la Deloitte ha osservato che il risultato della sua valutazione si collocava nell’intervallo tra 1,3 miliardi di EUR e meno 8,2 miliardi di EUR, con la migliore stima situata entro tale intervallo a meno 2 miliardi di EUR.

307    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che l’ampiezza dell’intervallo indicato nella valutazione 2 rivelerebbe che non si trattava di un intervallo attendibile.

308    Si deve notare che l’ampiezza dell’intervallo è giustificata dal metodo utilizzato nella valutazione 2.

309    A questo proposito, per quanto riguarda la metodologia utilizzata nella valutazione 2, la Deloitte ha indicato di aver adottato un approccio categoria per categoria, adeguando i valori contabili di ciascuna classe di attività e di passività per stimare le perdite e i profitti e altri adeguamenti che ogni acquirente avrebbe applicato al valore. Ha prodotto un intervallo di valutazione per ogni classe di attività e di passività.

310    Tale metodo è conforme all’articolo 2, paragrafo 3, delle norme tecniche di regolamentazione, riprodotto nell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento delegato 2018/345, secondo il quale:

«Il perito fornisce la migliore stima puntuale del valore di una determinata attività, passività, o di una combinazione delle stesse. Se del caso, i risultati della valutazione sono anche forniti sotto forma di intervalli di valori».

311    Così, la somma dei valori più bassi per ciascuna classe di attività e di passività ha fornito la stima inferiore dell’intervallo e la somma dei valori più alti ha fornito la stima superiore dell’intervallo. Tale metodo spiega quindi l’ampiezza dell’intervallo considerato nella valutazione 2. Occorre altresì ricordare che dall’analisi della prima censura emerge che la determinazione del valore di cessione si fonda su stime che presentano talune incertezze che giustificano la scelta di presentare i risultati sotto forma di intervallo.

312    Inoltre, come sottolineato dalla Commissione, tenuto conto delle dimensioni del bilancio del Banco Popular, con un importo superiore a 130 miliardi di EUR, la differenza tra i due valori dell’intervallo rappresentava appena il 7% circa del bilancio.

313    In sede di replica, le ricorrenti sostengono che detta comparazione non è pertinente e che l’ampiezza dell’intervallo, vale a dire 9,5 miliardi di EUR, dovrebbe essere posta a confronto con il valore patrimoniale netto del Banco Popular, vale a dire 10,78 miliardi di EUR.

314    A tale riguardo, va osservato, da un lato, che il riferimento fatto dalla Commissione all’entità del bilancio del Banco Popular non mira a valutare l’esattezza dell’intervallo, ma soltanto a relativizzarne l’ampiezza. Dall’altro lato, il divario tra lo scenario migliore e quello peggiore della valutazione preso in considerazione dalla Deloitte non costituisce un dato comparabile con il valore contabile del patrimonio netto del Banco Popular.

315    In secondo luogo, le ricorrenti osservano che il Banco Popular aveva superato la prova di stress del 2016 e che, benché avesse affrontato problemi di liquidità, al 31 marzo 2017, il suo patrimonio netto ammontava a 10,78 miliardi di EUR e la sua attività principale, concernente le piccole e medie imprese (PMI) continuava ad essere redditizia.

316    A questo proposito, da un lato, basti osservare che la prova di stress del 2016 del Banco Popular, pubblicata nel luglio 2016, riguarda quindi la situazione del Banco Popular a una data che precede di molti mesi la data di adozione del programma di risoluzione e non si può ritenere che essa fornisse indicazioni sull’evoluzione finanziaria del Banco Popular. Dall’altro, il riferimento al patrimonio netto non è pertinente, posto che esso riflette unicamente il valore contabile del Banco Popular e non il valore di cessione alla data della risoluzione.

317    La terza censura deve pertanto essere respinta.

318    Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che le ricorrenti non hanno dimostrato che la valutazione 2 non era «equa, prudente e realistica», ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014.

319    Si deve concludere che la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione approvando il programma di risoluzione sulla base della valutazione 2.

320    Il quarto motivo di ricorso deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

 Sul sesto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato

321    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il loro diritto di essere ascoltate adottando la decisione impugnata senza dare loro la possibilità di presentare osservazioni. Esse eccepiscono di non essere state ascoltate nel corso della procedura di risoluzione benché i loro interessi fossero direttamente e individualmente pregiudicati dalla decisione impugnata. La Commissione sarebbe tenuta a controllare che le ricorrenti vengano ascoltate in conformità all’articolo 41 della Carta, sebbene il regolamento n. 806/2014 non lo preveda.

322    A loro avviso, se il CRU e la Commissione avessero rispettato il loro diritto di essere ascoltate, esse avrebbero potuto presentare osservazioni in maniera utile anche in un termine breve. Le ricorrenti avrebbero potuto affrontare la questione della corretta valutazione del Banco Popular e, viste le prove presentate nell’ambito del quarto motivo di ricorso, è probabile che il CRU o la Commissione si sarebbero fatti un’opinione diversa della valutazione del Banco Popular, il che avrebbe portato all’adozione di un programma di risoluzione differente da quello approvato con la decisione impugnata.

323    La Commissione sostiene che la procedura prevista all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 sfocia nell’adozione di una misura di portata generale nei confronti degli azionisti e dei creditori dell’ente soggetto a un’azione di risoluzione e che l’articolo 41 della Carta non è applicabile. In subordine, essa ritiene che l’impossibilità per le ricorrenti di essere ascoltate sarebbe giustificata ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

324    Occorre ricordare che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta prevede che il diritto ad una buona amministrazione comprende il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio.

325    Il diritto di essere ascoltato garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed effettivamente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi. Inoltre, occorre specificare che il diritto di essere ascoltato persegue un duplice obiettivo. Da un lato, esso serve all’istruzione del fascicolo e all’accertamento dei fatti nel modo più preciso e corretto possibile e, dall’altro lato, consente di assicurare una tutela effettiva dell’interessato. Il diritto di essere ascoltato mira in particolare a garantire che qualsiasi decisione lesiva sia adottata con piena cognizione di causa e ha, segnatamente, l’obiettivo di consentire all’autorità competente di correggere un errore o all’interessato di far valere gli elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia, o meno, adottata o abbia un contenuto piuttosto che un altro (v. sentenza del 4 giugno 2020, SEAE/De Loecker, C‑187/19 P, EU:C:2020:444, punti 68 e 69 e giurisprudenza ivi citata).

326    Si deve rilevare che la Corte ha affermato l’importanza del diritto di essere ascoltato e la sua portata assai ampia nell’ordinamento giuridico dell’Unione, considerando che tale diritto si applica a qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo. Secondo la giurisprudenza della Corte, il diritto di essere ascoltato deve essere rispettato quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente una simile formalità (v. sentenze del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 85 e 86 e giurisprudenza ivi citata; del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 67 e giurisprudenza vcitata, e del 7 novembre 2019, ADDE/Parlamento, T‑48/17, EU:T:2019:780, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

327    Perciò, tenuto conto della sua natura di principio fondamentale e generale di diritto dell’Unione, l’applicazione del principio dei diritti della difesa, che comprende il diritto di essere ascoltato, non può essere né esclusa né limitata da una disposizione regolamentare e il suo rispetto deve pertanto essere garantito sia in caso di assenza totale di una disciplina specifica sia in presenza di una regolamentazione che non tenga di per sé conto del suddetto principio (v. sentenza del 18 giugno 2014, Spagna/Commissione, T‑260/11, EU:T:2014:555, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

328    Anzitutto, occorre rilevare che il programma di risoluzione adottato dal CRU ha ad oggetto la risoluzione del Banco Popular, che deve pertanto essere considerato come la persona nei cui confronti viene adottato un provvedimento individuale e alla quale il diritto di essere ascoltato è garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

329    Si deve quindi tener conto del fatto che le ricorrenti non sono destinatarie del programma di risoluzione, che non è una decisione individuale adottata nei loro confronti, né della decisione impugnata che approva tale programma di risoluzione.

330    Tuttavia, è opportuno rilevare che, conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU ha esercitato il potere di svalutare e convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular.

331    Pertanto, la procedura seguita dal CRU per adottare il programma di risoluzione, anche se non costituisce una procedura individuale avviata nei confronti delle ricorrenti, può portare tuttavia all’adozione di una misura che può incidere in modo negativo sui loro interessi quali detentrici di strumenti di capitale del Banco Popular.

332    Orbene, la giurisprudenza della Corte, citata al precedente punto 326, ha accolto un’interpretazione estensiva del diritto di essere ascoltato, secondo cui quest’ultimo è garantito a chiunque nel corso del procedimento che possa sfociare in un atto lesivo nei suoi confronti.

333    Inoltre, da un lato, secondo il suo considerando 121, il regolamento n. 806/2014 rispetta i diritti fondamentali e osserva i diritti, le libertà e i principi riconosciuti in particolare dalla Carta, tra cui il diritto alla difesa, e dovrebbe essere attuato conformemente a detti diritti e principi. Dall’altro, nessuna disposizione del regolamento n. 806/2014 esclude o limita esplicitamente il diritto di essere ascoltati degli azionisti e dei detentori di strumenti di capitale dell’entità interessata nel corso della procedura di risoluzione.

334    A tale riguardo, occorre rilevare che le ricorrenti non sollevano alcuna eccezione di illegittimità nei confronti del regolamento n. 806/2014, fondata sul fatto che quest’ultimo non preveda una previa audizione dei detentori di strumenti di capitale prima dell’adozione di un programma di risoluzione. Esse sostengono che il diritto di essere ascoltate doveva essere loro riconosciuto nell’ambito della procedura di risoluzione del Banco Popular ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta.

335    Tuttavia, nell’ipotesi in cui gli azionisti e i creditori dell’entità interessata dall’azione di risoluzione possano avvalersi del diritto di essere ascoltati, nell’ambito della procedura di risoluzione, tale diritto può essere soggetto a limitazioni, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

336    L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta prevede quanto segue:

«Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

337    La Corte ha affermato che i diritti fondamentali, quale il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v. sentenze del 10 settembre 2013, G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 dicembre 2017, Prequ’Italia, C‑276/16, EU:C:2017:1010, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

338    Ne consegue che la mancata audizione delle ricorrenti, nella loro qualità di detentrici di strumenti di capitale del Banco Popular, nell’ambito della procedura di risoluzione, tanto da parte del CRU, quanto da parte della Commissione, poteva essere giustificata.

339    Occorre ricordare che, all’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che la risoluzione del Banco Popular fosse conforme all’interesse pubblico in quanto era necessaria e proporzionata alla realizzazione di due obiettivi di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 806/2014, ossia evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria e garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular. Esso ha indicato che la liquidazione del Banco Popular secondo una procedura ordinaria di insolvenza non avrebbe consentito di realizzare tali obiettivi nella stessa misura. Nella decisione impugnata la Commissione ha espressamente approvato le ragioni per le quali il CRU riteneva la risoluzione necessaria nell’interesse pubblico.

340    Nel caso di specie, la limitazione del diritto di essere ascoltati delle ricorrenti può essere giustificata, da un lato, dall’obiettivo di stabilità dei mercati finanziari e, dall’altro, dalla necessità di garantire l’efficacia della risoluzione del Banco Popular, che doveva essere effettuata con celerità.

341    In primo luogo, occorre rilevare che diversi considerando del regolamento n. 806/2014, in particolare i suoi considerando 12, 58 e 61, indicano che la stabilità dei mercati finanziari è uno degli obiettivi perseguiti dai meccanismi di risoluzione attuati da tale regolamento.

342    In aggiunta, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 806/2014, l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del medesimo regolamento ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura. Tra gli obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014 figurano, segnatamente, quello di «evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato» e quello di «salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario».

343    A tale riguardo, la Corte ha rilevato che i servizi finanziari svolgono un ruolo centrale nell’economia dell’Unione. Le banche e gli istituti di credito sono una fonte essenziale di finanziamento per le imprese attive nei diversi mercati. Inoltre, le banche sono spesso interconnesse e molte di esse esercitano le proprie attività a livello internazionale. È per tale ragione che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri. Ciò rischia a sua volta di produrre ricadute negative in altri settori dell’economia (sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 50; del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 72, e del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 108).

344    La Corte ha dichiarato che l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario, al contempo evitando una spesa pubblica eccessiva e minimizzando le distorsioni della concorrenza, costituisce un interesse pubblico superiore (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 69).

345    Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ha considerato, nella sua decisione del 1º aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799, § 6), che, nei settori economicamente sensibili quali la stabilità del sistema bancario, gli Stati disponevano di un ampio potere discrezionale e che, pertanto, l’impossibilità per un azionista di partecipare alla procedura che aveva condotto alla vendita della banca non era sproporzionata rispetto ai legittimi obiettivi di tutelare i creditori e di preservare la corretta amministrazione dell’insolvenza della banca.

346    Occorre altresì menzionare la sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a. (C‑41/15, EU:C:2016:836), pronunciata in occasione di una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione degli articoli 8, 25 e 29 della seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo [54, secondo comma, TFUE], per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1). Tale causa riguardava una misura eccezionale delle autorità nazionali preordinata ad evitare, mediante un aumento di capitale, l’insolvenza di una società che, ad avviso del giudice del rinvio, minacciava la stabilità finanziaria dell’Unione. La Corte ha ritenuto che la protezione che la seconda direttiva 77/91 accordava agli azionisti e ai creditori di una società per azioni, per quanto riguarda il capitale sociale di quest’ultima, non si estendesse fino a comprendere una siffatta misura nazionale adottata in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, la quale mirava a rimediare ad una minaccia sistemica per la stabilità finanziaria dell’Unione, scaturente dall’insufficienza del capitale della società in questione (sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 50). La Corte ha aggiunto che le disposizioni della seconda direttiva 77/91 non ostavano dunque ad una misura a carattere eccezionale riguardante il capitale sociale di una società per azioni che le autorità nazionali avessero adottato, in una situazione di grave perturbamento dell’economia e del sistema finanziario di uno Stato membro, senza l’approvazione dell’assemblea generale di tale società nonché allo scopo di evitare un rischio sistemico e di garantire la stabilità finanziaria dell’Unione (v. sentenza dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

347    Tali considerazioni si applicano, per analogia, alla situazione degli ex titolari di strumenti di capitale di una banca che sia stata sottoposta a risoluzione ai sensi del regolamento n. 806/2014, come le ricorrenti.

348    Da quanto precede risulta che la procedura di risoluzione, istituita dal regolamento n. 806/2014 e descritta nel suo articolo 18, persegue una finalità di interesse generale ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ossia quella di garantire la stabilità dei mercati finanziari, idonea a giustificare una limitazione del diritto di essere ascoltato.

349    Nel caso di specie, occorre rilevare che le ricorrenti non contestano il fatto che la procedura di risoluzione del Banco Popular fosse conforme all’obiettivo di garantire la stabilità finanziaria di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014.

350    A questo riguardo, all’articolo 4.4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha spiegato di aver concluso che la situazione del Banco Popular comportava un rischio crescente di effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria in Spagna, basandosi su diversi elementi. Tra tali elementi figuravano, in primo luogo, le dimensioni e l’importanza del Banco Popular, che costituiva la società madre del sesto gruppo bancario spagnolo, con un importo totale delle attività di 147 miliardi di EUR, e che era stato designato nel 2017 dalla Banca di Spagna come un ente di importanza sistemica. Il CRU ha rilevato, in particolare, che il Banco Popular era uno dei principali operatori del mercato in Spagna, con una quota di mercato significativa nel segmento delle PMI e che deteneva una quota di mercato relativamente elevata dei depositi (quasi il 6%) e un gran numero di clienti al dettaglio (circa 1,4 milioni) in tutta la Spagna. In secondo luogo, il CRU ha preso in considerazione la natura dell’attività del Banco Popular, che si articolava intorno alle attività di banca commerciale e si concentrava principalmente sull’offerta di finanziamento, sulla gestione del risparmio e sui servizi ai privati, alle famiglie e alle imprese (in particolare le PMI). Secondo il CRU, la somiglianza tra il modello di impresa del Banco Popular e quello di altre banche commerciali spagnole poteva contribuire alla possibilità di contagio indiretto nei confronti di tali banche, le quali avrebbero potuto essere percepite come confrontate con le medesime difficoltà.

351    Inoltre, occorre rilevare che il secondo obiettivo perseguito dal programma di risoluzione, ossia quello di conseguire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular, rientra anch’esso nella finalità di interesse generale di tutela della stabilità dei mercati finanziari.

352    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 35, della direttiva 2014/59, le funzioni essenziali di un ente sono definite come «attività, servizi o operazioni la cui interruzione porterebbe verosimilmente, in uno o più Stati membri, all’interruzione di servizi essenziali per l’economia reale o potrebbe compromettere la stabilità finanziaria a motivo della dimensione, della quota di mercato, delle interconnessioni esterne ed interne, della complessità o delle attività transfrontaliere di un ente o gruppo, con particolare riguardo alla sostituibilità di tali attività, servizi o operazioni».

353    A questo riguardo, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) 2016/778 della Commissione, del 2 febbraio 2016, che integra la direttiva 2014/59 per quanto riguarda le circostanze e le modalità secondo le quali il pagamento dei contributi straordinari ex post può essere parzialmente o integralmente rinviato, e i criteri per l’individuazione delle attività, dei servizi e delle operazioni per quanto concerne le funzioni essenziali e per l’individuazione delle linee di business e dei servizi connessi per quanto attiene alle linee di business principali (GU 2016, L 131, pag. 41), prevede i criteri per l’individuazione delle funzioni essenziali. Si tratta di una funzione assicurata da un ente a terzi non collegati all’ente o gruppo e la cui improvvisa interruzione probabilmente avrebbe un significativo impatto negativo sui terzi, provocherebbe un contagio o minerebbe la fiducia generale dei partecipanti al mercato in ragione della rilevanza sistemica di tale funzione per i terzi e della rilevanza sistemica dell’ente o del gruppo nello svolgimento di tale funzione.

354    Pertanto, l’obiettivo consistente nel garantire la continuità delle funzioni essenziali dell’entità interessata da un’azione di risoluzione, previsto all’articolo 14, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 806/2014, mira ad evitare un’interruzione di tali funzioni che potrebbe provocare perturbazioni, non soltanto sul mercato interessato, ma anche per la stabilità finanziaria globale dell’Unione.

355    Ne consegue che un’azione di risoluzione, poiché mira a salvaguardare o a ripristinare la situazione finanziaria di un ente creditizio, segnatamente in quanto rappresenta un’alternativa alla sua liquidazione, deve essere considerata effettivamente rispondente a un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione (v., per analogia, sentenza del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 108).

356    A tale riguardo, all’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha indicato che la risoluzione del Banco Popular era necessaria e proporzionata alla realizzazione, in particolare, dell’obiettivo di garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular. All’articolo 4.4 del programma di risoluzione, il CRU ha individuato tre funzioni essenziali del Banco Popular, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento delegato 2016/778, ossia la raccolta di depositi presso famiglie e società non finanziarie, i prestiti alle PMI e i servizi di pagamento in contanti.

357    Le ricorrenti non sollevano alcun argomento diretto a contestare tali valutazioni.

358    Da quanto precede risulta che la procedura di risoluzione del Banco Popular perseguiva una finalità di interesse generale ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ossia quella di garantire la stabilità dei mercati finanziari, idonea a giustificare una limitazione del diritto di essere ascoltato.

359    In secondo luogo, l’interesse generale dell’Unione, in particolare il perseguimento degli obiettivi diretti a preservare la stabilità dei mercati finanziari e a garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular, esige che, una volta soddisfatte le condizioni previste dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, un’azione di risoluzione sia adottata quanto prima.

360    A questo riguardo, diversi considerando del regolamento n. 806/2014 implicano che, quando un’azione di risoluzione diviene necessaria, essa dev’essere adottata rapidamente. Si tratta segnatamente dei considerando 26, 31 e 53 e, in particolare, del considerando 56 di tale regolamento, il quale prevede che la procedura di risoluzione dovrebbe concludersi in tempi brevi per perturbare il meno possibile i mercati finanziari e l’economia.

361    La Corte ha affermato che il regolamento n. 806/2014 ha l’obiettivo di istituire, conformemente al suo considerando 8, meccanismi di risoluzione più efficaci, i quali devono costituire uno strumento essenziale per evitare le conseguenze dannose delle carenze delle banche verificatesi in passato e che un simile obiettivo presuppone l’adozione di una decisione rapida, come illustrano i brevi termini previsti all’articolo 18 di detto regolamento, affinché la stabilità finanziaria non sia messa in pericolo (sentenza del 6 maggio 2021, ABLV Bank e a./BCE, C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:369, punto 55).

362    Così, l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 stabilisce, in particolare, che, quando la BCE ritiene che un’entità sia in dissesto o a rischio di dissesto, essa comunichi senza indugio la sua valutazione alla Commissione e al CRU. Ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo, quando il CRU effettua esso stesso una valutazione, questa viene comunicata senza indugio alla BCE. Se le condizioni stabilite al paragrafo 1 sono soddisfatte, il CRU adotta un programma di risoluzione, il quale, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 7, del regolamento n. 806/2014, è trasmesso alla Commissione immediatamente dopo la sua adozione. La Commissione dispone quindi di un termine di 24 ore per approvare un programma di risoluzione o obiettare ad esso.

363    Ne consegue che, una volta che l’entità soddisfa le condizioni per l’adozione di un’azione di risoluzione, vale a dire, in primo luogo, che essa sia in dissesto o a rischio di dissesto, in secondo luogo, che non si possa altrimenti ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza permetta di evitare il suo dissesto in tempi ragionevoli e, in terzo luogo, che la sua risoluzione sia necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi di cui all’articolo 14 del regolamento n. 806/2014, l’articolo 18 del medesimo regolamento prevede che una decisione sia adottata entro un termine molto breve.

364    Pertanto, nel caso di specie, a partire dal momento in cui la BCE ha constatato che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto e in cui il CRU ha ritenuto che le condizioni previste dall’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 fossero soddisfatte, il programma di risoluzione doveva essere adottato il più rapidamente possibile.

365    Tale celerità nell’adozione della decisione era giustificata dalla necessità di garantire la continuità delle funzioni essenziali del Banco Popular e da quella di evitare effetti negativi significativi della situazione di quest’ultimo sui mercati finanziari, in particolare attraverso la prevenzione del contagio. Nel caso di specie, poiché il dissesto del Banco Popular era intervenuto in un giorno infrasettimanale, era necessario completare la procedura e adottare la decisione prima dell’apertura dei mercati la mattina del 7 giugno 2017.

366    Come evidenziato dall’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona, al paragrafo 80 delle sue conclusioni nelle cause riunite ABLV Bank e a./BCE (C‑551/19 P e C‑552/19 P, EU:C:2021:16), la celerità con la quale tali istituzioni e agenzie dell’Unione devono assumere le loro decisioni è necessaria onde evitare l’impatto negativo sui mercati finanziari della risoluzione dell’istituto bancario e tale celerità le obbliga di fatto ad avere «pronta» la decisione prima di avviare la procedura, approfittando della chiusura dei mercati mobiliari.

367    La rapidità dell’adozione della decisione costituiva quindi una condizione della sua efficacia.

368    Così, la Corte ha già dichiarato che l’urgenza che impone un’azione immediata da parte dell’autorità competente giustificava una limitazione del diritto di essere ascoltati delle persone colpite da misure adottate nell’ambito della responsabilità ambientale (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 2010, ERG e a., C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 67) e nel settore dell’agricoltura (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2006, Dokter e a., C‑28/05, EU:C:2006:408, punto 76).

369    Inoltre, nell’ambito delle misure di congelamento di capitali, la Corte ha affermato che la comunicazione dei motivi su cui si fonda l’inserimento iniziale del nominativo di una persona o di un’entità nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive, prima di tale inclusione, sarebbe tale da compromettere l’efficacia delle misure di congelamento di capitali e di risorse economiche imposte dal diritto dell’Unione. Per raggiungere l’obiettivo perseguito dal regolamento applicabile, misure siffatte devono, per loro stessa natura, poter beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punti da 338 a 340; del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61, e del 12 febbraio 2020, Amisi Kumba/Consiglio, T‑163/18, EU:T:2020:57, punto 51).

370    Per ragioni anch’esse relative all’obiettivo perseguito dal diritto dell’Unione e all’efficacia delle misure da esso previste, le autorità dell’Unione non sono neppure tenute a procedere a un’audizione dei ricorrenti prima dell’inserimento iniziale dei loro nomi nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 341, e del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, non pubblicata, EU:T:2013:216, punto 103).

371    Ciò vale a maggior ragione nei casi, come quello di cui trattasi, in cui la limitazione del diritto di essere ascoltato riguarda non l’entità sottoposta a risoluzione, ossia il Banco Popular, bensì le ricorrenti nella loro qualità di titolari di strumenti di capitale di quest’ultima.

372    Occorre altresì rilevare che, nella sua decisione del 1º aprile 2004, Camberrow MM5 AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2004:0401DEC005035799), la Corte EDU ha dichiarato che la vendita della banca fallita come impresa in attività era stata realizzata al fine di ottenere la soddisfazione rapida e più certa dei suoi creditori, che da anni si aspettavano di ricevere il loro dovuto, e la rapida conclusione della procedura fallimentare. Di conseguenza, la necessità di semplicità e di rapidità nella procedura che ha condotto alla vendita della banca era di fondamentale importanza. Se la legge avesse previsto che il tribunale fallimentare era tenuto a consultare tutti gli azionisti e i creditori della banca, ciò avrebbe comportato un notevole rallentamento della procedura e, di conseguenza, un ulteriore ritardo nel pagamento delle somme dovute ai creditori e nella conclusione della procedura fallimentare.

373    Nella sentenza del 24 novembre 2005, Capital Bank AD c. Bulgaria (CE:ECHR:2005:1124JUD004942999, § 136), la Corte EDU ha dichiarato che, in un ambito economicamente sensibile come quello della stabilità del sistema bancario e in talune situazioni, poteva esistere una necessità imperativa di agire con la massima diligenza e senza preavviso, allo scopo di evitare danni irreparabili per la banca, i suoi depositanti e altri creditori, o per il sistema bancario e finanziario nel suo complesso.

374    Inoltre, il fatto che il programma di risoluzione possa condurre a un’ingerenza nel diritto di proprietà delle ricorrenti non può giustificare un obbligo di concedere loro un diritto di essere ascoltate prima della sua adozione.

375    A questo proposito, il Tribunale ha già sottolineato, al punto 282 della sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a. (T‑680/13, EU:T:2018:486), che le procedure applicabili devono fornire alla persona interessata un’occasione adeguata di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti. Per garantire il rispetto di tale condizione, che rappresenta un requisito intrinseco dell’articolo 1, del protocollo n. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, è necessario considerare le procedure applicabili da un punto di vista generale (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 368 e la giurisprudenza ivi citata; del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, non pubblicata, EU:T:2013:216, punto 119, e Corte EDU, 20 luglio 2004, Bäck c. Finlandia, CE:ECHR:2004:0720JUD003759897, § 56). Pertanto, detto requisito non può essere interpretato nel senso che la persona interessata deve poter far valere in qualsiasi circostanza la propria posizione presso le autorità competenti prima dell’adozione di misure che arrechino pregiudizio al suo diritto di proprietà (v., in tal senso, Corte EDU, 19 settembre 2006, Maupas e altri c. Francia, CE:ECHR:2006:0919JUD001384402, §§ 20 e 21).

376    Il Tribunale ha ritenuto che ciò avvenisse, segnatamente, qualora, come nel caso di specie, le misure in questione non costituivano una sanzione e si iscrivevano in un contesto di urgenza particolare. A quest’ultimo riguardo, il Tribunale ha rilevato che si trattava di prevenire un rischio imminente di collasso delle banche di cui trattasi al fine di preservare la stabilità del sistema finanziario di uno Stato membro ed evitare quindi di contagiare altri Stati membri della zona euro. Orbene, l’attuazione di una procedura di consultazione preliminare, nell’ambito della quale le migliaia di depositanti e di azionisti delle banche di cui trattasi avrebbero potuto far valere utilmente il loro punto di vista prima dell’adozione delle decisioni lesive, avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire un siffatto collasso. La realizzazione dell’obiettivo consistente nel preservare la stabilità del sistema finanziario di tale Stato membro ed evitare quindi il contagio di altri Stati membri della zona euro sarebbe stata esposta a seri rischi (v. sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 282 e giurisprudenza ivi citata).

377    Questa valutazione è stata confermata dalla Corte, che ha ritenuto che il Tribunale avesse giustamente fondato il proprio ragionamento sulla sentenza della Corte EDU, 21 luglio 2016, Mamatas e a. c. Grecia (CE:ECHR:2016:0721JUD006306614), da cui risulta che l’esigenza secondo cui qualsiasi restrizione al diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge non può essere interpretata nel senso che le persone interessate avrebbero dovuto essere consultate prima dell’adozione di tale legge, segnatamente nel caso in cui una siffatta consultazione preliminare avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire il tracollo delle banche in questione (sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 159).

378    Peraltro, si deve considerare che la necessità di agire rapidamente senza informare gli azionisti e i creditori di un’entità dell’imminenza di una procedura di risoluzione che la riguarda mira ad evitare l’aggravamento della situazione di tale entità che nuocerebbe all’efficacia dell’azione di risoluzione. Infatti, informare gli azionisti o i detentori di obbligazioni della banca che quest’ultima potrebbe essere assoggettata a risoluzione, e quindi che essa sia stata considerata in dissesto o a rischio di dissesto, potrebbe indurli a vendere i loro titoli sui mercati e condurre altresì a un assalto agli sportelli, il che avrebbe la conseguenza di aggravare la situazione finanziaria della banca e di rendere più difficile, se non impossibile, l’adozione di una soluzione idonea a impedirne la liquidazione.

379    A tale riguardo, come risulta dal considerando 116 del regolamento n. 806/2014, citato al precedente punto 187, tutte le informazioni fornite rispetto a una decisione prima che questa sia presa, che si tratti di accertare se le condizioni per la risoluzione siano soddisfatte, dell’uso di uno specifico strumento o di qualsiasi azione in corso di procedura, devono essere considerate come suscettibili di avere ripercussioni sugli interessi, pubblici e privati, implicati dall’azione.

380    Va ricordato che, nell’atto introduttivo, le ricorrenti ammettono che il semplice fatto di lasciar intendere che il CRU sarebbe sul punto di esaminare la necessità di applicare i propri poteri rispetto a una determinata entità rappresenterebbe un evento importante per il mercato che indurrebbe gli investitori, i creditori e i depositari ad adottare misure di protezione per evitare le perdite.

381    Si deve pertanto ritenere che l’audizione delle ricorrenti, prima dell’adozione del programma di risoluzione o prima dell’adozione della decisione impugnata, avrebbe comportato un rallentamento sostanziale della procedura e, pertanto, avrebbe compromesso tanto la realizzazione degli obiettivi dell’azione, quanto la sua efficacia.

382    A questo proposito, le ricorrenti sostengono che la Commissione e il CRU hanno esaminato la potenziale necessità di un’azione di risoluzione nel corso di varie settimane prima dell’adozione della decisione impugnata, il che avrebbe dato alla Commissione tempo sufficiente per ascoltare le ricorrenti.

383    Basti osservare che, prima del 6 giugno 2017, data alla quale la BCE ha constatato che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto e prima della decisione del CRU di avviare la procedura di risoluzione, la risoluzione del Banco Popular era solo un’ipotesi. Inoltre, le ricorrenti non spiegano a partire da quale momento la Commissione avrebbe dovuto consultare i detentori di strumenti di capitale del Banco Popular e va tenuto conto del fatto che la loro identità poteva mutare trattandosi di strumenti negoziabili sul mercato.

384    Ne consegue, da un lato, che una previa audizione delle ricorrenti, che le informasse dell’esistenza di una potenziale azione di risoluzione, avrebbe comportato il rischio che esse adottassero comportamenti sul mercato che avrebbero aggravato la situazione finanziaria del Banco Popular. Una siffatta audizione avrebbe quindi potuto nuocere all’efficacia della prevista azione di risoluzione.

385    Dall’altro lato, tenuto conto dell’urgenza dell’adozione del programma di risoluzione, non sarebbe stato possibile consultare previamente le ricorrenti, al pari degli altri azionisti o detentori di strumenti di capitale del Banco Popular, non solo a causa delle difficoltà connesse alla loro identificazione, ma anche a causa dell’impossibilità di analizzare efficacemente le loro osservazioni prima dell’adozione del programma di risoluzione o della decisione impugnata.

386    Da tutto quanto precede risulta che un’audizione delle ricorrenti, prima dell’adozione del programma di risoluzione o della decisione impugnata, avrebbe compromesso gli obiettivi di tutela della stabilità dei mercati finanziari e di continuità delle funzioni essenziali dell’entità nonché le esigenze di rapidità ed efficacia della procedura di risoluzione.

387    Di conseguenza, la mancata audizione delle ricorrenti nell’ambito della procedura di risoluzione del Banco Popular costituisce una limitazione del diritto di essere ascoltati che è giustificata e necessaria per rispondere a un obiettivo di interesse generale e che rispetta il principio di proporzionalità, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

388    Il sesto motivo di ricorso deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

 Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

389    Le ricorrenti sostengono che il programma di risoluzione approvato con la decisione impugnata viola il loro diritto di proprietà sancito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta. Esse deducono che il programma di risoluzione approvato dalla decisione impugnata le ha espropriate dei loro strumenti di capitale. La svalutazione degli strumenti di capitale disposta nel quadro del programma di risoluzione integrerebbe un’espropriazione illegittima, la quale non risponderebbe ai requisiti di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non essendo in linea con i modi «previsti dalla legge» e non prevedendo una giusta indennità.

390    L’articolo 17, paragrafo 1, della Carta prevede quanto segue:

«Ogni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquistato legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L’uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall’interesse generale».

391    Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non è una prerogativa assoluta e il suo esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione. Ne consegue, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, che possono apportarsi restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che tali restrizioni siano effettivamente consone a obiettivi di interesse generale perseguiti e non costituiscano, rispetto allo scopo prefissato, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto così garantito (v. sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti 69 e 70 e giurisprudenza ivi citata; sentenze del 16 luglio 2020, Adusbef e a., C‑686/18, EU:C:2020:567, punto 85, e del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punto 100).

392    Di conseguenza, il diritto di proprietà non è un diritto assoluto ma, in conformità all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, citato al precedente punto 336, può essere soggetto a limitazioni previste dalla legge, laddove siano necessarie a finalità di interesse generale e proporzionate a tale obiettivo.

393    Va ricordato che, all’articolo 6 del programma di risoluzione, il CRU ha deciso, in applicazione dell’articolo 21 del regolamento n. 806/2014, di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular secondo le modalità precisate al precedente punto 73.

394    Inoltre, risulta, da un lato, dal considerando 61 del regolamento n. 806/2014 che è opportuno che le limitazioni dei diritti di azionisti e creditori siano conformi ai principi sanciti all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta e, dall’altro lato, dal considerando 62 dello stesso regolamento che l’interferenza nei diritti di proprietà non dovrebbe essere eccessiva.

395    A norma dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 806/2014 sui principi generali che disciplinano la risoluzione, gli azionisti dell’ente soggetto a risoluzione sostengono per primi le perdite.

396    A tale riguardo, la Corte ha dichiarato, per quanto concerne gli azionisti delle banche, che, secondo il regime generale applicabile allo status degli azionisti delle società per azioni, questi ultimi assumono in toto il rischio dei propri investimenti (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 73).

397    Nel settore degli aiuti di Stato, la Corte ha affermato che, poiché gli azionisti sono responsabili per le passività della banca fino a concorrenza del capitale sociale della stessa, il fatto che i punti da 40 a 46 della comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1° agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario») (GU 2013, C 216, pag. 1) richiedano che, per rimediare alla sottocapitalizzazione di una banca, prima della concessione di un aiuto di Stato, detti azionisti contribuiscano a coprire le perdite subite dalla stessa nella medesima misura che si proporrebbe in assenza di un simile aiuto di Stato, non si può considerare come un elemento che incide sul loro diritto di proprietà (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 74).

398    Occorre considerare, per analogia, che la decisione, nel programma di risoluzione, di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular di cui erano titolari le ricorrenti è la conseguenza del fatto che gli azionisti di un’entità devono sopportare i rischi connessi ai loro investimenti e del fatto che, essendo tale entità oggetto di un’azione di risoluzione a causa del suo dissesto, essi devono sopportarne le conseguenze economiche.

399    A tale riguardo, il Tribunale ha già dichiarato che una misura consistente nella riduzione del valore nominale delle azioni di una banca cipriota era proporzionata all’obiettivo perseguito da detta misura. Esso ha rilevato, anzitutto, che detta misura era intesa a contribuire alla ricapitalizzazione della banca ed era idonea a contribuire all’obiettivo consistente nell’assicurare la stabilità del sistema finanziario cipriota e della zona euro nel suo complesso. Esso ha poi constatato che detta misura non superava i limiti di ciò che era idoneo e necessario al conseguimento di tale obiettivo, posto che eventuali alternative meno restrittive o non erano realizzabili o non avrebbero consentito di conseguire i risultati attesi. Infine, esso ha ritenuto che, alla luce dell’importanza dell’obiettivo perseguito, la misura in questione non generasse inconvenienti sproporzionati. Esso ha ricordato, a tale riguardo, che gli azionisti delle banche si assumono pienamente il rischio dei loro investimenti (sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 330).

400    Date le circostanze, il Tribunale ha concluso che non si può ritenere che la riduzione del valore nominale delle azioni di detta banca costituisse un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà degli azionisti (sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 331).

401    Va ricordato, inoltre, che dalla giurisprudenza citata al precedente punto 343 risulta che i servizi finanziari svolgono un ruolo centrale nell’economia dell’Unione e che la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente ad altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri.

402    La Corte ha già dichiarato che, considerato l’obiettivo di assicurare la stabilità del sistema bancario nella zona euro, e alla luce del rischio imminente di perdite finanziarie cui sarebbero stati esposti i depositanti presso le banche interessate in caso di fallimento di queste ultime, determinate restrizioni al diritto di proprietà potevano essere giustificate (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 74).

403    La Corte ha altresì statuito che, sebbene vi sia un evidente interesse pubblico a garantire, in tutta l’Unione, una tutela forte e coerente degli investitori, tale interesse non può essere ritenuto prevalente, in ogni circostanza, rispetto all’interesse pubblico consistente nel garantire la stabilità del sistema finanziario (sentenze del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 91, e dell’8 novembre 2016, Dowling e a., C‑41/15, EU:C:2016:836, punto 54).

404    Orbene, occorre ricordare che, all’articolo 4.2 del programma di risoluzione, il CRU ha ritenuto che la risoluzione fosse necessaria e proporzionata agli obiettivi previsti all’articolo 14, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento n. 806/2014, diretti a garantire la continuità delle funzioni essenziali ed evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato. Esso ha indicato che la liquidazione del Banco Popular secondo una procedura ordinaria di insolvenza non avrebbe consentito di realizzare tali obiettivi nella stessa misura. Nella decisione impugnata la Commissione ha espressamente approvato le ragioni per le quali il CRU riteneva la risoluzione necessaria nell’interesse pubblico.

405    Il programma di risoluzione, mirando a salvaguardare o a ripristinare la situazione finanziaria del Banco Popular e, segnatamente in quanto rappresentava un’alternativa alla sua liquidazione, rispondeva quindi a una finalità di interesse generale ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ossia quella di garantire la stabilità dei mercati finanziari.

406    Le ricorrenti osservano che esse non mettono in discussione la compatibilità con la Carta del meccanismo di risoluzione unico come previsto dal regolamento n. 806/2014 e ammettono che la risoluzione di una banca in dissesto, in conformità alle disposizioni di detto regolamento, diretta a proteggere la stabilità del sistema bancario, persegue legittimamente un interesse pubblico.

407    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la decisione di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular che esse detenevano è contraria ai requisiti di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta nella misura in cui non rispettava i modi previsti dalla legge. Per le ragioni illustrate negli altri motivi di ricorso, il programma di risoluzione e la decisione impugnata non rispetterebbero i principi generali del diritto dell’Unione, né le disposizioni del regolamento n. 806/2014.

408    A tale riguardo, basti osservare come dall’analisi degli altri motivi di ricorso emerga che, nell’applicare le disposizioni del regolamento n. 806/2014, la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione né in alcuna violazione dei principi generali del diritto.

409    Inoltre, da un lato, va osservato che, negli altri motivi di ricorso, le ricorrenti non contestano il soddisfacimento delle condizioni di cui all’articolo 18 del regolamento n. 806/2014 che giustificano l’adozione del programma di risoluzione. Dall’altro lato, le ricorrenti non deducono argomenti specifici volti a dimostrare che la svalutazione e la conversione degli strumenti di capitale disposte dal CRU, che costituiscono l’azione idonea a ledere il loro diritto di proprietà, non siano conformi alle disposizioni dell’articolo 21 del regolamento n. 806/2014 e che quindi la Commissione non avrebbe dovuto approvarle.

410    Ne consegue che le ricorrenti non hanno sollevato alcun argomento idoneo a rimettere in discussione, da un lato, il fatto che la decisione del CRU di svalutare e convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular era in linea con le condizioni previste dal regolamento n. 806/2014 e, dall’altro lato, il fatto che detta decisione era necessaria per rispondere a una finalità di interesse generale idonea a giustificare una restrizione al diritto di proprietà.

411    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che il programma di risoluzione e la decisione impugnata ledono l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta in quanto non prevedono il riconoscimento a loro favore di un’indennità.

412    Va osservato che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 806/2014 stabilisce che nessun creditore sostiene perdite più ingenti di quelle che avrebbe sostenuto se l’entità soggetta all’azione di risoluzione fosse stata liquidata con procedura ordinaria di insolvenza.

413    Al fine di valutare se gli azionisti e i creditori avrebbero ricevuto un trattamento migliore ove l’entità interessata fosse stata sottoposta a una procedura ordinaria di insolvenza, l’articolo 20, paragrafo 16, del regolamento n. 806/2014 prevede che sia realizzata una valutazione successivamente alla risoluzione. A norma dell’articolo 20, paragrafo 17, del regolamento n. 806/2014, detta valutazione accerta le eventuali differenze fra il trattamento di cui gli azionisti e i creditori avrebbero beneficiato se l’ente fosse stato sottoposto a procedura ordinaria di insolvenza al momento in cui è stata presa la decisione sull’azione di risoluzione e il trattamento effettivo che hanno ricevuto nella risoluzione.

414    Se, a seguito di detta valutazione, viene accertato che gli azionisti o i creditori hanno sostenuto nell’ambito della risoluzione perdite più ingenti di quelle che avrebbero sostenuto in una liquidazione con una procedura ordinaria di insolvenza, l’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 prevede che il CRU possa ricorrere al FRU per pagare loro un indennizzo.

415    Ne consegue che il regolamento n. 806/2014 attua un meccanismo diretto a garantire agli azionisti o ai creditori dell’entità soggetta a una risoluzione una giusta indennità in conformità alle condizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

416    Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il fatto che esse non abbiano ottenuto alcun indennizzo alla data del programma di risoluzione non è sufficiente a dimostrare una violazione del loro diritto di proprietà posto che l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non prevede il versamento di un’indennità contestuale alla restrizione del diritto di proprietà, ma un pagamento in tempo utile.

417    Peraltro, per quanto concerne gli argomenti sollevati dalle ricorrenti in sede di replica per contestare la valutazione 3 e concernenti la mancanza di indipendenza della Deloitte e la violazione del loro diritto di accesso al fascicolo, basti osservare che si tratta di argomenti inconferenti. Infatti, detti argomenti riguardano la valutazione 3 compiuta successivamente all’adozione della decisione impugnata e una procedura distinta e non possono pertanto rimettere in discussione la legittimità della suddetta decisione.

418    In terzo luogo, nella replica, le ricorrenti sostengono che un’indennità determinata sulla base della differenza di trattamento dei creditori nel quadro di un’azione di risoluzione e in una procedura ordinaria di insolvenza non costituisce una giusta indennità ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta. Esse deducono che, se la Commissione avesse rispettato il diritto dell’Unione, la decisione impugnata non sarebbe stata adottata o il programma di risoluzione avrebbe avuto un contenuto diverso: il pagamento di indennizzo sulla base dell’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 non costituirebbe quindi una giusta indennità. Il reale indennizzo a favore delle ricorrenti dovrebbe essere determinato sulla base dello scenario controfattuale corretto consistente nella mancata risoluzione seguita da una soluzione privata o, in subordine, da una risoluzione fondata su una corretta valutazione del Banco Popular.

419    Va ricordato che il principio di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 806/2014, secondo cui nessun creditore può essere più svantaggiato, mira a garantire che, ove la lesione del diritto di proprietà delle ricorrenti risultante dal programma di risoluzione sia maggiore di quella che esse avrebbero subito se il Banco Popular fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza, esse possano beneficiare di un indennizzo.

420    Orbene, nel caso di specie, nel programma di risoluzione, il CRU ha riconosciuto che le condizioni previste dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014 erano soddisfatte, vale a dire che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto, che in considerazione della tempistica imposta nessun’altra azione di vigilanza o del settore privato consentiva di impedire il dissesto e che l’azione di risoluzione era necessaria nell’interesse pubblico. Va ricordato che le ricorrenti non contestano il soddisfacimento di dette condizioni nel caso di specie.

421    Pertanto, ove il programma di risoluzione non fosse stato adottato, l’alternativa sarebbe consistita nella liquidazione del Banco Popular con procedura ordinaria di insolvenza, circostanza questa riconosciuta dalle ricorrenti in udienza.

422    Per di più, dall’analisi del terzo motivo di ricorso emerge che lo scenario controfattuale invocato dalle ricorrenti e di cui alla perizia integrativa da esse prodotta, consistente nella mancata risoluzione del Banco Popular seguita da una soluzione privata, non è pertinente.

423    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il valore del loro investimento non deve essere calcolato tenendo conto della situazione anteriore all’adozione del programma di risoluzione, ma in linea con l’ipotesi di mancata adozione del programma di risoluzione, che corrisponde al caso della liquidazione del Banco Popular con procedura ordinaria di insolvenza.

424    A questo riguardo, nel settore degli aiuti di Stato, la Corte ha dichiarato che le perdite degli azionisti delle banche in difficoltà avrebbero, in ogni caso, la stessa ampiezza, senza che rilevi se queste dipendono da una sentenza dichiarativa di fallimento per mancata concessione di un aiuto di Stato o da un procedimento di concessione di un simile aiuto sottoposta alla condizione previa della condivisione degli oneri (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 75).

425    La Corte ha osservato che il punto 46 della comunicazione sul settore bancario prevede che «dovrebbe essere rispettato il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato» e che «[i] creditori subordinati non dovrebbero pertanto ricevere, in termini economici, meno di quanto sarebbe valso il loro strumento in caso di mancata concessione di aiuti di Stato» (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 77).

426    Secondo la Corte, da tale punto si evince che le misure di condivisione degli oneri alle quali sarebbe subordinata la concessione di un aiuto di Stato in favore di una banca sottocapitalizzata non possono arrecare al diritto di proprietà dei creditori subordinati un pregiudizio che questi ultimi, in caso di procedura di fallimento conseguente alla mancata concessione di un simile aiuto, non avrebbero subito. Ciò posto, non si può validamente sostenere che le misure di condivisione degli oneri, quali quelle previste dalla comunicazione sul settore bancario, costituiscano un’ingerenza rispetto al diritto di proprietà degli azionisti e dei creditori subordinati (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 78 e 79).

427    Non solo, nel caso di un titolo, l’importo dell’indennità dovuta deve essere valutato facendo riferimento al reale valore di mercato di tale titolo al momento dell’adozione della normativa controversa, e non al suo valore nominale o all’importo che il suo detentore sperava di percepire al momento della sua acquisizione (v. sentenza del 13 luglio 2018, K. Chrysostomides & Co. e a./Consiglio e a., T‑680/13, EU:T:2018:486, punto 314 e giurisprudenza ivi citata).

428    Si deve quindi considerare, per analogia, che l’applicazione nel caso di specie del principio secondo cui nessun creditore può essere più svantaggiato, sancito all’articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del regolamento n. 806/2014, garantisce ai ricorrenti una giusta indennità conforme ai requisiti di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

429    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta, anzitutto, che il Banco Popular era in dissesto o a rischio di dissesto e che non vi erano misure alternative idonee ad impedire tale situazione; poi, che in caso di mancata risoluzione, il Banco Popular sarebbe stato oggetto di una procedura ordinaria di insolvenza e, infine, che gli azionisti del Banco Popular dovevano assumersi il rischio dei loro investimenti e che il regolamento n. 806/2014 prevede l’eventuale versamento di un’indennità in applicazione del principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato. Occorre pertanto concludere che la decisione di svalutare e di convertire gli strumenti di capitale del Banco Popular nel programma di risoluzione non rappresenta un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudica la sostanza stessa del diritto di proprietà delle ricorrenti, ma deve essere considerata come una restrizione al loro diritto di proprietà giustificata e proporzionata in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 1, e all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

430    Va peraltro osservato che le ricorrenti sostengono che il trattamento nel quadro di una procedura ordinaria di insolvenza è il criterio corretto per stabilire l’indennizzo in caso di risoluzione legittima di una banca. Secondo quanto da esse dedotto, nella specie, posto che il programma di risoluzione non era conforme al regolamento n. 806/2014, l’indennizzo loro dovuto dovrebbe basarsi sulla situazione in cui esse si sarebbero trovate in assenza degli atti illegittimi.

431    Occorre rilevare come un’argomentazione siffatta non miri a dimostrare una violazione del diritto di proprietà, ma rappresenti in realtà la rivendicazione di un indennizzo per un danno subito a causa di un atto illegittimo commesso da un’istituzione dell’Unione, che può essere riconosciuto nel quadro di una domanda risarcitoria.

432    Il quinto motivo di ricorso dev’essere pertanto respinto.

 Sulle domande di misure di organizzazione del procedimento

433    Nell’atto introduttivo le ricorrenti formulano domande di misure di organizzazione del procedimento con cui chiedono al Tribunale di ordinare alla Commissione, al CRU e alla BCE di produrre determinati documenti.

434    Occorre rilevare che, con la sua ordinanza di mezzi istruttori del 21 maggio 2021, ai sensi dell’articolo 91, lettera b), dell’articolo 92, paragrafo 3, e dell’articolo 103 del regolamento di procedura, il Tribunale ha ordinato alla Commissione e al CRU la produzione di taluni documenti citati al precedente punto 93. Con ordinanza del 16 giugno 2021, il Tribunale ha ritenuto che i documenti prodotti dalla Commissione e dal CRU nella loro versione riservata non fossero pertinenti ai fini della soluzione della controversia. Per contro, la lettera del Banco Popular alla BCE del 6 giugno 2017 è stata comunicata alle altre parti, senza il suo allegato.

435    Per quanto riguarda le domande di misure di organizzazione del procedimento o di istruzione presentate da una parte in una controversia, occorre ricordare che il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Mamoli Robinetteria/Commissione, C‑619/13 P, EU:C:2017:50, punto 117 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 12 novembre 2020, Fleig/SEAE, C‑446/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:918, punto 53).

436    Nel caso di specie, occorre rilevare che gli elementi contenuti nel fascicolo nonché le spiegazioni fornite in udienza sono sufficienti per consentire al Tribunale di pronunciarsi, poiché quest’ultimo ha potuto utilmente statuire sulla base delle conclusioni, dei motivi e degli argomenti sviluppati in corso di causa e alla luce dei documenti depositati dalle parti.

437    Ne consegue che le domande di misure di organizzazione del procedimento formulate dalle ricorrenti devono essere respinte.

438    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere integralmente respinto senza che si renda necessario pronunciarsi sulla ricevibilità del capo della domanda dedotto dalle ricorrenti in via subordinata e diretto all’annullamento dell’articolo 1 della decisione impugnata.

 Sulle spese

439    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti, occorre condannarle a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione e dal Banco Santander, conformemente alle domande di questi ultimi.

440    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. A norma dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera f), del regolamento di procedura, il termine «istituzioni» designa le istituzioni dell’Unione previste dall’articolo 13, paragrafo 1, TUE, e gli organi o organismi creati dai Trattati o da un atto emanato per la loro attuazione e che possono essere parti in giudizio dinanzi al Tribunale. Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento n. 806/2014, il CRU è un’agenzia dell’Unione. Pertanto, il CRU si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Algebris (UK) Ltd e l’Anchorage Capital Group LLC si faranno carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea e dal Banco Santander, SA.

3)      Il Comitato di risoluzione unico (CRU) si farà carico delle proprie spese.

Van der Woude

Jaeger

Kreuschitz

De Baere

 

      Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1° giugno 2022.

Firme


Indice


Contesto normativo

Fatti all’origine della controversia e fatti successivi alla presentazione del ricorso

Sulla situazione del Banco Popular prima dell’adozione del programma di risoluzione

Su altri fatti precedenti all’adozione del programma di risoluzione

Sul programma di risoluzione del Banco Popular del 7 giugno 2017

Sui fatti successivi all’adozione della decisione di risoluzione

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo di ricorso, vertente sul fatto che la Commissione non avrebbe esaminato il programma di risoluzione prima di approvarlo

Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione degli obblighi di segreto professionale e di buona amministrazione

Sul quarto motivo di ricorso, vertente su errori manifesti di valutazione nell’applicazione degli articoli 14, 18, da 20 a 22 e 24 del regolamento n. 806/2014

Sulla prima censura, relativa all’attendibilità della valutazione 2 e al suo carattere provvisorio

Sulla seconda censura, relativa agli adeguamenti apportati dalla Deloitte

Sulla terza censura, relativa all’intervallo considerato nella valutazione 2

Sul sesto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato

Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

Sulle domande di misure di organizzazione del procedimento

Sulle spese



*      Lingua processuale: l’inglese.