Language of document : ECLI:EU:T:2021:669

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

6 ottobre 2021 (*)

«Politica economica e monetaria – Vigilanza prudenziale sugli enti creditizi – Compiti specifici di vigilanza attribuiti alla BCE – Decisione di revoca dell’autorizzazione a un ente creditizio – Violazione della normativa in materia di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo – Ricevibilità – Competenze delle autorità nazionali competenti (ANC) degli Stati membri partecipanti e della BCE all’interno del meccanismo di vigilanza unico (MVU) – Parità di trattamento – Proporzionalità – Tutela del legittimo affidamento – Certezza del diritto – Sviamento di potere – Diritti della difesa – Obbligo di motivazione»

Nelle cause T‑351/18 e T‑584/18,

Ukrselhosprom PCF LLC, con sede in Solone (Ucraina),

Versobank AS, con sede in Tallinn (Estonia),

rappresentate da O. Behrends, avvocato,

ricorrenti,

contro

Banca centrale europea (BCE), rappresentata da C. Hernández Saseta e G. Marafioti, in qualità di agenti, assistite da B. Schneider, avvocato,

convenuta,

sostenuta da

Commissione europea, rappresentata da A. Steiblytė, D. Triantafyllou e A. Nijenhuis, in qualità di agenti,

interveniente,

aventi ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento, in primo luogo, della decisione ECB_SSM_2018_EE_1 WHD_2017‑0012 della BCE, del 26 marzo 2018, in secondo luogo, della decisione ECB_SSM_2018_EE_2 WHD_2017‑0012, del 17 luglio 2018, che sostituisce la decisione ECB_SSM_2018_EE 1 WHD_2017‑0012, con le quali la BCE ha revocato alla Versobank l’autorizzazione per l’accesso alle attività di ente creditizio, e, in terzo luogo, della decisione ECB/SSM/2018‑EE‑3, del 14 agosto 2018, relativa alle spese afferenti al procedimento di riesame,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da M.J. Costeira (relatrice), presidente, D. Gratsias, M. Kancheva, B. Berke e T. Perišin, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 settembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        La Versobank AS, seconda ricorrente, è un ente creditizio con sede in Estonia. La sua principale azionista è la Ukrselhosprom PCF LLC, prima ricorrente, che ne detiene l’85,2622% del capitale.

2        La seconda ricorrente è qualificata come soggetto meno significativo ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63; in prosieguo: il «regolamento MVU di base»).

3        In quanto ente creditizio meno significativo, la seconda ricorrente è sottoposta alla vigilanza prudenziale della Finantsinspektsioon (FSA, Estonia), operante in qualità di autorità nazionale competente (ANC), ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento MVU di base. Quest’ultima è inoltre preposta al controllo dell’osservanza delle norme in materia di lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo (in prosieguo: l’«AML/CFT»).

4        A partire dal 2015, la FSA ha constatato ripetute infrazioni da parte della seconda ricorrente inerenti, da un lato, all’inefficacia del suo regime in materia di AML/CFT nella gestione dei rischi derivanti dal suo modello aziendale e, dall’altro, all’inadeguatezza dei suoi dispositivi di governance istituiti in tale materia.

5        La FSA ha effettuato diverse ispezioni in loco. La prima ha avuto luogo tra il 13 aprile e il 12 giugno 2015.

6        Tenuto conto della reiterazione delle violazioni osservate, la FSA, dopo avere inviato alla seconda ricorrente varie richieste di conformarsi ai requisiti normativi, ha adottato un precetto, in data 8 agosto 2016.

7        Il precetto in parola, che imponeva di ovviare immediatamente alle lacune riscontrate durante l’ispezione in loco effettuata nel 2015, richiedeva che la seconda ricorrente prendesse determinati provvedimenti: in primo luogo, l’applicazione delle politiche e delle procedure interne in materia di AML/CFT esistenti, ma non attuate correttamente, in secondo luogo, l’applicazione delle misure di vigilanza previste all’articolo 13, paragrafo 1, punti da 3 a 5, della Rahapesu ja terrorismi rahastamise tõkestamise seadus (legge estone in materia di AML/CFT), del 19 dicembre 2007, che recepisce la direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU 2015, L 141, pag. 73), nella versione in vigore all’epoca dei fatti, in terzo luogo, la verifica della corretta applicazione delle misure di vigilanza previste all’articolo 13, paragrafo 1, punti da 3 a 5, della legge estone in materia di AML/CFT, in quarto luogo, il rifiuto di eseguire determinate operazioni se l’articolo 27, paragrafo 2, di tale legge, nella versione in vigore all’epoca dei fatti, le imponeva di esercitare tale diritto e, in quinto luogo, l’immediato adempimento dell’obbligo di notifica di cui all’articolo 32 di detta legge, nella versione in vigore all’epoca dei fatti, il quale prevedeva un obbligo di segnalazione in caso di sospetto di riciclaggio del denaro e di finanziamento del terrorismo ove fossero soddisfatte le relative condizioni. Il medesimo precetto richiedeva poi che la suddetta ricorrente presentasse informazioni per iscritto entro il 9 dicembre 2016 sulle modalità con le quali assolveva a tali obblighi.

8        Una seconda ispezione in loco è stata effettuata dalla FSA tra il 13 settembre e l’11 novembre 2016.

9        La FSA ha inoltre condotto una terza ispezione in loco tra il 5 settembre e il 14 novembre 2016, avente ad oggetto carenze riscontrate nella gestione da parte della seconda ricorrente di una succursale o filiale asseritamente illegale in Lettonia.

10      Con lettera del 9 dicembre 2016, la seconda ricorrente ha trasmesso alla FSA le proprie osservazioni scritte sul precetto dell’8 agosto 2016.

11      Con lettera del 28 febbraio 2017, la FSA ha comunicato alla seconda ricorrente che non si era ancora conformata a tutti gli obblighi previsti dal precetto. Il 10 aprile 2017, essa ha adottato una dichiarazione di dissesto o rischio di dissesto della suddetta ricorrente (in prosieguo: la «decisione FOLTF»).

12      A seguito delle informazioni trasmesse dalla seconda ricorrente, la FSA ha ritenuto necessario condurre un’indagine approfondita. Essa ha effettuato una quarta ispezione in loco tra il 4 e il 22 settembre 2017. Nel corso di quest’ultima, constatava violazioni gravi e sostanziali della normativa in materia di AML/CFT analoghe a quelle già riscontrate in occasione di due delle ispezioni precedenti e giudicava mediocre e insufficiente il sistema di controllo interno della suddetta ricorrente.

13      L’8 febbraio 2018, la BCE ha ricevuto dalla FSA una proposta di revoca dell’autorizzazione della seconda ricorrente, ai sensi dell’articolo 80 del regolamento (UE) n. 468/2014 della BCE, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la BCE e le ANC e con le autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU) (GU 2014, L 141, pag. 1).

14      Nell’ambito dell’obbligo di cooperazione previsto all’articolo 80, paragrafo 2, del regolamento quadro sull’MVU, la FSA ha operato, ai sensi dell’articolo 3 della Finantskriisi ennetamise ja lahendamise seadus (legge estone sulla prevenzione e la risoluzione delle crisi finanziarie), del 18 febbraio 2015, anche in qualità di autorità nazionale di risoluzione competente per gli enti creditizi, tramite il suo dipartimento per le risoluzioni. In data 7 febbraio 2018, il suo consiglio di amministrazione ha approvato la valutazione di detto dipartimento per le risoluzioni secondo la quale non sussisteva un interesse generale ad esercitare i poteri di risoluzione nei confronti della seconda ricorrente, ai sensi dell’articolo 39, paragrafi 1, 3 e 4, di detta legge, che recepisce l’articolo 32, paragrafi 1, lettera c), e 5, della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190).

15      Il 6 marzo 2018, il consiglio di vigilanza della BCE ha approvato il progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione alla seconda ricorrente e ha impartito a quest’ultima un termine per presentare le sue osservazioni su tale progetto, conformemente all’articolo 31 del regolamento quadro sull’MVU. In seguito alla revoca dell’autorizzazione, è stata avviata una procedura di liquidazione nei confronti di detta ricorrente e ne sono stati nominati i liquidatori.

16      Il 14 marzo 2018, la seconda ricorrente ha presentato le sue osservazioni, che sono state prese in considerazione nell’ambito della decisione definitiva. Dopo avere esaminato tali osservazioni, la BCE ha concluso che era necessario revocare l’autorizzazione alla suddetta ricorrente.

17      Sul fondamento degli articoli 4, paragrafo 1, lettera a), e 14, paragrafo 5, del regolamento MVU di base, dell’articolo 83 del regolamento quadro sull’MVU e dell’articolo 17 della Krediidiasutuste seadus (legge estone sugli enti creditizi), del 9 febbraio 1999, che recepisce la direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338), la BCE ha adottato e notificato alla seconda ricorrente la propria decisione del 26 marzo 2018, di revoca dell’autorizzazione (in prosieguo: la «decisione del 26 marzo 2018»).

18      Il 27 marzo 2018, il giudice estone competente ha adottato una decisione di avvio della procedura di liquidazione della seconda ricorrente.

19      Il 26 aprile 2018, la commissione amministrativa del riesame della BCE (in prosieguo: la «CAR») ha ricevuto dalla prima ricorrente una richiesta di riesame della decisione del 26 marzo 2018. Essa ha giudicato ammissibile tale richiesta di riesame, considerando che detta ricorrente era direttamente e individualmente interessata dalla suddetta decisione.

20      Il 22 giugno 2018, la CAR ha adottato e comunicato al consiglio di vigilanza della BCE il parere AB/2018/03 con cui ha proposto di considerare infondate le violazioni sostanziali e procedurali dedotte e di adottare una decisione di contenuto identico alla decisione della BCE del 26 marzo 2018.

21      Il consiglio direttivo della BCE ha seguito tale parere e ha adottato la decisione del 17 luglio 2018 (in prosieguo: la «decisione del 17 luglio 2018»), che è stata notificata ai liquidatori della seconda ricorrente, la quale era stata nel frattempo posta in liquidazione.

22      Con decisione del 26 marzo 2018, la BCE ha revocato alla seconda ricorrente l’autorizzazione come ente creditizio. Con decisione del 17 luglio 2018, essa ha abrogato e sostituito la propria decisione del 26 marzo 2018. Con decisione sulle spese, ha inoltre posto a carico della prima ricorrente le spese relative al procedimento di riesame.

23      Al punto 3.2 della decisione del 17 luglio 2018, la BCE ricorda, in primo luogo, che la proposta di revoca dell’autorizzazione per l’accesso alle attività di ente creditizio nei confronti della seconda ricorrente è stata adottata al termine di un lungo periodo ininterrotto di carenze e di violazioni da parte sua delle disposizioni applicabili, in secondo luogo, che l’ANC aveva effettuato quattro ispezioni in loco a partire dal 2015 e aveva adottato un precetto nel 2016 e, in terzo luogo, che, siccome detta ricorrente non si era conformata né alle richieste informali né al precetto in questione, l’ANC non poteva esprimere una valutazione positiva riguardo all’osservanza in futuro da parte di tale ricorrente dei requisiti normativi che le erano imposti.

24      Sempre al punto 3.2 della decisione del 17 luglio 2018, la BCE ha considerato che, sulla base delle prove raccolte e dei risultati delle ispezioni in loco effettuate dalla FSA, le condizioni per la revoca dell’autorizzazione previste all’articolo 18, lettera f), della direttiva 2013/36, come recepita nel diritto estone, dovevano essere ritenute soddisfatte per quanto riguardava la seconda ricorrente. I motivi di tale revoca dell’autorizzazione erano i seguenti:

–        la mancanza in seno a detta ricorrente dei dispositivi di governance richiesti dalla FSA, conformemente alle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 74 della direttiva 2013/36;

–        la mancanza in seno a tale ricorrente di un sistema efficace in materia di AML/CFT per la gestione dei rischi derivanti dal suo modello aziendale, nonostante tre ispezioni in loco relative a questa materia, molteplici riunioni e avvertimenti, il precetto e una lettera relativa all’inosservanza dello stesso;

–        la mancata applicazione di tale precetto da parte della medesima ricorrente entro i termini e nella misura prescritti;

–        la presentazione, da parte della ricorrente in questione, di documenti e informazioni fuorvianti e inesatti alla FSA e la violazione, da parte della medesima ricorrente, delle condizioni previste dalla normativa di uno Stato membro dello Spazio economico europeo (nella specie, la Repubblica di Lettonia).

25      In particolare, per quanto riguarda il primo motivo della revoca dell’autorizzazione, vale a dire la mancanza, in seno alla seconda ricorrente, dei dispositivi di governance richiesti dalla FSA, conformemente alle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 74 della direttiva 2013/36, la BCE ha precisato, al punto 3.3.1, lettera a), della decisione del 17 luglio 2018, che il sistema dei controlli era carente e inadeguato, tenuto conto del tipo, delle finalità e della complessità del modello aziendale di detta ricorrente.

26      Per quanto riguarda il secondo motivo della revoca dell’autorizzazione, la BCE ha precisato, al punto 3.3.1, lettera b), della decisione del 17 luglio 2018, che il modello aziendale della seconda ricorrente era incentrato sulla fornitura di servizi a clienti professionali non residenti a valore netto elevato e che, durante le prime tre ispezioni in loco effettuate dalla FSA tra il 2015 e il 2017, era stato riscontrato un numero significativo di operazioni anomale.

27      Inoltre, secondo la BCE, le attività del consiglio di amministrazione e del consiglio di vigilanza della seconda ricorrente in materia di AML/CFT e di gestione del rischio erano risultate carenti, in quanto detto consiglio di amministrazione non aveva determinato il livello di tolleranza del rischio della ricorrente in questione, né attuato un sistema di valutazione dei rischi in tale materia separato, né predisposto un’analisi dei rischi operativi, comprensiva di un’analisi approfondita dei rischi in questa materia, in violazione dell’articolo 55, paragrafo 2, punti 2 e 3, della legge estone sugli enti creditizi.

28      Così, ad avviso della BCE, la seconda ricorrente non possedeva i dispositivi di governance richiesti dall’articolo 67, paragrafo 1, lettera o), della direttiva 2013/36 e soddisfaceva quindi la condizione per essere sottoposta alla revoca dell’autorizzazione, prevista all’articolo 18, lettera f), della medesima direttiva. Inoltre, tenuto conto dei precedenti risultati di detta ricorrente, la BCE ha condiviso il parere della FSA secondo cui era altamente improbabile che il nuovo consiglio di amministrazione di tale ricorrente, il quarto dal 2015, attuasse rigorosamente i cambiamenti annunciati riguardo al suo sistema di gestione dei rischi in materia di AML/CFT.

29      Per quanto riguarda il terzo motivo della revoca dell’autorizzazione, la BCE ha osservato, al punto 3.3.1, lettera c), della decisione del 17 luglio 2018, che la seconda ricorrente non si era conformata al precetto entro il termine impartito del 9 dicembre 2016. A suo avviso, con tale precetto la FSA imponeva a detta ricorrente, segnatamente, i) di applicare le norme di procedura, ii) di applicare correttamente, in futuro, l’articolo 13, paragrafo 1, punti da 3 a 5, della legge estone in materia di AML/CFT, nella versione in vigore al momento dell’adozione del precetto, e di evitare, ove ciò risultasse necessario, di avviare relazioni commerciali, iii) di verificare che dette disposizioni fossero state applicate correttamente alle relazioni commerciali esistenti e, se necessario, di applicare nuovamente le procedure di adeguata verifica della clientela, iv) di evitare, se del caso, di effettuare operazioni ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 2, di detta legge, nella versione in vigore al momento dell’adozione del precetto, v) di riferire alla cellula di informazione finanziaria qualora un’attività o altre circostanze potessero costituire un indizio della commissione o di un tentativo di riciclaggio del denaro o di finanziamento del terrorismo, o qualora detta ricorrente avesse motivo di ritenere o fosse a conoscenza del fatto che si trattava di riciclaggio del denaro o di finanziamento del terrorismo, e vi) di fornire alla FSA una relazione sulle azioni intraprese per attuare gli obblighi di cui sopra. Tuttavia, durante la terza ispezione in loco, la FSA avrebbe rilevato che gli obblighi summenzionati non erano stati pienamente rispettati e che le carenze addebitate persistevano. Pertanto, la BCE ha concluso che l’inosservanza del precetto costituiva un ulteriore motivo per la revoca dell’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 18, lettera f), della direttiva 2013/36.

30      Per quanto riguarda il quarto motivo della revoca dell’autorizzazione, la BCE ha rilevato, al punto 3.3, lettera d), della decisione del 17 luglio 2018, che la seconda ricorrente aveva presentato alla FSA informazioni e documenti fuorvianti e inesatti sulle proprie attività in Lettonia, affermando, da un lato, di non possedere alcuna filiale in tale paese e indicando, dall’altro, nella comunicazione del 9 febbraio 2016 a detta ANC, di avere chiuso il proprio stabilimento in Lettonia, sebbene esso fosse ancora operativo. Secondo la BCE, i risultati dell’ispezione in loco effettuata da tale ANC tra il 5 settembre e il 14 novembre 2016 avevano in realtà dimostrato che detta ricorrente aveva fornito servizi finanziari in Lettonia ininterrottamente dall’ottobre 2013. La BCE ha osservato che, secondo le informazioni comunicate alla FSA dall’autorità nazionale di vigilanza lettone, tale ricorrente aveva costituito la sua «filiale» in Lettonia in violazione delle disposizioni legislative lettoni, che recepivano gli articoli da 35 a 38 della direttiva 2013/36, relativa alla procedura di «passaporto». A suo avviso, siffatto comportamento configurava una violazione dell’articolo 17, paragrafo 1, punti 2 e 15, della legge estone sugli enti creditizi. Essa ha quindi concluso che siffatto comportamento costituiva un ulteriore motivo di revoca dell’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 18, lettera e), della menzionata direttiva.

31      Per quanto concerne l’esame della proporzionalità della revoca dell’autorizzazione e, in primo luogo, dell’adeguatezza di tale revoca, la BCE ha sottolineato che l’obiettivo della revoca dell’autorizzazione accordata a un ente creditizio è porre fine alle violazioni delle disposizioni normative applicabili commesse dallo stesso e che la necessità che un simile ente disponga di un sistema di governance adeguato deriva dal fatto che le carenze di tale sistema possono condurre al fallimento dell’ente medesimo nonché a problemi sistemici negli Stati membri e a livello globale. Essa ha considerato che, tenuto conto delle violazioni di lunga durata della normativa antiriciclaggio addebitate alla seconda ricorrente, la FSA doveva intervenire e che, nella specie, quest’ultima aveva dapprima adottato un precetto e solo dopo la violazione dello stesso aveva proposto la revoca dell’autorizzazione, la quale, in siffatte circostanze, doveva essere considerata una misura adeguata e proporzionata. La BCE ha ritenuto che detta misura fosse altresì adeguata rispetto alla violazione della procedura di notifica, cosiddetta «di passaporto», che occorre rispettare per stabilire una succursale in un altro Stato membro.

32      In secondo luogo, per quanto concerne l’esame della necessità della revoca dell’autorizzazione, la BCE ha preso in considerazione non solo la gravità delle violazioni riscontrate, ma anche tutte le misure meno onerose che erano già state adottate per porre rimedio alle carenze imputabili alla seconda ricorrente. Tenuto conto della reiterazione del comportamento illecito della suddetta ricorrente, delle informazioni errate fornite da quest’ultima riguardo alle sue attività in Lettonia nonché dell’inefficacia dell’ampia attività di vigilanza e di ispezione già svolta dalla FSA, la BCE ha considerato, dopo avere esaminato non solo le azioni già intraprese dalla FSA, ma anche tutte le altre misure disponibili in forza della normativa nazionale applicabile, vale a dire la legge estone sugli enti creditizi, che non esistevano altre misure meno onerose che potessero risultare efficaci per ripristinare la legalità.

33      In particolare, la BCE ha ritenuto che l’opzione della vendita coatta (liquidazione) della seconda ricorrente non fosse giuridicamente praticabile. Ha poi elencato le diverse misure analizzate evidenziando le ragioni per le quali riteneva che esse non fossero efficaci ai fini del ripristino della legalità. Sotto un primo profilo, non era considerata una misura efficace un’ulteriore modifica della composizione del consiglio di amministrazione di detta ricorrente, poiché tale ricorrente aveva già cambiato più volte il consiglio di amministrazione senza che ciò avesse prodotto effetti in termini di conformità agli obblighi legali in questione; inoltre, la stessa ricorrente aveva annunciato più volte, a partire dal 2015, un cambiamento di strategia aziendale senza che tali annunci fossero stati seguiti da fatti concreti e il consiglio di amministrazione, secondo il diritto estone, se pure ha il potere di influire sulla strategia commerciale di un ente creditizio, tuttavia non ha il potere di definirla autonomamente, in quanto la sua responsabilità è limitata alla direzione dell’attività corrente dell’ente. Nella fattispecie, per di più, vi erano scarse probabilità che una modifica del consiglio di amministrazione comportasse un cambiamento di strategia, dato che le due posizioni chiave in tale consiglio sono occupate dai due principali azionisti dell’ente creditizio, i quali sarebbero in grado di influenzare informalmente la strategia e mantenere quindi lo status quo.

34      Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la cessazione o la sospensione dei diritti di voto di taluni azionisti, ai sensi della disposizione di diritto estone che recepisce l’articolo 26, paragrafo 2, della direttiva 2013/36, la BCE ha rilevato che, poiché la partecipazione azionaria della seconda ricorrente era altamente concentrata, tale misura avrebbe avuto come conseguenza l’abbandono della gestione della banca nelle mani di azionisti che detenevano partecipazioni minoritarie, con un minor grado di coinvolgimento nelle prestazioni dell’ente creditizio, ed erano inoltre strettamente legati agli azionisti di maggioranza da vincoli familiari o interessi finanziari comuni, il che avrebbe potuto comportare un’influenza indiretta di questi stessi azionisti sulla direzione strategica della ricorrente, nonostante la misura adottata.

35      Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’adozione di un ulteriore precetto che vietasse alla seconda ricorrente di fornire servizi finanziari, quanto meno ai clienti non residenti ad alto rischio, la BCE ha ritenuto tale misura inadeguata in quanto, da un lato, l’inosservanza del precedente precetto suscitava dubbi quanto alla capacità e alla volontà di detta ricorrente di conformarsi a un eventuale secondo precetto e, dall’altro, la limitazione delle attività della banca le avrebbe provocato perdite operative mensili molto elevate, mettendo a rischio la sua liquidità e pertanto i risparmi dei clienti.

36      Sotto un quarto profilo, per quanto riguarda l’autoliquidazione, la BCE ha ammesso che tale soluzione era stata proposta dalla seconda ricorrente nell’ambito delle sue osservazioni sul progetto di decisione del 26 marzo 2018, che tale possibilità esisteva secondo il diritto estone e avrebbe comunque condotto alla revoca dell’autorizzazione, ma di aver nondimeno deciso di non optare per tale soluzione, in quanto i) l’autoliquidazione avrebbe offuscato i motivi sostanziali per i quali la FSA aveva proposto la revoca dell’autorizzazione, ii) la revoca dell’autorizzazione sarebbe stata fondata sull’articolo 16, paragrafo 3, della legge estone sugli enti creditizi e non sull’articolo 17 di quest’ultima, iii) l’autoliquidazione avrebbe quindi dato un’impressione non corretta della gravità delle violazioni del diritto applicabile commesse da detta ricorrente, le quali, secondo la BCE, giustificavano la revoca coatta dell’autorizzazione e, iv) ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, della direttiva 2013/36, la comunicazione relativa alla revoca dell’autorizzazione deve riguardare non solo la revoca stessa, ma anche i motivi sui quali essa è fondata.

37      Sotto un quinto profilo, per quanto riguarda l’acquisizione da parte di un’altra società estone, la BCE non ha accolto tale soluzione in quanto, da un lato, non era stata fornita alcuna prova documentale dell’esistenza di un impegno concreto da parte di alcun investitore e, dall’altro, il progetto di piano aziendale presentato dalla seconda ricorrente non forniva informazioni sufficienti per stabilire se l’operazione avrebbe condotto a un cambio di strategia commerciale. Inoltre, nonostante il termine supplementare accordato alla suddetta ricorrente per presentare la documentazione, essa non aveva fornito le necessarie informazioni.

38      In terzo luogo, per quanto concerne l’esame della ragionevolezza della revoca dell’autorizzazione, la BCE ha considerato che, tenuto conto della gravità e della durata delle violazioni, del fatto che la seconda ricorrente aveva reiterato il suo comportamento illecito nonostante i vari avvertimenti ricevuti, nonché del danno alla fiducia del pubblico nel sistema finanziario estone ed europeo causato dalla sua condotta, l’interesse pubblico al ripristino della legalità prevaleva sugli interessi privati di detta ricorrente a che non le fosse revocata l’autorizzazione.

39      In ordine alla compatibilità della revoca dell’autorizzazione con il principio di tutela del legittimo affidamento, la BCE ha ritenuto che la seconda ricorrente non potesse invocare tale principio, in quanto aveva ricevuto numerosi avvertimenti in più occasioni (quattro ispezioni in loco, un precetto e vari avvertimenti) senza adottare misure adeguate per porre fine al suo comportamento illecito; inoltre, la FSA non le aveva mai indicato che la sua autorizzazione non sarebbe stata revocata e comunque nessuno può invocare il legittimo affidamento per tenere o mantenere un comportamento illecito.

40      Sulla base di quanto precede, la BCE ha concluso che vi erano motivi, ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2013/36, per revocare l’autorizzazione alla seconda ricorrente e che tale provvedimento doveva essere ritenuto proporzionato (adeguato, necessario e ragionevole), tenuto conto delle circostanze di specie e del principio della tutela del legittimo affidamento.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

A.      Inizio del procedimento e conclusioni delle parti nella causa T351/18

41      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 giugno 2018, le ricorrenti hanno proposto un ricorso.

42      La BCE ha depositato il controricorso il 21 settembre 2018.

43      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2018, la Commissione europea ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della BCE.

44      Con decisione del 26 novembre 2018, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di intervento.

45      Le ricorrenti hanno depositato la replica il 12 dicembre 2018. La BCE ha depositato la controreplica il 18 febbraio 2019.

46      La Commissione ha depositato la memoria di intervento il 20 dicembre 2018. Le ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni su detta memoria il 25 febbraio 2019.

47      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° aprile 2019, le ricorrenti hanno chiesto lo svolgimento di un’udienza, l’audizione di testimoni e l’adozione di taluni provvedimenti istruttori.

48      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 aprile 2019, la BCE e la Commissione hanno presentato le loro osservazioni sulla domanda di audizione di testimoni e di provvedimenti istruttori introdotta dalle ricorrenti.

49      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione del 26 marzo 2018;

–        condannare la BCE alle spese.

50      La BCE conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile per quanto riguarda la prima ricorrente;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato per quanto riguarda la prima ricorrente;

–        respingere il ricorso in quanto infondato per quanto riguarda la seconda ricorrente;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

51      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile per quanto riguarda la prima ricorrente;

–        in ogni caso, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

B.      Inizio del procedimento e conclusioni delle parti nella causa T584/18

52      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 settembre 2018, le ricorrenti hanno proposto un ricorso.

53      La BCE ha depositato il controricorso il 20 dicembre 2018.

54      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 gennaio 2019, la Commissione ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della BCE.

55      Con decisione del 25 febbraio 2019, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di intervento.

56      Le ricorrenti hanno depositato la replica il 28 marzo 2019. La BCE ha depositato la controreplica il 3 giugno 2019.

57      La Commissione ha depositato la memoria di intervento il 5 aprile 2019. Le ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni su detta memoria il 27 maggio 2019.

58      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione del 17 luglio 2018;

–        annullare la decisione sulle spese;

–        condannare la BCE alle spese.

59      La BCE conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile per quanto riguarda la prima ricorrente;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato per quanto riguarda la prima ricorrente;

–        respingere il venticinquesimo motivo in quanto irricevibile, nella misura in cui è stato dedotto dalla seconda ricorrente;

–        respingere il ricorso in quanto infondato per quanto riguarda la seconda ricorrente, anche relativamente al venticinquesimo motivo, qualora il Tribunale non lo dichiari irricevibile;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

60      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile per quanto riguarda la prima ricorrente;

–        in ogni caso, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

61      Nelle loro memorie, le ricorrenti hanno formulato domande di provvedimenti istruttori e segnatamente una richiesta di produzione di vari documenti nonché una richiesta per l’escussione di testimoni.

C.      Seguito del procedimento nelle due cause

62      In seguito alla modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Nona Sezione, alla quale, di conseguenza, sono state attribuite le presenti cause.

63      Su proposta della Nona Sezione, il Tribunale ha deciso, il 5 febbraio 2020, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rinviare le presenti cause dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

64      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha rivolto alle parti quesiti scritti, ai quali la Commissione, la BCE e le ricorrenti hanno risposto con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 13 marzo nonché il 16 e il 17 aprile 2020.

65      Con decisione della presidente della Nona Sezione del 27 aprile 2020, le presenti cause sono state riunite ai fini della fase orale.

66      All’udienza del 25 settembre 2020 le parti hanno svolto le loro osservazioni e risposto ai quesiti del Tribunale. Le parti sono inoltre state sentite sull’eventuale riunione delle presenti cause ai fini della decisione che definisce il giudizio.

67      A seguito del decesso del giudice Berke sopravvenuto il 1° agosto 2021, i tre giudici firmatari della presente sentenza hanno proseguito le deliberazioni, conformemente all’articolo 22 e all’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

68      Con decisione del presidente del Tribunale del 13 agosto 2021, la presente causa è stata attribuita a un nuovo relatore, una giudice appartenente alla Nona Sezione.

III. In diritto

69      Le cause T‑351/18 e T‑584/18 sono riunite ai fini della sentenza.

A.      Sulla persistenza dell’oggetto della controversia e dell’interesse ad agire delle ricorrenti nella causa T351/18

70      Secondo una giurisprudenza costante, un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse, condizione essenziale e preliminare di qualsiasi azione giurisdizionale, presuppone che l’annullamento di detto atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v. sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punti 55 e 58 e giurisprudenza citata).

71      L’interesse ad agire del ricorrente deve sussistere, relativamente all’oggetto del ricorso, nella fase della presentazione dello stesso sotto pena di irricevibilità. Tale oggetto della controversia deve perdurare, così come l’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (v. sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 42 e giurisprudenza citata).

72      La questione del non luogo a statuire per decadenza dell’interesse ad agire può essere sollevata d’ufficio dai giudici dell’Unione (sentenza del 6 settembre 2018, Bank Mellat/Consiglio, C‑430/16 P, EU:C:2018:668, punto 49).

73      A tale proposito, con misura di organizzazione del procedimento del 3 marzo 2020, il Tribunale ha chiesto alle parti di esprimersi in merito alla persistenza dell’interesse ad agire delle ricorrenti, a seguito dell’adozione da parte della BCE della decisione del 17 luglio 2018, mediante la quale essa aveva abrogato con effetto retroattivo la decisione del 26 marzo 2018.

74      Le ricorrenti sostengono di conservare il proprio interesse ad agire contro la decisione del 26 marzo 2018 dopo l’adozione della decisione del 17 luglio 2018. A loro avviso, in primo luogo, l’abrogazione di un provvedimento non può essere sistematicamente equiparata a un annullamento da parte del giudice dell’Unione, in quanto, per definizione, essa non equivale a un riconoscimento dell’illegittimità della decisione. In secondo luogo, la BCE non potrebbe impedire un accertamento giudiziario dell’illegittimità di una decisione adottando una nuova decisione e abrogando la decisione precedente. La possibilità di agire in tal modo potrebbe essere oggetto di abuso, in violazione dello Stato di diritto. In terzo luogo, l’asserita e presunta sostituzione della decisione iniziale con la decisione successiva a una qualsiasi data nel passato sarebbe una finzione incompatibile con il diritto. In quarto luogo, le ricorrenti affermano di avere chiesto l’annullamento della decisione del 26 marzo 2018, tra l’altro, per tutelare i loro interessi in termini di reputazione e in ragione del loro interesse a ricevere un indennizzo finanziario. La legittimità di siffatti interessi sarebbe stata riconosciuta dall’ordinanza del 12 settembre 2017, Fursin e a./BCE (T‑247/16, non pubblicata, EU:T:2017:623, punti da 17 a 23); il passaggio in questione di tale ordinanza non sarebbe stato impugnato e sarebbe quindi giuridicamente valido. La Corte avrebbe confermato detta parte dell’ordinanza del Tribunale. Il fatto che la Corte non abbia esplicitamente esaminato l’aspetto in questione sarebbe irrilevante. Non sarebbe stato necessario farlo, poiché tale parte dell’ordinanza non era stata impugnata dalla BCE né dalla Commissione. In quinto luogo, una decisione che modifichi la situazione giuridica del destinatario con effetto ex tunc sarebbe consentita solo in circostanze molto limitate, in particolare quando abbia un effetto positivo sul destinatario. Pertanto, non sarebbe mai possibile una revoca dell’autorizzazione con un preteso effetto anteriore alla data della decisione.

75      La BCE sostiene che non esiste alcun interesse delle ricorrenti che non possa essere soddisfatto nell’ambito del controllo giurisdizionale della decisione del 17 luglio 2018. Di conseguenza, le ricorrenti avrebbero perduto il loro interesse ad agire contro la decisione del 26 marzo 2018.

76      Come risulta dall’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento MVU di base, la BCE istituisce una CAR incaricata di procedere al riesame amministrativo interno delle decisioni adottate dalla BCE nell’esercizio dei poteri attribuitile da tale regolamento. Ai sensi del paragrafo 2 di detto articolo, la CAR è composta da cinque persone di indubbio prestigio, provenienti dagli Stati membri e in possesso di comprovate conoscenze pertinenti e di esperienza professionale, escluso il personale in servizio della BCE nonché quello delle autorità competenti o di altre istituzioni, altri organi e organismi nazionali o dell’Unione. Mediante la decisione 2014/360/UE, del 14 aprile 2014, relativa all’istituzione di una Commissione amministrativa del riesame e alle relative norme di funzionamento (GU 2014, L 175, pag. 47), adottata sul fondamento dell’articolo 24 del regolamento MVU di base, la BCE ha istituito la CAR.

77      Dall’articolo 24, paragrafo 7, del regolamento MVU di base risulta inoltre che il riesame amministrativo interno delle decisioni della BCE in materia di vigilanza prudenziale è costituito da tre fasi. In primo luogo, la CAR esprime un parere all’attenzione del consiglio di vigilanza affinché esso prepari un nuovo progetto di decisione. In secondo luogo, il consiglio di vigilanza tiene conto del parere della CAR e presenta un nuovo progetto di decisione al consiglio direttivo nei termini previsti dall’articolo 17, paragrafo 2, della decisione 2014/360. Il nuovo progetto di decisione «abroga la decisione iniziale, la sostituisce con una decisione di contenuto identico oppure la sostituisce con una decisione modificata». In terzo luogo, il nuovo progetto di decisione si ritiene adottato a meno che il consiglio direttivo non sollevi obiezioni entro un termine massimo di dieci giorni lavorativi.

78      Infine, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento MVU di base, la portata del riesame amministrativo interno riguarda la conformità procedurale e sostanziale con detto regolamento delle decisioni adottate dalla BCE nell’esercizio dei poteri attribuitile da tale regolamento. È vero che, a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, della decisione 2014/360, la CAR si limita ad esaminare i motivi dedotti dal richiedente su cui si fonda l’istanza di riesame. Tuttavia, secondo l’articolo 17, paragrafo 1, della medesima decisione, la valutazione del consiglio di vigilanza non si limita all’esame dei motivi dedotti dal richiedente nell’istanza di riesame, ma può tenere conto anche di altri elementi nella formulazione della proposta di un nuovo progetto di decisione.

79      Dalla lettura combinata delle disposizioni menzionate ai punti da 76 a 78 supra risulta che il riesame amministrativo interno delle decisioni adottate dalla BCE nell’esercizio dei poteri attribuitile dal regolamento MVU di base consiste, nel suo complesso, in una nuova valutazione completa del caso, non limitata ai motivi dedotti a sostegno dell’istanza di riesame. Tale particolarità del procedimento di riesame amministrativo si riflette nel fatto che, in virtù dell’articolo 17, paragrafo 1, della decisione 2014/360, il consiglio di vigilanza, dopo avere tenuto conto del parere della CAR, istituita ai fini del riesame delle decisioni della BCE in condizioni di indipendenza e competenza rafforzate (v. punto 76 supra), è dotato esso stesso di una competenza allargata.

80      In tale contesto, l’articolo 24, paragrafo 7, del regolamento MVU di base prevede per il procedimento di riesame tre possibili esiti. Il primo consiste nell’abrogazione pura e semplice della decisione iniziale. Il secondo consiste nella sostituzione della decisione iniziale con una decisione identica. Il terzo consiste nella sostituzione della decisione iniziale con una decisione modificata.

81      Per le ragioni che saranno esposte ai punti da 82 a 85 infra, l’articolo 24, punto 7, del regolamento MVU di base stabilisce l’obbligo per la BCE di far retroagire la decisione adottata in esito al riesame al momento in cui è entrata in vigore la decisione iniziale, indipendentemente dal risultato di detto riesame.

82      In particolare, se il consiglio di vigilanza e il consiglio direttivo ritengono che la decisione iniziale, in virtù della quale è stata revocata l’autorizzazione dell’ente creditizio, sia valida, il consiglio direttivo non si limita a respingere l’istanza di riesame nel merito ma, conformemente all’articolo 24, paragrafo 7, del regolamento MVU di base, adotta una decisione identica a quella costituente l’oggetto di detto riesame. Tuttavia, in tal caso, non è possibile procedere a una seconda revoca della medesima autorizzazione. La decisione avente un contenuto identico a quello della decisione riesaminata può quindi sostituire quest’ultima necessariamente solo con effetto retroattivo al momento dell’entrata in vigore della decisione che è stata oggetto del riesame.

83      Siffatta interpretazione, imposta dalla natura delle misure in questione, vale del pari quando il consiglio di vigilanza e il consiglio direttivo ritengono che la revoca dell’autorizzazione non sia giustificata o sia possibile porre rimedio alle carenze constatate mediante misure meno restrittive. Infatti, in questo caso, l’atto che abroga la revoca dell’autorizzazione o impone tali misure deve obbligatoriamente retroagire in modo da eliminare ex tunc la revoca dell’autorizzazione dell’ente creditizio e, se del caso, sostituirla con la misura ritenuta più appropriata. In mancanza di un tale effetto retroattivo, la decisione resa sul riesame potrebbe produrre i propri effetti solo a condizione che sia concessa una nuova autorizzazione, conformemente alla procedura di cui all’articolo 14 del regolamento MVU di base.

84      Tale valutazione è confermata, indirettamente ma necessariamente, dall’articolo 24, paragrafo 8, del regolamento MVU di base e dall’articolo 9, paragrafo 1, della decisione 2014/360, secondo i quali l’istanza di riesame non sospende l’applicazione della decisione contestata. Ne consegue che la sostituzione della decisione riesaminata con una decisione modificata deve essere effettuata con effetto retroattivo al momento dell’entrata in vigore della decisione riesaminata; in caso contrario, la decisione finale non potrebbe produrre il proprio effetto utile.

85      Dall’analisi che precede risulta inoltre che la sostituzione della decisione iniziale con una decisione identica o modificata in esito al procedimento di riesame comporta la rimozione definitiva della decisione iniziale dall’ordinamento giuridico.

86      Nella specie, da un lato, secondo la parte introduttiva della decisione del 26 marzo 2018, ossia l’atto impugnato nella causa T‑351/18, tale decisione è entrata in vigore alle ore 23 del giorno della sua notifica alla seconda ricorrente, conformemente all’articolo 297, paragrafo 2, terzo comma, TFUE. Dall’altro, secondo la parte introduttiva della decisione del 17 luglio 2018, vale a dire l’atto impugnato nella causa T‑584/18, «la decisione [del 26 marzo 2018] è abrogata e sostituita dalla presente decisione con effetto dalle ore 23 della data in cui ha avuto luogo la notifica della decisione [del 26 marzo 2018]».

87      La decisione del 17 luglio 2018 è stata adottata in esito al riesame amministrativo della decisione del 26 marzo 2018 e ha un contenuto identico a quest’ultima, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 7, del regolamento MVU di base.

88      Ne consegue che, in forza della decisione del 17 luglio 2018, la BCE ha proceduto, in conformità con il quadro normativo che disciplina il procedimento di riesame amministrativo (v. punti da 76 a 81 supra), alla sostituzione della decisione del 26 marzo 2018 con effetto retroattivo al momento dell’entrata in vigore di quest’ultima e non, come sembrano sostenere le ricorrenti, a una mera abrogazione di quest’ultima per il futuro.

89      Orbene, il sopravvenuto venir meno dell’oggetto della controversia può essere causato, in particolare, dalla revoca ovvero dalla sostituzione dell’atto impugnato in corso di giudizio (v., in tal senso, sentenza del 1° giugno 1961, Meroni e a./Alta Autorità, 5/60, 7/60 e 8/60, EU:C:1961:10, pagg. da 211 a 213; ordinanze del 17 settembre 1997, Antillean Rice Mills/Commissione, T‑26/97, EU:T:1997:131, punti 14 e 15, e del 12 gennaio 2011, Terezakis/Commissione, T‑411/09, EU:T:2011:4, punto 15).

90      Infatti, un atto revocato e sostituito è rimosso completamente ed ex tunc dall’ordinamento giuridico dell’Unione, cosicché una sentenza che annulli l’atto impugnato non avrebbe ripercussioni giuridiche ulteriori rispetto alla revoca già effettuata (v., in tal senso, ordinanze del 28 maggio 1997, Proderec/Commissione, T‑145/95, EU:T:1997:74, punto 26; del 6 dicembre 1999, Elder/Commissione, T‑178/99, EU:T:1999:307, punto 20, e del 9 settembre 2010, Phoenix‑Reisen e DRV/Commissione, T‑120/09, non pubblicata, EU:T:2010:381, punto 23).

91      Ne consegue che, in caso di revoca dell’atto contestato, il ricorrente non conserva alcun interesse ad ottenerne l’annullamento e il ricorso contro tale atto diviene privo di oggetto, cosicché non vi è più luogo a statuire (sentenza del 1° giugno 1961, Meroni e a./Alta Autorità, 5/60, 7/60 e 8/60, EU:C:1961:10, pagg. da 211 a 213; ordinanze del 6 dicembre 1999, Elder/Commissione, T‑178/99, EU:T:1999:307, punti 21 e 22; del 9 settembre 2010, Phoenix‑Reisen e DRV/Commissione, T‑120/09, non pubblicata, EU:T:2010:381, punti da 24 a 26, e del 24 marzo 2011, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, T‑36/10, EU:T:2011:124, punti 46, 50 e 51).

92      Tale conclusione è a maggior ragione evidente quando, come nella specie, l’atto impugnato è stato sostituito, con effetto retroattivo, da un atto identico, che non sarebbe interessato dall’eventuale annullamento del primo atto.

93      Inoltre, le ricorrenti non possono trarre validamente argomenti dall’ordinanza del 12 settembre 2017, Fursin e a./BCE (T‑247/16, non pubblicata, EU:T:2017:623). Infatti, tale ordinanza è stata annullata dalla sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a. (C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923), senza che il venir meno dell’interesse ad agire delle ricorrenti a motivo della sostituzione dell’atto impugnato, con effetto retroattivo, con una nuova decisione di identico contenuto, adottata a seguito di un riesame amministrativo, sia stato oggetto di impugnazione.

94      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, in un contesto giuridico che organizza un riesame amministrativo che dà luogo all’adozione di atti destinati a sostituire, con effetto retroattivo, gli atti che sono stati oggetto di detto riesame, gli interessi delle parti alle quali si riferiscono tali atti sono pienamente tutelati dalla possibilità di chiedere l’annullamento dell’atto adottato in esito al riesame in questione nonché il risarcimento di ogni danno eventualmente provocato dalla sua adozione.

95      Ne consegue che l’oggetto del ricorso nella causa T‑351/18 è venuto meno dopo la proposizione del ricorso medesimo e che, per questo, le ricorrenti hanno perduto il loro interesse a chiedere l’annullamento della decisione impugnata in tale causa. Non vi è quindi più luogo a statuire sul ricorso.

B.      Sulla ricevibilità nella causa T584/18

96      La BCE, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, contesta, da un lato, la ricevibilità dei ricorsi solo nella misura in cui sono stati proposti dalla prima ricorrente e, dall’altro, nell’ambito della causa T‑584/18, la legittimazione ad agire della seconda ricorrente per quanto riguarda il venticinquesimo motivo diretto all’annullamento della decisione relativa alle spese del procedimento di riesame. La Commissione aderisce a tale posizione.

97      Anzitutto, le ricorrenti sostengono, facendo valere l’ordinanza del 12 settembre 2017, Fursin e a./BCE (T‑247/16, non pubblicata, EU:T:2017:623), che la prima ricorrente è legittimata ad impugnare le decisioni del 26 marzo e del 17 luglio 2018, in quanto principale azionista della seconda ricorrente, di cui detiene l’85% dei diritti di voto.

98      Inoltre, le ricorrenti considerano che, poiché la BCE riconoscerebbe la legittimazione ad agire della prima ricorrente per quanto riguarda la domanda di annullamento della decisione sulle spese, in quanto detta domanda si fonda sull’asserita illegittimità delle decisioni del 26 marzo e del 17 luglio 2018, non può essere esclusa la legittimazione ad agire contro la decisione sulle spese. Esse elencano poi gli altri interessi distinti di cui la prima ricorrente sarebbe titolare, quali, in particolare, l’interesse ad evitare la liquidazione coatta, l’interesse ad avere la possibilità di vendere la banca a un altro investitore e l’interesse alla propria reputazione distinta da quella della banca, oltre al fatto che l’impatto finanziario prodotto sulla medesima ricorrente dalla revoca dell’autorizzazione è diverso da quello prodotto sulla banca.

1.      Sulla ricevibilità della domanda di annullamento della decisione del 17 luglio 2018

99      In primo luogo, si deve constatare che la seconda ricorrente è legittimata a presentare la domanda di annullamento della decisione del 17 luglio 2018. Infatti, detta ricorrente è la titolare dell’autorizzazione revocata e la destinataria di tale decisione. Inoltre, è stato conferito un mandato ad litem ai rappresentanti dall’ex direttore generale della seconda ricorrente, senza che la sua validità sia stata messa in discussione dai liquidatori di quest’ultima. Peraltro, la BCE non contesta la ricevibilità della domanda di annullamento della decisione in parola nella misura in cui è stata presentata dalla suddetta ricorrente.

100    In secondo luogo, per quanto riguarda la prima ricorrente, si deve ricordare che la Corte ha dichiarato che gli azionisti di un ente creditizio non sono legittimati a proporre un ricorso contro una decisione della BCE di revoca dell’autorizzazione, in quanto essi non sono direttamente interessati da una decisione siffatta. Da un lato, la Corte ha considerato che, in seguito alla revoca dell’autorizzazione, l’ente creditizio non è più in grado di continuare la sua attività e, di conseguenza, la sua capacità di distribuire dividendi è dubbia, ma l’effetto negativo della revoca ha natura economica, in quanto la decisione di revoca non incide sul diritto degli azionisti di percepire dividendi, né tantomeno sul loro diritto di partecipare alla gestione della società (v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a., C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923, punto 111). Dall’altro, ha statuito che la liquidazione, pur incidendo in maniera diretta sul diritto degli azionisti di partecipare alla gestione della società, non costituisce l’attuazione meramente automatica e derivante dalla sola normativa dell’Unione della decisione del 17 luglio 2018 ai sensi della giurisprudenza applicabile (v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a., C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923, punti 113 e 114).

101    Pertanto, la domanda di annullamento della decisione del 17 luglio 2018 è ricevibile solo per quanto riguarda la seconda ricorrente.

2.      Sulla ricevibilità della domanda di annullamento della decisione sulle spese

102    Per quanto riguarda la ricevibilità della domanda di annullamento della decisione sulle spese, la prima ricorrente deve essere dichiarata legittimata a proporre una siffatta domanda di annullamento in quanto è l’unica destinataria di tale decisione, che le impone un obbligo di pagamento delle spese del procedimento di riesame da lei avviato e al quale essa ha partecipato da sola. Peraltro, la BCE non contesta la ricevibilità di tale domanda di annullamento nella misura in cui è stata presentata dalla suddetta ricorrente.

103    Per contro, la seconda ricorrente, che ha scelto di non presentare un’istanza di riesame dinanzi alla CAR, sebbene ne avesse diritto, non ha alcun interesse ad agire per l’annullamento della decisione sulle spese, poiché quest’ultima non produce effetti nei suoi confronti. Inoltre, detta ricorrente non è la destinataria di tale decisione e non può essere considerata direttamente e individualmente interessata.

104    Pertanto, la domanda di annullamento della decisione sulle spese è ricevibile unicamente per quanto riguarda la prima ricorrente.

C.      Nel merito

105    A sostegno del ricorso proposto nella causa T‑584/18, le ricorrenti deducono 25 motivi: i motivi dal primo al ventiquattresimo a sostegno della domanda di annullamento della decisione del 17 luglio 2018 e il venticinquesimo motivo, vertente sull’illegittimità della decisione del 17 luglio 2018, a sostegno della domanda di annullamento della decisione sulle spese. È opportuno raggrupparli, in considerazione delle loro sostanza e natura, nel modo seguente:

–        i motivi primo, secondo, quattordicesimo, quindicesimo e diciannovesimo, vertenti sull’incompetenza della BCE ad adottare una decisione riguardo alla revoca dell’autorizzazione e alla liquidazione, a valutare le questioni relative al riciclaggio del denaro e al finanziamento del terrorismo, a negare l’autoliquidazione e a negare la possibilità di vendere la seconda ricorrente ad altri potenziali investitori; nel medesimo gruppo di motivi si può includere il diciannovesimo motivo, vertente sullo sviamento di potere, in quanto gli argomenti addotti a suo sostegno si confondono con quelli formulati nell’ambito degli altri motivi sopra menzionati relativi all’incompetenza della BCE;

–        il terzo motivo, vertente sulla violazione degli obblighi di diligenza e di imparzialità nell’esame effettuato dalla BCE;

–        i motivi quarto e quinto, vertenti su errori di valutazione o sull’omessa considerazione di taluni elementi rilevanti del caso;

–        i motivi sesto, dodicesimo e diciottesimo, vertenti su un errore di valutazione, in quanto la BCE si sarebbe basata a torto sulla violazione del precetto della FSA, e sulla violazione del principio della certezza del diritto;

–        i motivi dal settimo all’undicesimo, dal tredicesimo al quindicesimo e diciassettesimo, vertenti sulla violazione del principio di proporzionalità;

–        i motivi sedicesimo e diciottesimo, vertenti sulla violazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione, della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto;

–        i motivi dal ventesimo al ventiduesimo, vertenti sulla violazione delle forme sostanziali e, rispettivamente, del diritto di essere ascoltati, dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione;

–        i motivi ventitreesimo e ventiquattresimo, vertenti in particolare sulla violazione del diritto della seconda ricorrente di accedere al fascicolo e dei diritti dell’azionista nell’ambito del procedimento di riesame;

–        il venticinquesimo motivo, dedotto a sostegno della domanda di annullamento della decisione sulle spese, vertente sull’illegittimità della decisione del 17 luglio 2018.

1.      Sui motivi primo, secondo, quattordicesimo, quindicesimo e diciannovesimo

106    In primo luogo, nell’ambito dei loro motivi primo, quattordicesimo e quindicesimo, le ricorrenti sostengono che la BCE ha oltrepassato i limiti delle sue competenze non offrendo loro la possibilità di procedere all’autoliquidazione della seconda ricorrente, come risulterebbe dal punto 3.3.2, lettera b), i), della decisione del 17 luglio 2018, mentre, secondo la ripartizione fondamentale delle responsabilità tra le ANC e la BCE nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (MVU) e del meccanismo di risoluzione unico (in prosieguo: l’«MRU»), la BCE non avrebbe alcuna competenza in tal senso. Lo stesso varrebbe per il diniego opposto dalla BCE alla vendita di detta ricorrente a un altro investitore potenzialmente interessato, quale risulterebbe dal punto 3.3.2, lettera b), ii), di tale decisione.

107    In secondo luogo, una decisione di revoca dell’autorizzazione sarebbe stata preclusa alla BCE, in quanto la FSA aveva già adottato, il 7 febbraio 2018, la decisione FOLTF, che determinava se l’ente creditizio fosse «in dissesto o a rischio di dissesto», esercitando in tal modo la sua scelta tra il provvedimento di risoluzione e la revoca dell’autorizzazione, scelta per la quale la FSA aveva competenza esclusiva. Le ricorrenti contestano del pari l’affermazione della BCE secondo cui detta decisione sarebbe irrilevante e riservata e non doveva quindi essere loro comunicata.

108    Inoltre, le ricorrenti respingono l’argomento della BCE secondo cui non vi sarebbe stata alcuna richiesta formale di autoliquidazione della seconda ricorrente. A loro avviso, la BCE, nella decisione del 17 luglio 2018, indipendentemente da una richiesta siffatta, ha rifiutato di autorizzare detta autoliquidazione, mentre avrebbe potuto invitarle a presentare una tale richiesta o invitare la FSA ad adottare una decisione al riguardo. L’unico ostacolo all’autoliquidazione in parola sarebbe stata infatti la preferenza negativa espressa dalla BCE. Il nuovo regime «MVU‑MRU» avrebbe introdotto un sistema di intervento precoce, avente luogo prima dell’effettivo dissesto di una banca, in base al quale le ANC di risoluzione avrebbero la possibilità di esaminare se un ente creditizio sia in dissesto o a rischio di dissesto e di verificare se siano disponibili altre soluzioni di vigilanza prima di valutare se azioni di risoluzione siano nell’interesse pubblico. Le ricorrenti sostengono che, qualora dette ANC ritenessero che così non fosse, in quanto l’insolvenza della banca non costituirebbe un problema sistemico, l’analisi, per quanto riguarda il regime di risoluzione, terminerebbe qui. Inoltre, tali ANC dovrebbero stabilire se l’ente a rischio andrebbe effettivamente in dissesto. Se così fosse, sarebbe possibile porre rimedio al dissesto, ossia all’insolvenza, in maniera adeguata mediante la procedura nazionale di insolvenza. Ne conseguirebbe che non potrebbe mai avere luogo una liquidazione coatta. D’altro canto, tale sistema non pregiudicherebbe la possibilità di un’autoliquidazione, che sarebbe ammessa da ogni diritto nazionale, a condizione che la società interessata sia solvibile.

109    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la BCE non era competente ad adottare la decisione del 17 luglio 2018 poiché quest’ultima si sarebbe basata esclusivamente su presunte violazioni in materia di AML/CFT, settore nel quale essa non ha alcuna competenza. La revoca dell’autorizzazione nel caso di specie non sarebbe giustificata da motivi prudenziali, ma sarebbe servita unicamente a soddisfare l’interesse della FSA e della BCE a una facile pubblicità.

110    In quarto luogo, nell’ambito del secondo e implicitamente del terzo motivo, le ricorrenti addebitano alla BCE di non avere esaminato le questioni sottese alla decisione del 17 luglio 2018 in materia di AML/CFT né verificato le valutazioni della FSA. La BCE non potrebbe essere responsabile della stabilità degli enti creditizi ed escludere artificialmente dalla sua valutazione interi settori che sarebbero fonti di rischio. Peraltro, tutte le eventuali carenze di detta decisione dovute al progetto predisposto dalla FSA dovrebbero poter essere invocate in un ricorso di annullamento proposto contro tale decisione.

111    Inoltre, l’obiettivo di ripristinare la legalità, perseguito dalla BCE con la decisione del 17 luglio 2018, non sarebbe un obiettivo legittimo della revoca dell’autorizzazione, in quanto lo sarebbero solo gli obiettivi prudenziali. Tuttavia, poiché sarebbe teoricamente possibile che questioni in materia di AML/CFT siano rilevanti ai fini della revoca di un’autorizzazione, nella misura in cui tali questioni generano rischi prudenziali, la ripartizione delle responsabilità tra le ANC e la BCE, da un lato, e il principio di proporzionalità dall’altro, presupporrebbero che sia stata prima esaurita l’intera gamma delle misure in detta materia (ammende, divieto di esercitare taluni tipi di attività, azioni penali).

112    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta gli argomenti delle ricorrenti.

113    Occorre rilevare che, nell’ambito del presente gruppo di motivi, le ricorrenti deducono, in sostanza, due motivi vertenti, il primo, sull’incompetenza della BCE ad adottare la decisione del 17 luglio 2018 e, il secondo, sullo sviamento di potere. Prima di esaminarli, il Tribunale ritiene opportuno ricordare la ripartizione delle competenze tra la BCE e le ANC.

a)      Sulla ripartizione delle competenze tra la BCE e le ANC degli Stati membri partecipanti nellambito dellMVU relativamente alla revoca dellautorizzazione per violazione delle norme in materia di AML/CFT

114    In primo luogo, dai considerando 15 e 28 del regolamento MVU di base risulta che le competenze non conferite alla BCE restano attribuite alle ANC.

115    In particolare, il considerando 28 del regolamento MVU di base elenca, tra i «compiti di vigilanza non attribuiti alla BCE» e che dovrebbero rimanere alle autorità nazionali, «prevenire l’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo e proteggere i consumatori».

116    Tuttavia, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento MVU di base precisa che, «[n]el quadro dell’articolo 6, (...) la BCE ha competenza esclusiva nell’assolvimento dei compiti seguenti, a fini di vigilanza prudenziale, nei confronti di tutti gli enti creditizi stabiliti negli Stati membri partecipanti». Segue un elenco di nove compiti, tra i quali figura il rilascio e la revoca dell’autorizzazione degli enti creditizi. Così, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento, la competenza in materia di revoca dell’autorizzazione è riservata esclusivamente alla BCE.

117    A termini dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento MVU di base, «[a]i fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile [da tale] regolamento e allo scopo di assicurare standard elevati di vigilanza, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive. Laddove il pertinente diritto dell’Unione sia costituito da regolamenti e al momento tali regolamenti concedano esplicitamente opzioni per gli Stati membri, la BCE applica anche la legislazione nazionale di esercizio di tali opzioni».

118    L’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento MVU di base precisa che «[s]ia la BCE che le [ANC] sono soggette al dovere di cooperazione in buona fede e all’obbligo di scambio di informazioni».

119    Dall’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento MVU di base risulta che, in relazione ai compiti definiti nell’articolo 4, ad eccezione del paragrafo 1, lettere a) e c), del menzionato regolamento, la BCE e le ANC hanno le responsabilità di cui rispettivamente ai paragrafi 5 e 6 di tale articolo. Ai sensi del paragrafo 6 del medesimo articolo, le ANC esercitano direttamente la vigilanza degli enti creditizi meno significativi, secondo i criteri stabiliti in detto paragrafo, informano la BCE, conformemente al quadro di cui al paragrafo 7 del suddetto articolo, delle misure adottate in virtù del paragrafo 6 e coordinano strettamente tali misure con la BCE.

120    Tuttavia, dall’articolo 6, paragrafo 5, lettere da b) a d), del regolamento MVU di base risulta che, «allorché necessario per garantire l’applicazione coerente di standard di vigilanza elevati, la BCE può decidere in qualsiasi momento, di propria iniziativa dopo essersi consultata con le [ANC] o su richiesta di un’[ANC], di esercitare direttamente tutti i pertinenti poteri per uno o più enti creditizi di cui al paragrafo 4»; che la BCE esercita una sorveglianza sul funzionamento del sistema, sulla base delle responsabilità e delle procedure di cui a tale articolo, e, infine, che essa può avvalersi in qualsiasi momento dei poteri di cui agli articoli da 10 a 13 del menzionato regolamento, relativi ai poteri di indagine che la BCE può esercitare direttamente.

121    L’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento MVU di base prevede che la BCE adotti e pubblichi un quadro per l’organizzazione delle modalità pratiche di attuazione di tale articolo e costituisce la base giuridica per l’adozione del regolamento quadro sull’MVU.

122    L’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento MVU di base prevede quanto segue:

«Fatto salvo il paragrafo 6, la BCE può revocare l’autorizzazione nei casi previsti dal pertinente diritto dell’Unione, di propria iniziativa previa consultazione dell’[ANC] dello Stato membro partecipante in cui l’ente creditizio è stabilito oppure su proposta di tale [ANC]. Tale consultazione assicura in particolare che, prima di prendere decisioni relative alla revoca, la BCE conceda un periodo di tempo sufficiente affinché le autorità nazionali decidano in merito alle necessarie azioni correttive, comprese eventuali misure di risoluzione, e ne tenga conto.

L’[ANC] che considera che l’autorizzazione da essa proposta a norma del paragrafo 1 debba essere revocata in virtù del pertinente diritto nazionale trasmette alla BCE una proposta in tal senso. In tal caso, la BCE prende una decisione sulla proposta di revoca tenendo pienamente conto della giustificazione della revoca avanzata dall’[ANC]».

123    L’articolo 14, paragrafo 6, del regolamento MVU di base dispone che, «[f]ino a quando le autorità nazionali rimarranno competenti per la risoluzione delle crisi degli enti creditizi, nei casi in cui ritengano che la revoca dell’autorizzazione pregiudicherebbe l’adeguata attuazione della risoluzione o le azioni necessarie per la stessa ovvero al fine di mantenere la stabilità finanziaria, esse notificano debitamente alla BCE la propria obiezione, illustrando nel dettaglio il danno che la revoca provocherebbe», che, «[i]n questi casi, la BCE si astiene dal procedere alla revoca per un periodo concordato con le autorità nazionali» e che «[l]a BCE può prorogare tale periodo se ritiene che siano stati compiuti sufficienti progressi. Se, tuttavia, la BCE stabilisce in una decisione motivata che le autorità nazionali non hanno attuato le opportune azioni necessarie per mantenere la stabilità finanziaria, si procede immediatamente alla revoca delle autorizzazioni».

124    L’articolo 80 del regolamento quadro sull’MVU, rubricato «Proposta di revoca di un’autorizzazione da parte delle ANC», è formulato come segue:

«1.      Se l’ANC di riferimento ritiene che l’autorizzazione di un ente creditizio debba essere integralmente o parzialmente revocata, in conformità al pertinente diritto dell’Unione o nazionale, compreso il caso di revoca su richiesta dell’ente creditizio, essa presenta alla BCE un progetto di decisione in cui propone la revoca dell’autorizzazione (di seguito un “progetto di decisione di revoca”), unitamente a tutti i documenti giustificativi.

2.      L’ANC si coordina con l’autorità nazionale competente per la risoluzione delle crisi degli enti creditizi (di seguito la “autorità nazionale di risoluzione delle crisi”) in relazione ai progetti di decisione di revoca che siano rilevanti per l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi».

125    A termini dell’articolo 81 del regolamento quadro sull’MVU:

«1.      La BCE valuta il progetto di decisione di revoca senza indebito ritardo. In particolare, tiene conto delle ragioni di urgenza rappresentate dall’ANC.

2.      È garantito il diritto a essere sentiti, così come disciplinato dall’articolo 31».

126    L’articolo 83 del regolamento quadro sull’MVU così prevede:

«1.      La BCE adotta una decisione sulla revoca di un’autorizzazione senza indebito ritardo. Nel fare ciò, può accogliere o rigettare il relativo progetto di decisione di revoca.

2.      Nell’adottare la propria decisione, la BCE tiene conto di tutti i seguenti elementi: a) la sua valutazione delle circostanze che giustificano la revoca; b) ove applicabile, il progetto di decisione di revoca dell’ANC; c) la consultazione con l’ANC di riferimento e, nel caso in cui l’ANC non sia l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi, la consultazione con l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi (di seguito, unitamente alle ANC, le “autorità nazionali”); d) i commenti formulati dagli enti creditizi ai sensi degli articoli 81, paragrafo 2, e 82, paragrafo 3.

3.      La BCE assume altresì una decisione nei casi descritti dall’articolo 84, se l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi non obietta alla revoca dell’autorizzazione o se la BCE ritiene che le autorità nazionali non abbiano intrapreso azioni appropriate necessarie per mantenere la stabilità finanziaria».

127    L’articolo 84 del regolamento quadro sull’MVU dispone quanto segue:

«1.      Se l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi notifica la propria obiezione all’intenzione della BCE di revocare un’autorizzazione, la BCE e l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi concordano su un periodo durante il quale la BCE si astiene dal procedere alla revoca dell’autorizzazione. La BCE informa l’ANC immediatamente, dopo aver preso contatto con l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi al fine di raggiungere tale accordo.

2.      Dopo la scadenza del periodo concordato, la BCE valuta se intende procedere alla revoca dell’autorizzazione o prorogare il periodo concordato, conformemente all’articolo 14, paragrafo 6, del regolamento [MVU di base], tenendo conto di eventuali progressi compiuti. La BCE si consulta sia con l’ANC di riferimento sia con l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi, se diversa dall’ANC. L’ANC informa la BCE delle misure prese da tali autorità e della sua valutazione circa le conseguenze di una revoca.

3.      Se l’autorità nazionale di risoluzione delle crisi non obietta alla revoca di un’autorizzazione o se la BCE ritiene che le autorità nazionali non abbiano intrapreso azioni appropriate necessarie per mantenere la stabilità finanziaria, si applica l’articolo 83».

128    L’articolo 18 della direttiva 2013/36, che prevede i casi nei quali le ANC possono proporre la revoca dell’autorizzazione per gli enti meno significativi, è formulato come segue:

«Le autorità competenti possono revocare l’autorizzazione concessa a un ente creditizio soltanto se tale ente creditizio:

(...)

e)      versa negli altri casi in cui la revoca è prevista dal diritto nazionale; o

f)      commette una delle violazioni di cui all’articolo 67, paragrafo 1».

129    L’articolo 67, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 così dispone:

«Il presente articolo si applica almeno in presenza di una delle seguenti circostanze:

(...)

d)      un ente non si dota dei dispositivi di governance richiesti dalle autorità competenti conformemente alle disposizioni nazionali di recepimento dell’articolo 74;

e)      un ente non comunica le informazioni o fornisce informazioni incomplete o inesatte alle autorità competenti in ordine all’osservanza dell’obbligo di soddisfare i requisiti in materia di fondi propri di cui all’articolo 92 del regolamento (UE) n. 575/2013 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1)], in violazione dell’articolo 99, paragrafo 1, di tale regolamento;

(...)

o)      un ente è stato dichiarato responsabile di una grave violazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla direttiva 2005/60/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (GU 2005, L 309, pag. 15)];

(...)».

130    L’articolo 74, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 prevede che «[g]li enti s[ia]no dotati di solidi dispositivi di governance, ivi compresa una chiara struttura dell’organizzazione con linee di responsabilità ben definite, trasparenti e coerenti, di processi efficaci per l’identificazione, la gestione, la sorveglianza e la segnalazione dei rischi ai quali sono o potrebbero essere esposti, e di adeguati meccanismi di controllo interno, ivi comprese valide procedure amministrative e contabili nonché politiche e prassi di remunerazione che riflettano e promuovano una sana ed efficace gestione del rischio».

131    Dalle disposizioni richiamate ai punti da 115 a 118 supra risulta che l’MVU accentra le funzioni di vigilanza a livello della BCE, pur prevedendo un’esecuzione decentrata da parte delle ANC degli Stati membri partecipanti, sotto la sorveglianza della BCE, alla quale esse forniscono cooperazione e assistenza. Pertanto, nell’ambito dell’MVU, da un lato, la BCE esercita talune competenze esclusive: la vigilanza prudenziale «diretta» degli enti creditizi significativi e le competenze ad essa riservate dall’articolo 4 del regolamento MVU di base nei confronti di tutti gli enti, indipendentemente dalla loro rilevanza. Dall’altro, la vigilanza prudenziale dei soggetti meno significativi rientra nell’esercizio decentrato da parte di dette ANC ed è controllata e sorvegliata, in definitiva, dalla BCE, il cui compito è assicurare il buon funzionamento e l’efficacia del sistema di vigilanza prudenziale nonché l’applicazione coerente e uniforme delle norme prudenziali in tutti gli Stati membri partecipanti. La BCE esercita nei confronti dei soggetti meno significativi una vigilanza «indiretta», nel cui ambito tali ANC le forniscono la loro cooperazione e assistenza. Inoltre, le medesime ANC restano competenti per le materie non disciplinate dal regolamento MVU di base: la protezione dei consumatori, i mercati degli strumenti finanziari, l’AML/CFT e la lotta anticorruzione.

132    Più in particolare, nell’ambito di tale MVU, risulta dall’economia dell’articolo 6, paragrafi da 4 a 6, del regolamento MVU di base una differenziazione tra la vigilanza prudenziale dei soggetti «significativi» e quella dei soggetti qualificati come «meno significativi» per quanto riguarda sette dei nove compiti elencati dall’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento.

133    Ne discende, in primo luogo, che la vigilanza prudenziale dei soggetti «significativi» spetta alla sola BCE. Lo stesso vale per la vigilanza prudenziale dei soggetti «meno significativi» relativamente ai compiti elencati all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento MVU di base concernenti l’autorizzazione e la revoca dell’autorizzazione agli enti creditizi.

134    In secondo luogo, per quanto riguarda i soggetti «meno significativi» e relativamente agli altri compiti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento MVU di base, dalla lettura combinata dell’articolo 6, paragrafi 5 e 6, di detto regolamento risulta che la loro attuazione è affidata alle ANC degli Stati membri partecipanti, le quali esercitano quindi la vigilanza prudenziale diretta di tali soggetti, sotto il controllo della BCE.

135    Infatti, il Tribunale ha dichiarato che dall’esame dell’interazione tra le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, e quelle dell’articolo 6 del regolamento MVU di base, quale esplicitata ai punti da 116 a 121 supra, emerge che la ratio del loro articolato consiste nel consentire che le competenze esclusive delegate alla BCE possano essere attuate in un contesto decentrato, piuttosto che nell’organizzare una ripartizione delle competenze tra la BCE e le ANC degli Stati membri partecipanti in occasione dell’esecuzione dei compiti previsti all’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento. Tale constatazione è avvalorata dalla lettura del preambolo di detto regolamento. Da un lato, risulta dai considerando 15 e 28 del medesimo regolamento che soltanto i compiti esplicitamente attribuiti alla BCE sono esclusi dalla competenza degli Stati membri e che la vigilanza prudenziale degli enti finanziari per motivi diversi da quelli elencati all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento in questione continua a rientrare nella competenza degli Stati membri. Da ciò deriva necessariamente che è con la definizione dei compiti attribuiti alla BCE dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento in questione che è stata effettuata la ripartizione delle competenze tra la BCE e dette ANC. Dall’altro, occorre rilevare che, sebbene il considerando 28 del regolamento MVU di base fornisca un elenco dei compiti di vigilanza che devono essere lasciati alle autorità nazionali, esso non include nessuno dei compiti previsti all’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento. Per di più, detto considerando non presenta la vigilanza diretta sui soggetti meno significativi come l’esercizio di una competenza che spetta alle autorità nazionali (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punti da 54 a 57).

136    In terzo luogo, nell’ambito dell’MVU, composto dalla BCE e dalle ANC degli Stati membri partecipanti, da un lato, risulta dall’economia dell’articolo 6, paragrafi 2 e 3, del regolamento MVU di base che tanto la BCE quanto le ANC sono soggette al dovere di cooperazione e all’obbligo di scambiarsi informazioni. Più esattamente, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, di detto regolamento, «le [ANC] forniscono in particolare alla BCE tutte le informazioni necessarie per l’assolvimento dei compiti attribuiti alla BCE stessa». Inoltre, ai sensi del paragrafo 3 di tale articolo, spetta a dette ANC assistere la BCE nella preparazione e nell’attuazione degli atti inerenti ai compiti di cui all’articolo 4 del menzionato regolamento concernenti tutti gli enti creditizi, compresa l’assistenza nelle attività di verifica.

137    Infatti, è stato dichiarato che la vigilanza di soggetti qualificati come «meno significativi» viene menzionata ai considerando da 38 a 40 del regolamento MVU di base, ossia subito dopo il considerando 37 del medesimo regolamento, il quale sottolinea che «è opportuno che le [ANC] siano responsabili dell’assistenza della BCE nella preparazione e nell’attuazione degli atti inerenti all’assolvimento dei suoi compiti di vigilanza, tra cui in particolare la valutazione giornaliera della situazione di un ente creditizio e le relative verifiche in loco». Tale disposizione dei considerando di detto regolamento tende ad implicare che la vigilanza diretta esercitata dalle ANC nell’ambito dell’MVU è stata considerata dal Consiglio dell’Unione europea come una modalità di assistenza alla BCE piuttosto che come l’esercizio di una competenza autonoma (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 58).

138    Dall’altro lato, l’esercizio della vigilanza prudenziale diretta da parte delle ANC è soggetto al controllo della BCE, la quale dispone, in forza dell’articolo 6, paragrafo 5, lettere a) e b), del regolamento MVU di base, del potere tanto di emanare «regolamenti, orientamenti o istruzioni generali rivolti alle [ANC] in base ai quali sono eseguiti i compiti definiti nell’articolo 4» di detto regolamento, quanto di decidere «di esercitare direttamente tutti i pertinenti poteri per uno o più enti creditizi». Inoltre, rientrano parimenti in tale controllo da parte della BCE sulla vigilanza diretta esercitata dalle ANC sia i poteri di sorveglianza previsti all’articolo 6, paragrafo 5, lettera c), del menzionato regolamento, che rinvia al paragrafo 7, lettera c), di detto articolo, sia i poteri di vigilanza e di indagine, previsti dagli articoli da 10 a 13 del regolamento in questione, che la BCE può decidere di esercitare direttamente nei confronti degli enti creditizi meno significativi, in virtù dell’articolo 4, paragrafo 6, lettera d), del medesimo regolamento.

139    Occorre quindi rilevare che la BCE rimane titolare di prerogative importanti anche nei casi in cui le ANC svolgono i compiti di vigilanza previsti all’articolo 4, paragrafo 1, lettere b) e da d) a i), del regolamento MVU di base e che l’esistenza di siffatte prerogative è indice del carattere subordinato dell’intervento delle autorità nazionali, quando svolgono detti compiti (sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 59).

140    In quarto luogo, per quanto riguarda, in particolare, la revoca dell’autorizzazione a un ente creditizio, prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento MVU di base, la cooperazione tra la BCE e le ANC si esprime, conformemente all’articolo 14, paragrafo 5, di detto regolamento, da un lato, con l’obbligo di consultare tali ANC nel caso in cui la BCE revochi l’autorizzazione di propria iniziativa e, dall’altro, nella possibilità per tali autorità di proporre detta revoca alla BCE.

141    Quando un’ANC propone la revoca dell’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento MVU di base, la BCE, conformemente al secondo comma di detta disposizione e all’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento quadro sull’MVU, deve tenere pienamente conto della giustificazione della revoca avanzata da tale ANC, delle consultazioni con quest’ultima e, se del caso, con l’autorità nazionale di risoluzione, nonché delle osservazioni dell’ente creditizio in questione. Essa deve inoltre effettuare il proprio esame riguardo all’esistenza delle circostanze che giustificano la revoca e quindi decidere se accogliere o respingere il progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione dell’ANC.

142    In quinto luogo, si deve sottolineare che dai considerando 28 e 29 del regolamento MVU di base risulta che il compito di prevenire l’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo resta una competenza nazionale e che la BCE, a tale riguardo, ha un dovere di cooperazione nei confronti delle autorità nazionali.

143    In sesto luogo, per quanto concerne il nesso tra l’AML/CFT e la vigilanza prudenziale, si deve constatare che, tra le circostanze che giustificano la revoca dell’autorizzazione bancaria, l’articolo 18, lettera f), della direttiva 2013/36 menziona le violazioni di cui all’articolo 67, paragrafo 1, di tale direttiva, tra le quali sono elencate le violazioni gravi delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla direttiva 2005/60, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. A seguire, l’articolo 18, lettera e), di detta direttiva menziona gli altri casi di revoca dell’autorizzazione previsti dal diritto nazionale.

144    A tale proposito si deve rilevare che, sebbene l’articolo 18 della direttiva 2013/36 si riferisca al potere di revoca dell’autorizzazione delle ANC, tenuto conto della ripartizione dei compiti tra dette ANC e la BCE, prevista dall’articolo 4 del regolamento MVU di base, e in particolare del fatto che la competenza per la revoca delle autorizzazioni è divenuta una competenza esclusiva della BCE, che quest’ultima può esercitare, in forza dell’articolo 14, paragrafo 5, del medesimo regolamento, su proposta dell’ANC, occorre ritenere che l’articolo 18 della menzionata direttiva si riferisce al potere di proporre la revoca dell’autorizzazione, che resta alle ANC.

145    In settimo luogo, per quanto riguarda le interazioni tra l’MVU e l’MRU, dal considerando 11 del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 255, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento MRU»), risulta che vigilanza e risoluzione sono due aspetti complementari nell’ambito dell’Unione bancaria europea e pertanto non sono, in linea di principio, alternativi.

146    Si deve infatti rilevare che le finalità dell’MVU e dell’MRU sono diverse. Come ricorda il considerando 7 del regolamento MRU, l’MVU mira a garantire una politica di vigilanza microprudenziale degli enti creditizi a livello europeo e la sua attuazione coerente ed efficace in tutti gli Stati membri della zona euro e negli Stati membri che non fanno parte della zona euro, ma intendono parteciparvi. Esso riguarda del pari la vigilanza macroprudenziale e, in definitiva, la stabilità finanziaria dell’Unione. L’MRU, per contro, ha come compito essenziale la gestione delle situazioni di crisi già sorte e la creazione di meccanismi di risoluzione più efficaci, per evitare la diffusione dei danni provocati dai dissesti delle banche, secondo norme e una procedura uniformi, come risulta dai considerando 6 e 8 e dall’articolo 1 di detto regolamento. Pertanto, sebbene i due sistemi collaborino per l’obiettivo finale della solidità e stabilità del sistema finanziario dell’Unione, l’MVU opera per prevenire le crisi, mentre l’MRU opera per risolverle.

147    In ottavo luogo, le dichiarazioni di dissesto o rischio di dissesto che possono essere emesse dalla BCE o dal Comitato di risoluzione unico (CRU), nel caso degli enti creditizi significativi, oppure dalle ANC o dalle autorità nazionali di risoluzione, nel caso degli enti creditizi meno significativi, come risulta dall’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento MRU, sono atti preparatori che precedono, ma non comportano necessariamente, l’adozione di un programma di risoluzione. L’adozione di quest’ultimo rientra nella competenza esclusiva del CRU o delle autorità nazionali di risoluzione, a seconda della rilevanza dell’ente creditizio.

148    Inoltre, le valutazioni di dissesto o rischio di dissesto non costituiscono affatto decisioni formali in ordine alle violazioni degli obblighi normativi di un ente creditizio, bensì atti preparatori che non modificano la situazione giuridica dell’ente creditizio in questione. Invero, tali atti presentano una valutazione dei fatti da parte della BCE (o dell’ANC) quanto alla questione del dissesto o rischio di dissesto di detto ente, che non è assolutamente vincolante, ma costituisce il fondamento dell’adozione, da parte del CRU (o dell’autorità nazionale di risoluzione), di programmi di risoluzione o di decisioni che accertino che una risoluzione non è nell’interesse pubblico (v., in tal senso, ordinanza del 6 maggio 2019, ABLV Bank/BCE, T‑281/18, EU:T:2019:296, punti 36, 48 e 49).

149    Infatti, dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento MRU risulta che un tale programma può essere adottato solo se sono soddisfatte determinate condizioni. In particolare, non solo l’ente creditizio deve versare in una situazione di dissesto o rischio di dissesto, ma neppure deve potersi ragionevolmente prospettare che altri interventi del settore privato o azioni di vigilanza permettano di evitarne il dissesto in tempi ragionevoli. Inoltre, l’azione di risoluzione deve essere necessaria nell’interesse pubblico.

150    A tale proposito, secondo la giurisprudenza, in forza del considerando 26 del regolamento MRU, benché la BCE (e, per analogia, le ANC) e il CRU (e, per analogia, le autorità nazionali di risoluzione) debbano poter valutare se un ente creditizio sia in situazione di dissesto o rischio di dissesto, spetta esclusivamente al CRU (e, per analogia, alle autorità nazionali di risoluzione) valutare le condizioni richieste per una risoluzione e adottare un programma di risoluzione ove ritenga che tutte le condizioni siano soddisfatte, come risulta del pari esplicitamente dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento MRU. Certo, la BCE (e, per analogia, le ANC) dispone della competenza a comunicare una valutazione riguardante la prima condizione, e cioè il dissesto o rischio di dissesto, ma si tratta appunto solo di una valutazione, che non vincola in nessun modo il CRU (né, per analogia, le autorità nazionali di risoluzione) (v., in tal senso, ordinanza del 6 maggio 2019, ABLV Bank/BCE, T‑281/18, EU:T:2019:296, punto 34).

151    In nono luogo, dal considerando 57 del regolamento MRU risulta che il fatto che un’entità non soddisfi i requisiti per l’autorizzazione non dovrebbe giustificare di per sé l’avvio della procedura di risoluzione, soprattutto se detta entità è ancora economicamente sostenibile o se sussistono i presupposti perché lo rimanga. D’altra parte, un’entità dovrebbe essere considerata in dissesto o a rischio di dissesto quando viola o è probabile che violi in un prossimo futuro i requisiti per il mantenimento dell’autorizzazione.

152    Non vi è equivalenza funzionale tra una valutazione di dissesto o rischio di dissesto e una revoca dell’autorizzazione. Infatti, se è vero che una siffatta valutazione può fondarsi sulla considerazione del fatto che i requisiti per il prosieguo dell’autorizzazione non sono più soddisfatti ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, lettera a), del regolamento MRU, tali due atti non sono assolutamente equivalenti. Al riguardo, è sufficiente constatare che le condizioni per la revoca dell’autorizzazione elencate all’articolo 18 della direttiva 2013/36 differiscono palesemente dalle considerazioni sottese alla valutazione di dissesto o rischio di dissesto, quali enunciate all’articolo 18, paragrafo 4, di detto regolamento (ordinanza del 6 maggio 2019, ABLV Bank/BCE, T‑281/18, EU:T:2019:296, punto 46).

153    Il presente gruppo di motivi dev’essere esaminato alla luce di tali considerazioni.

b)      Sulla prima parte, relativa allincompetenza della BCE a revocare lautorizzazione come ente creditizio, in quanto lANC aveva già adottato una dichiarazione di dissesto o rischio di dissesto

154    Nella specie, in primo luogo, occorre rilevare che la decisione del 17 luglio 2018 riguarda la revoca dell’autorizzazione per l’accesso alle attività di un ente creditizio alla seconda ricorrente per violazione delle disposizioni del diritto nazionale estone che sanziona, con tale misura, l’assenza di dispositivi di governance e di sistemi efficaci in materia di AML/CFT, l’inosservanza di un’istruzione emessa dall’ANC e la comunicazione di informazioni o documenti fuorvianti.

155    In secondo luogo, si deve osservare che la BCE ha adottato la decisione del 26 marzo 2018, e successivamente quella del 17 luglio 2018, su proposta della FSA, l’ANC estone, ai sensi degli articoli 4, paragrafo 1, lettera a), e 14, paragrafo 5, del regolamento MVU di base nonché dell’articolo 83, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU.

156    In terzo luogo, nel contesto di una decisione siffatta e dell’attuazione decentrata della sua competenza esclusiva in materia di revoca dell’autorizzazione, dal momento che la seconda ricorrente è un ente creditizio meno significativo, la BCE era tenuta, in forza dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento MVU di base e dell’articolo 83, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento quadro sull’MVU, a tenere pienamente conto della giustificazione della revoca avanzata dall’ANC, nonché a cooperare con quest’ultima mediante consultazioni sulle eventuali misure di risoluzione che l’autorità nazionale di risoluzione ritenesse necessarie.

157    In quarto luogo, dal punto 3.2, lettera d), della decisione del 17 luglio 2018 risulta che la FSA, la quale costituisce, in Estonia, sia l’ANC nell’ambito dell’MVU sia l’autorità nazionale di risoluzione nell’ambito dell’MRU (articolo 3 della legge estone sulla prevenzione e la risoluzione delle crisi finanziarie), ha adottato, il 10 aprile 2017, la decisione FOLTF per il motivo che la seconda ricorrente aveva commesso varie violazioni dei requisiti richiesti per l’autorizzazione, cosicché quest’ultima poteva esserle revocata, come previsto dal considerando 57 del regolamento MRU.

158    Infatti, a termini del considerando 57 del regolamento MRU, un’entità dovrebbe essere considerata in dissesto o a rischio di dissesto quando viola o è probabile che violi i requisiti per il mantenimento dell’autorizzazione.

159    Successivamente, il 7 febbraio 2018, come risulta dal punto 3.1, lettera b), della decisione del 17 luglio 2018, la FSA, agendo nelle sue funzioni di autorità nazionale di risoluzione, ha adottato una decisione secondo la quale una risoluzione non era nell’interesse pubblico. Le ricorrenti si riferiscono a tale decisione, nelle loro memorie, come alla «seconda decisione FOLTF».

160    Così, sebbene la FSA abbia adottato la decisione FOLTF, per la quale era competente, e sia quindi soddisfatta la prima condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento MRU per l’adozione di un programma di risoluzione, è stato considerato che non sussisteva un interesse pubblico ad attuare azioni di risoluzione, cosicché non ricorreva la terza condizione prevista dall’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento. Pertanto, nella specie, detta decisione non ha condotto l’autorità nazionale di risoluzione (la FSA) ad adottare un programma di risoluzione, in quanto le condizioni previste non erano cumulativamente soddisfatte.

161    Per contro, dal punto 3.1, lettera c), della decisione del 17 luglio 2018 risulta che, il 6 marzo 2018, la FSA ha adottato una proposta di decisione di revoca dell’autorizzazione e che la BCE, dopo avere ricevuto tale proposta, ha dato alla seconda ricorrente la possibilità di presentare osservazioni su quest’ultima, prima di adottare la decisione del 26 marzo 2018 e successivamente quella del 17 luglio 2018, che si basa sui motivi e sulle valutazioni fattuali nonché sui risultati delle verifiche e delle ispezioni effettuate dalla FSA.

162    Orbene, innanzitutto, la BCE ha correttamente considerato, al punto 2.1 della decisione del 17 luglio 2018, di essere competente in via esclusiva ad adottare una decisione di revoca dell’autorizzazione. Tale conclusione è conforme, da un lato, agli articoli 4, paragrafo 1, lettera a), e 14, paragrafo 5, del regolamento MVU di base nonché all’articolo 83 del regolamento quadro sull’MVU e, dall’altro, alla giurisprudenza richiamata al punto 135 supra.

163    Poi, è in conformità con la ripartizione delle competenze tra le ANC degli Stati membri partecipanti e la BCE nell’ambito dell’MVU, con le disposizioni applicabili e con la giurisprudenza, menzionate ai punti 136, 137, 140 e 141 supra, che la FSA ha trasmesso alla BCE una proposta di decisione di revoca dell’autorizzazione e che quest’ultima si è basata sulla motivazione di tale proposta per fondare la propria decisione.

164    Infatti, dal momento che la seconda ricorrente è un ente creditizio meno significativo, da un lato, spettava alla FSA, ossia l’ANC estone, compiere i necessari accertamenti di fatto nonché assistere la BCE nella preparazione ed attuazione di qualsiasi atto inerente ai compiti di cui all’articolo 4 del regolamento MVU di base, tra i quali figura la decisione di revoca dell’autorizzazione.

165    Dall’altro, ai sensi delle disposizioni e della giurisprudenza richiamate ai punti 138 e 139 supra, la BCE disponeva di un potere di controllo dell’azione di vigilanza diretta svolta dalla FSA, di cui la BCE si è avvalsa, nella specie, procedendo a varie consultazioni con la FSA, soprattutto a partire dall’aprile 2017 e dopo l’ultima ispezione, come confermato in udienza dalla stessa BCE.

166    Infine, la BCE era certamente competente ad adottare la decisione del 17 luglio 2018, nonostante e indipendentemente dalle decisioni invocate dalle ricorrenti.

167    A tale proposito, gli argomenti delle ricorrenti secondo i quali la BCE non era competente ad adottare la decisione del 17 luglio 2018 in quanto l’ANC aveva adottato una decisione relativa al dissesto o rischio di dissesto della seconda ricorrente derivano da un’interpretazione erronea dell’interazione tra l’MVU e l’MRU, nonché da alcuni errori di fatto.

168    Infatti, le ricorrenti ritengono, in sostanza, che l’MVU e l’MRU siano sistemi alternativi, che, contrariamente a quanto previsto in precedenza dal diritto nazionale, il mancato avvio di un’azione di risoluzione comporti solo la liquidazione dell’ente creditizio secondo il diritto nazionale e che la BCE non disponga, a seguito di una decisione FOLTF, della competenza a decidere la revoca dell’autorizzazione.

169    Tuttavia, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la FSA non ha adottato due decisioni, bensì, quale ANC, la decisione FOLTF, vale a dire una dichiarazione di dissesto o rischio di dissesto, il 10 aprile 2017, e, nelle sue funzioni di autorità nazionale di risoluzione, una decisione secondo la quale una risoluzione non era nell’interesse pubblico, il 7 febbraio 2018, come risulta chiaramente dalla decisione del 17 luglio 2018, i cui passaggi sono richiamati ai punti 157 e 159 supra.

170    Gli atti in questione sono distinti, dato che una dichiarazione di dissesto o rischio di dissesto è una delle condizioni preliminari per adottare una decisione finale riguardo alla risoluzione, vale a dire un programma di risoluzione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 6, del regolamento MRU. Tale condizione è tuttavia una condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’avvio di un’azione di risoluzione, come risulta dal punto 149 supra.

171    Siffatta interpretazione è stata confermata dalla giurisprudenza menzionata al punto 148 supra, secondo la quale la dichiarazione di dissesto o rischio di dissesto presenta una valutazione dei fatti da parte dell’ANC, riguardo alla questione del dissesto o rischio di dissesto dell’ente considerato, la quale non è assolutamente vincolante, ma costituisce il fondamento per l’adozione, da parte dell’autorità nazionale di risoluzione, di programmi di risoluzione o di decisioni che accertino che una risoluzione non è nell’interesse pubblico.

172    Nella specie, la FSA, agendo nelle sue funzioni di autorità nazionale di risoluzione, ha adottato una decisione di questo secondo tipo.

173    Orbene, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, una decisione siffatta non vieta assolutamente alla BCE di adottare in seguito una decisione di revoca dell’autorizzazione.

174    Al contrario, si deve ritenere che, qualora la dichiarazione di dissesto o rischio di dissesto, che può essere adottata, in particolare, quando sono soddisfatte le condizioni per la revoca dell’autorizzazione, come risulta dal considerando 57 del regolamento MRU e come ammette anche la seconda ricorrente, e che può essere assunta a fondamento dell’adozione di un’azione di risoluzione, non dia luogo a un’azione siffatta, secondo l’autorità nazionale di risoluzione, competente ad adottarla in forza dell’articolo 7, paragrafo 3, lettera e), di detto regolamento (in relazione a un ente creditizio meno significativo), la BCE può decidere di revocare l’autorizzazione dell’ente creditizio che non soddisfi più le condizioni per il mantenimento di tale autorizzazione.

175    Infatti, sebbene l’MRU condivida la stessa funzione dell’MVU di tutela della stabilità e della sicurezza del sistema finanziario dell’Unione, e sia quindi complementare rispetto a quest’ultimo, come risulta dal considerando 11 del regolamento MRU, esso è tuttavia destinato a trovare applicazione quando un’entità versi in una situazione di insolvenza o rischio di insolvenza e mira a gestire le crisi finanziarie dopo che sono sorte, come risulta dal considerando 7 di detto regolamento.

176    Tale conclusione è inoltre confermata dal considerando 57 del regolamento MRU, ai sensi del quale «[i]l fatto che un’entità non soddisfi i requisiti per l’autorizzazione non dovrebbe giustificare di per sé l’avvio della procedura di risoluzione, soprattutto se essa è ancora economicamente sostenibile o se sussistono i presupposti perché lo rimanga», nonché dalla giurisprudenza richiamata al punto 152 supra.

177    I provvedimenti adottati in forza dell’MVU e dell’MRU potrebbero escludersi a vicenda, come è stato sostenuto dalle ricorrenti, solo nel caso in cui un ente non solo non garantisse più le condizioni per il mantenimento dell’autorizzazione, ma inoltre non fosse più solvibile.

178    Solo in questo caso la BCE dovrebbe dare la precedenza a un provvedimento di risoluzione adottato dal CRU o da un’autorità nazionale di risoluzione (a seconda della rilevanza dell’ente creditizio), in virtù del meccanismo di coordinamento e cooperazione con tali altre autorità, delineato agli articoli 14, paragrafi 5 e 6, del regolamento MVU di base e agli articoli 83, paragrafo 3, e 84 del regolamento quadro sull’MVU. Inoltre, in forza dell’articolo 83, paragrafo 2, di detto regolamento quadro, la BCE è tenuta a prendere debitamente in considerazione le consultazioni con le autorità nazionali di risoluzione prima di adottare la propria decisione di revoca dell’autorizzazione.

179    La coesistenza dell’MVU e dell’MRU non può essere intesa nel senso che esclude la possibilità per l’autorità competente in materia di vigilanza prudenziale, vale a dire la BCE, di revocare l’autorizzazione in mancanza delle condizioni per adottare un’azione di risoluzione, ossia quando l’ente creditizio in questione non rischi di diventare economicamente non sostenibile.

180    Infatti, ciò equivarrebbe ad esentare gli enti creditizi finanziariamente solidi dall’obbligo di rispettare le altre norme prudenziali loro imposte ai fini del mantenimento dell’autorizzazione.

181    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui le «decisioni FOLTF» dovrebbero essere loro comunicate, è sufficiente rilevare che la decisione finale con cui l’autorità nazionale di risoluzione ha accertato che non sussisteva un interesse pubblico alla risoluzione e la dichiarazione di dissesto o rischio di dissesto della FSA si inseriscono in una procedura distinta da quella che ha condotto alla decisione del 17 luglio 2018, cosicché l’omessa notifica della decisione FOLTF alla seconda ricorrente non ha alcuna incidenza sulla legittimità della decisione del 17 luglio 2018. Inoltre, nella misura in cui i motivi sui quali si basa la decisione FOLTF coincidono con quelli sui quali si basa la proposta di decisione di revoca dell’autorizzazione della FSA, come ripresa nella decisione del 17 luglio 2018, essi devono essere considerati noti alla suddetta ricorrente, che è la destinataria di queste ultime decisioni.

182    Oltre a ciò, alla luce delle precisazioni fornite ai punti da 173 a 180 supra in merito alle interazioni tra i sistemi MVU e MRU, devono essere considerati inoperanti gli argomenti delle ricorrenti relativi al riferimento, nella decisione del 17 luglio 2018, a una disposizione del diritto nazionale asseritamente abrogata dall’entrata in vigore di questi due sistemi, e in particolare all’articolo 118 della legge estone sugli enti creditizi.

183    Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che la presente parte non può essere accolta.

c)      Sulla seconda parte, relativa allincompetenza della BCE a valutare le questioni in materia di AML/CFT

184    Le ricorrenti contestano in sostanza la competenza della BCE ad adottare una decisione di revoca dell’autorizzazione a motivo della violazione delle disposizioni in materia di AML/CFT, settore in cui essa non è competente. La revoca dell’autorizzazione sarebbe invece giustificata unicamente da motivi prudenziali.

185    In primo luogo, come risulta dall’articolo 67 della direttiva 2013/36, la revoca dell’autorizzazione è prevista anche in caso di inosservanza da parte dell’ente creditizio degli obblighi in materia di AML/CFT. Pertanto, il rispetto degli obblighi in tale materia è palesemente rilevante nel contesto della vigilanza prudenziale, in quanto, come sottolineano i considerando 1 e 2 della direttiva 2005/60, l’utilizzo del sistema finanziario a fini di riciclaggio del denaro può minacciare la stabilità, l’integrità e la reputazione di detto sistema e del mercato unico.

186    Il fatto che il testo dell’articolo 18 della direttiva 2013/36 menzioni ancora la competenza delle autorità nazionali di vigilanza a revocare l’autorizzazione non è idoneo a rimettere in discussione la volontà del legislatore dell’Unione, quale risulta dalle disposizioni del regolamento MVU di base attualmente in vigore.

187    Infatti, se pure gli Stati membri rimangono competenti per l’attuazione delle disposizioni in materia di AML/CFT, come espressamente previsto dal considerando 28 del regolamento MVU di base, la BCE è competente in via esclusiva alla revoca dell’autorizzazione, per tutti gli enti creditizi, indipendentemente dalla loro rilevanza, anche quando essa si basi, come nella specie, sui motivi di cui all’articolo 67, paragrafo 1, lettere d), e) e o), della direttiva 2013/36, al quale rinvia l’articolo 18 di tale direttiva, in quanto l’articolo 14, paragrafo 5, di detto regolamento stabilisce quale condizione per la revoca dell’autorizzazione l’esistenza di uno o più motivi che giustifichino la revoca ai sensi dell’articolo 18 della menzionata direttiva. Pertanto, le ricorrenti non possono fondatamente rimettere in discussione per tale motivo la competenza della BCE ad adottare la decisione del 17 luglio 2018.

188    In secondo luogo, per quanto riguarda i motivi della revoca dell’autorizzazione nel caso di specie, le ricorrenti non possono validamente contestare che essi corrispondano effettivamente ad alcuni dei motivi che giustificano la revoca dell’autorizzazione, e segnatamente a quelli che figurano all’articolo 18, lettere e) e f), della direttiva 2013/36, come richiesto dall’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento MVU di base. In particolare, l’articolo 18, lettera f), di detta direttiva riguarda il caso delle violazioni dell’ente creditizio menzionate all’articolo 67, paragrafo 1, della stessa direttiva.

189    Nella specie, nell’ambito della decisione del 17 luglio 2018 sono state addebitate alla seconda ricorrente le violazioni elencate all’articolo 67, paragrafo 1, lettere d), e) e o), della direttiva 2013/36. Tali violazioni riguardano, rispettivamente, l’assenza dei dispositivi di governance richiesti dalle ANC conformemente alle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 74 della suddetta direttiva, l’omissione di informazioni o la comunicazione alle ANC di informazioni inesatte o incomplete relative al rispetto dell’obbligo di soddisfare i requisiti in materia di fondi propri, nonché la commissione di una grave violazione delle disposizioni nazionali adottate sulla base della direttiva 2005/60 in materia di AML/CFT.

190    Pertanto, e tenuto conto anche delle considerazioni svolte ai punti 185 e 187 supra, gli argomenti delle ricorrenti relativi all’incompetenza della BCE ad utilizzare lo strumento della revoca dell’autorizzazione per violazioni in materia di AML/CFT devono essere respinti.

191    Deve essere respinto, in particolare, anche l’argomento delle ricorrenti secondo cui la ripartizione delle competenze tra le ANC degli Stati membri partecipanti e la BCE nell’ambito dell’MVU e il principio di proporzionalità richiederebbero che, prima di revocare l’autorizzazione bancaria per violazioni della normativa in materia di AML/CFT, sia esaurita l’intera gamma delle altre misure disponibili (ammende, divieto di esercitare determinati tipi di attività, azioni penali).

192    Infatti, emerge dal fascicolo che la FSA ha dato alla seconda ricorrente diverse opportunità di conformarsi ai requisiti normativi in materia di AML/CFT, come risulta dai punti 25, 26 e 29 supra, anche adottando un precetto, che a sua volta non è stato rispettato dalla suddetta ricorrente. In siffatte circostanze, le ricorrenti non possono validamente addebitare alla BCE di avere adottato una decisione di revoca dell’autorizzazione prematuramente o in violazione del principio di proporzionalità.

193    In terzo luogo, poiché l’attuazione e il controllo del rispetto delle disposizioni in materia di AML/CFT da parte di un ente creditizio rientrano indubbiamente tra le competenze delle autorità nazionali, e nella specie è stata effettivamente la FSA ad esercitarle, le ricorrenti non possono validamente invocare una violazione delle competenze proprie di quest’ultima ad opera della BCE.

194    Infatti, da un lato, è in conformità con la ripartizione delle competenze tra le ANC degli Stati membri partecipanti e la BCE nell’ambito dell’MVU, evidenziata ai punti 131, 136, 137 e 140 supra, e in particolare con l’esercizio decentrato delle competenze esclusive in materia di revoca dell’autorizzazione, riconosciuto dalla giurisprudenza richiamata al punto 135 supra, che la FSA ha assolto il proprio dovere di cooperazione e di assistenza alla BCE, quale previsto dall’articolo 6, paragrafi 2, secondo comma, e 3, del regolamento MVU di base, anzitutto, effettuando i controlli e le verifiche materiali necessari, poi, entrando in comunicazione con l’ente creditizio in questione al fine di risolvere precocemente i problemi, anche consultando l’autorità nazionale di risoluzione costituita nell’ambito dell’FSA, e, infine, predisponendo un progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 5, di detto regolamento.

195    Dall’altro lato, le ricorrenti non possono validamente censurare alla BCE di avere fondato la decisione del 17 luglio 2018 su tale proposta di decisione di revoca dell’autorizzazione della FSA, in quanto, quando un’ANC propone alla BCE la revoca dell’autorizzazione, dall’articolo 14, paragrafo 5, secondo comma, del regolamento MVU di base nonché dall’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento quadro sull’MVU risulta che la BCE è tenuta a tenere pienamente conto della giustificazione di detta revoca avanzata da tale ANC.

196    Inoltre, si deve rilevare che la BCE ha anche chiesto le osservazioni della seconda ricorrente sul progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione della FSA e le ha prese in considerazione, conformemente all’articolo 83, paragrafo 2, lettera d), del regolamento quadro sull’MVU.

197    È quindi senza contravvenire alla ripartizione delle competenze tra le ANC degli Stati membri partecipanti e la BCE nell’ambito dell’MVU che, nella specie, i fatti costitutivi delle violazioni della normativa in materia di AML/CFT sono stati accertati dalla FSA e la valutazione giuridica se tali fatti giustificassero la revoca dell’autorizzazione nonché la valutazione della proporzionalità sono invece state riservate alla BCE.

198    Inoltre, tenuto conto di quanto precede, sono inoperanti gli argomenti, sviluppati dalle ricorrenti nell’ambito del presente gruppo di motivi, relativi alla mancanza di un’esperienza e di una competenza organizzate in seno alla BCE in materia di AML/CFT.

199    Alla luce di quanto sopra, occorre respingere la presente parte.

d)      Sulla terza parte, relativa allincompetenza della BCE a rifiutare lautoliquidazione della seconda ricorrente e la vendita della banca a un altro investitore

200    Le ricorrenti lamentano sostanzialmente il fatto che la BCE abbia adottato una decisione che nega l’autoliquidazione della seconda ricorrente o la vendita dell’ente creditizio ad altri investitori.

201    In limine, per quanto riguarda l’autoliquidazione della seconda ricorrente, occorre precisare che, ai sensi dell’articolo 117 della legge estone sugli enti creditizi, un ente creditizio, per procedere alla propria autoliquidazione, deve presentare una domanda di scioglimento volontario alla FSA, la quale è pertanto l’autorità competente ad accogliere o a respingere una domanda siffatta.

202    Dal fascicolo risulta che, da un lato, la seconda ricorrente non afferma di avere presentato una domanda di autoliquidazione e, dall’altro, che essa addebita alla BCE di non averle dato la possibilità di farlo.  Orbene, detta ricorrente non ha presentato una simile domanda. Inoltre, la BCE non è certamente tenuta ad incitare un ente creditizio a presentare una domanda di autoliquidazione presso un’autorità nazionale, né è competente ad adottare una decisione formale di accoglimento o di rigetto di una domanda di autoliquidazione, come ammesso dalle parti.

203    Ne consegue che gli argomenti delle ricorrenti sono pertinenti solo nella misura in cui vertono in realtà sulla valutazione della BCE relativa alla proporzionalità della decisione di revoca dell’autorizzazione, effettuata al punto 3.3.2 della decisione del 17 luglio 2018, e saranno esaminati nell’ambito dell’analisi dedicata alla proporzionalità di detta revoca (v. punti da 306 a 344 infra). Lo stesso vale per gli argomenti relativi all’incompetenza della BCE ad impedire la vendita dell’ente creditizio ad altri investitori, formulati nell’ambito del quindicesimo motivo del ricorso.

204    Alla luce di quanto sopra, occorre respingere la presente parte.

e)      Sulla quarta parte, relativa allo sviamento di potere

205    A sostegno della presente parte le ricorrenti affermano, in sostanza, che la BCE non ha ammesso l’autoliquidazione della seconda ricorrente (né la sua vendita ad altri investitori o altre misure meno intrusive) e ne ha revocato l’autorizzazione per motivi estranei alla vigilanza prudenziale, e segnatamente per le conseguenze in termini di pubblicità favorevole che la BCE e la FSA ne avrebbero tratto, in violazione del considerando 75 e dell’articolo 19 del regolamento MVU di base, che impongono alla BCE di esercitare i suoi compiti libera da influenze politiche.

206    La BCE, sostenuta dalla Commissione, replica che tale motivo è manifestamente infondato.

207    In limine, occorre rammentare che, a termini del considerando 75 del regolamento MVU di base, «[p]er assolvere efficacemente i suoi compiti di vigilanza, la BCE dovrebbe esercitare i compiti di vigilanza attribuitile in piena indipendenza, in particolare libera da indebite influenze politiche e da qualsiasi ingerenza degli operatori del settore, che potrebbero comprometterne l’indipendenza operativa».

208    Risulta, inoltre, dal considerando 15 del regolamento MVU di base che sono attribuiti alla BCE compiti specifici di vigilanza che sono determinanti ai fini di un’attuazione coerente ed efficace della politica dell’Unione in materia di vigilanza prudenziale sugli enti creditizi, compresa l’adozione di misure intese a garantire la stabilità macroprudenziale, fatte salve disposizioni specifiche che riflettano il ruolo delle autorità nazionali. L’articolo 19, paragrafo 1, di detto regolamento è formulato come segue:

«Nell’assolvimento dei compiti ad esse attribuiti dal presente regolamento, la BCE e le [ANC] che operano nel quadro dell’MVU agiscono in modo indipendente. I membri del consiglio di vigilanza e il comitato direttivo agiscono in piena indipendenza e obiettività nell’interesse dell’Unione nel suo complesso, senza chiedere né ricevere istruzioni da parte di istituzioni od organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri o da altri soggetti pubblici o privati».

209    Ciò posto, emerge da una giurisprudenza costante che la nozione di sviamento di potere si riferisce all’ipotesi in cui un’autorità amministrativa abbia esercitato i propri poteri per uno scopo diverso da quello in vista del quale le sono stati conferiti. Una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per uno scopo siffatto. Inoltre, in caso di pluralità di scopi perseguiti, anche qualora un motivo non giustificato si fosse aggiunto a motivi legittimi, la decisione non sarebbe per questo inficiata da sviamento di potere, allorché essa non sacrifica lo scopo essenziale (v. sentenza del 13 dicembre 2017, Crédit mutuel Arkéa/BCE, T‑52/16, EU:T:2017:902, punto 210 e giurisprudenza citata).

210    Nella specie, è sufficiente constatare che le ricorrenti non hanno dimostrato che la BCE, adottando la decisione del 17 luglio 2018, abbia perseguito uno scopo diverso dall’assolvimento del suo compito di vigilanza prudenziale degli enti creditizi. Per di più, esse non hanno presentato alcun elemento di prova idoneo a dimostrare un’eventuale mancanza di indipendenza in capo alla BCE, in violazione dell’articolo 19 del regolamento MVU di base.

211    In ogni caso, la decisione del 17 luglio 2018 si basa su una serie di motivi di revoca dell’autorizzazione, previsti dall’articolo 18 della direttiva 2013/36, che fanno riferimento a gravi violazioni della normativa in materia di AML/CFT. Ne consegue che la motivazione della suddetta decisione è conforme agli obiettivi perseguiti dai compiti di vigilanza attribuiti alla BCE.

212    Pertanto, la presente parte dev’essere parimenti respinta.

213    Il presente gruppo di motivi deve quindi essere respinto nel suo complesso.

2.      Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei doveri di diligenza e di imparzialità nellesame della BCE

214    Ad avviso delle ricorrenti, la BCE non avrebbe valutato con cura e imparzialità tutti gli aspetti rilevanti del caso. Esse si limitano tuttavia ad addebitare alla BCE di essersi accontentata di accogliere le conclusioni della FSA, che erano basate su informazioni fuorvianti fornite da tale ANC, senza effettuare un proprio esame dei motivi sottesi al progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione.

215    La BCE contesta gli argomenti delle ricorrenti.

216    Secondo una giurisprudenza costante, il dovere di diligenza implica l’obbligo per l’istituzione interessata di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (v., in tal senso, sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14, e del 16 settembre 2013, ATC e a./Commissione, T‑333/10, EU:T:2013:451, punto 84).

217    Nella specie, in primo luogo, si deve rilevare, al pari della BCE, che la decisione del 17 luglio 2018 contiene un’esposizione chiara e completa dei motivi che giustificano la revoca, i quali, da un lato, si basano sulle valutazioni della FSA in quanto ANC per la vigilanza prudenziale della seconda ricorrente (ente creditizio meno significativo) e, dall’altro, riguardano una valutazione autonoma della BCE quanto al rispetto delle altre condizioni per decidere di revocare l’autorizzazione, compresa la valutazione della proporzionalità del provvedimento di revoca.

218    In secondo luogo, la critica formulata in termini generici riguardo all’asserita mancanza di diligenza e imparzialità della BCE potrebbe essere accolta solo qualora contestasse in maniera circostanziata le eventuali carenze di cui la BCE si sarebbe resa colpevole nell’adozione della decisione del 17 luglio 2018.

219    In terzo luogo, si deve rilevare, al pari della BCE, che essa doveva ritenere che le constatazioni di violazioni operate dalla FSA, non utilmente contestate dalla seconda ricorrente, fossero fatti accertati e non richiedessero un riesame da parte della BCE. Quest’ultima si è quindi correttamente limitata a verificare se dette violazioni costituissero effettivamente motivi che giustificavano la revoca dell’autorizzazione. Tale esame è stato effettuato ai punti 3.3.1 e 3.3.2 della decisione del 17 luglio 2018.

220    In quarto luogo, le mere affermazioni delle ricorrenti quanto al fatto che la BCE si è limitata a basarsi sulle conclusioni dell’ANC devono parimenti essere respinte per gli stessi motivi esposti ai punti da 194 a 198 supra.

221    Inoltre, si deve constatare che l’asserzione delle ricorrenti secondo cui la decisione del 17 luglio 2018 si baserebbe su informazioni fuorvianti fornite dalla FSA costituisce una mera affermazione non suffragata da alcun elemento di prova e deve quindi essere respinta.

222    Da quanto precede deriva che il terzo motivo dev’essere respinto.

223    Nella misura in cui il terzo motivo riguarda l’esistenza di errori di valutazione nella proposta di decisione della FSA, si deve ricordare che la Corte ha recentemente dichiarato che, quando il diritto dell’Unione non intende instaurare una ripartizione di competenze, l’una nazionale, l’altra dell’Unione, che avrebbero oggetti distinti, bensì consacrare, tutt’al contrario, il potere decisionale esclusivo di un’istituzione dell’Unione, spetta al giudice dell’Unione, a titolo della sua competenza esclusiva al controllo di legittimità sugli atti dell’Unione ai sensi dell’articolo 263 TFUE, statuire sulla legittimità della decisione finale adottata dall’istituzione dell’Unione di cui trattasi ed esaminare, affinché sia garantita una tutela giurisdizionale effettiva agli interessati, gli eventuali vizi degli atti preparatori o delle proposte provenienti dalle autorità nazionali di natura tale da inficiare la validità di detta decisione finale (v. sentenza del 19 dicembre 2018, Berlusconi e Fininvest, C‑219/17, EU:C:2018:1023, punto 44 e giurisprudenza citata).

224    In siffatte circostanze, il giudice dell’Unione deve verificare gli eventuali vizi che inficiano la legittimità del progetto di decisione della FSA come ripreso nella decisione del 17 luglio 2018, nei limiti in cui tali vizi sono contestati dalle ricorrenti nell’ambito dei loro altri motivi.

225    Occorre quindi esaminare se la seconda ricorrente sia riuscita a rimettere in discussione le valutazioni effettuate nella decisione del 17 luglio 2018.

3.      Sui motivi quarto e quinto, vertenti su errori di valutazione o sullomessa considerazione di elementi rilevanti del caso

a)      Sul quinto motivo, vertente sullomessa considerazione del ruolo positivo svolto dalla nuova direzione della seconda ricorrente

226    Le ricorrenti sostengono che la decisione del 17 luglio 2018 non tiene conto del ruolo positivo svolto dalla nuova direzione della seconda ricorrente e che, considerate la competenza e la buona reputazione di tale direzione, insediatasi a novembre 2017, la BCE non avrebbe dovuto revocare la sua autorizzazione nel marzo 2018.

227    La BCE contesta gli argomenti delle ricorrenti.

228    Sotto un primo profilo, nella misura in cui le ricorrenti sostengono che la BCE non ha tenuto conto di un elemento rilevante, si deve constatare che, al punto 3.3.1, lettera b), ii), della decisione del 17 luglio 2018, il cambiamento della direzione della seconda ricorrente è stato debitamente preso in considerazione e i motivi per i quali tale cambiamento non è stato ritenuto sufficiente a porre rimedio ai problemi riscontrati nel sistema di gestione dei rischi in materia di AML/CFT sono stati analizzati nel dettaglio in detta decisione.

229    Infatti, in primo luogo, nella decisione del 17 luglio 2018, la BCE ha considerato che la nuova direzione della seconda ricorrente, in carica dal 1° novembre 2017, nonostante avesse convenuto con la FSA sull’incapacità della suddetta ricorrente di presentare una strategia non ambigua riguardo alla sua clientela, una definizione dettagliata dei rischi per tale clientela e una valutazione finanziaria dei rischi operativi, e si fosse impegnata a cambiare la strategia commerciale della ricorrente in parola nel periodo 2018‑2021, aveva nondimeno confermato di voler continuare a puntare ai mercati russo e ucraino come propria attività principale.

230    In secondo luogo, è stato rilevato nella decisione del 17 luglio 2018 che, ai sensi del diritto nazionale applicabile (articoli 52, paragrafo 4, e 55, paragrafo 1, della legge estone sugli enti creditizi), la strategia commerciale di un ente creditizio era determinata dal consiglio di vigilanza e non dal consiglio di amministrazione.

231    In terzo luogo, è stato inoltre rilevato nella decisione del 17 luglio 2018 che, nonostante il rinnovo della composizione del consiglio di vigilanza della seconda ricorrente, intervenuto a più riprese tra il 2012 e il 2018, continuavano a far parte di tale consiglio due membri che erano anche azionisti di maggioranza della suddetta ricorrente e che la FSA non aveva identificato alcun cambiamento di strategia riguardo ai principi di gestione del rischio, il che consentiva ragionevolmente di concludere che su tali principi influivano semmai i due azionisti summenzionati. Tale influenza poteva essere confermata anche dalla circostanza che, nonostante tre cambiamenti della direzione tra il 2012 e il 2017, detta ricorrente non aveva mai cambiato il suo modello aziendale né il suo atteggiamento quanto all’inosservanza dei requisiti normativi in materia di AML/CFT.

232    Per tutti questi motivi, la FSA, nel suo progetto di decisione, e la BCE, nella decisione del 17 luglio 2018, hanno concluso che i miglioramenti osservati in seguito al cambiamento della direzione della seconda ricorrente non erano sufficienti ad assicurare il rispetto da parte di quest’ultima della normativa in materia di AML/CFT.

233    Orbene, tali motivi, che peraltro non sono stati contestati in maniera circostanziata dalle ricorrenti nell’ambito del ricorso proposto nella causa T‑584/18, da un lato, dimostrano che la BCE ha effettivamente tenuto conto della nuova direzione di detta ricorrente in quanto elemento rilevante del caso e, dall’altro, non sono viziati da errori di valutazione.

234    Sotto un secondo profilo, nella misura in cui le ricorrenti deducono un errore di valutazione da parte della BCE per quanto riguarda la decisione del 17 luglio 2018, si deve rilevare che la revoca dell’autorizzazione della seconda ricorrente non era basata su una carenza del consiglio di amministrazione, ai sensi dell’articolo 18, lettera c), della direttiva 2013/36, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, di detta direttiva, bensì sulla mancata adozione da parte di tale ricorrente dei provvedimenti necessari per conformarsi ai requisiti normativi in materia di AML/CFT, il che, come è stato sottolineato al punto 231 supra, nonostante la nuova direzione della ricorrente in parola, non è stato validamente contestato dalle ricorrenti.

235    Sotto un terzo profilo, nella misura in cui gli argomenti delle ricorrenti riguardano un errore della BCE nella valutazione della proporzionalità della decisione del 17 luglio 2018, rispetto ad altre misure meno intrusive della revoca dell’autorizzazione, occorre rinviare all’esame della valutazione della proporzionalità (v. punti da 306 a 344 infra).

236    Alla luce di quanto precede, il quinto motivo dev’essere respinto.

b)      Sul quarto motivo, vertente su un errore di valutazione riguardo allerroneità delle informazioni sulle attività della seconda ricorrente in Lettonia

237    Le ricorrenti sostengono che la BCE non poteva basare la decisione del 17 luglio 2018 sulla comunicazione di informazioni errate alla FSA riguardo alle attività transfrontaliere della seconda ricorrente in Lettonia. A loro avviso, in primo luogo, le dichiarazioni fattuali asseritamente inesatte non sono precisate né suffragate da elementi di prova, mentre esse non hanno mai celato le attività che la seconda ricorrente esercitava in Lettonia, apertamente divulgate sul suo sito Internet. In secondo luogo, tali dichiarazioni verterebbero unicamente su una questione di distinzione terminologica tra «ufficio di rappresentanza» e «servizio/ufficio transfrontaliero» o tra «ufficio di sostegno» e «succursale». In terzo luogo, la procedura di passaporto per l’esercizio delle attività finanziarie transfrontaliere in altri paesi che la suddetta ricorrente non ha rispettato sarebbe una procedura puramente formale e la medesima ricorrente l’avrebbe rispettata per le sue attività in Germania, in Svezia e nel Regno Unito. In quarto luogo, tale questione sarebbe ormai irrilevante, in quanto sarebbe stata oggetto di un accordo transattivo dinanzi a un giudice amministrativo lettone e né la FSA né l’ANC lettone avrebbero inflitto sanzioni a detta ricorrente per questo motivo. In quinto luogo, sarebbe richiesta una particolare gravità affinché dichiarazioni siffatte conducano alla revoca dell’autorizzazione.

238    Inoltre, le ricorrenti sostengono che la FSA ha tenuto un atteggiamento ambivalente a partire dall’adozione della decisione FOLTF e non ha fatto comprendere alla seconda ricorrente che considerava ancora aperta la questione. Esse si basano al riguardo sul comunicato stampa della suddetta ricorrente del 28 luglio 2017, nel quale sarebbe riassunto l’accordo transattivo dinanzi all’ANC lettone e dal quale risulterebbe che il caso riguardante le attività della seconda ricorrente in Lettonia era chiuso. Aggiungono che sarebbe assurdo considerare una semplice inesattezza come un motivo per revocare l’autorizzazione di un ente creditizio. Chiedono al Tribunale di ingiungere alla FSA e alla BCE di identificare le dichiarazioni asseritamente fuorvianti e di comunicare i documenti nei quali la FSA e la BCE avrebbero indicato la questione come ancora in sospeso, nonostante l’accordo transattivo dinanzi al giudice amministrativo lettone. Chiedono inoltre che sia ordinato ai rappresentanti della FSA e della BCE di testimoniare su questo punto.

239    La BCE contesta le affermazioni delle ricorrenti.

240    In limine, si deve ricordare che il considerando 19 della direttiva 2013/36 dispone che «[g]li enti creditizi autorizzati nel loro Stato membro d’origine dovrebbero poter esercitare in tutta l’Unione tutte o parte delle attività che figurano nell’elenco delle attività soggette al mutuo riconoscimento, tramite lo stabilimento di succursali o mediante prestazione di servizi».

241    A termini del considerando 20 della direttiva 2013/36, «[è] opportuno estendere il beneficio del mutuo riconoscimento a tali attività qualora siano esercitate da enti finanziari che sono filiazioni di enti creditizi, purché tali filiazioni siano incluse nella vigilanza su base consolidata cui è sottoposta la loro impresa madre e soddisfino alcune rigorose condizioni».

242    Nell’ambito del capo 2 del titolo V della direttiva 2013/36, concernente il diritto di stabilimento degli enti creditizi, gli articoli 35 e 36 pongono un obbligo di notifica e disciplinano i rapporti tre le autorità competenti.

243    L’articolo 35 della direttiva 2013/36 prevede che ogni ente creditizio che intenda stabilire una succursale nel territorio di un altro Stato membro lo notifica all’autorità competente del suo Stato membro d’origine (paragrafo 1). Tale notifica deve essere accompagnata da informazioni riguardanti, tra l’altro, lo Stato membro nel cui territorio l’ente creditizio intende stabilire una succursale, un programma di attività nel quale siano indicati il tipo di operazioni che si intendono effettuare e la struttura dell’organizzazione della succursale, il recapito nello Stato membro ospitante presso il quale possono essere richiesti i documenti e i nominativi delle persone che saranno responsabili della gestione della succursale (paragrafo 2).

244    L’articolo 35, paragrafo 4, della direttiva 2013/36 dispone che, «[q]ualora le autorità competenti dello Stato membro d’origine rifiutino di comunicare le informazioni di cui al paragrafo 2 alle autorità competenti dello Stato membro ospitante, esse comunicano le ragioni di tale rifiuto all’ente creditizio interessato entro i tre mesi successivi al ricevimento di tutte le informazioni».

245    L’articolo 36, paragrafi da 1 a 4, della direttiva 2013/36 è così formulato:

«1.      Prima che la succursale dell’ente creditizio avvii le attività, le autorità competenti dello Stato membro ospitante dispongono di un periodo di due mesi dalla data di ricevimento delle informazioni di cui all’articolo 35 per predisporre la vigilanza sull’ente creditizio conformemente al capo 4 e per indicare, se del caso, le condizioni alle quali, per motivi di interesse generale, tali attività sono esercitate nello Stato membro ospitante.

2.      La succursale può stabilirsi e iniziare l’attività dal momento in cui riceve una comunicazione delle autorità competenti dello Stato membro ospitante o, in caso di silenzio da parte di tali autorità, dalla scadenza del termine di cui al paragrafo 1.

3.      In caso di modifica di una delle informazioni comunicate a norma dell’articolo 35, paragrafo 2, lettere b), c) o d), l’ente creditizio notifica per iscritto la modifica in questione alle autorità competenti dello Stato membro d’origine e dello Stato membro ospitante almeno un mese prima di procedere al cambiamento al fine di permettere alle autorità competenti dello Stato membro d’origine di adottare una decisione a seguito di una notifica ai sensi dell’articolo 35, e le autorità competenti dello Stato membro ospitante possano adottare la decisione che fissa le condizioni della modifica ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo.

4.      Per le succursali che hanno iniziato l’attività, secondo le disposizioni dello Stato membro ospitante, prima del 1° gennaio 1993, si presume che esse siano già state oggetto delle procedure stabilite all’articolo 35 e ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo. Ad esse si applicano, a decorrere dal 1° gennaio 1993, il paragrafo 3 del presente articolo, gli articoli 33 e 52 e il capo 4».

246    L’articolo 39 della direttiva 2013/36, rubricato «Procedura di notifica», prevede, ai paragrafi 1 e 2, quanto segue:

«1.      Ciascun ente creditizio che voglia esercitare per la prima volta la propria attività nel territorio di un altro Stato membro nel quadro della libera prestazione di servizi notifica alle autorità competenti dello Stato membro d’origine quali delle attività comprese nell’elenco di cui all’allegato I intenda esercitare.

2.      Le autorità competenti dello Stato membro d’origine comunicano alle autorità competenti dello Stato membro ospitante la notifica di cui al paragrafo 1, entro il termine di un mese a decorrere dal ricevimento di detta notifica».

247    L’articolo 67, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 è formulato come segue:

«Il presente articolo si applica almeno in presenza di una delle seguenti circostanze:

a)      un ente ha ottenuto l’autorizzazione presentando false dichiarazioni o con qualsiasi altro mezzo irregolare;

(...)

e)      un ente non comunica le informazioni o fornisce informazioni incomplete o inesatte alle autorità competenti in ordine all’osservanza dell’obbligo di soddisfare i requisiti in materia di fondi propri di cui all’articolo 92 del regolamento [n. 575/2013], in violazione dell’articolo 99, paragrafo 1, di tale regolamento;

f)      un ente non comunica le informazioni o fornisce informazioni incomplete o inesatte alle autorità competenti in ordine ai dati di cui all’articolo 101 del regolamento [n. 575/2013];

g)      un ente non comunica le informazioni o fornisce informazioni incomplete o inesatte alle autorità competenti sulle grandi esposizioni, in violazione dell’articolo 394, paragrafo 1, del regolamento [n. 575/2013];

h)      un ente non comunica le informazioni o fornisce informazioni incomplete o inesatte alle autorità competenti sulla liquidità, in violazione dell’articolo 415, paragrafi 1 e 2, del regolamento [n. 575/2013];

i)      un ente non comunica le informazioni o fornisce informazioni incomplete o inesatte alle autorità competenti sul coefficiente di leva finanziaria, in violazione dell’articolo 430, paragrafo 1, del regolamento [n. 575/2013];

(...)

m)      un ente non comunica le informazioni, o fornisce informazioni incomplete o inesatte, in violazione dell’articolo 431, paragrafi 1, 2 e 3 o dell’articolo 451, paragrafo 1, del regolamento [n. 575/2013];

(...)».

248    Al punto 3.3.1, lettera d), della decisione del 17 luglio 2018, basandosi sul progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione della FSA, la BCE ha considerato che la seconda ricorrente aveva violato la legislazione lettone che recepisce gli articoli da 35 a 38 della direttiva 2013/36, stabilendosi in Lettonia con una succursale senza avere rispettato le procedure previste e quindi illegittimamente, nonché fornendo false informazioni alla FSA in ordine al suo stabilimento in Lettonia. Da un canto, la FSA si è basata su due lettere inviatele da detta ricorrente: nella prima, quest’ultima negava di avere avuto una succursale in Lettonia, sebbene fosse stato dimostrato il contrario, e, nella seconda, affermava di avere chiuso la sua succursale in Lettonia, sebbene essa fosse ancora operativa. Dall’altro, la FSA aveva tenuto conto degli elementi di prova raccolti durante un’ispezione in loco che aveva effettuato tra il 5 settembre e il 14 novembre 2016, dai quali risultava che tale ricorrente aveva fornito servizi finanziari tramite una succursale stabilita in Lettonia fin dall’ottobre 2013.

249    Le ricorrenti contestano in sostanza la natura cogente della procedura di notifica (cosiddetta di «passaporto») prevista agli articoli 35 e 36 della direttiva 2013/36.

250    A tale proposito, si deve osservare che la direttiva 2013/36 ha come scopo l’armonizzazione delle condizioni di rilascio dell’autorizzazione per l’accesso alle attività finanziarie degli enti creditizi in tutta l’Unione al fine di consentire a un ente autorizzato nel proprio Stato membro di essere autorizzato ad esercitare tutte o parte delle sue attività in tutta l’Unione tramite lo stabilimento di succursali o mediante prestazione di servizi, beneficiando del mutuo riconoscimento, come risulta parimenti dal considerando 19 di detta direttiva.

251    Inoltre, dagli articoli da 35 a 38 della direttiva 2013/36 emerge che il legislatore dell’Unione ha voluto istituire, per gli enti creditizi che intendano stabilire una succursale in un altro Stato membro, un sistema di notifica all’autorità competente dello Stato membro d’origine. Quest’ultima è quindi l’autorità competente a valutare se sussistano le condizioni per l’accesso di tale succursale alle attività finanziarie in un altro Stato membro.

252    Il potere decisionale dell’autorità competente dello Stato membro d’origine riguarda in particolare il carattere sufficiente e completo delle informazioni elencate al paragrafo 2 dell’articolo 35 della direttiva 2013/36, che devono essere comunicate all’autorità nazionale competente dello Stato ospitante, nonché il controllo dell’adeguatezza della struttura amministrativa o della situazione finanziaria dell’ente creditizio che intende stabilire una succursale in un altro Stato membro. In caso di dubbio, tali informazioni non vengono comunicate e l’ente creditizio interessato viene informato dei motivi del rifiuto.

253    Il potere di rifiutare la comunicazione e la discrezionalità di cui dispone l’autorità competente dello Stato membro d’origine per valutare le informazioni che devono essere comunicate dall’ente creditizio che intende stabilire una succursale in un altro Stato membro dimostrano che la procedura di notifica, cosiddetta di «passaporto», non è una mera formalità.

254    Inoltre, dall’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2013/36 risulta che l’autorità nazionale competente dello Stato membro ospitante predispone la vigilanza della succursale solo dopo avere ricevuto le informazioni di cui all’articolo 35 della medesima direttiva. Ne discende che la notifica di tali informazioni costituisce una formalità essenziale affinché la suddetta autorità competente possa esercitare la sua attività di vigilanza sulla succursale di un ente creditizio di un altro Stato membro.

255    Siffatta conclusione è corroborata da una lettura teleologica e sistematica della direttiva 2013/36 e in particolare dei capi 2 e 3 del titolo V di detta direttiva. Infatti, la ratio di tali disposizioni è conciliare la possibilità per un ente creditizio autorizzato in uno Stato membro di esercitare la sua libertà di prestazione di servizi e il suo diritto di stabilimento in altri Stati membri con l’obbligo di vigilanza prudenziale sulle eventuali succursali di detto ente in altri Stati membri. Nell’ottica di agevolare l’esercizio di questo diritto e il mutuo riconoscimento delle autorizzazioni all’interno dell’Unione, in un periodo in cui la competenza per il rilascio di tali autorizzazioni spettava alle autorità nazionali, il legislatore ha scelto, nella direttiva 2013/36, di concentrare nelle mani dell’autorità competente dello Stato membro d’origine la responsabilità di verificare la sussistenza delle condizioni per l’esercizio delle attività finanziarie di una succursale di un ente creditizio. Detta autorità si trova infatti nella posizione migliore per conoscere la struttura organizzativa e la politica commerciale di quest’ultimo e per assistere, fornendo tali informazioni, l’autorità competente dello Stato membro ospitante nel suo compito di vigilanza sulla succursale stabilita nel suo territorio.

256    Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che la procedura di notifica cosiddetta di «passaporto» ha natura cogente.

257    Orbene, le ricorrenti non contestano il fatto che la seconda ricorrente non abbia avviato la procedura di notifica, ma si limitano semplicemente a rimettere in discussione la gravità del suo comportamento, che a loro avviso configurerebbe una mera inosservanza di requisiti puramente formali. Tuttavia, dalle considerazioni esposte ai punti da 248 a 256 supra risulta che la procedura di notifica violata da detta ricorrente non costituisce una mera formalità, bensì un obbligo legale. Pertanto, essa ha stabilito una succursale in Lettonia e ha svolto attività finanziarie illegalmente.

258    Per di più, dal momento che la FSA ha fornito alla BCE una spiegazione dettagliata dei risultati delle sue indagini su tale questione, da cui emerge peraltro che la seconda ricorrente forniva servizi finanziari in Lettonia a clienti sia lettoni sia di paesi terzi e che detti clienti reclutati in Lettonia avevano generato, tra il novembre 2013 e l’agosto 2016, il 66% del totale delle entrate derivanti dai servizi forniti dalla seconda ricorrente, e che questi risultati non sono stati assolutamente rimessi in discussione in modo circostanziato dalle mere affermazioni non dimostrate della seconda ricorrente, i fatti di cui trattasi devono essere ritenuti accertati.

259    Orbene, la fornitura di servizi finanziari ai clienti lettoni e la quota significativa che essa rappresentava nelle entrate della seconda ricorrente dimostrano che la succursale in Lettonia non poteva costituire un semplice ufficio di rappresentanza o di sostegno.

260    In siffatte circostanze, non si può ritenere che le valutazioni della FSA relative alla falsità delle informazioni fornitele nelle due lettere del 26 settembre 2013 e del 9 febbraio 2016 siano erronee. Infatti, mentre le ricorrenti affermano che le attività della suddetta succursale non erano dirette ai lettoni, bensì a clienti di paesi terzi, dagli elementi dettagliati raccolti dalla FSA durante la sua ispezione in loco risulta che il 66% delle entrate della suddetta ricorrente derivava dalle attività della succursale in parola e che il 3% dei conti accesi presso tale succursale era detenuto da residenti lettoni. Si deve constatare che le ricorrenti non hanno nemmeno tentato di contestare le cifre fornite dalla FSA alla BCE.

261    Infine, occorre respingere gli argomenti con cui le ricorrenti addebitano alla BCE di non avere analizzato la gravità dei comportamenti della seconda ricorrente.

262    A tale proposito, da un lato, si deve sottolineare che la comunicazione di false informazioni a un’autorità nazionale di vigilanza è intrinsecamente grave in quanto può rimettere in discussione l’attendibilità delle informazioni comunicate dagli enti creditizi sottoposti a vigilanza, necessaria per garantire l’effettività e l’efficacia del compito delle ANC nonché il sistema di fiducia reciproca tra le stesse, che l’istituzione della procedura di notifica, cosiddetta di «passaporto», mira a garantire nell’ambito dell’MVU.

263    L’importanza per le ANC di disporre delle informazioni necessarie e di poter contare su informazioni corrette per assolvere le loro funzioni di vigilanza prudenziale e, pertanto, la gravità del comportamento di un ente creditizio che violi i propri obblighi di informazione sono inoltre confermate dalla formulazione dell’articolo 67, paragrafo 1, lettere a), da e) a i) e m), della direttiva 2013/36, il quale prevede tra i casi di revoca dell’autorizzazione [in virtù del rinvio operato dall’articolo 18, lettera f), della medesima direttiva a tale disposizione] l’omissione di informazioni nei casi di cui alle lettere da e) a i) e m) di quest’ultimo articolo e la comunicazione di informazioni errate ai fini dell’ottenimento di un’autorizzazione nel caso di cui alla lettera a) del medesimo articolo.

264    Dall’altro lato, è vero che la BCE doveva tenere conto dell’esistenza di una «transazione giudiziaria amministrativa» tra l’ente creditizio e l’autorità competente dello Stato membro ospitante, con la quale detto ente si impegnava a porre fine alle violazioni di cui trattasi, nell’ambito della propria valutazione della proporzionalità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione, non essendo sufficiente a tal fine affermare che le suddette violazioni costituiscono motivi per una revoca siffatta in forza del diritto nazionale estone (articolo 17, paragrafo 1, punti 2 e 15, della legge estone sugli enti creditizi).

265    Tuttavia, si deve constatare che, nell’ambito della «transazione giudiziaria amministrativa» in questione, la seconda ricorrente si impegnava a rispettare pienamente la decisione dell’ANC lettone che le vietava di fornire servizi finanziari in Lettonia e di reclutare nuovi clienti in Lettonia e le imponeva di porre fine alle relazioni contrattuali con i clienti esistenti in Lettonia e alle relazioni commerciali con i clienti reclutati in base al principio della libertà di prestazione di servizi in Lettonia.

266    Inoltre, da un canto, la «transazione giudiziaria amministrativa» di cui trattasi non è idonea a rendere legittimi per il passato i comportamenti illeciti della seconda ricorrente, ma solo ad evitare eventuali altri provvedimenti, sanzioni comprese, per il futuro.

267    Dall’altro, risulta dal comunicato stampa dell’ANC lettone che, per continuare a prestare servizi in Lettonia, la seconda ricorrente avrebbe dovuto prima ottenere l’autorizzazione conformemente alle procedure normativamente previste. Ciò dimostra che la situazione non era completamente risolta, in quanto detta ricorrente non aveva ancora avviato alcuna procedura volta ad ottenere un’autorizzazione.

268    Da quanto precede deriva che il quarto motivo non può essere accolto. Pertanto, il presente gruppo di motivi dev’essere respinto.

4.      Sui motivi sesto, dodicesimo e diciottesimo, vertenti su un errore di valutazione, in quanto la BCE si sarebbe basata a torto sulla violazione del precetto della FSA, e sulla violazione del principio della certezza del diritto

269    Con il diciottesimo motivo le ricorrenti lamentano la violazione del principio della certezza del diritto, in quanto, nel precetto, la FSA non avrebbe definito con precisione le sue aspettative riguardo ai requisiti normativi da rispettare in materia di AML/CFT. Detto precetto avrebbe previsto nella parte operativa un’ammenda di EUR 32 000 in caso di inosservanza di tali requisiti, il che poteva far sorgere in capo alla seconda ricorrente la legittima aspettativa che, prima di una revoca dell’autorizzazione, detta ANC avrebbe adottato misure prudenziali meno intrusive. Nell’ambito del sesto motivo, le ricorrenti osservano che tale ANC, nel suo progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione, e la BCE, nella decisione del 17 luglio 2018, non hanno definito i requisiti normativi e i criteri standardizzati che la suddetta ricorrente non avrebbe rispettato e in riferimento ai quali è stata effettuata la valutazione di non conformità.

270    Nell’ambito del dodicesimo motivo, le ricorrenti sostengono che la violazione di un precetto di un’ANC non costituisce un valido motivo di revoca dell’autorizzazione, tanto più quando, come nella specie, il precetto è formulato in modo vago, senza precisare quali misure correttive concrete debbano adottarsi. Il testo del precetto della FSA, allegato al controricorso della BCE, farebbe rinvio al contenuto di una relazione dell’ispezione in loco effettuata tra il 13 aprile e il 12 giugno 2015, che tuttavia non sarebbe allegata al fascicolo. Incomberebbe alla BCE l’onere di dimostrare che l’istruzione aveva un contenuto specifico. La decisione del 17 luglio 2018 lascerebbe vagamente intendere che il precetto in questione non è stato pienamente rispettato o non lo è stato entro il termine impartito. Un simile motivo non giustificherebbe la misura di vigilanza più intrusiva, ossia la revoca dell’autorizzazione. Infine, le ricorrenti affermano che la seconda ricorrente ha chiesto chiarimenti sul contenuto specifico dei requisiti normativi in materia di AML/CFT, ma non li ha ricevuti.

271    La BCE respinge gli argomenti delle ricorrenti.

272    Occorre rammentare che, a termini dell’articolo 74, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2013/36:

«1.      Gli enti sono dotati di solidi dispositivi di governance, ivi compresa una chiara struttura dell’organizzazione con linee di responsabilità ben definite, trasparenti e coerenti, di processi efficaci per l’identificazione, la gestione, la sorveglianza e la segnalazione dei rischi ai quali sono o potrebbero essere esposti, e di adeguati meccanismi di controllo interno, ivi comprese valide procedure amministrative e contabili nonché politiche e prassi di remunerazione che riflettano e promuovano una sana ed efficace gestione del rischio.

2.      I dispositivi, i processi e i meccanismi di cui al paragrafo 1 devono essere completi e proporzionati alla natura, all’ampiezza e alla complessità dei rischi inerenti al modello imprenditoriale e alle attività dell’ente. Si tiene conto dei criteri tecnici stabiliti negli articoli da 76 a 95».

273    Secondo la giurisprudenza, il principio della certezza del diritto esige che s’interpreti la norma inquadrandola solo nella disciplina vigente (sentenza del 14 luglio 1971, Henck, 12/71, EU:C:1971:86, punto 5) e richiede che ogni atto dell’amministrazione che produca effetti giuridici sia chiaro, preciso e portato a conoscenza dell’interessato in modo tale che questi possegga la certezza del momento a decorrere dal quale l’atto stesso esiste ed è produttivo di effetti giuridici (v. sentenza del 22 gennaio 1997, Opel Austria/Consiglio, T‑115/94, EU:T:1997:3, punto 124 e giurisprudenza citata).

274    Nella specie, al punto 3.3.1, lettera c), della decisione del 17 luglio 2018, la BCE ha rilevato, sulla base del progetto di decisione della FSA, che la seconda ricorrente non aveva rispettato il precetto in questione, adottato l’8 agosto 2016, con cui le veniva imposto i) di applicare le norme di procedura, ii) di applicare correttamente l’articolo 13, paragrafo 1, punti da 3 a 5, della legge estone in materia di AML/CFT, nella versione in vigore al momento dell’adozione del precetto, e di evitare, se del caso, di avviare relazioni commerciali, iii) di verificare che dette disposizioni fossero state applicate correttamente alle relazioni commerciali esistenti e, se necessario, di applicare nuovamente le procedure di adeguata verifica della clientela, iv) di evitare, se del caso, di effettuare operazioni ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 2, di detta legge, nella versione in vigore al momento dell’adozione del precetto, v) di riferire alla cellula di informazione finanziaria qualora un’attività o altre circostanze potessero costituire un indizio della commissione o di un tentativo di riciclaggio del denaro o di finanziamento del terrorismo, o qualora detta ricorrente avesse motivo di ritenere o fosse a conoscenza del fatto che si trattava di riciclaggio del denaro o di finanziamento del terrorismo, e vi) di fornire alla FSA, entro il 9 dicembre 2016, una relazione sulle modalità con le quali tale ricorrente si era conformata al menzionato precetto. La BCE ha concluso che, non essendosi conformata pienamente al precetto in questione entro il termine previsto, la seconda ricorrente aveva violato l’articolo 17, paragrafo 1, punto 14, della legge estone sugli enti creditizi e che tale violazione del diritto nazionale costituiva un ulteriore motivo di revoca dell’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 18, lettera f), della direttiva 2013/36.

275    Le ricorrenti considerano, in sostanza, che il precetto in questione non poteva essere rispettato, in quanto si limitava a richiamare le disposizioni alle quali la seconda ricorrente doveva conformarsi e che l’obiettivo di ripristinare la legalità non è un obiettivo legittimo per revocare un’autorizzazione a un ente creditizio.

276    In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, l’obiettivo di un provvedimento di revoca dell’autorizzazione è porre fine alle violazioni ripetute dei requisiti normativi che tutti gli enti creditizi sono tenuti a rispettare. In tale contesto, l’adozione di un precetto da parte dell’ANC si limita a confermare che il suo destinatario ha avuto diverse opportunità per conformarvisi e che la misura più intrusiva, la revoca dell’autorizzazione, è stata adottata solo in ultima istanza.

277    In secondo luogo, non è plausibile che, dopo diversi avvertimenti dell’ANC e numerosi scambi con quest’ultima a tale proposito, ivi compresa la possibilità di presentare osservazioni sulle relazioni delle ispezioni che le sono state comunicate e di chiedere informazioni formalmente o informalmente nel corso della procedura, un ente creditizio non comprenda come attuare disposizioni legali, quali quelle vigenti in materia di AML/CFT. Inoltre, dev’essere respinta, in quanto non è corroborata in alcun modo, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui la FSA e la BCE avrebbero loro negato le informazioni che avevano chiesto.

278    A tale proposito, occorre precisare che la FSA ha effettuato quattro ispezioni in loco. Il precetto in questione è stato adottato l’8 agosto 2016, dopo la prima di tali ispezioni in loco, intervenuta nel 2015. Durante la seconda ispezione in loco, nell’autunno 2016, la FSA ha constatato che le carenze riscontrate persistevano e che la seconda ricorrente non si era ancora conformata al precetto. A seguito di tale seconda ispezione in loco, la suddetta ricorrente ha avuto l’opportunità di presentare osservazioni e si sono tenute varie riunioni con la FSA nell’autunno 2016. La FSA ha condotto una terza ispezione in loco nel settembre 2017, la cui relazione è stata comunicata il 4 ottobre 2017 a detta ricorrente, la quale ha potuto presentare le proprie osservazioni. Oltre al fatto che la medesima ricorrente ha sempre avuto la possibilità di chiedere spiegazioni alla FSA nel caso in cui non le fossero bastate le indicazioni, fornite a più riprese, riguardo alle unità strutturali che doveva costituire, alle unità di personale necessarie, alle norme di procedura richieste, alle norme concernenti la separazione che occorreva mantenere tra le unità specifiche e ai flussi di informazioni da realizzare, si deve constatare che la ricorrente in questione ha avuto a disposizione quattordici mesi fra tale precetto e la comunicazione della suddetta relazione e ulteriori sei mesi fino alla revoca dell’autorizzazione per comprendere i requisiti normativi e conformarvisi.

279    In terzo luogo, sebbene la BCE osservi che il precetto in questione deve essere letto congiuntamente alla relazione della seconda ispezione in loco, comunicata alla seconda ricorrente, si deve constatare che la decisione del 17 luglio 2018 è sufficientemente chiara e precisa riguardo ai requisiti normativi cui la suddetta ricorrente doveva conformarsi.

280    Per quanto riguarda l’insufficienza dei dispositivi di governance addebitata, la decisione del 17 luglio 2018 precisa che, nonostante l’esistenza, in seno alla seconda ricorrente, di unità organizzative e di norme di procedura adeguate, tali unità erano carenti di personale ed eccessivamente oberate di funzioni e le norme procedurali interne non erano applicate correttamente. Tali carenze sono state osservate riguardo a tre linee di difesa relative, rispettivamente, ai controlli sulle singole operazioni da parte dei gestori della clientela, alle funzioni di rilevazione, gestione e monitoraggio dei rischi, alla mancanza di una separazione effettiva tra la prima e la seconda linea di difesa (assunzione di rischi e gestione dei rischi), che determinava situazioni di grave conflitto di interessi, e alle funzioni di revisione contabile interna. Sebbene già nel 2013 e nel 2014 i responsabili del rilevamento, della gestione e del monitoraggio dei rischi avessero individuato e segnalato al consiglio di amministrazione che le disposizioni interne non erano rispettate, quest’ultimo non aveva reagito in modo adeguato, in violazione dell’articolo 55, paragrafo 2, punto 31, della legge estone sugli enti creditizi, che recepisce l’articolo 88 della direttiva 2013/36. Per di più, il consiglio di amministrazione non aveva fornito il personale necessario ai soggetti responsabili della conformità, che rappresentavano la seconda linea di difesa, in violazione dell’articolo 31, paragrafo 2, della legge estone in materia di AML/CFT, che recepisce la direttiva 2015/849, nella versione applicabile al momento dell’adozione del precetto.

281    Per quanto riguarda le carenze addebitate in materia di AML/CFT, la decisione del 17 luglio 2018 precisa che era stato riscontrato un numero significativo di operazioni anomale. L’esborso medio della seconda ricorrente nel 2015 era quattro volte superiore e l’incasso medio sette volte superiore alla media del sistema bancario estone. Tali pagamenti erano stati effettuati principalmente da clienti che presentavano un alto livello di rischio in materia e rappresentavano circa il 97% di tutti i trasferimenti effettuati in Estonia nel 2015. Nonostante le ripetute segnalazioni della FSA riguardo alla necessità che la suddetta ricorrente attuasse una nuova strategia commerciale rispondente alle preoccupazioni espresse, e nonostante gli annunci dei tre diversi consigli di amministrazione di tale ricorrente di voler cambiare il modello aziendale, i risultati della terza ispezione in loco avevano dimostrato che la strategia commerciale della ricorrente non era cambiata in modo significativo e che questa continuava pertanto ad operare in un segmento di mercato caratterizzato da rischi più elevati nel settore in questione.

282    Veniva inoltre precisato che la mancanza di norme efficaci in materia di AML/CFT per gestire i rischi connessi al modello aziendale della seconda ricorrente era stata osservata, da un lato, in relazione alle misure di adeguata verifica della clientela al momento dell’instaurazione di nuovi rapporti contrattuali nonché alla mancanza di un controllo costante dei rapporti commerciali esistenti e, dall’altro, in relazione al controllo delle operazioni effettuate e del profilo di rischio dei clienti in questione. È stato considerato che le carenze riscontrate erano di carattere strutturale e non riguardavano solo casi isolati.

283    Oltre a ciò, nonostante alcune modifiche delle politiche di controllo del rischio in materia di AML/CFT e la riduzione dei clienti ad alto rischio da parte della seconda ricorrente, tali misure sono state considerate inefficaci, in quanto non garantivano un controllo costante dei rapporti commerciali esistenti, neanche per quanto riguarda l’origine dei fondi utilizzati nelle operazioni effettuate, e non individuavano né verificavano le operazioni complesse, collegate e di importo anormalmente elevato né le operazioni prive di un obiettivo economico chiaro.

284    Le attività del consiglio di amministrazione e del consiglio di vigilanza della seconda ricorrente in materia di AML/CFT e di gestione del rischio sono state parimenti considerate carenti in quanto il consiglio di amministrazione non aveva determinato il livello di tolleranza al rischio della ricorrente, non aveva istituito un sistema separato di valutazione dei rischi in tale materia e non aveva predisposto un’analisi dei rischi operativi, compresa un’analisi approfondita dei rischi in detta materia, in violazione dell’articolo 55, paragrafo 2, punti 2 e 3, della legge estone sugli enti creditizi.

285    La BCE ha effettivamente tenuto conto del rinnovo del consiglio di amministrazione della seconda ricorrente che ha avuto luogo nel novembre 2017 e delle dichiarazioni con cui quest’ultimo prendeva le distanze dalle precedenti politiche commerciali, riconosceva la persistente mancanza di una strategia non ambigua riguardo alla clientela e annunciava di voler elaborare una nuova strategia commerciale per gli anni dal 2018 al 2021. Tuttavia, la BCE ha osservato, da un lato, che il nuovo consiglio di amministrazione aveva confermato l’intenzione della suddetta ricorrente di proseguire la sua precedente strategia commerciale, il che induceva a dubitare della concreta possibilità che la medesima ricorrente desse effettivamente attuazione ai cambiamenti annunciati.

286    Dall’altro lato, la BCE ha ricordato che, se pure un cambio di consiglio di amministrazione può influire sulla strategia di un ente creditizio, l’approvazione delle decisioni strategiche di tale ente, secondo l’articolo 52, paragrafo 4, della legge estone sugli enti creditizi, rientra piuttosto nella competenza del consiglio di vigilanza. Nella specie, tuttavia, il cambiamento nella composizione del consiglio di vigilanza non aveva riguardato due membri, due azionisti di maggioranza della seconda ricorrente, i quali esercitavano probabilmente un’influenza sulla strategia e sui principi di gestione del rischio di quest’ultima, cosicché nessun cambiamento radicale e sostanziale poteva essere attuato o ragionevolmente previsto per il futuro. A tale proposito, i miglioramenti del sistema addotti dalla seconda ricorrente dinanzi alla FSA sono stati considerati insufficienti in termini di piena conformità alle disposizioni legali applicabili in materia di AML/CFT.

287    Risulta quindi chiaramente che i requisiti normativi violati sono descritti in modo molto dettagliato in relazione a situazioni concrete, in particolare per quanto riguarda i) la mancanza di dispositivi di governance adeguati al modello aziendale della seconda ricorrente, incentrato sulla fornitura di servizi finanziari a clienti professionali non residenti ad elevato valore netto e con un alto profilo di rischio, quali richiesti invece dalle disposizioni nazionali che recepiscono l’articolo 74 della direttiva 2013/36, ii) l’insufficienza delle unità organizzative incaricate di attuare le norme procedurali di difesa e di gestione del rischio in materia di AML/CFT, segnatamente in fatto di rilevamento, gestione e monitoraggio dei rischi, identificazione dei clienti prima e nel corso dei rapporti contrattuali, controlli sulle singole operazioni da parte dei gestori dei clienti nonché omessa separazione tra le funzioni di controllo dell’assunzione di rischi, da un lato, e di gestione dei rischi, dall’altro, che poteva determinare situazioni di conflitto di interessi, iii) le carenze relative alle funzioni di revisione contabile interna, iv) la mancanza di procedure interne o l’inosservanza delle procedure interne esistenti, v) l’esistenza di un numero significativo di operazioni anomale relative a clienti a rischio elevato, che rappresentavano circa il 97% di tutti i trasferimenti effettuati in Estonia (nel 2015), vi) l’assenza di procedure di adeguata verifica della clientela al momento dell’instaurazione di nuovi rapporti contrattuali nonché la mancanza di un controllo costante dei rapporti commerciali esistenti, anche riguardo all’origine dei fondi e all’individuazione delle operazioni complesse, di importo anormalmente elevato o prive di un obiettivo economico chiaro, e vii) le attività carenti dei consigli di amministrazione e di vigilanza per quanto concerne la gestione del rischio in materia di AML/CFT, i quali non avevano né determinato il livello di rischio tollerabile della seconda ricorrente, né attuato un sistema di valutazione dei rischi separato in materia di AML/CFT, né predisposto un’analisi dei rischi operativi.

288    Pertanto, in siffatte circostanze, la seconda ricorrente non può validamente dedurre alcuna violazione del principio della certezza del diritto, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 273 supra.

289    In quarto luogo, si deve constatare che la seconda ricorrente non ha mai negato di non avere pienamente rispettato il precetto in parola entro il termine impartito o che, secondo il diritto nazionale estone, l’inosservanza di un precetto della FSA costituisca un motivo che giustifica la revoca dell’autorizzazione.

290    A tale proposito, risulta dal fascicolo che tutte le suddette carenze in materia di AML/CFT, ricordate al punto 287 supra, tenuto conto della loro persistenza per vari anni e della loro entità, erano considerate di carattere strutturale e non erano state debitamente corrette dalle misure di miglioramento che la seconda ricorrente aveva adottato. In particolare, la mera «riduzione» dei clienti ad alto rischio non poteva risolvere tutte le questioni sopra menzionate. Inoltre, l’ennesimo cambio di consiglio di amministrazione non aveva prodotto gli effetti desiderati, giacché la strategia commerciale della seconda ricorrente non era cambiata in modo sostanziale e non sembrava verosimile che sarebbe cambiata entro un termine ragionevole, per i motivi esposti ai punti da 229 a 232 supra.

291    Ad eccezione dei riferimenti ai miglioramenti introdotti per quanto riguarda la riduzione dei clienti ad alto rischio e il cambio del consiglio di amministrazione, la seconda ricorrente non contesta in maniera circostanziata tutte le carenze menzionate al punto 287 supra.

292    Ne consegue che, poiché l’inosservanza del precetto in questione costituisce effettivamente un motivo di revoca dell’autorizzazione ai sensi del diritto nazionale, e quindi ai sensi dell’articolo 18, lettera f), della direttiva 2013/36, e poiché la seconda ricorrente non ha pienamente rispettato il precetto in parola entro il termine impartito, si deve concludere che la BCE non ha commesso alcun errore di valutazione nel basarsi anche su tale motivo per giustificare la revoca dell’autorizzazione.

293    In quinto luogo, nella misura in cui le ricorrenti addebitano alla BCE di non avere definito i requisiti normativi in base ai quali valutare l’inosservanza del precetto in questione da parte della seconda ricorrente, occorre rilevare che tali requisiti sono stabiliti nelle disposizioni legislative del diritto nazionale estone che recepiscono le direttive in materia di AML/CFT. Tali disposizioni devono essere attuate secondo le caratteristiche specifiche di ciascun ente creditizio. Il modo di conformarvisi deve quindi essere adeguato a queste ultime e rientra nella discrezionalità dell’ente creditizio stesso. Se l’autorità di vigilanza competente, nella fattispecie la FSA, ritiene che le modalità adottate dall’ente creditizio interessato non siano adeguate, lo comunica a quest’ultimo e gli suggerisce misure correttive. Nella specie, come rilevato al punto 278 supra, la suddetta ricorrente ha avuto modo di comprendere nell’ambito dei suoi numerosi scambi con la FSA quali azioni correttive adeguate avrebbe potuto e dovuto intraprendere per conformarsi a tali requisiti.

294    In sesto luogo, nella misura in cui le ricorrenti affermano che il precetto in questione non consentiva di comprendere che la revoca dell’autorizzazione della seconda ricorrente costituiva una possibilità in caso di inosservanza dei requisiti normativi in materia di AML/CFT e affermano, in sostanza, che detta ricorrente rischiava solo un’ammenda, si deve sottolineare, al pari della BCE, che il punto 4.8 di tale precetto indica espressamente che «la sanzione che la FSA poteva adottare per le infrazioni constatate consisteva nella revoca dell’autorizzazione in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, della legge estone sugli enti creditizi e che, tuttavia, in forza del paragrafo 2 della medesima disposizione, prima di pronunciarsi sulla revoca di un’autorizzazione, la FSA poteva emettere un precetto rivolto all’ente creditizio e stabilire un termine per porre rimedio alle carenze all’origine della revoca dell’autorizzazione».

295    Occorre trarne la conclusione che la seconda ricorrente, a seguito del precetto in questione, era consapevole delle carenze constatate, di ciò che doveva fare per porvi rimedio e del fatto che, in caso di inosservanza, la sua autorizzazione sarebbe stata a rischio.

296    Pertanto, il presente gruppo di motivi dev’essere respinto.

5.      Sui motivi dal settimo allundicesimo, dal tredicesimo al quindicesimo e diciassettesimo, vertenti sulla violazione del principio di proporzionalità

297    Nell’ambito del diciassettesimo motivo, le ricorrenti lamentano la violazione del principio di proporzionalità, affermando che la decisione del 17 luglio 2018 applica una misura di ultima istanza, vale a dire la revoca dell’autorizzazione, che risulta sproporzionata rispetto all’inosservanza dei requisiti normativi. Sotto un primo profilo, esse negano che l’obiettivo di «ripristinare la legalità» di una misura siffatta sia un obiettivo legittimo, in quanto sarebbe troppo astratto. Tale misura dovrebbe invece essere giustificata da uno specifico obiettivo legittimo di regolamentazione. Sotto un secondo profilo, le ricorrenti si oppongono all’analisi dell’adeguatezza della misura in questione, sostenendo, da un lato, che, poiché la FSA è l’ANC in materia di AML/CFT, la conformità alle norme in tale materia dovrebbe essere imposta principalmente mediante misure adottate in forza della normativa in detta materia e non con misure di vigilanza bancaria. Dall’altro, la misura di cui trattasi non costituirebbe uno strumento valido per sanzionare una violazione commessa in passato, in quanto le misure di regolamentazione dovrebbero riguardare solo situazioni attuali o essere concepite per prevenire situazioni di non conformità nel futuro. Dal momento che la questione delle attività della seconda ricorrente in Lettonia sarebbe stata chiusa mediante transazione giudiziaria, una misura siffatta sarebbe chiaramente sproporzionata rispetto a tale presunta violazione passata. Sotto un terzo profilo, ad avviso delle ricorrenti, la BCE avrebbe interpretato erroneamente il criterio della necessità della misura in questione. Sotto un quarto profilo, esse considerano che l’esame della ragionevolezza della medesima misura, effettuato dalla BCE, sia parimenti astratto e privo di qualsiasi utilità, in quanto essa si sarebbe limitata a confrontare in astratto l’interesse pubblico al mantenimento della legalità con gli interessi privati di una banca, mentre avrebbe dovuto confrontare un obiettivo di regolamentazione concreto, quale la prevenzione di un rischio specifico, con detti interessi privati. Esse ritengono inoltre che la BCE avrebbe dovuto dimostrare la gravità delle accuse di non conformità confrontandole con altri casi di non conformità nell’industria bancaria. Da ultimo, esse affermano che la BCE non ha preso in considerazione altre misure alternative meno intrusive, quali l’imposizione di misure concrete su questioni specifiche entro termini precisi oppure sanzioni o ammende o ancora provvedimenti nei confronti degli amministratori dell’ente creditizio o la nomina di un esperto che monitorasse gli sforzi della suddetta ricorrente per conformarsi ai requisiti normativi violati.

298    Con i motivi dal settimo al nono, le ricorrenti contestano, in sostanza, la valutazione della BCE, in quanto essa non avrebbe tenuto sufficientemente conto né del fatto che una parte rilevante delle attività della seconda ricorrente non determinava un rischio significativo in materia di AML/CFT, né della notevole riduzione dei clienti delle categorie a più alto rischio, concludendo erroneamente che, nonostante i suoi progressi, non ci si poteva ragionevolmente attendere che la suddetta ricorrente ponesse rimedio entro un termine ragionevole ai problemi constatati.

299    In particolare, nell’ambito del settimo motivo, le ricorrenti precisano che, poiché la violazione era circoscritta a una parte delle loro attività, la BCE avrebbe dovuto imporre la cessazione delle sole attività che presentavano più rischi, anziché revocare la sua autorizzazione.

300    Nell’ambito dell’ottavo motivo, le ricorrenti sostengono che la BCE non ha attribuito sufficiente importanza alla riduzione significativa dei clienti della seconda ricorrente nelle categorie ad alto rischio e che, se pure è vero che ogni mancanza di conformità deve essere corretta, sarebbe palesemente errato affermare che qualsiasi mancanza di conformità giustifichi la revoca dell’autorizzazione.

301    Nell’ambito del nono motivo, le ricorrenti considerano che la conformità ai requisiti normativi è sempre stata possibile e che pertanto la BCE non poteva concludere che qualsiasi rimedio diverso dalla revoca dell’autorizzazione sarebbe stato irrealistico.

302    Nell’ambito dei motivi decimo e undicesimo, le ricorrenti criticano la presa in considerazione, quali misure alternative alla revoca dell’autorizzazione valutate dalla BCE nell’esame della proporzionalità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione al punto 3.3.2, lettera b), ii), della decisione del 17 luglio 2018, rispettivamente, dell’ulteriore cambio di consiglio di amministrazione della seconda ricorrente, quando sarebbe stato sufficiente lasciar operare quello nominato nel novembre 2017, e della sospensione dei diritti di voto degli azionisti, in quanto essi si erano già ritirati da qualsiasi coinvolgimento diretto nella gestione della suddetta ricorrente.

303    Nell’ambito del tredicesimo motivo, contestando la valutazione della BCE, al punto 3.3.2, lettera b), iv), della decisione del 17 luglio 2018, relativa alla misura alternativa consistente nell’adozione di un secondo precetto della FSA che vietasse la fornitura di servizi finanziari, le ricorrenti affermano che un siffatto divieto generale sarebbe equivalso de facto a una revoca dell’autorizzazione e che la FSA non sarebbe stata competente ad adottarlo. D’altro canto, esse ribadiscono che un secondo precetto della FSA, che vietasse una parte delle attività della seconda ricorrente, vale a dire la fornitura di servizi finanziari ai soli clienti non residenti, sarebbe stato possibile e meno intrusivo rispetto alla revoca dell’autorizzazione, e negano che la seconda ricorrente non sarebbe più stata finanziariamente sostenibile in conseguenza di un simile divieto.

304    Infine, con gli argomenti sviluppati nell’ambito dei motivi quattordicesimo e quindicesimo, vertenti sull’incompetenza della BCE a negare l’autoliquidazione della seconda ricorrente e la sua vendita a un altro investitore, le ricorrenti rimettono in discussione la valutazione della BCE relativa all’inadeguatezza di tali misure, operata nel contesto dell’esame relativo alla proporzionalità della revoca dell’autorizzazione. Ad avviso delle ricorrenti, inoltre, la BCE avrebbe agito in modo arbitrario non concedendo il tempo necessario per effettuare la cessione. Esse sostengono altresì che detta autoliquidazione è stata esclusa per il solo motivo che la BCE intendeva ottenere un effetto pubblicitario positivo.

305    La BCE contesta gli argomenti delle ricorrenti.

306    In limine, si deve ricordare che, secondo l’articolo 5, paragrafo 4, TUE, in virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati. Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo n. 2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al TFUE.

307    Secondo costante giurisprudenza, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano i limiti di quanto è necessario alla realizzazione di tali obiettivi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 67 e giurisprudenza citata).

308    Inoltre, secondo la Corte, la valutazione della proporzionalità di una misura deve conciliarsi con il rispetto del margine di discrezionalità eventualmente riconosciuto alle istituzioni dell’Unione in occasione della sua adozione (v. sentenza dell’8 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, C‑450/17 P, EU:T:2019:372, punto 53 e giurisprudenza citata).

309    Nella specie, dopo avere accertato che vi erano vari motivi che lo giustificavano sulla base delle disposizioni applicabili, al punto 3.3.2 della decisione del 17 luglio 2018 la BCE ha analizzato la proporzionalità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione.

310    In primo luogo, la BCE ha analizzato l’adeguatezza del provvedimento di revoca dell’autorizzazione per raggiungere l’obiettivo di porre fine alle gravi e prolungate violazioni commesse dalla seconda ricorrente, concludendo che, tenuto conto delle infrazioni relative alla mancanza di solidi dispositivi di governance, alla violazione delle disposizioni in materia di AML/CFT, all’inosservanza di una decisione vincolante di un’autorità nazionale di vigilanza, alla presentazione di informazioni fuorvianti a tale autorità nonché alla gestione illecita di una succursale in un altro Stato membro, la revoca dell’autorizzazione era idonea a conseguire tale obiettivo.

311    In secondo luogo, la BCE ha esaminato la necessità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione e in particolare se esistessero altre misure alternative meno intrusive, idonee a conseguire allo stesso modo l’obiettivo del ripristino della legalità. Essa ha preso in considerazione le seguenti opzioni: i) la revoca del consiglio di amministrazione della seconda ricorrente, concludendo che tale misura non sarebbe stata appropriata, in quanto i precedenti cambi di strategia commerciale, intervenuti sotto tre diversi consigli di amministrazione, non avevano assicurato il rispetto della normativa applicabile, ii) la cessazione o la sospensione dei diritti di voto di alcuni azionisti della suddetta ricorrente, concludendo che tale misura non sarebbe stata efficace, tenuto conto della qualità di membro del consiglio di vigilanza degli azionisti di maggioranza, che avrebbero potuto continuare ad esercitare un’influenza decisiva sulla strategia di tale ricorrente, iii) l’emissione di un nuovo precetto da parte della FSA, che è stata esclusa in quanto, da un lato, la medesima ricorrente non aveva rispettato il primo precetto e pertanto non ci si poteva ragionevolmente attendere che ne avrebbe rispettato un secondo e, dall’altro, che un precetto volto ad imporre la cessazione delle attività ad alto rischio non sarebbe stato sostenibile per la ricorrente in questione, la cui strategia commerciale si concentrava proprio sulla clientela ad alto rischio, iv) l’autoliquidazione della ricorrente in parola, concludendo tuttavia che siffatta misura non avrebbe potuto raggiungere l’obiettivo di ripristinare la legalità e di tutelare i diritti dei depositanti e che, in tal caso, la decisione di uscire dal mercato sarebbe stata lasciata agli azionisti e v) la cessione di detta ricorrente a un altro investitore, che è stata esclusa per il motivo che non sembrava esservi alcun impegno concreto e il piano aziendale presentato dal potenziale acquirente non forniva elementi sufficienti per valutare se l’operazione avrebbe comportato una modifica significativa del modello aziendale della ricorrente in questione.

312    In terzo luogo, la BCE ha analizzato la ragionevolezza del provvedimento di revoca dell’autorizzazione e ha proceduto al bilanciamento tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità e l’interesse privato della seconda ricorrente ad evitare il provvedimento di revoca e a proseguire le sue attività.

313    Orbene, si deve ritenere che l’esame svolto dalla BCE in ordine alla proporzionalità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione sia stato strutturato ed effettuato in modo completo. Detto esame non è viziato da illegittimità ed è scevro da errori di valutazione e, ad ogni modo, non è rimesso in discussione dalle censure formulate dalle ricorrenti.

314    Queste ultime contestano invano tutte le fasi dell’analisi effettuata dalla BCE in ordine alla proporzionalità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione.

315    Sotto un primo profilo, le ricorrenti contestano che l’obiettivo di ripristinare la legalità fosse un obiettivo legittimo per adottare un provvedimento di revoca dell’autorizzazione. A sostegno della loro argomentazione, esse si limitano tuttavia a ribadire che una semplice illegalità non dovrebbe dare luogo alla misura più intrusiva. A tale proposito, si deve rilevare che le violazioni e le carenze elencate alle pagine 5, 6 e da 10 a 20 della decisione del 17 luglio 2018 e indicate al punto 279 supra, peraltro non contestate in maniera circostanziata dalle ricorrenti, come risulta dal punto 289 supra, non possono essere considerate una «semplice illegalità» o un’illegalità minore, tenuto conto anche della loro pluralità, gravità e durata nel tempo nonché delle numerose possibilità di porvi rimedio che la seconda ricorrente non ha sfruttato.

316    Sotto un secondo profilo, le ricorrenti contestano l’esame effettuato dalla BCE in ordine all’adeguatezza della misura di revoca dell’autorizzazione. A questo proposito, da un lato, per quanto riguarda il loro argomento secondo cui detta misura non sarebbe adeguata per porre rimedio alle violazioni in materia di AML/CFT, esso dev’essere respinto per gli stessi motivi esposti ai punti da 185 a 195 supra. Dall’altro, è vero che il provvedimento in parola non dovrebbe essere utilizzato per sanzionare violazioni passate, come è stato indicato al punto 267 supra. Pertanto, se la BCE avesse basato la sua valutazione della proporzionalità del provvedimento in questione sulla sola violazione relativa allo stabilimento di una «filiale» in Lettonia senza rispettare la procedura di «passaporto», detto provvedimento potrebbe essere rimesso in discussione. Tuttavia, nella specie, un tale errore non potrebbe inficiare l’intero ragionamento della BCE in ordine alla proporzionalità del provvedimento di cui trattasi, in quanto la BCE ha ritenuto che quest’ultimo fosse proporzionato rispetto a tutte le violazioni addebitate alla seconda ricorrente.

317    Infatti, dato il margine di discrezionalità di cui la BCE dispone nell’ambito dell’adozione di un provvedimento di revoca dell’autorizzazione, la valutazione dell’adeguatezza di detto provvedimento nel caso di specie non può essere considerata palesemente erronea, tenuto conto della giurisprudenza richiamata al punto 308 supra e della pluralità, della gravità e della durata delle violazioni commesse dalla seconda ricorrente nonché della scarsa probabilità che quest’ultima si conformasse pienamente ai requisiti normativi entro un lasso di tempo accettabile, le quali giustificano l’applicazione della misura più intrusiva e impediscono di concludere che un eventuale errore nella valutazione della proporzionalità in relazione alle violazioni della procedura di «passaporto» abbia potuto avere un peso decisivo ai fini della valutazione complessiva effettuata dalla BCE.

318    Sotto un terzo profilo, le ricorrenti rimettono in discussione le conclusioni della BCE in ordine alla ragionevolezza del provvedimento di revoca dell’autorizzazione. A tale proposito, da un lato, l’affermazione secondo cui la BCE avrebbe effettuato un esame troppo vago tra un astratto interesse generale alla legalità e gli interessi privati della seconda ricorrente è carente in fatto, dal momento che è stato accertato, al punto 315 supra, che la BCE ha analizzato la gravità delle violazioni, la loro lunga durata, le molteplici occasioni di porvi rimedio non sfruttate dalla seconda ricorrente nonché la perdita di fiducia del pubblico nei mercati finanziari estone ed europeo e ne ha tratto la conclusione che l’interesse pubblico al ripristino della legalità prevaleva sull’interesse privato di tale ricorrente a non essere sottoposta al provvedimento in parola. Dall’altro, l’argomento secondo cui la BCE non avrebbe dimostrato la gravità delle accuse di non conformità mediante un esame comparativo della situazione di altri enti creditizi con riguardo alla loro conformità alle norme in materia di AML/CFT dev’essere respinto per gli stessi motivi esposti al punto 315 supra nonché per quelli esposti nell’ambito dell’analisi del motivo vertente sulla violazione del principio di parità di trattamento (v. punto 353 infra).

319    Sotto un quarto profilo, le ricorrenti contestano l’analisi della necessità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione. Da un lato, esse contestano l’interpretazione data dalla BCE al criterio della necessità.

320    A tale proposito, è vero che, secondo la giurisprudenza citata al punto 307 supra, quando è possibile scegliere tra diverse misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva. Tuttavia, affinché possano essere considerate appropriate, le misure alternative devono essere altrettanto efficaci (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 2010, Commissione/Francia, C‑89/09, EU:C:2010:772, punto 80, e del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 236).

321    Orbene, poiché la BCE ha preso in considerazione solo le misure alternative che potevano essere altrettanto efficaci quanto il provvedimento di revoca dell’autorizzazione, si deve ritenere, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, che essa abbia interpretato correttamente il criterio della necessità.

322    Dall’altro lato, le ricorrenti contestano l’analisi delle varie misure alternative al provvedimento di revoca dell’autorizzazione e affermano che la BCE non ha tenuto conto di altre misure alternative meno intrusive, quali l’imposizione di misure concrete relative a questioni specifiche entro termini precisi oppure sanzioni o ammende o ancora provvedimenti nei confronti degli amministratori dell’ente creditizio o la nomina di un esperto che monitorasse gli sforzi della seconda ricorrente per conformarsi ai requisiti normativi violati.

323    Per quanto riguarda, anzitutto, l’imposizione di misure concrete entro termini stringenti, tale argomento coincide, in sostanza, con quello relativo all’imposizione di un secondo precetto, che sarà trattato ai punti da 331 a 333 infra. Per quel che riguarda, poi, le sanzioni o ammende, si deve constatare, al pari della BCE, che le sanzioni pecuniarie amministrative non rientrano tra le misure prudenziali che la BCE avrebbe potuto valutare come alternative alla revoca dell’autorizzazione. Per quanto concerne, infine, le altre misure suggerite dalle ricorrenti, segnatamente in relazione agli amministratori dell’ente creditizio, si deve osservare che tali misure presentavano i medesimi inconvenienti delle altre misure escluse dalla BCE, ossia che non avrebbero permesso di raggiungere l’obiettivo di ripristinare la fiducia nei mercati finanziari estone ed europeo nel più breve tempo possibile, data la lunga durata delle violazioni commesse in precedenza, come è stato rilevato al punto 3.3.2, lettera b), della decisione del 17 luglio 2018.

324    A tale proposito, occorre tenere conto della gravità, della natura strutturale e irrimediabile e della persistenza delle violazioni per un lungo periodo nonché della perdita di fiducia nella capacità e nella reale volontà della seconda ricorrente di porre rimedio alle carenze addebitate, come palesato dalla sua inerzia nel conformarsi ai requisiti normativi e dalla commissione di ulteriori violazioni dopo i vari interventi della FSA tra il 2015 e il 2018. Il comportamento della suddetta ricorrente è stato preso in considerazione anche nella valutazione della ragionevole prospettiva per ciascuna delle misure alternative di far cessare le violazioni commesse. L’inosservanza di un precetto della FSA, il mancato cambiamento di strategia commerciale, nonostante i vari cambi di consiglio di amministrazione, l’influenza (anche indiretta) esercitata dagli azionisti di maggioranza facenti parte del consiglio di vigilanza di detta ricorrente, che non avrebbe potuto cessare nemmeno in caso di sospensione o cessazione dei loro diritti di voto, la persistente concentrazione delle attività della medesima ricorrente principalmente su una clientela non residente e ad alto rischio, combinata con l’assenza di dispositivi di governance e di norme procedurali di gestione del rischio adeguate a tale modello aziendale, costituivano tutti elementi idonei a porre in discussione l’efficacia delle misure alternative analizzate. Ciò valeva in particolare, quanto meno, per tutte le misure che non potevano determinare la cessazione totale delle attività della ricorrente in questione (vale a dire la revoca del consiglio di amministrazione, la sospensione o la cessazione dei diritti di voto di alcuni azionisti e l’emissione di un nuovo precetto da parte della FSA).

325    In siffatte circostanze, il provvedimento di revoca dell’autorizzazione non eccedeva quanto era adeguato e necessario per conseguire gli obiettivi volti a porre fine alle violazioni commesse dalla seconda ricorrente.

326    È vero che l’autoliquidazione della seconda ricorrente o la sua cessione a un altro investitore erano misure che potevano parimenti garantire un simile effetto. Peraltro, tali opzioni, che non erano vietate, avrebbero potuto essere realizzate dalle ricorrenti prima dell’adozione della decisione del 26 marzo 2018.

327    Tuttavia, si deve constatare, in primo luogo, che il fattore «tempo» è stato preso in considerazione, nell’ambito della valutazione della proporzionalità e dell’idoneità di tali misure a risolvere le violazioni constatate, dalla BCE, la quale ha chiaramente considerato tardive le suddette proposte delle ricorrenti, formulate solo nell’ambito delle loro osservazioni sul progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione della FSA, che era stato loro notificato dalla BCE, e di attuazione non imminente. Inoltre, la realtà di tali violazioni non è stata rimessa in discussione dai vari motivi addotti dalle ricorrenti dinanzi al Tribunale.

328    In secondo luogo, l’adozione da parte della BCE del provvedimento di revoca dell’autorizzazione nel caso di specie perseguiva anche un obiettivo di dissuasione, di «prevenzione generale» della reiterazione sul mercato dei servizi finanziari di comportamenti quali le violazioni della normativa in materia di AML/CFT. Ciò risulta invero dal punto 3.3.2, lettera b), i), intitolato «self‑liquidation», della decisione del 17 luglio 2018, in cui la BCE ha considerato che l’autoliquidazione della seconda ricorrente avrebbe offuscato i motivi sostanziali per i quali la sua autorizzazione sarebbe stata revocata e che tale autoliquidazione avrebbe dovuto basarsi sull’articolo 16, paragrafo 3, della legge estone sugli enti creditizi, piuttosto che sull’articolo 17 della stessa, il quale avrebbe celato il fatto che la seconda ricorrente aveva commesso violazioni gravi, tali da giustificare che la cessazione delle sue attività fosse coattiva e non volontaria. Secondo la BCE, anche la divulgazione della base giuridica della sua azione costituisce un obiettivo legittimo nell’applicazione della legge, come previsto dall’articolo 20, paragrafo 5, della direttiva 2013/36.

329    Così, nella specie, le opzioni dell’autoliquidazione e della vendita a un altro investitore non costituivano misure alternative alla revoca dell’autorizzazione per conseguire gli obiettivi legalmente perseguiti dalla BCE, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 320 supra.

330    Per quanto riguarda i motivi settimo e tredicesimo, occorre esaminarli congiuntamente, in quanto sono strettamente connessi. Infatti, con il settimo motivo, le ricorrenti addebitano alla BCE di non avere preso in considerazione la circostanza che la seconda ricorrente svolgeva anche attività non rischiose. Esse sostengono che la BCE avrebbe quindi potuto adottare la misura, meno intrusiva, della cessazione solo della parte delle sue attività che presentava rischi. Sebbene sia formulato come se riguardasse l’omessa considerazione di un elemento rilevante del caso, detto motivo mira in realtà a rimettere in discussione la proporzionalità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione, in considerazione dell’esistenza di altre misure meno intrusive, tra cui la cessazione delle attività solo nella parte in cui erano illecite. Nell’ambito del tredicesimo motivo, le ricorrenti contestano l’esclusione da parte della BCE di tale opzione, ossia l’adozione da parte della FSA di un secondo precetto che imponesse la cessazione solo delle attività rivolte a una clientela non residente ad alto rischio.

331    Come correttamente rilevato dalla BCE, dal punto 3.2.2, lettera b), iv), della decisione del 17 luglio 2018 risulta che la possibilità che la FSA adottasse un altro precetto (il quale costituisce un provvedimento amministrativo coercitivo) che vietasse alla seconda ricorrente di fornire servizi finanziari, quanto meno ai clienti non residenti ad alto rischio, il che avrebbe corrisposto alla cessazione delle attività illegali, è stata presa in considerazione della BCE.

332    Infatti, la BCE ha escluso siffatta misura, considerandola inadeguata, poiché, da un lato, la seconda ricorrente era già stata destinataria di un simile precetto e non vi si era conformata, il che induceva a dubitare della capacità o della reale volontà di detta ricorrente di conformarvisi, e, dall’altro, le attività ad alto rischio costituivano la parte più rilevante delle entrate di tale ricorrente, cosicché la loro cessazione avrebbe determinato ingenti perdite operative mensili, con conseguente rischio per la sua sostenibilità economica e quindi per i suoi depositanti.

333    Pertanto, anzitutto, le ricorrenti non possono validamente addebitare alla BCE di non avere tenuto sufficientemente conto del fatto che la seconda ricorrente svolgeva attività non rischiose né sostenere che la BCE avrebbe quindi potuto adottare la misura meno intrusiva della cessazione di una sola parte delle sue attività, dato che detta misura non era stata considerata efficace a monte. Oltre a ciò, si deve constatare che le ricorrenti, con la loro affermazione generica e per nulla dimostrata che non ci fossero i rischi per la sostenibilità economica conseguenti a tale opzione paventati dalla BCE, non riescono a rimettere in discussione la valutazione di cui trattasi, che è del tutto ragionevole.

334    Inoltre, per quanto riguarda gli argomenti delle ricorrenti diretti a contestare la mancanza di volontà della seconda ricorrente di conformarsi al precetto in questione, che si traducono nella mera affermazione secondo cui tale precetto era vago e non era stato possibile conformarvisi, essi devono essere respinti per gli stessi motivi esposti ai punti da 276 a 288 supra. Si deve peraltro rilevare che le ricorrenti non negano l’effettiva assenza di conformità a tale precetto, constatata nella decisione del 17 luglio 2018, né forniscono argomenti nel senso che la suddetta ricorrente avrebbe potuto concretamente conformarsi a un secondo precetto della FSA che vietasse l’esercizio delle sue attività ad alto rischio.

335    Pertanto, il settimo e il tredicesimo motivo devono essere respinti.

336    Nell’ambito dell’ottavo motivo, le ricorrenti addebitano, in sostanza, alla BCE di non avere attribuito sufficiente importanza alla significativa riduzione dei clienti della seconda ricorrente nelle categorie ad alto rischio.

337    Nella specie, è sufficiente constatare che, al punto 3.3.1, lettera b), i), della decisione del 17 luglio 2018, la BCE ha effettivamente tenuto conto della riduzione dei clienti della seconda ricorrente nelle categorie ad alto rischio e della chiusura dei loro conti bancari, segnatamente per quanto riguarda i conti relativi a conoscenti e soci degli azionisti di detta ricorrente, insieme ad altre misure effettivamente adottate da quest’ultima al fine di conformarsi ai requisiti normativi violati. Tuttavia, si deve constatare che la BCE ha evidenziato, sulla base degli accertamenti della FSA, che il problema non era limitato a tale gruppo di clienti, bensì aveva carattere strutturale. Inoltre, continuavano a sussistere altre violazioni di vari requisiti normativi relative alla mancanza di dispositivi di governance sufficienti e adeguati al modello aziendale, vale a dire al suo stesso modello che rimaneva sostanzialmente immutato, nonostante una riduzione dei clienti ad alto rischio o il cambio di consiglio di amministrazione, circostanza che le ricorrenti non contestano.

338    Infatti, le ricorrenti si limitano a contestare che la BCE dovesse esigere la piena conformità, considerando che essa avrebbe dovuto accontentarsi di una conformità parziale e degli sforzi compiuti dalla seconda ricorrente, e ciò anche dopo tutti gli avvertimenti che la FSA aveva già rivolto a detta ricorrente e le occasioni che quest’ultima aveva avuto per conformarvisi, prima dell’adozione del progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione. Inoltre, si deve constatare che le ricorrenti non rimettono in discussione la conclusione della BCE secondo cui continuavano a sussistere altre violazioni. Per di più, la tesi secondo cui non era possibile conformarsi pienamente ai requisiti normativi è incoerente con la censura secondo cui la BCE non avrebbe concesso alla seconda ricorrente tempo sufficiente per raggiungere tale piena conformità.

339    In siffatte circostanze, l’ottavo motivo dev’essere parimenti respinto.

340    Per quanto riguarda il nono motivo, si deve constatare che esso è formulato in termini generici e non presenta un’esposizione sufficientemente chiara e precisa, cosicché non soddisfa i requisiti minimi di forma richiesti dall’articolo 76 del regolamento di procedura. In ogni caso, supponendo che tale motivo sia ricevibile, se esso si riferisce all’omessa considerazione di qualsiasi altra misura, senza individuarne specificamente alcuna, è sufficiente rammentare, al pari della BCE, che quest’ultima non è tenuta ad analizzare tutte le misure teoricamente possibili, ma solo quelle pertinenti e che hanno una prospettiva ragionevole di conseguire i medesimi obiettivi. Orbene, dal punto 311 supra [nonché dal punto 3.3.2, lettera b), della decisione del 17 luglio 2018] risulta che la BCE ha svolto, in maniera dettagliata, un esame siffatto. Se, invece, la seconda ricorrente intende criticare le conclusioni con le quali la BCE respinge le altre misure alternative prese in conto e analizzate, occorre rinviare alle considerazioni sviluppate nell’ambito dell’analisi degli altri motivi con i quali la seconda ricorrente critica in maniera più precisa la valutazione di ciascuna di tali altre misure alternative.

341    Pertanto, il nono motivo dev’essere respinto in quanto irricevibile o, in ogni caso, in quanto infondato.

342    Con i motivi decimo e undicesimo, le ricorrenti lamentano che la BCE abbia preso in considerazione come misure alternative al provvedimento di revoca dell’autorizzazione la revoca del consiglio di amministrazione della seconda ricorrente e la cessazione dei diritti di voto di taluni azionisti di detta ricorrente.

343    A tale proposito, è sufficiente constatare che le misure alternative in questione sono state prese in considerazione e poi escluse dalla BCE. Pertanto, esse non possono aver danneggiato la seconda ricorrente. Ne consegue che i motivi decimo e undicesimo devono essere respinti in quanto inoperanti.

344    Per quanto riguarda infine i motivi quattordicesimo e quindicesimo, nella misura in cui essi mirano, più che a sollevare una questione di incompetenza della BCE (v. punto 203 supra), a rimettere in discussione la valutazione della proporzionalità operata da quest’ultima riguardo alle misure alternative al provvedimento di revoca dell’autorizzazione costituite dall’autoliquidazione della seconda ricorrente e dalla sua vendita a un altro investitore, occorre respingerli per le stesse ragioni esposte ai punti da 326 a 329 supra.

345    Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, si deve concludere che l’analisi della proporzionalità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione non è viziata da errori di valutazione.

346    Pertanto, occorre respingere il presente gruppo di motivi.

6.      Sui motivi sedicesimo e diciottesimo, vertenti sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di non discriminazione, di tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto

347    Nell’ambito del sedicesimo motivo, le ricorrenti sostengono che la decisione del 17 luglio 2018 viola il principio di parità di trattamento e di non discriminazione in quanto non contiene alcuna analisi comparativa tra la situazione della seconda ricorrente e quella di altre banche analoghe, in Estonia o altrove, in materia di AML/CFT. Esse affermano che la suddetta decisione non contiene alcuna informazione rilevante proveniente dalla FSA a tale riguardo e che quest’ultima ha scelto detta ricorrente per stabilire un esempio, non in ragione della gravità delle sue carenze, ma piuttosto in ragione delle sue dimensioni ridotte, della sua solidità finanziaria che avrebbe facilitato la liquidazione nonché del fatto che essa era detenuta da stranieri, che avrebbero avuto maggiori difficoltà ad opporvisi.

348    La BCE contesta gli argomenti delle ricorrenti.

349    Risulta da una costante giurisprudenza che il principio della parità di trattamento costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, ora sancito agli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato [v. sentenze del 9 marzo 2017, Milkova, C‑406/15, EU:C:2017:198, punto 55 e giurisprudenza citata, e parere 1/17 (Accordo CETA UE‑Canada), del 30 aprile 2019, EU:C:2019:341, punto 176 e giurisprudenza citata].

350    Inoltre, il rispetto del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con quello del principio di legalità, il che implica che nessuno può invocare a proprio vantaggio un illecito commesso a favore di altri (v. sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 84 e giurisprudenza citata).

351    Oltre a ciò, è stato dichiarato, segnatamente in materia di sanzioni per le violazioni nel settore della concorrenza, che la precedente prassi decisionale di un’istituzione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza e che le decisioni relative ad altri casi presentano carattere meramente indicativo dell’esistenza di discriminazioni (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 134 e giurisprudenza citata).

352    Nella specie, si deve rilevare che le ricorrenti lamentano una violazione del principio della parità di trattamento limitandosi ad invocare l’assenza di un’analisi comparativa tra le violazioni addebitate alla seconda ricorrente e quelle commesse da altri enti creditizi.

353    Orbene, in primo luogo, si deve constatare che un’analisi comparativa tra la persona responsabile di un atto illecito e altre persone che hanno commesso atti illeciti simili non è necessaria al fine di contestare un illecito a una persona fisica o giuridica. L’unica analisi che occorre effettuare è quella relativa alla valutazione della realtà dei fatti costituenti violazioni in riferimento a una disposizione di legge che impone un determinato comportamento. La gravità di un comportamento non deve essere valutata rispetto alla gravità del comportamento di altre persone, bensì unicamente in relazione agli standard giuridici richiesti dalle disposizioni di legge applicabili, e tale gravità è rilevante solo per determinare la misura adeguata della sanzione. Inoltre, dalla giurisprudenza richiamata al punto 351 supra risulta che, quand’anche vi fossero state altre decisioni relative alla revoca dell’autorizzazione di altri enti creditizi per violazione dei requisiti normativi in materia di AML/CFT, la BCE non sarebbe stata vincolata da siffatte decisioni.

354    In secondo luogo, nella misura in cui le ricorrenti ripetono che la BCE non poteva utilizzare le norme in materia di AML/CFT a fini prudenziali, in quanto essa non sarebbe competente in tale materia, occorre respingere siffatto argomento per i motivi esposti ai punti da 185 a 190 supra e rammentare che la violazione delle norme in materia di AML/CFT costituisce un motivo di revoca dell’autorizzazione previsto dall’articolo 18, lettera f), della direttiva 2013/36, in combinato disposto con l’articolo 67, paragrafo 1, di detta direttiva.

355    Infine, vanno respinte anche le mere affermazioni apodittiche delle ricorrenti riguardo alle presunte ragioni per le quali la BCE avrebbe scelto la seconda ricorrente come primo ente creditizio da sanzionare in Estonia per la violazione delle norme in materia di AML/CFT.

356    Ne consegue che neanche il presente motivo può essere accolto.

357    Nell’ambito del diciottesimo motivo, le ricorrenti sostengono che la decisione del 17 luglio 2018 viola altresì i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, in quanto la FSA ha evitato qualsiasi esame concreto delle asserite preoccupazioni e ha indotto in errore il nuovo gruppo dirigente della seconda ricorrente omettendo di comunicargli le presunte valutazioni dirette a stabilire se l’ente creditizio fosse in dissesto o a rischio di dissesto. Inoltre, detta ricorrente non sarebbe stata in grado di attendersi una revoca dell’autorizzazione a seguito del precetto della FSA.

358    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta gli argomenti delle ricorrenti.

359    Conformemente a una costante giurisprudenza, il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento si estende a tutti i soggetti nei confronti dei quali un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere fondate aspettative. Il diritto di avvalersi di tale principio presuppone tuttavia il soddisfacimento di tre condizioni cumulative. In primo luogo, gli organi amministrativi dell’Unione devono aver fornito all’interessato assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, promananti da fonti autorizzate ed affidabili. In secondo luogo, tali assicurazioni devono essere idonee a generare una legittima aspettativa in capo al soggetto al quale esse sono rivolte. In terzo luogo, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili (v. sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 75 e giurisprudenza citata).

360    Inoltre, occorre ricordare che, se certo la possibilità di far valere la tutela del legittimo affidamento, in quanto principio fondamentale del diritto dell’Unione, sussiste per qualsiasi operatore economico nel quale un’istituzione abbia fatto nascere fondate aspettative, ciò non toglie che un operatore economico prudente ed avveduto, quando sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento dell’Unione idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare il suddetto principio nel caso in cui tale provvedimento venga adottato. Oltre a ciò, gli operatori economici non possono riporre il loro legittimo affidamento nel mantenimento di una situazione esistente suscettibile di essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle istituzioni dell’Unione, e ciò specialmente in un settore come quello della politica monetaria, la cui finalità comporta un costante adeguamento in funzione delle variazioni della situazione economica (v. sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 76 e giurisprudenza citata).

361    Infine, non può avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento un soggetto che abbia commesso una violazione del diritto vigente (v. sentenza del 23 gennaio 2019, Fallimento Traghetti del Mediterraneo, C‑387/17, EU:C:2019:51, punto 68 e giurisprudenza citata).

362    Nella specie, in limine, si deve constatare che le ricorrenti lamentano una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento sulla base dei soli e medesimi argomenti addotti a sostegno della loro affermazione relativa alla violazione del principio della certezza del diritto, senza invocare in alcun modo assicurazioni precise e incondizionate che la seconda ricorrente potrebbe avere ricevuto dalla FSA o dalla BCE riguardo al mantenimento della sua autorizzazione. Peraltro, il comportamento contestato è un comportamento dell’ANC e non della BCE.

363    Inoltre, sotto un primo profilo, si deve constatare che non solo la seconda ricorrente non ha ricevuto alcuna assicurazione precisa, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 359 supra, che la sua autorizzazione non sarebbe stata revocata, ma ha anche ricevuto sufficienti avvertimenti in senso contrario da parte della FSA.

364    Infatti, dal punto 3.2, lettera d), della decisione del 17 luglio 2018 risulta che, in primo luogo, la FSA ha tenuto due riunioni con il consiglio di vigilanza e il consiglio di amministrazione della seconda ricorrente, il 2 settembre e il 30 ottobre 2015, e una riunione con la proprietà e il consiglio di amministrazione, il 30 novembre 2015, durante le quali la FSA ha avvertito che la suddetta ricorrente doveva cambiare i suoi dispositivi di governance e le sue procedure di adeguata verifica della clientela e che, se le violazioni in materia di AML/CFT fossero proseguite, avrebbe potuto essere adottata qualsiasi azione prudenziale. In secondo luogo, dopo l’adozione del precetto, il 9 agosto 2016, la FSA ha tenuto un’altra riunione con un membro del consiglio di vigilanza di tale ricorrente, durante la quale ha discusso lo stabilimento illecito di una succursale in Lettonia e ha chiarito che considerava gravi le violazioni riscontrate e che avrebbe preso in considerazione la revoca dell’autorizzazione della medesima ricorrente qualora essa non avesse posto rimedio ai problemi contestati. In terzo luogo, la FSA ha ancora tenuto altre due riunioni nel novembre 2016 e una nel gennaio 2017 con il consiglio di amministrazione della ricorrente in questione, durante le quali ha posto in rilievo la necessità di cambiare i dispositivi governance di quest’ultima e ha nuovamente indicato che, se le violazioni non fossero cessate, avrebbe potuto essere adottata qualsiasi misura prudenziale. In quarto luogo, il 28 febbraio 2017, essa ha comunicato alla ricorrente interessata che riteneva che il suddetto precetto fosse stato parzialmente violato e, il 5 aprile 2017, le ha inviato una richiesta di informazioni riguardo alla sua eventuale implicazione in un sistema di riciclaggio del denaro, soprannominato dai media «Russian Laundromat» (lavanderia automatica russa). In quinto luogo, il 10 aprile 2017, essa ha emesso una dichiarazione secondo la quale detta ricorrente era in dissesto o a rischio di dissesto. Il 7 febbraio 2018, ha adottato la decisione FOLFT secondo la quale non vi era un interesse pubblico ad adottare azioni di risoluzione. In sesto luogo, il 7 agosto 2017, ha rifiutato di notificare a 23 paesi l’intenzione della ricorrente in questione di continuare a fornire servizi finanziari transfrontalieri. In settimo luogo, nell’ambito di un’ulteriore ispezione in loco condotta tra il 4 e il 22 settembre 2017, ha rilevato nuove violazioni in materia di AML/CFT. Infine, solo l’8 febbraio 2018 la FSA ha proposto alla BCE la revoca dell’autorizzazione della suddetta ricorrente.

365    Sotto un secondo profilo, anche supponendo che la seconda ricorrente abbia ricevuto siffatte assicurazioni, essa non potrebbe avvalersene, posto che, da un lato, nelle circostanze descritte al punto 362 supra, essa era in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento dell’Unione idoneo a ledere i suoi interessi, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 360 supra, e, dall’altro, si trovava in situazione di illegalità, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 361 supra.

366    Da quanto precede deriva che il presente gruppo di motivi dev’essere respinto.

7.      Sui motivi dal ventesimo al ventiduesimo, vertenti sulla violazione delle forme sostanziali

367    Con i motivi ventesimo e ventunesimo, vertenti sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto di essere ascoltati, le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che il termine di cinque giorni concesso alla seconda ricorrente per presentare osservazioni sul progetto di revoca dell’autorizzazione era insufficiente, in secondo luogo, che le dichiarazioni di dissesto o rischio di dissesto non erano state loro comunicate nel corso del procedimento e che esse erano rilevanti, contrariamente a quanto affermato dalla BCE. In terzo luogo, fanno valere che la BCE non ha spiegato in cosa consistesse l’urgenza. Infine, affermano che le disposizioni del regolamento quadro sull’MVU che prevedono un termine di tre giorni per presentare osservazioni sul progetto di revoca dell’autorizzazione costituiscono una limitazione sproporzionata e arbitraria del diritto degli enti creditizi a un ricorso effettivo e sono quindi illegittime.

368    Nell’ambito del ventiduesimo motivo, le ricorrenti lamentano la violazione dell’obbligo di motivazione, in quanto il ragionamento alla base della decisione del 17 luglio 2018 sarebbe superficiale e vago e non indicherebbe chiaramente quali fossero le carenze particolarmente gravi che giustificavano la revoca dell’autorizzazione della seconda ricorrente, rispetto agli standard di conformità a livello di industria bancaria.

369    La BCE, sostenuta dalla Commissione, respinge gli argomenti delle ricorrenti.

a)      Sulla violazione del diritto di essere ascoltati

370    In limine, occorre rammentare che l’articolo 31 del regolamento quadro sull’MVU, rubricato «Diritto a essere sentiti», dispone quanto segue:

«1.      Prima che la BCE possa adottare, nei confronti di una parte, una decisione di vigilanza della BCE che possa incidere negativamente sui diritti della stessa, deve essere garantita alla parte la possibilità di presentare alla BCE osservazioni scritte sui fatti e sugli addebiti concernenti la decisione di vigilanza della BCE. (...)

(...)

3.      In linea di principio, alla parte è data facoltà di presentare le proprie osservazioni scritte entro il termine di due settimane dalla ricezione di una comunicazione che espone i fatti, gli addebiti e i fondamenti giuridici sui quali la BCE intende fondare l’adozione della decisione di vigilanza della BCE.

Su domanda della parte, la BCE, se del caso, può prorogare tale termine.

In particolari circostanze, la BCE può ridurre il termine a tre giorni lavorativi. Inoltre, il termine è ridotto a tre giorni lavorativi nelle situazioni contemplate agli articoli 14 e 15 del regolamento [MVU di base].

4.      Se una decisione urgente appare necessaria al fine di impedire danni significativi al sistema finanziario, nonostante quanto disposto dal paragrafo 3 e fatto salvo il paragrafo 5, la BCE può adottare, nei confronti di una parte, una decisione di vigilanza della BCE suscettibile di incidere direttamente e negativamente sui diritti di tale parte senza offrire a quest’ultima la possibilità di presentare, prima della sua adozione, osservazioni sui relativi fatti, addebiti e fondamenti giuridici.

5.      Se è adottata una decisione urgente di vigilanza in conformità al paragrafo 4, alla parte è offerta, senza indebito ritardo e a seguito dell’adozione della decisione, la possibilità di presentare osservazioni scritte sui fatti, sugli addebiti e sui fondamenti giuridici relativi alla decisione di vigilanza della BCE. In linea di principio, alla parte è data facoltà di presentare le proprie osservazioni scritte entro un termine di due settimane dalla ricezione della decisione di vigilanza della BCE. Su richiesta della parte, la BCE può prorogare tale termine; tuttavia esso non può essere superiore a sei mesi. Alla luce delle osservazioni della parte la BCE effettua un riesame della decisione di vigilanza della BCE e può confermarla, revocarla, modificarla, ovvero revocarla e sostituirla con una nuova decisione di vigilanza della BCE.

(...)».

371    Conformemente a una giurisprudenza costante, costituisce parte integrante del rispetto dei diritti della difesa il diritto di essere ascoltati, il quale garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi. Secondo la giurisprudenza della Corte, la regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso (v. sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C‑189/18, EU:C:2019:861, punto 41 e giurisprudenza citata).

372    Nella specie, dal punto 3.1, lettera a), della decisione del 17 luglio 2018 risulta che, poiché quest’ultima è stata adottata sul fondamento dell’articolo 14, paragrafo 5, del regolamento MVU di base, il termine per presentare osservazioni era di tre giorni e la BCE ha deciso di esercitare il proprio potere discrezionale per estendere tale termine a cinque giorni lavorativi.

373    Orbene, in primo luogo, si deve rilevare che la BCE ha applicato correttamente le pertinenti disposizioni del regolamento quadro sull’MVU relative al diritto di essere sentiti degli enti creditizi destinatari di una decisione della BCE, vale a dire l’articolo 31, paragrafo 3, di detto regolamento quadro.

374    In secondo luogo, si deve considerare, al pari della BCE, che il legislatore dell’Unione ha operato una valutazione della ragionevolezza del termine previsto da tali disposizioni effettuando un bilanciamento degli interessi contrapposti: da una parte, gli interessi privati degli enti creditizi a disporre del maggior tempo possibile per formulare le loro osservazioni e, dall’altra, l’interesse pubblico a che la legalità sia ripristinata il più rapidamente possibile. Le ricorrenti non possono quindi rimettere in discussione la ragionevolezza dei termini fissati nel regolamento quadro sull’MVU, salvo che sollevino un’eccezione di illegittimità formale contro le disposizioni di cui trattasi.

375    Nella misura in cui le ricorrenti sollevano un’eccezione di illegittimità contro le disposizioni del regolamento quadro sull’MVU, riguardo al carattere sproporzionato del termine previsto per la presentazione di osservazioni su un progetto di revoca dell’autorizzazione, tale eccezione dev’essere dichiarata irricevibile in quanto introdotta tardivamente. Infatti, le ricorrenti l’hanno formulata solo in fase di replica. Orbene, risulta dalla giurisprudenza che l’oggetto della lite è determinato nell’atto introduttivo del ricorso e che l’eccezione d’illegittimità è irricevibile in fase di replica. Inoltre, l’eccezione di illegittimità non si fonda su alcun elemento di diritto o di fatto emerso durante il procedimento, ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 2, del regolamento di procedura (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 settembre 2005, Common Market Fertilizers/Commissione, T‑134/03 e T‑135/03, EU:T:2005:339, punto 51 e giurisprudenza citata).

376    In terzo luogo, l’affermazione delle ricorrenti relativa alla mancanza di urgenza è inoperante, in quanto la BCE non ha applicato nella specie le pertinenti disposizioni del regolamento quadro sull’MVU, vale a dire l’articolo 31, paragrafi 4 e 5, di detto regolamento quadro. In realtà, la BCE ha correttamente applicato l’articolo 31, paragrafo 3, terzo comma, di tale regolamento quadro, dato che ha assunto la propria decisione sul fondamento dell’articolo 14 del regolamento MVU di base, situazione nella quale il tempo concesso alle parti per essere ascoltate è ridotto a tre giorni lavorativi.

b)      Sulla violazione dei diritti della difesa

377    Per quanto riguarda la violazione dei diritti della difesa, le ricorrenti aggiungono solo che le dichiarazioni di dissesto o rischio di dissesto non sono state loro comunicate.

378    A tale proposito, è sufficiente ricordare che, come risulta dalle considerazioni esposte ai punti da 147 a 152 supra, le dichiarazioni di dissesto o rischio di dissesto sono solo atti preparatori non vincolanti che precedono eventuali programmi di risoluzione, la cui adozione non implica necessariamente l’adozione di un tale programma ai sensi del regolamento MRU, e che non sussiste un’equivalenza funzionale tra una valutazione di dissesto o rischio di dissesto e una revoca dell’autorizzazione – sebbene i fatti alla base dei due atti possano sovrapporsi –, in quanto le condizioni per la revoca dell’autorizzazione differiscono palesemente dalle considerazioni sottese alla valutazione di dissesto o rischio di dissesto.

379    Così, nella specie, come correttamente rilevato dalla BCE, le dichiarazioni di dissesto o rischio di dissesto erano fondate su motivi diversi da quelli della decisione di revoca dell’autorizzazione. D’altro canto, nella misura in cui si sovrapponevano, tali motivi sono stati ripresi nel progetto di decisione di revoca dell’autorizzazione della FSA, l’unica pertinente nella specie, sul quale la seconda ricorrente ha avuto occasione di esprimersi. Di conseguenza, la censura relativa alla mancata comunicazione delle suddette dichiarazioni può essere respinta in quanto inoperante.

380    Inoltre, le ricorrenti non possono addebitare alla FSA di non aver dialogato con la direzione e gli azionisti dell’ente vigilato al fine di raggiungere la piena conformità. Infatti, risulta dai punti 23, 39 e 278 supra che la seconda ricorrente ha incontestabilmente ricevuto vari avvertimenti e ha avuto varie occasioni di dialogo con la FSA e che quest’ultima ha collaborato sufficientemente per spiegare durante l’intero procedimento perché sussistessero ancora le carenze riscontrate.

c)      Sulla violazione dellobbligo di motivazione

381    Si deve ricordare, in limine, che, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento MVU di base, le decisioni della BCE sono motivate.

382    Conformemente all’articolo 33, paragrafi 1 e 2, del regolamento quadro sull’MVU, una decisione di vigilanza della BCE è accompagnata dall’indicazione dei motivi di tale decisione. La motivazione espone i fatti rilevanti e le ragioni giuridiche su cui la decisione di vigilanza della BCE è fondata.

383    L’articolo 39, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU precisa che «[u]n soggetto vigilato è considerato un soggetto vigilato significativo se la BCE così stabilisce in una decisione della BCE, adottata nei confronti del soggetto in questione (...), in cui sono esposti i motivi posti alla base di tale decisione».

384    Occorre sottolineare che le disposizioni richiamate ai punti da 381 a 383 supra non fanno altro che ricordare, all’interno del regolamento MVU di base e del regolamento quadro sull’MVU, l’obbligo di motivazione cui sono sottoposti le istituzioni e gli organi dell’Unione ai sensi dell’articolo 296, secondo comma, TFUE (sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 121).

385    L’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE costituisce una formalità sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 122 e giurisprudenza citata).

386    Sotto tale profilo, da una parte, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Per quanto riguarda, in particolare, la motivazione delle decisioni individuali, l’obbligo di motivare tali decisioni ha quindi lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione è eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 123 e giurisprudenza citata).

387    Dall’altra parte, l’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o qualsiasi altra persona, che detto atto riguardi direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza del 16 maggio 2017, Landeskreditbank Baden‑Württemberg/BCE, T‑122/15, EU:T:2017:337, punto 124 e giurisprudenza citata).

388    Nella specie, è sufficiente constatare che la decisione del 17 luglio 2018 è strutturata in modo molto chiaro (in una parte procedurale, una parte che riporta i fatti all’origine del caso, una parte che riassume le carenze rilevate fondata sul progetto di decisione della FSA di revocare l’autorizzazione e una parte che analizza la proporzionalità della misura di revoca dell’autorizzazione fondata sull’analisi propria della BCE) ed espone in modo esaustivo gli elementi di fatto e di diritto sui quali le sue parti sono fondate. Peraltro, occorre sottolineare che detta decisione si inserisce nel contesto di un dialogo pluriennale tra la seconda ricorrente e la FSA, descritto al punto 364 supra, e ciò consente di concludere che la seconda ricorrente era indubbiamente a conoscenza del contesto fattuale e procedurale cui si riferisce tale decisione, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 387 supra. Inoltre, si deve rilevare che la motivazione di tale decisione ha consentito alla seconda ricorrente di comprendere le ragioni che ne giustificano l’adozione e di formulare le sue contestazioni e ha permesso al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo, conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 386 supra.

389    Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il presente gruppo di motivi dev’essere respinto.

8.      Sui motivi ventitreesimo e ventiquattresimo, vertenti, in particolare, sulla violazione del diritto di accesso al fascicolo della seconda ricorrente e sui diritti dellazionista nellambito del procedimento di riesame

390    Nell’ambito del ventitreesimo motivo, le ricorrenti lamentano una violazione del diritto di accesso al fascicolo della seconda ricorrente. A loro avviso, la BCE avrebbe illegittimamente negato l’accesso sollecitato prima della presentazione dell’istanza di riesame, sebbene i documenti richiesti dalla prima ricorrente le fossero necessari per preparare detta domanda, e ha invece accordato tale accesso dopo che la CAR aveva dichiarato ammissibile l’istanza di riesame, anche se l’avrebbe in realtà vanificato fornendo solo 23 documenti dei 230 contenuti nel fascicolo e considerando riservati tutti gli altri.

391    Con il ventiquattresimo motivo, le ricorrenti lamentano varie violazioni dei diritti della prima ricorrente nell’ambito del procedimento di riesame che vizierebbero la legittimità della decisione del 17 luglio 2018, al punto da giustificarne l’annullamento.

392    In primo luogo, la BCE avrebbe commesso un errore nella decisione del 26 marzo 2018, in quanto quest’ultima conterrebbe l’informazione errata secondo cui solo l’ente creditizio avrebbe potuto presentare un’istanza di riesame, mentre la decisione della CAR avrebbe considerato che anche l’azionista era legittimato a presentare un’istanza siffatta. Inoltre, la BCE non avrebbe notificato tale decisione alla prima ricorrente, sebbene essa avesse il diritto di chiederne il riesame.

393    In secondo luogo, le ricorrenti addebitano alla BCE di non avere accordato alla prima ricorrente l’accesso al fascicolo prima dell’audizione dinanzi alla CAR – impedendole in tal modo di formulare correttamente e motivare sufficientemente la propria istanza di riesame – sulla base di presunte ragioni di riservatezza.

394    In terzo luogo, il diritto della prima ricorrente di essere ascoltata sarebbe stato limitato dal periodo di tempo eccessivamente breve concessole per presentare ulteriori osservazioni dopo l’accesso al fascicolo.

395    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che la BCE non ha dato alla CAR l’accesso alla versione integrale della decisione del 26 marzo 2018, che è stata depositata dalla prima ricorrente solo in una versione ridotta di cui essa disponeva per averla reperita sul sito Internet della FSA. La possibilità di ottenere un riesame imparziale e obiettivo sarebbe stata ulteriormente compromessa dalla limitazione dell’esame della CAR ai soli motivi di diritto e alle sole censure dedotte nell’istanza di riesame, limitazione prevista dall’articolo 10, paragrafo 2, della decisione 2014/360, che non troverebbe alcun fondamento nell’articolo 24 del regolamento MVU di base.

396    In quinto luogo, le ricorrenti addebitano alla BCE di non avere associato al procedimento di riesame i rappresentanti della seconda ricorrente, né nella persona dei liquidatori né in quella degli ex direttori, il che sarebbe manifestamente contrario ai principi di un equo processo e violerebbe il diritto di essere ascoltata di detta ricorrente, la quale è destinataria di quest’ultima decisione.

397    In sesto luogo, le ricorrenti lamentano un difetto di motivazione della decisione del 17 luglio 2018, in quanto non vi figurerebbero i motivi del rigetto dell’istanza di riesame. La possibilità di prendere in considerazione ugualmente la motivazione del parere della commissione non potrebbe compensare la mancanza di motivazione della decisione in parola, poiché il requisito di cui all’articolo 24, paragrafo 9, del regolamento MVU di base non potrebbe essere soddisfatto da una motivazione per relationem.

398    La BCE, sostenuta dalla Commissione, respinge gli argomenti delle ricorrenti.

399    In limine, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento MVU di base, dell’articolo 32 del regolamento quadro sull’MVU e dell’articolo 20 della decisione 2014/360, nel corso del procedimento sono pienamente garantiti i diritti della difesa delle persone interessate. Esse hanno diritto d’accesso al fascicolo della BCE, fermo restando il legittimo interesse di altre persone alla tutela dei propri segreti aziendali. Il diritto di accesso al fascicolo non si estende alle informazioni riservate.

400    Inoltre, a termini dell’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento MVU di base, qualsiasi persona fisica o giuridica può chiedere il riesame di una decisione della BCE presa nei suoi confronti o che la riguardi direttamente ed individualmente.

401    Nella specie, si deve constatare, anzitutto, che la seconda ricorrente non ha proposto una richiesta di riesame ai sensi dell’articolo 24 del regolamento MVU di base, sebbene ne avesse il diritto. Inoltre, per quanto riguarda la prima domanda di accesso formulata dalla prima ricorrente, essa ha presentato una domanda di accesso il 15 aprile 2018, dopo la fine del procedimento di vigilanza iniziale che ha dato luogo alla decisione del 26 marzo 2018.

402    La decisione del 26 marzo 2018 non era destinata alla prima ricorrente e non si può ritenere che quest’ultima fosse direttamente e individualmente interessata da detta decisione, conformemente alla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a., C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923, punti da 108 a 114 e 119).

403    In tali circostanze, la BCE non ha commesso alcun errore nel non accordare l’accesso al fascicolo alla prima ricorrente, la quale non era una parte interessata ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento MVU di base e degli articoli 26 e 32 del regolamento quadro sull’MVU al momento della sua prima domanda.

404    Per quanto riguarda la seconda domanda di accesso, presentata il 26 aprile 2018, congiuntamente alla richiesta di riesame della decisione del 26 marzo 2018, nonché le altre censure relative allo svolgimento del procedimento, si deve rilevare che la CAR ha accolto in quanto ammissibile la richiesta di riesame della prima ricorrente ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 5, del regolamento MVU di base. I criteri di ammissibilità fissati da tale disposizione coincidono con quelli previsti dall’articolo 263 TFUE per i ricorsi giurisdizionali e sono stati considerati soddisfatti nel caso della suddetta ricorrente sul fondamento dell’ordinanza del 12 settembre 2017, Fursin e a./BCE (T‑247/16, non pubblicata, EU:T:2017:623). Pertanto, la CAR ha anche accolto la domanda di accesso al fascicolo di detta ricorrente in considerazione della sua qualità di richiedente il riesame, ai sensi dell’articolo 20 della decisione 2014/360.

405    Tuttavia, a tale proposito, si deve sottolineare che la prima ricorrente non sarebbe stata dichiarata legittimata a presentare una richiesta di riesame in assenza dell’ordinanza del 12 settembre 2017, Fursin e a./BCE (T‑247/16, non pubblicata, EU:T:2017:623), e che quest’ultima è stata annullata dalla Corte con sentenza del 5 novembre 2019, BCE e a./Trasta Komercbanka e a. (C‑663/17 P, C‑665/17 P e C‑669/17 P, EU:C:2019:923). Di conseguenza, in realtà, alla suddetta ricorrente sono state concesse alcune possibilità, quali il procedimento di riesame, che è un rimedio ulteriore rispetto al ricorso giurisdizionale, e un accesso al fascicolo di cui essa non avrebbe dovuto beneficiare.

406    In siffatte circostanze particolari e non suscettibili di ripetersi, in quanto l’ordinanza del 12 settembre 2017, Fursin e a./BCE (T‑247/16, non pubblicata, EU:T:2017:623), sulla quale si è basata la CAR, è stata annullata dalla Corte, e tenuto conto del fatto che la prima ricorrente non era legittimata a proporre il presente ricorso, nella misura in cui riguarda la domanda di annullamento della decisione del 17 luglio 2018, come risulta da quanto esposto al punto 100 supra, nonché del fatto che la seconda ricorrente non è legittimata a dedurre tali motivi, giacché non era parte del procedimento di riesame, avendo scelto di non presentarne istanza, sebbene ne avesse diritto, occorre respingere in quanto irricevibili i motivi basati sulla violazione dei diritti della difesa nell’ambito del procedimento di riesame.

407    In ogni caso, supponendo che debbano essere considerati ricevibili, tali motivi non possono condurre all’annullamento della decisione del 17 luglio 2018, in quanto, in assenza di siffatti eventuali vizi di procedura, la decisione non avrebbe potuto portare a un risultato diverso (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 1990, Francia/Commissione, C‑301/87, EU:C:1990:67, punto 31), come conferma l’analisi esposta ai punti da 105 a 389 supra.

9.      Sul venticinquesimo motivo, dedotto a sostegno della domanda di annullamento della decisione sulle spese, vertente sullillegittimità della decisione del 17 luglio 2018

408    Il venticinquesimo motivo, dedotto a sostegno della domanda di annullamento della decisione sulle spese, verte sull’illegittimità della decisione del 17 luglio 2018.

409    La BCE, sostenuta dalla Commissione, contesta gli argomenti delle ricorrenti.

410    Nella specie, nessuno dei motivi dedotti nella causa T‑584/18 consente di concludere per l’illegittimità della decisione del 17 luglio 2018.

411    Pertanto, il presente motivo dev’essere respinto.

10.    Sulla domanda di mezzi istruttori

412    Le ricorrenti chiedono al Tribunale, a più riprese nelle loro memorie, di adottare vari provvedimenti istruttori: in primo luogo, ordinare alla BCE e alla FSA di produrre taluni documenti, tra cui le decisioni FOLTF, in secondo luogo, ordinare la produzione degli atti che dimostrerebbero che la BCE ha adottato una decisione in materia di autoliquidazione e la testimonianza dei funzionari della BCE interessati, in terzo luogo, ordinare alla BCE e alla Repubblica di Estonia di divulgare gli accertamenti relativi alla violazione della normativa in materia di AML/CFT nonché la testimonianza del presidente della FSA e dei funzionari della BCE interessati e, in quarto luogo, ordinare alla BCE di identificare le specifiche dichiarazioni fuorvianti che sarebbero state rese dalla ricorrenti e di divulgare i documenti che dimostrerebbero che la BCE e la FSA si sono scambiate comunicazioni riguardo al problema della succursale in Lettonia quale problema non risolto dalla transazione amministrativa intervenuta in Lettonia, e di chiamare a testimoniare il presidente della FSA e i funzionari della BCE interessati.

413    La BCE si oppone alla domanda di mezzi istruttori delle ricorrenti, in quanto i provvedimenti richiesti non soddisfano le condizioni risultanti dalla giurisprudenza e dall’articolo 88 del regolamento di procedura relative, in particolare, alla rilevanza e alla necessità delle informazioni richieste per accertare determinati fatti e risolvere la controversia.

414    In limine, si deve rilevare che la domanda delle ricorrenti costituisce una domanda di mezzi istruttori ai sensi dell’articolo 91, lettere da b) a d), del regolamento di procedura, proposta in forza dell’articolo 88, paragrafo 1, di detto regolamento.

415    Dall’articolo 88, paragrafo 2, di detto regolamento di procedura risulta che la domanda di cui al paragrafo 1 di tale articolo deve indicare con precisione l’oggetto delle misure richieste e le ragioni che le giustificano. Inoltre, detta disposizione precisa che, quando la domanda è formulata dopo il primo scambio di memorie, la parte che la presenta espone le ragioni per le quali non ha potuto farlo prima.

416    Nella specie, anzitutto, la maggior parte delle richieste istruttorie, ad eccezione di quella volta ad ottenere la produzione delle «decisioni FOLTF», è stata proposta per la prima volta in fase di replica. Le ricorrenti non spiegano in alcun modo nella loro domanda le ragioni che giustificano tale ritardo. Pertanto, le suddette domande devono essere respinte in quanto irricevibili.

417    In ogni caso, si deve constatare che le domande di provvedimenti istruttori non sono sufficientemente precise quanto al loro oggetto e alla rilevanza delle testimonianze e dei documenti richiesti.

418    Occorre infatti rilevare, al pari della BCE e della Commissione, da un lato, che i punti sui quali le ricorrenti chiedono di sentire i testimoni non sono intesi ad accertare i fatti, bensì a confermare una serie di mere affermazioni non dimostrate delle ricorrenti. Tuttavia, tali affermazioni, supponendo che siano confermate, non sarebbero rilevanti per la risoluzione della controversia. Inoltre, si deve constatare che la domanda di audizione dei testimoni è anche parzialmente imprecisa nell’identificazione delle persone da ascoltare.

419    Dall’altro lato, per quel che riguarda le domande di produzione di documenti, in primo luogo, relativamente alle «decisioni FOLTF» (l’unica richiesta istruttoria presentata nella fase del ricorso e quindi non tardiva), essa deve essere respinta sulla base delle considerazioni esposte al punto 181 supra. In secondo luogo, come è stato accertato al punto 279 supra, gli accertamenti di violazioni della normativa in materia di AML/CFT emergono con sufficiente chiarezza dalla decisione del 17 luglio 2018. In terzo luogo, dal punto 267 supra risulta che stabilire se la questione relativa alla succursale in Lettonia fosse o meno una questione ancora aperta per la FSA e la BCE non è un elemento necessario ai fini della risoluzione della controversia.

420    Ne consegue che le domande di provvedimenti istruttori devono essere respinte in quanto tardive e parzialmente infondate o, in subordine, in quanto integralmente infondate.

421    Alla luce di quanto precede, il ricorso T‑584/18 dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

422    Ai sensi dell’articolo 137 del regolamento di procedura, in caso di non luogo a statuire, il Tribunale decide liberamente sulle spese.

423    Alla luce delle considerazioni che hanno indotto il Tribunale a constatare che non vi è più luogo a statuire nella causa T‑351/18, sarà fatta una giusta valutazione delle circostanze della fattispecie decidendo che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

424    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nella specie, poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti nella causa T‑584/18, occorre condannarle a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla BCE, conformemente alla domanda di quest’ultima.

425    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dalle istituzioni intervenute nella causa restano a loro carico. La Commissione sopporterà pertanto le proprie spese nella causa T‑584/18.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T351/18 e T584/18 sono riunite ai fini della sentenza.

2)      Non vi è più luogo a statuire nella causa T351/18.

3)      Il ricorso nella causa T584/18 è respinto.

4)      Nella causa T351/18, la Ukrselhosprom PCF LLC, la Versobank AS, la Banca centrale europea (BCE) e la Commissione europea sopporteranno ciascuna le proprie spese.

5)      Nella causa T584/18, la Ukrselhosprom PCF e la Versobank sono condannate a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla BCE.

6)      Nella causa T584/18, la Commissione sopporterà le proprie spese.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 ottobre 2021.

Firme


Indice


I. Fatti

II. Procedimento e conclusioni delle parti

A. Inizio del procedimento e conclusioni delle parti nella causa T351/18

B. Inizio del procedimento e conclusioni delle parti nella causa T584/18

C. Seguito del procedimento nelle due cause

III. In diritto

A. Sulla persistenza dell’oggetto della controversia e dell’interesse ad agire delle ricorrenti nella causa T351/18

B. Sulla ricevibilità nella causa T584/18

1. Sulla ricevibilità della domanda di annullamento della decisione del 17 luglio 2018

2. Sulla ricevibilità della domanda di annullamento della decisione sulle spese

C. Nel merito

1. Sui motivi primo, secondo, quattordicesimo, quindicesimo e diciannovesimo

a) Sulla ripartizione delle competenze tra la BCE e le ANC degli Stati membri partecipanti nell’ambito dell’MVU relativamente alla revoca dell’autorizzazione per violazione delle norme in materia di AML/CFT

b) Sulla prima parte, relativa all’incompetenza della BCE a revocare l’autorizzazione come ente creditizio, in quanto l’ANC aveva già adottato una dichiarazione di dissesto o rischio di dissesto

c) Sulla seconda parte, relativa all’incompetenza della BCE a valutare le questioni in materia di AML/CFT

d) Sulla terza parte, relativa all’incompetenza della BCE a rifiutare l’autoliquidazione della seconda ricorrente e la vendita della banca a un altro investitore

e) Sulla quarta parte, relativa allo sviamento di potere

2. Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei doveri di diligenza e di imparzialità nell’esame della BCE

3. Sui motivi quarto e quinto, vertenti su errori di valutazione o sull’omessa considerazione di elementi rilevanti del caso

a) Sul quinto motivo, vertente sull’omessa considerazione del ruolo positivo svolto dalla nuova direzione della seconda ricorrente

b) Sul quarto motivo, vertente su un errore di valutazione riguardo all’erroneità delle informazioni sulle attività della seconda ricorrente in Lettonia

4. Sui motivi sesto, dodicesimo e diciottesimo, vertenti su un errore di valutazione, in quanto la BCE si sarebbe basata a torto sulla violazione del precetto della FSA, e sulla violazione del principio della certezza del diritto

5. Sui motivi dal settimo all’undicesimo, dal tredicesimo al quindicesimo e diciassettesimo, vertenti sulla violazione del principio di proporzionalità

6. Sui motivi sedicesimo e diciottesimo, vertenti sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di non discriminazione, di tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto

7. Sui motivi dal ventesimo al ventiduesimo, vertenti sulla violazione delle forme sostanziali

a) Sulla violazione del diritto di essere ascoltati

b) Sulla violazione dei diritti della difesa

c) Sulla violazione dell’obbligo di motivazione

8. Sui motivi ventitreesimo e ventiquattresimo, vertenti, in particolare, sulla violazione del diritto di accesso al fascicolo della seconda ricorrente e sui diritti dell’azionista nell’ambito del procedimento di riesame

9. Sul venticinquesimo motivo, dedotto a sostegno della domanda di annullamento della decisione sulle spese, vertente sull’illegittimità della decisione del 17 luglio 2018

10. Sulla domanda di mezzi istruttori

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.